giovedì 28 ottobre 2021

I doni dello yoga - del Maestro Antonio Nuzzo

Lo Hatha Yoga non è una pratica per il benessere, contro il mal di schiena o antistress, ma un sofisticato percorso di ricerca spirituale, la ricongiunzione tra il sé e il Sé

Il testo I doni dello Yoga, per praticare una vita piena (pubblicato nel 2019, Edizioni Morellini - Yoga Journal)  è stato scritto dal Maestro Antonio Nuzzo e a cura di Mario Raffaele Conti. Mario Raffaele Conti è collaboratore di Yoga Journal. Esperto di religioni, ha trovato il suo sentiero nello yoga.
Puoi trovare la presentazione del libro al seguente link:  https://www.youtube.com/watch?v=TzOcllSDnqw      Alla presentazione ha partecipato anche Guido Gabrielli, direttore di Yoga Journal Italia. 

Uno dei maestri di yoga più importanti d'Italia, racconta in un libro il suo Yoga della Via di Mezzo. Il concetto di yoga della via di mezzo non preclude la trascendenza, ma cura tutti gli aspetti collegati all'immanenza. Secondo il Maestro Antonio Nuzzo si deve cercare di far coincidere immanenza e trascendenza, ossia mantenere la propria responsabilità in questa società, senza tralasciare la vita spirituale.
André Van Lysebeth, il maestro di Antonio e uno dei primi ad introdurre lo yoga in Europa, era un uomo molto attivo e nello stesso tempo capace di entrare in una dimensione di profonda trascendenza.
Come può cambiare la percezione e la vita quotidiana dell’uomo occidentale praticando yoga? Secondo il Maestro Antonio Nuzzo lo yoga non è una pratica per il benessere o antistress, ma un percorso spirituale che ha per scopo il ricongiungimento del sè con il Sè, l'eliminazione della sofferenza e il raggiungimento della beatitudine. Di yoga ce n'è uno solo. Significa unione e l'uomo occidentale purtroppo è riuscito a frammentarlo in mille rivoli.
In Occidente chi pratica, ricerca un'ideale di yogin immaginario e ideale, ciò porta ad atteggiamenti repressivi e a disagi fisici e squilibri interiori.

Si deve praticate lo yoga se si vuole conoscere l'essenza di ciò che siamo, lo yoga è un percorso che permette di agire contemporaneamente su corpo e mente, e cerca la percezione della totalità, cerca di ridimensionare l'influenza dell'Ego e migliorare la qualità dell'osservazione. Quando le condizioni interiori saranno pronte, allora grazie alla logica e le scritture si potrà provare a percepire una realtà più profonda. Lo yoga è uno straordinario viaggio interiore che porta ad un grande equilibrio psichico e fisico. Lo yoga è la scienza della spiritualità, ed intraprendere il percorso è cercare di arrivare in una dimensione in cui convivono passato, presente, futuro e ad una coscienza liberata dalle fluttuazioni della mente.
Lo yoga è una pratica che ci mette in relazione con l'inconscio, nel costruire la stabilità della posizione si costruisce la stabilità interiore e un nuovo modo di affrontare la vita.  E' importante capire lo spirito dello yoga prima di buttarsi nella pratica.

Le 10 condizioni per definire la pratica yoga:

  •  assumete un asana secondo le vostre possibilità, questa è l'asana perfetta, fermatevi appena    prima di sentire dolore. 
  • l'asana deve essere comoda e confortevole, a seconda delle nostre possibilità,
  •  rilassate il corpo,
  •  mantenete il corpo immobile, as significa immobile,
  •  per lungo tempo,
  •  espandete la coscienza nel corpo globale, e cercate la dimensione dell'autentica realtà interiore,
  •  ascoltate tutte le sensazioni dall'abbinamento asana e respirazione,
  •  non cercate un risultato,
  • se ci sono queste condizioni, si attiverà un processo che comincerà a lavorare nel subconscio,
  • mettere in atto gli yama e niyama.

Nel testo il Maestro Antonio Nuzzo ci illustra il suo percorso e  ripercorre le tappe dello sviluppo dello yoga in Italia e in Europa. La nascita della rivista “Yoga” nel 1963.  Nel 1971 la creazione del Centro studi di Yoga di Roma con Barbara Woelher. Nel 1972 il primo festival yoga in Europa. Nel 1974 la prima Federazione Italiana di Yoga. 1977 la nascita dell'Istituto per la formazione di insegnanti yoga. Nel 2000 la nascita dell'Advaita Yoga sangha  e della Federazione Mediterranea Yoga.

Alla domanda: Cosa un insegnante di Yoga NON può NON sapere?  Antonio non ha avuto dubbi nel rispondere: L'insegnamento che è proposto da Patanjali negli Yoga Sutra. Gli Yoga Sutra sono il parametro per determinare se la pratica è yoga o non yoga. Fuori dalla via di Patanjali il rischio di alimentare illusioni è fortissimo.   Avere una visione mistica significa osservare la totalità del corpo ed espandere la coscienza, la coscienza del Tutto. Insegnare Yoga è insegnare a gestire simultaneamente corpo, mente e respiro in una progressione spirituale che ci porterà ad una coscienza totale del corpo, ad una nuova dimensione interiore e ci farà entrare in uno stato quasi meditativo.   La pratica (Kriya yoga) si deve sviluppare attraverso l'azione, lo studio di sé e dei testi e la devozione del divino, Tutto il resto è pilates.

Perchè si dovrebbe praticare yoga?  Uno yogi ci risponderà “ Uomo stolto, ma per ottenere il samadhi”; Il samadhi la leggenda dello yoga, l'esperienza ultima dei ricercatori orientali. E' il momento in cui il particolare si perde nel Tutto, in cui il sé e il Sè diventano una cosa sola, oltre il quale c'è l'ineffabile. Il samadhi si può raggiungere con la fede, l'energia e la memoria. Patanjali dice che dobbiamo piegare al nostro volere l'Ego. Per avanzare nel percorso occorre una pratica continua (abhyasa) e un distacco (vairagya).  Patanjali dà vita alle tre grandi vie dello yoga: bhakti yoga, karma yoga, jnana yoga. Lo yoga si basa sulla combinazione di tre elementi, l'ascesi, lo studio, la devozione all'energia divina  cosmica (Isvara).

Cosa succederà, se con il passare del tempo non riusciremo più a fare la posizione del pavone?  L'avidya (ignoranza) nello yoga è il credere all'eterna giovinezza e alla salute perenne. Confondere l'io (asmita) con l'ego è una delle cause di sofferenza.  Occorre imparare a vivere il momento presente per superare l'ultimo klesha, la paura della morte. La felicità non viene da fuori di te.

Per la realizzazione del sé, Patanjali ci suggerisce i cinque yama e i cinque niyama: Gli yama sono: non violenza, verità, onestà, moderazione, il non attaccamento, come ad esempio alla memoria, al passato.  I niyama sono: la purificazione (shat karma), la contentezza per ciò che si ha, l'ascesi, lo studio dei testi sacri, la devozione ad Isvara che rappresenta l'energia divina, il cosmo, la natura.

L'ansia ci riempie di tossine e la staticità dell'asana le toglie.  In India si dice che la vita di un individuo si conti in respiri. Allungando il respiro si allunga la vita. Attraverso il respiro si controlla il prana (l'energia) e si influenzano i processi mentali. Durante le pratiche di respirazione occorre essere consapevoli delle pause, tra inspiro ed espiro e tra espiro ed inspiro  e cercare di allungarle, producendo una dolce trasformazione del respiro. Calmare il respiro per calmare la mente. É il pre-requisito della meditazione.   Non ci si esercita alla meditazione, dhyana accade. Il dhyana è  il tempo sospeso, la ritrazione dei sensi, l'universo che entra dentro di noi e noi in esso.  Se la trasformazione dovrà avvenire, avverrà, Ma non sarà merito nostro.
Con la pratica yoga si cambia, si cambiano i gusti, si diventa vegetariani, si smette di fumare, si arriva a coltivare Yama e Niyama. Nello yoga non bisogna porsi obiettivi, si cerca di trasformare la mente e depotenziare l'Ego ed andare verso il Sè. Fino ad arrivare al distacco dal risultato dell'azione. L'hatha yoga è molto pericoloso, perchè spesso il raggiungimento di posizioni complesse allontana dall'obiettivo, per questo negli ashram si fa soprattutto karma yoga.
La posizione o asana deve essere uno stimolo all'osservazione, un laboratorio dell'inconscio. Se vogliamo arrivare alle radici dell'inconscio dobbiamo fare hatha yoga. L'obiettivo è arrivare al distacco e alla consapevolezza del Sè. L'azione corporea è solo uno strumento, non dovremmo mai separarla dalla ricerca interiore.  Il nostro ideale deve essere quello di diventare “una statua che respira”- Andrè Van Lysebeth.  Questo è l’Hatha Yoga per Antonio Nuzzo. Una posizione dove l’intenzione e l’azione hanno una direzione chiara e sincera. 

Nel libro sono riportati anche consigli pratici come la dieta del dott. Herbert Shelton. Antonio raccomanda ai vegetariani l'assunzione della vitamina B12, e racconta che andare in un ristorante e dire non mangio quello, non mangio questo, è come affermare di essere un'altra cosa rispetto agli altri. Scherzando dice anche:  "A volte mangio il pesce per comunicare con la parte immanente della mia esistenza."

Di seguito riporto alcune domande e risposte prese da Yoga Journal vedi link:  http://www.yogajournal.it/antonio-nuzzo-vi-racconto-il-mio-libro/

Yoga Journal:  Come mai un libro dopo tutti questi anni?.
Antonio Nuzzo:  Sono sempre stato sollecitato a scrivere un libro, ma per fortuna non l’ho fatto. Se lo avessi scritto, avrei fatto un archivio di pratiche, ricercandone i benefici. Mentre, dopo anni di riflessione e di pratica, sono giunto a capire che lo yoga è un processo che coinvolge l’uomo nelle parti più profonde e intime. Sono giunto alla conclusione che sia più importante l’attitudine interiore che l’azione fisica. Questa è un supporto alla trasformazione, per sostenere la rivoluzione mentale. Come nella pratica giapponese del tiro con l’arco: non è importante l’obiettivo, il bersaglio, ma la costruzione dell’interiorità, il processo per il tiro.

Y. J. È questo l’insegnamento che hai avuto dai numerosi maestri che hai frequentato?
A.N.  Questo è ciò che ho appreso attraverso la pratica di asana, e fin qui mi si è rivelata da sola, nessuno me lo aveva mai detto prima. Ho avuto molte influenze e indizi, ma è necessario un profondo lavoro interiore, senza escludersi dal mondo circostante. Bisogna avere una chiarezza di visione interiore per produrre una azione perfetta. Una persona emotivamente incerta, coinvolta in quello che fa, non riesce a coglierne il senso.  La perfezione fisica si raggiunge quando la mente è sufficientemente distaccata. Lo so, sembra una contraddizione:l’azione e l’intenzione si uniscono per creare la sinergia interna perfetta. Senza tutto questo, lo Yoga è ginnastica.

Y.J. Come sei giunto a questa riflessione?
A.N. Ci ho messo tanto a capirlo. Ho praticato tanto, con molto impegno fisico e perfezionando le posture, fino a creare una interiorità distaccata dalla forma. Ero nello spirito. Non si può tenere una posizione per oltre mezz’ora senza arrivare al distacco, ma in tempi brevi questo distacco semplicemente non accade. Guardandomi attorno mi sono reso conto che tutti praticano uno yoga dinamico e mi sono chiesto a quale interiorità possa portare. Pratico anche io il Saluto al Sole in maniera dinamica, ma la dimensione psichica a cui essa mi porta è imparagonabile con quel distacco profondo e interiore che c’è in una posizione statica.

 Y.J. Il tuo libro si confronta con l’interpretazione di alcuni Yoga Sutra di Patañjali. Perché li hai scelti?
A.N.  Ho letto i testi classici della tradizione, come Hatha Yoga Pradipika e ho letto Patañjali. Secondo me il primo è apparentemente più accessibile, ma ad un approfondimento appare ermetico, non comprensibile. Faccio un esempio: quando viene spiegata la pratica di Pashimottanasana, “distendi le gambe, porta avanti il busto, chinati verso le ginocchia e in questa posizione troverai l’immortalità”.
Questa ultima frase è ambigua, cosa significa immortalità? Il più delle volte la gente pensa alla diminuzione di malattie e a una vita più lunga. In realtà si sottintende che in quella posizione trascendi il corpo fisico e entri in relazione con la tua parte immortale. Nulla a che vedere con la salute fisica: è un indizio per approfondire oltre. 

Y.J. Mentre negli Yoga Sutra?
A.N. A Patañjali, invece, si deve l’onore del fatto che senza Yoga Sutra, lo yoga non sarebbe mai esistito. Lo yoga ha avuto la sua identità (darshana) grazie a lui. Tutte le branche dello yoga (Bhakti, Tantra, Jnana, Karmaecc) si sono appoggiate a lui e lo hanno modellato alle loro sensibilità e pratiche. La famiglia dello yoga ha come capofamiglia Patañjali. Mi ha sollecitato a trovare delle risposte alle mie intuizioni che non trovavo in altri testi.

 Y.J.  Come hai selezionato i Sutra da commentare?
A.N. Ho scelto i Sutra di Patañjali in base all’utilizzo che un praticante che vuole entrare nel mondo yoga possa farne, gli elementi essenziali. Il primo capitolo parla delle finalità, il secondo della struttura della sadhana (strategia di vita), gli altri due sono i risultati dell’attuazione dei primi due. Ho pensato a quel praticante che oggi avesse bisogno di sapere cosa fare nel momento in cui si ricongiunge con se stesso sul tappetino. Ho estrapolato i Sutra del primo capitolo per consentire di intravedere quali siano gli obiettivi principali. Poi successivamente, nel secondo capitolo, alcuni Sutra determinanti per attivare la propria interiorità. In questo modo si riesce a costruire una pratica interiore durante l’azione.

 Y.J. Il libro è stato curato anche da un tuo allievo, Mario Raffaele Conti, giornalista e ricercatore spirituale. Come è stato il confronto?
A.N. Mi ha coinvolto l’entusiasmo di Mario e la sua creatività divulgativa. Ad ogni mia riflessione su particolari Sutra lui rispondeva con una metafora, a volte molto ironica, ma impeccabilmente chiara. Ha saputo dare un linguaggio fruibile, contemporaneo per il lettore e non ha mai tradito il rispetto della tradizione e l’intenzione profonda alla base dello Yoga.

Y.J. Il libro è preceduto da un capitolo in cui racconti, anche con un certo stupore a te stesso, della tua lunga storia con lo yoga. Su tutti primeggia la figura di Andrè Van Lysebeth.
A.N. L’incontro con Andrè Van Lysebeth è stato fondamentale per iniziare a capire il senso dello Yoga. Il suo più grande insegnamento, per me, è stato quello di portare lo yoga in qualsiasi azione quotidiana compiesse. Era instancabile: praticava, leggeva, conduceva insieme a sua moglie Denise un centro di Yoga, si era comprato una tipografia, ove tra le altre cose, dirigeva assieme a sua moglie Denise la rivista”Yoga”, che poi veicolava per abbonamento. Si alzava al mattino e faceva le sue pratiche per un’ora poi, dopo colazione, si muoveva in auto imparando le lingue con le audiocassette. Ogni volta che si allacciava le scarpe si piegava in Padahstasana (la Posizione delle Mani sotto i Piedi), con una naturalezza tale da sembrare un gesto quotidiano, familiare. Una lezione fondamentale per comprendere la trascendenza nell’immanenza.

Y.J. In tutto il tuo racconto di vita attraverso lo yoga c’è una carrellata di incontri e aneddoti straordinari.
A.N.  Attraverso Andrè, e su suo stimolo, ho conosciuto e ricercato maestri straordinari come Swami Gitananda Giri, Swami Satchidananda, Mataji Hridayananda diretta discepola di Swami Sivananda,  Swami Satyananda, l'unico discepolo di Sivananda, esperto di tantra, e Vimala Thakar seguage di Krishnamurti, amici ricercatori come me, come Gérard Blitz, Giorgio Furlan, Carlo Patrian, il Prof. Jean Varenne storico delle religioni.… Io sono il luogo in cui questi personaggi si sono incontrati. C’è un lungo filo conduttore che lega la mia vita nello yoga, dall’incontro con il mio amico Frédéric in età adolescenziale, i libri in francese di Andrè Van Lysebeth e poi l’incontro con lui e la sua famiglia. Questo percorso, fino ad oggi, è stato un viaggio pieno di casualità che oggi hanno un senso compiuto.

Y.J. Oggi citi spesso che il tuo Yoga è “quello della via di Mezzo”
A.N. Io pratico e insegno yoga da tanti anni. Sono stato e sono un lavoratore, ho amato moltissimo il lavoro con la Protezione Civile. Sono marito, padre, adesso nonno. Sono riuscito a vivere la presenza mentale dello yoga in tutto questo. Lo yoga non è un antistress per dare sollievo alla dispersione mentale, è un percorso spirituale che agisce e trasforma la struttura fisica e mentale. È questa la via indicata dagli Yoga Sutra di Patañjali.

 _____________Antonio Nuzzo è uno dei più autorevoli Maestri yoga italiani. Nato al Cairo (Egitto) da madre di origine libanese e padre italiano, ha cominciato a praticare nel 1963 all'età di 16 anni. Nel 1971 è diventato allievo di André Van Lysebeth, con il quale per 15 anni ha approfondito le tecniche di hatha e tantra yoga. Un'autorevole voce che da oltre 50 anni pratica, ricerca e insegna questa disciplina. Nessuno come lui ha vissuto in maniera onnicomprensiva la ricerca di questa disciplina: dal suo lavoro come funzionario alla Protezione Civile agli incontri apparentemente casuali con tutti i più importanti maestri yogi del ‘900. Oggi insegna in Italia e in Francia, coordina Corsi di Formazione Insegnanti per la Federazione Mediterranea Yoga e, per la prima volta nella sua vita, è autore di un libro che incornicia una parte importante di questa lunga ricerca: “I doni dello Yoga. Per praticare una vita piena” (Yoga Journal – Morellini Editore). All’interno del libro si trovano anche:

  •     I sūtra più importanti da conoscere,
  •     Il commento agli Yoga Sutra di un grande maestro conosciuto in tutto il mondo,
  •     Il glossario delle parole sanscrite più usate e famose,
  •     Gli insegnamenti nascosti della grande tradizione dello hatha yoga,
  •     Una sequenza finale originale per mettere in pratica la teoria.

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