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venerdì 10 ottobre 2025

Introduzione alla Psicologia analitica - Jung

Le conferenze di Basilea (1934) di Carl Gustav Jung. Trascritte da Roland Cahen. A cura di Elena Caramazza.    

Cap. I  Dal conscio all'inconscio.  Funzioni e strutture della Coscienza e dell'Inconscio.   La psicologia non è magia nera, è una scienza; la scienza della coscienza e d ei suoi dati; è anche la scienza dell'inconscio. L'inconscio è ciò di cui non siamo informati. L'inconscio deposita sulle spiagge della coscienza una valanga di apporti. Tutto quello di cui siamo coscienti, è associato all'IO attraverso la mediazione della coscienza.
La coscienza è intermittente e discontinua (metà o due terzi della nostra vita sono coscienti), il resto è formato da vita inconscia. Quello che si manifesta nei sogni è un residuo di coscienza. Mentre parliamo, ascoltiamo, agiamo il nostro inconscio continua a funzionare. 
I contenuti dell'inconscio sono di tre tipi: accessibili,  accessibili attraverso una mediazione, inaccessibili.
accessibili: non abbiamo coscienza dell'espressione del viso, di certi gesti, ma potremmo averne coscienza
accessibili attraverso mediazione:  non ricordi il nome di una persona, un luogo di risveglia ricordi d'infanzia, ecc. inaccessibili: ricordi dell'infanzia fino a 5 anni, o fino a 10... molte idee sonnecchiano nell'inconscio, come presentimenti e intuizioni.
La coscienza è uno strato superficiale fluttuante nell'oceano dell'inconscio.
Conscio + Inconscio costituiscono il dominio della psicologia.
La coscienza è una specie di organo di percezione e di orientamento diretto, verso il mondo ambiente. E' localizzata negli emisferi cerebrali.
Un capo degli indiani pueblos disse che si Pensa con il cuore. Per lui la coscienza intensa è formata dall'intensità del sentimento. Freud fa derivare l'inconscio dalla coscienza. Per Jung è l'opposto, l'elemento più arcaico è l'inconscio, dal quale a poco a poco emerge la coscienza.

Cosa è la coscienza?  Essere cosciente e percepire e riconoscere il mondo esterno, così come il proprio essere nelle sue relazioni con questo mondo esterno. E quindi riconoscere "se stesso". 
Che cosa è questo se stesso?  
E' innanzitutto il centro della coscienza; l'IO.  quando non esiste un ponte tra l'oggetto e l'Io, l'oggetto è inconscio, vale a dire come se non esistesse. 
La coscienza è una relazione psichica con un fatto centrale chiamato Io.
Che cosa è l'IO?  
L'Io è una entità complessa. Qualcosa che assomiglia a una condensazione e ad un accumulo di dati e di sensazioni, in esso figura la percezione del corpo nello spazio, sensazioni (caldo/freddo, ecc. ), e la percezione di stati affettivi. L'Io implica un amassa enorme di ricordi.  Si suppone che la coscienza originariamente sia sorta durante uno stato affettivo. 
Anche gli animali reagiscono a stati affettivi, come quando ricevono cibo o un c olpo, per questo si potrebbe dire che anche gli animali hanno un Io. 
E' importante per il nostro sviluppo avere una consapevolezza di noi stessi. L'egoismo, fino ad un certo grado, è una necessità.
Il primitivo è un maestro nell'arte di lasciar parlare l'inconscio e prestargli ascolto. 
La coscienza utilizza le sensazione per orientarsi nello spazio esterno.  Una volta che la sensazione ha constatato la presenza di un oggetto  nello spazio, una seconda funzione di conoscenza, il pensiero ci precisa ciò che una cosa è.  E questa sarà inserita nel flusso del passato  e del futuro. Attraverso l'intuizione (funzione irrazionale) cerchiamo di capire la loro evoluzione. Si usa l'intuizione soprattutto  in presenza di condizioni nuove o ambienti nuovi. 
Tra me e la cosa che sto per conoscere si sviluppa un sentimento (funzione razionale), che determina il valore che l'oggetto ha per me. 
Le funzioni di orientamento ci dicono se una cosa esiste, che cosa è per noi, da dove viene e dove va, e che cosa rappresenta per noi e ci permettono di orientarci nel nostro spazio psichico.  Se una di queste funzioni non viene utilizzata, parte dell'evento può venire impresso nell'inconscio.
Possiamo utilizzare attenzione e volontà (che sono dei poteri dell'IO)  per lavorare su queste funzioni.    Importante è anche il sentimento di libertà imperitura che è sempre vivo in noi e non si lascia scalfire da nessuna filosofia.
Nel nostro Sé ci sono parti integranti che hanno un'esistenza oscura e inconscia. 
Le quattro funzioni dell'Io sono: sentimento, intuizione, pensiero, sensazione.
Il tipo sensoriale vede le cose come sono, le cattura, vede difficilmente le loro relazioni. Il tipo intuitivo non vede le cose, guarda al di là dell'oggetto. 
Una incompatibilità analoga esiste tra pensiero e sentimento. Ciò che ha valore per me rientra nella sfera del sentimento. Il pensiero è più neutro. 
Queste distinzioni sono degli schemi che aiutano a orientarsi nel labirinto dei fatti psicologici. E permettono di determinare delle modalità dell'essere. 
L'IO può essere diviso in due parti: la parte cosciente dell'Io e la parte inconscia, il mondo dell'ombra, che non conosciamo. Così si spiega che scopriamo sempre qualcosa di nuovo di noi. Siamo eternamente incompiuti, cresciamo e  cambiamo. 
Tra gli elementi della nostra vita interiore possiamo inserire il ricordo e la memoria. la funzione della memoria ci lega a cose che sono sparite dalla nostra coscienza, che sono diventate sublimali, che sono state respinte o rimosse. 
Solo in casi particolari, ad esempio incidenti possiamo renderci conto della ricchezza interiore… il quadro che si offre alla memoria in circostanze normali è molto povero.  
nell'anima si accumulano le tendenze latenti a reagire in un certo modo a determinate situazioni.  Il corpo spesso ci serve psicologicamente per personificare la nostra ombra.
Dal mondo interiore provengono anche gli affetti. Non costituiscono una funzione volontaria, ma accadimenti interiori di cui siamo il campo.
L'uomo ha il temibile privilegio di allontanarsi da se stesso e di abbandonare una parte del suo essere. Questo accade a ciascuno di noi, ma in proporzioni diverse ed essenzialmente individuali.
Jung chiama il sentimento una funzione razionale. l'espressione razionale si riferisce, in primo luogo,  al pensiero, ma anche il sentimento formula dei giudizi. Giudichiamo anche con il nostro sentimento, che ha una sua logica particolare.  
Ci sono quattro funzioni ( Le quattro funzioni dell'Io sono: sentimento, intuizione, pensiero, sensazione) che contribuiscono a orientare la coscienza e abbiamo affrontato il tema dell'orientamento nello spazio psichico interiore. Ci sono tre elementi che aiutano in questo: la memoria, i contributi soggettivi delle funzioni, gli affetti.  


A questi tre elementi si aggiunge l'irruzione dell'inconscio, dei contenuti inconsci sorgono e si manifestano improvvisamente nella coscienza. 
La parte dell'IO che è in luce, il versante della coscienza, detiene il privilegio della volontà; L'Io cosciente è in grado di disporre, fino ad un certo grado, delle funzioni della coscienza che possono dirigersi dove vogliono. La volontà ha una debole efficacia sulle emozioni e sugli strati profondi della psiche.
Esistono due grandi classi di individui: gli estroversi che comunicano con una sorprendente facilità le difficoltà che si vivono e gli introversi che si ritirano dalla cerchia di amici, sprofondano in se stessi.
 
Cap II. associazioni.  Tra i metodi per esplorare l'inconscio ci sono le associazioni. Si propone al soggetto una lista di parole induttrici (max 50) e si aspetta una sua reazione e una risposta con una sola parola. Si ha spesso una reazione quando queste parole toccano la zona intima tabù, producono un'eco nella zona dell'anima; si crea un'automatismo. da queste risposte emerge un profilo della persona.
Spesso il ritratto che danno i pazienti di loro stessi è totalmente diverso dalla vera realtà, che si deduce con questo sistema di associazioni. Nella lista di parole induttrici critiche abbiamo: pregare, separare, sposarsi, litigare, famiglia, felicità, sbagliato, baciare, scegliere, contento.
Fenomeno psicogalvanico; il suo principio è il seguente: si sa da molto tempo che sono le manifestazioni affettive che influenzano principalmente il sistema nervoso simpatico, sistema che preside il funzionamento vegetativo dell'organismo. Gli affetti agisco sul cuore, sui capillari sanguigni della mano, ecc.  Quindi mettendo degli elettrodi sulle mani, possiamo registrare il tempo di reazione e  le reazioni emotive alle parole induttrici attraverso dei raggi luminosi. Attraverso un pneumografo si può anche registrare il ritmo e l'ampiezza del respiro. 
Cos' il fenomeno psicogalvanico, completato dalla pneumografia, prova in modo inoppugnabile l'esattezza della nostra ipotesi, ossia che i nostri complessi costituiscono delle entità affettive. 
Altro aspetto che Jung ha esaminato è l'interdipendenza psichica intrafamiliare, avvalendosi anche qui di associazioni; ad una parola induttrice venivano proposte varie risposte. Dai dati ricavò che il 30% dei processi mentali die diversi membri della famiglia erano identici. Esistono degli enormi legami.
Il complesso è un contenuto psichico a tonalità affettiva che può essere inconscio, sia cosciente in gradi diversi, e si creano delle relazioni simboliche tra le parole induttrici e il complesso. Il complesso costituisce un'entità psichica separata, sottratta al controllo gerarchizzante dell'IO, e l'individuo vive momentaneamente in funzione del suo complesso, e si perde un po' di obiettività. 
In gergo psicologico questo fenomeno è chiamato perdita della libido (energia psichica), perché questa è stata captata altrove.  Il complesso più importante è il complesso dell'IO che è particolare, perchè l'IO è dotato di coscienza.  La perdita della libito (energia psochica) lascia delle tracce nel corpo, che poi possono manifestarsi in disturbi e isterie.
 
Cap. III.  Dal sogno al mito.  I sogni, per il modo in cui appaiono, tradiscono una singolare parentela con i complessi. Freud ha proposto il metodo delle associazioni libere: prendere un'immagine del sogno ed associare a questa tutte le idee che venivano in mente al sognatore. Jung pensava ad interpretare i sogni senza arrivare al magma dei complessi che sono assopiti in ogni sognatore. 
Nell'interpretazione dei sogni , entrano in gioco altre nozioni importanti, come quella di archetipo, espressione che designa  un'immagine originaria, che esiste nell'inconscio. L'archetipo è anche una forma di complesso, ma non è il frutto di un'esperienza personale, ma è un complesso innato. Il drago è un archetipo, l'individuo per crescere devo incontrare il drago.
L'inizio di una nevrosi o psicosi è frequentemente segnalato dall'apparizione di sogni che hanno una grande importanza per le indicazioni che contengono sulle cause e sul significato del disturbo che sta per esplodere.  I sogni sono accompagnati da uno stato di turbamento e dalla scomparsa della sensazione di sicurezza inerente l a vita normale. Molto importanti sono anche i sogni della prima infanzia.  La filosofia giapponese dice: "quando sei solo e credi di poter fare quello che vuoi, non dimenticarti del vecchio saggio che abita nel tuo cuore", Questo vecchio saggio è l'incarnazione vivente in noi delle immagini archetipe.   Spesso i genitori, inconsapevoli di sé, proiettano sui figli, complessi e colpe che credevano di aver soffocato definitivamente in loro.
La psicologia è la scienza che ci è più indispensabile; appare, infatti, con chiarezza che non sono né la fame, né i terremoti, né i microbi, né il cancro, bensì l'uomo stesso che costituisce il pericolo maggiore per l'uomo. Il pericolo psichico è il pericolo maggiore che emana dalla massa, in seno alla  quale gli effetti dell'inconscio si accumulano, imbavagliando, allora, e soffocando le istanze ragionevoli della coscienza.

giovedì 9 ottobre 2025

Lo scopo della meditazione

 Queste riflessioni di ispirazione buddhista mi sembrano molto utili per comprendere che spesso possiamo imprigionarci nei nostri pensieri. 

Sono le nostre azioni a definirci, non i nostri pensieri. 

Per andare avanti nella nostra vita,  dobbiamo compiere le azioni giuste, quelle che ci spingono verso la gioia di vivere, uniti (nel senso dello yoga) al mondo. 

Per farlo, dobbiamo conoscere noi stessi e per conoscere noi stessi dobbiamo smettere di pensare o, almeno, eliminare il groviglio di pensieri inutili che ci occupano la maggior parte del tempo e ci impediscono di accedere a noi stessi. 

Questo è lo scopo della meditazione.

La meditazione e il cervello

Riflessioni di Olivier Liv Brunet.

Le 9 cose fondamentali che ho imparato in 65 anni.  


1. Il tuo cervello crede a ciò che ripeti 
Il mio cervello non ha accesso alla verità. Crede solo a ciò che continuo a ripetergli. 
2. I tuoi pensieri plasmano le tue emozioni 
I miei pensieri plasmano le mie emozioni. 
3. Le tue emozioni forgiano chi sei 
Le mie emozioni condizionano le mie azioni e le mie azioni forgiano la mia identità. 
4. Cambiare è sempre possibile 
Il mio cervello si riorganizza costantemente, indipendentemente dalla mia età: quindi ho la possibilità di cambiare. 
Se ripeto qualcosa abbastanza spesso e con sufficiente emozione, il mio cervello inizierà a crederci. 
5. Esercitati a parlare a te stesso come al tuo migliore amico 
Ecco perché l'allenamento spirituale e mentale è così essenziale. Si tratta di usare il mio cervello per parlare alle cellule del mio corpo. Il modo in cui parlo a me stesso modella il modo in cui mi percepisco, e la mia vita mi restituirà l'immagine di chi penso di essere. 
6. Il tuo cervello approva ciò che immagini 
Il mio cervello non fa differenza tra realtà e immaginazione. Quando visualizzo una versione di me stesso calma, sicura, in pieno possesso delle mie capacità, è come se riconfigurassi il mio cervello affinché ci creda. 
7. Scegli solo i pensieri utili 
Non sono il proprietario dei miei pensieri; essi mi visitano. Posso scegliere esclusivamente quelli che mi sono utili e lasciar passare gli altri, come nuvole nel cielo. 
8. Il tuo corpo è la tua bussola 
La mia volontà non sarà mai sufficiente per liberarmi di una sensazione spiacevole. Ma posso cambiare il mio modo di pensare. Le emozioni che rifiuto rimarranno immagazzinate nel mio sistema nervoso. Ecco perché, per stabilire una rotta nella mia vita, il mio corpo è la mia bussola definitiva. 
9. Riprogramma il tuo futuro 
La maggior parte dei miei comportamenti sono automatici e inconsci. Il mio cervello indovina cosa succederà basandosi sulle mie esperienze passate. Se modifico i dati che contiene, posso cambiare il futuro. 
Cambia le tue storie, cambia la tua vita.

sabato 13 settembre 2025

Il lato oscuro della meditazione

Sebbene esistano evidenze sugli effetti positivi della meditazione, negli ultimi anni la ricerca ha iniziato a portare alla luce alcuni possibili rischi.  La Meditazione: una pratica positiva o negativa per la propria salute?       
La meditazione viene spesso presentata come una sorta di panacea per tutti i mali: ma è davvero così? Già nel 1976, Arnold Lazarus scriveva “One man’s meat is another man’s poison” sottolineando che questa pratica, pur essendo utile per molte persone, poteva invece essere dannosa per altre.             

La meditazione è spesso concepita come una pratica capace di curare universalmente tutte le sofferenze di coloro che si approcciano ad essa, motivo per cui vi è la credenza che apporti sempre e solo benefici a chiunque la pratichi. Non a caso, il centro statunitense Dhamma Pubbananda, specializzato nella meditazione, l’ha definita un “rimedio universale per mali universali” che permette una “liberazione totale da impurità e sofferenza” (Kortava, 2021). 

La meditazione, nonostante le sue antiche origini buddhiste, è riuscita ad integrarsi nella società e cultura americane odierne, tanto che il 14% della popolazione americana la pratica per migliorare il proprio benessere mentale, emotivo e fisico (Lindahl, 2017). Tuttavia, sebbene esistano evidenze sugli effetti positivi della meditazione, tra cui l’incremento delle emozioni positive e del benessere psicologico, nonché la riduzione dell’ansia e dello stress, negli ultimi decenni la ricerca ha iniziato a portare alla luce rischi ed effetti collaterali delle pratiche meditative, come depressione, agitazione e episodi schizofrenici (Lazarus, 1976). Grazie al lavoro di alcuni ricercatori sta iniziando a diffondersi la consapevolezza che la meditazione può rivelarsi una pratica benefica per alcuni soggetti e dannosa per altri, soprattutto per coloro che hanno una storia pregressa di problemi di salute mentale o condizioni psichiatriche non ancora emerse. Questo filone di ricerca tuttavia è ancora agli albori. 

Chi pensa che la meditazione sia solo pace, amore e benessere, sbaglia. Anche questa pratica millenaria, dai provati effetti benefici, ha un lato oscuro. Un ‘dark side’ in cui rientrano esperienze sgradevoli e inaspettate: si va dall’ansia all’insonnia, fino alle allucinazioni. Il buddismo zen ha persino un nome ad hoc per descrivere questo tipo di percezioni, makyo: combinazione delle parole giapponesi “diavolo” e “mondo reale”. Se ne sa poco, se ne parla ancora meno, eppure esistono e ora a documentarle, yin su yang (nero su bianco), c’è un nuovo studio appena pubblicato sulla rivista scientifica Plos One. Una ricerca condotta da un’équipe di studiosi della Brown University, negli Stati Uniti, che ha intervistato 60 buddisti occidentali di tradizione zen, theravada e tibetana.
Solo perché qualcosa è benefico e positivo non vuol dire che non dobbiamo essere al corrente della varietà di possibili effetti che può avere”, ha detto a Quartz Jared Lindahl, uno degli autori dell’analisi, spiegando le motivazioni che lo hanno spinto ad indagare. Sotto esame sono finite le testimonianze di meditanti novizi, come di insegnanti che fino a oggi hanno accumulato più di 10mila ore di meditazione. Tutti, durante la pratica, hanno fatto fronte a emozioni poco piacevoli o a disturbi psicofisici. Si tratta di conseguenze che possono essere leggere e transitorie o più serie e durevoli, scrivono gli studiosi. In totale, ne hanno contate 59 riconducibili a sette categorie: cognitive, percettive, affettive (relative alle emozioni), somatiche, conative (relative alla motivazione), senso di sé e sociale. C’è, per esempio, chi ha riportato insonnia, chi un distaccamento emotivo, e chi irritabilità. Altri hanno ripercorso traumi passati, o hanno maturato una maggiore sensibilità alla luce. Una serie di esperienze variegate, che sono ben lontane dall’idea stereotipata della meditazione.

Uno studio interessante, se preso con le dovute precauzioni, precisa a Galileo Antonino Raffone, professore del dipartimento di psicologia dell’università Sapienza. È un’indagine qualitativa, non statistica. Quindi è impossibile sapere quanto sia diffuso il fenomeno tra i meditanti. Non stupisce, però, il fatto che durante la meditazione, quando praticata in maniera intensiva, si possano fare delle esperienze negative. Secondo Raffone, hanno più probabilità di verificarsi tra soggetti vulnerabili che dovrebbero affiancare alla meditazione una psicoterapia. “È un percorso che ci mette in contatto con le nostre attitudini e le nostre emozioni, anche quelle inespresse”, spiega. Una persona inconsciamente ansiosa potrà venire a contatto con la sua ansia. “D’altra parte, la stessa meditazione ci fornisce gli strumenti per ritornare a una condizione di equilibrio”. Niente di preoccupante, quindi. Ma il consiglio è di farsi sempre seguire da istruttori qualificati.

Willoughby Britton, direttrice del Laboratorio di Neuroscienze Cliniche e Affettive della Brown University Medical School, ha dedicato la sua carriera allo studio dei potenziali effetti avversi della meditazione e delle pratiche contemplative. Appena laureata era lei stessa un’avida meditatrice; tuttavia, nel corso di uno studio sulla relazione tra meditazione e qualità del sonno – innovativo in quanto basato su dati di laboratorio, e non solamente sulle impressioni dei partecipanti – ha fatto una scoperta inaspettata: i soggetti che meditavano per più di 30 minuti al giorno si svegliavano più spesso durante la notte e avevano un sonno meno profondo, anche se dichiaravano di dormire meglio grazie a questa pratica (Britton et al., 2010).

I risultati di tale studio hanno portato Britton e il suo team a sottolineare come, fino a quel momento, la ricerca sulle pratiche contemplative si fosse concentrata quasi esclusivamente sui loro benefici, trascurando l’analisi dei possibili rischi ad esse associati. Ciò ha dato vita al “Varieties of Contemplative Experience Project”, un’indagine volta a documentare, comprendere e rendere pubbliche le testimonianze di coloro che hanno sperimentato effetti indesiderati in seguito alla meditazione, coinvolgendo insegnanti e praticanti – con diversi livelli di esperienza – di meditazione delle tradizioni Theravāda, Zen e Tibetana. I dati raccolti hanno permesso di fare luce su possibili fenomeni avversi, tra cui ansia, panico, flashback traumatici, allucinazioni visive e uditive e appiattimento affettivo (Lindahl et al., 2017).

L’accumularsi di queste evidenze ha condotto Britton alla fondazione di Cheetah House, un progetto che si pone la missione di fornire sostegno a coloro che hanno sperimentato problematiche legate alle pratiche contemplative (problematiche che, purtroppo, vengono spesso ignorate da altri professionisti) e di educare gli istruttori di meditazione sui potenziali effetti dannosi di tale pratica.    Vedi: https://www.cheetahhouse.org/  (resources and support for adverse meditation experiences).

E la mindfulness? È dannosa o è semplicemente male interpretata?  Le pratiche contemplative promuovono la mindfulness, ovvero la capacità di stare nel momento presente senza tentare di modificarlo. Oggigiorno la psicoterapia sta volgendo lo sguardo verso i “trattamenti di terza generazione”, il cui denominatore comune è proprio la mindfulness come punto cardine (Ruggiero, 2022).
Proprio come le pratiche contemplative, anche la mindfulness è stata “accusata” di causare malessere psicologico. Whippman (2016) sostiene che la società capitalistica in cui viviamo, specialmente attraverso gli enti governativi e aziendali, incentivi l’idea dell’uomo sano come di una macchina che non prova mai emozioni negative; se le provi non è perché il governo o l’azienda ti stanno facendo mancare qualcosa, ma perché non ti stai impegnando abbastanza per pensare positivamente. È qui che entra in gioco la mindfulness: essa infatti può aiutare a mantenere il pensiero focalizzato non solo sul momento presente, ma anche su una visione positiva della realtà. In termini concreti: ignora quello che non va e continua a produrre.    
Se però la mindfulness può avere questo riscontro dannoso, com’è possibile che la psicoterapia odierna la stia utilizzando come base per evolversi? Per rispondere a questa domanda bisognerebbe innanzitutto chiedersi se il mantenimento del pensiero positivo sia il reale obiettivo della mindfulness. La risposta è no.
Come anticipato, la mindfulness rappresenta la capacità di sentire e tollerare le emozioni, belle o brutte che siano. In altre parole: non ignorarle, ma accettarle. Accettare che qualcosa non va, è il primo passo per  promuovere un cambiamento. La mindfulness ci è utile anche durante questo processo: cambiare non è facile, è una sfida che può provocare ansia, frustrazione e tristezza. Esercitarci a gestire la nostra mente in modo mindful è la chiave per sopportare queste emozioni negative in vista di un bene superiore: il raggiungimento del nostro benessere (Linehan, 1993).

Per via della sua complessità, è bene fare attenzione alla distinzione tra l’idea di mindfulness propinata dalla società, ovvero una positività pervasiva volta a soffocare qualsiasi tipo di malessere in favore di efficienza e produttività, e quella su cui invece la psicoterapia odierna sta costruendo la propria evoluzione. È quindi consigliabile non sottoporsi a tale pratica arbitrariamente e invece affidarsi a figure competenti che valutino la possibilità di procedere compatibilmente con l’anamnesi presentata. La supervisione di un professionista garantisce inoltre la condivisione delle finalità della mindfulness e consente l’identificazione di un obiettivo funzionale e fondato, diminuendo la probabilità di avere effetti indesiderati.    

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI.
    Britton, W. B., Haynes, P. L., Fridel, K. W., & Bootzin, R. R. (2010). Polysomnographic and Subjective Profiles of Sleep Continuity Before and After Mindfulness-Based Cognitive Therapy in Partially Remitted Depression. Psychosomatic Medicine, 72(6), 539.
    Kortava, D. (2021). Lost in Thought: The psychological risks of meditation. Harper’s Magazine, April 2021. Retrieved April 19, 2024, here.
    Lazarus, A. (1976). Multi-Modal Behavior Therapy. Springer.
    Lindahl, J. R., Fisher, N. E., Cooper, D. J., Rosen, R. K., & Britton, W. B. (2017). The varieties of contemplative experience: A mixed-methods study of meditation-related challenges in Western Buddhists. PLOS ONE, 12(5), e0176239.
    Linehan, M. M. (1993). Cognitive-behavioral treatment of borderline personality disorder. Guilford Press.
    Ruggiero, G. M. (2022). La parola, il corpo e la macchina nella letteratura psicoterapeutica (1st ed.). Alpes Italia srl.
    Whippman, R. (2016, November 26). Actually, Let’s Not Be in the Moment. The New York Times.

La notte dell'anima. Il lato oscuro della meditazione Dal sito:  https://www.stateofmind.it/2024/05/meditazione-possibili-rischi/   Articolo di Di Silvia Bettoni, Silvia Carrara, Michela Di Gesù, Martina Gori, Giulia Onida, Matteo Zambianchi - Pubblicato il 07 Mag. 2024 

Vedi:  https://www.galileonet.it/ansia-insonnia-lato-oscuro-meditazione/ Articolo di Rosita Rijtano

venerdì 1 agosto 2025

Musiche per la meditazione

Vi suggerisco di ascoltare queste musiche che trovate su YouTube: della musicista Deva Premal,  del musicoterapeuta Rino Capitanata, del maestro di Canto Vedico, Sitar e di altri strumenti musicali dell'India,   Krishna Das

Deva Premal,  sito ufficiale: https://devapremalmiten.com/   https://www.youtube.com/watch?v=4IFlaG45xM8

Rino Capitanata,   sito ufficiale:  https://www.rinocapitanata.it/ https://www.youtube.com/watch?v=E7oQ6hDFoKs

Krishna Das,  sito ufficiale:  https://www.krishnadas.it/intoita.htm      https://www.youtube.com/watch?v=PTc8X37oJBE      https://www.youtube.com/watch?v=LEeMdzKSFp8

La recitazione del mantra Om Mani Padme Hum

  • https://www.youtube.com/watch?v=iG_lNuNUVd4
  • https://www.youtube.com/watch?v=1qFaeZ8LLmI

La  handpan music di  Malte Marten & Konstantin Rössler:  https://www.youtube.com/watch?v=HtvaS8gxFY0 

 

Deva Premal è una musicista nota per la sua musica new-age e meditativa, che miscela antichi mantra buddisti e sanscriti così come canti in altre lingue con arrangiamenti musicali d'atmosfera. Premal ha incontrato il suo compagno di vita e musica, Miten, ex voce dei Fleetwood Mac presso la Osho Ashram di Pune, in India nel 1990, dove studiava riflessologia, shiatsu, terapia cranio-sacrale, e massaggi. Sono stati in tour insieme dal 1992, offrendo concerti e laboratori di canto in tutto il mondo.

E' una musicista di formazione classica che è cresciuta cantando mantra in una casa tedesca permeata di spiritualità orientale. I suoi album sono in cima alle classifiche New Age in tutto il mondo fin dalla sua prima versione, The Essence (1998), che contiene il Gayatri Mantra. Insieme a Miten con la casa discografica, Prabhu Music, ha venduto oltre 900.000 album.

Deva Premal iniziò il suo percorso con il mantra nel grembo di sua madre, mentre il padre le cantava da solo il Gayatri Mantra uno dei mantra più sacri del Sanatana Dharma. Questo mantra ha continuato ad essere per molti anni  la sua ninna nanna. Molti anni dopo, ha sentito un amico cantare la Gayatri ed è stata ispirata a mettere insieme un album evidenziandone la  sacralità. Premal e Miten registrano The Essence (1998) nell'appartamento di sua madre in Germania, dove è nata e dove ha sentito  per la prima volta il Gayartri Mantra.

Nel luglio 2005,  lei e Miten cantano per il padre di lei che stava morendo;:  abbiamo continuato a cantare per più di mezz'ora, quando improvvisamente il monitor ha mostrato che ci stava per lasciare. Ho continuato a cantare, e l'ultimo suono che ha sentito mentre se ne andava fu il suo amato Gayatri Mantra. Finalmente abbiamo finito con il mantra Om e il cerchio era completo. Mi aveva accolto su questo pianeta con il Gayatri, e lo ho accompagnato fuori da questa esistenza fisica con esso. Che benedizione  è stata questa per me! e 'stata la prima volta che io ero presente ad una morte ed essere a  quella di mio padre è un ricordo che porterò nel cuore tutta la vita .

Deva Premal ha parlato del potente effetto di questi mantra cantati; il significato letterale  è secondario. Ad esempio in sanscrito, la parola Ananda è la vibrazione sonora di beatitudine. Nel suono stesso vi è  l'energia di beatitudine che lavora a livello cellulare.

Deva Premal e Miten hanno suonato per il Dalai Lama malato nel corso di una conferenza del 2002 a Monaco di Baviera. Deva Premal e Miten utilizzano un processo di selezione naturale per scegliere i mantra dei loro album. Premal preferisce cantare i mantra in sanscrito, piuttosto che in altre lingue. Lei dice che, così, rimuovendo il suo ego dalla comprensione del mantra permette il processo creativo di esprimere il vero significato del mantra.

Rino Capitanata, è un noto musicista, compositore, nonché musicoterapeuta. Ha creato melodie ispirate e curative che accompagnano le potenti sillabe vibrazionali sciamaniche di Selene Calloni Williams, scrittrice, life-coach e Direttrice di Imaginal Academy.

Attraverso “Mantra Sciamanici” l’ascoltatrice/ascoltatore vivrà una vera e propria iniziazione. Un’iniziazione che permette di stimolare un risveglio della coscienza, capace di aprire la mente e il cuore. Le armonie sonore e i ritmi, uniti ai mantra, aiutano a superare i confini dell’Io, per abbracciare una visione più ampia, non più limitata, in sintonia con le energie del macrocosmo.
Non è necessario “comprendere” il Mantra, non è necessario interpretarlo con la mente razionale, poiché agisce attraverso la sua energia sonora, attraverso le sue vibrazioni e le sillabe dall’alto potere spirituale. Ogni Mantra emana una specifica energia, un particolare e profondo “messaggio”.

Il potere vibrazionale dei Mantra supera ogni confine, di tempo, di spazio, e supera anche gli steccati culturali. Proprio perché vanno oltre la dimensione intellettuale, tutti possono ascoltarli e invocarli. 
Sono ideali anche per praticare yoga, o come tappeto sonoro per sedute di Reiki, massaggi ayurvedici o, semplicemente, per rilassarsi e allontanarsi dai tumulti caotici della società dei consumi. 
Rino Capitanata canta mantra e produce suoni che parlano al Cuore e che aiutano a riconnetterci con la nostra dimensione più profonda, in simbiosi con la natura e con le energie del cosmo. 

 Krishna Das è maestro di Canto Vedico, Sitar e di altri strumenti musicali dell'India, tra i quali Surbahar, Saranghi, Harmonium, ecc.     Molto apprezzato sia in India che in Occidente ove tiene stage e concerti per sei mesi all'anno, ha dedicato la sua vita alla musica in cui sa infondere profondo senso di gioia e di incanto interiore. 

Krishna Das è conoscitore ed interprete della cultura Vedica, in grado di trasmettere con la sua musica le profonde sensazioni di quella antica filosofia di vita. Il maestro Krishna Das, da anni compone ed incide musica trascendentale, "musica dell'anima" con lo scopo di portare l'ascoltatore in profondo stato di rilassamento e di meditazione, raggiunti attraverso Mantra e Nada (yoga del suono) che sono due aspetti dello Yoga, delle tecniche dei suoni e delle vibrazioni trascendentali, nate in India più di 5000 anni.  Questo tipo di pratiche portano all'individuo una condizione ottimale per quanto riguarda l'equilibrio psicofisico. I suoni trascendentali hanno la capacità di agire sul corpo sottile dell'essere vivente, in modo particolare dell'essere umano, portandolo a contatto con il proprio sé. La medicina occidentale ha confermato le molteplici proprietà terapeutiche di questo tipo di pratiche sonore adottate dal maestro Krishna Das, chiamandole con il termine di "musico-terapia".  Il maestro Krishna Das in decenni di permanenza in India è stato allievo di grandi maestri spirituali ed artistici. In particolare ha ricevuto la sua iniziazione artistica dal grande maestro Pandit Ravi Shankar. 

martedì 18 marzo 2025

Mindfulness (o meditazione di consapevolezza) Buddhista

Mindfulness e meditazione sono diventati argomenti di grande attualità: su Amazon si trovano oltre 50.000 libri sull’argomento, mentre su YouTube esistono centinaia di migliaia di video dedicati alla meditazione. Influencer, guru offrono consigli su come ridurre lo stress e raggiungere la felicità. Molti sostengono che meditare ogni mattina aiuti a eliminare le distrazioni e a mantenere la concentrazione, mentre alcune aziende promuovono la mindfulness tra i dipendenti per aumentare il benessere e l’efficienza sul lavoro.         

Tuttavia, questa interpretazione moderna porta a incomprensioni sulla natura autentica della meditazione di consapevolezza.  Si tende a credere che la meditazione di consapevolezza consista esclusivamente nel vivere il momento presente, lasciando andare le preoccupazioni sul passato e sul futuro per raggiungere uno stato di rilassamento e felicità. La maggior parte delle pratiche di mindfulness implementate da molti professionisti e organizzazioni mancano della comprensione di cosa sia la consapevolezza nella tradizione buddhista e la mindfulness (meditazione di consapevolezza) viene ridotta a una tecnica di auto-aiuto. 

Sebbene ci sia un fondo di verità in questa visione, essa è molto diversa dalla prospettiva buddhista. La meditazione di consapevolezza ha radici millenarie ed è strettamente legata alle pratiche buddhiste. 

L'approccio moderno può addirittura risultare problematico quando le aziende lo utilizzano per promuovere il “non giudizio” in ambienti lavorativi difficili, spingendo i dipendenti ad accettare particolari condizioni di lavoro. La meditazione di consapevolezza non equivale alla semplice consapevolezza non giudicante, né è soltanto uno strumento per ridurre lo stress. Nel contesto buddhista, essa rappresenta un percorso di realizzazione e trasformazione.

Nei testi classici buddhisti, la consapevolezza è definita come un atto di “mantenimento della memoria e del ricordo”, un processo che porta alla comprensione del proprio vero sé. Essa ha un chiaro obiettivo soteriologico: liberare la mente dalle afflizioni, ridurre l’auto-referenzialità, sviluppare una maggiore sensibilità etica e morale e coltivare un senso altruistico verso tutti gli esseri senzienti. In questo contesto, la mindfulness non è uno stato di rilassamento, ma un cammino di trasformazione interiore.

L’equivoco più grande sta nel credere che la meditazione di consapevolezza serva a “sfuggire” alla mente, quando in realtà il suo scopo è affrontarla direttamente. La meditazione buddhista è, infatti, una ricerca profonda della nostra vera natura.

Molte pratiche moderne suggeriscono di chiudere gli occhi, focalizzarsi sul momento presente, sul respiro e non giudicare i pensieri che emergono. A volte si ricorre a meditazioni guidate per facilitare il processo. Tuttavia, nella tradizione buddhista, la meditazione non è un’esperienza esclusivamente mentale, ma si realizza attraverso il corpo.

Nella meditazione buddhista tradizionale, gli occhi rimangono aperti con coscienza consapevole ed espandendo il campo visivo, il respiro gioca un ruolo fondamentale: è guidato dal diaframma, lento e profondo, con lunghe espirazioni che coinvolgono i muscoli addominali. La postura è altrettanto importante: si sta seduti a gambe incrociate con la schiena dritta, le spalle rilassate e il mento leggermente rientrato, creando un’unione tra mente e corpo. Inizialmente questa posizione può risultare scomoda e persino dolorosa, ma affrontare tale disagio è parte del processo meditativo.

A differenza della visione moderna, che fornisce indicazioni su come “controllare” la mente, nella meditazione buddhista non vi sono istruzioni rigide su cosa fare con i pensieri. Ai principianti può essere suggerito di contare i respiri per unificare mente e corpo, ma il vero obiettivo è immergersi completamente nell’esperienza del respiro e del corpo. Attraverso questa pratica, si entra in contatto con il proprio vero sé e si affronta la visione dualistica della vita umana: la separazione tra mente e corpo, sé e altro, vita e morte.

In definitiva, la mindfulness buddhista è molto più di una semplice tecnica di gestione dello stress: è un mezzo per comprendere la natura della mente, trasformare il proprio modo di essere e sviluppare una profonda connessione con tutti gli esseri viventi.

sabato 11 gennaio 2025

Il significato di meditare

Per illustrare che cosa è la meditazione prendiamo le frasi dei tre grandi meditanti.               

 La parola meditare è spesso usata impropriamente; per l'occidentale meditare si riferisce a mens, al mentale e alla sua attività. Invece, per l'orientale, la pratica è rivolta in altre dimensioni, per superare il mentale, per arrivare a stati superiori di coscienza e contemplazione, ossia arrivare a degli stati di coscienza diversi dal comune per entrare in contatto con la parte più spirituale dell'essere, al nostro vero Sé.     L'uomo vive identificato con i contenuti della mente, creati soprattutto dalle emozioni, è un'esperienza ricolorata dal mentale, si producono così immagini distorte scambiate per realtà e ci si allontana dalla visione oggettiva. - Amadio Bianchi.

La parola sanscrita per meditazione, “bhavana”, significa “coltivare” le qualità positive dell'essere umano e la parola tibetana “gom” significa “familiarizzare” con il funzionamento della mente. Così, in un certo senso, la meditazione si riferisce all’allenamento della mente, coltivando qualità salutari, come la presenza attenta e l’amore altruistico, e in un altro modo si riferisce al diventare più familiare con il funzionamento della nostra mente e, infine, con la vera natura della mente, che è sia consapevole che priva di esistenza intrinseca. Si possono anche distinguere due tipi principali di meditazione: analitica e contemplativa. La prima si usa per esempio quando si de-costruisce la nozione di un “sé” indipendente, unitario e duraturo o quando si medita sull’impermanenza e l’interdipendenza di tutti i fenomeni; la seconda è quella di riposare nella natura ultima della mente, nell’unione di apparenza e vuoto. La meditazione non è un vuotarsi la testa, ma diventare a poco a poco un miglior essere umano. Occorre praticare la meditazione per individuare le cause e le tossine mentali che ci perturbano, per liberarsi dai conflitti interiori.  - Matthieu Ricard

La meditazione non è pensare con gli occhi chiusi o schiarirsi le idee. La meditazione è un allenamento per coltivare una visione calma e lucida del mondo e di se stessi. È un allenamento della mente per andare verso questo. La meditazione mindfulness, che è quella che ho insegnato per molto tempo e che pratico ogni giorno, segue un percorso che passa attraverso il momento presente: ci centriamo sulla nostra esperienza del momento, che osserviamo con distacco (respiro, corpo, suoni, pensieri); poi, da questo punto di ancoraggio nel presente e nella realtà, osserviamo il funzionamento della nostra mente, del nostro corpo e la nostra connessione con il mondo.   - Christophe André

mercoledì 18 settembre 2024

Meditazione - Yongey Mingyur Rinpoche

Ricorda, la meditazione non riguarda la soppressione dei pensieri, ma il processo di far riposare la mente nel suo stato naturale ed essere completamente aperti all'accettazione e naturalmente consapevoli di pensieri, emozioni e percezioni sensoriali mentre sorgono. La mente è come un fiume e, poiché è come un fiume, non ha senso cercare di fermare il flusso del fiume.

Non importa quanti pensieri ti attraversano la mente quando mediti. Se cento pensieri ti attraversano la mente in un minuto, allora hai cento condizioni per la meditazione.

Quando ti ritrovi a lottare con molte distrazioni, puoi effettivamente fare buon uso di ogni distrazione come oggetto di meditazione. In questo modo, queste distrazioni non sono più distrazioni, ma diventano un aiuto per la tua meditazione.

Il processo di osservazione dei pensieri è così: un pensiero è seguito da un intervallo, un intervallo è seguito da un altro pensiero e poi da un altro intervallo. Se continui a praticare, gradualmente questi intervalli diventeranno sempre più lunghi e la tua esperienza di stabilizzare la tua mente così com'è diventerà sempre più diretta.  Pertanto, la mente ha due stati di base, uno con pensieri e l'altro senza pensieri, e questi due stati sono anche condizioni utili per la meditazione.    

Yongey Mingyur Rinpoche (1975 - )  è un Maestro del buddismo tibetano e autore di molti bestseller. Fin da giovane è stato attratto da una vita di contemplazione ed ha trascorso molti anni della sua infanzia in un severo ritiro. Ha creato la Tergar Meditation Community, una comunità di meditazione buddhista. Vedi link:   https://tergar.org/      https://tergar.org/about/mingyur-rinpoche/

mercoledì 28 agosto 2024

Aprirsi all'istante presente - Meditazione con Christophe André

Christophe André (1956 - ) è stato uno dei primi psichiatri a introdurre l’uso della meditazione in psicoterapia.

Testo della meditazione guidata:  Mi porto seduto;  trovo una posizione comoda e confortevole. Durante questo esercizio cercherò di essere qui, presente a tutto quello che accade;   Prendo consapevolezza della posizione del mio corpo, permetto alla mia colonna di essere più dritta possibile, senza irrigidimento, lascio i miei reni inarcarsi un po', le mie spalle aprirsi, la mia testa  in linea con la colonna. Prendo dolcemente coscienza del mio respiro, del movimento della respirazione che va e viene in tutto il mio corpo, o come il mio torace si apre e si chiude, il mio addome che va e viene al ritmo del mio respiro, osservo il movimento dell'aria che entra e esce dal mio corpo, sento il passaggio dell'aria nel naso, nella gola, nei bronchi, l'aria arriva ai polmoni e si espande in tutto il corpo, la respirazione va e viene in tutto il mio corpo, realizzo che tutto il mio corpo respira. Ora dolcemente, per un momento, porto tutta la mia consapevolezza sui suoni che ho intorno a me, prendo consapevolezza dell'ambiente sonoro, di questo bagno sonoro che arriva alle mie orecchie, alcuni suoni sono gradevoli, altri sgradevoli, sono li e arrivano alla mia coscienza, allora li accoglio senza irrigidirmi o gioirne, li accolgo perchè sono già là, indipendentemente dal mio giudizio su di loro.

Prendo coscienza della mia respirazione, coscienza del mio corpo, coscienza dei suoni, e ad un certo momento realizzo che non sono piu nell'esercizio e sono partito nei miei pensieri, mi rendo che mi sono focalizzato su qualcosa, la mia attenzione si è racchiusa su un oggetto preciso, su un pensiero, un'emozione, un'immagine. Forse sui dolori dovuti alla mia posizione, e ogni volta che la mia mente si richiude in questo modo, ne prendo consapevolezza, non cerco di scacciare questo oggetto, questo pensiero che ha catturato la mia attenzione...  

No!!! Vado di nuovo ad allargare la mia coscienza e a riconnettermi al respiro, al corpo, ai suoni e a tutto questo nello stesso tempo, in una coscienza accogliente e aperta. Dolcemente, regolarmente, instancabilmente, ingrandisco, amplio le frontiere della mia mente, accolgo tutto, e se quello che mi da fastido è già qui, accolgo tutto il resto, non cerco niente altro che essere qui: "Sono vivo, presente, cosciente".  

Istante dopo istante, respirazione dopo respirazione, non ricerco niente altro, assolutamente niente altro che aprire e allargare la coscienza ancora ed ancora,  fino ad arrivare ad essere una pura presenza,  un soffio leggero, un ricettacolo del mondo.  Resto semplicemente qui, senza aspettative, senza giudizio, a prendere consapevolezza, a percepire, a sperimentare la vita qui e adesso...

Lasciando l'esercizio, non lasceremo l'istante presente che ritornerà dolcemente, regolarmente durante tutta la giornata, nell'ambito di tutte le mie attività e ritorneremo all'esperienza dell'istante presente che sarà come un rifugio, una base di osservazione e ri-pacificazione, di riunione con me stesso e con il mondo che mi circonda.

Per ascoltare la meditazione guidata in francese:  https://www.youtube.com/watch?v=cZWlfDUq-hk  

Sito ufficiale di Christophe André:  https://www.christopheandre.com/

domenica 7 luglio 2024

I tipi di meditazione

La meditazione è una tecnica antica, legata alla maggior parte dei percorsi spirituali. Ce ne sono di diversi tipi (statica, dinamica, con visualizzazione, ripetendo un mantra o un suono…). 


La meditazione cambia la visione del mondo, agisce su ormoni e neurotrasmettitori: il cervello si trasforma, gli studi hanno dimostrato la neuroplasticità del cervello, alcune parti del cervello si modificano, la corteccia prefrontale tende a ristringersi con l'età; con la meditazione, il processo viene invertito e i meditanti di lungo corso si ritrovano con una neocorteccia più ampia.       
Alcune strutture cerebrali come l’amigdala e le aree del lobo parietale che elaborano i dati sensoriali, si spengono e questo porta a una riduzione della produzione del cortisolo, altrimenti definito come l’ormone dello stress. Altre strutture, invece, come il lobo dell’insula (che è associato alla felicità, alla bontà, alla compassione), il corpo calloso (che connette fra loro gli emisferi destro e sinistro) e l’ippocampo (che gestisce l’autocontrollo emozionale) si accendono, rilasciando altre sostanze. Di fatto, le parti della corteccia prefrontale che mantengono l’attenzione e regolano le emozioni sono attive durante la meditazione, mentre le parti che riguardano la personalità – la paranoia dell’Io – piombano nell’oscurità».

Molti personaggi famosi si sono avvicinate alla meditazione: Madonna, Alanis Morrisette, i Beatles, De Chirico, Mick Jagger, Franco Battiato, Demi Moore e Cristiano Ronaldo.   «L’uomo dalla notte dei tempi è in cerca di risposte sulle ragioni per le quali siamo nati e sulla nostra origine. Entrare in contatto con il divino è un interesse dell’essere umano dai tempi antichi. Meditare di sicuro avvicina al proprio io interiore". 

Esistono diversi tipi di meditazione, vediamone alcuni.   

Meditazione zen.  Forse quella più conosciuta, nel senso che se pensiamo a qualcuno che medita, la maggior parte delle persone lo immaginerebbe così. «La meditazione zen è, tutto sommato, semplice e può essere praticata da tutti. È infatti sufficiente sedersi in una posizione comoda, con la schiena vigile ma non rigida e incrociare le gambe. Si focalizza la mente su questa attività. Quando la mente si distrae, la si riporta gentilmente al conteggio e alla respirazione. Deriva dall’anima più radicale del buddismo e venne presa a ispirazione e a modello dai Samurai e dalla casta dei guerrieri».

Meditazione trascendentale. Questa meditazione era quella praticata dai Beatles: «Consiste nella ripetizione di un mantra per circa 15-20 minuti per due volte al giorno, tenendo gli occhi chiusi. I mantra sono suoni che hanno presa sul nostro inconscio. L’obiettivo di questa meditazione è quello di contrastare i campi elettromagnetici creati dai pensieri al fine di raggiungere pace e armonia. Ha un effetto antistress e non richiede né rituali, né posizioni speciali».

Meditazione buddhista: Samatha e Vipassana. Gli insegnamenti buddhisti precisano che ci sono due vie: quella del rilassamento, samatha (calma mentale) che dovrebbe essere associata ad una visione profonda, vipassanā. Solo grazie alla calma, si può accedere ad uno stato di visione profonda, per entrare in contatto con la vera realtà, senza mediazioni, e dunque comprenderla e accettarla per quello che è. Entrambe  si basano sull’attenzione e sul controllo del respiro. All’inizio la mente osserva la respirazione o i movimenti del corpo, poi essa diviene un tutt’uno con questi. Detta all’occidentale, il punto centrale della meditazione è costituito da tre fasi: la concentrazione, ossia far convergere tutta l’attenzione su un oggetto che di solito è il respiro, poi fare in modo che la mente si calmi e poi  passare all’introspezione. La meditazione buddhista punta sulla contemplazione attraverso la postura e il respiro, ma soprattutto mira a svelare che la mente e la materia sono impermanenti, insoddisfacenti e impersonali».

Meditazione Mindfulness. Traducendo il termine letteralmente, significa “pienezza della mente”. Ma non di pensieri, bensì di consapevolezza del momento presente, del “qui e ora”. «Con questa tipologia di meditazione ci si concentra sul momento presente e si osservano i pensieri, senza giudicarli e piano piano si raggiunge la serenità». Se sopraggiunge un pensiero negativo si osserva senza giudicarlo. Poi si lascia andare.  La mindfulness ha come obiettivo l'ascolto della propria “voce interiore”, per ancorarsi nel qui e ora.

Meditazione Emptiness (o vuoto mentale).   Questa pratica meditativa, è molto semplice e consiste «Nel sedersi, stare tranquilli, svuotarsi da immagini mentali, pensieri ed emozioni, per dimenticare tutto e focalizzarsi sul vuoto e la quiete».

Meditare recitando mantra.  Alcune forme di meditazione prevedono la recitazione di un mantra che può essere un enunciato sacro, un suono primordiale, una sillaba, una parola, un fonema, una frase in sanscrito o in pali. Si ritiene che il mantra possa agire sul subconscio e lavorare sul piano sottile ed energetico. Uno dei mantra più conosciuti è l’Om o Aum, un suono sacro che rappresenta l’essenza della realtà ultima, il cui significato varia di tradizione in tradizione.
Nel buddhismo è molto comune l’uso di mantra come la ripetizione del nome del Buddha o frasi sulla gentilezza amorevole o sull’impermanenza di tutte le cose. Nel Tibet, “Om Mani Padme Hum”, il mantra della compassione (vedi appendice), è il mantra più recitato dai buddhisti, è inciso e dipinto nelle rocce e sulle ruote da preghiera, lo si vede ovunque. I buddhisti credono negli effetti benefici che si producono recitando questo mantra, per alleviare il karma negativo, per accrescere e accumulare meri- ti, per sfuggire alle sofferenze e per consentire il raggiungimento dello stato di illuminazione del Buddha.  

La meditazione hawaiana dell'Ho’oponopono è praticata in zone come Samoa, Tahiti e la Nuova Zelanda, è una pratica di riconciliazione e perdono interiore usata per cancellare le memorie inconsce dei pensieri negativi. «Per questo si pratica come un mantra, recitando velocemente e mentalmente, ma anche oralmente, Ho’oponopono. Se si vuole avere un’efficacia maggiore derivante dal senso e significato delle parole, si può anche sostituire con: mi dispiace, perdonami, ti amo, grazie».

Meditazione camminata. Una leggenda buddhista racconta che il risveglio del Buddha avvenne in una sola notte, ma che, prima di quella meditazione finale che condusse Siddhartha all’illuminazione, l’illuminato camminò per quaranta giorni e in quel cammino preparò corpo, mente e spirito al risultato finale. Camminare in meditazione significa camminare in modo da sapere che stiamo camminando. Diventiamo consapevoli ad ogni passo del contatto dei nostri piedi con il terreno e cominciamo a sincronizzare i nostri passi al ritmo del nostro respiro. Ci liberiamo dalle nostre paure e preoccupazioni e diventiamo presenti al 100% ad ogni passo, acquisiamo una consapevolezza aperta ai nostri cinque sensi, ci apriamo ai suoni che ci circondano, ci accorgiamo del paesaggio, sentiamo l'odore dei fiori, e avvertiamo il miracolo del "camminare sulla terra".
Questa particolare modalità meditativa proposta dal maestro zen Thich Nhat Hanh è nata dalla constatazione che, nella nostra vita quotidiana, siamo prevalentemente dominati dall’”abitudine di correre”: “Ricerchiamo la pace, il successo, l’amore – sempre di corsa – e i nostri passi sono uno dei mezzi con i quali scappiamo dal momento presente".   «Per praticare la meditazione camminata è utile ricordarsi che anche qui, le parole/azioni si trasformano in un mantra. Si parte da fermi con i piedi paralleli; si porta avanti il primo piede e si pensa alla parola “avanzare”, nel momento in cui il piede appoggia la pianta sul suolo si pensa alla parola “toccare”, nella fase di spinta del piede si pensa alla parola “spingere” e quando il piede ha raggiunto l’equilibrio e si sta per alzare l’altro, si pensa alla parola “stare”».  Si deve camminare con attenzione e ad ogni passo occorre concentrare tutta l'attenzione sul gesto ed associarci il respiro.

Meditazione yoga. Oggi la maggior parte delle persone pratica yoga: «tanti però praticano gli asana alla stregua di una semplice attività sportiva o da palestra; invece, in primis, quella dello yoga è una pratica spirituale». La pratica mira ad andare oltre il mentale, per raggiungere stati di coscienza e di contemplazione più elevati e straordinari ed entrare in contatto con la parte più spirituale del nostro essere, con il nostro vero Sé. Viviamo identificandoci con i contenuti della nostra mente, creati soprattutto dalle emozioni; è un'esperienza plasmata dal mentale; si producono immagini distorte che vengono scambiate per realtà, e così ci allontaniamo da una visione oggettiva. Nella meditazione il meditante è solo, i sensi sono totalmente annichiliti e si usa l'unico strumento adatto - la coscienza -, per arrivare (per cercare) di conoscere la realtà che è il nostro Sé. Il Sé è la parte di noi che abbiamo in comune con tutte le manifestazioni, è l'unica realtà; tutto il resto è permanente e non ci appartiene, nulla ci appartiene, ci lasciamo tutto alle spalle quando moriamo. Ce ne andiamo solo con la goccia chiamata Sé. E con questa goccia l'uomo va incontro alla sua parte divina, cerca di entrare in contatto e di conoscere questa parte divina, questo è l'obiettivo della meditazione.  Di meditazione yoga ne esiste più di una (Kundalini, Terzo Occhio, Visiva, Chakra) e tutte hanno come fulcro la respirazione.    Yoga è una meditazione che unisce la pratica fisica a quella spirituale.  

Dal sito   https://www.vanityfair.it/article/8-tipi-di-meditazione-trova-quella-adatta-a-te

Come Meditare: Le Diverse Tecniche di Meditazione

È un dato di fatto: comprovato da millenni di studi a favore e ricerche scientifiche, siamo ormai consapevoli che meditare faccia bene alla salute generale, sia fisica che psicologica.  Quando si parla di meditazione ci si riferisce ad un universo enorme, ricco di sfumature. Ci sono tante pratiche diverse…così diverse che alcuni tipi di meditazione dicono praticamente il contrario di altri. Ad esempio alcuni tipi di meditazione dicono che è importante scacciare i pensieri, altri dicono invece che è importante osservarli. Alcune dicono che è importante concentrarsi su un mantra, altre che bisogna creare il vuoto.


Non solo, anche gli studi scientifici sulla meditazione non si suddividono in egual modo per ogni pratica meditativa, ma la più studiata in assoluto, quella per cui i risultati scientifici sono maggiormente comprovati è la Meditazione mindfulness.   

Per iniziare è bene distinguere la meditazione in 2 filoni in principali: la focalizzazione e l'osservazione (o monitoraggio). Questa distinzione non è netta poiché, nella pratica meditativa, focalizzazione e monitoraggio si intrecciano tra loro. Tuttavia è fondamentale farla per iniziare a conoscere il mondo della meditazione, perché le varie pratiche meditative appartengono all’uno o all’altro filone in base a come viene utilizzata l’attenzione.

In una meditazione che appartiene al filone della focalizzazione la tua attenzione, il tuo focus viene indirizzato verso un “qualcosa” in particolare. Può essere qualsiasi cosa e non deve, per forza di cose, essere un oggetto reale. Ci sono infatti meditazioni che pongono l’attenzione sul respiro, su un mantra, su di una immagine, su una parte del corpo, ecc.     Può risultare complicato mantenere il focus su quello che è l’oggetto della tua attenzione. Non c’è da preoccuparsi, è normale. Raggiungere la capacità di mantenere alto il flusso di attenzione sull’oggetto scelto è complicato e diventa più forte con l’avanzare del praticantato. Con il passare del tempo ti distrarrai meno facilmente e svilupperai una profondità e una fermezza di attenzione tale da permetterti di assorbire e percepire tutte le proprietà benefiche della dolce arte della meditazione.

Le meditazioni che appartengono al filone del monitoraggio invece suggeriscono di focalizzare l’attenzione sull’osservazione dei propri pensieri, in modo non giudicante. Perdersi tra i pensieri è naturale, è una funzione formidabile della mente che ti consente di avere idee creative e anche di riposarti, ma nulla c’entra con una pratica meditativa, perché quando ti perdi tra i tuoi pensieri ti identifichi con essi, mentre quando mediti non c’è identificazione con i pensieri, adotti la tecnica del testimone e li guardi da lontano e non li giudichi.

I vari tipi id meditazione più conosciuti.

1) Meditazione Zen (Zazen)-buddhista.  Pone le sue radici nel Buddismo cinese e si associa al nome di  Bodhidharma, un monaco indiano vissuto nel sesto secolo dC. In genere, la meditazione Zen si pratica da seduti in una posizione a gambe incrociate su una stuoia o un cuscino. Con la colonna vertebrale completamente ritta dal bacino sino al collo, espressione concentrata e sguardo basso guardando di fronte a te.   Si può praticare in due differenti modi:  

  •  Concentrazione sul respiro. qui occorre focalizzare l’intera attenzione sul movimento provocato dalla respirazione attraverso il naso. Sarà possibile aiutarsi contando all’indietro nella mente nel momento in cui si inala. Se per un qualsiasi motivo capita di perdere l’attenzione e di distrarsi, basta portarsi di nuovo in attività e riprendere a contare dall’inizio mentre sei concentrato a respirare.  
  • Shikantaza (letteralmente “seduti”) in questa particolare forma non viene utilizzato alcun oggetto specifico nella meditazione. Piuttosto, in questo caso, si focalizza il tutto per rimanere nel momento presente, consapevolmente. Si osserva tutto ciò che passa attraverso la mente, ma senza soffermarti su niente in particolare.

2) Meditazione buddhista Samatha e Vipassana. Gli insegnamenti buddhisti precisano che ci sono due vie: quella del rilassamento, samatha (calma mentale) che dovrebbe essere associata ad una visione profonda, vipassanā. Solo grazie alla calma, si può accedere ad uno stato di visione profonda, per entrare in contatto con la vera realtà, senza mediazioni, e dunque comprenderla e accettarla per quello che è.   La prima serve a stabilizzare la mente e raggiungere quella che si chiama “concentrazione”.  Vuol dire essere in grado di focalizzare l’attenzione sulla meditazione stessa, sviluppare una visione chiara sulle sensazioni corporee e sui fenomeni che richiamano la mente, osservandoli momento per momento, istante per istante. Senza aggrapparsi a qualsiasi cosa per poi passare al secondo stadio. La pratica consiste nel sedersi su di un cuscino posato sul pavimento, con le gambe incrociate e la spina dorsale eretta. Il primo passaggio è quello di sviluppare la concentrazione attraverso il respiro consapevole. Dopo si  possono cominciare a sentire altre percezioni: suoni, sensazioni all’interno del nostro corpo, emozioni, ecc. basta notare come questi fenomeni emergono nel campo della consapevolezza e poi riprendere il controllo sulla respirazione.
L’oggetto al centro della pratica (il movimento dell’addome, per esempio) viene definito primario, mentre secondario è quello che si pone nel campo della percezione, sia attraverso i cinque sensi (udito, olfatto, tatto, vista, gusto) sia attraverso la mente (pensieri, ricordi, sentimenti, ecc.) per evitare di essere trascinati dai propri pensieri e non farsi sopraffare da essi. Piano, piano si sviluppa una chiara visione e il fenomeno è pervaso da tre segni di esistenza: l’impermanenza, l’insofferenza e il vuoto di sé. Di conseguenza, si sviluppano, in relazione a questi progressi, l’equanimità, la pace e la libertà interiore.

3) Meditazione Mindfulness. Mindfulness è la traduzione occidentale del termine buddista “sati”, che significa essenzialmente consapevolezza, attenzione sollecita. Una delle figure di riferimento per quanto riguarda questo tipo di meditazione è John Kabat-Zinn che ha creato nel 1979 un programma di meditazione per la riduzione dello stress presso il reparto medico dell’Università del Massachusetts.
La Mindfulness consiste nel concentrarsi sul momento presente, osservando i pensieri che emergono senza giudicarli. Occorre prestare attenzione alle sensazioni, ai pensieri e alle emozioni che si presentano attimo per attimo.
Per la “pratica formale” si comincia seduti su di un cuscino sul pavimento o su una sedia e si presta particolare attenzione al movimento del respiro. Si cerca di essere consapevoli del momento presente, del fatto che stiamo respirando e di come ci si sente in un determinato istante. Poi si comincia a percepire sensazioni, pensieri, sentimenti, emozioni.
È normale che la mente venga distratta mentre si percepiscono suoni, sensazioni e pensieri. Ma ogni qual volta che ciò accade, si riconosce di essersi distratti e  si  riporta l’attenzione sulla respirazione. Poi si osservano i pensieri e le sensazioni che emergono, sempre in modo oggettivo, senza giudicare.  È possibile praticare la meditazione mindfulness persino durante le attività quotidiane, attraverso le “pratiche informali”. Mentre mangiamo, mentre stiamo camminando, addirittura mentre stiamo parlando.

4) Meditazione Gentile (Metta).  Deriva dalla parola “metta” che significa bontà, benevolenza. È una pratica che proviene dalla tradizione buddhista tibetana.  Peremtte di incrementare la capacità di entrare in empatia con il prossimo, di sviluppare emozioni positive attraverso la compassione (compreso un atteggiamento più amorevole verso se stessi), di aumentare l’accettazione di se stessi. Si pratica seduti nella classica posizione di meditazione con le palpebre socchiuse. Si comincia sviluppando una sensazione di benevolenza verso se stessi, poi, come se fosse un passaggio progressivo, verso ogni essere senziente e non.
La sensazione che andremo a sviluppare è un desiderio di felicità e benessere per tutti, nessuno escluso. Ci si può aiutare con la recitazione di parole e/o frasi specifiche che evocano una sensazione di cordialità, visualizzando la sofferenza degli altri e inviandogli amore o immaginando uno stato di qualsiasi altro essere augurandogli felicità e pace. Ogni qualvolta si pratica questo tipo di meditazione, si potrà percepire più gioia. Ed è proprio questo il segreto della felicità di Mathieu Richard il monaco buddhista francese definito "L'uomo più felice del mondo".

5) Meditazioni con mantra. Il mantra è una semplice sillaba o di una parola, in genere senza alcun significato particolare, che viene ripetuta con lo scopo di focalizzare la nostra mente.  Alcuni maestri indicano che la scelta del mantra e la sua corretta pronuncia sono molto importanti a causa della vibrazione associata al suono. Il mantra è  uno strumento per mettere a fuoco la mente e sono usati nelle tradizioni induiste e buddhiste, nel giainismo, nel sikhismo e nel taoismo.
Come per la maggior parte delle pratiche meditative, si comincia seduti con la colonna vertebrale eretta e gli occhi chiusi. Si ripete poi il mantra mentalmente, in silenzio, più e più volte nell’arco dell’intera sessione. A volte il mantra viene sussurrato con leggerezza e con dolcezza per aiutarsi a trovare la concentrazione necessaria.
È possibile praticare per un certo periodo di tempo o per un determinato numero di ripetizioni, di solito si va dalle 108 alle 1008 aiutandoci con un rosario composto da perline chiamato mantra. Consigliato il libro "Mantras: Words of Power" che spiega la tecnica nel dettaglio con utili approfondimenti.

6) Meditazione Trascendentale. La meditazione trascendentale è una forma specifica che prende forma dal mantra. Introdotta da Maharishi Mahesh Yogi nel 1955 in India, si sporge per la prima volta in occidente verso la fine degli anni ’60 e i primi anni ’70. Il fondatore è conosciuto per essere divenuto il punto di riferimento spirituale dei Beatles e di altri personaggi volti al mondo dello spettacolo. È una forma meditativa ampiamente conosciuta, con oltre 5 milioni di praticanti in tutto il globo. È così tanto nota che moltissimi ricercatori hanno condotto su questa disciplina parecchi studi ed esperimenti scientifici che ne accertano i benefici.  L’unico modo per imparare a praticarla è quello di seguire un corso e formarsi attraverso uno degli istruttori autorizzati a farlo. In generale, tuttavia, è noto che la pratica prevede l’utilizzo di un mantra e ogni sessioni dura circa 15-20 minuti per due volte al giorno. Si raccomanda di mantenere gli occhi chiusi per una maggiore sensazione di concentrazione.  Il mantra non è unico e uguale per tutti, ma viene fornito al praticante in base al suo genere di sesso e alla sua età. I suoni sono associati a nomi di divinità indù provenienti dal tantrismo.

7) Meditazione Yoga. Con questo termine si indicano i diversi tipi di meditazione insegnate nella tradizione yoga con l’obiettivo di raggiungere la più alta purificazione spirituale e conoscenza di sé. Per risalire ai suoi inizi bisogna tornare indietro fino al 1700 aC.
Nello yoga classico, le pratiche contemplative di meditazione  son chiamate pratyahara, dharana, samadhi.  Ci sono diversi tipi di meditazioni nello yoga:

  • Meditazione sul Terzo Occhio.  Con gli o cchi chiusi si focalizza l’attenzione sul posto che si trova “tra le sopracciglia” (chiamato, appunto, terzo occhio). La concentrazione deve essere costantemente indirizzata a questo punto come un mezzo per mettere a tacere la mente. Con il passare del tempo gli spazi tra i pensieri silenziosi diventano più ampi e profondi.Meditazione Chakra.  Qui ci concentriamo su uno dei sette chakra del corpo (centri di energia), in genere puntando sulla capacità di visualizzazione e cantando un mantra specifico per ogni singolo chakra.
  • Meditazione Visiva. Fissiamo lo sguardo su un oggetto esterno. In genere si utilizzano una candela, un’immagine o un simbolo. Viene praticata prima con gli occhi aperti e poi successivamente chiusi per allenare i poteri di concentrazione e di visualizzazione della mente. Dopo aver chiuso gli occhi si dovrebbe riuscire a mantenere viva l’immagine dell’oggetto all’interno del nostro “occhio della mente”.
  • Meditazione Kundalini. Si tratta di una pratica complessa che si pone l’obiettivo di risvegliare l’”energia kundalini” che si trova in sospeso sulla base della colonna vertebrale. Questa disciplina, se praticata da una persona inesperta, può diventare pericolosa.
  • Yoga Kriya. La meditazione consiste nel concentrarsi sull'energia, la respirazione. È una tecnica molto adatta per chi ha un temperamento devozionale e cerca gli aspetti più spirituali della meditazione.
  • Nada Yoga. E' detta anche “meditazione del suono”; il praticante focalizza tutta la sua attenzione solo sul senso dell’udito per rendere quieta e calma la mente. Con il tempo la pratica si evolve si impara ad ascoltare i suoni interni del corpo e della mente. L’obiettivo finale è quello di arrivare a percepire il suono ultimo, privo di vibrazioni, che si manifesta come “OM”.
  • Pranayama.  Non si tratta esattamente di meditazione, ma è una pratica eccellente per calmare la mente e prepararla alla meditazione. Consiste nel portare l'attenzione sul respiro, respirando in maniera ritmica e concentrarsi sulle pause tra inspiro ed espiro e tra espiro ed inspiro.  Si respira attraverso il naso e si lascia che sia l’addome (non il petto) a muoversi. Questo riequilibria le energie vitali e calma la mente e il corpo.

8) Meditazione sulla frase"Io sono". Si tratta della traduzione del termine sanscrito “Atma vichara”. Le due parole significano “indagare” e si riferiscono al concetto di andare alla ricerca della nostra vera natura per trovare la risposta della vita: io chi sono? Questa domanda ce la possiamo spesso durante la nostra vita: perché siamo qui? Chi siamo esattamente? Qual è lo scopo della nostra esistenza? A che cosa siamo destinati? Tali pensieri possono spingerci alla ricerca del nostro io interiore eprofondo. Praticare questa disciplina di meditazione permette di prendere una profonda conoscenza del nostro vero io, il nostro vero essere.
I riferimenti a tale pratica sono molto antichi. Dobbiamo camminare indietro nel tempo e visualizzare testi indiani piuttosto datati. Tuttavia, anche nel 20esimo secolo questo tipo di meditazione è piuttosto popolare ed estesa e viene proposta da un saggio indiano, Ramana Maharshi, vissuto tra la fine del 1800 e la metà de l 1900.Il movimento moderno che si fonda sulla “non-dualità” si è fortemente ispirato agli insegnamenti di questo grande saggio. In questa tecnica il senso di “Io sono” è il centro di tutto il nostro universo. È lì, proprio lì, in una forma o in un’altra. È nascosto nei nostri pensieri, all’interno delle emozioni che proviamo, nei nostri ricordi, in ciò che percepiamo. Eppure non riusciamo a percepirlo. Siamo abituati a confondere il chi siamo in realtà con il nostro corpo fisico, con la nostra mente, con i nostri ruoli e le nostre etichette.
Questa fondamentale domanda esistenziale proviene dall’interno di ognuno di noi. Cerchiamo di diventare un tutt’uno con questo "Sé", andiamo in profondità alla ricerca di noi stessi. Questo andrà quindi a rivelare il nostro vero io come pura coscienza al di là di qualsiasi limitazione.
Non si tratta neppure di assaporare nel profondo la nostra personalità, ma è una pura e soggettiva sensazione di esistenza, senza immagini e concetti a essa collegati.
Un secondo modo di spiegare questa particolare e forse non molto semplice tecnica è mettere a fuoco solo la mente sulla nostra sensazione e percezione di essere, l’”io sono” non verbale, quello che brilla all’interno di ognuno di noi. Tieniamolo dentro in modo che sia puro e non venga “sporcato” per mezzo di qualsiasi probabile associazione con l percezioni.
In ogni altro tipo di meditazione, l’io si concentra su un oggetto, interno o esterno, fisico o mentale. In questa, invece, si ci focalizza solo su se stessi, sul soggetto. L’attenzione viene rivolta verso la sua stessa fonte.    Un libro molto utile per capire questa meditazione è I Am That di Nisargadatta Maharaj, un classico della modernità spirituale che vi permetterà di avvicinarvi maggiormente e in maniera approfondita a questa meditazione.

9) Meditazione cinese (con riferimento al taoismo).  La caratteristica principale di questo tipo di meditazione è la generazione, la trasformazione e la circolazione dell’energia interiore. Si pone l’obiettivo di calmare il corpo e la mente, di rendere tutt’uno il fisico e lo spirito con lo scopo di trovare la pace interiore e l’armonia con il Tao. Alcuni stili di meditazione taoista sono in maniera specifica focalizzati sul miglioramento della salute generale spinta alla longevità.  Ci sono diversi tipi di meditazione taoista, ma le categorie principali si dividono in tre classi: interno, concentrazione e visualizzazione. Ecco qui di seguito una breve panoramica:

  • Meditazione Emptiness. Ci sediamo tranquilli e svuotiamo noi stessi di tutte le immagini mentali (pensieri, sentimenti, emozioni, ecc.) volte a dimenticare tutto, qualsiasi cosa, con il fine di sperimentare la quiete interiore e il vuoto. In questo stato si  alimenta lo spirito e la forza vitale e ciò consente ai pensieri e alle sensazioni di sorgere e tramontare autonomamente. 
  • Meditazione basata sul Respiro.  Il praticante si concentra sul soffio vitale fino a quando non diventa un’azione automatica. Si osserva il respiro  oppure si seguono alcuni schemi di espirazione e inspirazione in modo da diventare coscienti dei dinamismi del Cielo e della Terra, attraverso il respiro ascendente e discendente.
  • Meditazione Neiguan. Il suo nome significa “visione interiore” e si basa sulla visualizzazione dell’interno del proprio corpo e della mente, compresi gli organi, i movimenti e i processi derivati dal pensiero. È un processo laborioso atto alla conoscenza di se stessi con la saggezza della natura nel nostro corpo. 
In genere, questi tipo di meditazioni sono praticate seduti a gambe incrociate sul pavimento con la spina dorsale ritta. Gli occhi semichiusi e fissi sulla punta del naso. Uno dei maestri più famosi, Liu Sichuan, suggerisce che, anche se non è facile, si dovrebbe praticare “unendo il respiro e la mente insieme in un tutt’uno”. 

10) Meditazione cristiana. Nella tradizione cristiana, l’obiettivo di tali pratiche contemplative è la purificazione morale e una più profonda comprensione della Bibbia, oltre che a ricercare una intimità più stretta con Dio.  Le forme forme di pratiche contemplative cristiane più diffuse sono:

  • Preghiera Contemplativa. In genere comporta la ripetizione di parole o frasi sacri, dette in silenzio con particolare attenzione e devozione.
  • Lettura Contemplativa. O più comunemente detta “contemplazione”. Consiste nel pensare in maniera profonda agli insegnamenti e agli eventi situati all’interno della Bibbia.
  • Seduti con Dio. Si tratta di una pratica silenziosa, in genere preceduta dalle prime due forme di meditazione, nella quale dobbiamo concentrare tutta la nostra mente, il nostro cuore e la nostra anima nella presenza di Dio.

Dal  sito  https://meditazioneavanzata.com/come-meditare/

venerdì 3 maggio 2024

Tipi di meditazione

La meditazione come pratica spirituale è una pratica millenaria, di origini induista - buddhista, cristiana, mussulmana, ebraica. Prima era praticata in ambienti segreti come monasteri, poi a partire dagli anni 60,  la meditazione trascendentale ha cominciato a diffondersi presso il largo pubblico, praticata anche dai Beatles presso l'ashram indiano di Maharishi Mahesh Yogi.


Nel 1975, Thich Nhat Hanh pubblica il libro Il miracolo della presenza mentale. Come ebbe a dire Jon Kabat-Zinn (biologo e scrittore statunitense, professore emerito di medicina, e appassionato di yoga, zen e pratiche meditative), è stato “il primo libro che abbia portato all’attenzione di un ampio pubblico di lettori l’argomento della consapevolezza. Ha aperto nuovi orizzonti nella scena della meditazione della fine degli anni Settanta e dei primi anni Ottanta, portando la pratica fuori dalla sala di meditazione e mostrando in che modo la consapevolezza potesse trovare applicazione nella vita di tutti i giorni”.

Alla fine degli anni '90 Jon-Kabat-Zinn,  facendo riferimento alla meditazione di consapevolezza di Thich Nhat Hanh, introduce un modo di meditare che poteva essere praticato senza convertirsi, senza fare una cerimonia di iniziazione o diventare discepolo di un guru.  Il programma MBSR creato e messo a punto da Jon Kabat-Zinn ha lo scopo di aiutare le persone a ridurre il dolore e lo stress attraverso un percorso strutturato, in cui si uniscono la tecnica mindfulness ad aspetti scientifici e psicoeducativi. Lo stesso ha fatto il psichiatra Christophe André in Francia.

La pratica meditativa continua e intensa trasforma il nostro corpo e la nostra mente, questo è stato dimostrato dagli esperimenti condotti da Matthieu Ricard (un monaco buddhista e grande meditante) e Richard Davidson, uno dei massimi specialisti nelle neuroscienze. Insieme hanno sperimentato e documentato come cambia la struttura del cervello quando siamo in meditazione e in contemplazione. 

 La meditazione regolare modifica la neuroplasticità del cervello, alcune parti del cervello aumentano di volume, si attivano, si restringono, come ad esempio l'amigdala. E' stato scientificamente provato anche l’effetto positivo della meditazione sui telomeri, che sono tappi di protezione alle estremità dei cromosomi che diventano più brevi ad ogni divisione cellulare.

Definizione di meditazione.  

Per i buddhisti:  La parola sanscrita per meditazione, “bhavana”, significa “coltivare” e la parola tibetana “gom” significa “familiarizzare”. Così, in un certo senso, la meditazione si riferisce all’allenamento della mente, coltivando qualità salutari, come la presenza attenta e l’amore altruistico, e in un altro modo si riferisce al diventare più familiare con il funzionamento della nostra mente e, infine, con la vera natura della mente, che è sia consapevole che priva di esistenza intrinseca. Si possono anche distinguere due tipi principali di meditazione: analitica e contemplativa. La prima si usa per esempio quando si de-costruisce la nozione di un “sé” indipendente, unitario e duraturo o quando si medita sull’impermanenza e l’interdipendenza di tutti i fenomeni (interessere di Thay) ; la seconda è quella di riposare nella natura ultima della mente, nell’unione di apparenza e vuoto.
Gli insegnamenti buddhisti e la meditazione buddhista hanno come obiettivo di dimostrare l'impermanenza, il non sé (o l’inconsistenza del sè) e arrivare al nirvana (eliminazione della sofferenza o dukkha). Qualsiasi insegnamento che non rechi questi tre sigilli non può essere considerato un insegnamento buddhista. Nulla ha un'esistenza separata o un sé separato. Ogni cosa deve interagire con tutte le altre.

Nirvana significa estinzione, soprattutto estinzione delle idee - le idee di nascita e morte, esistenza e non esistenza, andare e venire, sé e altro, uno e molti. Tutte queste idee ci fanno soffrire. La meditazione buddhista, (vedi Thich Nhat Hanh) è comunque sempre socialmente impegnata, cerca di ridurre la sofferenza e le diseguaglianze nella società.

Nel buddhismo ci sono due tappe: quella del rilassamento o calma mentale (samatha), attraverso la quale si può accedere ad uno stato di visione profonda (vipassanā),  per entrare così in contatto con la vera realtà, senza mediazioni, e dunque comprenderla e accettarla per quello che è. Entrambe si basano sull’attenzione e sul controllo del respiro. All’inizio la mente osserva la respirazione o i movimenti del corpo, poi  diviene un tutt’uno con questi.

Per la Mindfulness:   La meditazione non è pensare con gli occhi chiusi o schiarirsi le idee. La meditazione è un allenamento per coltivare una visione calma e lucida del mondo e di se stessi. È un allenamento della mente per andare verso questo. La meditazione mindfulness segue un percorso che passa attraverso il momento presente: ci centriamo sulla nostra esperienza del momento, che osserviamo con distacco (respiro, corpo, suoni, pensieri); poi, da questo punto di ancoraggio nel presente e nella realtà, osserviamo il funzionamento della nostra mente, del nostro corpo e la nostra connessione con il mondo.   La mindfulness viene utilizzata negli ospedali per affrontare lo stress, la depressione, per affrontare meglio il dolore. Uno degli obiettivi della Mindfulness è riuscire a stare meglio con se stessi.

I tre punti che spiegano il successo della meditazione di piena coscienza (o mindfulness) sono:   le tecniche sono state laicizzate, (propongono un modo diverso di quello di essere in un monastero, con la relativa visione del mondo filosofica o religiosa);  le tecniche sono state semplificate e codificate, (eliminati gli aspetti esoterici, iniziazione, ecc,);  sono state validate dalla ricerca scientifica con l'obiettivo di integrarle nella nostra società Occidentale.
Cotituiscono una porta di entrata alla meditazione che potrà poi essere approfondita. Oggi, nella società occidentale, la meditazione è stata integrata alle cure mediche, introdotta nelle scuole, nelle carceri, nelle aziende.  La  pratica della meditazione porta ad una stabilizzazione emozionale,  ed ha un impatto favorevole sulla salute.

Per lo Yoga :  La meditazione è, tra l’altro, l’importante opportunità di incontrare la propria realtà non fisica, il proprio Sé, e non è, quello che a volte si pensa, una forma di suggestione. La meditazione porta con sé grandi possibilità di trasformazione ed opera sul piano dell’intuizione, della percezione, della presenza.   Ci permette di entrare in contatto con la nostra parte non fisica e di tornare a vedere che i nostri strumenti non sono solo i sensi, ma anche la coscienza. Ci aiuta a conoscere e quindi imparare a gestire la realtà senziente della nostra costituzione; gestire le molteplici impressioni immagazzinate a vari livelli nel conscio, subconscio e inconscio, durante tutta la nostra esistenza, a volte causa di problemi e instabilità mentale; favorisce, altresì, la salute psicofisica aiutandoci a mantenere un costante contatto con il nostro Sé; ci insegna ad essere spettatori dis-identificati della nostra esistenza e come pratica conseguenza ad essere riflessivi, calmi e positivi.
 Ciò che l’orientale intende conseguire con le sue pratiche interiori è sicuramente volto in altre direzioni: sperimentare il mentale nel tentativo di superarlo e giungere a stadi “sovraordinari” di contemplazione che coincidano con stati di coscienza diversi da quelli comuni, nei quali l’uomo si identifica con il contenuto della sua mente.
"La parola meditare è spesso usata impropriamente; per l'occidentale meditare si riferisce a mens, al mentale e alla sua attività. Invece, per l'orientale, la pratica è rivolta in altre dimensioni, per superare il mentale, per arrivare a stati superiori di coscienza e contemplazione, degli stati di coscienza diversi dal comune per entrare in contatto con la parte più spirituale dell'essere, al nostro vero Sé. L'uomo vive identificato con i contenuti della mente, creati soprattutto dalle emozioni, è un'esperienza ricolorata dal mentale, si producono così immagini distorte scambiate per realtà e ci si allontana dalla visione oggettiva".        Per prima cosa occorre suddividere le meditazione in due tipi: di suggestione e di conoscenza, sono di suggestione la maggior parte delle meditazioni praticate in Occidente e non sono il linea con la meditazione orientale. Queste meditazioni guidate e accompagnate da suoni sono considerate propedeutiche, favoriscono le condizioni, per eventualmente andare oltre e possono aiutare a far sorgere le qualità necessarie per la meditazione di conoscenza. In questa meditazione il meditante è solo, nemmeno con un maestro. I sensi sono totalmente annichiliti, e si utilizza l'unico strumento idoneo che è la coscienza, per andare a conoscere quella realtà che il nostro vero Sè.  Occorre diventare spettatori del corpo, del respiro, delle emozioni,  e acquisire consapevolezza dei pensieri e del contenuto della mente.
Lo yoga è anche cercare un contatto con il Divino, è Isvara (o Ishvara) pranidhana, abbandonarsi al Divino, sentirsi parte di un Tutto, di qualcosa di più grande.  Isvara Pranidhana è l'ultimo dei Niyama descritti da Patanjali e significa abbandono, resa al divino. Si deve riconoscere la nostra parte divina e applicare questo principio nella vita.

Introduzione al Blog

  Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi.  Nel Blog ci sono c...