In questo articolo cercherò di affrontare il complesso rapporto tra spiritualità e religione e ateismo, e proverò a mettere in evidenza i tentativi fatti da grandi personaggi per trovare un punto in comune tra i vari percorsi spirituali.
Partiamo da una citazione di Andrè Comte Sponville, un noto filosofo francese che io adoro: “Non possiamo fare a meno della comunione, della fedeltà, dell’amore, ma nemmeno della spiritualità. In Occidente, la spiritualità si è socialmente identificata durante i secoli con una religione (il cristianesimo), e si è finito per credere che religione e spiritualità siano sinonimi” ( André Comte_Sponville, Bernard Feillet, Alain Rémond, A-ton-besoin d’une religion?, Les Editions de l’Atelier, 2003).
Innanzitutto, la spiritualità può essere definita come un cammino
interiore che aiuta il praticante a trovare il vero e profondo Sé,
ovvero a ritrovare il rapporto perduto con il Tutto, l’Assoluto, con
l’Essere supremo (se siamo credenti), con tutti gli altri esseri viventi
e manifestare la natura divina che esiste eternamente in noi.
La spiritualità è qualcosa di diverso dalla religione. La spiritualità si riferisce a esperienze mistiche, stati di coscienza non ordinari e queste esperienze hanno caratteristiche svincolate totalmente dalle società e dal tempo in cui si manifestano. Il cuore del percorso spirituale è il bisogno dell’io di andare oltre se stesso, di trascendere i propri limiti. La religione istituzionale, invece, è il tentativo sistematico e interessato di spiegare queste esperienze e le spiegazioni sono sempre date tramite metafore o concetti circoscritti in un certo tempo e in una certa cultura.
Le religioni dovrebbero unire le persone dando a ciascuno una sensazione di eguaglianza al di là dello stato sociale di appartenenza e dovrebbero aiutarle a superare la paura della morte. Hanno anche un grande potere politico e sociale sulle persone che ha spesso generato guerre, astio e dissensi fra le persone e la spiritualità non ha niente a che vedere con le fazioni e le differenze di punti di vista. Il percorso spirituale può essere aiutato dal credo religioso, ma allo stesso tempo può essere deviato poiché l’enfasi sulle credenze porta ad una spropositata crescita dell’ego, nonché ad un senso di superiorità (credendo di essere detentori di verità) rispetto alle altre persone annullando il sentimento della compassione in senso buddhista che è alla base della evoluzione personale e spirituale. Quello che è necessario sono delle regole di vita e una direzione da seguire.
La spiritualità è universale ed ha una dimensione personale, la religione no.
Lo scopo di una religione è far sì che una comunità religiosa abbia un rapporto con la divinità. Il fondatore della religione specificherà quali strumenti (dogmi, luoghi speciali, danze, libri, preghiere, riti, cerimonie, droghe, ecc. ) usare per avere delle esperienze spirituali e con quale linguaggio comunicarle e condividerle. Spesso i grandi mistici non fanno ricorso a questi strumenti. E’ per questo che le istituzioni religiose, il più delle volte, non amano i loro mistici. I mistici intraprendono la loro ricerca interiore in totale libertà e indipendenza e, non avvertono minimamente il bisogno di una religione.
Come precisa Padre Antonio Gentili, "se approfondissimo veramente il significato di religione scopriremmo che non c'è molta differenza tra percorso spirituale e religione e che per 'religione' (in latino, relìgio: rilego), si deve intendere l’esperienza del legame che unisce l’umano con il Divino; un’esperienza che implica una rilettura (latino: relègere, rileggere) del proprio vissuto, una più profonda scelta di vita (latino: reelìgere, scegliere di nuovo) e infine la coltivazione di un’attitudine improntata a 'devozione' verso la Divinità (latino: rèligens)" (Frasi di Padre Antonio Gentili, Yoga Yournal del luglio 2016).
Quindi, non bisogna confondere “la religione” con l’assetto istituzionale, dogmatico che l’accompagna e determina l’appartenenza a una determinata “confessione”.
In questo contesto tutte le discipline tendenti allo sviluppo delle capacità umane finalizzate all’auto-realizzazione favoriscono l’apertura al sacro, al Divino. Anche il praticante yoga, dopo aver eliminato l’ego, raggiungendo il silenzio mentale si abbandona al Divino. Questi aspetti sono le premesse e i pilastri stessi di un’autentica religiosità. La ricerca spirituale non deve necessariamente accompagnarsi all’idea di Dio, religione o illuminazione.
Adesso proviamo a vedere il rapporto tra ateismo e cammino spirituale. Sempre Andrè Comte Sponville scrive: “Troppo spesso la religione istituzionale ha prodotto e alimentato il conflitto tra l’intelligenza e la fede, finendo, con un’insistenza plurisecolare, per fornire di esse un’immagine che appare inevitabilmente antitetica”. Il dogma diventa antitetico a qualsiasi puro spirito di ricerca spirituale ed ha prodotto come reazione l’ateismo.
Tutti, anche i non credenti e gli atei possono rivendicare una propria dimensione spirituale. Il grande mistico indiano Ramakrishna, insegnò che persino l’ateismo può essere, per alcuni, un passo verso l’illuminazione e far parte, quindi, dell’evoluzione spirituale di un individuo: “Se un ateo è sinceramente convinto di svilupparsi attraverso un grande impegno e sforzo personale, consapevole di essere un ricercatore della verità, allora come l’aria fresca passa attraverso una finestra aperta, così la verità si rivela alla mente lasciata aperta da un sincero spirito di ricerca”. L’unico ostacolo al progresso è il chiudere l’entrata della comprensione “con le imposte dell’egocentrismo”.
“La storica antitesi fra religione e scienza, fede e ragione, spiritualità e ateismo - in cui l’Occidente sembra essersi imprigionato come in una trappola culturale - può certamente trovare una via di uscita nel momento in cui si pone la seguente domanda: siamo sicuri che l’oggetto d’interesse della ricerca spirituale debba necessariamente accompagnarsi all’idea di Dio nel modo in cui questa è abitualmente espressa in Occidente?" - David Donnini
La spiritualità, quindi, non è necessariamente associata a una religione o a un Dio. Basta dare uno sguardo in Oriente, al buddhismo o al taoismo, per scoprire che esistono immensi spazi di spiritualità che non hanno niente a che vedere con la fede in un Dio trascendente, personale e creatore.
Il cuore del percorso spirituale e della meditazione è il bisogno dell’io di andare oltre sé stesso, di trascendere i propri limiti, perdere il senso di dualità (sé stesso – mondo) e arrivare a un senso di pienezza, al cuore dell’essere, al cuore del mistero dell’essere.
Del resto, lo stesso XIV Dalai Lama, Tenzin Gyatso afferma: “non credo che la religione sia indispensabile per la vita spirituale ”. Per il buddhismo la spiritualità consiste anche nello sviluppo della pratica contemplativa e dello sviluppo intenzionale di qualità interiori come la compassione, la gentilezza, l’attenzione e la calma mentale.
Nel 1966 Thich Nhat Hanh, il monaco zen recentemente scomparso, fonda l’Ordine dell’Interessere per sottolineare quanto tutti noi siamo collegati e interdipendenti. E' importante sviluppare le nostre qualità innate come l'altruismo disinteressato e la benevolenza, creare una rete di relazioni basate sulla compassione reciproca estendendola anche alla natura e a tutto ciò che ci circonda, coltivare "l'interessere", un ben preciso senso di interconnessione con tutto l'universo. Thich Nhat Hanh, in piena sintonia con il pensiero teosofico e con quello gandhiano, sostiene che nessuna singola tradizione religiosa può ritenersi depositaria del monopolio dell’intera verità. “Dobbiamo cogliere -dice - i valori migliori delle diverse tradizioni e lavorare insieme per rimuovere le tensioni fra le tradizioni stesse: solo così potremo offrire un’opportunità alla pace".
La via che viene insistentemente proposta (e praticata) è quella del dialogo, attraverso il quale i credenti di varie tradizioni potranno riconoscere somiglianze e differenze.
Ovviamente, affinché possa crearsi un prezioso rapporto di dialogo costruttivo, capace, al contempo, sia di indurre a comprendere e ad amare maggiormente le proprie radici, sia di assaporare ed anche assimilare le cose migliori delle altre fedi e dottrine, dovranno essere abbandonate le pretese di primato e di monopolio, come quella espressa da Giovanni Paolo II nel suo Varcare la soglia della speranza, che, presentando il Cristianesimo, secondo la consolidata tradizione cattolica, come “l’unica via di salvezza”, renderebbe, di fatto, impossibile qualsiasi sincero dialogo, fomentando, altresì, discriminazione e intolleranza.
Molti grandi mistici indiani come ad esempio Ramakrishna e Swami Yukteswar (maestro di Yogananada), ben prima di Papa Francesco e del Dalai Lama, sottolinearono che che "esiste una armonia e un'unità di fondo tra tutte le religioni".
Swami Yukteswar (maestro di Yogananda) nel testo La Scienza Sacra mostra "che solo pochi esseri particolarmente dotati riescono a sottrarsi
all'influenza del proprio credo e a scorgere l'identità perfetta delle
verità sostenute da tutte le grandi religioni. Tra gli insegnamenti
spirituali orientali e quelli occidentali non solo non esistono reali
divergenze, ma neppure vere contraddizioni. Spesso, invece, le varie
religioni innalzano barriere quasi insormontabili che minacciano di
dividere per sempre il genere umano".
Ramakrishna,
insegnò che Dio può essere visto in vari modi e che "l’essenza della
religione è la realizzazione di Dio". Dimostrò con la sua vita che Dio è
una Realtà che può essere sperimentata non solo da pochi eletti, ma da
tutti gli uomini di buona volontà, a prescindere dalle differenze di
razza, religione o stato sociale. L’accettazione di tutte le religioni denota
un’attitudine illuminata che è il risultato di un confronto serio con
sentieri spirituali diversi. L’armonia non deve significare non seguire
nessuna religione in particolare, perché ciò sarebbe altrettanto inutile
del fanatismo. E’ necessario seguire la via verso cui ci si sente più
portati e seguirla con zelo.
Se non si è in grado di comprendere, almeno
a livello intellettuale, il valore delle altre vie spirituali, è certo
che non si sarà in grado di comprendere pienamente nemmeno la propria.
E’ l’esperienza che rende l’opinione conoscenza e l’intellettualismo
saggezza.
Lo stesso Buddha disse “non dovete accettare i miei insegnamenti, dovete
investigare su quello che vi dico. Non accettate le mie parole come
vere, verificate tutto”.
Ramakrishna disse che "la Realtà è Una e sempre la stessa, la differenza sta solo nel nome e nella forma.
È come l'acqua, che nelle diverse lingue è chiamata con nomi diversi,
tipo 'jal', 'pani' e così via. In un lago ci sono tre o quattro pontili.
Gli indù che attingono acqua ad uno di essi la chiamano 'jal'. I
mussulmani, che la attingono a un altro, la chiamano 'pani' e gli
inglesi, ad un terzo, la chiamano 'water'. Si tratta sempre della stessa
cosa chiamata con tre nomi diversi. Allo stesso modo, alcuni chiamano
la Realtà col nome di 'Allah', alcuni la chiamano col nome 'Dio', alcuni
col nome 'Brahman ', alcuni con 'Kali', ed altri ancora con 'Rama',
'Gesù', 'Durga' e 'Hari'".
A me sembra che la religione cristiana, e cattolica in
particolare, non cambi molto nel corso dei tempi e che non ci siano aperture verso altre spiritualità. Papa Francesco, ha sottolineato più volte il primato della fede. Insomma, qualche esperienza metodologica proveniente da altri universi
religiosi potrà pur essere accolta all’interno della pratica della
preghiera cristiana, ma ciò non dovrà minimamente introdurre diverse
prospettive dottrinali, né insinuare dubbi teologici, né contaminare o
illanguidire i contenuti del Credo cattolico dogmaticamente definiti. . “Il cristiano, quando prega, – ha detto – non aspira alla piena
trasparenza di sé, non si mette in ricerca del nucleo più profondo del
suo io.” Questo perché la “preghiera del cristiano è anzitutto incontro
con l’Altro, con l’Altro ma con la A maiuscola: l’incontro trascendente
con Dio.” E a guidarci, come si afferma già nel Catechismo della Chiesa cattolica, sull’unica via della preghiera rappresentata da Gesù, dovrà
essere lo Spirito Santo, senza il quale, nessuna meditazione
o percorso autenticamente cristiano sarebbe possibile. (Vedi le parole di Papa Francesco quando si è trovato ad affrontare il tema della meditazione
nell’Udienza Generale del 28 aprile 2021, dedicata alla Catechesi sulla
preghiera).
Per poter creare un prezioso rapporto di dialogo
costruttivo, capace, al contempo, sia di indurre a comprendere e ad
amare maggiormente le proprie radici, sia di assaporare ed anche
assimilare le cose migliori delle altre fedi e dottrine, dovrebbero essere
abbandonate le pretese di primato e di monopolio, come quella espressa
da Giovanni Paolo II nel suo Varcare la soglia della speranza, che,
presentando il Cristianesimo, secondo la consolidata tradizione
cattolica, come “l’unica via di salvezza”, renderebbe, di fatto,
impossibile qualsiasi sincero dialogo.
Bisogna evidenziare che recentemente alcuni teologi cristiani hanno provato a costruire un ponte tra le varie spiritualità tentando di elaborare una definizione di sacro più ampia, sottolineando l'anelito verso il divino da parte dell’essere
umano. L'Archetipo del monaco, un testo
del 2022 di Antonio Dorella, evidenzia come varie forme
dell'attuale religiosità provino a incontrarsi su un terreno comune: la "spiritualità individuativa", che è uno
spazio del sacro, contemporaneamente laico e confessionale, un raccordo
fra i due mondi. L'autore presenta, in questo libro, il pensiero e le vicissitudini
di cinque ricercatori spirituali: Raimon Panikkar, Hans Küng, Matthew Fox, Eugen Drewermann e Leonard Boff che sono gli
apripista di un nuovo, affascinante modello di umanità. Per
questi tentativi di universalizzare ed allargare la visione spirituale,
questi autori sono stati in vari modi, per periodi brevi o lunghi, emarginati e allontanati dalla
Chiesa Cattolica.
“Oggi è
chiamata in causa non una particolare forma di religione; ma la
religione in se stessa e solo il movimento ecumenico tra le religioni e
lo sforzo di ciascuna ad accettare e apprezzare la verità e santità che
si trova nelle altre religioni, può rispondere al bisogno di religiosità
dell’uomo moderno.” (Bede Griffiths: Matrimonio tra Oriente e Occidente, p.30, pubblicato negli anni '80). Bede Griffiths ( 1906, 1993) nato Alan Richard Griffiths e conosciuto anche alla fine della sua
vita come Swami Dayananda, era un prete cattolico di origine britannica e
monaco benedettino che visse in ashram nel sud dell'India e divenne un
noto yogi. Griffiths faceva parte del movimento Christian Ashram
Altri tentativi di incontro tra Occidente e Oriente, in modo particolare tra yoga e religione cristiana, sono stati fatti da grandi personaggi come Padre Anthony
Elenjimjttam (padre domenicano e monaco buddhista) ; Padre Antonio
Gentili, Padre Mariano Ballester (ideatore della meditazione profonda e
autoconoscenza MPA) e il monaco Axel Bayer. Il grande Maestro yoga Giorgio Furlan (uno dei fondatori della federazione yoga italiana e morto nel 2021) organizzava tutti gli anni una conferenza dal titolo "Incontro Oriente - Occidente".
Il pensiero di Padre Anthony Elenjimjttam si fonda sull'assoluta uguaglianza tra la filosofia
orientale e quella occidentale, a partire dalla filosofia indo-vedica, a
quella greca, fino al pensiero occidentale legato al cristianesimo. Ciò
che cambia è il linguaggio, le parole che vengono utilizzate, ma
permane una similitudine di fondo". Ha ideato anche il "Mandala degli 8 sentieri" chiamato anche "Mandala Cosmico". J.B. Sparks lo costruì con l'idea che tutti gli uomini
potessero unirsi in un unico modo di sentire e concepire la spiritualità. In questo mandala troviamo rappresentati il
"Cristianesimo", l'"Umanismo filosofico", il "Taoismo e Confucianesimo",
il "Zoroastrismo o Mazdeismo", il "Buddhismo", l'"Induismo Yoga",
l'"Islam" e l'"Ebraismo".
Axel Bayer (1970 -) , è un monaco benedettino dell'Eremo di Camaldoli. È
laureato in lingue, lettere e teologia, pratica yoga e meditazione da
20 anni ed è insegnante dell' Himalayan Yoga Institute, fondato da Swami
Rama. Dopo essersi diplomato, ha trascorso un periodo di
approfondimento e di pratica intensa a Rishikesh in India. Da molti anni
propone corsi di meditazione e iniziative che mettono in
dialogo la tradizione cristiana con la sapienza dell'Oriente.
Padre
Antonio Gentili (1937- ) è un religioso barnabita, con licenza in
teologia e laurea in filosofia. Preparato conoscitore delle religioni e
delle spiritualità orientali ma profondamente radicato nella tradizione
cristiana, pratica yoga e guida di corsi di meditazione e preghiera
profonda, aperti a ogni categoria di persone. Per lui, la meditazione è
un prezioso strumento per avvicinarsi a Dio. Padre Gentili cerca – anche
attraverso numerose pubblicazioni – di ravvivare, senza travisamenti,
una fede che in questi ultimi decenni mostra segni di crisi sempre più
evidenti. Propone un’apertura mistica del cuore, la contemplazione, una
vita ascetica e sacramentale autentica.
Padre Gentili fa, spesso, una correlazione tra i precetti morali dello yoga
(yama) che governano le nostre interazioni con gli altri, ahimsa (la
non violenza), satya (la verità), asteya (il non rubare), bramacharya
(la moderazione) e aparigraha (la non possessività), con i Comandamenti cristiani.
Tutte le grandi tradizioni sapienziali e spirituali dell’umanità hanno
come finalità di promuovere un’autentica qualità delle vita. E quindi ad
alimentare nel cuore dell’uomo pace, gioia, amore, compassione e
speranza.
Aleyamma
o Suor Infant Tresa “La yogi di Cristo” (1951-), nasce nel nel Kerala (regione
nel sud dell’India), uno degli Stati indiani in cui il cattolicesimo è
molto presente e diventa suora a 19 anni. Nel 1985 – iniziò a fare yoga perchè aveva un
terribile mal di schiena che l'obbligava a portare un corsetto speciale.
Incontrò un maestro di yoga presso l’università dove studiava che gli
consigliò una serie di esercizi da fare e dopo poco tempo il problema
alla schiena era scomparso. Da allora la preghiera mattutina di suor
Infant Tresa comincia con Padre nostro e namasté (il saluto dello yoga),
dimostrando che non vi è contraddizione alcuna tra la vita da religiosa
cattolica e lo yoga che diventa un'estensione della sua vita religiosa. Per
trent’anni ha praticato yoga e in età da pensione ha deciso di
diventare insegnante di yoga. Gestisce e supervisiona due centri di yoga
nel Kerala.
«All’inizio – racconta – alcuni erano perplessi che una suora insegnasse
yoga, ma non mi sono mai fatta scoraggiare dai dubbi delle persone».
«Spesso i cristiani sono perplessi per i mantra che si recitano
durante la pratica, ma questo non è un fatto centrale:
io per esempio durante la seduta di yoga recito preghiere cristiane».
«Non c’è niente di contraddittorio con la fede cristiana; –. È per
ignoranza che una parte dei cristiani si oppongono allo yoga, dicendo
che appartiene all’induismo. Lo yoga non è legato a nessuna religione,
ma è un contributo dell’antica India al resto del mondo. È una pratica
olistica che unendo fisico, mente, intelletto, emozione e spirito fa
sentire meglio l’uomo, gli regala la pace e lo avvicina a Dio. Inoltre,
cambia la mentalità: aiuta ad essere meno materialisti e a liberarsi dal
consumismo. Ecco perché le persone oggi lo praticano indifferentemente
da religione, lingua e comunità di appartenenza». La pratica aiuta tutti a sperimentare
la pace che Gesù ci ha promesso ». Suor Tresa afferma: “Non andrò mai
contro la chiesa se mi chiedesse di
lasciare lo yoga, ma sono assolutamente certa che la chiesa non chiederà
mai a me o a nessuno di rinunciare allo yoga; poiché esso non ha nulla
che contraddica la fede o gli insegnamenti cristiani, visto che con lo yoga tutti possiamo diventare esseri umani e cattolici migliori". Anzi il mio vescovo, la mia congregazione, i miei superiori e tutti i miei
colleghi mi sostengono e incoraggiano. Oggi, con l'aiuto dei media e della
consapevolezza, le persone sono meglio informate e stanno realizzando i
valori nello yoga. "Lo yoga, una pratica che – sostiene suor Infant Tresa – non solo non è in contraddizione con la
vita da religiosa e col cristianesimo ma aiuta ad essere cattolici
migliori"..
Padre
Mariano Ballester (1935 - 2021), gesuita spagnolo, direttore spirituale
del Collegio Internazionale del Gesù, ha messo a punto negli anni '70
un metodo di “meditazione silenziosa” che ha chiamato MPA, Meditazione Profonda e Autoconoscenza.
Questo metodo si avvale largamente di esercizi basati sul respiro; è un
metodo di evoluzione personale che coniuga introspezione e silenzio.
Ha
creato, inoltre, l'associazione senza fini di lucro "Meditazione
Profonda e Autoconoscenza (MPA)”, che si propone di diffondere la
pratica della MPA attraverso incontri di formazione e di valorizzazione
umana e spirituale della persona con la finalità di guidarla verso la
sorgente dell'essere. Ogni
persona, nessuna esclusa, è portatrice spesso inconsapevole, di un
“seme spirituale”. Questo seme, il centro dell’Essere, non può essere
disatteso perché la sua non apertura limita la realizzazione più
profonda dell'essere umano. “L'uomo è un ricercatore, nel senso di colui che ricerca qualcosa
che non riesce a comprendere e che i fedeli chiamano Dio. Attorno alla
meditazione profonda, infatti, si riuniscono soprattutto gli scettici,
gli atei, non credenti in generale: ricercatori provenienti dalla strada
che cercano qualcosa. Questa ricerca passa attraverso la conoscenza
profonda di se stessi e si conclude solo grazie ed attraverso lo spirito.”
In Occidente c’è il problema di conciliare le proprie
tradizioni spirituali con le offerte che provengono dall’Oriente. Negli anni trenta, Carl Gustav Jung pubblicò un libricino Lo yoga e l’Occidente,
in cui asseriva che "lo yoga è il metodo più adatto a fondere insieme
corpo e spirito, una delle più grandi invenzioni mai create dallo
spirito umano". Però raccomandava: “studiate lo yoga, imparerete
tantissime cose, ma prima di iniziare a praticarlo dovete conoscere voi stessi”, perché “non sappiamo chi pratica
lo yoga. Non ci conosciamo". "L'Occidente deve trovare il suo yoga".
Il sogno di tutti i grandi saggi e
maestri, dal neoplatonismo di Ammonio Sacca all’umanesimo di Pico della
Mirandola, dalla teosofia di Madame Blavatsky al pensiero nonviolento
di Aldo Capitini e di Thich Nath Hanh è il seguente: le diverse scuole religiose, impegnandosi con grande
serietà in un dialogo fiduciosamente aperto e animato da spirito di
autentico ecumenismo, potranno, nello stesso tempo, riscoprire gli
aspetti più preziosi della propria dottrina e apprezzare ed apprendere
fruttuosamente gli elementi di maggior valore presenti in ciascun credo.