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lunedì 1 gennaio 2024

André Compte-Sponville - un maestro di libertà

 André Compte-Sponville (1952- ) è un ex professore alla Sorbona ed è stato componente del Comitato consultivo nazionale di etica. Autore del Mito di Icaro (1984) propone, attraverso un'opera orientata sia verso il materialismo, che verso la vita spirituale, una filosofia etica difendendo l'idea che bisogna vivere qui e adesso, in quanto solo il reale immediato conta.

All'età di 16 anni André era un cattolico praticante e militante nella JEC (gioventù studentesca cristiana). In questo periodo incontra padre Bernard Feillet al liceo che frequentava (Francois Villon). Padre Bernard gli consiglia di leggere due libri: Les Pensées di Blaise Pascal e Crainte et Tremblement di Kierkegaard. Quello che lo colpisce della lettura del primo libro è la visione dell'uomo, con la sua miseria e le sue contraddizioni, la difficoltà di essere felice e soprattutto la fede che permette di uscire da questa condizione, almeno fornisce la speranza di uscirne. Nel secondo libro trova un certo rapporto con l'assoluto e la trascendenza. Qualche anno più tardi concorderà con i due autori per dire che un ateo lucido e coerente non può sfuggire a una certa disperazione, ma non per questo deve rinunciare ai piaceri della vita, che è preziosa essendo unica.  Leggerà successivamente Albert Camus (vedi Le Mythe de Sisyphe. Essai sur l'absurde) e porterà avanti l'idea di una "gioiosa disperazione" da utilizzare nella quotidianità.  Marcel Conche, Etty Hillesum e Swami Prajnanpad sono promotori di questa "gioiosa disperazione" e l'aiutano a trovare il suo cammino: quello dell'amore della vita, in ogni circostanza.

Poi con l'avvento del maggio-68 sarà preso dalla passione politica aderendo alla sinistra e al Partito Comunista. Perderà la fede, cesserà di interessarsi a Dio e di crederci.  Poi scopre la filosofia con Pierre Hervé, eroe della resistenza, escluso dal partito comunista nel 1956 per aver criticato lo stalinismo. Hervè fa conoscere a André Compte-Sponville  Sartre e Merleau-Ponty. Conosce Althusser, che poi sarà il suo professore, e scopre che il piacere e la gioia sono altrettanto vere che l'angoscia e la disperazione. Scopre che Camus segue lo stesso cammino di Epicuro e Spinoza. 

L'idea di considerare la filosofia  una via sicura come la scienza (come asseriva Kant) era illusoria, e in fondo più Andrè filosofava e meno credeva alla filosofia, e questo lo avvicinava a Pascal: "prendersi gioco della filosofia è veramente il filosofare". I suoi maestri sono stati Louis Althusser e Marcel Conche, ma sono stati soprattutto maestri di libertà, in quanto gli hanno insegnato a pensare, ma non a pensare come loro. Un maestro di libertà è quello che aiuta le persone a trovare il loro cammino, che forma degli spiriti liberi e non dei discepoli. Marcel Conche lo ha guidato nella sua carriera universitaria e poi lo ha aiutato a diventare maestro di conferenze alla Sorbona.

Tra gli scrittori che hanno influenzato Andrè Compte-Sponville possiamo citare anche Claude Lèvi-Strauss e Clemet Rosset. E anche due maestri orientali Jiddu Krishnamurti e Swami Prajnandap, al quale ha consacrato un libro pubblicato nel 1997. A questi bisogna aggiungere due donne Simone Weil e Etty Hillesum che lo hanno aiutato a pensare all'ateismo e alla religione per poi concludere che l'amore della vita è più prezioso delle dottrine. 

Si riferisce spesso a Pascal dicendo che lo ha aiutato a intraprendere la strada della non credenza, perchè Pascal non crede nell'uomo, nella natura, nella storia e nella verità che sono le quattro idolatrie dominanti, ma crede solo a Dio.  Montaigne è il suo maestro di saggezza proprio perchè paradossalmente non crede nella saggezza. Ma offre una saggezza di secondo rango, una saggezza per chi non è saggio, non vuole diventare saggio e lo accetta. Per André questa saggezza esprime l'amore per la vita che è la sola cosa che conta.  

Per scoprire la filosofia consiglia di leggere e rileggere quello che considera il più bel libro di tutti i tempi: Le meditazioni metafisiche di Descartes.  E consiglia di cominciare a esplorare a caso la storia della filosofia il prima possibile. La filosofia non ha mai salvato nessuno, Ma ci libera dalla speranza di una salvezza. E' la buona strada: quella della lucidità e della responsabilità: Filosofare è apprendere a vivere, non a morire o a sperare un'altra vita!         

Riferimenti: I tre libri preferiti da André Compte-Sponville (in filosofia) sono: gli Essais di Montaigne, le Pensées di Pascal e l'Ethique di Spinoza.  Si definisce un filosofo materialista, nello stesso senso di Epicuro, razionalista, nello stesso senso di Spinoza, e umanista, nello stesso senso di Montaigne, e anche "ateo fedele". Propone una saggezza per il nostro tempo e una spiritualità senza Dio.

  • Libro di André Compte-Sponville per esplorare la filosofia: Le plaisir de penser, une introduction à la philosophie.
  • Ultimo libro di André Compte-Sponville La Clé des champs et autres impromptus. 2023
  • André Compte-Sponville, Swami Prajnanpad. Lettres à ses disciples: Tome 2, Les yeux ouverts
  • André Compte-Sponville, De l'autre cote du desespoir. Introduction à la pensée de Svâmi Prajnânpad 

Note:  Louis Althusser (1918-1990) è stato un filosofo francese, principale teorico del marxismo strutturale, oltreché una delle personalità di spicco della corrente filosofico-antropologica strutturalista e post-strutturalista.
Marcel Conche (1992-2022) è stato un filosofo francese e professore emerito all'Università della Sorbona.
Bernard Feillet (1932-2019) a longtemps été prêtre à la chapelle Saint-Bernard, au pied de l'horloge de la gare Montparnasse, à Paris.
Esther Hillesum (1914-1943) è stata una scrittrice olandese ebrea vittima dell'olocausto.
Clément Rosset (1939-2018) è stato un filosofo e scrittore francese
Swami Prajnanpad (1891-1974) è stato il maestro di Arnaud Desjardins (1925-2011), che poi ha trasmesso questa educazione spirituale in Francia all'inizio degli anni '70. 

Su Arnaud Desjardins vedi http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/vedanta/osatevivere.htm

martedì 5 dicembre 2023

Presentazione on line del testo Adagia di Erasmo da Rotterdam

Letture luminose 2023-2024, quinto incontro incontro Erasmo da Rotterdam: Adagia

Mercoledì 6 dicembre 2023, h. 18.30 (accesso dalle 18.15) su piattaforma Zoom

Erasmo (1466-1536j) è stato un intellettuale raffinatissimo, la penna più stimata a livello internazionale nell’ambito dell’intero clima umanistico-rinascimentale. Un intellettuale sapiente quanto indipendente, sempre libero e severo nel giudicare e rimproverare i vizi e le jatture del suo mondo, stracolmo di ipocrisia e di contraddizioni.
Le sue opere sono gioielli di eleganza stilistica e di nitore argomentativo. Ne sono uno splendido esempio gli Adagia o Adagi, libro che contiene più saggi, ispirati ad antichi proverbi.

Oggetto della nostra lettura sarà quello più terribilmente attuale: “Chi ama le guerra, non l’ha vista in faccia.”   L’incontro sarà condotto da Roberto Fantini, in dialogo con Francesco Pistolato.

Per poter partecipare all'incontro contattare Francesco Pistolato alla seguente e-mail       fpistolato@yahoo.it

Per capire meglio Erasmo da Rotterdam è consigliato di leggere il testo di Stephen Zweig.  

venerdì 29 settembre 2023

La puissance de la joie (1) - Frédéric Lenoir

L'effet de la sagesse, c'est une joie continue. -  Seneca.     La gioia è una potenza, coltivatela. - Il Dalai Lama.            

Frédéric Lenoir è filosofo e sociologo e coproduttore dell'emissione " les racines du ciel" su France Culture. È autore di numerosi opere, saggi e romanzi che sono delle riflessioni sulla saggezza e l'arte di vivere, e tradotti in una ventina di lingue. In questo testo ci parla della gioia sotto vari aspetti. 


La gioia è un'emozione più profonda del piacere, più concreta del benessere, un'emozione che coinvolge tutto l'essere e che diventa, attraverso mille sfumature, il sentimento supremo desiderabile.  La gioia porta in essa una potenza che ci va vacillare, ci invade, ci fa gustare la pienezza dell'essere. È una affermazione della vita e una manifestazione della nostra potenza vitale, è il mezzo che abbiamo a disposizione per toccare questa forza di esistere, di gustarla. Filosofi come Bergson, Spinoza e Nietzsche hanno messo la gioia al cuore del loro pensiero.

"Bisogna andare oltre il piacere effimero, e andare verso la felicità, più durevole e globale". Pierre Rabhi.

La felicita è continuare a desiderare ciò che già  possediamo.  L'ideale di saggezza si riassume in una parola: aurarkeia, l'autonomia ossia la libertà interiore che non fa più dipendere la nostra felicità o il nostro malessere dalle circostanze esterne. Reagiamo solo di fronte a quello che dipende da noi, a quello che possiamo cambiare. Oltre la felicità e il piacere c'è la gioia, un'emozione, un sentimento che i due psichiatri Christophe André  e Francois Lelord, descrivono come un'esperienza mentale e fisica intensa, in reazione a un avvenimento di durata limitata. Per Spinoza la gioia permanente, la beatitudine si raggiunge quando ci siamo liberati dalla schiavitù delle passioni, è l'obiettivo ricercata dai grandi saggi. L'amore può essere una gioia passiva (una passione) quando è fondato su un falso pensiero, su una non conoscenza dell'altro, quando creiamo dei legami con una persona che abbiamo idealizzato e sulla quale abbiamo proiettato delle attese infantili, che procureranno tristezza piuttosto che gioia. Nietzsche come Spinoza giunge alle conclusioni che la gioia è la potenza della vita sulla quale appoggiarsi. Critica ferocemente le religioni che definisce la teologia della tristezza, che predicano una morale della repressione dall'istinto, del corpo, del desidero e riducono le possibilità della gioia.  Per Bergson la gioia è legata alla creazione, alla riuscita nella vita. Un atto di creazione, un'opera d'arte, una nascita, ecc, procurano gioia.  

Ci sono una serie di attitudini che possono creare un clima favorevole alla gioia. La prima è l'attenzione, occorre essere qui e adesso per vivere pienamente le esperienze sensoriali che portano alla gioia. Inoltre, occorre riapprendere a sentire interiormente, a non tagliarci dalle nostre emozioni. L'attenzione ci educa alla presenza, ma la presenza va oltre il semplice fatto di essere attento. Consiste nell'accogliere con generosità il reale, l'altro, il mondo. La presenza è sentire una qualità dell'essere, sentire profondamente l'altro, essere presente all'altro con uno sguardo, con un sorriso, una carezza. Una vita riuscita non sarà in funzione del numero di esperienze fatte, ma dalla qualità di queste esperienze. Gli occidentali quando viaggiano cercano il circuito più completo, si fermano sul posto, giusto il tempo di fare un selfie,  e ripartono; senza nemmeno provare a comunicare con le persone o  conoscere la storia del Paese. 

Una delle esperienze che ci possono educare all'attenzione e alla presenza è la meditazione. La mindfulness o piena attenzione (preferibile a piena coscienza) ci permette di accogliere tutto quello che emerge in noi, accettare di vivere con una certa vulnerabilità, di connetterci alle nostre emozioni profonde che possono procurare gioia e a volte tristezza. Spesso preferiamo proteggerci e blindare le nostre emozioni, relegarle nel nostro sub-conscio, proteggere il nostro cuore per non soffrire. Ma in questo modo ci proteggiamo dalla tristezza e dal dolore, ma ci precludiamo l'accesso alle gioie dell'amore. Per aprire il nostro cuore bisogna aver fiducia nella vita, e questo dipende dai nostri genitori e dai primi anni di esistenza. Quando la gioia busserà alla nostra porta, dobbiamo essere pronti ad accoglierla, per questo è importante essere predisposti all'apertura e all'incontro.

Per i buddhisti, la gioia è il frutto di un amore altruista, che consiste nel gioire del benessere altrui. Questo amore e la gioia che l'accompagna hanno origine dalla benevolenza, maitri, che i praticanti provano verso ogni essere vivente. Questo è il miglior rimedio contro l'invidia che la maggior parte delle persone provano nei confronti di chi ha successo e chi è felice. Tutte le nostre attività sono intraprese per avere in cambio denaro,  riconoscenza o successo sociale e raramente sono mosse dalla gratuità. Dobbiamo avere gratitudine per quello che abbiamo, ringraziare di essere là, per avere una buona salute, avere la possibilità di fare ciò che amiamo. Spesso non apprezziamo quello che abbiamo, e spesso come scrive Jacques Prevert: "ho riconosciuto la felicità dal rumore che ha prodotto lasciandomi". Bisognerebbe ringraziare la vita ogni mattino, e avere voglia di vivere la giornata. La sera prima di addormentarci dovremmo ricordarci di cinque bei momenti della giornata passata.

Spesso una grande gioia è il frutto di una grande perseveranza, come tenere una conferenza in inglese in America, dopo avere studiato per sei mesi. Confucio ci dice che per essere felici, bisogna essere virtuosi, e imitare l'ordine cosmico. Tutto è prevedibile e rassicurante, mentre per i taoista dobbiamo lasciarci andare al flusso della vita. E accettare anche che, a volte, ci allontaniamo dagli obiettivi che ci siamo prefissati. Utilizziamo le contrarietà e le difficoltà per far emergere del positivo e la gioia.

La puissance de la joie (2). Frédéric Lenoir

Frédéric Lenoir è filosofo e sociologo e coproduttore dell'emissione " les racines du ciel" su France Culture. È autore di numerosi opere, saggi e romanzi che sono delle riflessioni sulla saggezza e l'arte di vivere, e tradotti in una ventina di lingue. In questo testo ci parla della gioia sotto vari aspetti.            

Divenire se stessi. "Il più ignorante degli uomini è colui che rinuncia a quello che conosce di sé stesso per adottare l'opinione di altri". Ahmad Ibn Ata Allah, un maestro sufi.     

Spinoza si domandava se esiste un cammino da percorrere che ci permetterebbe di rendere la gioia più costante, o permanente anche se di più debole intensità, meno soggetta a eventi esterni.
- Il primo cammino consiste nell'andare verso se stessi, è la gioia della liberazione;  - Il secondo consiste ad andare verso gli altri ed essere in armonia con il mondo, e la gioia della comunione.
Il primo percorso consiste nel diventare pienamente se stessi, con un lavoro di introspezione si elimina ciò che ci è stato imposto dall'esterno e si cerca di sviluppare aspetti che sono stati soffocati. Questo processo di individuazione, come lo definisce Jung, comincia verso i 35 anni, quando abbiamo preso coscienza, confrontandoci con l'esperienza, della nostra vera natura e delle nostre aspirazioni reali. Importante è mantenere i legami con la comunità, la famiglia e avere dei valori. Spinoza direbbe: "osserva quello che ti porta della gioia e quello che ti rende triste". 
È impossibile vivere nella gioia se siamo in permanenza dipendenti della critica o del giudizio degli altri.       

Come sottolinea Spinoza: "non si nasce liberi lo si diventa", e fino a quando non abbiamo fatto questo lavoro interiore di conoscenza di sè e di lucidità, siamo condizionati dalle nostre emozioni, desideri, passioni,  credenze, immaginazione, opinioni. 

Quello che noi pensiamo di compiere liberamente è il risultato dei nostri condizionamenti. Essere liberi è agire secondo la nostra natura e non secondo i nostri condizionamenti. Dobbiamo liberarci dallo sguardo degli altri  e in modo particolare dallo sguardo dei genitori; ma soprattutto dalla nostra schiavitù  interiore che porta spesso al vittimismo. Spinoza è stato il filosofo che ha annunciato il secolo delle Lumieres reclamando una repubblica  laica che rispetti le libertà di coscienza e d'espressione, e nello stesso tempo è il grande pensatore della libertà interiore. La schiavitù dell'uomo è dovuta al cattivo orientamento dei desideri, dobbiamo orientarci verso oggetti che ci elevano utilizzando il discernimento razionale. Potremo allora gustare la gioia piena e costante di un nostro desiderio, regolato in modo adeguato.

 Una volta che l'essere umano è diventato perfettamente autonomo, è molto più utile agli altri e capace di amare in maniera giusta. Corrisponde a quello che dice Gandhi: "solo cambiando se stessi  si cambierà il mondo". La rivoluzione è interiore.

"Essere capaci di trovare la propria gioia nella gioia dell'altro: ecco il segreto della felicità". - Bernanos.  Nessun essere umano può vivere e restare senza amore, senza legami affettivi con gli altri e il mondo. Nell'etica a Nicomaque, Aristotele usa la parola philia per descrivere l'amore è l'amicizia. Philia è un amore profondo che unisce sia degli amici che delle coppie, il fondamento di tutte le relazioni umane autentiche: si sceglie una persona per condividere un progetto, o condivisione di scambi, di piaceri e di conoscenze. E' fondata sulla reciprocità, con una persona con la quale ci incoraggiamo mutualmente, ci aiutiamo reciprocamente a svilupparci, a essere pienamente noi stessi. 

Philia comporta una dimensione senza la quale nessun amore può essere vero: la gioia di poter essere pienamente se stesso e di aiutare l'altro a essere, anche lui, pienamente se stesso. A volte c'è un amore incondizionato verso l'altro, a volte questo amore è condizionato (genitori cha amano i figli se riescono negli studi, il partner che ama il compagno/a se mantiene una certa forma fisica, ecc).  Un esempio di forte amicizia è quello tra Montaigne e La Boétie che si incontrarono nel 1558 al parlamento di Bordeaux.

Il vero amore non consiste nel possedere una persona, ma nel volere la sua autonomia. Nella sua forma più autentica, l'amore unisce due esseri autonomi, indipendenti, e deve sempre esserci uno spazio tra di loro, come ha ben descritto il poeta Khalil Gilbran. Spesso la fusione nell'amore è l'indicatore di mancanza di sicurezza interiore. La dipendenza assoluta tra due persone è la manifestazione di qualche forma di perversione, la voglia di possedere l'altro è una forma di perversione che inquina l'amore. 

Se un amore finisce  non è dovuto al fatto, che grazie alla libertà e autonomia, la persona ha incontrato un altro, ma perché è semplicemente triste con noi. Quando in una relazione non c'è più gioia  domandiamoci se è buono per noi, se è una relazione tossica, e se  vediamo che un processo di ricreare una relazione sana è impossibile, troviamo qualcuno che ci permette di sbocciare e fiorire. Sono le relazioni giuste che ci permettono di evolvere.

Esiste un altro tipo di relazione d'amore, l'amore dono. Si ama senza attendere niente in cambio. Quando aiutiamo qualcuno in maniera disinteressata. È l'amore-compassione (karuna) del buddhismo che si distingue dalla semplice benevolenza (maitri) del buddhismo primitivo. Corrisponde alla agape del nuovo testamento, e questo amore dono qualifica sia l'amore divino che l'amore gratuito per l'altro. Una frase di Gesù è la seguente: "c'è più gioia a dare che a ricevere". I greci evocavano l'idea di accordarsi al mondo in maniera armoniosa. Ossia entrare in risonanza con i nostri simili, la natura, il cosmo. L'obiettivo è condurre una vita eticamente giusta, sentirsi in armonia con tutto quello che ci circonda. Contemplare un'opera d'arte che ci emoziona, fermarsi davanti alla perfezione della natura ci permette di collegarci a qualcosa di trascendente, far emergere la parte più  nobile di noi. Rispettando la natura e la vita, l'essere umano si accorda al mondo, ha un'attitudine etica giusta.

La filosofia è la psicologia dell'India, ben sintetizzata nel XX secolo da swami Prajnanpad, il cui insegnamento è stato diffuso in Occidente da Arnaud Desjardins: "la nostra personalità si struttura intorno a due istanze: l'ego e il mentale". 

L'ego permette di avere delle percezioni gradevoli o spiacevoli, che l'educazione ci permette di gestire. È anche il supporto delle nostre emozioni: paura, collera,  tristezza  gioia che contribuiscono alla costruzione della nostra personalità. Una volta che la nostra personalità è costruita siamo completamente identificati al nostro ego.   L'altra istanza è il mentale, che ci aiuta a razionalizzare gli avvenimenti e a sopravvivere.  Farci accettare il reale anche se a volte non è facile. Per Freud la più grande invenzione del mentale è Dio o la provvidenza. Il mentale è l'ego hanno costruito un filtro tra noi e il reale. Ci impediscono di vedere il mondo così come è veramente. Per questo bisogna trascendere l'ego e abbandonare la bussola del mentale è arrivare a percepire il nostro vero Sé. Questo potrebbe essere comparato all'esperienza del risveglio del Buddha che si basa sulla presa di coscienza dell'illusione dell'ego. Attraverso questo processo accediamo alla conoscenza intuitiva. Il saggio percepisce di fare parte di un Tutto. C'è una similitudine tra la filosofia delle Upanishad e quella di Spinoza: "Dio non esiste fuori dal mondo  il mondo e Lui sono la stessa sostanza, tutto è in Dio, come Dio è in tutto". Il saggio esce dalla dualità e diventa un essere liberato (jivan mikta) che vive in piena felicità della pura coscienza (sat chit ananda). Romain Rolland ha trovato l'espressione "sentimento oceanico" per descrivere questo sentimento di unità con l'universo, con quello che è più grande di noi stessi. Anche le arti ( ad esempio la musica) possono provocare  un'esperienza cosmica o mistica. Ci aiuta a uscire dal nostro ego, del nostro sentimento di individualità e ad andare verso l'universale.

Spesso le scelte di una vita monastica e spirituale  si basano sulla trappola della ferita narcisistica, e il bisogno di riconoscimento che ne deriva e ciò fa si che si cerca di elevarsi, di diventare un eroe spirituale, senza riconoscere la profonda fragilità da cui questa aspirazione scaturisce (Jean Vanier, il fondatore della comunità l'Arche).  Lenoir ha passato quasi tre anni a un monastero e stava per prendere i voti, e ha cambiato idea quando ha ascoltato una conferenza di Jean Vanier. Ha anche accennato alle molte persone, buddhisti o cristiani, che ha incontrato nei suoi ritiri e che avevano delle personalità psicotiche. Oggi non si può intraprendere un percorso spirituale senza un lavoro psicologico, un vero lavoro di conoscenza di sé e delle nostre motivazioni. Spesso occorre conoscere le nostre zone d'ombra e fare un lavoro di ristrutturazione dell'ego, per non rimanere vincolati dai giudizi di approvazione. Occorre anche amore e riconoscenza sociale.

La vera gioia, arriva quando nasciamo ed è la gioia di vivere, che è la gioia perfetta secondo il filosofo Clément Rosset La gioia di vivere è ricevere la vita come un regalo e approfittarne in tutte le sfumature. Il Dalai Lama sorride tutto il tempo anche se ha sulle spalle il pesante fardello delle condizioni in cui vivono i tibetani. Dominique Lapierre ha scritto sulla situazioni delle bidonville di Calcutta nel libro La città della gioia : "malgrado le condizioni materiali, questa bidonville era una cattedrale di gioia  di vitalità, di speranza".  Ci sono popoli che vivono in estrema semplicità ma pieni di gioia (vedi emissione "Rendez-vous en terre inconnue" di Frederic Lopez su France 2). Noi vorremmo vivere di più  e speriamo di diventare immortali, invece dovremmo apprendere a vivere meglio e toccare l'eternità in ogni istante pienamente vissuto. 

Solo l'accettazione del dolore, degli ostacoli, della vita nella sua interezza apre le porte della gioia. 

Esistono due tipi di saggezza che hanno come scopo di portare ad un benessere profondo e durabilità. 

  • -La prima mira all'atarassia, all'assenza di problemi e alla serenità, con diminuzione dei piaceri e dell'affettività.    Epicuriani, stoici e buddhisti, anche se non esprimevano i piaceri, vivevano una vita ascetica, sobria e moderata.
  • -La seconda aspira alla gioia perfetta, prima che all'assenza di problemi o alla serenità. Meno portata sulla repressione delle passioni, appplica una sorta di distacco, senza essere succubi dei piaceri mondani e dei beni materiali. Altra soluzione è quella di accettare pienamente la ricchezza e l'intensità di una vita affettiva, accettando la sofferenza come corollario (La via dei taoista, di Montaigne e Spinoza). 

Per esempio,  se amo una persona, la amo pienamente senza spirito possessivo, né  attaccamento passionale, ma assumendo il rischio di una separazione. E se un giorno succederà, soffrirò, piangerò, il mio cuore sarà ferito, ma il mio amore per questa persona non sarà indebolito, nè il mio amore per la vita. La mia gioia di vivere sarà sempre presente e potrò cercare di superare questa prova. Questo amore, nella misura che è vero, ha raggiunto una forma di pienezza che gli conferisce un carattere eterno: più niente e nessuno potrà farlo sparire, o far sparire la gioia vissuta durante questo rapporto. Tutti gli esseri che abbiamo amato, anche se la loro assenza ci è dolorosa, continuano a vivere in noi.  Percepiamo ancora questa gioia nata dall'amore. Quando amiamo veramente una persona, questo amore se è vero, è eterno, e non può scomparire o trasformarsi in rabbia. Si vive una gioia, la gioia di sentire il nostro amore, quello di più puro e vero è ancora là.

La saggezza della gioia ci incita anche a vivere nel cuore del mondo, per sposare le contraddizioni e impegnarsi per trasformarlo. Si deve avere come obiettivo il pieno sviluppo, per tutti gli esseri viventi. La gioia di vivere è empatica, invita alla compassione e alla condivisione. La gioia di vivere ci rende più coraggiosi, più aperti, più audaci, più tolleranti di fronte ai problemi degli altri.  La gioia di vivere non porta nessuna risposta teorica al male. Ma apporta una piccola pietra per la costruzione di un mondo migliore: non rispondere con violenza alla violenza, aiutando le persone vicine, provando a inquinare meno, consumare meno, impegnarsi nella comunità e nel volontariato. Il movimento Colibrì è uno dei tanti movimenti che cercano di dare il loro contributo per cambiare il mondo ed è stato fondato da Pierre Rabhi. Come emblema è stato scelto il colibrì che cerca di spegnere l'incendio nella foresta trasportando una piccola goccia d'acqua nel becco. Cerchiamo di fare la nostra parte in questa opera immensa che è di guarire il mondo dalle piaghe che le nostre cattive passioni gli infliggono:  desiderio di dominazione, cupidigia, gelosia, invidia, orgoglio e paura.

Con la saggezza della gioia trasformiamo noi stessi e convertiamo le nostre passioni in azioni.

Tre minutes de philosophie pour redevenir humain. - Fabrice Midal

"Essere umani  significa essenzialmente che non si ricerca la perfezione". - George Orwell.          

In questo testo Trois minutes de philosophie pour redevenir humain,  Fabrice Midal ci parla dei benefici della filosofia nel nostro vivere quotidiano.      Fabrice Midal è Dottore in filosofia e anche insegnante buddhista, dirige l’associazione buddhista “Prajna e Philia”      

La filosofia ci sveglia e ci illumina, oggi è molto più importante in quanto è agli antipodi del dogmatismo attuale, del discorso degli esperti, di quelli che hanno tutto compreso. Socrate, il padre di tutti i filosofi, insiste sul fatto che lui, al contrario, non è esperto in niente. Non è nemmeno un saggio, qualità che è riservata solo agli dei. La filosofia ci invita a scoprire la nostra umanità e ad avere un pensiero autonomo  a liberarci della dittatura del profitto disumanizzante che riduce tutto, donne  uomini, alberi, fiumi in risorse da sfruttare.

Da secoli una corrente di pensiero ci invita a uno stato di perfezione... identificato con una specie di distacco, o di controllo della ragione sul nostro essere,  sostenendo che l'essere perfetti ci porti a essere più felici. Ma non è così.  I grandi maestri vasai giapponesi, una volta realizzato un vaso, aggiungevano una imperfezione per sottolineare la loro fragilità e modestia.

Di seguito ho riportato alcuni passi del libro che mi hanno particolarmente colpito. 

"In mezzo all'inverno, ho scoperto in me un'invincibile estate". -  Albert Camus. Con questa frase Camus ci invita a aprirci a un'altra prospettiva, scoprire che non esistono eventi felici o tristi in sé, ma che esiste in ciascuno di essi, in ogni istante della nostra vita, una dimensione più profonda, positiva.

"Prenditi cura di te". - Socrate.   Prenditi cura di te non significa tagliare i legami con il mondo, ma cercare di capirsi, per meglio impegnarsi nel mondo. Purtroppo oggi, sempre di più si cerca di collegare la scuola al mondo del lavoro e l'educazione deve produrre dei lavoratori efficaci, non persone che pensano autonomamente.

"L'attenzione, miracolo alla portata di tutti, a ogni istante". - Simone Weil.  Con questa frase Simone Weil ci invita alla presenza con l'altro; Per ascoltare quello che l'altro ha da dirci, occorre che io non sappia in anticipo cosa vuole dirmi. Solo in questo modo posso entrare in una relazione profonda.

"La vita sorride a quelli che la vivono". - Maya Angelou.  La poetessa ci manda il messaggio di cercare di fare in modo di non morire senza aver compiuto qualcosa di meraviglioso per l'umanità. Non bisogna mai rinchiudersi nel ruolo della vittima e lamentarsi della nostra condizione, e auto giustificarsi.

"La stupidaggine consiste nel voler concludere". - Gustave Flaubert.  Spesso il dialogo, anche con il proprio compagno, amico, interlocutore sfocia in rabbia e violenza. Si proietta sul mondo e sull'altro la nostra comprensione costruita sui nostri pregiudizi, nostra impazienza e la nostra cecità. Spesso ci cerca di dimostrare che l'altro ha torto senza cercare di capire le sue aspirazioni profonde, e ciò porta a conflitti religiosi, politici e sociali e a guerre.

"L'amore non muore mai di morte naturale, muore perché non siamo capaci di ritornare alla sua sorgente". - Anais Nin.   Esiste una obsolescenza programmata dell'amore in funzione dell'abitudine e del tempo?  L'amore non è una gioia reciproca e immediata, e a torto l'abbiamo identificato al piacere.  L'amore è una prova, una prova difficile, un lavoro che impegna tutta la nostra esistenza. Questo lavoro ci rende profondamente felici.  Lavorare per amare significa non smettere di avere uno sguardo aperto verso il nostro amore, ritrovare la nostra tenerezza, solo così si può ritornare alla sorgente dell'amore. Non seguiamo questa strada perché pensiamo che amare sia un atto spontaneo e non un atto volontario.

Una piccola introduzione al pensiero di Michel Onfray

Il filosofo, oggi, è oberato di compiti, fra questi ve n'è uno particolarmente insidioso: dimostrare che un'etica, malgrado l'inconsistenza dei sistemi metafisici, è ancora possibile, e che il 'senso di responsabilità' non risiede nel mondo delle idee.   

Michel Onfray, un pensatore contemporaneo non molto conosciuto in Italia, afferma che: ''La risposta al nichilismo non consiste in una restaurazione: alcuni, prendendo atto del declino cristiano, concludono che è necessario lavorare alla sua rinascita, in una forma tradizionale, oppure riformandolo con i soliti compromessi.'' (...) ''La morale non è un affare teologico tra gli uomini e Dio, ma una storia immanente che concerne i rapporti tra gli uomini, senza nessun altro testimone''.

La morale va sì riformata, ma non partendo da seducenti presupposti teologici o metafisici, bensì partendo dagli uomini. Ciò promesso, bisogna chiedersi: cosa desiderano questi uomini? Per fondare un'etica sulla intersoggettività occorre individuare un principio in grado di connettere ciascun soggetto all'altro.   Per Onfray l'elemento che accomuna tutti gli uomini è il piacere.

Scriveva Lorenzo Valla (un umanista, filologo classico) seicento anni fa: ''Le leggi che regolano le città sono state fatte per l'utilità, che genera il piacere, ed ogni governo è diretto allo stesso fine. Le arti liberali (medicina, giurisprudenza, poesia, oratoria hanno tutte per fine il piacere o almeno l'utilità che conduce al piacere). La virtù non è altro che la scelta dei piaceri; si comporta bene colui che antepone il maggior vantaggio al minore e il minor svantaggio al maggiore.'' Il piacere è la costante. 

In un mondo ormai deprivato di ogni velleità metafisica, ''bene'' e ''male'', ''giustizia'' e ''ingiustizia'' sono criteri obsoleti. Non bene è ciò che attrae, ma ciò che attrae è bene. L'uomo occidentale non può più riproporre forme transitorie e malferme di moralismo, deve modellare la propria vita su criteri non più oggettivi, astratti e ontologici, ma biologici, neurologici e universali. 

Ecco che Onfray propone allora un'intersoggettività edonista: ciò che noi tutti cerchiamo è un'esistenza gioiosa, quieta e felice. È il piacere - il fondamento positivo, fisico, contrattuale da cui far derivare ogni sorta di codice etico. Occorre sensibilizzare i futuri cittadini al piacere etico sin dalla più tenera infanzia. E in che modo? Non più ricattandoli con la storia del paradiso e dell'inferno, ma insegnando loro che la vita è tutta qui ed è breve; Se la vita è un transito, il proprio e l'altrui bene non può che coincidere con il piacere-di-viverla. 

Bisogna, insomma, scolpire nella mente dei futuri cittadini che non esiste altro valore al di là del piacere, mostrando loro che è il fine ultimo di tutte le discipline ed azioni (e non azioni) umane.  Onfray sostiene che la base di una simile società debba essere per forza contrattuale: poiché l'edonismo si configura e definisce non solo come ''ricerca del piacere'', ma anche come ''evitamento del dispiacere'', i delinquenti relazionali, ossia coloro che infrangono il patto edonico, vanno allontanati. Chi semplicemente diffonde dispiacere va allontanato.  In una intersoggettività edonista i filosofi metterebbero a disposizione la propria saggezza per decretare quali piaceri andrebbero perseguiti e quali evitati.

Se tale progetto vi pare utopistico, non preoccupatevi: lo è anche per Onfray. In effetti l'idea di un contratto radicalmente basato sul piacere risulta piuttosto inverosimile e il rischio di una deriva soggettivistica sarebbe facilmente pronosticabile. 

Taluni potrebbero azzardare che un sistema del genere esiste già e opera sotto le mentite spoglie delle democrazie liberali. Se ciò fosse vero, se il piacere fosse davvero considerato l'unico termine di riferimento valido e gli fossimo così fedeli come nella intersoggettività edonista, non vi sarebbero chiese né regimi, né guerre né politiche suprematiste, né le principali potenze planetarie si sognerebbero mai di misurarsi con le armi nucleari, o anche soltanto di misurarsi (se non in attività meramente agonistiche).

E' morto il filosofo Gianni Vattimo

Gianni Vattimo (1936-2023), il filosofo del pensiero debole e del postmoderno aveva 87 anni quando è morto il 19/09/2023 a Torino. Antidogmatico, tra i più citati all’estero, ha influenzato gli studi su Nietzsche e Heidegger.

Vattimo deve la sua fama a livello internazionale per aver teorizzato e sviluppato il concetto di “pensiero debole“, una critica alla metafisica tradizionale. Professore di filosofia all’Università degli studi di Torino, è stato anche politico e membro del Parlamento europeo.

Tra i più noti filosofi italiani e tra i massimi esponenti della filosofia ermeneutica a livello mondiale, tradotto in varie lingue, studioso e originale prosecutore del pensiero di Martin Heidegger, Gianni Vattimo ha teorizzato l’abbandono delle pretese di fondazione della metafisica e la relativizzazione di ogni prospettiva filosofica, diventando così appunto il maestro del “pensiero debole” a livello internazionale. 

Il "pensiero debole" trovava il nucleo ispirativo più significativo nel cristianesimo, il cui Dio si incarna nell'uomo, si fa debole per offrire un messaggio di verità e carità. Dal cristianesimo, frutto di una fede giovanile via via sempre più ripresa e ravvivata nella matura età, trasse le domande esistenziali della sua ricerca filosofica e, se non le risposte ultime, i significati e gli interrogativi che arricchivano il suo pensare. Benché negli anni Ottanta qualsiasi riferimento diretto al cristianesimo resti pressoché assente dai suoi scritti, nel 1996, con il libretto-confessione Credere di credere, Vattimo esplicitamente fece professione di fede cristiana, indicandone nell'incarnazione di Dio, il messaggio principale.

È stato allievo di Luigi Pareyson, assieme a Umberto Eco con cui ha condiviso amicizia e interessi, laureandosi in filosofia nel 1959 all’Università di Torino. Oltre alla giovanile militanza nell’Azione Cattolica, Vattimo fu con Eco anche tra i pionieri della televisione italiana: nel 1954 insieme parteciparono e vinsero un concorso della Rai per l’assunzione di nuovi funzionari. Abbandonarono l’ente televisivo alla fine degli anni Cinquanta.

Ha insegnato negli Stati Uniti e ha tenuto seminari in diversi atenei del mondo. Era editorialista per vari quotidiani e ha ricevuto lauree honoris causa dalle Università di La Plata, Palermo, Madrid e dalla Universidad Nacional Mayor de San Marcos di Lima.

Vattimo è stato non solo un filosofo ma anche un intellettuale militante di spicco della sinistra, dichiaratamente omosessuale e al tempo stesso rivendicando la sua fede cattolica, svolgendo attività politica in diverse formazioni politiche.   Il suo assistente e compagno Simone Caminada ha comunicato ai media la notizia del decesso.

domenica 10 settembre 2023

L'incomprensione reciproca

L'incomprensione reciproca è un articolo scritto dal mio amico Alessandro sulla difficoltà di comunicare prendendo spunto da citazioni di Georges Ivanovič Gurdjieff.

G. I. Gurdjieff diceva: "Prima di discutere con qualcuno occorre realizzare fino a che punto quella persona può capire le nostre parole. Il parlare nonostante l'impossibilità di essere compresi dall'altro è sempre una perdita di tempo e di energia. Chi è consapevole, parla solo quando è certo che chi ascolta è in grado di comprendere."        

La malcomprensione è la regola tra gli esseri umani. Dalla più piccola lite alla guerra in larga scala. Perché? perché ogni parola assume per ognuno di noi un significato diverso a seconda del proprio vissuto e sopratutto dal livello di coscienza soggettivo. Ecco perché non comprendersi, tra le persone, e' la norma.

Se credete che ogni essere umano debba comprendere le vostre parole o quelle dei Maestri, come arrivano a voi, vi illudete. L'illusione è un fenomeno mentale che ci allontana dalla realtà e dalla sua complessità. La vita segue una sua "logica" che va oltre il nostro concetto di "giusto" e "sbagliato". La vita non è morale e nemmeno immorale ma amorale.

Le nostre credenze sulla realtà non sono la realta' "oggettiva" ma una sua rappresentazione interna delle nostre credenze. Una credenza è un costrutto mentale inserito nella nostra mente dall'esterno. Noi entriamo in conflitto per le credenze che sono spesso più idee che esperienze.

Una persona che, per esempio, non ha mai vissuto l'esperienza dell'amore incondizionato o del perdono potrà parlarne sul piano analitico ma non può sapere di cosa parla se non è passato per quella esperienza. Lo stesso vale per la sessualità, la malattia e il lutto. Come può un prete parlare di sesso senza averlo provato? Come può un terapeuta curare un depresso senza aver mai esperito una depressione?   Esperire vuol dire morire a se stessi… passare attraverso l'esperienza… per andare oltre la logica razionale. Per crescere bisogna morire alle proprie credenze.

Non credete a nessuno, neanche alle parole dei cosiddetti "Maestri" o a quelle che, secondo voi, sono le autorità o si proclamano tali. Non credere neanche a te stesso ma credi solo all'esperienza… nessuno può dirti cosa è giusto o sbagliato e tu non puoi dire a nessuno cosa è giusto o sbagliato.

Decidi cosa è "giusto" o "sbagliato" per te attraverso l'esperienza e prenditi la responsabilità della tua vita ma ricorda che nessuno potrà comprenderti veramente perché siamo sempre soli nella nostra esperienza.

Le parole sono il mezzo con cui comunichiamo anche se ci scontriamo perché utilizziamo termini diversi, secondo noi oggettivi, per dire a volte la stessa cosa. Quello umano è un mondo intersoggettivo e la relazione si basa proprio sulla negoziazione del significato delle parole. E' nella relazione che si costruiscono i significati. Ma la relazione non è fatta solo di parole, anzi le parole spesso ci allontanano. Le parole dette senza coscienza feriscono, uccidono.

Funzioniamo così: "io ho ragione, secondo i miei schemi mentali, mentre l'altro ha torto perché ha schemi mentali diversi dai miei". Questo fenomeno è amplificato sui social dove ci si irrita, si giudica, si offende l'altro per imporre la propria visione del mondo.

L'Arte, per esempio, nasce all'anima perché usa il linguaggio simbolico che è universale e arriva direttamente al cuore… quella che viene definito "Centro Emotivo Superiore" da Gurdjieff. Senza una comunicazione da cuore a cuore gli esseri umani sono impossibilitati a comunicare.

Dovremmo imparare il valore del silenzio, non per presunzione, ma perché è necessario capire se quello che voglio dire l'altro possa capirlo veramente oppure no.

Ho speso tanto tempo e fiato con persone che pensavo potessero e dovessero capirmi e ho compreso che a sbagliare ero io. Non puoi parlare a chi è sordo e non puoi mostrare il tuo mondo interiore a chi è cieco. Non puoi pretendere che l'altro ti capisca… perché l'altro non è te. L'altro è diverso da te. L'altro non è dentro di te.

martedì 29 agosto 2023

Abrégé Hédoniste - Michel Onfray

«Dio non è morto perché non è mortale. Una finzione non muore.» 

Abrégé Hédoniste (compendio edonista) è un libretto di una settantina di pagine pubblicato nel 2012, dove l'autore, Michel Onfray (1959 - ), presenta la sua filosofia edonista che considera il piacere come un bene essenziale.  Michel Onfray è un filosofo francese, fondatore dell'Università popolare di Caen, ha pubblicato più di 50 opere, di cui i suoi corsi di contro-storia della filosofia ritrasmessi da France Culture.  

 
Nella guerra che un tempo ha opposto il materialismo e l'idealismo, gli amici della terra e quelli del cielo, per dirlo secondo il vocabolario di Platone, ha vinto il materialismo. Il cristianesimo, questa setta promossa a religione di stato grazie a Costantino all'inizio del IV secolo, è passato da perseguitato a persecutore. Persecuzioni, chiusure di scuole filosofiche, di distruzione di biblioteche, vandalizzazione di templi pagani; a forza di concili, i cristiani costruirono un corpus ideologico di stato. La filosofia fu sostituita da anni di teologia, di scolastica, di pensieri fumosi per sostenere culturalmente il cristianesimo diventato religione di stato.

Esiste una storia ufficiale di filosofia, compatibile con ideologia cristiana: il pitagorismo, l'ideale platonico, lo stoicismo, l'augustinianismo, la patristica latina e greca, lo spiritualismo tomista, la scolastica cattolica, il cartesianesimo per il suo dualismo, il kantismo e l'hegelismo per la loro formulazione in tedesco dell'ideale di San Paolo.       Michel Onfray ha creato un'università popolare a Caen per insegnare una contro-storia della filosofia e per esaminare in modo corretto molte correnti filosofiche che sono state trasformate, e aggiustate nel corso del tempo.     Questo approccio agnostico, ateo, materialista, sensualista, atomista, edonista celebra la pulsione della vita e combatte la pulsione della morte, si batte contro la misoginia e per una uguaglianza tra i sessi.   Per capire veramente una filosofia occorre mettere in relazione la vita, le opere e il prodotto del pensiero, la biografia e la scrittura.  E' importante analizzare l'opera completa dell'autore, inclusa la sua corrispondenza e tutte le testimonianze possibili. La sintesi si effettua sul principio esposto da Sartre: la psicanalisi esistenziale.

L'ontologia e la metafisica sono state confiscate per più di duemila anni dalla filosofia idealista o spirituale. La metafisica diventa la scienza dell'essere in tanto che essere.  Dio è una creature fabbricata dall'uomo a sua immagine inversa, al fine di supportare il vivere, ossia, il sapere di dovere morire un giorno.

La vertigine di passare da un mondo chiuso a un universo infinito, costituito da miliardi di galassie, fuori da un Dio personale o impersonale, ha permesso lo sviluppo di una ontologia atea, una metafisica immanente. Gli uomini hanno preso consapevolezza della loro insignificante esistenza. L'essere è rimesso al centro di lui stesso.

Ecologia.   Oggi, nuove forme di religioni si affermano come l'ecologismo. La scrittura catastrofista, imbevuta dalla paura, rende l'uomo responsabile di tutte le negatività ecologiche, sotto pretesto dell'industrializzazione.  Il caso del riscaldamento del pianeta ignora totalmente le considerazioni degli astrofisici. Il sistema solare effettua il suo giro intorno al centro della galassia in 226 milioni di anni, e in questo periodo si  sono alternati periodi di surriscaldamento e di glaciazione senza alcuna relazione con l'attività dell'uomo. All'ignoranza del posto dell'uomo nel cosmo si aggiunge l'ignoranza del ruolo dell'uomo nella natura.    Il sentimento della natura, la piena apertura al cosmo, attivano una sensazione che, secondo Longin, si può definire sublime. 

Il collasso di una stella su se stessa spiegherebbe l'origine del mondo e questa tesi astro-fisica polverizza l'ipotesi teologica dell'origine del mondo. Per secoli la cultura è consistita nel conoscere la natura al fine di sottomettersi al suo ordine, vedi sciamanesimo, animismo, politeismo, paganesimo. Con l'avvento del monoteismo prima  ebreo e poi cristiano, la  cultura diviene anti-natura, e si instaura il rifiuto del cosmo.

Psicologia.  Il pensiero di Freud ha coagulato un certo numero di scoperte fatte da scienziati modesti del tempo quali: il significato dei sogni, i lapsus, l'esistenza di un incosciente psichico, la psicopatologia della vita quotidiana, ecc.  che poi Feud ha relegato nell'oblio.     Lo stesso Freud, nel 1910 nel testo Della Psicanalisi  dice che la psicanalisi era stata inventata da Josef Breuer.  Altri psicanalisti importanti hanno operato in quel periodo, Pierre, Janet, Gross, Adler, Jung, Reich, Ferenczi, Abraham, ma la psicanalisi resta associata al solo Freud.   Freud, secondo Michel Onfray, ha anche mentito e inventato casi per giustificare le sue teoria.   Ad esempio Freud afferma perentoriamente che la psicanalisi è una tecnica efficace e che cura i pazienti con il semplice scambio di parole (vedi: il Metodo psicanlatico di Freud del 1904).   Ma Freud mente spudoratamente, infatti, a partire dal 1910 prescrive l'uso di psychrophore ai suoi pazienti (una sonda uretale con inizioni di acqua gelata nell'uretra, ad esempio, per curare l'onanismo). 

Feud pretende di aver scoperto l'inconscio a partire dal divano e di un lungo studio clinico, ma in effetti, ha trasformato i suoi fantasmi individuali in verità scientifiche e universali , come il complesso di Edipo che deriva dal desiderio che aveva di dormire con sua madre all'età di 4/5 anni dopo averla vista nuda probabilmente in un viaggio in treno.   I lavori di storici mostrano che i pretesi casi di guarigione che Freud chiama i cinque casi di pasicanalisi, non ci sono mai stati. Come ad esempio il caso di Serguet Pankejeff, che soffriva di una nevrosi infantile, e che non è mai guarito.  Si può considerare la psicanalisi freudiana omofoba, fallocratica, misogina, politicamente conservatrice  ed è stata usata per frenare le rivendicazioni del maggio 1968.  Invece con Marcuse e Reich, la psicanalisi ha dato l'impressione di essere una disciplina emancipatrice, femminista, progressista, razionale...          L'analisi psicologica di Janet, il freudo-marxismo di Reich, la psicologia concreta di Politzer, la psicanalisi esistenziale di Sartre, e altro hanno dimosrato che una psicanalisi non freudiana è possibile, una psicanalisi che si basa sul materialismo e il soggetto iscritto nella storia. La psicologia diventa un'arte della costruzione del sé o della ricostruzione del sé, produce dell'ordine esistenziale nel disordine ontologico. 

La saggezza delle grandi scuole socratiche, stoiche, epucuree, ciniche, cirenaiche supponeva una psychagogie, ossia un invito, grazie ad esercizi spirituali, a modificare l'anima materiale al fine di purificare gli affetti per andare dal mondo dell'angoscia, della paura, delle passioni umane a quello della saggezza, nel quale trionfano la serenità, la gioia, la beatitudine, l'atarassia, le virtù filosofiche. 

La filosofia edonista è una proposta psicologica, psychagogique, etica, erotica, estetica, bioetica, politica ....  si propone nello stesso modo di Epicuro e degli epicurei, ma soprattutto di Lucrezio, un discorso sulla natura delle cose, con lo scopo che tutti possano trovare il loro posto nella natura, nel mondo, nel cosmo con la prospettiva di una vita riuscita - la vita riuscita si può definire come quella che ameremo rivivere, se ci fosse data la possibilità di viverla di nuovo.

Il giudeo-cristianismo ha impregnato la nostra episteme per più di mille anni, dalla patristica (II-X) all'Encyclopédie (1751-1772); dalla conversione di Costantino (312) alla decapitazione di Luigi XVI (1793) che attesta che si può impunemente decapitare un Re che aveva il diritto divino. Ma se le chiese si sono svuotate, le menti restano piene dell'insegnamento cristiano che è caratterizzato da: svalutazione del corpo, delle sensazioni, delle emozioni, della carne, delle passioni, delle pulsioni, e rivalutazione dell'ascetismo, della rinuncia, della misoginia...

L'episteme è la traslitterazione del termine greco che significa "conoscenza scientifica" (e che Platone contrapponeva alla dòxa, cioè all'opinione). Nella filosofia ontemporanea comprende l'insieme delle conoscenze positive e delle teorie scientifiche che caratterizzano una data epoca.  La patristica è il pensiero cristiano dei primi secoli, in quanto frutto della meditazione e della predicazione dei Padri della Chiesa. 

Michel Onfray definisce la religione come la visione del mondo che postula l'esistenza di un mondo nascosto che dà senso a questo  mondo nel quale viviamo. Tutte le religioni costruiscono i loro propositi sulla possibilità di un reale al di fuori del reale, questo reale irreale che dà un senso a questo reale reale. Agostino spiega in dettaglio come la città di Dio fonda la verità della città degli uomini.  Un'etica edonista suppone un combattimento ateologico; L'ateologia è la disciplina che sostiene la negazione di Dio, l'opposto della teologia che l'afferma. Il denominatore comune della psiche dei tre monoteismi è costituito dalla de-realizzazione del sè, dalla pulsione della morte.  Sono considerati come atei gli agnostici, politeisti, deisti, fideisti, panteisti.  Onfray definisce l'ateismo come una franca e chiara negazione di Dio, e il processo di smontare questa illusione. Decompone le finzioni costruite per evitare la verità ontologica ultima: la nostra presenza nel mondo non ha senso, Dio è una stampella necessaria alla gestione del nulla che ci aspetta.  Esiste anche l'ateo cristiano, che nega l'esistenza di Dio, dell'idolo maggiore, ma si sacrifica a tutti gli idoli minori che l'accompagnano: amore del prossimo, perdono dei peccati, gusto della trascendenza, preferenza per l'ideale ascetico, etc.  alimentando così una morale impraticabile e che genera delle colpabilità inevitabili,e un ideale fuori dalla nostra portata.  Il reale è violento e brutale, prevale l'ego e la dominazione, l'uso della forza e dell'inganno, per questo occorre trovare una morale per un mondo reale e non un mondo ideale e fantasmatico.  Onfray definisce insano pensare di non giudicare il cattivo, il perverso, perdonare chi ci ha procurato tanta sofferenza (come i nazisti nei campi di sterminio), così come è insano dedicarsi in questa vita a un ideale ascetico sotto il pretesto che noi vivremo eternamente.

Estetica.  Non esiste, in effetti un'opera d'arte in sé, di bellezza assoluta che possa servire da misura per valutare le produzioni artistiche, Spesso l'arte è idealizzata, e l'ideale serve da misura.  L'arte contemporanea trasforma l'opera in una produzione priva di significato, ma il pubblico non potrà dare un giudizio di gusto degno di questo nome. 

Erotismo.  L'etica comprende il principio edonista imperativo del gioire e fare gioire. E comunque Gesù non ha mai pronunciato delle parole di condanna del piacere sessuale. Per Paolo di Tarso, poi preso come riferimento da Costantino, c'è una condanna del sesso, un elogio della rinuncia ai piaceri di questo mondo, una celebrazione della cellula familiare come forma ideale di comunità. La teoria sviluppata in Occidente da Platone e Lacan è quella del desiderio come mancanza, una ricerca continua dell'altra metà dell'androgino primitivo. E da questo deriva la ricerca del principe e della sposa ideale, della perla rara da trovare. Per Onfray un passo in avanti sarebbe quello di non condananre la libido e di basare la sessualità non sull'amore, la fedeltà e la monogamia, la procreazione, la coabitazione ma su un progetto meno ambizioso di una inter-soggettività libera, gioiosa, pacificata, nella quale l'obiettivo non è l'ideale familiare ma una costruzione di un erotismo basato sulla libertà del consenso altrui.  Una sessualità proposta da Fourier che segna una modalità nuova della intersoggettività: lontana da colpabilità, peccato, colpa, punizione, repressione, castità, e continenza, lontano dalle pulsioni di morte e dall'impero delle passioni tristi nelle relazioni amorose;  Propone un erotismo solare che dichiara aperte tutte le possibilità sessuali,  a patto che ci sia un consenso reciproco. L'erotismo solare si propone anche la realizzazione di un femminismo libertino, ossia concedere alla donna le stesse opportunità dell'uomo senza essere apostrofata da isterica e ninfomane. Secondo la tesi di Fliess  sulla bisessualità ciascuno di noi è costituito da una parte maschile e femminile (tesi poi ripresa da Freud), in virtù della quale ciascuno di noi è un caso particolare, una eccezione sessuale, con una psiche e una storia singolare. Da qui la necessità di partire alla ricerca del sé, al fine di determinare chi siamo sul terreno sessuale e a cosa aspiriamo. Il conosci te stesso di Socrate deve funzionare anche sul terreno sessuale.  L'assenza di eros cristiano precipata l'individuo nell'oscurità dell'essere. L'erotismo cinese, indiano, giapponese ci hanno convinto che è necessario un apprendimento della sessualità.   L'erotismo è alla sessualità quello che la gastronomia è al cibo: un supplemento di anima.  The pillow book (i racconti del cscciscino), libro che in Oriente si offriva ai giovani sposi e che in Giappone ha fatto la celebrità delle famose stampe, si proponeva di educare alla voluttà. Lo stesso Kama sutra, che al di fuori di un solo divieto (la mescolanza di caste) legittima ogni forma di sessualità, spiegando come sedurre, piacere, amare, separarsi, ricominciare e moltiplicare la combinazione dei piaceri. 

In Occidente invece domina la pornografia, che propone il culto del corpo, l'uso del corpo come un oggetto, la dominazione maschile e la sottomissione femminile. E' caratterizzata, inoltre, dall'inesistenza di dialoghi e nullità estetica.  Si dovrebbe invece avere una pornografia libertaria, non liberale, attraverso la quale portare alla conoscenza del pubblico i contenuti di trattati di arte erotica con scenari, dialoghi e immagini, piani estetici con l'obiettivo di una pedagogia ludica del corpo sessuato, una messa in scena di un sesso volto verso la pulsione della vita. Le nouveau monde amoureux de Charles Fourier (1772-1837) fornisce un inesauribile fonte a questa pornografia libertaria. 

Bioetica. Viene considerata come una battagia edonista per la quale il piacere si intende come l'evitare il dispiacere. IN questa ottica di deve difendere la tecnologia, il desiderio del migliore, la prospettiva del perfezionamento, l'ottimismo dell'etica edonista.  Occorre, invece, proporre una morale pratica di cui le virtù sono semplici: virtuoso è quello che aumenta il piacere e diminuisce una sofferenza, vizioso quello che aumenta le sofferenze; che permetta di riappropriarsi del sè fino alla morte, evitando le cure palliative che sono sostenute dalle autorità religiose che le vedono come uno strumento per accedere all'intimità spirituale dell'individuo.  Importante è usare il testamento di vita che permette di delegare a un essere amato  l'incarico di decidere per noi quello che avevamo concordato con lui in caso di situazioni particolari.

Politica. Finiamo con la politica che è una variazione dell'etica. Oggi predomina un colonialismo postmoderno che prevede il diritto d'ingerenza in ogni settore della vita, e il disprezzo dei diritti umani e della privacy. Questo liberalismo sfrenato, grazie alla contaminazione di quella che fu una volta la sinistra socialista, si propaga come un tumore maligno in ogni recondito della società civile,  è un sistema economico e politico nel quale il mercato fa la legge ovunque, nella cultura, nella sanità, nell'educazione, nella sicurezza; ecc.   Nel mondo liberale la soddisfazione edonista triviale e volgare di un pugno di privilegiati si paga con l'umiliazione, lo sfruttamento, la sottomissione, la subordinazione di miliardi di persone.   La dominazione si attua con strumenti più nascosti e attori meno reperibili. Siamo nelle mani di società di controllo che utilizzano sistemi di sorveglianza informatici, numerici, elettronici, mediatici  e  la censura delle voci discordanti sui social media e altro.  Il potere non è più in un posto ben definito e attaccabile,  ma è ovunque,  e si sta instaurando, per la prima volta nella storia,  una dittatura invisibile accettata passivamente dai cittadini.

Onfray distingue il capitalismo dal liberismo; il capitalismo è un modo di produzione delle ricchezze nel quale la rarità costituisce il valore, il liberismo è un modo di ridistribuire le ricchezze nel quale il mercato libero detta legge. Il capitalismo è vecchio come il mondo e durerà quanto il mondo. Ma è sicuro che non vogliamo un capitalismo liberale, Come diceva La Boetie: "siate determinati a non servire e eccovi liberi". La dominazione esiste solo grazie al consenso di quelli che la accettano. Se ci rifiutiamo di assoggettarsi e se siamo abbastanza numerosi, allora il potere si affonderà su lui stesso, in quanto tiene la sua forza solo grazie alla nostra debolezza e alla nostra sottomissione. La logica dominazione/sottomissione esiste solo grazie alla volontà di quelli che dominano e per l'assenza di rifiuto di quelli che subiscono questo impero.

Il solo modo di cambiare le cose è la prospettiva della rivoluzione concreta libertaria, non autoritaria, opposta al sangue e alla violenza, un socialismo libertario azionato secondo la meccanica delle micro-resitenze concrete, essere femministi nella propria relazione, antirazzisti nel quotidiano, ecologisti nelle proprie abitudini, antifascisti in tutte le relazioni (nella famiglia, al lavoro, con i vicini, ecc).   Alla luce di questa rivoluzione pratica, il sognatore che vuole la rivoluzione internazionale e non sa farla nel suo ambiente, è meglio che lasci perdere.  La prospettiva degli individui di diventare rivoluzionari  - per citare Deleuze - trova qui la sua verità. In politica l'edonismo si riassume alla vecchia frase del periodo delle Lumieres: "bisogna cercare il più grande benessere per il più grande numero di persone,  qui e ora".

Radio France: il mondo secondo Michel Onfray.  https://www.radiofrance.fr/franceculture/podcasts/le-monde-selon-michel-onfray/le-monde-selon-michel-onfray-samedi-2-juillet-2016-8135903

L'anima indistruttibile - Geoffrey Parrinder (parte 1)

"Da ciò che Non è guidami a ciò che é, Dalla tenebra guidami alla luce, Dalla mortalità guidami all'immortalità". dalla Brihad-aranyaka Upanishad.

Questo bel libro L'anima indistruttibile di Geoffrey Parrinder (1910 - 2005), professore di Studio comparato delle religioni nell'università di Londra, è  riuscito a mettere a fuoco le differenze tra le varie filosofie indiane, spesso esposte in modo molto confuso e a volte contradditorio. E' un'eccellente opera divulgativa che spiega in maniera chiara la differenza tra sè, anima, atman, Brahman, ecc. 

I pensatori indiani hanno concentrato i loro studi sulla natura dell'uomo e, fatte pochissime eccezioni, le varie scuole hanno affermato che nell'uomo c'è un sè interiore o anima e che è eterno e indistruttibile. 

La Natura non è prodotta, Lo Spirito non è nè producente nè prodotto. La natura non è prodotta nè si evolve da altro, ma è in un stato di continuo movimento in ciascun ciclo cosmico e produce tutte le creature. Lo spirito al contrario, trascende movimento, casualità, tempo e spazio; non è prodotto da nulla, ma non produce nulla. La natura, pra-kriti, pre-agente non ha principio e fine e nel suo stato di quiete è il non manifesto. Poi si manifesta in 23 produzioni, prima a emergere dalla natura è la mente o coscienza (buddhi), da questo deriva l'ego, centro della personalità, e dall'ego deriva la ragione o intelletto. Questa è la base della filosofia sankhya, quando la natura ha prodotto i 23 elementi (25 se includiamo Natura e Spirito), alla fine li riassorbe, mentre lo spirito sta a guardare inattivo. Il sistema sankhya non fa riferimento a Dio, nè a un essere supremo, nè a dei minori (così come il gianismo e il buddhismo). Non nega Dio, perciò non è formalmente ateo, nè è materialistico, poichè tanto lo Spirito quanto la Natura sono eterni.

Lo yoga, come sistematizzato negli Yoga sutra di Patanjali (2 secolo a.C- 3 secolo d.C), era più interessato allo scopo pratico della salvezza mediante l'attività disciplinata piuttosto che la teoria metafisica e accettava lo schema Natura - Spirito del sankhya. Anche se non c'era un Creatore, lo yoga ritenne necessario introdurre il culto di Dio o del Signore nella ricerca della perfezione.  "Il Signore (Ishvara) è uno speciale tipo di Spirito, non toccato dalla sofferenza, dalle azioni (karma) o dal risultato di azioni o impressioni. In lui è la più alta conoscenza di tutte le cose: Egli fu maestro (guru) degli antichi e non è limitato dal tempo".  Questo signore fu aggiunto come ventiseiesimo alle categorie del sankhya ed era di ausilio alla meditazione e alla concentrazione, sebbene non fosse Dio nel senso più pieno. Il sankhya e lo yoga erano abbastanza critici degli antichi scritti e rituali vedici.  Le nuove teoria asseriscono che queste due filosofie derivino dalla antica religione non-ariana o dravidica (2500 a.C).  I veda la cui radice significa conoscenza, erano raccolte di inni agli dei dei guerrieri e sacerdoti ariani che invasero l'India intorno al 1500 a.C.   La filosofia vedica cominciò realmente col Ved-anta, la fine dei Veda, composto tra  l'800 e il 300 a.C. chiamato Upanishad, 'sessioni private'.  Qui i re, i saggi, i sacerdoti discutevano sulla creazione del mondo, sull'anima, la vita dopo morte, ecc.   Le upanishad dichiarano che in principio c'era l'anima, che era l'essere vero, intelligente e unico, e che dal suo pensiero furono prodotte tutte le creature. "In principio, questo universo non era che l'Essere, unico, senza secondo". Solo nelle upanishad più recenti veniva accennata la filosofia sankhya che viene ripresa e sviluppata nella Bhagavad Gita. La Gita dal secondo capitolo fa riferimento al sankhya come credenza di anime indistruttibili, dice che le qualità naturali agiscono in ogni tipo di attività e tutte le creature derivano dalla Natura che appartiene al Signore, e a lei ritornano dopo un ciclo cosmico.   "Alla mia natura materiale tornano tutti gli esseri, quando un ciclo termina; e quando un ciclo inizia, di nuovo io li emetto". Nelle upanishad il nome Brahman fu applicato all'Essere assoluto, qui nella Gita si parla di Brahman come madre o matrice, in cui il padre, Dio getta il seme. Qui Brahman è come la Natura, ma il Signore è diventato Dio nel senso più completo di attivatore e meta di tutti gli esseri. "Il grande Brahman è la mia matrice, e in lui getto il mio seme, donde proviene ogni essere che lì prende origine". La natura continua a essere eterna, ma l'attivazione dipende interamente da Dio, la cui opera può essere chiamata creazione. In tutte le filosofie indiane, ci sono creazioni e dissoluzioni dell'universo, gli anni degli dei si dividono in quatttro età (yuga). La prima il krita dura 4800 anni, il treta 3600, il dwapara 2400, il kali 1800 anni il peggiore ed è quello in cui viviamo dove predomina il pessimismo, il tramonto delle religioni. 

La scuola logica (Nyaya) insegnava che la fine del mondo verrà per l'azione del Signore (Ishvara), non per crudeltà ma per il desiderio di dare tregua alla sofferenza degli esseri viventi. Quando vorrà fare di nuovo una creazione lo farà per mezzo di una deità creatrice: Brahma

I buddhsiti ritenevano sterile speculare se il mondo fosse eterno o non-eterno, quello che interessava loro è la via della liberazione. Il buddhismo giunse a considerare che non c'era niente di permanente, che le cose erano mutevoli e che non c'era un essere identificabile. 

Dopo molti secoli di polemiche tra differenti filosofie nasce il Vedanta. Deve essere distinta dalle Upanishad, ma è chiamata Vedanta perchè dal nono al tredicesimo secolo, questi maestri basarono il loro insegnamento sulle upanishad (il primo vedanta) e su un'opera chiamata Brahma sutra (chiamato anche Vedanta sutra). Questo testo mette in rilievo il desiderio di conoscere Brahman, l'essere supremo, l'origine di tutto. Il vedanta differiva dal Sankhya in quanto nessuno sosteneva che la Natura esisteva come indipendente dall'Essere divino. Le anime individuali accennate dal Sankhya venivano viste come manifestazioni dell'unica suprema anima o Sè. Molte speculazioni furono fatte sulle parole che chiudono il commento del grande filosofo Ramanuja al Vedanta sutra: "C'è uno spirito supremo la cui natura è assoluta beatitudine e bontà, che è la causa del mantenimento e della dissoluzione del mondo, che è onniscente, ecc.".

pag. 21. Il sankhya tenta di dimostrare l'immortalità dell'anima o spirito (purusha) che deve necessariamente esistere, se la natura è composta ed esiste in funzione, e se c'è qualcosa al di là delle tre qualità della natura. Anzi comincia a pensare che lo spirito non è uno ma molti, come molte sono le anime o monadi separate dell'essere. Ogni anima, in sè completamente immateriale e libera, è accompagnata da un corpo sottile (linga). Lo spirito era chiamato testimone, neutro, inattivo ma il suo legame con il corpo sottile, lo faceva apparire attivo. Anche la Gita propone questa tematica dicendo che il vero sè non agisce, un guerriero non può uccidere e non può essere ucciso. Il rapporto tra natura è spirito è spesso illustrato dalla storiella del cieco che porta sulle spalle lo zoppo e lo zoppo guida i suoi passi per avanzare. La natura è il cieco, perchè non vede, e lo spirito è lo zoppo, perchè non agisce. E' il solo corpo sottile (natura) che trasmigra e lo spirito è immoto e spettatore.

Per i gianisti (jina significa conquistatore) l'intero universo si poteva dividere in anime viventi (jiva) e non viventi (a-jiva). Il principio di vita era questa anima distinta dal corpo, la principale caratteristica dell'anima, distinta dalla non anima, era la consapevolezza e questa era una valida prova della sua esistenza. I gianisti credevano che l'anima riempisse tutto il corpo e che le anime fossero reperibili in tutta la materia vivente: animali, piante, dei e uomini. Questi esseri trasmigravano in altre vite secondo il risultato delle proprie azioni e alla fine le anime illuminate otterrebbero la liberazione nel Nirvana. Per il Vedanta le anime sono in realtà una sola.  La credenza di questa anima indistruttibile appare spesso nelle Upanishad ed è essenziale nella tesi della Gita. Spesso è raffigurata della misura di un pollice e ha sede nel cuore delle creature. Nella Gita si parla di anima incarnata che prende un nuovo corpo ma si parla anche dell'anima in sè che partecipa o è identica all'essere divino assoluto, Brahman, e questa non può nascere, nè morire. Ammette che questa teoria dell'anima permanente è una teoria sankhya e poi passa a insegnare lo yoga.  La Gita parla del'anima vitale identica al sè racchiuso nel corpo: Una parte di Me, nel mondo della vita, diviene un'anima viva, eternaQuesto Me è Krishna, che è considerato il sommo e unico Dio, l'Essere assoluto, e l'anima vitale è considerata una parte del divino.  Shankara. mille anni più tardi, si domandava come fosse possibile che l'Assoluto, che è indivisibile, avere una parte divisa da sè. Nella Gita si ribadisce che Dio fosse infinito e indivisibile e tuttavia avesse parti di sè nel mondo e assumesse le vesti di un avatar o incarnazioni di un divino.

La filosofia sankhya e i gianisti non credevano in un dio creatore o un essere supremo, sebbene il sankhya yoga aveva accettato l'idea di un essere speciale ma credevano in un'anima indistruttibile e i buddhisti giunsero anche ad attaccare l'idea di un'anima e insegnavano il Non-sè o Non-anima (an-atta), nulla in questo effimero mondo può essere chiamato 'io' o 'sè'.  Questo insegnamento passò nell'induismo attraverso la Gita (nella stesura dei prima capitoli si avverte l'influenza buddhista): "L'uomo che allontana tutti i desideri, così da far cessare eogni passione, e non pensa "io sono questo" o 'questo  è mio', raggiunge la pace".   Un importante e popolare testo Le domande di re Milinda cerca di dare risposte ai problemi spirituali ed è il dialogo tra un sovrano greco e un monaco buddhista di nome Nagasena. E anche qui è riportato che le vite erano concatenate tra loro dal karma. Si sottolinea l'avversione verso la speculazione filosofica e l'importanza data alla religione pratica e alla morale. Nei testi buddhisti antichi, mentre si nega un sè identificabile, si afferma anche l'eterna esistenza dell'essere o stato indescrivibile:  "C'è un Non-nato, non divenuto, non-fatto e non-composto, ... ".

Accanto a queste diverse credenze o negazioni delle anime indistruttibili c'erano poderose dottrine vedantiche sull'anima individuale (atman), l'anima cosmica (Brahman) e la loro unione o identificazione. Ma furono ignorate dai buddhsiti, contraddette dai giainisti, modificate in teismo personale nella Gita. Poi questo panteismo o monismo finì per dominare il pensiero indù

Nei testi indù la parola atman significa tanto l'anima dell'uomo quanto l'anima dell'universo, nei Veda è usato nel senso di soffio vitale, mentre nelle Upanishad la parola atman è usata a proposito dell'uomo e Brahman come spirito universale. Nelle traduzioni molti autori traducono atman con anima.   La credenza dell'anima significa la supremazia dello spirito, ed é ritenuta fondamentale nella spiegazione del mondo.  "In principio l'universo era l'Essere solo, uno, senza secondo .... Allora pensò: possa io diventare molti!"  Gli dei passarono da 3306 a 33, quindi a tre e poi a un dio unico: Brahman, che è chiamato Quello, il Tutto, la totalità dell'esistenza, un Essere immutabile.  L'immutabile realtà che si cela dietro l'effimero mondo visibile era chiamata Brahman e fu considerata identica all'essenza dell'uomo atman. Questa entità fu messa in rapporto con un dio creatore Brahma e con i sacerdoti brahmini.

Una serie di intuizione nascono dalle innumerevoli meditazioni sulla natura dell'universo e dell'uomo: - L'anima nel cuore dell'uomo è Brahman, che è la sua origine e la sua meta. E' interna, immanente e infinitesimale, ed è anche trascendente. - L'anima rimane libera dalle sofferenze del mondo. Nella terra c'è il luminoso, immortale Spirito (purusha) che è l'atman-Brahman. - Le differenze sono dovute solo a nomi e forme.   

pag. 36 Il saggio Uddalaka comunica la figlio la verità interiore: "dove si ode ciò che non si può udire, si percepisce ciò che non si può percepire, e si conosce ciò che non si può conoscere, dietro le modificazioni degli oggetti individuali c'è una singola essenza o essere e, quando questa è conosciuta, ogni altra cosa è conosciuta". "L'intero universo l'ha come sua anima, Ciò è la Realtà. Ciò è l'Anima. E tu stesso lo sei".   E termina con la frase: "Tu sei Quello, quello sei tu (Tat twam asi)".  Questa celebre frase è stata oggetto di infiniti commenti ed è stata presa come sommario della dottrina del Vedanta e perfino dell'induismo. L'essenza dell'uomo è tutt'una con l'essenza dell'universo, è la dottrina della non-dualità (a-dwaita) che è stata chiamata anche monismo (o monismo panteistico)  in quanto asserisce il Sè universale, l'unicità soggiacente,  piuttosto che panteismo dove il divino è tutto e tutto è il divino.

Sebbene Brahman-Atman non sia Dio nel senso personale, è considerato la realtà suprema e conscia. è trascendente e immanente, è mente e spirito, più tardi viene chiamato Sat-Chit-Ananda l'essere supremo, la sapienza più alta, la beatitudine più profonda. L'anima liberata arriva al Nirvana, la sua coscienza limitata diventa la coscienza suprema senza tutte le limitazioni dell'umanità.

Ci sono delle upanishad come la Kheta e Shavetashvatara che introducono l'idea di un teismo e parlano di un Creatore, di un'intelligenza non spiegata da composizioni materiali. Questo Dio supremo finisce per l'identificarsi con Rudra, e nel suo attributo Shiva, che diventera l'oggeto di culto di milioni di indù. Sorprendentemente nella Gita, che è posteriore, viene ignorato Shiva, e presenta Krishna come l'Uno supremo e non manifesto al di sopra di BrahmanLa Gita combina le filosofie sankhya e vedanta ma piegandole al suo chiaro monoteismo. Usa la parola spirito (purusha) presa dai testi vedici e sankhya ma lo trasforma in Spirito altissimo e la Deità suprema  e nel capitolo dieci la dichiara come la più importante di tutte le classi di dei e uomini. Inoltre, non allude mai alla frase "Tu sei quello"; ma parla di Quello, esso è (tat, sat) come Realtà ed Essere, legandoli al dovere pratico e all'eternità.

I grandi maestri delle scuole vedantiche commentarono la Gita, le Upanishad e il Vedanta sutra, tra questi Shankara (monista , 788-820 circa) cominciò con l'affermare l'esistenza del sè, in quanto tutta la conoscenza deriva dall'auto esperienza; la base dell'esperienza è Brahman, conosciuto come il sè di ciascuno. L'apparenza del mondo è attribuita a maya, potenza illusione, irrealtà (il concetto di maya è appena accennata nelle upanishad). Il mondo esiste mediante maya, ma non è esistenza, è un vuoto, che scomparirà con la piena illuminazione e l'unione dell'anima con Brahman. L'anima si fonde con il divino, realizzando la propria vera natura. L'anima rimane anima individuale finchè non si libera dall'ignoranza e si esprime nella forma "io sono Brahman".  Shankara fu l'espressione completa del monismo e del neo-vedanta rifiutando il dualismo dell'anima e del divino.  Altri maestri come Ramanuja (teista , undicesimo secolo) ritenevano che il mondo e l'anima sono reali, non sono delle illusioni, ma dipendono da Dio e da una unità, dal momento che esistono come corpo di Brahman.  Nelle upanishad si trova scritto: "Colui che risiedendo in tutti gli esseri, pure da tutti gli esseri è diverso, che tutti gli esseri non conoscono, il cui corpo sono tutti gli esseri, che dall'interno regge tutti gli esseri". Questo è l'immortale reggitore, che pur essendo chiamato Anima, non può essere l'anima individuale dell'uomo.  Ramanuja insegnava un Non-dualismo qualificato, la comunione o unione delle anime con Dio, ma non la loro identificazione con lui. Insegnava la credenza di un Dio che potesse essere accettato come Dio personale identificando Brahman con Visnù e dando il via al risveglio della devozione per Visnù. Un altro grande filosofo vedantico fu Madhva (tredicesimo secolo) e proponeva un dualismo (dwaita) di Dio e uomo. Identificava Brahman con Visnù che è immanente nel mondo (reggitore delle anime) e trascendente (reggitore del mondo). l'anima è limitata e soffre a causa del proprio karma, tutte le anime sono differenti e trovano la liberazione in virtù della grazia di Dio. Madhva riconosceva che in molti testi delle upanishad era scritto "Tu sei quello", ma sottolineava anche altri testi parlavano di Dio e dell'anima come separati.   Parallelamente al culto di Visnù si sviluppò il culto di Shiva che è visto come il reggente dell'universo e abitante in tutti gli esseri; il non dualismo o monismo è respinto, e cacciata via l'ignoranza, l'anima ritrova la propria natura, e si ha l'unione con Dio, che non è però identità. C'è una perdita di egoismo e gli uomini abitano in lui.

 

L'anima indistruttibile - Geoffrey Parrinder (parte 2)

"Da ciò che Non è guidami a ciò che é, Dalla tenebra guidami alla luce, Dalla mortalità guidami all'immortalità". dalla Brihad-aranyaka Upanishad.

Questo bel libro L'anima indistruttibile di Geoffrey Parrinder è un'eccellente opera divulgativa che illustra in maniera chiara le varie filosofie indiane e  la differenza tra sè, anima, atman, Brahman.

Le varie teorie di un'anima indistruttibile, dell'eterna natura e di una mente universale o Dio non implicano necessariamente la rinuncia al mondo e alla vita. Per le upanishad il mondo non è irreale, poichè proviene da Brahamn come la ragnatela da un ragno o come le scintille dal fuoco. Alcune più recenti upanishad, tuttavia sottolineano una visione pessimistica del mondo completamente infelice e malvagio, e in quel periodo molti filosofi si soffermano sul dolore e la sofferenza (ai tropici si sviluppano molte più malattie rispetto all'Occidente) che è di tre tipi: il dolore naturale e intrinseco (malattia mentale e insanità mentale), il dolore naturale e estrinseco (dovuto a cause esterne),  e il dolore soprannaturale (dovuto a influenze di dèi e demoni). Per il buddhismo la capacità di superare il desiderio e la lussuria evita gli effetti del dolore grazie a un distacco che porta alla pace. La Gita, invece, insegna forme di yoga che disprezzano l'estremo ascetismo e danno pieno gioco alla vita in un mondo adeguato al proprio ruolo nella società. Il buddhismo è la più pacifica delle religioni e si diffuse in tutta l'Asia nonostante le persecuzioni. La morale buddhista è espressa in cinque precetti (pensil o pancha shila : la compassione, l'onesta, la purezza, la sincerità, la temperanza. Un libricino chiamato il Sentiero della virtù (Dhamma-pada) che molti buddhisti conoscono a memoria, insegna come superare il male col bene, dedicandosi agli altri e rinunciando ai propri piaceri. Anche i giainisti hanno questo aspetto monastico e ascetico che li spinge ad accentuare il distacco dal mondo e dai suoi piaceri, sebbene i loro templi siano tra i più elaborati e belli dell'India e hanno tutti questa epigrafe all'ingresso "La non-violenza è la religione più alta".  Il gianismo ebbe una grande influenza su Gandhi.

La dottrina sociale indù si trova nel Codice di Manu che riporta tre o quattro aspirazioni umane intorno alle quali furono raggruppati i doveri morali e sociali.  Queste sono: la virtù (o dovere - dharma), il guadagno (artha), il piacere (kama) a cui più tardi si aggiungerà la salvezza (moksha). La virtù comprende i doveri e responsabilità  di casta e degli stadi della vita: dello studente, capofamiglia, anacoreta, e asceta. Il Kama sutra includeva oltre l'arte erotica anche come fare ginnastica, cucinare, cantare, ecc.   La Gita è uno dei manuali più importanti di giusta condotta. Krishna enuncia, prima, la dottrina dell'anima indistruttibile, poi passa parlare del dovere di classe (è dovere di un guerriero combattere).  La Gita critica severamente coloro che pensano che solo attraverso l'ascetismo si possa arrivare alla perfezione. Invita a una sottile forma di distacco e all'azione: "ciascuno è fatto per agire". nessuno è immune da una certa forma di attività, neppure un'asceta. L'azione deve essere però svincolata da ogni speranza di ricompensa. Anche Dio è costantemente all'opera nel mondo altrimenti l'universo si disintegrerebbe. L'azione dell'uomo deve essere completamente disinteressata, distaccata dai risultati, e poi deve subentrare un attaccamento positivo a Dio attraverso la devozione e l'amore (bhakti). L'uomo perfetto nella Gita è quello che non è toccato da collera, desiderio e cupidigia che sono le forze che distruggono la pace; Nel buddhismo queste forze sono simboleggiate dal gallo, serpente e maiale. Dio è lo stesso verso tutti, nessuno gli è odioso o caro, tuttavia coloro che lo amano dimorano in lui e lui in loro.   L'azione deve essere associata alla saggezza (jnana) che non è la conoscenza di cose ordinarie, collezione di fatti, ma la percezione della realtà eterna. L'azione è paragonata a un sacrificio che gli uomini offrono agli dei. Anche il peggiore dei peccatori può attraversare il mare del male con la nave della saggezza e rinascere.  La Gita offre agli uomini  tre vie alla salvezza spirituale: L'azione, la saggezza e l'amore.

 

giovedì 27 luglio 2023

Seitai - La scuola della respirazione

Il testo La scuola della respirazione di Itsuo Tsusa (1914 – 1984) parla del Movimento rigeneratore e del metodo Seitai, fondato dal maestro Haruchika Nogushi (1911-1976) nella prima metà del XX secolo. L'autore è nato in Corea da una famiglia di samurai ed è stato un filosofo giapponese. Itsuo Tsuda all'età di sedici anni si rivoltò contro la volontà del padre che lo destinava a diventare l'erede dei suoi beni (diritto di primogenitura); lasciò quindi la sua famiglia e si mise a vagabondare, alla ricerca della libertà di pensiero. Dopo essersi riconciliato con il padre, si recò in Francia nel 1934, dove studiò sotto la guida di Marcel Granet (sinologo) e Marcel Mauss (antropologo) fino al 1940, anno del suo ritorno in Giappone. Dopo il 1950 si interessò agli aspetti culturali del Giappone: studiò la recitazione del No con il Maestro Hosada (Scuola Kanze Kasetsu), il Seitai con il Maestro Haruchika Noguchi e l'Aikido con il Maestro Morihei Ueshiba. Itsuo Tsuda tornò in Europa nel 1970 per diffondere il Movimento rigeneratore e le proprie idee sul "ki". Scrisse nove libri sul movimento rigeneratore a partire dal 1973 e poi tradotti in diverse lingue.        

Haruchika Noguchi e Itsuo Tsuda si sono spinti molto oltre nella loro comprensione dell'uomo.  Osservavano gli individui nella loro indivisibile globalità/complessità, Dice Itsuo Tsuda: "Il maestro Noguchi mi ha permesso di vedere le cose in modo molto concreto. Attraverso le manifestazioni di ogni individuo, è possibile vedere cosa c'è dentro. È un approccio completamente diverso da quello analitico: la testa, il cuore, gli organi digestivi, ognuno prende la sua specialità e poi il corpo da una parte, la psiche dall'altra. Il Seitai ha permesso di vedere l'uomo, cioè l'individuo concreto, nella sua interezza; Seitai significa "terreno normalizzato".  "La parola "terreno" è intesa come l'insieme che costituisce l'individuo, psichico e fisico, mentre in Occidente dividiamo sempre in psichico e poi fisico ". 

"La malattia è una cosa naturale, è uno sforzo dell'organismo per ritrovare l'equilibrio perduto [...] È bene che la malattia esista, ma le persone devono liberarsi dal suo asservimento, dalla sua schiavitù. [...]  È così che Noguchi concepisce la nozione di Seitai, la normalizzazione del terreno, se così si può dire. Se non ci si prende cura delle malattie, non ha senso curarle. Se si normalizza il terreno, le malattie scompaiono da sole. Inoltre, si diventa più vigorosi di prima. Addio alla terapia. Basta con la lotta alle malattie ".

L'abbandono della terapia va di pari passo con il desiderio di rompere il rapporto di dipendenza che lega il paziente al terapeuta. Noguchi voleva permettere agli individui di prendere coscienza delle loro capacità inutilizzate, per risvegliarli alla piena fioritura del loro essere. Durante i vent'anni trascorsi insieme, i due uomini parlarono a lungo di filosofia, arte e così via, e Noguchi trovò nella vasta cultura intellettuale di Tsuda qualcosa che alimentava e ampliava le sue osservazioni e riflessioni personali. Tra i due si sviluppò così un rapporto di reciproco arricchimento.  

Per riassumere brevemente il Seitai è un "metodo" o una "filosofia", un'arte di vivere dall'inizio alla fine e rappresenta un'idea molto complessa in quanto non considera il concetto di buona salute, quale sinonimo di assenza di malattia. Per formare un esperto nella tecnica seitai occorrono più di venti anni. Parallelamente a questa tecnica, il maestro Noguchi ha messo a punto un metodo chiamato il movimento rigeneratore che appartiene agli insegnamenti exoterici e dunque aperto a tutti, mentre la tecnica seitai è un insegnamento esoterico.  Il movimento rigeneratore libera la spontaneità repressa.  Per "ki" si intende l'insieme di spontaneità, respirazione  e intuizione. Il movimento rigeneratore è una liberazione generale, mentale e fisica. Il mentale e il fisico sono inseparabili, a meno di separarli per comodità intellettuale. Esiste infatti una poderosa energia nel nostro universo, anche se noi abbiamo imparato a usarne solo una piccolissima parte e la pratica della scuola della respirazione insegna a sviluppare tale energia. Il diffondersi dei medicinali ha provocato malattie sconosciute una decina di anni fa. Nell'applicare il Taiheki (la polarizzazione dell'energia vitale), il maestro Noguchi ha identificato 12 categorie di individui.

Oggi, anche in Giappone, il Seitai ha preso una direzione che lo avvicina alla terapia e a una tecnica da applicare. Sta diventando una sorta di ginnastica "leggera" per il benessere, per il rilassamento. È molto lontana dal risveglio del vivente, dalla capacità di reazione autonoma del corpo che è il tema del Seitai di Haruchika Noguchi.  Inoltre, il termine "Seitai" è abusato e si riferisce a qualsiasi cosa. Alcuni praticanti di terapie manuali si dichiarano troppo facilmente praticanti Seitai (Itsuo Tsuda diceva che ci volevano vent'anni per formare un tecnico in Seitai sōhō!). L'ampiezza dell'arte di vivere, la comprensione globale dell'Uomo nel Seitai sembrano molto lontani. Se tutto ciò che rimane è una tecnica da applicare ai pazienti, l'essenziale è perduto. 

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Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi personali.  Nel blog c...