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sabato 4 dicembre 2021

La relazione tra la scuola buddhista Huayan e la meccanica quantistica

La scuola buddhista di Huayan è una tradizione di filosofia di buddista Mahayana che prima ha prosperato in Cina durante il periodo della fine di Sui e l'inizio di dinastia Tang (c. 600-700 d.C.). È basata sul sutra Avatamsaka Sutra o Sutra della Ghirlanda di Fiori ( Il nome è destinato per suggerire la gloria suprema di comprensione profonda).
La Scuola Huayan è conosciuta come Hwaeom in Corea e Kegon in Giappone.

Per la scuola buddhista Mahayana, il concetto metafisico centrale è il concetto di vuoto (in sanscrito Sunyata), ossia che nessuna cosa, o nulla ha una natura intrinseca. Emptiness is not non-existence. Emptiness is a certain kind of existence. Ogni cosa è ciò che è solo in relazione alle altre cose. Tutto è vuoto. Sono docente quando sono in relazione con i miei studenti, sono un padre quando sono in relazione con i miei figli, ecc.   Nel Sutra della Ghirlanda di Fiori viene universalizzato il vuoto, cioè  "Tutto è ciò che è in relazione a tutte le altre cose" rispetto al il buddhismo indiano che dice "Ogni cosa è ciò che è in relazione a qualche altra cosa".    Il buddhismo huayan chiama questa realtà la natura di Buddha che è vuota come qualsiasi altra cosa e dipende da tutte le altre cose.  .

Secondo la meccanica quantistica, le particelle non hanno una posizione determinata, e non si può determinare dove si trova una particella in un dato momento nello spazio, finché non si procede all'osservazione. Solo allora, la troveremo in un posto determinato in seguito al fenomeno chiamato collasso della funzione d'onda.  Sempre nel campo della meccanica quantistica, secondo il fenomeno dell'entanglement, quando si hanno due particelle sono intimamente connesse, il comportamento di ciascuna dipende dal comportamento dell'altra. Cioè, se si misura una delle due particelle, le funzioni d'onda di entrambe collassano allo stesso tempo.  L'entanglement è un legame di natura fondamentale esistente fra particelle costituenti un sistema quantistico.  Quando due particelle, come una coppia di elettroni, sono “entangled” (il termine inglese è ormai di uso comune per descrivere sistemi correlati quantisticamente), è impossibile misurarne una senza ricavare qualche informazione sull'altra.  Se applicassimo queste proprietà a tutte le particelle che fanno parte del cosmo, e ne analizzassimo le proprietà, si avrà una visione del cosmo altamente intrecciata e interconnessa.

Nel buddhismo, come abbiamo visto sopra, si afferma una visione in cui la natura di ogni cosa, ogni oggetto, dipende dalla natura di ogni altro oggetto. Se esaminiamo il cosmo interconnesso vedremo più o meno lo stesso fenomeno: la natura di ogni particella dipende dalla natura di ogni altra particella. In quest'ottica il concetto del vuoto buddhista e l'entanglement della meccanica quantistica sembrerebbero molto, molto simili.

Il buddhismo: un ateismo religioso o una religione atea, il rapporto privilegiato del buddhismo con la scienza

Il buddhismo è sorto intorno al quinto o sesto secolo con gli insegnamenti del Buddha storico. E si staccò dall'Induismo ortodosso, la tradizione vedica del suo tempo. Così, l'Induismo ha due importanti credenze che sono rifiutate dal Buddhismo. Una è l'esistenza di Dio, l'altra è l'esistenza del sé.

L'induismo è una religione teista, c'è una sola divinità indù ed è Brahman o il Tutto e noi siamo una scintilla divina l'Atman. Nella cosmologia indù, il cosmo è ciclico, entra in esistenza, si mantiene per un po', poi esce dall'esistenza e poi ricomincia. Ci sono degli aspetti di Brahman, delle Divinità che corrispondono a queste tre fasi. Così c'è Brahma che è l'aspetto di Brahman nella fase creativa, c'è Visnu che incarna il mantenimento del mondo e poi Siva che ne rappresenta la distruzione. Queste tre divinità separate sono i tre aspetti della stessa divinità. Queste divinità si manifestano sulla terra sotto forma di Avatar, ad esempio Visnu si manifesta come Krsna nel poema epico Mahabharata o come Rama nel poema Ramayana. Il buddhismo rifiuta l'esistenza di Dio. Comunque, Il buddhismo, come una religione ha i suoi rituali, ha le sue pratiche, i suoi testi sacri, i suoi luoghi sacri, monaci con una struttura gerarchica, quindi tutti gli aspetti sociologici di una religione ed è una religione atea o se preferite un ateismo religioso. Il mondo per i buddisti, è un mondo fatto d'impermanenza. Ogni cosa nasce e muore nel ciclo dell'esistenza. In quest'ottica non c'è spazio per un Dio ed il buddismo è interessato solo a cose che sono nel flusso causale della vita. Nella religione c'è sempre qualche testo sacro, sia la Bibbia o i Veda indù o altro che rivela e trasmette delle verità come ad esempio l'incarnazione nella religione cattolica; ma ci saranno alcune cose che puoi apprendere naturalmente e risolvere da solo alla luce del ragionamento naturale. Spesso l'esistenza di un Dio crea una tensione tra ciò che ci dice la rivelazione divina e ciò che scopriamo con la scienza o naturalmente. Ciò può creare il conflitto tra scienza e religione che è stato una caratteristica del pensiero occidentale per almeno 600 o 700 anni.

Nell'ateismo religioso del buddhismo, questa tensione non c'è, non c'è una fonte di verità rivelata, tutto quello che costituisce l'essenza di questa corrente spirituale, è quello che puoi capire autonomamente. Nel Kalama Sutra, il Buddha sta parlando con i Kalama. E loro dicono: "Abbiamo persone che ci dicono questo, altre persone che ci dicono quello. In cosa dobbiamo credere?". E il Buddha rispose in questo modo "Non andate per resoconti, per leggende, per tradizioni, per scritture, per congetture logiche, per inferenze, per analogie, per accordo attraverso opinioni ponderate, per probabilità, o per il pensiero, Quando sapete per voi stessi che, 'Queste qualità sono utili; queste qualità sono irreprensibili; queste qualità sono lodate dai saggi; queste qualità se adottate e messe in pratica, portano al benessere e alla felicità', allora dovreste utilizzare queste".

La sintesi del sutra è questa: "Non bisogna credere a qualcosa semplicemente perché è in qualche pezzo di scrittura. Semplicemente perché te lo dice qualcuno. Semplicemente per il fatto che è nella tradizione. Devi arrivare alla comprensione, cercando di capire autonomamente ed accettare i consigli delle persone che sanno più di te".

Ma come fai a riconoscere un saggio, la persona illuminata che può aiutarti a capire?
Nel caso degli scacchi, questo è abbastanza ovvio,lLa persona che ti batte è più bravo di te. Nel caso della filosofia morale è un po' più difficile trovare una guida e dovremmo verificare che ciò che asserisce è conforme al suo comportamento.

Nel campo della scienza che tratta il mondo naturale, i saggi sono ovviamente gli scienziati, la cui autorevolezza è certificata dagli esperimenti e dai loro risultati. Noi dipendiamo dalla scienza e ci basiamo sulla tecnologia che ci ha fornito. E così, la scienza, portatrice di una visione naturalistica del mondo e in particolare, una visione scientifica del mondo è, e deve essere, compatibile con la filosofia buddhista. 

Nel suo libro L'universo in un solo atomo, il Dalai Lama dice questo: "Se l'analisi scientifica dimostrasse definitivamente che certe affermazioni del buddhismo sono false, allora dovremo accettare le scoperte della scienza e abbandonare queste affermazioni". "Dovete avere rispetto per ciò che gli scienziati vi dicono sul mondo naturale in cui viviamo". Se c'è un conflitto tra la scienza e le dottrine buddhiste, allora, come dice il Dalai Lama, "È la dottrina buddhista che deve cedere il passo".

La filosofia buddhista è molto più in sintonia con una visione scientifica del mondo rispetto alle tradizionali visioni teiste e a quelle che postulano l'esistenza di un'anima o di un sé come l'induismo o il cristianesimo.

sabato 20 novembre 2021

Similitudini tra il buddhismo e le scienze moderne

Nelle lezioni sul Buddhism and Modern Psychology, della Princeton University, diretto dal prof. Robert Wright sono state presentate delle ricerche scientifiche sullo studio del cervello e i punti d'incontro tra le scienze moderne, in particolare le neuroscienze, e le pratiche meditative. 

 Le ricerche dimostrano che la meditazione aiuta a sviluppare qualità come l'attenzione focalizzata, l'empatia e la compassione. Il cervello non è una scatola impenetrabile e immutabile come si è pensato per secoli: migliorandone il funzionamento, possiamo cambiare stile emozionale, vivere meglio con noi stessi e con gli altri.
Ma andiamo per ordine. Michael Gazzaniga, professore di psicologia all'Università della California ed uno dei più importanti neuroscienziati del mondo ha introdotto il concetto della struttura modulare della mente. I moduli che compongono la mente, a turno esercitano un'influenza decisiva sul nostro pensiero, i nostri sentimenti, il nostro comportamento.
La teoria modulare del cervello è ripresa da Douglas Kendrick, professor di psycologia alla Arizona State University,  che chiama sub-sé questi sette moduli (autoprotezione, attrazione dei propri simili, repulsione dei propri simili, affiliazione, cura dei parenti, status, evitare le malattie). Il prefisso, sub, significa sotto,  e ciò porterebbe a pensare che c'è un unico sé unificato nella parte superiore. Ma in effetti questi moduli determinano il nostro comportamento sociale e sono in continua competizione tra loro. In un determinato contesto ed in un determinato istante un modulo prende il controllo delle operazioni (diventa il Sè temporaneamente) e fornisce la risposta più adeguata per affrontare l'evento.  
Per Leda Cosmides,  (è una psicologa statunitense, che, insieme al marito antropologo John Tooby, ha contribuito a sviluppare il campo della psicologia evoluzionista)  ciò fa pensare anche allo sviluppo darwiniano,  in cui prevale l'elemento (in questo caso il modulo) più idoneo a migliorare  la specie. Questo approccio converge con il pensiero buddhista della mancanza di un Sè controllore, si ritrova una corrispondenza tra questa teoria dei moduli della  psicologia moderna e quel carattere impermanente che Buddha attribuiva ai cinque aggregati. Nella dottrina buddhista i cinque skandha sono i costituenti della persona empirica, che è tradizionalmente scomposta nei cinque aggregati, ovvero: forma, rūpa; sensazione, vedanā; percezione, saññā; coefficienti, saṅkhāra; coscienza, viññāna.

Il buddhismo sostiene che l’universo non è costituito da entità solide e distinte, ma che consiste in un flusso dinamico di interazioni tra innumerevoli fenomeni e quello che noi percepiamo: il risultato delle interazioni della nostra coscienza con i fenomeni. Esiste soltanto un sistema di relazioni interdipendenti che il buddismo chiama realtà.  La causa della nostra percezione erronea della realtà è l’attaccamento ad un sé distinto e autonomo coerente, che persiste nel tempo e che dovrebbe costituire il centro del nostro essere e della nostra esperienza. Una visione modulare della mente aiuta a spiegare questa affermazione.
Buddha asseriva che il nostro stato mentale in un dato momento non è, in generale, il risultato di una scelta consapevole. Ma piuttosto, è il risultato di come le informazioni nel nostro ambiente. entrano nella nostra mente a livello tipicamente inconscio.
Nel corso della meditazione di consapevolezza accade che:
1- La rete di modalità predefinita, che è la situazione in cui diversi moduli si contendono la nostra attenzione, come dice Judson Brewer, (psichiatra, neuroscienziato)  diventa più silenziosa perchè la mente non è impegnata in qualcosa in particolare, non è assorbita da alcun compito.  2- Essendo consapevoli dei sentimenti possiamo determinare quali moduli sono e non sono autorizzati a prendere il controllo della mente. 3- Esercitando questa consapevolezza, possiamo influenzare il potere a lungo termine che i diversi moduli hanno.
Sono stati intervistati molti meditanti esperti (autori di diversi libri sulla meditazione o insegnanti di meditazione),  che hanno provato a descrivere la loro esperienza. Ciò è molto difficile in quanto come asserisce lo psicologo William James l'esperienza mistica ha due caratteristiche: è  noetica e ineffabile. La persona  è colta da una profonda intuizione ma è difficile esprimere l'esperienza. Rodney Smith  esprime la sua esperienza di meditazione come un annullamento di distanze, di aver percepito una coscienza senza proprietario.  Per Joseph Goldstein, il pensiero stesso appare e scompare. Come un suono. Si perde  l'identificazione con il pensiero ed è come provare ad  immaginare che ogni pensiero che sta sorgendo nella vostra mente provenga dalla persona vicina.  Ciò  ricorda la visione modulare della mente, in cui  la mente cosciente non genera  i pensieri, ma piuttosto i pensieri sono generati da alcuni moduli al di fuori del regno della coscienza. Yitha, una suora buddhista, intervistata in una delle lezion, descrive le emozioni e i pensieri con la stessa metafora di un film. Uno pensa che le scene siano reali, ma quando le prendi una per una, scopri che non sono reali.  Essendo consapevoli dei sentimenti di cui sono portatori i diversi moduli, stando in meditazione, potremmo influenzare quali moduli far vincere ed emergere  e quali moduli far perdere.
L'obiettivo della meditazione è arrivare ad uno stato di risveglio, ad un'esperienza conosciuta come illuminazione, che comporta una visione perfettamente chiara delle cose e alla liberazione dalla sofferenza. La parola Buddha significa proprio risvegliato. La realtà è la stessa, ma viene percepita in maniera diversa.  
La pratica regolare della meditazione porta a una condizione personale descritta da tutti i meditanti in termini di quattro elementi: l'assenza di una sorta di sé esterno, il vuoto, l'assenza di una sorta di sé interno e l'impermanenza.
Sharon Salzberg, (pratica la meditazione vipassana da più di venticinque anni ed ha insegnato nei centri buddhisti di tutto il mondo) spiega che il non-sé esterno consiste nella comprensione che gli individui sono immersi in un universo interconnesso. Altri meditanti come Gary Webber, Judson Brewer, riferiscono che nella meditazione questo stato di interconnessione, di appartenenza al tutto, diventa un'esperienza di percezione profonda. L'altro aspetto importante dell'illuminazione buddhista è la consapevolezza del vuoto che è trattato soprattutto dalla tradizione  Mahayana. Secondo il saggio Nāgārjuna, poiché nessun fenomeno possiede una natura indipendente, si può dire che tutto ciò che esiste è vuoto. L'esperienza della vacuità è la via che porta al "Risveglio".

venerdì 22 ottobre 2021

Cervello e meditazione - di Matthieu Ricard e Wolf Singer.

 Vi presento il libro  Cervello e meditazione - di Matthieu Ricard e Wolf Singer.                                      "E’ sempre la nostra mente che crea la nostra esperienza del mondo e la traduce in benessere o sofferenza".  - Matthieu Ricard.

Matthieu Ricard è un monaco buddista da quarant'anni ed è un meditatore esperto che viene regolarmente chiamato dalle università di tutto il mondo per condurre esperimenti sul cervello. Wolf Singer, neurobiologo e direttore emerito del Max Planck Institute for Brain Research, è uno dei maggiori specialisti mondiali del cervello. Per otto anni, hanno condiviso le loro conoscenze e si sono interrogati insieme su come funziona la mente. La meditazione cambia i circuiti neurali? Come si formano le emozioni? Quali sono i diversi stati alterati di coscienza? Che cos'è l'io? Esiste il libero arbitrio? Cosa possiamo dire sulla natura della coscienza? Su ogni tema, Matthieu Ricard e Wolf Singer confrontano due tradizioni di pensiero. Una, la filosofia buddista, è una conoscenza in prima persona, frutto delle pratiche millenarie dei monaci tibetani. L'altra, la neuroscienza, è una conoscenza in terza persona, il risultato di esperimenti di laboratorio. I due approcci sono radicalmente diversi, ma spesso portano alle stesse conclusioni. Per sviluppare una vera "scienza della mente", è essenziale riunirli, come è stato delineato negli ultimi anni. Questo è ciò che propone questo libro: un dialogo approfondito tra le scienze contemplative e le scienze moderne per penetrare i misteri della mente umana. 

Lo scopo della meditazione è coltivare senza distrazioni uno stato della mente particolare. Non bisogna ridurre la meditazione all'opinione comune che l’associa a vuotare la mente o rilassarsi. Nelle lingue asiatiche ci sono due parole per tradurre meditazione: il termine sanscrito bhavana: che significa coltivare e sviluppare e il termine tibetano gom: che significa familiarizzare con le qualità e le prospettive associate ad un nuovo modo di essere. La meditazione quindi è un processo estremamente attivo.

Spesso siamo talmente assorbiti dal contenuto dei nostri pensieri che ci identifichiamo totalmente con essi. Uno degli scopi del buddhismo non è di essere privi di emozioni, ma di imparare a gestirle, non esserne schiavi, vederle sorgere e sparire senza creare perturbamenti emozionali. Quando le emozioni conflittuali come la collera invadono la nostra mente dovremmo riuscire a dissiparle. Dobbiamo essere sempre vigilanti e cercare di Non essere coinvolti dalle perturbazioni emozionali e provare a raggiungere una grande stabilità.

Si giudicano i praticanti quando sono confrontati alle avversità, è in questi momenti che si valutano realmente i cambiamenti che si sono prodotti nelle nostre attitudini. Quando siamo in faccia a qualcuno che ci critica e che ci insulta, se non esplodiamo, ma riusciamo a trattare questa situazione con calma mantenendo la nostra pace interiore, questo significa che noi abbiamo raggiunto un autentico equilibrio emozionale e una reale libertà interiore.

Nella meditazione è imperativo di mantenere una continuità e di meditare quotidianamente. Sia presto al mattino, sia prima di dormire. Il profumo della meditazione apporterà una fragranza particolare alla giornata.  Spesso gli eremiti e i meditanti sono accusati di egoismo e indifferenza. Invece, spesso il ritiro è una tappa fondamentale nell’evoluzione interiore, ci si ritira per diventare più forti, altrimenti saremo troppo vulnerabili per aiutare gli altri e se stessi. Per sviluppare una attitudine occorre tempo e concentrazione. Ho lavorato nel modo umanitario da diversi anni e ho constatato che i problemi maggiori (corruzione, conflitto di ego, debolezza di empatia e scoraggiamento) che sono presenti in questo mondo provengono da una mancanza di maturità delle qualità umane. E’ indispensabile acquistare una forza interiore, sviluppare la compassione, avere un bon equilibrio interno prima di impegnarsi ad andare in aiuto ad altri. Bisogna aver raggiunto un certo grado di saggezza per riconoscere che siamo sufficientemente maturi per aiutare realmente gli altri. Dobbiamo provare sinceramente di diventare un essere migliore. "Cambia te stesso per poter cambiare il mondo".

Perchè ci sia un conflitto occorrono due protagonisti. Per riprendere un proverbio tibetano “Non si può applaudire con una sola mano”.  Matthieu Ricard, nel testo, riporta un esperimento a cui ha partecipato in prima persona, con Paul Ekman e Robert Levenson a Berkeley.  Mi hanno messo a confronto con un una persona con un carattere molto difficile, e il dibattito si preannunciava riscaldato, la persona è subito entrata nel vivo del soggetto ed ha cominciata ad agitarsi, io cercavo di restare calmo e fornirgli le risposte sensate con un tono amichevole e cominciavo a prendere piacere nello stare in quella situazione. Dopo qualche tempo la persona ha cominciato a calmarsi e dopo dieci minuti ha dichiarato ai ricercatori: “Non posso litigare con quest’uomo, tiene delle argomentazioni sensate e sorride tutto il tempo”. 

L’antidoto consiste nell'essere cosciente del desiderio o della collera, invece di identificarsi con essi. Non possiamo fare esplodere la collera a discapito di quelli che ci circondano e della nostra pace interiore e nemmeno la possiamo reprimere. Il vero amore deve essere altruista, per essere una sorgente di benessere reciproco. La natura universale dell’altruismo fa sì che deve applicarsi a chiunque entra nel nostro campo di attenzione. Come il sole brilla nello stesso modo per tutti gli esseri e in tutte le direzioni; tuttavia nella vita ci sono delle persone che si trovano più vicine al sole della nostra attenzione. 
Conoscere la pace interiore e l’equanimità non significa che si cessa di fare esperienza del mondo in tutta la sua profondità, questo non implica il ridurre la qualità del nostro amore, della nostra affezione, della nostra apertura verso gli altri, né la nostra gioia. In realtà essere nel momento presente, ci rende più presenti agli altri e al mondo. Se ci sono onde enormi o la superficie dell’acqua resta liscia come uno specchio la profondità dell’oceano resta la stessa.  A scuola occorrerebbe sviluppare il coraggio e l’equilibrio emozionale.Oggi c'è la necessità di eliminare le principali afflizioni mentali che sono: attaccamento, collera, ostilità, arroganza, la confusione mentale e sostituirle con la serenità, la compassione, la libertà interiore. La maggioranza dei problemi che ci affliggono sono delle costruzioni mentali che sovrapponiamo alla realtà e che potremmo facilmente decostruire, infatti come è stato già detto è sempre la mente a fare esperienza del mondo.

L’individuo può fare evolvere la società e le istituzioni, le ricerche sulla epigenetica e la neuroplasticità hanno dimostrato che gli individui possono cambiare.

E’ possibile riconoscere la vera natura delle cose? Abbiamo due sorgenti di conoscenza: la prima l’esperienza soggettiva attraverso l’interazione con l’ambiente e la seconda è la scienza. Con i cinque sensi assimiliamo il mondo ordinario. E’ difficile immaginare qualcosa che a secondo il modo di osservazione ci appare un’onda o una particella. Investigando sulla natura ultima della realtà, si scopre che quelle entità sono un insieme di fenomeni interdipendenti privi di ogni esistenza propria e non si limitano mai ad una causalità lineare. La costruzione mentale dipende da due evoluzioni: la lenta evoluzione genetica e la più rapida, il cambiamento culturale.

Secondo il buddhismo l’aspetto più profondo, il più fondamentale della coscienza, è questa presenza risvegliata simile al sole. Ci sono numerosi esempi che dimostrano che il modo in cui le cose appaiono non corrisponde alla realtà. La percezione produce una cognizione non valida. Noi non vediamo mai un fenomeno in tempo reale, e noi lo deformiamo inevitabilmente in un modo o nell’altro. Per Ignoranza o confusione mentale. La saggezza discriminante è la visione profonda, che comprende la natura ultima delle cose e dei fenomeni senza la sovrapposizione delle costruzioni mentali. Il mondo che noi percepiamo è inestricabilmente legato al modo di funzionamento della nostra coscienza, il solo mondo che noi conosciamo è la relazione tra il nostro tipo di coscienza specifica e il mondo fenomenico. Le particelle sono delle onde di probabilità che si sviluppano da un vuoto quantico.

Riconoscere che l’universo non è costituito da entità solide e distinte, ma che consiste di un flusso dinamico d’interazioni tra innumerevoli fenomeni fluttuanti permettono di comprendere correttamente l’impermanenza. Il buddismo decostruisce le nostre percezioni. Il mondo fenomenico è un normale flusso di eventi interdipendenti e dinamici e quello che noi percepiamo è il risultato delle interazioni della nostra coscienza e dei fenomeni. Esiste solo un sistema di relazioni interdipendenti che il buddismo chiama realtà.  Essere consapevoli di questo ridurrà l’attaccamento. Riducendo l’attaccamento si acquisterà la consapevolezza di una più grande realtà interiore. Dovremmo quindi perfezionare il nostro telescopio interno per comprendere il mondo esterno. Se ci è impossibile di conoscere il risultato finale dei nostri atti, noi possiamo sempre verificare il senso delle nostre motivazioni, si tratta di una motivazione egoista e una motivazione altruista?  Rabindranath Tagore dice: “noi decifriamo male il mondo e diciamo che ci tradisce”.

La causa della nostra percezione erronea della realtà è l’attaccamento di un sé distinto e autonomo che sarà il centro del nostro essere e della nostra esperienza. La forza interiore viene da una libertà interiore.

Molti pensano che al centro di questo flusso di esperienze, c’è una entità singola, distinta, il nostro vero sé. Se noi esaminiamo questo concetto vediamo che è difficile designare questo sé, mentre è facile constatare che questo nostro attaccamento ad un sé distinto perturba la nostra vita.   Visto che è difficile trovare il sé nel corpo possiamo pensare che il sé è associato alla coscienza, che non è altro che un flusso di esperienze. Ma è pragmatico considerare il Sé come convenzionale, una etichetta mentale apposta sull’associazione del corpo e della coscienza. Questo è funzionale in quanto noi non siamo questa entità immaginaria alla quale ci identifichiamo, ma un flusso dinamico di esperienze. L’autentica libertà è liberarsi dai diktat di questo Sé. Una persona che non è preoccupata dall’immagine di se stessa, dall’affermazione del proprio io, ha più fiducia in se stessa. 

La differenza tra un io forte e una mente forte. Un Io forte si accompagna ad un egocentrismo smisurato, una mente (uno spirito) forte si accompagna ad una mente resiliente, libera e sagace. La situazione ottimale sarebbe quella di un IO debole ed uno spirito forte. Importante capire l’interdipendenza fondamentale del sé, degli altri e del mondo. Un praticante capace di restare libero dal sé, imperturbabile, non è in nessun caso indifferente agli altri né tagliato dal mondo esterno, e può contare sulle sue risorse interiori che sono sempre là. La fiducia in se stesso non ha bisogno di essere rinforzata da fattori esterni. Una forte personalità ha une grande fiducia in se stesso, mentre essere egocentrici e vulnerabili di fronte alle critiche sono dei segnali che indicano una fiducia in se stessi limitati e un io debole.

Rimuginare sul passato, sul futuro è il flagello della pratica meditativa e della libertà interiore. Non bisogna confondere il rimuginare con la meditazione analitica che serve a decostruire il concetto di un sé indipendente. Non deve essere nemmeno confusa con l’osservazione vigilante che permette di riconoscere un’emozione negativa e smorzarla al momento che sorge. La pratica meditativa deve tradursi con dei cambiamenti reali, progressivi e durevoli nel nostro vissuto interiore e nel nostro rapporto con il mondo. Il Buthan, è uno dei pochi Paaesi al mondo, forse l'unico,  ad incorporare principi buddhisti nella costituzione con lo scopo di equilibrare i doveri con i diritti. 

Nel Buddhismo non è ammessa la violenza e il Dalai Lama lo ha affermato più volte: "Niente nel buddhismo giustifica la violenza".   Quindi ha condannato senza esitazione gli episodi accaduti in Birmania, dove un movimento di monaci buddhisti capeggiato da Ashin Wirathu ha incitato i contadini birmani a perpetrare degli orribili massacri sulle minorità mussulmane. Nel Tibet quando c'è un contrasto , il caso è spesso sottomesso al giudizio di un lama, che convocati i protagonisti fa promettere loro di interrompere il ciclo di rappresaglie.

Il buddhismo considera diversi aspetti della coscienza. La prima, la coscienza di base, la coscienza dei cinque sensi, e l'ultimo livello invece è la coscienza mentale che assegna dei concetti astratti agli altri livelli. Il buddismo considera un ulteriore livello, delle emozioni negative (rabbia, cupidigia, ) che alterano la realtà. Il dibattito su corpo e mente non ha senso in quanto entrambe non sono dotate di esistenza estrinseca. Quando perdiamo di vista l’unità della coscienza e del mondo si instaura una visione dualistica tra sé e non sé, e il mondo dell’ignoranza e del sansara si manifesta. La concezione buddhista differisce totalmente dal dualismo cartesiano tra realtà materiale e coscienza immateriale. 

Nel buddhismo il dualismo è assente ed afferma che la vacuità è la forma e la forma è la vacuità. Non esiste una realtà intrinseca. In assenza di coscienza è impossibile affermare che il mondo esiste. Il tempo e lo spazio sono cominciati con il Big Bang. Noi non possiamo mai situarci fuori dalla coscienza. Che cosa determina che siamo coscienti di noi stessi? Noi siamo lo stesso coscienti del nostro sé cosciente? La coscienza è un cervello iscritto in un corpo situato in un ambiente e queste tre istanze sono indissolubili. Gli stati di coscienza sono vuoti di contenuto. La Coscienza è non duale perché non c’è più distinzione tra il soggetto e l’oggetto.

Nel testo si parla anche del ricordo delle vite precedenti: uno dei casi più famosi è quello di Chanti Deva nata a Delhi nel 1926. Gandhi in persona è venuto a trovare la ragazzina che raggiunta la città di Mathura, ha riconosciuto tutti i membri della sua famiglia, il marito e la sua casa. Era sposata ed è morta mettendo al mondo un figlio. Shanti Deva, secondo i buddhisti,  era la reincarnazione di Lungi Deva.

Nel testo si parla anche di Esperienze di morte imminente (EMI), dove tutte le persone che hanno vissuto tale esperienza hanno conosciuto una esperienza di felicità, hanno avuto una visione di una luce all’estremità di un tunnel, l'impressione di fluttuare nell’aria sopra il proprio corpo, e  queste esperienze si erano manifestate nella camera d’ospedale quando erano in coma. Si erano manifestate anche esperienze di dissociazione e confusione, da parte dei pazienti nella percezione di spazio e tempo. Nello spazio di tempo che precede l’attacco di epilessia si hanno le stesse esperienze EMI. Esiste un rapporto stretto tra il funzionamento neuronale del cervello e quello che il buddhismo chiama l’aspetto grossolano della coscienza. Con la meditazione, si assiste alla crescita dell’ampiezza dell’attività oscillatoria su una banda di frequenza di 40Hz, la celebre frequenza gamma. A riguardo vengono citati i lavori di Richard Davidson e Antoine Lutz.  Vengono trattati anche i lavori di Paul Ekman sulle microespressioni facciali delle emozioni.

La psicoanalisi conferma che ruminare costantemente è uno dei principali sintomi di depressione e che gli stati conflittuali, che hanno per origine l’egoismo, accrescono il fossato tra sé e gli altri, ma anche tra sé e il mondo.  Peer superare queste derive, l’essere umano ha a disposizione la sua mente, una pepita d’oro, un nucleo di purezza e di qualità positive. I pensieri sono la manifestazione della pura presenza risvegliata, come le onde che si alzano dall’oceano. La presenza aperta è uno stato di coscienza estremamente chiaro e positivo. Nel buddhismo non esiste un compito difficile, occorre solo dividere il compito in piccoli compiti più facili. 

 La meditazione fa ringiovanire corpo e mente.  Il testo riporta anche lo studio di un team di scienziati del Center for Healthy Minds dell’Università del Wisconsin-Madison che ha seguito per 14 anni lo sviluppo del cervello di Yongey Mingyur Rinpoche, un monaco buddhista e insegnante di meditazione. I ricercatori hanno analizzato il cervello di Mingyur Rinpoche quattro volte usando la risonanza magnetica strutturale per vedere i cambiamenti nel cervello nel tempo. Lo studio che è stato pubblicato da LiveScience nel 2020, ha rivelato che il cervello di Mingyur Rinpoche sembrava rallentare nel suo invecchiamento per oltre un decennio. https://www.livescience.com/buddhist-monk-meditation-brain.html               “Il grande passo avanti è che il cervello di questo monaco tibetano, che ha trascorso più di 60.000 ore della sua vita in meditazione formale, invecchia più lentamente del cervello del gruppo di controllo“, ha affermato Richard Davidson, ricercatore e professore di psicologia e psichiatria all’università.  Mingyur Rinpoche era il soggetto perfetto per testare gli effetti a lungo termine della meditazione sul cervello umano a causa della sua straordinaria vita. Credendo di essere la settima incarnazione di Yongey Mingyur Rinpoche, maestro dei lignaggi Karma Kagyu e Nyingma del buddismo tibetano, Mingyur Rinpoche guida altri praticanti buddisti senior nei metodi della meditazione buddhista fin dall’adolescenza.  Questa scoperta sembra aggiungere prove all'ipotesi che la meditazione influisca sullo sviluppo del cervello e  fornisce un qualche tipo di beneficio per la salute del corpo.    Altri ricercatori ritengono che il cervello dei nati in alta quota, in Tibet, come Mingyur Rinpoche, possa naturalmente invecchiare più lentamente a causa dell’ambiente. C’è anche la possibilità che lo stile di vita buddhista – praticando una dieta sana e vivendo nell’area a basso inquinamento delle montagne tibetane – possa aver contribuito ad avere un cervello “giovane”.

martedì 12 ottobre 2021

Il Dalai Lama - Buddhismo, Scienza e Compassione

 Intervento on line di Sua Santità il Dalai Lama dalla sua residenza di Dharamsala su Buddhismo, Scienza e Compassione   (novembre 2020)  Vedi link           

Il Dalai Lama sostiene che tutte le religioni sono state create dall'uomo per rendere la vita delle persone più pacifica, soddisfacente e felice. Propugna l'armonia delle religioni; le lotte interreligiose e l'intolleranza sono spiacevoli.   Non bisogna accettare l'insegnamento del Buddha come un atto di fede, ma come il risultato di una investigazione. Non deve essere un atto di devozione ma occorre privilegiare l'indagine e l'approccio logico. Il buddhismo ha come priorità la comprensione della natura della realtà. I due aspetti della realtà sono:

  •     La Verità convenzionale = la nostra percezione della realtà. Ma questo livello di apparenza inganna. Come le cose appaiono è diverso da come le cose sono.
  •     La Verità ultima = è oggettiva (non colorata da sentimenti o opinioni). È il modo in cui le cose realmente sono. La differenza tra queste due verità è una parte importante della comprensione della natura della realtà da parte del buddhismo.

Le Quattro Nobili Verità sono: - 1) La verità della sofferenza. (La sofferenza permea la nostra realtà) - 2) La verità delle cause o origine della sofferenza.  - 3) La verità della fine della sofferenza che nel buddhismo corrisponde alla liberazione e/o nirvana - 4) La verità del sentiero che conduce alla fine della sofferenza.     Il buddhismo insegna come esaminare le cause della sofferenza e come ridurle o eliminarle. Le cause della sofferenza sono il karma e le afflizioni o disagio mentale. La liberazione arriva ponendo fine afflizioni ed estinguendo il karma.

Il karma nasce dalle afflizioni. Le afflizioni nascono dall'elaborazione concettuale. L'elaborazione concettuale nasce dall'ignoranza. L'ignoranza sulla natura della realtà è la fonte dei nostri problemi.  Quindi le emozioni negative possono essere eliminate attraverso l'allenamento della mente, e non attraverso la fede o la preghiera. Sviluppare saggezza e comprensione attraverso la conoscenza della natura della mente può purificare la nostra mente. La natura principale della mente è "luce chiara".

Ci sono diversi livelli di mente ed emozioni. I livelli più grossolani sono le emozioni distruttive. I livelli più sottili sono il sonno e la meditazione. Il livello più profondo è il momento della morte, alla fine di un lungo processo di dissoluzione. Questo è il momento in cui gli ultimi livelli della nostra esperienza si dissolvono, lasciando solo la nostra pura luminosità o luce chiara. In quello stato la mente è pura e chiara. È totalmente libera da qualsiasi afflizione. Anche le persone comuni sperimenteranno naturalmente questa mente primordiale di chiara luce al momento della loro morte.
Gli insegnamenti devono  concentrarsi su questa luce chiara. Man mano che si progredisce attraverso livelli sempre più alti di sottigliezza nella coscienza, ci si allontana sempre più dalle influenze della concettualizzazione e degli altri livelli più grossolani. Anche le pratiche yoga vengono utilizzate per liberarsi progressivamente da queste afflizioni.

Gli insegnamenti, inoltre, mostrano che la normale percezione della realtà consiste nell'aggrapparsi a qualche tipo di realtà duratura, intrinseca, che è la base della nostra percezione ingenua, semplicistica della realtà. Questo dà origine alla nostra relazione emotiva con il mondo. 

Quindi, lo scopo della pratica è quello di decostruire i diversi livelli di comprensione mostrando che il modo in cui il mondo ci appare, non è come il mondo esiste realmente. Per esempio, così come il corpo pervade tutti gli altri sensi, allo stesso modo l'ignoranza pervade potentemente le nostre percezioni della realtà. Quindi l'unico modo che abbiamo per annullare tutto ciò, è quello di ottenere la comprensione della impermanenza e vacuità o 'Emptiness", che è la realtà ultima. Tutti i dharma, secondo la lettura degli insegnamenti del Buddha da parte di Nāgārjuna, sono vuoti: poiché nessun fenomeno possiede una natura indipendente, si può dire che tutto ciò che esiste è vuoto. L'esperienza della vacuità è la via che porta al "Risveglio". Perciò, bisogna capire bene l'origine dipendente. 

Le tradizioni indiane si concentrano molto sulla comprensione della mente e della coscienza, che non ha nulla a che fare con la religione. Si tratta di capire la realtà, quindi può essere trattata come una materia accademica. 

La scienza moderna manca di comprensione della mente umana. Non distingue tra i gradi dei livelli di coscienza, dai più grossolani, fino ai livelli più sottili, ecc. Il buddhismo può contribuire molto a questo corpo di conoscenze con la sua teoria, le sue tecniche e i suoi metodi. Per esempio, come sviluppare una mente focalizzata con un unico punto di vista. La scienza e il buddhismo, possono aiutarsi reciprocamente imparando l'uno dall'altro. L'aspetto filosofico del buddhismo dovrebbe essere insegnato nelle scuole, in modo particolare la scienza della mente. Alcuni aspetti della moderna fisica quantistica sono abbastanza simili alle antiche vedute dell'università buddhista di Nalanda. 

Testi consigliati per capire il rapporto tra scienza e buddhismo:

  • Scienza e filosofia nei classici buddhisti indiani, Vol. 1: Il mondo fisico;
  • Scienza e filosofia nei classici buddisthi indiani, Volume 2: La mente.

martedì 24 agosto 2021

Il Votre cerveau (Il vostro cervello) di Michel Cymes

  "Abbiamo due vite. E la seconda comincia quando prendiamo consapevolezza che ne abbiamo solo una".  Confucio.

Quando la tua testa funziona, tutto funziona!  E per assicurarsi che tutto vada bene, sta a voi, senza sconvolgere la vostra vita, prendere in considerazione i molti consigli di questo libro Votre cerveau (Il vostro cervello) di Michel Cymes. Questa consapevolezza può essere acquisita proprio ora, qualunque sia la vostra età o il vostro stato di salute. Nessuna rivoluzione, solo piccoli aggiustamenti. Agite sulla vostra dieta, rivedete alcune delle vostre abitudini, prendetevi il tempo per lavorare sulla vostra memoria! In questo modo potrete coccolare il vostro cervello. 

Michel Cymes (1957 - ) è un medico chirurgo e conduttore televisivo. Il suo umorismo e il suo buon umore hanno contribuito al successo dei suoi spettacoli, come "Le Magazine de la Santé".


Nel primo capitolo di questo libro, vengono riportati una serie di consigli da seguire, che vi riassumo sotto, per seguire una dieta adatta a mantenere efficiente il cervello, che insieme al corpo è fondamentale per il benessere della persona.
Per avere il normale apporto in omega 3 dobbiamo mangiare insalata, olio di noci, noci, semi di chia, olio di lino, colza, uova e se non siamo completamente vegetariani,  gamberetti, sardine, sgombro, pesce fresco non surgelato.  E dovremmo ridurre il consumo di omega 6.
Un bicchiere di vino rosso o l'uva sono antiossidanti ed aiutano a combattere i radicali liberi prodotti dalle cellule. L'autore consiglia di consumare anche avocado e amaranto (possibilmente biologico).
Un altro elemento fondamentale per il funzionamento del cervello è il ferro, infatti il sangue trasporta ossigeno nel cervello, e per fissare l'ossigeno e trasportarlo c'è bisogno di ferro.  
Dove possiamo trovarlo? Nei cereali non raffinati, fagioli bianchi, fagioli di soia, sesamo, tofu e se non siamo vegetariano stretti possiamo mangiare delle vongole.
Se siamo vegetariani stretti mancheremo sicuramente di vitamina B12, chiamata cobalamina, che si trova solo nella carne, ed in questo caso dovremo assumerla tramite integratori. Altra vitamina importante è la B9, che ha un ruolo essenziale nel sistema nervoso, che troviamo nelle rape rosse, finocchio, spinaci, uova, insalata.
La buona salute del cervello passa per gli antiossidanti e in questa famiglia sono importanti i cavoli: verde, bianco, broccoli, broccoletti, e le bacche (more, mirtilli, lamponi, goji dell'himalaya).
Le alghe contengono enzimi particolari che favoriscono lo sviluppo del cervello, tra queste la spirulina è particolarmente ricca di proteine e micronutrimenti. Possiamo anche mangiare l'alga klamat, la salicornia (l'asparago di mare) e la chlorella. E' consigliato anche il consumo moderato di cacao (minimo 70%) insieme a banane e nocciole.
Sono indispensabili per il cervello e per il sistema immunitario i glucidi complessi che troviamo nei fiocchi di avena, riso, pane e pasta integrali e completi, fave, fagioli secchi, piselli.
Bisogna bere moltissimo, il cervello ha sete e l'acqua è vita. Se bevete acqua in bottiglia cambiate spesso marca e cercate di consumare poco sale. 
Tra gli alimenti ricchi in acqua troviamo: radicchio, pomodoro, melone, cocomero, peperone, fragole, broccoli, cetriolo.
Il tè verde è molto importante per l'idratazione del cervello e per prevenire molte malattie, come i problemi alla prostata e le malattie cardiovascolari. I migliori tè verde sono i tè giapponesi in foglie come sencha, macha e gyokuro. Deve essere consumato lontano dai pasti perché con lo stomaco pieno diminuisce l'assorbimento del ferro.
Gli alimenti per ritrovare il buonumore sono: gli asparagi, il peperone, il pomodoro, la mozzarella, il parmigiano, le lenticchie, la quinoa, la mela, e se non siete vegetariani il tacchino.
L'autore sottolinea che gli alimenti dovrebbero essere prodotti in prossimità e consumati freschi.
Consiglia di riscoprire le spezie per ridare sapori nuovi ed esotici al cibo, e usare la creatività in cucina inventando nuovi piatti, come ad esempio il seguente:  mescolare carote, cetrioli in una salsa a base di yogurt da sostituire alle patatine per l'aperitivo.  

martedì 27 luglio 2021

La rete della vita - Fritjof Capra

Vedere anche il testo  Il punto di svolta. Scienza, società e cultura emergente di  Fritjof Capra.

Fritjof Capra fa parte di quel gruppo di scienziati degli anni ’70 che affrontò la fisica su basi nuove, sviluppando un particolare interesse per le spettacolari e contro-intuitive conseguenze della meccanica quantistica.  Nel Tao della fisica sosteneva l’esistenza di un collegamento tra le tesi dei padri fondatori della fisica quantistica e gli assunti di alcune religioni orientali, tra cui soprattutto il taosimo e il buddhismo. Il suo libro divenne una Bibbia nei campus universitari californiani, dove in quegli anni gli studenti sognavano di cambiare il mondo e condividevano le visioni offerte da Capra nel suo libro. Rispetto a quegli anni, lo scrittore è diventato oggi meno radicale, e nel testo La rete della vita propone una rilettura della storia evolutiva dal punto di vista della cooperazione. 


Attraverso i mondi della storia della filosofia, della scienza, della chimica e della biologia,  Capra propone una nuova visione della vita intesa come trama, rete di relazioni in evoluzione a cui tutti gli organismi viventi si collegano, e interpreta la natura e gli esseri viventi come “sistemi viventi” dove il singolo è strettamente interdipendente dai suoi simili e dal sistema tutto. 
L’approccio meccanicistico era caratterizzato dall’importanza data alle parti, mentre la nuova visione ecologica mette in risalto il tutto. L’autore dimostra come i modelli deterministici ereditati da Newton e Cartesio si siano rivelati sempre meno adatti a favorire la comprensione del mondo e degli individui: "è necessaria una nuova visione sistemica della vita che si fondi sulle relazioni e la somma di queste relazioni, che legano le dimensioni della psiche, della biologia, della società e della cultura, e porti alla configurazione più appropriata che è quella della rete".
La trama della vita è composta da reti che si intrecciano con altre reti, la tendenza comune è quella di ordinare questi sistemi all’interno di sistemi più grandi, secondo una struttura gerarchica, ma ci si accorge che in natura non esistono gerarchie, ma solo reti dentro reti.  Il fenomeno della vita per essere compreso deve essere letto in termini di sistema preso nella sua totalità. In sostanza, “la vita non prese il sopravvento del globo con la lotta, ma istituendo interrelazioni”. 

La rete della vita propone una visione olistica della realtà e della natura simile a quella proposta da James Lovelock nel suo celebre volume Gaia, apparso negli anni ’70 in cui la Terra, “Gaia”, è un grande organismo capace di autoregolarsi con lo scopo di mantenere le condizioni affinché la biosfera, ossia la vita, possa prosperare. Capra scrive che l’evoluzione della vita dai microrganismi fino agli esseri macroscopici, come noi umani, non si è basata solo sulla competizione, ma anche sulla collaborazione altruistica, ed avanza una tesi che finora non ha trovato fondamento negli studi sull’evoluzione. Infatti, la selezione naturale, alla base del motore dell’evoluzione, non si fonda sulla cooperazione ma sulla competizione. 

Il successo dell’essere umano nel suo processo evolutivo, suggerisce Capra, si misura nella sua capacità di fondare comunità e suddividere i compiti tra i diversi membri così da garantire il successo della comunità nel suo insieme.  Stiamo già costruendo una “rete della vita” in cui ciascuno ha il suo ruolo, in una prospettiva di vantaggio per l’umanità nel suo insieme, un “superorganismo” che dovrà trovare infine il suo equilibrio con il resto della biosfera in cui vive. 

Alla maturità 2013 il Ministero dell’istruzione propose, nella scelta “tema libero”, un brano preso da questo testo; Vedi link. Che la cooperazione e la solidarietà tra individui sia la vera forza dell’evoluzione, è tema ancora aperto tra gli studiosi. Però ciò non toglie che la proposta di Fritjof Capra sia un’esortazione per il futuro, soprattutto dei più giovani. 

sabato 24 luglio 2021

Prove di dialogo fra scienza e buddhismo - Istituto Mind and Life

Prove di dialogo fra scienza e buddhismo.  di Pier Luigi Lisi   vedi link

Uno degli aspetti più interessanti della diffusione del Buddhismo in Occidente è l’alto numero di scienziati che hanno partecipato ai dialoghi tra scienza e buddhismo. Una misura di questo è data dalle conferenze dell’Istituto Mind and Life, costituito nel 1991 dal presente XIV Dalai Lama, Tenzin Gyatso, Francisco Varela e Adam Engle, con lo scopo appunto di promuovere il dialogo tra la tradizione buddhista e il pensiero scientifico moderno.

Fisici di chiara fama, come Anton Zeilinger, Stephen Chu, David Finkelstein, astrofisici come George Greenstein, neurobiologi come Wolf Singer, Tanja Singer, Richard Davidson, Cliff Saron, Antonio Damasio, filosofi e sociologi come Charles Taylor, Michel Bitbol, Paul Ekman, Patricia Churchland, Alan Wallace, Daniel Goleman, Anne Harrington, Bunker Roy, biologi e genetisti come Eric Lander e Ursula Goodenough, hanno preso parte a questi incontri,  e la lista potrebbe facilmente arricchirsi fino a raggiungere un centinaio di illustri nomi di accademici. 

Inoltre, tali conferenze di dialogo si sono svolte non solo a Dharamasala, in India, la sede in esilio del Dalai Lama, ma nei maggiori centri accademici in USA e Europa, in grandi città come New York, Boston, Zurigo, Vienna, Chicago, e centri accademici tradizionali come il MIT, la Rockfeller University, la Wisconsin University, il Politecnico di Zurigo, diverse università romane.

Il possibile punto di contatto e dialogo tra il mondo della scienza e il buddhismo è reso più facile dall’atteggiamento estremamente aperto del presente Dalai Lama, che ha, notoriamente, un profondo rispetto e interesse personale per la scienza, tanto da dire “La mia fiducia nell’avventurarmi nella scienza è basata nel fatto che credo, che sia la scienza, che il buddhismo perseguano la comprensione della realtà della natura per mezzo di indagine critica. Se l’analisi scientifica arrivasse a dimostrare nel modo più conclusivo che certe affermazioni del buddhismo sono false, allora dovremmo accettare le conclusione della scienza e abbandonare tali affermazioni.

I buddhisti credono nella reincarnazione. Ma supponiamo che la scienza, attraverso una serie di metodi, riesca a dimostrare conclusivamente che la reincarnazione non esiste. Allora dobbiamo accettarlo.

Immaginate se una cosa del genere fosse stata detta da uno dei nostri Papi del passato a proposito dell’anima… Poi però, altrove, il Dalai Lama aggiunge qualcosa di molto acuto che gli permette di mettere le mani avanti: “Tuttavia, bisogna fare una chiara distinzione tra quello che non viene trovato dalla scienza, e quello che invece la scienza dimostra essere non-esistente. Dobbiamo accettare come non-esistente tutto quel che la scienza dimostra essere non esistente; ma quel che la scienza non riesce a trovare, è tutto un altro discorso.”  E aggiunge che un esempio di questo è dato dalla coscienza…

Perchè esiste questo interesse degli scienziati per il Buddhismo? C’è un terreno comune tra scienza e buddhismo? Può l’uno imparare dall’altro, e in che modo?

Il Buddha, nel V secolo a.C., aveva come fine ultimo la liberazione dell’umanità dalla sofferenza e dall’ignoranza. Il cammino proposto dal Buddha per affrancarsi dalla sofferenza, insita nella condizione umana, era un cammino per liberarsi della ignoranza. In tale cammino, nel Dharma, basato sulle quattro “nobili verità" enunciate dal Buddha, si trattava di trovare (con la cosiddetta illuminazione) la natura vera delle cose. Chiaramente, questo è un discorso di prassi filosofica ed etica. Si trattava quindi di un cammino in cui la retta cognizione e il retto comportamento morale sono i cardini principali. Ecco che il cammino del Dharma diventa anche un percorso di filosofia pratica.

La metodologia. Un possibile punto di incontro è dato dal fatto che sia il buddhismo, sia la scienza, hanno come cardine principale la sperimentazione. Questo è ben noto ovviamente nella scienza. Diceva Richard Feynman: “Il principio della scienza, quasi la sua stessa definizione è il seguente: il testo della conoscenza è l’esperimento. L’esperimento è il sole giudice della verità scientifica”.  Ed ecco come il Dalai Lama gli fa eco:  “Quando si pone il problema della validazione della verità di una certa asserzione, il Buddhismo pone la autorità più grande nell’esperienza, poi nella ragione, e per ultimo nelle Scritture”.  Questa non è solo l’idea di un Dalai Lama moderno, ma viene da molto lontano. Vic Mansfield cita il testo di un famoso Sutra (testo sacro), parole quindi ascrivibili secondo la tradizione al Buddha stesso, che recita:  "I monaci e gli studenti devono accettare la mia parola non per rispetto, ma devono analizzarla così’ come un gioielliere analizza l’oro, tagliandolo, fondendolo, incidendolo e strofinandolo”.

In effetti tutti i grandi maestri del Buddhismo insistono molto sul concetto che non si deve credere ciecamente alle scritture, né al proprio guru, ma che ci si deve basare soprattutto in quello che si trova con la sperimentazione personale. C’è la celebre immagine per cui “uccidi il Buddha se lo trovi sul tuo cammino”, che implica, che anche il maestro può essere un impedimento nel percorso che porta alla conoscenza.  

Un primo punto essenziale di differenza è il modo in cui sono sperimentate queste verità. La sperimentazione del buddhista è a livello soggettivo, di esperienza personale, non ha niente a che fare con i criteri di oggettività sperimentale Galileiana, o della inter-soggettività dei principi della scienza moderna. Uno deve convincersi di certe verità lavorando e sperimentando, ma solo su se stesso, magari con l’aiuto di un maestro, ma si tratterà sempre di una conoscenza in prima persona. Esiste un’esperienza mistica a seguito della meditazione? Non c’è modo di dimostrarlo oggettivamente: il maestro ti dirà di perseguire nella meditazione, fino a che tale esperienza profonda non ti arrivi: e se arriva, questa sarà incomunicabile al mondo esterno, nemmeno condivisibile a parole.  Con questo discorso si tocca anche un problema che è venuto recentemente alla ribalta anche nel campo più propriamente scientifico. Che valore si deve attribuire alle esperienze soggettive? Anche perché, secondo la visione della scienza moderna, l’osservatore non può più essere escluso dal risultato degli esperimenti. 

Comunque tra scienza classica e buddhismo c’è una differenza sostanziale: da una parte l’introspezione e la sperimentazione personale e soggettiva, dall’altro invece il discorso dell'oggettività o per lo meno della inter-soggettività. Questo è riassunto bene nella seguente citazione presa dal libro di Mansfield “Così’, si può vedere che, a dispetto delle similitudini riguardo all’autorità, alla ragione, e alla necessità della verificazione empirica con l’esperimento, ci sono differenze significative tra scienza e buddhismo. Questo non può essere una sorpresa, considerando che la scienza è lo studio della natura in tutte le sue forme, mentre il Buddhismo è primariamente rivolto alla eliminazione della sofferenza. Tuttavia, siccome la ragione della sofferenza è la nostra incapacità di comprendere la vera natura della realtà - che include il dominio della scienza - allora possiamo anche aspettarci profonde connessioni tra il Buddhismo e la scienza”.

Forse il punto di contatto più forte tra scienza e Buddhismo è nel concetto buddhista di vacuità . Il concetto di vacuità - è il fondamento della visione buddhista delle cose e della natura. Nella sua essenzialità, questo principio dice che tutte le cose e tutte le persone sono prive di un’esistenza indipendente, prive di una loro realtà intrinseca. Se tu cerchi qualcosa che abbia una propria realtà intrinseca, trovi il vuoto - la vacuità (da non confondere con il nulla). E questo è così perché ogni cosa e ogni persona dipendono da una serie di cause: l’albero dipende dal seme ma anche dal terreno, dalla pioggia, dalla temperatura, dal contadino…; e l’esistenza del contadino dipende dai suoi genitori, dal cibo che ha mangiato, dai suoi fornitori di cibo e di lavoro. Non esiste niente di indipendente, niente che abbia una valenza di realtà intrinseca, ogni cosa dipende invece da una rete multidimensionale di cause. Il concetto di emptiness è quindi anche equivalente alla causalità molteplice, ogni cosa, ogni persona, è il risultato di una catena lunga e complessa di con-cause. Il che anche vuol dire che, quello che è importante non è tanto la esistenza degli oggetti di per sé, ma le relazioni che determinano e definiscono tali oggetti. Ci avviciniamo con questo alla scienza moderna, in particolare alla visione sistemica della vita e della scienza. 

Secondo la visione sistemica, quello che è importante sono le relazioni tra le cose piuttosto che gli oggetti di per se stessi. Per esempio nella visione sistemica della biologia, la vita è un fenomeno d’integrazione, è data dalla rete di relazioni di tutti gli organi tra di loro, poi ogni organo è l’integrazione di tutte le cellule tra di loro, la vita di ogni cellula è data dalla intera rete metabolica, etc. La vita non è dovuta a una cosa, a una reazione, a una molecola: è la rete stessa. E così è per la società, per la natura, per l’ecologia (Vedi gli ultimi testi di Fritjof Capra). 

Si tratta in fondo di una visione non-riduzionista, che accomuna quindi strettamente la scienza moderna con la visione buddhista delle cose. Si deve notare – punto saliente nel Buddhismo - che tutta questa rete di dipendenza reciproca fa si che non ci sia una causa prima - quindi un Dio creatore.

Si deve aggiungere a questo punto un altro concetto importante della filosofia buddhista, il concetto di impermanenza. Tutto quello che nasce è destinato a morire. Non c’è niente che abbia valenza di eternità. E anche nell’impermanenza c’è una catena di causalità. Il concetto di impermanenza è quindi collegato al concetto di vacuità, e la molteplice causalità è la componente principale di entrambe le cose. Mansfield, dedica molte pagine al rapporto tra vacuità e meccanica quantistica. Afferma per esempio che le particelle elementari - elettroni e fotoni per esempio - sono indistinguibili l’uno dall’altro e quindi non possiedono una individualità intrinseca. Importante è il concetto di non-localizzazione  "un fotone non può essere chiamato particella, o onda, se non dopo che l’operatore ha usato un particolare congegno per svelarne appunto la natura, o come particella o come onda". Quindi l’essere onda, o particella, dipende da tutta una serie di con-cause esterne, tra cui l’operatore e il suo strumento di indagine. Non esiste quindi una realtà intrinseca di per sé della luce o dei fotoni.

Interessante è anche quello che scrive Mansfield a proposito dell’esperimento EPR (Einstein-Podolski-Rosen), sull’entanglement (intreccio) dei due elettroni sparati in direzioni oppose. Il fenomeno può essere interpretato affermando che un elettrone esiste in un particolare stato (per esempio di spin) a causa di una correlazione con un’altra particella, ma che lui stesso non ha un’intrinseca esistenza. L’EPR paper fu concepito come critica alla meccanica quantistica, giudicata incompleta da Einstein. Einstein dice “…..appare essenziale per questa configurazione di oggetti introdotti in fisica, che, in un certo tempo, questi oggetti richiedano una esistenza indipendente l’una dall’altra, una volta che tali oggetti giacciono in parti diverse dello spazio. Senza questa assunzione, che ha un’origine in ogni pensiero comune, il pensiero fisico che ci è familiare non sarebbe possibile…”.

Questo è molto interessante nel nostro contesto, perché rappresenta esattamente l’opposto di quanto affermato nel concetto di vacuità buddista. Giustamente Einstein si basa sul buon senso comune - ma è proprio questa imputazione di separabilità e di indipendenza, prodotti della nostra mente, che il Buddhismo condanna come fonte dell’ignoranza di cui dobbiamo liberarci per arrivare alla verità.

Un altro soggetto scientifico interessante, oltre a quello della meccanica quantistica, è fornito dalla teoria della relatività. Secondo la relatività einsteiniana, cose come il tempo, la massa, la lunghezza, l’energia, non hanno un valore assoluto, ma dipendono dal sistema di riferimento in cui tali grandezze sono misurate. Quindi, usando un linguaggio buddhista, si può dire che non hanno un’esistenza intrinseca, non hanno un’esistenza indipendente. Siamo quindi di nuovo al concetto di vacuità.

Dalla biologia alla coscienza.  Cominciamo con l’origine della vita sulla Terra. Su questo problema, il predicato principale della scienza è che la vita sia sorta dalla materia inanimata, e questo attraverso un lentissimo e spontaneo processo di aumento di struttura molecolare e funzionalità. E’ quindi un processo basato sul principio di continuità, per cui cioè c’è un graduale e omogeneo evolversi della materia, senza che ci sia trascendenza dall’esterno. Tale principio è in armonia con il discorso buddhista di una continuità di cause successive. Tuttavia la scienza moderna vede la vita come una qualità nuova, emergente rispetto alla materia inanimata, e tale salto di qualità non è contemplato dal buddhismo classico. Infatti, nel buddhismo si ha difficoltà ad accettare che a un certo punto dell’evoluzione sia venuto fuori qualcosa che prima non c’era, per esempio la mente, o la coscienza. 

In questa chiave, per quanto riguarda l’evoluzione Darwiniana, si dice che il Dalai Lama e il buddhismo in generale abbiano difficoltà ad accettare il concetto di mutazione random, in quanto questa appare come qualcosa che accade senza una causa. Qualsiasi mutazione, è contingente alla struttura pre-esistente e la sua particolare organizzazione.

Un’interpretazione della evoluzione puo' essere legata al concetto buddhista di karma. Questa è una causalità a livello etico - ed è connessa al concetto di reincarnazione. Le azioni cattive condotte in una vita – dicono i buddhisti - si trasmettono alla vita successiva, di generazione in generazione, così che ognuno di noi rappresenta l’accumulo di tutta una serie di azioni, positive o negative, compiute in tutte le vite precedenti. Con il concetto di karma e di reincarnazione, si toccano gli elementi più ostici del buddhismo, quelli con cui il nostro mondo occidentale scientifico ha più difficoltà. E questi due concetti sono a loro volta fondati – o strettamente correlati - a un altro concetto basilare, quello della coscienza sottile.

Per la nostra scienza esiste una diretta dipendenza tra cervello e coscienza – una specie di relazione diretta tra cervello, mente e coscienza. Ci sono due accezioni principali del temine coscienza nella nostra letteratura presente, che si rifanno alla celebre definizione del filosofo inglese David Chalmers. Secondo Chalmers, c’è il problema facile, e il problema difficile della coscienza, the easy and the hard problem. L’easy problem ha a che fare con gli aspetti cognitivi della coscienza, gli atti volitivi, coscientemente intenzionali, la coscienza di qualcosa (si chiama easy problem non perché sia facile capirne il funzionamento, ma perché almeno si vede una connessione con gli aspetti neuronali, meccanicistici del cervello). Poi c’è invece l’aspetto soggettivo della coscienza, la esperienza personale per esempio della sensazione del colore blu, della gioia, della paura… Questa è appunto l’esperienza individuale, incomunicabile, intima, che corrisponde veramente a un livello diverso di coscienza. E quando si raggiunge tale livello, e se ne ha la percezione, allora si può raggiungere un terzo livello, quello del sapere di sapere, cioè il livello auto-riflessivo della coscienza. E su questa dimensione di esperienza soggettiva della coscienza, l’hard problem, secondo Chalmers, non abbiamo una spiegazione. Non sappiamo neppure perché esista. La maggior parte della scienza neurobiologica vede tutti gli aspetti di coscienza come derivanti, in un modo o nell’altro, dal cervello. In questo senso anche l'hard problem ha una base materiale, ed è una proprietà emergente del cervello. 

Il mondo buddhista, il Dalai Lama in particolare, accetta la nozione che il cervello sia fondamentale per tutta una serie di atti di percezione cognitiva, a livello appunto di un livello più grossolano (gross level); ma poi c’è appunto per i buddhisti la subtle consciousness, che è la base stessa della illuminazione e dei meccanismi di reincarnazione. E appunto, il lato caratteristico è che questo livello di coscienza non ha, per il Dalai Lama, una base materiale.

E’ chiaro che la scienza moderna nella sua forma più tradizionale non può accettare il concetto di karma e di reincarnazione, né quello di una coscienza senza una base materiale - e quindi qui c’è un terreno di non-accordo. Il concetto di karma è correlato al comportamento morale, all’etica in generale, e questo è un punto essenziale del buddhismo, che non si ritrova nella scienza. Per questo, ritorniamo per un momento al concetto di vacuità, per cui tutte le cose, e tutte le persone, hanno un senso solo se viste e comprese in una rete di relazioni. Per il buddhismo, questa rete di relazioni porta al concetto di considerare il prossimo come parte di se stessi, a coltivare quindi sentimenti positivi per aiutare il prossimo nel cammino diretto a liberarsi della sofferenza. Porta a un concetto fondamentale del buddhismo, quello di compassion, il sentimento, coltivato e coltivabile, di empatia per la sofferenza altrui, e il desiderio di aiutare il prossimo nel cammino della liberazione dall'ignoranza e quindi dalla sofferenza.  Ovviamente per la scienza, la visione che gli elettroni siano particelle prive di individualità, etc., non porta necessariamente a una visione etica, a vedere il prossimo e la natura in qualche modo più ricco di moralità. Forse un’eccezione è data dalla visione sistemica della vita a livello della ecologia, dove appunto tale visione diventa coscienza di un rispetto per la natura e per il prossimo, anche per salvaguardare il futuro del nostro Pianeta. 

Riferimenti bibliografici

  • The Dalai Lama, The universe in a single atom. The convergence of Science and Spirituality. 2005.
  • Sidney Piburn, “A Policy of kindness. An Anthology of writings by and about the Dalai Lama”, 1990.
  • Vic Mansfield, "Tibetan Buddhism and modern physics", Templeton Foundation Press, 2008.
  • Richard Feynman, The physics lectures of Feynman on physics, 1989.
  • Pier Luigi Luisi, Mind and Life, Dialogues with the Dalai Lama on the nature of reality, 2006.
  • Fritjof Capra, The Hidden Connections, 2002.
  • Fritjof Capra and Pier Luigi Luisi, The system view of life.
  • Albert Einstein, “Einstein on locality and separability", 1949.
  • Humberto Maturana e Francisco Varela, The tree of knowledge, 1998.
  • David Chalmers, The Conscious Mind, 1996.
  • Michel Bitbol, "Is Consciousness Primary?", 2008.
  • Michel Bitbol and Pier Luigi Luisi, "Science and the Self-Referentiality of Consciousness", 2011.

martedì 29 giugno 2021

Il misticismo quantico

Mai nessuna scoperta scientifica si è dimostrata così vicina a certe idee spirituali come la teoria della fisica quantistica. Il misticismo quantistico è un insieme di credenze metafisiche e pratiche associate che cercano di collegare la coscienza, l’intelligenza, la spiritualità o mistiche visioni del mondo alle idee della meccanica quantistica e alle sue interpretazioni.   Vedi l'interessantissimo articolo sul misticismo quantico

   
Il misticismo quantistico, nel senso di coscienza che ha un ruolo nella teoria dei quanti, è apparso per la prima volta in Germania negli anni ’20, quando alcuni dei principali fisici quantistici, come Erwin Schrödinger, si sono spinti verso tali interpretazioni delle loro teorie. Altri, come Albert Einstein e Max Planck, si opposero a queste interpretazioni. Nonostante l’accusa di misticismo da parte di Einstein, Niels Bohr negò l’accusa, attribuendola a equivoci. 

Nella seconda metà del XX secolo, la polemica aveva fatto il suo corso -le conferenze di Schrödinger del 1958 si dice che “segnano l’ultima di una generazione vissuta con la controversia sul misticismo”- e oggi la maggior parte dei fisici sono realisti che non credono che la teoria quantistica sia coinvolta con la coscienza. Nel 1961, Eugene Wigner scrisse un articolo, intitolato “Osservazioni sulla questione mente-corpo”, in cui suggerisce che l’osservatore cosciente giochi un ruolo fondamentale nella meccanica quantistica e sia capace di creare la realtà. Mentre il suo lavoro sarebbe servito da ispirazione per successivi lavori mistici, le idee di Wigner erano principalmente filosofiche. Come si è chiesto una volta Einstein (un fermo realista): la luna esiste solo se guardata? Anche se un tale punto di vista sembra improbabile nelle nostre vite quotidiane, nella meccanica quantistica le osservazioni dei fisici possono talvolta influenzare ciò che stanno osservando su una scala quantistica. Come sostiene la famosa interpretazione di Copenaghen della meccanica quantistica, non dovremmo parlare di una realtà oggettiva diversa da quella che viene rivelata attraverso la misurazione e l’osservazione. Ma questo non era il pensiero ermetico.

Scienza e coscienza. Il dibattito sulla coscienza nella teoria quantistica iniziò intorno al 1927, allorchè Einstein accusò Neils Bohr di introdurre un misticismo incompatibile con la scienza. Bohr negò l’accusa e accusò a sua volta Einstein di fraintenderlo nella sua ipotesi secondo cui gli umani sono sia attori che osservatori nel mondo. Eppure, mentre Bohr credeva che i processi quantici si verificassero senza la necessità di osservatori, egli simpatizzò anche con l’idea che un’estensione della teoria dei quanti potesse aiutare a comprendere la coscienza. Einstein, da parte sua, si oppose categoricamente a qualsiasi soggettività nella scienza. Era in disaccordo con l’opinione di Bohr che non è scientifico chiedere se il gatto di Schrödinger in una scatola sia vivo o morto prima che venga fatta un’osservazione. Einstein dedicò gran parte della sua vita successiva alla ricerca di elementi della realtà per fare della meccanica quantistica una teoria basata sul realismo. Per esempio, l’esperimento mentale noto come Paradosso EPR (paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen), nel 1935, tentò di ripristinare il realismo e la causalità della teoria. D’altra parte, Wolfgang Pauli fece proprie alcune delle opinioni di cui Einstein accusò Bohr. Pauli favorì l’ipotesi del “misticismo lucido”, una sintesi tra razionalità e religione, e ipotizzò che la teoria dei quanti potesse unificare gli approcci psicologici/scientifici e filosofici/mistici alla coscienza. La prospettiva di Pauli fu influenzata dal filosofo Arthur Schopenhauer, le cui opinioni sulla realtà furono a loro volta influenzate dalle religioni orientali e dalla loro certezza che questa realtà fisico-sensoriale fosse pura illusione. Altri fisici avevano opinioni diverse. Max Planck, aderente al cristianesimo, inquadrava la controversia come l’obiettività della scienza e del cristianesimo contro il misticismo di Schopenhauer e la sua divulgazione del buddismo e dell’induismo. Planck considerava la religione (il cristianesimo) e la scienza compatibili sulla base della sua opinione secondo cui entrambi sono basati sull’oggettività, ma si riferiscono a distinti aspetti della realtà. Nel frattempo, Paul Dirac ha respinto ogni tipo di vocabolario religioso, sostenendo che “la religione è un miscuglio di false affermazioni senza basi nella realtà”. Negli anni successivi Werner Heisenberg e Erwin Schrödinger si sporsero verso il lato del misticismo, irritando Einstein e Planck. Per gli altri, la scelta non era chiara. Il matematico John Von Neumann intenzionalmente usò termini ambigui per discutere la filosofia delle equazioni quantistiche, il che significa che poteva adattarsi ad entrambe le parti. Nel 1958 Schrödinger, ispirato da Schopenhauer, pubblicò le sue lezioni “Mind and Matter”, sostenendo la differenza tra gli strumenti di misura e l’osservazione umana: la registrazione di un termometro non può essere considerata un atto di osservazione, in quanto non contiene alcun significato in sé. Quindi, la consapevolezza è necessaria per rendere significativa la realtà fisica: “Alcuni di voi, sono sicuro, chiameranno ciò ‘misticismo’; quindi, con tutto il dovuto riconoscimento del fatto che la teoria fisica sia sempre relativa, nel senso che dipende da alcune ipotesi di base, possiamo asserire che la teoria fisica nella sua fase attuale suggerisca fortemente l’indistruttibilità della Mente dal Tempo”. Le lezioni di Schrödinger segnano l’ultima fase di una generazione caratterizzata dalla controversia sul misticismo. La meccanica quantistica, fino alla seconda guerra mondiale, esisteva in un contesto prevalentemente tedesco, e questa cultura ha contribuito a formare il mistico zeitgeist dell’epoca. La polemica morì nella seconda metà del secolo, quando la cultura della fisica passò nell’area anglo-americana. La maggior parte dei fisici contemporanei sono, come Einstein, realisti e non credono che la coscienza abbia un ruolo nella teoria dei quanti. La visione moderna dominante è che un’osservazione non fa sì che un atomo esista nella posizione osservata, ma che l’osservatore trovi la posizione di quell’atomo. Quindi, la realtà non dipende dall’osservatore ed è di per sè. La controversia sul misticismo in meccanica quantistica non ha coinvolto solo pochi fisici e mistici (come sembra oggi), ma un tempo ha attratto la comunità della fisica in generale. Alcune delle idee di allora sono riemerse, come nel libro del 1961 di Eugene Wigner sull’argomento, che ha ispirato libri popolari come The Tao of Physics e The Dancing Wu Li Masters, che cercano di coniugare fisica quantistica e misticismo orientale per una nuova generazione, insieme al recente film What the Bleep Do We Know?. Oggi è scienza contro religione, ma al tempo della fondazione della meccanica quantistica non lo era. C’erano fisici religiosi su entrambi i lati della querelle. La maggior parte dei fisici rilevanti possedeva quelle che potremmo chiamare oggi credenze religiose, sia occidentali che orientali. Quando parliamo oggi delle “due culture”, scienza e scienze umane, ci riferiamo alla famosa lezione dei primi anni ‘50 di CP Snow, in Gran Bretagna, che lamentava la divisione. I pensatori tedeschi dei decenni precedenti erano a malapena in quella fase di specializzazione della disciplina. Tra le teorie attuali sul campo quantistico, le teorie più importanti sono in debito con il lavoro di [Hermann] Weyl e Dieter Pauli. Eppure molti fisici oggi sarebbero scioccati se avessero saputo come Weyl e Pauli siano giunti a capire il concetto di “campo” quando hanno scritto i loro articoli classici. Entrambi erano immersi nel misticismo, alla ricerca di un modo per unificare la mente e la fisica. Weyl pubblicò una conferenza in cui concludeva appoggiando il misticismo cristiano-matematico di Niccolò Cusano. Inoltre, l’articolo pubblicato da Pauli su Keplero lo presenta come parte della tradizione mistica occidentale che studiò.

Appropriazione da parte del pensiero New Age. All’inizio degli anni ‘70, la cultura New Age, ostile alla scienza ortodossa quanto la scienza lo è a tutto il cosiddetto irrazionale, comincia a incorporare idee dalla fisica quantistica, a partire dai libri di Arthur Koestler, Lawrence LeShan e altri, che suggerivano che i presunti fenomeni parapsicologici potessero essere spiegati dalla meccanica quantistica. In questo decennio, emerge il gruppo Fundamental Fysiks, un gruppo di fisici che abbraccia la mistica quantistica impegnandosi in parapsicologia, meditazione trascendentale e varie pratiche mistiche orientali e New Age.. Ispirato in parte da Eugene Wigner, Fritjof Capra, un membro del gruppo Fundamental Fysik scrive Il Tao della fisica: Un’esplorazione dei paralleli tra fisica moderna e misticismo orientale (1975), un libro che abbraccia la fisica quantistica New Age e che guadagna presto popolarità tra il pubblico non scientifico. I principali scrittori del settore non erano stravaganti autori di New Age ma fisici molto esperti come il citato Capra, David Bohm, John Wheeler e Paul Davies. Questi fisici iniziarono a interpretare la teoria quantistica da una prospettiva filosofico-idealista, secondo cui la mente produce materia. La fisica della coscienza è ora un ramo importante e rispettato della teoria dei quanti. Nel 1979, arriva la pubblicazione di The Dancing Wu Li Masters di Gary Zukav, il maggior successo tra seguaci di Capra. Intanto, il gruppo Fundamental Fysiks viene accusato dagli scientisti di essere uno degli agenti responsabili della “enorme quantità di sciocchezze pseudoscientifiche” che circonda le interpretazioni della meccanica quantistica. La ricerca seria in quest’area viene ora svolta in modo trasversale da molti Fisici. Il modello Bootstrap, formulato da Geoffrey Chew, ha avviato importanti interpretazioni teoriche in questo ambito, seguito dal lavoro di David Bohm, che era stato uno studente di Einstein. La sua teoria dell’Ordine Implicito, espressa in Universo, mente e materia postula l’idea che le particelle siano in effetti “raccoglitori di intelligenza” e che si comportino come la mente. Questa teoria rese il “misticismo quantistico” un ramo importante. Bohm fu professore di fisica teorica all’Università di Londra prima della sua morte nel 1993 e fu un forte sostenitore dell’Induismo, che si basa sulla nozione di la mente produce materia. I suoi numerosi libri svilupparono enormemente quest’area. La teoria delle superstringhe e la teoria M continuarono a sviluppare il “misticismo quantistico” ad un nuovo livello. Altri scienziati tra cui il fisico Paul Davies,il cui best-seller The Mind of God è diventato un testo classico in quest’area. Gli scrittori sul misticismo quantistico hanno fatto tutta una serie di asserzioni che sono state fatte proprie dal movimento New Age, le cui teorie e soprattutto pratiche sono l’applicazione delle specifiche affermazioni filosofiche del misticismo quantistico con l’intenzione di produrre o mantenere cambiamenti positivi: non c’è osservatore separato dalla realtà … non c’è una realtà separata dall’osservatore. Come osservatori, siamo personalmente coinvolti nella creazione della nostra realtà. I fisici sono costretti ad ammettere che l’universo è una costruzione “mentale”. Il flusso di conoscenza si sta dirigendo verso una realtà non meccanica; l’universo comincia a sembrare più un grande pensiero che una grande macchina. La mente non sembra più un intruso accidentale nel regno della materia, dovremmo piuttosto chiamarlo il creatore e il governatore del regno della materia. L’universo è immateriale, mentale e spirituale. Max Planck, padre della teoria quantistica, disse: “Considero la coscienza fondamentale. Considero la materia come derivata dalla coscienza. Non possiamo rimanere indietro alla coscienza. Tutto ciò di cui parliamo, tutto ciò che consideriamo esistente, postula la coscienza”. Lo stesso Einstein, disse: “La realtà è semplicemente un’illusione, anche se molto persistente”. Il mondo e gli oggetti nel mondo non hanno un’esistenza indipendente dalla coscienza umana. Il filosofo irlandese del XVIII secolo George Berkeley anticipò i quantistici affermando: “esse est percipi” ovvero “essere significa essere percepiti”. Berkeley aderiva all’Immaterialismo ovvero alla dottrina per cui nulla esiste al di fuori della mente: non esiste la materia, ma solo Dio e gli spiriti umani. Come Platone, il re dei filosofi idealisti, anche Berkeley credeva che la realtà si risolve in una serie di idee che esistono solo quando vengono percepite da uno spirito umano. Ma se Berkeley metteva Dio al centro della percezione, Dio nell’uomo, la New Age pone solo la coscienza. Inoltre, il corpo è fondamentalmente fatto di informazioni ed energia, e percepito come materia solida. La mente e il corpo sono la stessa cosa e non sono divisibili. Le reazioni biochimiche del corpo sono un prodotto della consapevolezza. La percezione della realtà è un comportamento appreso. Questo cambiamento di pensieri può mutare il corpo. C’è una coscienza o un’intelligenza sottostante che connette tutti. Il tempo è una percezione umana, non una realtà.

La Guarigione quantica.
Tra le varie tecniche New Age, la guarigione quantica è una pratica che comporta l’alterazione della percezione e dei pensieri dell’individuo in modo da trasformare il corpo in modo positivo e curativo. La pratica si basa sul principio che il corpo esiste in stati indeterminati, come determinato dalla coscienza soggettiva della mente. Si basa anche sull’affermazione che risultati positivi per la salute possono essere raggiunti indirizzando la percezione soggettiva della realtà da parte dell’individuo. Viene detta quantum woo la giustificazione delle credenze spirituali mediante un riferimento confuso alla fisica quantistica. Parole chiave come “campo energetico”, “onda di probabilità” o “dualità onda-particella” sono usate per trasformare magicamente i pensieri in qualcosa di tangibile per influenzare direttamente l’universo e la materia e le nostre vite. Ciò si traduce, come detto, nella Legge di Attrazione o nella guarigione quantica. Alcuni hanno trasformato il quantum in una carriera, come Deepak Chopra , che spesso presenta concetti mal definiti della fisica quantistica come prova per Dio e per altri pensieri magici. Quando un’idea sembra troppo folle da credere, il proponente spesso fa appello alla fisica quantistica come spiegazione. Non è qui in discussione la possibile interazione tra scienza quantistica e spiritualità, ma l’uso indiscriminato che si fa del termine “quantistico” nella New Age per vendere ogni genere di prodotto o servizio. C’è veramente di tutto: dal reiki quantistico, al massaggio quantistico, allo shiatsu quantistico fino all’ipnosi quantistica. “Quantistico” è diventato uno specchio per le allodole, perchè sembra offrire un attributo di grande serietà e innovazione ad una certa pratica in oggetto. La verità è che nè gli autori o i guru cd quantistici nè i loro lettori e allievi conoscono veramente la meccanica dei quanti. D’altronde, la quantistica che promette di “creare ciò che si pensa e si osserva in primo luogo nella mente” offre un formidabile destro alla teorie New Age del “pensiero positivo” e della “legge di attrazione” che sembrerebbero essere dimostrate dalla prima.  Ci si chiede perché molti hanno tratto conclusioni mistiche dalla meccanica quantistica.  Per sua natura, il quantum disegna un velo quasi “mistico” sulla realtà fisica che vediamo. Le cose interagiscono attraverso l’entanglement: non esistono realmente in un punto preciso nello spazio e così via. Questi sono attraenti addentellati per “spiegare” perché la gente dice di sapere quando il loro partner è morto, o ha avuto un’esperienza fuori dal corpo o altro. Anche perché è complicato e quando proviamo a usare le parole, usiamo parole che sono facilmente dirottate. Ad esempio, “entanglement” ha proprietà ben definite e obbedisce a leggi severe , ma suona anche come una specie di unione, un altro ingresso nella stranezza. Fondamentalmente, non è facilmente comprensibile dal pubblico, quindi soggetto a incomprensioni. La teoria quantistica non può essere interpretata in termini di nozioni di senso comune (è incompatibile con il realismo locale). Non esiste un’interpretazione consensuale della teoria quantistica (perché l’interpretazione è fondamentalmente una questione filosofica che non può essere decisa dall’esperimento), per cui molte interpretazioni diverse e incompatibili spesso aggiungono confusione. In primo luogo, vi è una tendenza comune a confondere le interpretazioni della teoria dei quanti con la teoria quantistica stessa, errore compiuto da molti fisici. Inoltre, alcuni fisici importanti e rispettati (ad esempio, Wigner, von Neumann) hanno adottato interpretazioni che collegano esplicitamente la misurazione quantistica con la coscienza, che è essa stessa un mistero (o almeno un “problema difficile”).

Contro il misticismo quantistico. L’americano Daniel Pinchbeck, peraltro esperto di sciamanesimo, ha scritto a favore della joint “misticismo-fisica dei quanti” qualcosa di ampiamente condivisibile: “gli esperimenti di fisica quantistica supportano la prospettiva mistica orientale secondo cui l’universo è una proiezione di una singola coscienza, Brahma o Atman. Quella coscienza è infinita, senza limiti nel suo potenziale creativo, giocando costantemente a nascondino con noi attraverso il suo dispiegarsi (l’universo stesso è Maya, un’illusione magica, e Lila, gioco divino). Il fatto che sempre più persone stiano vivendo e riconoscendo la sincronicità fa parte dell’evoluzione continua della coscienza verso una nuova realizzazione, che integra scienza e misticismo. Può darsi che, se un numero sufficiente di noi si rende conto che siamo quella coscienza che esplora e sperimenta se stessa, possiamo fare un salto quantico o una mutazione spontanea nella coscienza della nostra specie nel suo insieme – un fenomeno di punto di svolta, dove otteniamo l’accesso diretto a capacità psichiche che sono ora disponibili ma in qualche modo da noi protette e bloccate”. Se un uomo di scienza dovesse confutare tale asserzione, direbbe che gli esperimenti quantistici non supporterebbero affatto la prospettiva mistica e speculazioni esplicitamente metafisiche. Essi non supporterebbero nulla senza interpretazione, e quegli esperimenti hanno spazi relativamente ristretti di contesto applicabile che devono essere sostenuti affinché i risultati siano interpretabili. Gli esperimenti producono risultati. I risultati vengono interpretati in base allo scopo. Non possiamo semplicemente sostituire quelli della scienza con la metafisica e quindi pretendere prove sperimentali per congetture astratte. Questa, secondo l’ortodossia scientifica, è una mossa ben nota in cui si cerca di acquisire l’autorità della verità dalla scienza per un’asserzione metafisica altrimenti maldestra. Alcuni arrivano al punto di usare la parola “dimostrare”, affermando che “la fisica quantistica dimostra che …”. Chi vuole coniugare la coscienza col quantum, spiegando il matrimonio in termini mistici, non conosce in effetti nè la coscienza, che è un mistero di per sè, nè la neuroscienza nè il cervello, o i modi specifici con cui questo organo si relaziona e media le nostre esperienze di coscienza. Le persone senza alcuna comprensione delle neuroscienze, con poca conoscenza formale della natura della coscienza e nessuna consapevolezza del contesto o delle specifiche della fisica quantistica non dovrebbero probabilmente dirci della natura della coscienza e della fisica quantistica. Quando lo fanno, ciò che troveremo è un’illusione selvaggia e vertiginosa. Ma il positivista e la scienza non ammettono che la mente non sia localizzata nel cervello nè coincida con esso, nè ammettono l’esistenza dell’anima, in quanto, come l’idea di Dio, non scientificamente dimostrabile.

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