Visualizzazione post con etichetta Spiritualità-cattolicesimo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Spiritualità-cattolicesimo. Mostra tutti i post

martedì 18 marzo 2025

Jésus et Bouddha - Odon Vallet

In questo testo l'autore, Odon Vallet, cerca di fare dei raffronti e di trovare delle similitudini tra il cristianesimo e il buddhismo, e in particolare tra Gesù e il Buddha, i creatori di queste due correnti di pensiero anche se nate in periodi diversi.   Odon Vallet ( 1947 - ) è specialista delle religioni, ha insegnato alla Sorbona, a Sciences-Po, e a l'ENA.     

Il termine cristiano appare per la prima volta  a Antiochia, in Siria, per designare il gruppo di discepoli di Cristo, mentre il termine buddhismo è stato creato dagli orientalisti europei ed è apparso alla fine del XVIII e si applicava al solo buddhismo in India. C'è una differenza di numeri tra cristiani e buddhisti; oggi i primi sono 2,2 miliardi nel 2024  e i secondi circa 500.000.   

Cristo è nato nel periodo di Augusto e ha predicato nel periodo di Tiberio, il Buddha è nato tra il 624 e il 480 a.C.  Zaratustra, Lao Tse e Confucio si situano nel VI secolo a.C. .  Mahavira, il fondatore del Jainismo, è quasi contemporaneo di Buddha.

I primi frammenti della vita di Gesù sono stati messi per iscritto due o tre decenni dopo la sua morte. I più vecchi documenti sugli insegnamenti buddhisti sono stati scritti tre o cinque secoli dopo la morte del Buddha, a Sri Lanka per il buddhismo Hinayana (55 testi in pali)  e altrove per il buddhismo Mahayana (55 in sanskrito) e poi tradotti in cinese, giapponese e tibetano (322 ). Il canone pali composto da 16000 pagine è stato scolpito su delle steli nella pagoda di Mandalay in Birmania. La versione giapponese è quella più grande: 55 volumi di 1000 pagine ciascuno (venti volte la Bibbia).

Il cristianesimo ha integrato una parte delle antiche scritture degli ebrei nell'antico testamento, mentre il buddhismo non ha integrato nulla dei Veda. L'insegnamento del Buddha sembra ateo. I quattro vangeli sono delle raccolte di insegnamenti di Gesù rivisitati sotto la guida degli evangelisti. I tre canestri buddhisti raccolgono gli insegnamenti del Buddha, e differiscono notevolmente secondo la traduzione. Contengono ancora dei segreti sul loro contenuto e sono fonte di saggezza per i lettori europei. Entrambi, Gesù e Buddha si sono fatti conoscere per i loro insegnamenti orali, e trasmessi poi dai loro discepoli.

Le più vecchie rappresentazioni del corpo di Buddha appaiono nel regno indo-greco, con l'arte del Gandara. Le statue rappresentano il Maestro, con i tratti distesi del viso, sorridente, che sembra sfidare le angoscie della vita; I suoi gesti sono degli insegnamenti sotto forma di immagini.

Le loro vite riportano il potere miracoloso dell'acqua. Entrambi hanno dato insegnamenti sulle rive di un fiume, il Buddha ha presentato il più importante sermone, come raggiungere il nirvana a Benares, e Gesù ha predicato sulle rive del Giordano. Gesù è stato battezzato da Giovanni Battista nel Giordano e Buddha raggiunge l'illuminazione sulla riviera Nairanjana, un affluente del Gange.

Molti traduttori europei del sanscrito, come ad esempio Eugène Burnouf (uno dei più importanti studiosi del buddhismo in Francia) non avevano mai messo piede in India, o come i traduttori americani dei manoscritti del Mar Morto (documenti contemporanei a Gesù e ponte tra il Nuovo e Vecchio Testamento) non hanno mai messo piedi in Giordania. Per il vecchio testamento non sono state trovate tracce di Abramo, Mosé e Isaia;  c'è qualche iscrizione su Geremia e Davide. Sono state trovate tracce di santuari buddhisti a Sarnath e Bodhgaya, ma nessuna traccia della vita del Buddha tranne una stele di Ashoka nel luogo della sua nascita e tracce di un palazzo che avrebbe potutto essere il luogo della sua gioventù. Nell'India del V secolo a.C. non si usavano pietre e materiali da costruzione. 

Il Dio cristiano siede nel regno dei cieli, e dovrà estendere il suo regno sulla terra, il Dio Indra (nel politeismo indù) risiede nel monte Merù, mentre il Buddha come Epicuro diceva di non avere paura degli dei. Il Buddha non ha riempito, ne vuotato il cielo, si è occupato della terra e dei suoi mali. Il  grande rivale di Gesù sarà Mitra, un Dio solare disceso tra i pastori all'alba del cristianesimo.

Gesù e il Buddha invitavano i loro discepoli a trovare la loro luce interiore, la differenza è che la luce interiore del cristiano è di natura divina, mentre quella del buddhista è il prodotto dell'esperienza, del cammino verso l'illuminazione. Il buddhismo èinteressato alla realizzazione dell'individuo e alla sorte delle collettività.

La morale e l'austerità buddhista hanno fatto sì che i popoli dell'Asia mantenessero le loro credenze ancestrali e le loro religioni costituite anche all'avvento del buddhismo,  vedi taoismo e confucianesimo in Cina, shintoismo in Giappone, ecc...  I buddhisti non hanno mai domandato di abiurare le vecchie credenze.  Non hanno mai cercato di fare proseliti, I cristiani, ha volte, ci hanno provato...

Il nirvana, è una nozione indiana e non solo buddhista, e indica la liberazione (moksha) dal ciclo delle rinascite. E il beneficiario può dissolversi nell'universo, integrarsi al cosmo, come il defunto le cui ceneri sono disperse nell'oceano o nel Gange.

Nelle religioni è comune la tendenza ad avvicinarsi al divino e tendere verso il cielo attraverso santuari, chiese, e altro. Il record delle pagode si registra in Birmania: la Pagoda di Schwedagon (110 metri) a Rangoon, quella di Schwemadaw (114 metri) a Pegu   e  quella in Thailandia a Nakhorn Pathom (127 metri)  vicino Bangkok.

Nel pensiero indiano non c'è un Dio trascendente per elevare la natura dell'uomo,  la parola atman designa sia il soffio che l'anima, il sè profondo e permanente, la realtà ultima dell'essere umano. Questa anima individuale deve cercare di fondersi nell'universale, il brahman. Nel cristianesimo, l'uomo può elevarsi verso Dio, ma non può ridiscende alla sua morte, a livello degli animali. Il buddhismo non postula l'esistenza di un'anima, io e non io, essere e non essere è lo stesso. L'induismo usa il termine samsara per indicare la trasmigrazione delle anime, il buddhismo usa la stessa parola per designare la spirale delle esistenze; l'anima non rinasce, ma l'esistenza ricomincia.  

Buddha e Mahavira non si integrano nel sistema delle caste, si rivolgono agli uomini e alle donne di qualsiasi casta. Il Buddha preferisce dare la priorità al merito rispetto alla nascita. Buddha e Gesù non vivevano in istituzioni democratiche, e senza rinnegare la loro identità, hanno lanciato un messaggio universale. Il buddhismo primitivo non ha ufficialmente soppresso le caste, il cristianismo antico non ha mai abolito la schiavitù. 

Prima dell'arrivo del comunismo in Tibet, i monaci erano il 30% della popolazione maschile, e sono sempre stati dieci volte più numerosi delle monache.  Sia il buddhismo, sia il cristianesimo si sono dotati di una organizzazione interna. Ma nel buddhismo,  non esiste una autorità centrale, ogni sangha e ogni monastero hanno la loro autonomia, e ciò ha portato alla creazione di scuole molto diverse tra loro. Questo fenomeno ha accresciuto la dipendenza del sangha nei confronti delle autorità politiche. In Thailandia, il re è il protettore della fede buddhista e nomina il Grande Venerabile, responsabile supremo nel Paese. In Birmania, i monasteri sono coordinati da un consiglio di 47 grandi monaci, la cui designazione è controllata dal governo. Spesso il potere temporaneo e spirituale si sovrappongono.  In Tibet dal 1577 al 1959, il Paese era diretto dal Dalai Lama, assistito dal Panchen Lama. Dopo la loro morte si reincarnano.  Nel cristianesimo esiste una specie di monarchia, non ereditaria, ma elettiva, la parola democrazia nel Nuovo Testamento appare una sola volta. Il nepostismo è presente sia nel buddhismo che nel cristianesimo. 

La Nonviolenza nel buddhismo ha i suoi limiti e non è stata sempre applicata: i monaci shaolin misero in fuga un'armata nel 600, il re birmano Anaweatha fece guerra al suo vicino nell'XI secolo; in Tibet ci furono spesso degli scontri tra berretti rossi e gialli. Il veicolo del diamante, nato in India del nord ha ereditato dall'induismo i riti, le iniziazioni, i guru e i mantra.

Durante l'impero romano l'80% delle chiese erano situate in Asia e in Africa, i grandi concili si tennero a Costantinopoli, Nicea, Efeso, Calcedonia. Oggi i 4 più grandi Paesi cattolici  sono il Brasile, il Messico, gli Stati Uniti e le Filippine;  Nel 1939 erano l'Italia, la Francia e la Germania. Nel buddhismo c'è una via del sud e una via del nord. La prima per mare del piccolo veicolo porta a Sri Lanka, Birmania, Thailandia, Laos, Cambogia. La seconda per terra del grande veicolo ha portato il buddhismo in Tibet, Mongolia, Cina, e da qui in Vietnam e in Giappone. Questa seconda via si è servita dei cammelli e degli yak e ad ogni bivacco si è arricchita delle leggende locali e dei culti autoctoni. Il grande veicolo è arrivato a Java, dove si può ammirare il tempio di Borobodur e oggi il buddhismo è quasi scomparso dall'isola. 

Grazie a queste religioni e filosofie, si studia ancora il sanskrito nel buddhismo Mahayana, il pali del buddhismo Hinayana, l'ebreo del Nuovo testamento, il greco del Nuovo testamento, il latino della chiesa cattolica e le lingue slave per la liturgia ortodossa. Gli scismi nell'anno 1000 tra ordodossi e cattolici ha separato anche i fedeli che parlavano greco da quelli che parlavano latino. Così come lo scisma tra buddhismo Mahayana e Hinayama ha separato i fedeli cha parlano sanskrito da quelli che parlano pali. 

Il Buddha è sempre rappresentato immobile, spesso seduto in meditazione, mentre Gesù è spesso rappresentato in movimento; entrambi dominano gli elementi: Gesù marcia sulle acque, mentre Buddha domina sul suo fiore di Loto. 

Come dice Michel Serres: "la religione, è il contrario della negligenza",  i religiosi cristiani e buddhisti, fanno il voto di castità e di povertà. Nei monasteri buddhisiti vengono recitate due volte al mese le regole di vita quotidiana, come mezzo per evitate gli errori. I monaci sono invitati a rivelare davanti ai loro pari, gli eventuali errori commessi, metodo della confessione pubblica già adottata dai brahmani.  Fuori dalla vita monastica, il buddhismo impone solo cinque precetti: non prendere la vita (compresa la vita animale), non rubare, non praticare l'adulterio, non pronunciare brutte parole, non usare prodotti tossici (come alcol).

All'inizio la religione cristiana, non si basava sul dogma, nel senso che Gesù ha posto la compassione del buon samaritano al di sopra della dottrina delle leggi e San paolo ha messo la carità al di sopra della fede: "se mi maca l'amore, non sono niente". La nozione di dogma è poco utilizzata nel Nuovo Testamento, e si sviluppa con i Padri della Chiesa".  In Oriente esiste il Dharma che è l'ordine e la legge al quale il buon induista e il buon buddhista è sottoposto. Nell'induismo il dharma o dovere è in funzione delle caste e della nascita. Nel buddhismo è uguale per tutti; identico per tutte le persone di tutte le condizioni e realizza l'uguaglianza di fronte al bene e al male. Il dharma buddhista è soprattutto morale  e corrisponde alla vera natura dell'uomo. La ruota della legge (Dharma cakra) è il simbolo della dottrina buddhista, e rappresenta l'eterno ciclo dellle rinascite e i suoi otto raggi rappresentano l'ottuplice sentiero. E' stata messa in movimento tre volte: la prima corrisponde al primo sermone e insegnamento del Buddha, la seconda volta quando è stato fondato il Mahayana e poi quando è stato fondato il Vajrayana. La ruota rappresenta anche i l sistema dei centri di energia nel corpo umano.

Ci sono stati nel tempo 21 concili cristiani, ripartiti su due millenni. I concili buddhisti sono stati soltanto sei, agli ultimi due hanno partecipato solo i delegati del Piccolo Veicolo. Non c'è stato più un congresso generale accettato da tutti.  Comunque anche i cristiani (cattolici, protestanti, ortodossi) non sono più riusciti a fare un Congresso comune da circa un millennio, per cercare di attenuare le loro differenze. Il cattolicesimo ha definito il dogma dell'immacolata concezione (1854), dell'assunzione della vergine Maria (1850) e l'infallibilità del pontefice (1870). I primi due concili buddhisti (480 a.C,  e 386 a.C) avevano come tema le regole monastiche.  Altri due sono stati fatti per appianare alcune divergenze, sembrerebbe sotto l'imperatore Ashoka (250 .a C)  e  del re Kanishka (130 a.C) ,  Il quinto è stato presieduto dal re birmano Mindon (1853-1878). Il concilio vaticano II che si è svolto tra il 1862-1965 sotto Giovanni XIII ha avuto come risultato di fondare una nuova comunità ecclesiastica (nel periodo della riconciliazione franco-tedesca).

La trasmigrazione delle anime, ignorata dagli antichi testi vedici, è apparsa in India poco prima della nascita del Buddha e si trova spiegata nelle Upanishad, nella stessa epoca questa concezione si ritrova in Grecia, in filosofi come Pitagora e Paltone che erano stati influenzati dall'orfismo. Il cuore della concezione orfica, che influenzerà ampiamente Platone, è l'obiettivo, tramite riti iniziatici, della liberazione dal demone, del principio divino immortale ma imprigionato in ognuno di noi in corpi mortali. Un accenno al dualismo filosofico, tra corpo mortale e demone immortale. 

La metempsicosi (parola usata nelle filosofie occidentali) è una credenza propria di alcune dottrine religiose secondo cui, dopo la morte, l'anima trasmigra da un corpo all'altro, fin quando non si sia completamente affrancata dalla materia. La reincarnazione è  una delle credenze più riconosciute in ambienti legati all'induismo, al giainismo, al sikhismo e al buddhismo, anche se in quest'ultimo caso non riguarda la reincarnazione dell'anima ma quella del karma. la reincarnazione è presente anche in alcune religioni africane e in altre filosofie o movimenti religiosi.  

Nel buddhismo ciascuno è responsabile del proprio divenire, anche se nel Mahayana c'è l'aiuto dei bodhisattva. Nell'induismo il peccato più grave è quello di tradire la propria casta, nel buddhismo quello di negligere la vita religiosa. La liberazione, l'estinzione o nirvan passa da una riconciliazione dell'Uno con il Tutto, nell'induismo si deve integrare l'atman (anima individuale) con il brahman per ritrovare l'unità primordiale. Il buddhismo procede differentemente in quanto non conosce nè l'essere, nè l'anima. Professa il non-sè (anatman) con la vacuità (sunyata). La vacuità buddhista ricorda la vanità biblica come è descritta dall'Ecclesiaste. Il Qoelet o Ecclesiaste, è un testo contenuto nella Bibbia ebraica e cristiana. È scritto in ebraico e la sua redazione è avvenuta in Giudea nel V o III secolo a.C. ad opera di un autore ignoto. Per i cinesi e i tibetani, il nirvana è visto come qualcosa al di là della sofferenza. Dalla realizzazione della vacuità si passa alla felicità eterna. Il nirvana assomiglia molto al concetto di apatia, sconosciuto nel Nuovo Testamento ma sviluppato dalla patristica greca degli stoici. Nirvana e apatia coltivano l'insensibilità al dolore e il distacco dalle passioni, il controllo delle emozioni.

Cristo e Buddha hanno seguito un cammino differente, Gesù è morto e poi ha conosciuto la luce della risoluzione, il Buddha prima è arrivato all'illuminazione e poi si è estinto. Ha conosciuto due nirvana, il primo corrrisponde alla sua Illuminazione, il secondo si riferisce alla sua estinzione definitiva (parinirvana). Il nirvana buddhista rimette l'uomo nell'eternità, in quanto, questo stato supremo è riservato solo all'uomo, a solo chi è nella condizione umana ( non è riservato nemmeno alle divinità). Il nirvana nei testi buddhisti è descritto come l'altra riva dell'esistenza, dove vengono eliminati tutti i mali della vita.  La nozione  della morte come passaggio è fondamentale nel buddhismo tibetano, e il Libro dei morti (il Bardo Thodol) enuncia gli stati intermedi (bardo) del defunto. 

Tra morte e rinascita, in questo periodo transitorio che dura 49 giorni, i fedeli possono aiutare il defunto a trovare la luce dello Spirito e allontanarsi dalle apparenze. Queste preghiere ricordano le preghiere cristiane per il morto, anche se le finalità non sono le stesse.  Ma la convergenza più marcata tra buddhismo e cristianesimo a proposito della morte è il culto delle reliquie. Frammenti di ossa di santi e lama tibetani sono incassati negli altari delle chiese cattoliche e nei reliquari presenti in ogni luogo in Oriente. Uno stupa è un monumento buddista, originario del subcontinente indiano, la cui funzione principale è quella di conservare reliquie. Il termine chörten in tibetano, dagoba a Sri Lanka, dagon in Birmania, chedi in Thailandia, letteralmente significa "fondamento dell'offerta". È il simbolo della mente illuminata (la mente risvegliata, divinità universale) e del percorso per il suo raggiungimento.

Spesso il Buddha viene rappresentato come androgino (soprattutto in Thailandia) e non viene mai dipinto o scolpito nudo come il suo rivale Mahavira, il fondatore del Gianismo. Il Buddha è perfetto, eterno nella sua illuminazione, ammirabile nel suo corpo misterioso.  I monaci nel V secolo d,C. nel Cashimir praticano il matrimonio, e questo annuncia il tantrismo: il desiderio non può essere eliminato, allora da ostacolo diventerà il veicolo per la liberazione se controllato e guidato con i metodi yoga,  realizzando l'unione dei sessi. 

Nella tradizione giudaica-cristiana e nell'islamismo Dio è sempre rappresentato come un Dio maschile.  Nell'induismo c'è la rappresentazione di Shiva e Shakti, l'energia femminile e principio attivo.  Il tantrismo ha recuperato questo principio per ridare un aspetto femminile al buddhismo segnato dal ruolo predominante degli uomini. Anche Jung influenzato dall'India usa i termini anima e animus. Il tantrismo della mano sinistra (Vamachara) e quello del veicolo del diamante insistono sugli accoppiamenti rituali, mentre il tantrismo della mano destra (Dakshinachara) più portato sul principio maschile e conosciuto in Cina sotto il nome della Scuola dei segreti si accontenta di una unione sessuale simbolica. E' stato poi definito una rinascita dello Shivaismo e del suo culto del linga e della yoni.  Il buddhismo tantrico quando è arrivato in Cina ha trovato già la filosofia taoista impregnata del dualismo del femminile e del maschile, lo yin e lo yang. Ogni aspetto della realtà ha il suo opposto e si riequilibria con una forza uguale e contraria. L'obiettivo qui non è, come esposto in molti trattati tantrici, di arrivare all'unione con una divinità come Tara bianca o Tara verde che sono delle emanazioni del Buddha della compassione, ma piuttosto di ottenere la longevità attraverso una corretta sessualità. E fare un buon uso della Tige di jada e della Grotta di corallo.  In Giappone il buddhismo si è incontrato con lo shintoismo, che con i suoi riti di fertilità e culti fallici aveva una forte componente erotica. E si sono ripartiti i compiti, il buddhismo è associato alla morte e si occupa del culto dei defunti, lo shintoismo è associato alla vita e si occupa dei riti associati al matrimonio e alla nascita.  Nel cristianesimo si evidenzia lo scarto tra l'ideale del non-desiderio e la realtà delle pulsioni sessuali. Il bhramanesimo aveva una visione più unificante celebrando la virilità e la femminilità come i due più nobili valori della vita.

C'è una relazione complessa tra religione e salute, tra corpo e anima,  che varia secondo le varie epoche. Questa relazione culmina con i pellegrinaggi a Lourdes, La Mecca e Benares.  A Lourdes in 140 anni, 65 persone sono state ufficialmente dichiarate guarite sui due milioni di malati che sono stati in pellegrinaggio in questa città dei Pirenei. L'India di Buddha e Israele di Gesù erano caratterizzate da diversi tipi di purificazioni. Il Buddha accordava una grande importanza alla salute dei suoi monaci.  Gesù ha resuscitato il suo amico Lazzaro (Vangelo di Giovanni 11,1) mentre il Buddha non risponde alle sollecitazioni di una donna che era venuta a chiedere aiuto per la perdita del figlio. Gli chiede di portargli un chicco di sesamo proveniente da una casa dove non c'è stato un lutto, una morte.  La spiritualità buddhista si interessa alla salute; in Cina e in Tibet venerano ancora i Buddha della medicina. che sono preposti a portare un conforto al fedele, più che a guarire. Ciò corrisponde alla frase "guarire a volte, confortare a volte, consolare sempre".

Il testo nell'ultimo capitolo si chiede se Gesù e Buddha avranno un avvenire nei prossimi decenni. Oggi ad Hongkong si registra il più basso tasso di natalità mondiale con 1,2 bambini per donna. Le pagode diventano rare, così come i monaci, e come a Singapore la corsa al denaro sta sostituendo la ricerca del Nirvana. Il fervore buddhista si mantiene nei Paesi meno sviluppati dell'Asia come la Birmania dove tutta la popolazione è praticante e i duomi delle pagode continuano ad essere fatte in oro. Tutti i Paesi dell'Asia dell'Est hanno compiuto la rivoluzione industriale e post-industriale in venti anni, quella rivoluzione che in Europa è durata due secoli. Nonostante questo nei villaggi rurali il buddhismo resiste e le strade si animano al suono del gong dei monaci mendicanti.   In Cina e in Vietnam il taoismo ha perso terreno e il buddhismo ha sofferto;  e il paradiso sulla terra è in concorrenza con il nirvana.   Nonostante la scomparsa del marxismo, in Russia e in Europa, non c'è stato un ritorno alle chiese e alle pagode. Con lo sviluppo del capitalismo si vede il ritorno della miseria di un tempo, ma non la fede del passato; i mendicanti sono spesso nella metro e non sulle scale di una chiesa.  

Se il XX secolo sarà religioso, come profetizzava Malraux, non lo sarà in modo tradizionale. Infatti, l'Occidente cristiano si apre alla spiritualità orientale: comunque le conversioni di europei al buddhismo sono rare, anche se la meditazione è molto praticata. Le comunità asiatiche (le varie Cina Town) in Europa apportano le loro feste e i loro culti (Nuovo anno cinese, ecc... ) alla cultura occidentale. In senso inverso, il cristianesimo si propaga in Asia dell'Est. A Hanoi e a Saigon le chiese sono piene di fedeli; Bombay e Calcutta sono piene di seminaristi, ci sono più gesuiti in attività in India che in tutta Europa. In Corea i cristiani sono numerosi come i buddhisti.

I responsabili cinesi e indocinesi si inquietano sulla perdita dei valori asiatici e della occidentalizzazione della società, e cercano di favorire il culto degli anziani e il confucianesimo che sono più vicini alle tradizioni.  Lo sviluppo in Occidente del buddhismo mostra i suoi limiti. Il buddhismo e la meditazione possono essere considerati dei contropesi al materialismo della nostra civilizzazione o un antidoto alla rivolta sociale.  Oggi il buddhismo è la filosofia dei Paesi che stanno conquistando i nostri mercati, come la Cina e il Giappone.   A lungo termine, si prospetta l'avvicinamento tra cristianesimo e buddhismo come in Vietnam, dove che questa sintesi è stata reealizzata nella religione del Cao Dai, una parola che significa Grande Essere, e il suo simbolo è un occhio sinistro che illumina il mondo. Cinque milioni di vietnamiti aderiscono a questo culto che venera Confucio, Buddha, Lao Tse, Mose e Gesù.  Il mondo dovrebbe rendere omaggio alle sue due tradizioni di Oriente e Occidente, e continuare a festeggiare San Benoit, il patrono dell'Europa e favorire la meditazione per arrivare al nirvana.

Oggi il nemico della religione, del percorso spirituale e del sincretismo è il materialismo imperante, l'agnosticismo, e la disperazione. Si spera che questo cambiamento di fede/fedi e di credenze non provochi delle nuove guerre di religione. Possa la persona che crede nel cielo, o non ci crede, colui che attende il paradiso o si prepara al nirvana, costruire la sua speranza tra "la folla immensa dove l'uomo è un amico".

domenica 7 luglio 2024

Antonia Tronti - Studiosa - Docente di yoga

Antonia Tronti (nata nel 1971) è insegnante di yoga, particolarmente interessata ai possibili intrecci tra spiritualità indiana e tradizione cristiana. Insegna a Roma dove ha un centro, il Kurma dama - La casa della tartaruga, e in Umbria e tiene seminari di "yoga e preghiera cristiana" in tutta Italia e in particolare nei monasteri di Valledacqua, Montegiove, Fonte Avellana, Camaldoli, Ss. Felice e Mauro in Valnerina. Collabora con le comunità camaldolesi e con altre realtà fondate sul dialogo e sull'approfondimento dell'esperienza spirituale.

Formatasi alla scuola della Federazione Italiana Yoga quando era diretta da Antonio Nuzzo e diplomatasi all'ISFIY nel 1997, ha poi proseguito nella sperimentazione, nella ricerca e nell'insegnamento.

Determinante nel suo percorso è stato l'incontro con l'esperienza monastica camaldolese e con il Saccidananda Ashram di Shantivanam, in Tamil Nadu, con le figure dei suoi fondatori, Henri Le Saux (Swami Abhishiktananda), Jules Monchanin e Bede Griffiths e con John Martin Kuvarapu (Swami Sahajananda).

Ha pubblicato due libri:  E rimanendo lasciati trasformare e Impara da... Un itinerario tra yoga e preghiera cristiana.  Scrive e collabora con le riviste Appunti di Viaggio, Oreundici, Messaggero Cappuccino, Vita monastica. Un altro lavoro è il libro-DVD La danza della vita scritto con Filippo Carli e Mauro Bergonzi.    Vedi siti: 

  •  https://sites.google.com/view/kurmantonia/home-page?authuser=0 
  • https://www.scuolayoga.com/insegnante/antonia-tronti/

martedì 25 giugno 2024

Thomas Merton - Mistici e maestri zen

Thomas Merton (1915-1968)  è stato uno scrittore e monaco cristiano statunitense dell'ordine dei Trappisti, autore di oltre sessanta tra saggi e opere in poesia e in prosa dedicati soprattutto ai temi dell'ecumenismo, del dialogo interreligioso, della pace.  Vedi: https://www.thomasmerton.eu/thomas-merton/         

 In questo testo Mistici e maestri zen,  Thomas Merton presenta il buddhismo e in particolare si sofferma sullo zen.  Il concetto di Bhudda-natura è al centro di tutti gli esseri.

L'Occidente attribuisce al buddhismo l'etichetta di panteismo e nirvana,  e l'idea che la meditazione zen sia un riposo nell'assenza individuale che sopprime tutti i bisogni e interessi nella realtà esterna e storica.

La parola  zen deriva dal cinese ch'an che designa un certo tipo di meditazione, ma lo zen non è un metodo di meditazione, nè una pratica spirituale.  E' un'esperienza, e una vita,  non è una religione, non è una filosofia, non è un sistema di pensiero, né una dottrina, nè un'ascesi.   Daisetz Suzuki ha ripetuto più volte che lo zen non è un misticismo.  Lo Zen ha avversione per ogni forma di dualismo tra materia e spirito, lo zen è volto a un'illuminazione derivante dal superamento di tutte le relazioni e opposizioni soggetto-oggetto in un vuoto puro. Non è una visione di Buddha  o un'esperienza  di una relazione con un Essere supremo considerato oggetto della conoscenza e percezione.  Lo Zen non afferma, nè nega, semplicemente è. Si può dire che sia un'ontologica conoscenza dell'essere puro oltre il soggetto e l'oggetto, un'immediata intuizione dell'essere così com'è.  I maestri zen arrivano a dire "se incontri Buddha uccidilo" ,  e rifiutano di rispondere a domande speculative e metafisiche.  Lo Zen non è un sistema di monitoraggio panteistico, e rifiuta qualsiasi affermazione sulla struttura metafisica dell'essere e sull'esistenza, mirando direttamente all'essere.

Lo zen  è la lenta combinazione del buddhismo Mahayana e del taoismo, e poi portato in Giappone e perfezionato.  Sono le strofe attribuite al mitico Bodhidarma ( sesto secolo d.C.) a definire lo zen: "Una speciale tradizione fuori delle scritture (sutra) con nessuna dipendenza da parole e lettere, occorre mirare direttamente all'anima dell'uomo, vedere dentro la propria natura e così raggiungere la condizione di Buddha".  Lo Zen insiste sulla pratica concreta più che su studio e riflessione intellettuale.    Nello zen si giunge all'essere mente anziché avere la mente. L'insistenza zen è la consapevolezza di una piena realtà spirituale e la realizzazione della vacuità di tutte le realtà limitate o particolareggiate, la mia identità non deve essere ricercata dalla separazione, ma dall'unione con tutto ciò che è.  Non è una negazione ma la più alta affermazione dell'identità, nell'uno e con l'Uno.

Il momento più critico per la storia dello zen cinese è la rottura tra la scuola settentrionale e quella meridionale (settimo secolo), nella scelta del sesto patriarca Hui Neng.       

Shen Hsiu (scuola settentrionale - Soto), uno degli aspiranti al ruolo di patriarca scrisse: "il corpo è l'albero della bodhi, la mente è simile a un limpido specchio diritto, abbi cura di spolverarlo continuamente, fa che nessun grano di polvere vi si posi".

Hui Neng (scuola meridionale - Rinzai) scrisse: "il bodhi non è simile a un albero, il limpido specchio in nessun posto è dritto, fondamentalmente nessuna cosa esiste: dov'è dunque il grano di polvere che deve posarsi?"

Suzuki spiega che quando i sutra affermano che tutte le cose sono vuote, inesistenti e fuori dalla casualità, questa affermazione non è il risultato di un ragionamento metafisico, ma esprime l'esperienza buddhista più profonda. Lo Zen di Hui Neng non è una tecnica di ontroversione, con la quale si cerca di escludere il mondo esterno, eliminare i pensieri inquietanti, stare seduti in meditazione. Lo Zen non è misticismo composto da introversione e rinuncia. Per Hui Neng l'illuminazione sarebbe giunta all'improvviso da sé, tenendo in poco conto la pratica dello zazen (la pratica meditativa), in quanto tutta la vita era zen.  Non c'è nessun raggiungimento, e quindi affannarsi a cercare una "via" al raggiungimento è pura illusione. Non si raggiunge lo zen con la meditazione che spolvera lo specchio, ma con l'oblio di sé nel presente esistenziale della vita qui e ora.

Oggi noi ci tormentiamo con l'eredità di quella autoconsapevolezza cartesiana secondo la quale l'io empirico è il punto di partenza di un progresso intellettuale infallibile verso la verità e lo spirito, sempre più raffinato, astratto e immateriale.

Nello zen ci trasformiamo nella luce (prajna), "diventiamo" quella luce che di fatto "siamo". La relazione soggetto-oggetto che esiste nell'io empirico è soppressa nel vuoto, che però non è negazione. Nella realizzazione il vuoto non può essere opposto al pieno, ma vuoto e pieno sono Uno, Zero equivale all'infinito. Il vuoto di tutte le forme limitate è la pienezza dell'Uno. 

Quando non vi è un dimorare del pensiero in nessun luogo e su nessuna cosa, questo è essere liberi, il non dimorare in nessun luogo è la radice della vita. Un maestro zen ha detto:  " vedere dove non c'è qualcosa, questo è il vero vedere, questo è l'eterno vedere".  La contemplazione del vuoto ha delle affinità ben precise con note testimonianze di mistica cristiana.

Sempre secondo lo zen: "Dal principio nessuna cosa è. È nulla è questo nulla che c'è, è sunyata, vuoto, non-mente, la non oggettiva presenza del non-vedere".

Il vescovo cattolico e missionario francese Padre Domoulin (1808-1838) ci offre una bella immagine del maestro giapponese zen Dogen (tredicesimo secolo) la cui illuminazione avvenne in un austero monastero zen dove si praticava meditazione, dotato di alto spirito etico, praticava un ascetismo gioioso, e meditava sulla transitorie delle cose terrene. Tra i buddhisti la sua dottrina è chiamata la religione del solo zazen ed è considerata un ritorno alla pura tradizione di Buddha. 

Comunque Dogen si avvicina a Hui Neng quando insegna ai monaci zen di non desiderare nessuna speciale esperienza di illuminazione durante lo zazen, in quanto l'illuminazione è già presente nello stesso zazen; Lo zazen contiene in sè le sostanze e la realtà dell'illuminazione ( qui si discosta da Hui Neng). Dogen fa riferimento alla scuola Soto, segue le linee tracciate da Shen Hsiu: ponendo l'enfasi su meditazione, ascetismo e metodo. 

La scuola Rinzai segue le linee di Hui Neng che non esclude la meditazione ma la considera in modo diverso: invece di svuotare la mente dai concetti sedendo quietamente, cerca di immergere il discepolo zen nel satori, in una intuizione metafisica dell'essere col non-vedere e il vuoto, lottando col koan. Non-vedere e non-mente non sono rinunce ma realizzazioni. Il vedere senza soggetto e oggetto è un vedere puro, la mente che è vacuità, vuoto e sunyata è la mente prajna (conoscenza  e contemplazione), il fondo metafisico dell'essere. 

Padre Dumoulin vedeva un vero misticismo nei maestri zen come Dongen, mentre non era ispirato dalla tradizione Rinzai con i koan, con le loro risposte violente e irriverenti del maestro (come bruciare la statua di Buddha per scaldarsi in una notte d'inverno).

Hui Neng quando parla di non-vedere, e di non-mente, non definisce uno stato psicologico, ma un'intuizione metafisica del fondo dell'essere, una autoconsapevolezza dell'essere vuoto che è il prajna mente. Il vuoto è inteso come termine metafisico che designa il vuoto dell'essere puro. Questo vuoto è infinito. Suzuki dice che per lo zen zero, è uguale a infinito. Il vuoto infinito è dunque la totalità e la pienezza infinita. 

Per la scuola meridionale  non si può fare di una regola uno specchio, anche pulendo a fondo, così non si può diventare un Buddha stando seduti in meditazione.  Non esiste Essere che non sia Vedente che è a sua volta Agente, questi tre termini sono sinonimi e intercambiabili. Questa struttura trinitaria suggerisce  una esperienza del fondo dell'essere come vuoto puro (sunyata)  che è luce (prajna) che illumina ogni cosa e atto puro  perchè e pienezza e totalità ( di essere-vuoto senza limitazione di sorta). Il fondo-Essere non si distingue da sé stesso come Luce e come Atto.  Per Daisetz Suzuki che è il più importante interprete della tradizione Rinzai "la cosa più importante di tutte è l'amore", l'adempimento nell'amore che non ci si aspetterebbe di trovare in Hui Neng. 

Lo zen Rinzai e tutt'altro che una mistica di passività e di rinuncia. Non è un calarsi nella propria interiorità, e rinuncia, ma una completa liberazione dalla schiavitù di un interno limitato e soggettivo.  L'obiettivo di Hui Neng è la diretta consapevolezza nella quale si forma la verità che ci rende liberi, non la verità come oggetto di sola conoscenza, ma quella vissuta è sperimentata in consapevolezza concreta ed esistenziale. Per questa ragione le attività e gli interessi esteriori non devono essere considerati ostacoli, al contrario lo zen si manifesta in essi come in ogni altra cosa, compreso il mangiare, il dormire e le più umili funzioni materiali.

Forse Hui Neng non fu il vero autore del testo Scrittura programmata, il manifesto ufficiale della scuola meridionale. È l'unico testo buddhista cinese che si sia affermato come scrittura nel senso dei sutra. Ma non fu mai proposto dai maestri zen ai loro discepoli, in quanto lo zen è un'esperienza che deve essere trasmessa senza i sutra. Comunque nel testo è contenuta la definizione di illuminazione come la intendeva Hui Neng che veniva raggiunta all'improvviso quindi non per gradi e non come risultato di una meditazione o altra disciplina.

Le grandi tradizioni cinesi - Thomas Merton

Thomas Merton (1915-1968)  monaco trappista e poeta, tra il 1944 e il 1968 scrisse qualcosa come cinquanta libri, senza includere le lettere, i diari e i saggi che sono stati pubblicati postumi. E' stato un pensatore che ha fatto scuola nei tre ambiti tematici religiosi più importanti dell’ultima metà del XX secolo: ecumenismo, giustizia sociale e spiritualità contemplativa.    

In Cina ci sono tre grandi tradizioni: confucianesimo, taoismo e buddhismo. Il buddhismo cinese è un amalgama del buddhismo mahayana dell'India e taoismo; portava un grande messaggio di speranza, ma è arrivato tardi e non ha influenzato molto il pensiero cinese.  La scuola più importante in Cina è la scuola Ju fondata da Kung Tzu che i primi missionari chiamarono Confucio. Il discepolo più conosciuto è Meng Tzu conosciuto in Occidente come Mencio.  Il padre del taoismo è stato il mistico Lao Tzu, e la sua affascinante opera, il Tao Te Ching (la via e il suo potere) è stato il classico cinese più tradotto.  Meng Tzu e Lao Tsu vissero entrambi nel sesto secolo A.C. e sono contemporanei di Gautama Buddha.     

Lao Tzu condivideva con Kung Tzu la venerazione del passato e del mondo arcaico, riteneva artificiale ogni sistematizzazione e ordine sociale. Per lui il governo, la politica, gli stessi sistemi etici per quanto buoni potessero essere rappresentavano un pervertimento della naturale semplicità dell'uomo. Rendevano l'uomo competitivo, egoista e aggressivo e portavano a idee illusorie da cui nascevano odi, scismi, guerre e la distruzione della società. L'ideale per il taoismo sono le piccole comunità primitive formate da villaggi, abitati da  uomini semplici, disinteressati in perfetta armonia con il segreto, ineffabile Tao. Il risultato dell'anarchia implicità aveva ben poco da offrire agli uomini che desideravano cambiare e migliorare la vita in società.  

Il fondamento della scuola Ju ossia del confucianesimo è la persona umana e le sue relazioni con le altre persone nella società. Lo Ju è una dottrina umanista, personalista, etica e universale.  Anche i comunisti si richiamano a volte allo Ju sulla formazione della persona e il suo posto in società.  La saggezza di Confucio non risiede tanto nella sua conoscenza della natura umana quanto nella fede nell'uomo. Mincio il suo discepolo immortalò questo concetto nella parabola della montagna Ox:  "questa montagna un tempo era fitta di boschi, vicino a un villaggio, gli uomini tagliato o gli alberi, e quando i germoglio ripresero a crescere portano le greggi. Nessuno credeva che lamontagna fosse stata un tempo così boscosa. Così avviene nell'uomo: è naturalmente incline alla virtù, ma le sue azioni, in una società ingorda e avida, distruggono ogni prova della sua innata bontà così che egli appare naturalmente cattivo".

I confuciani credevano che una società governata da un principe giusto avrebbe riportato alla luce la bontà nascosta dei sudditi. Questa società doveva essere unita da un ordine sociale che trovava forza nei riti liturgici, il Li, che oltre il culto del cielo sono anche l'espressione di quelle relazioni affettive e dell'armonia che legano gli esseri umani. Kung Tzu credeva che gli uomini potessero essere buoni, in una società etica, che rispettasse le loro virtù nascoste; Lo Ju era una specie di umanitarismo con un sacro senso della volontà del cielo che doveva riflettersi nella società umana.  

Se uno doveva essere saggio per vivere secondo il taoismo, doveva essere anche un uomo di profonda umiltà, interiorità e pazienza per soddisfare i principi del confucianesimo.  I taoista hanno meno interesse per l'uomo che per il Tao e diffidano di ogni forma di educazione. Credono che il Tao nascosto possa manifestarsi e realizzare l'intimo e imperscrutabile significato nell'uomo se questo lasciasse tranquillo se stesso e la sua natura. Quindi i mistici predicava un ritorno alle radici e il rispetto della natura al suo stato primitivo. Il taoismo non è non-azione totale, ma piuttosto non-attivismo. 

In contrasto con Meng Tzu erano Mo Tzu e la scuola legalista che sostenevano che l'uomo è fondamentalmente cattivo e doveva essere obbligato a uniformare la sua condotta a un astratto amore universale con la forza della legge, obbedire a un potere arbitrario con la minaccia di punizioni. Il fondatore del legalità fu Hsun Tzu nel terzo secolo avanti Cristo

I legalisti si servivano della cupidigia dell'uomo, dei suoi interessi egoistici, per volgersi ai loro fini politici, al potere (shih). I riti, la saggezza, il sentimento umanitario dello Ju non servono a niente. La legge rimpiazza tutto, inclusa la morale, la religione e la coscienza. Contemplano la minaccia della punizione severa, e l'unica norma è il volere arbitrario del sovrano. Lo scopo del legalismo è rendere lo Stato così potente da eliminare tutti i nemici e allora così ci sarà la pace.  E a poco a poco i legalisti cominciarono ad abolire il confucianesimo, proposero lo sterminio di tutti gli studiosi, di incendiare tutte le biblioteche e così molti libri antichi andarono distrutti. I seguaci della scuola Ju giustiziati.

Fortunatamente la scuola confuciana rinacque sotto la dinastia Han ( secondo secolo a.C.). La filosofia continuò ad essere la forza più vitale della Cina. Per secoli, l'istruzione degli studenti cinesi ebbe come base, legalmente e ufficialmente, lo studio dei quattro classici confuciani: Dissertazioni, la Grande scienza, la Dottrina di mezzo, insieme al libro di Meng Tzu. Per capire la Cina e indispensabile leggere questi quattro libri.  

La base della filosofia di Kung è la legge naturale, il Tao stesso, ma il Tao etico, la via dell'uomo, più che il Tao metafisico o l'imperscrutabile via di Dio.  I taoisti sono interessati alla metafisica i confuciani all'etica Tao.  Questo concetto è spesso confuso, solo nella Dottrina di mezzo è ben evidenziata questa differenza. Il punto di partenza del confucianesimo è che esiste una realtà trascendente e oggettiva chiamata cielo, e ci sono altre realtà, quelle mutevoli e contingenti della terra e dell'uomo  che possono essere in ordine o disordine, sono in ordine quando sono in armonia col cielo, che è la realtà finale. La filosofia di Kung è una sapienza, non una dottrina, ma un modo di vita impregnato di verità. I riti o il Li erano l'espressione visibile della realtà nascosta dell'universo, della sapienza divina  nelle cose umane e nell'ordine sociale. Partecipando ai riti l'uomo acquista coscienza, matura, si trasforma e con lui la società.

La grande Scienza riporta che il giusto agire dipende dalla coscienza della persona che agisce, dalla verità interiore.  Si può raggiungere l'illuminazione con l'azione intelligente. L'etica confuciana è il frutto della coscienza spirituale e del lavoro. Occorre portare l'inconscio e l'oscuro nel fuoco della chiarezza con azione giusta al momento giusto, con consapevezza ispirata ai principi etici e sacri, e sapere cosa si deve fare. Splendido concetto e civile di azione etica. La grande Scienza è la chiave del pensiero classico cinese, in Cina la legge della natura non fu un'astrazione filosofica ma una forza viva che ebbe un richiamo religioso nel cuore e nella coscienza del popolo.  Il punto di partenza dell'educazione confuciana è dunque di coltivare la persona e formare una classe dirigente di discepoli umani e illuminati. Il saggio deve portare la sua saggezza ad agire in armonia con gli atti saggi di coloro che vivono intorno a lui.

Tra i classici cinesi oltre al famoso Tao Te Ching troviamo il Hsiao Ching, che è il classico dell'amore filiale, che rappresenta un testo confuciano di taoismo. Per i confuciani l'amore filiale era la radice principale che penetrava più profondamente nel mistero del Tao etico. "Ching" in Cina è tradotto con "classico" quindi i Ching sono testi autorevoli, perchè ha origine da un'autorità più alta dell'uomo. Il Tao The Ching ditingue un Tao noto da un Tao ignoto e innominato, e ci autorizza a cercare qualcosa che corrisponda alla nostra nozione di Dio al di sopra e al di là del cosmo.  La saggezza del Tao Te Ching conduce allo zen, che è una trasmissione senza nessun Ching che passa inesplicabilmente da maestro a discepolo senza parole ma attraverso koan.

Che cosa è il Tao?  i saggi rispondevano "Non lo so. E' la forma senza forma, l'immagine senza immagine". Il Wu wei è un'espressione tecnica taoista e zen, non è un principio attivo, è l'attività suprema, perchè agisce in stato di riposo, agisce senza sforzo. Il mondo è un vaso sacro che non si deve manomettere, nè cercare di afferrare. Nel capitolo 67esimo del Tao Te Ching ci sono delle affinità col cristianesimo: nel Tao si trovano tre tesori: carità, frugalità, e non voler essere primo nel mondo. Poichè io sono misericordioso, io posso essere bravo... perchè il cielo verrà a salvare i misericordiosi e a proteggerli con la sua misericordia.  "Se uno rinuncia all'amore e al coraggio, rinuncia al controllo e alla riserva di energia, rinuncia a rimanere indietro e si spinge avanti, è un uomo perduto!"

Il testo Hsiao Ching parla della pietà filiale e del fatto che noi siamo accolti come un dono dai nostri genitori, e dobbiamo nutrire la più grande gratitudine verso di loro. Quando i nostri genitori sono vecchi dobbiamo ritornare da loro per assiterli amorevolmente. L'imperatore è al vertice, tutti dipendono da lui, ed egli dovrebbe idealmente essere capace dell'amore più vasto e  illimitato. Non esiste una subordinazione cieca agli anziani, al contrario bisogna correggere il padre quando sbaglia e il ministro deve correggere il principe quando erra.

Buddhsimo Zen.  I monaci zen sono noti per la semplicità e austerità della loro vita, per il lavoro manuale, l'estrema severità nella vita in comune. Il monastero zen ha una sala di meditazione chiamata zendo, il monaco zen non rimane vincolato ad una comunità, ed è libero di andare in un altro monastero. Con la formazione sarà in grado di raggiungere una maturità e libertà spirtuale e potrà proseguire da solo il cammino verso l'illuminazione mediante la pratica dei precetti (sila) , della meditazione (dhyana), e della saggezza (prajna).  Il Buddha  disse al suo discepolo Ananda "Non rifugiarti in niente che sia fuori di te, tieni ferma la verità come una lampada e un rifugio, e non cercare rifugio in qualcosa fuori di te". Occorre essere sempre attivo, padrone di sè e di animo pacato (corrisponde all'ascetismo individualista Theravada ed è un concetto molto lontano dalla fiducia cristiana nella "grazia". Lo zen non fa affidamento all'autorità delle scritture (sutra), nè si affida a regole o metodi.   Nel buddhismo mahayana ci sono esempi di fede profonda nel Buddha come nell'amidismo (buddhsimo della terra Pura).

Bodhidharma (VI secolo dopo Cristo) riassume il programma zen in questo modo: "Una speciale tradizione fuori dalle scritture, nessuna dipendenza da parole e lettere, mirare direttamente all'anima dell'uomo, vedere dentro la propria natura e così raggiungere la condizione di Buddha".

I monaci zen sono accusati di essere Non intellettuali, preferivano l'esperienza diretta alla conoscenza astratta e teorica acquistata leggendo e studiando, ma non negarono mai che la lettura e lo studio al momento opportuno, potessero contribuire a rendere più valido l'addestramento spirituale. I maestri zen evitano accuratamente che i discepoli si attacchino agli insegnamenti di Buddha, per questo molte frasi di maestri sembrano assurdità. spesso erano volutamente privi di senso da un punto di vista logico. Nello zen si pratica un non attaccamento, la via della vacuità, mancanza di oggetto e la non-mente. Hui Neng disse: "se hai nel cuore la nozione di purezza e ti attacchi ad essa, converti la purezza in falsità". 

La vera illuminazione si trova nell'azione, lo zen è una piena consapevolezza del dinamismo e della spontaneità della vita.  Lo zen richiede un'attenzione totale, rivolta alla vita nella sua realtà concreta, esistenziale, qui e ora. La mente ordinaria di ognuno di noi è il Tao.   Bisogna evitare l'illusione di trovare la via nei sutra e nei testi, ma anche l'illusione di trovarla stando seduti in quieta meditaazione.  

L'ordinaria esperienza della vita quotidiana è il luogo dove cercare l'illuminazione. Il mistico zen cerca di sbarazzarsi di quell'io e di tutte le sue attività al fine di scoprire la spontaneità profonda che viene dal fondo dell'Essere (dall'io originale, dalla mente Buddha o prajna,  in termini cinesi dal Tao)  per diventare una lampada per sè bisogna sbarazzarsi del sè empirico.  Spesso i maestri zen trasmettono questi insegnamenti con severità e spietatezza. La vita monastica buddhista è soprattutto una vita di pellegrinaggio (angya) il cui scopo è di convincere il monaco che tutta la sua vita è una ricerca, in esilio, la sua vera casa.  Tutta la vita monastica è un pellegrinaggio, e il soggiorno al monastero è solo un'interruzione. Solo quando è accordato al monaco l'accesso alla sala di meditazione (zendo), il monaco comincia a far parte della comunità. Ed è li che il monaco passa buona parte della giornata. in posizione di loto meditando sul koan (una massima enigmatica) assegnatogli dal roshi ( maestro). I koan sono usati solo nella scuola Rinzai.

Anche se i rituali non sono molto elaborati, sono comunque presenti come mettere per esempio delle candele davanti alla statua di Buddha, anche i sutra a volte vengono letti.  L'addestramento del monaco fatto dal maestro sembra avere come scopo di spingere il monaco in una notte oscura.  Comunque durante la giornata i monaci partecipano alla cerimonia del thè, a incontri di judo tra di loro,  lavorano la terra e vanno in cerca di elemosine. La questua e il lavoro manuale sono importanti per inculcare loro lo spirito di povertà e umiltà. Il monaco sente di non aver diritto di condividere il pane se non c'è in lui l'intenzione ferma di giungere all'illuminazione e aprire il suo occhio spirituale (l'occhio prajna). 

Lo zen è un tipo di  spiritualità filosofica ed esistenzialista capace di portare l'uomo a un vero confronto con se stesso, con la realtà e col suo simile. Comunque senza dimensione religiosa è difficilmente spiegabile di come il monachesimo zen abbia potuto sopravvivere tutti questi secoli. 

Un maestro zen ha detto: " quando avrai raggiunto uno stato di perfetta immobilità e incoscienza, tutti i segni della vita si cancelleranno e ogni traccia di limitazione svanirà, nessun pensiero disturberà la tua coscienza, quando all'improvviso vedrai una luce effondersi in tutto il suo splendore. La tua esistenza è sciolta da ogni limitazione".

Il koan è il cuore dell'insegnamento zen della scuola Rinzai; per arrivare al cuore del koan, per gustarne l'essenza, bisogna penetrare nel cuore della vita stessa quale fondo della propria coscienza. uno sperimenta se stesso come l'interrogativo proposto. Il koan non è diverso dall'io, è una figura criptica dell'io. Nei tuoi interrogativi non avrai più coscienza,  ma avvertirai solo il vuoto. Quando scomparirà anche la consapevolezza del vuoto, capirai che non c'è nessun Buddha al di fuori della mente e nessuna mente al di fuori del Buddha. L'esperienza zen è una liberazione dalla nozione di io e mente, tuttavia non è annullamento e pura incoscienza, ma al contrario una specie di supercoscienza. L'illuminazione in questo senso di una nuova identità e consapevolezza non è la fine ma il vero principio. Il punto di partenza per raggiungere il kensho o l'ulteriore e originale illuminazione, e di farlo verificare dal roshi (maestro).

Il koan tende a liberare anche la coscienza individuale dai desideri dissolvendo proprio la sua individualità. Lo zen perciò nega un valore speciale all'esperienza limitata e transitoria dell'io costituito dal piccolo nodo dei desideri lasciatici in eredità dalla nostra storia morale (karma).  Tende a una coscienza pura non limitata da progetti e desideri.  Senza eliminare quello che noi chiamiamo "io" non si potrà avanzare nella pratica. 

Per riassumere lo scopo del koan zen è di portare lo studioso, mediante una pratica interiore e severa, e con la guida e supervisione del suo roshi, a uno stato di coscienza pura. La meditazione intensa sul koan in un ambiente monastico tende a rompere la continuità storica di un io sociale e convenzionale e iniziare una nuova e più intima storia personale di ricerca. La consapevolezza finale della coscienza zen non è la perdita dell'io, ma la scoperta e la dotazione dell'io in tutto e per tutto. Quando  l'attività della tua mente sarà esausta e la capacità di pensare sarà estinta, sorgerà una grande fiamma di vitalità.

La pratica dello zen mira all'approfondimento, alla purificazione e alla trasformazione della coscienza, opera in profondità e va oltre la psicologia del profondo. 

L'obiettivo dello Zen è quello del buddhismo in generale: "l'emancipazione finale dal dualismo". Il buddhismo non afferma Dio nè lo nega in quanto considera tali affermazioni dualistiche. Il raggiungimento della condizione di Buddha, non è diventare simile a Buddha, ma è un risveglio ontologico al fondo ultimo dell'essere, o al Buddha che ognuno è.  Per lo zen non esiste alcun vero Buddha all'infuori dell'uomo che si sveglia al suo "Vero Io".  Questo "Vero Io" è la mente originale, informale, il nulla, il Sunyata

Accostando questo concetto alla realtà possiamo dire che il cuore dello zen è quella imperturbata percezione dell'Uno nei Più, del Vuoto nella vita quotidiana e del mondo ordinario che ci circonda, è il fondamento dell'umanesimo zen al giorno d'oggi.   Il Nirvana non è che la realizzazione da parte dell'uomo del suo "Vero Io" esistenziale, come fondo sia dell'io ordinario sia del mondo opposto ad esso... il Nirvana non è semplicemente transpersonale, ma anche, al tempo stesso personale.  

Il Nirvana non è un'evasione dai fenomeni e dal mondo d'ogni giorno con i suoi problemi e rischi, ma una realizzazione di quel Vuoto e Vero Io che è il fondo ontologico comune sia della libertà personale sia del mondo oggettivo e problematico.

giovedì 7 dicembre 2023

Rapporto tra spiritualità, religione e ateismo

In questo articolo cercherò di affrontare il complesso rapporto tra spiritualità e religione e ateismo, e proverò a mettere in evidenza i tentativi fatti da grandi personaggi per trovare un punto in comune tra i vari percorsi spirituali.

Partiamo da una citazione di Andrè Comte Sponville, un noto filosofo francese che io adoro: “Non possiamo fare a meno della comunione, della fedeltà, dell’amore, ma nemmeno della spiritualità. In Occidente, la spiritualità si è socialmente identificata durante i secoli con una religione (il cristianesimo), e si è finito per credere che religione e spiritualità siano sinonimi”      ( André Comte_Sponville, Bernard Feillet, Alain Rémond, A-ton-besoin d’une religion?, Les Editions de l’Atelier, 2003).

Innanzitutto, la spiritualità può essere definita come un cammino interiore che aiuta il praticante a trovare il vero e profondo Sé, ovvero a ritrovare il rapporto perduto con il Tutto, l’Assoluto, con l’Essere supremo (se siamo credenti), con tutti gli altri esseri viventi e manifestare la natura divina che esiste eternamente in noi.
La spiritualità è qualcosa di diverso dalla religione. La spiritualità si riferisce a esperienze mistiche, stati di coscienza non ordinari e queste esperienze hanno caratteristiche svincolate totalmente dalle società e dal tempo in cui si manifestano. Il cuore del percorso spirituale è il bisogno dell’io di andare oltre se stesso, di trascendere i propri limiti. La religione istituzionale, invece, è il tentativo sistematico e interessato di spiegare queste esperienze e le spiegazioni sono sempre date tramite metafore o concetti circoscritti in un certo tempo e in una certa cultura.  

Le religioni dovrebbero unire le persone dando a ciascuno una sensazione di eguaglianza al di là dello stato sociale di appartenenza e dovrebbero  aiutarle a superare la paura della morte. Hanno anche un grande potere politico e sociale sulle persone che ha spesso generato guerre, astio e dissensi fra le persone e la spiritualità non ha niente a che vedere con le fazioni e le differenze di punti di vista. Il percorso spirituale può essere aiutato dal credo religioso, ma allo stesso tempo può essere deviato poiché l’enfasi sulle credenze porta ad una spropositata crescita dell’ego, nonché ad un senso di superiorità (credendo di essere detentori di verità) rispetto alle altre persone annullando il sentimento della compassione in senso buddhista che è alla base della evoluzione personale e spirituale. Quello che è necessario sono delle regole di vita e una direzione da seguire.

La spiritualità è universale ed ha una dimensione personale, la religione no.

Lo scopo di una religione è far sì che una comunità religiosa abbia un rapporto con la divinità. Il fondatore della religione specificherà quali strumenti (dogmi, luoghi speciali, danze, libri, preghiere, riti, cerimonie, droghe, ecc. ) usare per avere delle esperienze spirituali e con quale linguaggio comunicarle e condividerle. Spesso i grandi mistici non fanno ricorso a questi strumenti. E’ per questo che le istituzioni religiose, il più delle volte, non amano i loro mistici. I mistici intraprendono la loro ricerca interiore in totale libertà e indipendenza e, non avvertono minimamente il bisogno di una religione.

Come precisa Padre Antonio Gentili,  "se approfondissimo veramente il significato di religione scopriremmo che non c'è molta differenza tra percorso spirituale e religione e che per 'religione' (in latino, relìgio: rilego), si deve intendere l’esperienza del legame che unisce l’umano con il Divino; un’esperienza che implica una rilettura (latino: relègere, rileggere) del proprio vissuto, una più profonda scelta di vita (latino: reelìgere, scegliere di nuovo) e infine la coltivazione di un’attitudine improntata a 'devozione' verso la Divinità (latino: rèligens)"  (Frasi di Padre Antonio Gentili, Yoga Yournal del luglio 2016).
Quindi, non bisogna confondere “la religione” con l’assetto istituzionale, dogmatico che l’accompagna e determina l’appartenenza a una determinata “confessione”.
In questo contesto tutte le discipline tendenti allo sviluppo delle capacità umane finalizzate all’auto-realizzazione favoriscono l’apertura al sacro, al Divino. Anche il praticante yoga, dopo aver eliminato l’ego, raggiungendo il silenzio mentale si abbandona al Divino. Questi aspetti sono le premesse e i pilastri stessi di un’autentica religiosità. La ricerca spirituale non deve necessariamente accompagnarsi all’idea di Dio, religione o illuminazione.

Adesso proviamo a vedere il rapporto tra ateismo e cammino spirituale. Sempre Andrè Comte Sponville scrive: “Troppo spesso la religione istituzionale ha prodotto e alimentato il conflitto tra l’intelligenza e la fede, finendo, con un’insistenza plurisecolare, per fornire di esse un’immagine che appare inevitabilmente antitetica”. Il dogma diventa antitetico a qualsiasi puro spirito di ricerca spirituale ed ha prodotto come reazione l’ateismo.
Tutti, anche i non credenti e gli atei possono rivendicare una propria dimensione spirituale. Il grande mistico indiano Ramakrishna, insegnò che persino l’ateismo può essere, per alcuni, un passo verso l’illuminazione e far parte, quindi, dell’evoluzione spirituale di un individuo: “Se un ateo è sinceramente convinto di svilupparsi attraverso un grande impegno e sforzo personale, consapevole di essere un ricercatore della verità, allora come l’aria fresca passa attraverso una finestra aperta, così la verità si rivela alla mente lasciata aperta da un sincero spirito di ricerca”. L’unico ostacolo al progresso è il chiudere l’entrata della comprensione “con le imposte dell’egocentrismo”.
 “La storica antitesi fra religione e scienza, fede e ragione, spiritualità e ateismo - in cui l’Occidente sembra essersi imprigionato come in una trappola culturale - può certamente trovare una via di uscita nel momento in cui si pone la seguente domanda: siamo sicuri che l’oggetto d’interesse della ricerca spirituale debba necessariamente accompagnarsi all’idea di Dio nel modo in cui questa è abitualmente espressa in Occidente?" -  David Donnini

La spiritualità, quindi, non è necessariamente associata a una religione o a un Dio. Basta dare uno sguardo in Oriente, al buddhismo o al taoismo, per scoprire che esistono immensi spazi di spiritualità che non hanno niente a che vedere con la fede in un Dio trascendente, personale e creatore. 

Il cuore del percorso spirituale e della meditazione è il bisogno dell’io di andare oltre sé stesso, di trascendere i propri limiti, perdere il senso di dualità (sé stesso – mondo) e arrivare a un senso di pienezza, al cuore dell’essere, al cuore del mistero dell’essere. 

Del resto, lo stesso XIV Dalai Lama, Tenzin Gyatso afferma: “non credo che la religione sia indispensabile per la vita spirituale ”.  Per il buddhismo la spiritualità consiste anche nello sviluppo della pratica contemplativa e dello sviluppo intenzionale di qualità interiori come la compassione, la gentilezza, l’attenzione e la calma mentale. 

Nel 1966 Thich Nhat Hanh, il monaco zen recentemente scomparso,  fonda l’Ordine dell’Interessere per sottolineare quanto tutti noi siamo collegati e interdipendenti.  E' importante sviluppare le nostre qualità innate come l'altruismo disinteressato e la benevolenza, creare una rete di relazioni basate sulla compassione reciproca estendendola  anche alla natura e a tutto ciò che ci circonda, coltivare "l'interessere", un ben preciso senso di interconnessione con tutto l'universo.  Thich Nhat Hanh, in piena sintonia con il pensiero teosofico e con quello gandhiano, sostiene che nessuna singola tradizione religiosa  può ritenersi depositaria del monopolio dell’intera verità. “Dobbiamo cogliere -dice - i valori migliori delle diverse tradizioni e lavorare insieme per rimuovere le tensioni fra le tradizioni stesse: solo così potremo offrire un’opportunità alla pace".
La via che viene insistentemente proposta (e praticata) è quella del dialogo, attraverso il quale i credenti di varie tradizioni potranno riconoscere somiglianze e differenze.
Ovviamente, affinché possa crearsi un prezioso rapporto di dialogo costruttivo, capace, al contempo, sia di indurre a comprendere e ad amare maggiormente le proprie radici, sia di assaporare ed anche assimilare le cose migliori delle altre fedi e dottrine, dovranno essere abbandonate le pretese di primato e di monopolio, come quella espressa da Giovanni Paolo II nel suo Varcare la soglia della speranza, che, presentando il Cristianesimo, secondo la consolidata tradizione cattolica, come “l’unica via di salvezza”, renderebbe, di fatto, impossibile qualsiasi sincero dialogo, fomentando, altresì, discriminazione  e intolleranza.

Molti grandi mistici indiani come ad esempio Ramakrishna e Swami Yukteswar (maestro di Yogananada), ben prima di Papa Francesco e del Dalai Lama, sottolinearono che che "esiste una armonia e un'unità di fondo tra tutte le religioni".   

Swami Yukteswar (maestro di Yogananda) nel testo La Scienza Sacra mostra "che solo pochi esseri particolarmente dotati riescono a sottrarsi all'influenza del proprio credo e a scorgere l'identità perfetta delle verità sostenute da tutte le grandi religioni.  Tra gli insegnamenti spirituali orientali e quelli occidentali non solo non esistono reali divergenze, ma neppure vere contraddizioni. Spesso, invece, le varie religioni innalzano barriere quasi insormontabili che minacciano di dividere per sempre il genere umano".   

Ramakrishna,  insegnò che Dio può essere visto in vari modi e che "l’essenza della religione è la realizzazione di Dio". Dimostrò con la sua vita che Dio è una Realtà che può essere sperimentata non solo da pochi eletti, ma da tutti gli uomini di buona volontà, a prescindere dalle differenze di razza, religione o stato sociale. L’accettazione di tutte le religioni denota un’attitudine illuminata che è il risultato di un confronto serio con sentieri spirituali diversi. L’armonia non deve significare non seguire nessuna religione in particolare, perché ciò sarebbe altrettanto inutile del fanatismo. E’ necessario seguire la via verso cui ci si sente più portati e seguirla con zelo. 
Se non si è in grado di comprendere, almeno a livello intellettuale, il valore delle altre vie spirituali, è certo che non si sarà in grado di comprendere pienamente nemmeno la propria. 
E’ l’esperienza che rende l’opinione conoscenza e l’intellettualismo saggezza.  
Lo stesso Buddha disse “non dovete accettare i miei insegnamenti, dovete investigare su quello che vi dico. Non accettate le mie parole come vere, verificate tutto”. 

Ramakrishna disse che "la Realtà è Una e sempre la stessa, la differenza sta solo nel nome e nella forma. È come l'acqua, che nelle diverse lingue è chiamata con nomi diversi, tipo 'jal', 'pani' e così via. In un lago ci sono tre o quattro pontili. Gli indù che attingono acqua ad uno di essi la chiamano 'jal'. I mussulmani, che la attingono a un altro, la chiamano 'pani' e gli inglesi, ad un terzo, la chiamano 'water'. Si tratta sempre della stessa cosa chiamata con tre nomi diversi. Allo stesso modo, alcuni chiamano la Realtà col nome di 'Allah', alcuni la chiamano col nome 'Dio', alcuni col nome 'Brahman ', alcuni con 'Kali', ed altri ancora con 'Rama', 'Gesù', 'Durga' e 'Hari'".

A me sembra che la religione cristiana, e cattolica in particolare, non cambi molto nel corso dei tempi e che non ci siano aperture verso altre spiritualità. Papa Francesco, ha sottolineato più volte il primato della fede. Insomma, qualche esperienza metodologica proveniente da altri universi religiosi potrà pur essere accolta all’interno della pratica della preghiera cristiana, ma ciò non dovrà minimamente introdurre diverse prospettive dottrinali, né insinuare dubbi teologici, né contaminare o illanguidire i contenuti del Credo cattolico dogmaticamente definiti. . “Il cristiano, quando prega, – ha detto – non aspira alla piena trasparenza di sé, non si mette in ricerca del nucleo più profondo del suo io.”  Questo perché la “preghiera del cristiano è anzitutto incontro con l’Altro, con l’Altro ma con la A maiuscola: l’incontro trascendente con Dio.”  E a guidarci, come si afferma già nel Catechismo della Chiesa cattolica, sull’unica via della preghiera rappresentata da Gesù, dovrà essere lo Spirito Santo, senza il quale, nessuna meditazione o percorso autenticamente cristiano sarebbe possibile. (Vedi le parole di Papa Francesco quando si è trovato ad affrontare il tema della meditazione nell’Udienza Generale del 28 aprile 2021, dedicata alla Catechesi sulla preghiera).

Per poter creare un prezioso rapporto di dialogo costruttivo, capace, al contempo, sia di indurre a comprendere e ad amare maggiormente le proprie radici, sia di assaporare ed anche assimilare le cose migliori delle altre fedi e dottrine, dovrebbero essere abbandonate le pretese di primato e di monopolio, come quella espressa da Giovanni Paolo II nel suo Varcare la soglia della speranza, che, presentando il Cristianesimo, secondo la consolidata tradizione cattolica, come “l’unica via di salvezza”, renderebbe, di fatto, impossibile qualsiasi sincero dialogo.

Bisogna evidenziare che recentemente alcuni teologi cristiani hanno provato a  costruire un ponte tra le varie spiritualità tentando di elaborare una definizione di sacro più ampia, sottolineando l'anelito verso il divino da parte dell’essere umano. L'Archetipo del monaco, un testo del 2022 di Antonio Dorella, evidenzia come varie forme dell'attuale religiosità provino a incontrarsi su un terreno comune:  la "spiritualità individuativa", che è uno spazio del sacro, contemporaneamente laico e confessionale, un raccordo fra i due mondi.  L'autore presenta, in questo libro, il pensiero e le vicissitudini di cinque ricercatori spirituali:  Raimon Panikkar, Hans Küng, Matthew Fox, Eugen Drewermann e Leonard Boff che sono gli apripista di un nuovo, affascinante modello di umanità.  Per questi tentativi di universalizzare ed allargare la visione spirituale, questi autori sono stati in vari modi, per periodi brevi o lunghi,  emarginati e allontanati dalla Chiesa Cattolica. 

Oggi è chiamata in causa non una particolare forma di religione; ma la religione in se stessa e solo il movimento ecumenico tra le religioni e lo sforzo di ciascuna ad accettare e apprezzare la verità e santità che si trova nelle altre religioni, può rispondere al bisogno di religiosità dell’uomo moderno.” (Bede Griffiths: Matrimonio tra Oriente e Occidente, p.30, pubblicato negli anni '80).   Bede Griffiths ( 1906, 1993) nato Alan Richard Griffiths e conosciuto anche alla fine della sua vita come Swami Dayananda, era un prete cattolico di origine britannica e monaco benedettino che visse in ashram nel sud dell'India e divenne un noto yogi. Griffiths faceva parte del movimento Christian Ashram

Altri tentativi di incontro tra Occidente e Oriente, in modo particolare tra yoga e religione cristiana, sono stati fatti da grandi personaggi come Padre Anthony Elenjimjttam (padre domenicano e monaco buddhista) ; Padre Antonio Gentili, Padre Mariano Ballester (ideatore della meditazione profonda e autoconoscenza MPA) e il monaco Axel Bayer.  Il grande Maestro yoga Giorgio Furlan (uno dei fondatori della federazione yoga italiana e morto nel 2021)  organizzava tutti gli anni una conferenza dal titolo "Incontro Oriente - Occidente".

Il pensiero di Padre Anthony Elenjimjttam si fonda sull'assoluta uguaglianza tra la filosofia orientale e quella occidentale, a partire dalla filosofia indo-vedica, a quella greca, fino al pensiero occidentale legato al cristianesimo. Ciò che cambia è il linguaggio, le parole che vengono utilizzate, ma permane una similitudine di fondo".   Ha ideato anche il "Mandala degli 8 sentieri" chiamato anche "Mandala Cosmico".   J.B. Sparks lo costruì con l'idea che tutti gli uomini potessero unirsi in un unico modo di sentire e concepire la spiritualità. In questo mandala troviamo rappresentati il "Cristianesimo", l'"Umanismo filosofico", il "Taoismo e Confucianesimo", il "Zoroastrismo o Mazdeismo", il "Buddhismo", l'"Induismo Yoga", l'"Islam" e l'"Ebraismo".

Axel Bayer (1970 -) , è un monaco benedettino dell'Eremo di Camaldoli. È laureato in lingue, lettere e teologia, pratica yoga e meditazione da 20 anni ed è insegnante dell' Himalayan Yoga Institute, fondato da Swami Rama. Dopo essersi diplomato, ha trascorso un periodo di approfondimento e di pratica intensa a Rishikesh in India. Da molti anni propone corsi di meditazione e iniziative che mettono in dialogo la tradizione cristiana con la sapienza dell'Oriente.

Padre Antonio Gentili (1937- ) è un religioso barnabita, con licenza in teologia e laurea in filosofia. Preparato conoscitore delle religioni e delle spiritualità orientali ma profondamente radicato nella tradizione cristiana, pratica yoga e guida di corsi di meditazione e preghiera profonda, aperti a ogni categoria di persone. Per lui, la meditazione è un prezioso strumento per avvicinarsi a Dio. Padre Gentili cerca – anche attraverso numerose pubblicazioni – di ravvivare, senza travisamenti, una fede che in questi ultimi decenni mostra segni di crisi sempre più evidenti. Propone un’apertura mistica del cuore, la contemplazione, una vita ascetica e sacramentale autentica.
Padre Gentili fa, spesso, una correlazione tra i precetti morali dello yoga (yama) che governano le nostre interazioni con gli altri, ahimsa (la non violenza), satya (la verità), asteya (il non rubare), bramacharya (la moderazione) e aparigraha (la non possessività), con i Comandamenti cristiani. Tutte le grandi tradizioni sapienziali e spirituali dell’umanità hanno come finalità di promuovere un’autentica qualità delle vita. E quindi ad alimentare nel cuore dell’uomo pace, gioia, amore, compassione e speranza.

Aleyamma o Suor Infant Tresa “La yogi di Cristo” (1951-), nasce nel nel Kerala (regione nel sud dell’India), uno degli Stati indiani in cui il cattolicesimo è molto presente e diventa suora a 19 anni. Nel 1985 – iniziò a fare yoga perchè aveva un terribile mal di schiena che l'obbligava a portare un corsetto speciale. Incontrò un maestro di yoga presso l’università dove studiava che gli consigliò una serie di esercizi da fare e  dopo poco tempo il problema alla schiena era scomparso. Da allora la preghiera mattutina di suor Infant Tresa comincia con Padre nostro e namasté (il saluto dello yoga), dimostrando che non vi è contraddizione alcuna tra la vita da religiosa cattolica e lo yoga che diventa un'estensione della sua vita religiosa. Per trent’anni ha praticato yoga e in età da pensione ha deciso di diventare insegnante di yoga. Gestisce e supervisiona due centri di yoga nel Kerala.

«All’inizio – racconta – alcuni erano perplessi che una suora insegnasse yoga, ma non mi sono mai fatta scoraggiare dai dubbi delle persone». «Spesso i cristiani sono perplessi per i mantra che si recitano durante la pratica, ma questo non è un fatto centrale: io per esempio durante la seduta di yoga recito preghiere cristiane». «Non c’è niente di contraddittorio con la fede cristiana; –. È per ignoranza che una parte dei cristiani si oppongono allo yoga, dicendo che appartiene all’induismo.  Lo yoga non è legato a nessuna religione, ma è un contributo dell’antica India al resto del mondo. È una pratica olistica che unendo fisico, mente, intelletto, emozione e spirito fa sentire meglio l’uomo, gli regala la pace e lo avvicina a Dio. Inoltre, cambia la mentalità: aiuta ad essere meno materialisti e a liberarsi dal consumismo. Ecco perché le persone oggi lo praticano indifferentemente da religione, lingua e comunità di appartenenza». La pratica aiuta tutti a sperimentare la pace che Gesù ci ha promesso ».  Suor Tresa afferma: “Non andrò mai contro la chiesa se mi chiedesse di lasciare lo yoga, ma sono assolutamente certa che la chiesa non chiederà mai a me o a nessuno di rinunciare allo yoga; poiché esso non ha nulla che contraddica la fede o gli insegnamenti cristiani, visto che con lo yoga tutti possiamo diventare esseri umani e cattolici migliori" Anzi il mio vescovo, la mia congregazione, i miei superiori e tutti i miei colleghi mi sostengono e incoraggiano.  Oggi, con l'aiuto dei media e della consapevolezza, le persone sono meglio informate e stanno realizzando i valori nello yoga.  "Lo yoga, una pratica che – sostiene  suor Infant Tresa – non solo non è in contraddizione con la vita da religiosa e col cristianesimo ma aiuta ad essere cattolici migliori".. 

Padre Mariano Ballester (1935 - 2021), gesuita spagnolo, direttore spirituale del Collegio Internazionale del Gesù, ha messo a punto negli anni '70 un metodo di “meditazione silenziosa” che ha chiamato MPA, Meditazione Profonda e Autoconoscenza. Questo metodo si avvale largamente di esercizi basati sul respiro; è un metodo di evoluzione personale che coniuga introspezione e silenzio. 
Ha creato, inoltre, l'associazione senza fini di lucro "Meditazione Profonda e Autoconoscenza (MPA)”, che si propone di diffondere la pratica della MPA attraverso incontri di formazione e di valorizzazione umana e spirituale della persona con la finalità di guidarla verso la sorgente dell'essere. Ogni persona, nessuna esclusa, è portatrice spesso inconsapevole, di un “seme spirituale”. Questo seme, il centro dell’Essere, non può essere disatteso perché la sua non apertura limita la realizzazione più profonda dell'essere umano.  “L'uomo è un ricercatore, nel senso di colui che ricerca qualcosa che non riesce a comprendere e che i fedeli chiamano Dio. Attorno alla meditazione profonda, infatti, si riuniscono soprattutto gli scettici, gli atei, non credenti in generale: ricercatori provenienti dalla strada che cercano qualcosa. Questa ricerca passa attraverso la conoscenza profonda di se stessi e si conclude solo grazie ed attraverso lo spirito.”

 In Occidente c’è il problema di conciliare le proprie tradizioni spirituali con le offerte che provengono dall’Oriente. Negli anni trenta, Carl Gustav Jung pubblicò un libricino Lo yoga e l’Occidente, in cui asseriva che "lo yoga è il metodo più adatto a fondere insieme corpo e spirito, una delle più grandi invenzioni mai create dallo spirito umano". Però raccomandava: “studiate lo yoga, imparerete tantissime cose, ma prima di iniziare a praticarlo dovete conoscere voi stessi”, perché “non sappiamo chi pratica lo yoga. Non ci conosciamo".  "L'Occidente deve trovare il suo yoga".

Il sogno di tutti i grandi saggi e maestri, dal neoplatonismo di Ammonio Sacca all’umanesimo di Pico della Mirandola, dalla teosofia di  Madame Blavatsky al pensiero nonviolento di Aldo Capitini e di Thich Nath Hanh è il seguente: le diverse scuole religiose,  impegnandosi con grande serietà  in un dialogo fiduciosamente aperto e animato da  spirito di autentico ecumenismo, potranno, nello stesso tempo, riscoprire gli aspetti più preziosi della propria dottrina e apprezzare ed apprendere fruttuosamente gli elementi di maggior valore presenti in ciascun credo. 

sabato 23 settembre 2023

Yoga e meditazione all'eremo di Camaldoli con Alex Bayer

Oggi è chiamata in causa non una particolare forma di religione; ma la religione in se stessa e solo il movimento ecumenico tra le religioni e lo sforzo di ciascuna ad accettare e apprezzare la verità e santità che si trova nelle altre religioni, può rispondere al bisogno di religiosità dell’uomo moderno.” (Bede Griffiths: Matrimonio tra Oriente e Occidente, p.30, anni '80).

Axel Bayer è nato nel 1970 a Stoccarda (Germania), è monaco benedettino del Sacro Eremo di Camaldoli (AR). È laureato in lingue, lettere e teologia, pratica yoga e meditazione da 20 anni ed è insegnante dell' Himalayan Yoga Institute, fondato da Swami Rama. Dopo essersi diplomato, ha trascorso un periodo di approfondimento e di pratica intensa a Rishikesh in India. Da molti anni propone corsi di meditazione e iniziative che mettono in dialogo la tradizione cristiana con la sapienza dell'Oriente.

Insegna metodi di meditazione cristiana nel master ‘Meditazione e neuroscienze cognitive’ all’università di Udine. Ha scritto la sua tesi di laurea in teologia sulla preghiera pura di Evagrio Pontico ed è autore del libro: ‘Meditazione – dalla preghiera pura di Evagrio Pontico al raja-yoga di Patanjali’.  Evagrio Pontico è uno dei Padri del deserto che ha maggiormente contribuito allo sviluppo di una via meditativa nella tradizione cristiana. Questo testo ricco e prezioso che ci riporta all’essenza della meditazione che, come fa osservare l’Autore, non è patrimonio esclusivo dell’Oriente o dell’Occidente, ma è una risposta trasversale alla ricerca, propria della natura umana, di strumenti che possano metterci in contatto con il Divino. Nel libro viene ripercorsa la storia della via meditativa nella tradizione cristiana, sottolineandone i punti di contatto con quella orientale. Axel Bayer non si limita, però, solo all’aspetto teorico, ma ci offre molte «indicazioni sulla pratica, sul rilassamento, sulla concentrazione, sul ruolo del maestro, sull’importanza della condivisione e, soprattutto, sulla centralità dell’abbandono. Alex spiega le motivazioni e le difficoltà nell'intraprendere una ricerca spirituale oggi; incoraggia comunque a provarci e a mettersi in cammino».

L’anelito alla meditazione silenziosa è trasversale alle diverse tradizioni religiose, ed Alex esplora il modo in cui questi cammini si illuminano reciprocamente gettando luce anche sul personale cammino spirituale. 

Propone una  pratica yoga e meditativa con condivisione. Intende lo yoga, come un metodo che aiuta il praticante in un processo di svuotamento e di abbandono che porta ad una calma mentale, aperta all’incontro con l’altro, e in questo modo lo yoga diventa un prezioso strumento per approfondire l'esperienza religiosa, la preghiera e la comprensione di noi stessi.  Prendendo spunto dalla ricca tradizione spirituale che proviene dalle religioni orientali, Alex vuole portare avanti il dialogo iniziato dai padri fondatori dell'ashram in India: Jules Monchanin, Henry Le Saux e Bede Griffiths.

Amare il Dio invisibile significa aprire passivamente il cuore davanti a Dio e attendere l’attiva rivelazione di Lui, in modo che nel cuore scenda l’energia dell’amore divino.”  - Pavel Florenskij.

Riferimenti: 

  • https://www.camaldoli.it/yoga-e-meditazione/
  • https://www.youtube.com/watch?v=YfS6Gc_oatk&ab_channel=AxelBayer
  • https://www.youtube.com/watch?v=yI9XchIhcaY&ab_channel=AxelBayer

domenica 12 marzo 2023

La scienza sacra - Swami Sri Yukteswar

"L'Oriente e l'Occidente  devono trovare un'aurea di mezzo tra l'attività e la spiritualità".

Paramahansa Yogananda nella sua Autobiografia di uno Yogi paragona il suo Maestro, Sri Yukteswar (1855-1936) come grandezza al Cristo. Sri Yukteswar (Priya Nath Karar) è stato il discepolo di Lahiri Mahasaya di Benares, il primo ad aver insegnato il kriya yoga, affermando che questa scienza era il mezzo più efficace per ottenere la realizzazione di Dio. Sri Yukteswar  invitava i suoi studenti a diventare legami viventi tra le virtù dell'Occidente e quelle dell'Oriente. Sri Yukteswar era un occidentale dalle abitutini esteriori e interiormente e spiritualmente un orientale. Nel 1920 inviò Paramahansa Yogananda in America per far conoscere ai ricercatori della verità di tutto il mondo la scienza liberatrice del Kriya yoga. Per questo Yogananda fondò la Self-Realization Fellowship, un'associazione internazionale con sede a Los Angeles. Il grande guru entrò nel mahasamadhi, la cosciente uscita dal corpo di uno yogi, il 9 marzo 1936 a Puri.

Lo scopo del libro La scienza sacra, scritto nel 1894 da Sri Yukteswar,  è quello di mostrare che esiste una unità di fondo tra tutte le religioni e che non esistono reali divergenze tra insegnamenti spirituali occidentali e orientali. Le varie dottrine servono soltanto ad inalzare barriere quasi insormontabili che minacciano di dividere per sempre il genere umano.  Tutte le creature desiderano tre cose: l'esistenza, la conoscenza e la beatitudine. Dio è presente in tutto l'universo. Non riusciamo a comprendere Dio, perchè l'uomo si identifica con il corpo fisico, deve trascendere la maya (l'illusione) e diventare egli stesso divino.

Le idee base della nostra civiltà: il tempo, lo spazio, l'atomo sono una stessa e unica cosa, e in sostanza soltanto idee. L'atomo sotto l'influsso di cit (la conoscenza universale) forma il citta, ossia quella condizione di calma della mente, che, una volta spiritualizzata prende il nome di buddhi, l'intelligenza o intelletto. Il suo opposto è manas, la mente, nella quale dimora il jiva: il sè con ego (l'ahamkara) e l'idea dell'esistenza separata.

Quando l'uomo comprende la sua vera natura, liberarsi dalla schiavitù di maya diventa lo scopo principale della sua vita. Con l'influenza di maya subisce tutte le angosce della vita e della morte. Il dolore nasce da avidya, l'ignoranza che è la percezione dell'inesistente, e la non-percezione dell'Esistente. Avidya si manifesta sotto forma di egoismo, attaccamento, avversione e cieca ostinazione. L'uomo è sottoposto all'influenza di questi mali e poi soffre. Il fine dell'uomo è la liberazione completa dall'infelicità. L'esistenza, la coscienza e la beatitudine sono i tre grandi desideri del cuore umano.  Quando l'uomo comprende che il suo Sé è un frammento dello spirito universale, raggiunge kaivalya, l'unione del Sé con Dio.

Il cammino è costituito da sacrificio (yajna), nella penitenza (tapas), dal profondo studio (svadhyaya), e dalla pratica della meditazione. La meditazione sul suono divino Om (pranava), è la sola via che porta a Brahman, e alla salvezza. Inoltre, occorre rivolgere il proprio amore al guru e seguirne amorevolmente gli insegnamenti.  

La forza morale è rafforzata dall'osservanza di yama (moralità e autocontrollo) e di  niyama (osservanze religiose, purezza del corpo e della mente). Praticando Yama e Nyama, le indegnità svaniscono dal cuore dell'uomo e si manifesta la virtù. L'essere umano diventa così un Sadhaka, un vero discepolo in grado di conseguire la verità.

L'obiettivo è liberare la mente da tutti i pregiudizi e i dogmi limitanti, vivere una vita in modo naturale. La qualità della vita dipende dalla scelta del cibo, della dimora e della compagnia. L'uomo è un animale frugivoro che si nutre di frutta e verdura. Ama stare in compagnia di coloro che dissolvono le sue angosce, chiariscono i suoi dubbi e gli concedono la pace. Deve pertanto evitare qualsiasi cosa che produca gli effetti opposti. Inoltre, deve studiare gli scritti degli esseri illuminati.

giovedì 9 marzo 2023

Quand la connaissance s'éveille - Anthony De Mello

Padre Anthony De Mello (1931-1987), è nato a Bombay. A sedici anni entra in un seminario gesuita e diventa padre gesuita.  Ha lavorato anche come scrittore, psicologo e psicoterapeuta e l'intera sua opera è dedicata alla liberazione interiore. Ha dedicato tutta la sua vita ad aiutare gli uomini a realizzare le loro esperienze spirituali e ritrovare energia nel quotidiano, ottimismo per il futuro, coraggio e discernimento nelle difficoltà della vita. Pillole di fiducia, aforismi di illuminanti, parabole di saggezza: questi sono i segreti del pensiero positivo di Anthony De Mello.  I suoi libri sono stati tradotti e diffusi in tutto il mondo e sono best seller internazionali.

Questo testo Quand la connaissance s'éveille (Quando la coscienza si sveglia) è una raccolta di racconti, favole e parabole che, influenzate dalla spiritualità buddista e taoista, tracciano i sentieri di una saggezza originale ed efficace. Attingendo alla sua esperienza di guida di ritiri spirituali, Anthony de Mello si rivolge direttamente al lettore, con uno stile vivace e familiare. Affronta i temi essenziali che possono illuminarlo sul risveglio a se stesso, condizione per l'armonia interiore e la felicità. Questo libro sarà un compagno prezioso per chi vuole camminare verso la conoscenza di sé.

Introduzione al Blog

  Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi.  Nel Blog ci sono cir...