martedì 29 agosto 2023

Abrégé Hédoniste - Michel Onfray

«Dio non è morto perché non è mortale. Una finzione non muore.» 

Abrégé Hédoniste (compendio edonista) è un libretto di una settantina di pagine pubblicato nel 2012, dove l'autore, Michel Onfray (1959 - ), presenta la sua filosofia edonista che considera il piacere come un bene essenziale.  Michel Onfray è un filosofo francese, fondatore dell'Università popolare di Caen, ha pubblicato più di 50 opere, di cui i suoi corsi di contro-storia della filosofia ritrasmessi da France Culture.  

 
Nella guerra che un tempo ha opposto il materialismo e l'idealismo, gli amici della terra e quelli del cielo, per dirlo secondo il vocabolario di Platone, ha vinto il materialismo. Il cristianesimo, questa setta promossa a religione di stato grazie a Costantino all'inizio del IV secolo, è passato da perseguitato a persecutore. Persecuzioni, chiusure di scuole filosofiche, di distruzione di biblioteche, vandalizzazione di templi pagani; a forza di concili, i cristiani costruirono un corpus ideologico di stato. La filosofia fu sostituita da anni di teologia, di scolastica, di pensieri fumosi per sostenere culturalmente il cristianesimo diventato religione di stato.

Esiste una storia ufficiale di filosofia, compatibile con ideologia cristiana: il pitagorismo, l'ideale platonico, lo stoicismo, l'augustinianismo, la patristica latina e greca, lo spiritualismo tomista, la scolastica cattolica, il cartesianesimo per il suo dualismo, il kantismo e l'hegelismo per la loro formulazione in tedesco dell'ideale di San Paolo.       Michel Onfray ha creato un'università popolare a Caen per insegnare una contro-storia della filosofia e per esaminare in modo corretto molte correnti filosofiche che sono state trasformate, e aggiustate nel corso del tempo.     Questo approccio agnostico, ateo, materialista, sensualista, atomista, edonista celebra la pulsione della vita e combatte la pulsione della morte, si batte contro la misoginia e per una uguaglianza tra i sessi.   Per capire veramente una filosofia occorre mettere in relazione la vita, le opere e il prodotto del pensiero, la biografia e la scrittura.  E' importante analizzare l'opera completa dell'autore, inclusa la sua corrispondenza e tutte le testimonianze possibili. La sintesi si effettua sul principio esposto da Sartre: la psicanalisi esistenziale.

L'ontologia e la metafisica sono state confiscate per più di duemila anni dalla filosofia idealista o spirituale. La metafisica diventa la scienza dell'essere in tanto che essere.  Dio è una creature fabbricata dall'uomo a sua immagine inversa, al fine di supportare il vivere, ossia, il sapere di dovere morire un giorno.

La vertigine di passare da un mondo chiuso a un universo infinito, costituito da miliardi di galassie, fuori da un Dio personale o impersonale, ha permesso lo sviluppo di una ontologia atea, una metafisica immanente. Gli uomini hanno preso consapevolezza della loro insignificante esistenza. L'essere è rimesso al centro di lui stesso.

Ecologia.   Oggi, nuove forme di religioni si affermano come l'ecologismo. La scrittura catastrofista, imbevuta dalla paura, rende l'uomo responsabile di tutte le negatività ecologiche, sotto pretesto dell'industrializzazione.  Il caso del riscaldamento del pianeta ignora totalmente le considerazioni degli astrofisici. Il sistema solare effettua il suo giro intorno al centro della galassia in 226 milioni di anni, e in questo periodo si  sono alternati periodi di surriscaldamento e di glaciazione senza alcuna relazione con l'attività dell'uomo. All'ignoranza del posto dell'uomo nel cosmo si aggiunge l'ignoranza del ruolo dell'uomo nella natura.    Il sentimento della natura, la piena apertura al cosmo, attivano una sensazione che, secondo Longin, si può definire sublime. 

Il collasso di una stella su se stessa spiegherebbe l'origine del mondo e questa tesi astro-fisica polverizza l'ipotesi teologica dell'origine del mondo. Per secoli la cultura è consistita nel conoscere la natura al fine di sottomettersi al suo ordine, vedi sciamanesimo, animismo, politeismo, paganesimo. Con l'avvento del monoteismo prima  ebreo e poi cristiano, la  cultura diviene anti-natura, e si instaura il rifiuto del cosmo.

Psicologia.  Il pensiero di Freud ha coagulato un certo numero di scoperte fatte da scienziati modesti del tempo quali: il significato dei sogni, i lapsus, l'esistenza di un incosciente psichico, la psicopatologia della vita quotidiana, ecc.  che poi Feud ha relegato nell'oblio.     Lo stesso Freud, nel 1910 nel testo Della Psicanalisi  dice che la psicanalisi era stata inventata da Josef Breuer.  Altri psicanalisti importanti hanno operato in quel periodo, Pierre, Janet, Gross, Adler, Jung, Reich, Ferenczi, Abraham, ma la psicanalisi resta associata al solo Freud.   Freud, secondo Michel Onfray, ha anche mentito e inventato casi per giustificare le sue teoria.   Ad esempio Freud afferma perentoriamente che la psicanalisi è una tecnica efficace e che cura i pazienti con il semplice scambio di parole (vedi: il Metodo psicanlatico di Freud del 1904).   Ma Freud mente spudoratamente, infatti, a partire dal 1910 prescrive l'uso di psychrophore ai suoi pazienti (una sonda uretale con inizioni di acqua gelata nell'uretra, ad esempio, per curare l'onanismo). 

Feud pretende di aver scoperto l'inconscio a partire dal divano e di un lungo studio clinico, ma in effetti, ha trasformato i suoi fantasmi individuali in verità scientifiche e universali , come il complesso di Edipo che deriva dal desiderio che aveva di dormire con sua madre all'età di 4/5 anni dopo averla vista nuda probabilmente in un viaggio in treno.   I lavori di storici mostrano che i pretesi casi di guarigione che Freud chiama i cinque casi di pasicanalisi, non ci sono mai stati. Come ad esempio il caso di Serguet Pankejeff, che soffriva di una nevrosi infantile, e che non è mai guarito.  Si può considerare la psicanalisi freudiana omofoba, fallocratica, misogina, politicamente conservatrice  ed è stata usata per frenare le rivendicazioni del maggio 1968.  Invece con Marcuse e Reich, la psicanalisi ha dato l'impressione di essere una disciplina emancipatrice, femminista, progressista, razionale...          L'analisi psicologica di Janet, il freudo-marxismo di Reich, la psicologia concreta di Politzer, la psicanalisi esistenziale di Sartre, e altro hanno dimosrato che una psicanalisi non freudiana è possibile, una psicanalisi che si basa sul materialismo e il soggetto iscritto nella storia. La psicologia diventa un'arte della costruzione del sé o della ricostruzione del sé, produce dell'ordine esistenziale nel disordine ontologico. 

La saggezza delle grandi scuole socratiche, stoiche, epucuree, ciniche, cirenaiche supponeva una psychagogie, ossia un invito, grazie ad esercizi spirituali, a modificare l'anima materiale al fine di purificare gli affetti per andare dal mondo dell'angoscia, della paura, delle passioni umane a quello della saggezza, nel quale trionfano la serenità, la gioia, la beatitudine, l'atarassia, le virtù filosofiche. 

La filosofia edonista è una proposta psicologica, psychagogique, etica, erotica, estetica, bioetica, politica ....  si propone nello stesso modo di Epicuro e degli epicurei, ma soprattutto di Lucrezio, un discorso sulla natura delle cose, con lo scopo che tutti possano trovare il loro posto nella natura, nel mondo, nel cosmo con la prospettiva di una vita riuscita - la vita riuscita si può definire come quella che ameremo rivivere, se ci fosse data la possibilità di viverla di nuovo.

Il giudeo-cristianismo ha impregnato la nostra episteme per più di mille anni, dalla patristica (II-X) all'Encyclopédie (1751-1772); dalla conversione di Costantino (312) alla decapitazione di Luigi XVI (1793) che attesta che si può impunemente decapitare un Re che aveva il diritto divino. Ma se le chiese si sono svuotate, le menti restano piene dell'insegnamento cristiano che è caratterizzato da: svalutazione del corpo, delle sensazioni, delle emozioni, della carne, delle passioni, delle pulsioni, e rivalutazione dell'ascetismo, della rinuncia, della misoginia...

L'episteme è la traslitterazione del termine greco che significa "conoscenza scientifica" (e che Platone contrapponeva alla dòxa, cioè all'opinione). Nella filosofia ontemporanea comprende l'insieme delle conoscenze positive e delle teorie scientifiche che caratterizzano una data epoca.  La patristica è il pensiero cristiano dei primi secoli, in quanto frutto della meditazione e della predicazione dei Padri della Chiesa. 

Michel Onfray definisce la religione come la visione del mondo che postula l'esistenza di un mondo nascosto che dà senso a questo  mondo nel quale viviamo. Tutte le religioni costruiscono i loro propositi sulla possibilità di un reale al di fuori del reale, questo reale irreale che dà un senso a questo reale reale. Agostino spiega in dettaglio come la città di Dio fonda la verità della città degli uomini.  Un'etica edonista suppone un combattimento ateologico; L'ateologia è la disciplina che sostiene la negazione di Dio, l'opposto della teologia che l'afferma. Il denominatore comune della psiche dei tre monoteismi è costituito dalla de-realizzazione del sè, dalla pulsione della morte.  Sono considerati come atei gli agnostici, politeisti, deisti, fideisti, panteisti.  Onfray definisce l'ateismo come una franca e chiara negazione di Dio, e il processo di smontare questa illusione. Decompone le finzioni costruite per evitare la verità ontologica ultima: la nostra presenza nel mondo non ha senso, Dio è una stampella necessaria alla gestione del nulla che ci aspetta.  Esiste anche l'ateo cristiano, che nega l'esistenza di Dio, dell'idolo maggiore, ma si sacrifica a tutti gli idoli minori che l'accompagnano: amore del prossimo, perdono dei peccati, gusto della trascendenza, preferenza per l'ideale ascetico, etc.  alimentando così una morale impraticabile e che genera delle colpabilità inevitabili,e un ideale fuori dalla nostra portata.  Il reale è violento e brutale, prevale l'ego e la dominazione, l'uso della forza e dell'inganno, per questo occorre trovare una morale per un mondo reale e non un mondo ideale e fantasmatico.  Onfray definisce insano pensare di non giudicare il cattivo, il perverso, perdonare chi ci ha procurato tanta sofferenza (come i nazisti nei campi di sterminio), così come è insano dedicarsi in questa vita a un ideale ascetico sotto il pretesto che noi vivremo eternamente.

Estetica.  Non esiste, in effetti un'opera d'arte in sé, di bellezza assoluta che possa servire da misura per valutare le produzioni artistiche, Spesso l'arte è idealizzata, e l'ideale serve da misura.  L'arte contemporanea trasforma l'opera in una produzione priva di significato, ma il pubblico non potrà dare un giudizio di gusto degno di questo nome. 

Erotismo.  L'etica comprende il principio edonista imperativo del gioire e fare gioire. E comunque Gesù non ha mai pronunciato delle parole di condanna del piacere sessuale. Per Paolo di Tarso, poi preso come riferimento da Costantino, c'è una condanna del sesso, un elogio della rinuncia ai piaceri di questo mondo, una celebrazione della cellula familiare come forma ideale di comunità. La teoria sviluppata in Occidente da Platone e Lacan è quella del desiderio come mancanza, una ricerca continua dell'altra metà dell'androgino primitivo. E da questo deriva la ricerca del principe e della sposa ideale, della perla rara da trovare. Per Onfray un passo in avanti sarebbe quello di non condananre la libido e di basare la sessualità non sull'amore, la fedeltà e la monogamia, la procreazione, la coabitazione ma su un progetto meno ambizioso di una inter-soggettività libera, gioiosa, pacificata, nella quale l'obiettivo non è l'ideale familiare ma una costruzione di un erotismo basato sulla libertà del consenso altrui.  Una sessualità proposta da Fourier che segna una modalità nuova della intersoggettività: lontana da colpabilità, peccato, colpa, punizione, repressione, castità, e continenza, lontano dalle pulsioni di morte e dall'impero delle passioni tristi nelle relazioni amorose;  Propone un erotismo solare che dichiara aperte tutte le possibilità sessuali,  a patto che ci sia un consenso reciproco. L'erotismo solare si propone anche la realizzazione di un femminismo libertino, ossia concedere alla donna le stesse opportunità dell'uomo senza essere apostrofata da isterica e ninfomane. Secondo la tesi di Fliess  sulla bisessualità ciascuno di noi è costituito da una parte maschile e femminile (tesi poi ripresa da Freud), in virtù della quale ciascuno di noi è un caso particolare, una eccezione sessuale, con una psiche e una storia singolare. Da qui la necessità di partire alla ricerca del sé, al fine di determinare chi siamo sul terreno sessuale e a cosa aspiriamo. Il conosci te stesso di Socrate deve funzionare anche sul terreno sessuale.  L'assenza di eros cristiano precipata l'individuo nell'oscurità dell'essere. L'erotismo cinese, indiano, giapponese ci hanno convinto che è necessario un apprendimento della sessualità.   L'erotismo è alla sessualità quello che la gastronomia è al cibo: un supplemento di anima.  The pillow book (i racconti del cscciscino), libro che in Oriente si offriva ai giovani sposi e che in Giappone ha fatto la celebrità delle famose stampe, si proponeva di educare alla voluttà. Lo stesso Kama sutra, che al di fuori di un solo divieto (la mescolanza di caste) legittima ogni forma di sessualità, spiegando come sedurre, piacere, amare, separarsi, ricominciare e moltiplicare la combinazione dei piaceri. 

In Occidente invece domina la pornografia, che propone il culto del corpo, l'uso del corpo come un oggetto, la dominazione maschile e la sottomissione femminile. E' caratterizzata, inoltre, dall'inesistenza di dialoghi e nullità estetica.  Si dovrebbe invece avere una pornografia libertaria, non liberale, attraverso la quale portare alla conoscenza del pubblico i contenuti di trattati di arte erotica con scenari, dialoghi e immagini, piani estetici con l'obiettivo di una pedagogia ludica del corpo sessuato, una messa in scena di un sesso volto verso la pulsione della vita. Le nouveau monde amoureux de Charles Fourier (1772-1837) fornisce un inesauribile fonte a questa pornografia libertaria. 

Bioetica. Viene considerata come una battagia edonista per la quale il piacere si intende come l'evitare il dispiacere. IN questa ottica di deve difendere la tecnologia, il desiderio del migliore, la prospettiva del perfezionamento, l'ottimismo dell'etica edonista.  Occorre, invece, proporre una morale pratica di cui le virtù sono semplici: virtuoso è quello che aumenta il piacere e diminuisce una sofferenza, vizioso quello che aumenta le sofferenze; che permetta di riappropriarsi del sè fino alla morte, evitando le cure palliative che sono sostenute dalle autorità religiose che le vedono come uno strumento per accedere all'intimità spirituale dell'individuo.  Importante è usare il testamento di vita che permette di delegare a un essere amato  l'incarico di decidere per noi quello che avevamo concordato con lui in caso di situazioni particolari.

Politica. Finiamo con la politica che è una variazione dell'etica. Oggi predomina un colonialismo postmoderno che prevede il diritto d'ingerenza in ogni settore della vita, e il disprezzo dei diritti umani e della privacy. Questo liberalismo sfrenato, grazie alla contaminazione di quella che fu una volta la sinistra socialista, si propaga come un tumore maligno in ogni recondito della società civile,  è un sistema economico e politico nel quale il mercato fa la legge ovunque, nella cultura, nella sanità, nell'educazione, nella sicurezza; ecc.   Nel mondo liberale la soddisfazione edonista triviale e volgare di un pugno di privilegiati si paga con l'umiliazione, lo sfruttamento, la sottomissione, la subordinazione di miliardi di persone.   La dominazione si attua con strumenti più nascosti e attori meno reperibili. Siamo nelle mani di società di controllo che utilizzano sistemi di sorveglianza informatici, numerici, elettronici, mediatici  e  la censura delle voci discordanti sui social media e altro.  Il potere non è più in un posto ben definito e attaccabile,  ma è ovunque,  e si sta instaurando, per la prima volta nella storia,  una dittatura invisibile accettata passivamente dai cittadini.

Onfray distingue il capitalismo dal liberismo; il capitalismo è un modo di produzione delle ricchezze nel quale la rarità costituisce il valore, il liberismo è un modo di ridistribuire le ricchezze nel quale il mercato libero detta legge. Il capitalismo è vecchio come il mondo e durerà quanto il mondo. Ma è sicuro che non vogliamo un capitalismo liberale, Come diceva La Boetie: "siate determinati a non servire e eccovi liberi". La dominazione esiste solo grazie al consenso di quelli che la accettano. Se ci rifiutiamo di assoggettarsi e se siamo abbastanza numerosi, allora il potere si affonderà su lui stesso, in quanto tiene la sua forza solo grazie alla nostra debolezza e alla nostra sottomissione. La logica dominazione/sottomissione esiste solo grazie alla volontà di quelli che dominano e per l'assenza di rifiuto di quelli che subiscono questo impero.

Il solo modo di cambiare le cose è la prospettiva della rivoluzione concreta libertaria, non autoritaria, opposta al sangue e alla violenza, un socialismo libertario azionato secondo la meccanica delle micro-resitenze concrete, essere femministi nella propria relazione, antirazzisti nel quotidiano, ecologisti nelle proprie abitudini, antifascisti in tutte le relazioni (nella famiglia, al lavoro, con i vicini, ecc).   Alla luce di questa rivoluzione pratica, il sognatore che vuole la rivoluzione internazionale e non sa farla nel suo ambiente, è meglio che lasci perdere.  La prospettiva degli individui di diventare rivoluzionari  - per citare Deleuze - trova qui la sua verità. In politica l'edonismo si riassume alla vecchia frase del periodo delle Lumieres: "bisogna cercare il più grande benessere per il più grande numero di persone,  qui e ora".

Radio France: il mondo secondo Michel Onfray.  https://www.radiofrance.fr/franceculture/podcasts/le-monde-selon-michel-onfray/le-monde-selon-michel-onfray-samedi-2-juillet-2016-8135903

L'anima indistruttibile - Geoffrey Parrinder (parte 1)

"Da ciò che Non è guidami a ciò che é, Dalla tenebra guidami alla luce, Dalla mortalità guidami all'immortalità". dalla Brihad-aranyaka Upanishad.

Questo bel libro L'anima indistruttibile di Geoffrey Parrinder (1910 - 2005), professore di Studio comparato delle religioni nell'università di Londra, è  riuscito a mettere a fuoco le differenze tra le varie filosofie indiane, spesso esposte in modo molto confuso e a volte contradditorio. E' un'eccellente opera divulgativa che spiega in maniera chiara la differenza tra sè, anima, atman, Brahman, ecc. 

I pensatori indiani hanno concentrato i loro studi sulla natura dell'uomo e, fatte pochissime eccezioni, le varie scuole hanno affermato che nell'uomo c'è un sè interiore o anima e che è eterno e indistruttibile. 

La Natura non è prodotta, Lo Spirito non è nè producente nè prodotto. La natura non è prodotta nè si evolve da altro, ma è in un stato di continuo movimento in ciascun ciclo cosmico e produce tutte le creature. Lo spirito al contrario, trascende movimento, casualità, tempo e spazio; non è prodotto da nulla, ma non produce nulla. La natura, pra-kriti, pre-agente non ha principio e fine e nel suo stato di quiete è il non manifesto. Poi si manifesta in 23 produzioni, prima a emergere dalla natura è la mente o coscienza (buddhi), da questo deriva l'ego, centro della personalità, e dall'ego deriva la ragione o intelletto. Questa è la base della filosofia sankhya, quando la natura ha prodotto i 23 elementi (25 se includiamo Natura e Spirito), alla fine li riassorbe, mentre lo spirito sta a guardare inattivo. Il sistema sankhya non fa riferimento a Dio, nè a un essere supremo, nè a dei minori (così come il gianismo e il buddhismo). Non nega Dio, perciò non è formalmente ateo, nè è materialistico, poichè tanto lo Spirito quanto la Natura sono eterni.

Lo yoga, come sistematizzato negli Yoga sutra di Patanjali (2 secolo a.C- 3 secolo d.C), era più interessato allo scopo pratico della salvezza mediante l'attività disciplinata piuttosto che la teoria metafisica e accettava lo schema Natura - Spirito del sankhya. Anche se non c'era un Creatore, lo yoga ritenne necessario introdurre il culto di Dio o del Signore nella ricerca della perfezione.  "Il Signore (Ishvara) è uno speciale tipo di Spirito, non toccato dalla sofferenza, dalle azioni (karma) o dal risultato di azioni o impressioni. In lui è la più alta conoscenza di tutte le cose: Egli fu maestro (guru) degli antichi e non è limitato dal tempo".  Questo signore fu aggiunto come ventiseiesimo alle categorie del sankhya ed era di ausilio alla meditazione e alla concentrazione, sebbene non fosse Dio nel senso più pieno. Il sankhya e lo yoga erano abbastanza critici degli antichi scritti e rituali vedici.  Le nuove teoria asseriscono che queste due filosofie derivino dalla antica religione non-ariana o dravidica (2500 a.C).  I veda la cui radice significa conoscenza, erano raccolte di inni agli dei dei guerrieri e sacerdoti ariani che invasero l'India intorno al 1500 a.C.   La filosofia vedica cominciò realmente col Ved-anta, la fine dei Veda, composto tra  l'800 e il 300 a.C. chiamato Upanishad, 'sessioni private'.  Qui i re, i saggi, i sacerdoti discutevano sulla creazione del mondo, sull'anima, la vita dopo morte, ecc.   Le upanishad dichiarano che in principio c'era l'anima, che era l'essere vero, intelligente e unico, e che dal suo pensiero furono prodotte tutte le creature. "In principio, questo universo non era che l'Essere, unico, senza secondo". Solo nelle upanishad più recenti veniva accennata la filosofia sankhya che viene ripresa e sviluppata nella Bhagavad Gita. La Gita dal secondo capitolo fa riferimento al sankhya come credenza di anime indistruttibili, dice che le qualità naturali agiscono in ogni tipo di attività e tutte le creature derivano dalla Natura che appartiene al Signore, e a lei ritornano dopo un ciclo cosmico.   "Alla mia natura materiale tornano tutti gli esseri, quando un ciclo termina; e quando un ciclo inizia, di nuovo io li emetto". Nelle upanishad il nome Brahman fu applicato all'Essere assoluto, qui nella Gita si parla di Brahman come madre o matrice, in cui il padre, Dio getta il seme. Qui Brahman è come la Natura, ma il Signore è diventato Dio nel senso più completo di attivatore e meta di tutti gli esseri. "Il grande Brahman è la mia matrice, e in lui getto il mio seme, donde proviene ogni essere che lì prende origine". La natura continua a essere eterna, ma l'attivazione dipende interamente da Dio, la cui opera può essere chiamata creazione. In tutte le filosofie indiane, ci sono creazioni e dissoluzioni dell'universo, gli anni degli dei si dividono in quatttro età (yuga). La prima il krita dura 4800 anni, il treta 3600, il dwapara 2400, il kali 1800 anni il peggiore ed è quello in cui viviamo dove predomina il pessimismo, il tramonto delle religioni. 

La scuola logica (Nyaya) insegnava che la fine del mondo verrà per l'azione del Signore (Ishvara), non per crudeltà ma per il desiderio di dare tregua alla sofferenza degli esseri viventi. Quando vorrà fare di nuovo una creazione lo farà per mezzo di una deità creatrice: Brahma

I buddhsiti ritenevano sterile speculare se il mondo fosse eterno o non-eterno, quello che interessava loro è la via della liberazione. Il buddhismo giunse a considerare che non c'era niente di permanente, che le cose erano mutevoli e che non c'era un essere identificabile. 

Dopo molti secoli di polemiche tra differenti filosofie nasce il Vedanta. Deve essere distinta dalle Upanishad, ma è chiamata Vedanta perchè dal nono al tredicesimo secolo, questi maestri basarono il loro insegnamento sulle upanishad (il primo vedanta) e su un'opera chiamata Brahma sutra (chiamato anche Vedanta sutra). Questo testo mette in rilievo il desiderio di conoscere Brahman, l'essere supremo, l'origine di tutto. Il vedanta differiva dal Sankhya in quanto nessuno sosteneva che la Natura esisteva come indipendente dall'Essere divino. Le anime individuali accennate dal Sankhya venivano viste come manifestazioni dell'unica suprema anima o Sè. Molte speculazioni furono fatte sulle parole che chiudono il commento del grande filosofo Ramanuja al Vedanta sutra: "C'è uno spirito supremo la cui natura è assoluta beatitudine e bontà, che è la causa del mantenimento e della dissoluzione del mondo, che è onniscente, ecc.".

pag. 21. Il sankhya tenta di dimostrare l'immortalità dell'anima o spirito (purusha) che deve necessariamente esistere, se la natura è composta ed esiste in funzione, e se c'è qualcosa al di là delle tre qualità della natura. Anzi comincia a pensare che lo spirito non è uno ma molti, come molte sono le anime o monadi separate dell'essere. Ogni anima, in sè completamente immateriale e libera, è accompagnata da un corpo sottile (linga). Lo spirito era chiamato testimone, neutro, inattivo ma il suo legame con il corpo sottile, lo faceva apparire attivo. Anche la Gita propone questa tematica dicendo che il vero sè non agisce, un guerriero non può uccidere e non può essere ucciso. Il rapporto tra natura è spirito è spesso illustrato dalla storiella del cieco che porta sulle spalle lo zoppo e lo zoppo guida i suoi passi per avanzare. La natura è il cieco, perchè non vede, e lo spirito è lo zoppo, perchè non agisce. E' il solo corpo sottile (natura) che trasmigra e lo spirito è immoto e spettatore.

Per i gianisti (jina significa conquistatore) l'intero universo si poteva dividere in anime viventi (jiva) e non viventi (a-jiva). Il principio di vita era questa anima distinta dal corpo, la principale caratteristica dell'anima, distinta dalla non anima, era la consapevolezza e questa era una valida prova della sua esistenza. I gianisti credevano che l'anima riempisse tutto il corpo e che le anime fossero reperibili in tutta la materia vivente: animali, piante, dei e uomini. Questi esseri trasmigravano in altre vite secondo il risultato delle proprie azioni e alla fine le anime illuminate otterrebbero la liberazione nel Nirvana. Per il Vedanta le anime sono in realtà una sola.  La credenza di questa anima indistruttibile appare spesso nelle Upanishad ed è essenziale nella tesi della Gita. Spesso è raffigurata della misura di un pollice e ha sede nel cuore delle creature. Nella Gita si parla di anima incarnata che prende un nuovo corpo ma si parla anche dell'anima in sè che partecipa o è identica all'essere divino assoluto, Brahman, e questa non può nascere, nè morire. Ammette che questa teoria dell'anima permanente è una teoria sankhya e poi passa a insegnare lo yoga.  La Gita parla del'anima vitale identica al sè racchiuso nel corpo: Una parte di Me, nel mondo della vita, diviene un'anima viva, eternaQuesto Me è Krishna, che è considerato il sommo e unico Dio, l'Essere assoluto, e l'anima vitale è considerata una parte del divino.  Shankara. mille anni più tardi, si domandava come fosse possibile che l'Assoluto, che è indivisibile, avere una parte divisa da sè. Nella Gita si ribadisce che Dio fosse infinito e indivisibile e tuttavia avesse parti di sè nel mondo e assumesse le vesti di un avatar o incarnazioni di un divino.

La filosofia sankhya e i gianisti non credevano in un dio creatore o un essere supremo, sebbene il sankhya yoga aveva accettato l'idea di un essere speciale ma credevano in un'anima indistruttibile e i buddhisti giunsero anche ad attaccare l'idea di un'anima e insegnavano il Non-sè o Non-anima (an-atta), nulla in questo effimero mondo può essere chiamato 'io' o 'sè'.  Questo insegnamento passò nell'induismo attraverso la Gita (nella stesura dei prima capitoli si avverte l'influenza buddhista): "L'uomo che allontana tutti i desideri, così da far cessare eogni passione, e non pensa "io sono questo" o 'questo  è mio', raggiunge la pace".   Un importante e popolare testo Le domande di re Milinda cerca di dare risposte ai problemi spirituali ed è il dialogo tra un sovrano greco e un monaco buddhista di nome Nagasena. E anche qui è riportato che le vite erano concatenate tra loro dal karma. Si sottolinea l'avversione verso la speculazione filosofica e l'importanza data alla religione pratica e alla morale. Nei testi buddhisti antichi, mentre si nega un sè identificabile, si afferma anche l'eterna esistenza dell'essere o stato indescrivibile:  "C'è un Non-nato, non divenuto, non-fatto e non-composto, ... ".

Accanto a queste diverse credenze o negazioni delle anime indistruttibili c'erano poderose dottrine vedantiche sull'anima individuale (atman), l'anima cosmica (Brahman) e la loro unione o identificazione. Ma furono ignorate dai buddhsiti, contraddette dai giainisti, modificate in teismo personale nella Gita. Poi questo panteismo o monismo finì per dominare il pensiero indù

Nei testi indù la parola atman significa tanto l'anima dell'uomo quanto l'anima dell'universo, nei Veda è usato nel senso di soffio vitale, mentre nelle Upanishad la parola atman è usata a proposito dell'uomo e Brahman come spirito universale. Nelle traduzioni molti autori traducono atman con anima.   La credenza dell'anima significa la supremazia dello spirito, ed é ritenuta fondamentale nella spiegazione del mondo.  "In principio l'universo era l'Essere solo, uno, senza secondo .... Allora pensò: possa io diventare molti!"  Gli dei passarono da 3306 a 33, quindi a tre e poi a un dio unico: Brahman, che è chiamato Quello, il Tutto, la totalità dell'esistenza, un Essere immutabile.  L'immutabile realtà che si cela dietro l'effimero mondo visibile era chiamata Brahman e fu considerata identica all'essenza dell'uomo atman. Questa entità fu messa in rapporto con un dio creatore Brahma e con i sacerdoti brahmini.

Una serie di intuizione nascono dalle innumerevoli meditazioni sulla natura dell'universo e dell'uomo: - L'anima nel cuore dell'uomo è Brahman, che è la sua origine e la sua meta. E' interna, immanente e infinitesimale, ed è anche trascendente. - L'anima rimane libera dalle sofferenze del mondo. Nella terra c'è il luminoso, immortale Spirito (purusha) che è l'atman-Brahman. - Le differenze sono dovute solo a nomi e forme.   

pag. 36 Il saggio Uddalaka comunica la figlio la verità interiore: "dove si ode ciò che non si può udire, si percepisce ciò che non si può percepire, e si conosce ciò che non si può conoscere, dietro le modificazioni degli oggetti individuali c'è una singola essenza o essere e, quando questa è conosciuta, ogni altra cosa è conosciuta". "L'intero universo l'ha come sua anima, Ciò è la Realtà. Ciò è l'Anima. E tu stesso lo sei".   E termina con la frase: "Tu sei Quello, quello sei tu (Tat twam asi)".  Questa celebre frase è stata oggetto di infiniti commenti ed è stata presa come sommario della dottrina del Vedanta e perfino dell'induismo. L'essenza dell'uomo è tutt'una con l'essenza dell'universo, è la dottrina della non-dualità (a-dwaita) che è stata chiamata anche monismo (o monismo panteistico)  in quanto asserisce il Sè universale, l'unicità soggiacente,  piuttosto che panteismo dove il divino è tutto e tutto è il divino.

Sebbene Brahman-Atman non sia Dio nel senso personale, è considerato la realtà suprema e conscia. è trascendente e immanente, è mente e spirito, più tardi viene chiamato Sat-Chit-Ananda l'essere supremo, la sapienza più alta, la beatitudine più profonda. L'anima liberata arriva al Nirvana, la sua coscienza limitata diventa la coscienza suprema senza tutte le limitazioni dell'umanità.

Ci sono delle upanishad come la Kheta e Shavetashvatara che introducono l'idea di un teismo e parlano di un Creatore, di un'intelligenza non spiegata da composizioni materiali. Questo Dio supremo finisce per l'identificarsi con Rudra, e nel suo attributo Shiva, che diventera l'oggeto di culto di milioni di indù. Sorprendentemente nella Gita, che è posteriore, viene ignorato Shiva, e presenta Krishna come l'Uno supremo e non manifesto al di sopra di BrahmanLa Gita combina le filosofie sankhya e vedanta ma piegandole al suo chiaro monoteismo. Usa la parola spirito (purusha) presa dai testi vedici e sankhya ma lo trasforma in Spirito altissimo e la Deità suprema  e nel capitolo dieci la dichiara come la più importante di tutte le classi di dei e uomini. Inoltre, non allude mai alla frase "Tu sei quello"; ma parla di Quello, esso è (tat, sat) come Realtà ed Essere, legandoli al dovere pratico e all'eternità.

I grandi maestri delle scuole vedantiche commentarono la Gita, le Upanishad e il Vedanta sutra, tra questi Shankara (monista , 788-820 circa) cominciò con l'affermare l'esistenza del sè, in quanto tutta la conoscenza deriva dall'auto esperienza; la base dell'esperienza è Brahman, conosciuto come il sè di ciascuno. L'apparenza del mondo è attribuita a maya, potenza illusione, irrealtà (il concetto di maya è appena accennata nelle upanishad). Il mondo esiste mediante maya, ma non è esistenza, è un vuoto, che scomparirà con la piena illuminazione e l'unione dell'anima con Brahman. L'anima si fonde con il divino, realizzando la propria vera natura. L'anima rimane anima individuale finchè non si libera dall'ignoranza e si esprime nella forma "io sono Brahman".  Shankara fu l'espressione completa del monismo e del neo-vedanta rifiutando il dualismo dell'anima e del divino.  Altri maestri come Ramanuja (teista , undicesimo secolo) ritenevano che il mondo e l'anima sono reali, non sono delle illusioni, ma dipendono da Dio e da una unità, dal momento che esistono come corpo di Brahman.  Nelle upanishad si trova scritto: "Colui che risiedendo in tutti gli esseri, pure da tutti gli esseri è diverso, che tutti gli esseri non conoscono, il cui corpo sono tutti gli esseri, che dall'interno regge tutti gli esseri". Questo è l'immortale reggitore, che pur essendo chiamato Anima, non può essere l'anima individuale dell'uomo.  Ramanuja insegnava un Non-dualismo qualificato, la comunione o unione delle anime con Dio, ma non la loro identificazione con lui. Insegnava la credenza di un Dio che potesse essere accettato come Dio personale identificando Brahman con Visnù e dando il via al risveglio della devozione per Visnù. Un altro grande filosofo vedantico fu Madhva (tredicesimo secolo) e proponeva un dualismo (dwaita) di Dio e uomo. Identificava Brahman con Visnù che è immanente nel mondo (reggitore delle anime) e trascendente (reggitore del mondo). l'anima è limitata e soffre a causa del proprio karma, tutte le anime sono differenti e trovano la liberazione in virtù della grazia di Dio. Madhva riconosceva che in molti testi delle upanishad era scritto "Tu sei quello", ma sottolineava anche altri testi parlavano di Dio e dell'anima come separati.   Parallelamente al culto di Visnù si sviluppò il culto di Shiva che è visto come il reggente dell'universo e abitante in tutti gli esseri; il non dualismo o monismo è respinto, e cacciata via l'ignoranza, l'anima ritrova la propria natura, e si ha l'unione con Dio, che non è però identità. C'è una perdita di egoismo e gli uomini abitano in lui.

 

L'anima indistruttibile - Geoffrey Parrinder (parte 2)

"Da ciò che Non è guidami a ciò che é, Dalla tenebra guidami alla luce, Dalla mortalità guidami all'immortalità". dalla Brihad-aranyaka Upanishad.

Questo bel libro L'anima indistruttibile di Geoffrey Parrinder è un'eccellente opera divulgativa che illustra in maniera chiara le varie filosofie indiane e  la differenza tra sè, anima, atman, Brahman.

Le varie teorie di un'anima indistruttibile, dell'eterna natura e di una mente universale o Dio non implicano necessariamente la rinuncia al mondo e alla vita. Per le upanishad il mondo non è irreale, poichè proviene da Brahamn come la ragnatela da un ragno o come le scintille dal fuoco. Alcune più recenti upanishad, tuttavia sottolineano una visione pessimistica del mondo completamente infelice e malvagio, e in quel periodo molti filosofi si soffermano sul dolore e la sofferenza (ai tropici si sviluppano molte più malattie rispetto all'Occidente) che è di tre tipi: il dolore naturale e intrinseco (malattia mentale e insanità mentale), il dolore naturale e estrinseco (dovuto a cause esterne),  e il dolore soprannaturale (dovuto a influenze di dèi e demoni). Per il buddhismo la capacità di superare il desiderio e la lussuria evita gli effetti del dolore grazie a un distacco che porta alla pace. La Gita, invece, insegna forme di yoga che disprezzano l'estremo ascetismo e danno pieno gioco alla vita in un mondo adeguato al proprio ruolo nella società. Il buddhismo è la più pacifica delle religioni e si diffuse in tutta l'Asia nonostante le persecuzioni. La morale buddhista è espressa in cinque precetti (pensil o pancha shila : la compassione, l'onesta, la purezza, la sincerità, la temperanza. Un libricino chiamato il Sentiero della virtù (Dhamma-pada) che molti buddhisti conoscono a memoria, insegna come superare il male col bene, dedicandosi agli altri e rinunciando ai propri piaceri. Anche i giainisti hanno questo aspetto monastico e ascetico che li spinge ad accentuare il distacco dal mondo e dai suoi piaceri, sebbene i loro templi siano tra i più elaborati e belli dell'India e hanno tutti questa epigrafe all'ingresso "La non-violenza è la religione più alta".  Il gianismo ebbe una grande influenza su Gandhi.

La dottrina sociale indù si trova nel Codice di Manu che riporta tre o quattro aspirazioni umane intorno alle quali furono raggruppati i doveri morali e sociali.  Queste sono: la virtù (o dovere - dharma), il guadagno (artha), il piacere (kama) a cui più tardi si aggiungerà la salvezza (moksha). La virtù comprende i doveri e responsabilità  di casta e degli stadi della vita: dello studente, capofamiglia, anacoreta, e asceta. Il Kama sutra includeva oltre l'arte erotica anche come fare ginnastica, cucinare, cantare, ecc.   La Gita è uno dei manuali più importanti di giusta condotta. Krishna enuncia, prima, la dottrina dell'anima indistruttibile, poi passa parlare del dovere di classe (è dovere di un guerriero combattere).  La Gita critica severamente coloro che pensano che solo attraverso l'ascetismo si possa arrivare alla perfezione. Invita a una sottile forma di distacco e all'azione: "ciascuno è fatto per agire". nessuno è immune da una certa forma di attività, neppure un'asceta. L'azione deve essere però svincolata da ogni speranza di ricompensa. Anche Dio è costantemente all'opera nel mondo altrimenti l'universo si disintegrerebbe. L'azione dell'uomo deve essere completamente disinteressata, distaccata dai risultati, e poi deve subentrare un attaccamento positivo a Dio attraverso la devozione e l'amore (bhakti). L'uomo perfetto nella Gita è quello che non è toccato da collera, desiderio e cupidigia che sono le forze che distruggono la pace; Nel buddhismo queste forze sono simboleggiate dal gallo, serpente e maiale. Dio è lo stesso verso tutti, nessuno gli è odioso o caro, tuttavia coloro che lo amano dimorano in lui e lui in loro.   L'azione deve essere associata alla saggezza (jnana) che non è la conoscenza di cose ordinarie, collezione di fatti, ma la percezione della realtà eterna. L'azione è paragonata a un sacrificio che gli uomini offrono agli dei. Anche il peggiore dei peccatori può attraversare il mare del male con la nave della saggezza e rinascere.  La Gita offre agli uomini  tre vie alla salvezza spirituale: L'azione, la saggezza e l'amore.

 

Una via occidentale allo zen - Christian Humphreys (parte 1)

Christian Humphreys (1901-1983), l'autore del libro, fondò nel 1924 a Londra la Buddist Società, la più vasta organizzazione d'Europa.

Una buona parte delle citazioni del libro sono di D.T. Suzuki, uno dei massimi studiosi buddhista. Il buddhismo zen è giunto in Occidente nella forma della scuola Rinzai Zen, che fa largo uso del sistema koan. Lo Zen fu fondato nel sesto secolo dopo Cristo e include la scuola Ch'an della Cina e la scuola Zen del Giappone. Lo Zen verte su una sola cosa: la consapevolezza dell'assoluto nel cuore dell'uomo, una delle facoltà importanti per arrivare a questa consapevolezza è prajna o buddhi,  in Occidente l'intuizione. Lo Zen è il sistema di disciplina morale fondato sul satori, dobbiamo spingere lo sviluppo dell'intelletto fino ai suoi limiti e preparare la mente all'esperienza del satori, alla diretta esperienza della realtà non duale. Al momento giusto si scoprirà che il  nirvana è qui e ora. Si potrà così balzare dall'aria dualistica di questo mondo individualista all'altra riva del nirvana.  
Il Buddha trasmise questo messaggio: "non ho maestro, sono il pienamente illuminato, andrò a Benares a mettere in moto la Ruota della legge, percuoterò il tamburo dell'immortalità nell'oscurità del mondo". Questa è l'affermazione su cui poggia il buddhismo. Ciò significa che: 1- il nirvana deve essere ottenuto qui e ora, 2-  quello che un uomo può fare, tutti lo possono fare, 3- l'immortalità, il Non-Nato, il non creato può essere raggiunto dall'uomo, ed è qui e ora. Nel buddhismo non c'è nessun dogma, nessuna affermazione di salvezza, il praticante deve portare il fardello della libertà spirituale. Dobbiamo partire dall'uomo per arrivare a un principio, al principio del Buddha interiore. "Guarda dentro di te, tu sei il Buddha". 
Questo concetto è ereditato dall'induismo dove ogni uomo è già in un certo senso Brahman, in virtù dell'Atman che è  in ogni mente, la cui luce è un raggio del Non Nato. L'elevato stato di coscienza porta all'illuminazione e alla consapevolezza di tutte le cose come parti di un Tutto inseparabile, non c'è separazione e l'anata (il non sè) è sentito come vero. 
Le due colonne del buddhismo sono la saggezza e la compassione e che le due sono una sola; queste due facoltà  vanno messe al servizio del genere umano. I principi della scuola Thevarada furono sviluppati dal pensiero indiano: l'anata fu trasformato in sunyata, la vacuità;   metta l'amicizia fu trasformata in compassione che è  una sola cosa con la saggezza, il Non nato fu visto come una sola cosa con il nato. Il nirvana è qui nel samsara dove sarà conosciuto. 
Siamo già esseri illuminati, ma inconsapevoli, l'avidità, l'ignoranza ci impedisce di vedere. Il buddhista attraverso la compassione è al servizio del genere umano, e alla fine attraverso l'unicità della prajna (saggezza) e karuna (compassione) trova la 'porta senza porte' che conduce all'ultimo sentiero: scoprire che tutti i Buddha e tutti gli esseri senzienti non sono altro che l'Unica Mente oltre la quale nulla esiste.  
Pag. 26.  Tra tutti i percorsi filosofici o religioni, solo il buddhismo conferisce un'importanza fondamentale alla sofferenza. Il Buddha insegnava il dolore è la fine del dolore. Nell'uomo non esiste nessun principio permanente o anima o sè che sia immortale e immutabile; in ogni uomo c'è la scintilla del Divino o Assoluto che il Buddha chiamò il 'Non nato' non originato, non formato, questo principio o atman non è soltanto suo. 
Quale è la causa di tutta questa infelicità? Nel canone Pali si dice: "è quella brama che genera la nuova rinascita, e legata alla lussuria e all'avidità trova, ora qua, ora là, sempre nuovo piacere. Il desiderio, può  comunque essere indirizzato e trasformato in compassione!. 
D. T. Suzuki sottolinea che l'addestramento buddhista consiste nel trasformare il trisna nel karuna, l'amore egocentrico in universale.  Nel processo di crescita l'individuo diventa antisociale, cattivo, sviluppa desideri che portano a sofferenza e la causa è essenzialmente avida, l'ignoranza. 
La grande eresia della separatezza distoglie dal resto. Non ci son altri, non c'è differenza. La totalità del samsara è tutto ciò  che è in esso e  non rivela altro che l'assoluto. Il samsara agli occhi dell'assoluto è maya. 
Ma come posso liberarmi dell'ego? Come posso io liberarmi di me? 
Sempre Sukuzi ha scritto: "l'illuminazione consiste nel vedere l'ego assoluto come riflesso nell'ego relativo è che agisce attraverso di esso". 
Perché  percorriamo il sentiero? Dovremmo cercare di metterci al servizio del genere umano, è  preferibile manifestare amore che ottenere un rapimento estatico, non è un sacrifico ma solo un'opportunità  di servire. Si devono giudicare gli uomini in base ai loro moventi e all'effetto morale delle loro azioni. 
Per quanto riguarda il Sè, la scuola Theravada afferma che non esiste nessun sè di alcun tipo, ma Suzuki sottolinea che la negazione dell'atman si riferisce all'ego relativo e non all'ego assoluto, ossia l'ego dopo l'esperienza dell'illuminazione. Il sentiero dovrebbe essere percorso fin dal principio con una mente che si risveglia alla saggezza e un cuore che si risveglia alla compassione, infatti i due sono uno solo. La scuola della giusta azione sul sentiero è la vita quotidiana. 
Hui-neng il fondatore della scuola Zen dice: coloro che desiderano allenarsi spiritualmente possono farlo in casa, e superfluo vivere nei monasteri. R.B. Blyth dice: 'la perfezione significa non azioni perfette in un mondo perfetto, ma azione appropriata in un mondo imperfetto'. In verità nessuna azione ci lega, ma solo il nostro atteggiamento verso di essa. 
In The root and the flower, l'autore A. L. Myers faceva dire ad un vecchio maestro: "nessun uomo può  dare ai suoi simili maggior beneficio che con la forza del proprio esempio". Prima di meditare dovremmo essere in grado di controllare noi stessi, e questi metodi possono portare a qualche esperienza al di là di tutta la dualità, dell'assoluto, che il Buddha chiamò il Non nato
Esperienza indimenticabile ma incomunicabile. Tutto è nella mente: il percorso,  il pellegrino e la metà. Nulla è tranne la mente del Buddha
E la metà? Silenzio, e un dito indica la Via. Lo scopo del buddhismo è la liberazione dalla rinascita, dall'attaccamento, a cui ci lega il desiderio fino a che è minimamente 'egoistico'. Il discepolo viene allenato a ricordare le proprie vite precedenti. L'uomo non può sfuggire alle sue azioni malvagie, perciò tutto ritorna all'an-atta, il falso sè che costruisce la casa dell'illusione. 
Il Buddha  proponeva la dottrina del nessun Sè e l'impermanenza dell'individuazione e l'altruismo. Mrs Rhys Davids, una delle prime studiose di Pali dice: "l'uomo vero e proprio, sè, spirito, anima, purusa, non è reale". Il primo buddhismo propose una dottrina della rinascita in una forma ben definita. Il sostenere o negare un Sè non conduceva alla pace della mente. Nei cinque skanda (i cinque aggregati sono: forma, rūpa; sensazione, vedanā; percezione, saññā; formazioni karmiche, saṅkhāra; coscienza, viññāna) che sono gli elementi costituenti la personalità, non si può trovare alcun Sè permanente, il resto è silenzio, infatti nulla di utile si può dire del Non Nato, di cui l'Atta è un riflesso. 
Nel canone Pali viene indicato un sè minore e un sè maggiore chiaramente distinti, e il più grande sè è descritto come abitatore dell'incommensurabile. Il sè è signore del sè, e il sè è destinazione del sè.  Il Sè che è in te, sa ciò che è vero e ciò che è falso. 
I primi monaci attaccarono il concetto di atman (degradato ai tempi del Buddha fino a una cosa della dimensione di un pollice, nel cuore umano), si spinsero troppo oltre dichiarando "nessun se, nessun sè" che poi prese piede.  Secondo il Buddha i praticanti dovrebbero dirigersi verso il Più finché non si affrancano dall'attaccamento alla Ruota della rinascita nella conscia consapevolezza dell'immutabile. Allora cosa rinasce? Secondo l'autore potrebbe essere un continuum separato di impulso karma oppure un raggio della luce del Non Nato, Quello che rinasce non è immutabile e quindi non rinasce certo l'anima immortale.  L'uomo è un mero groviglio di skanda, nuovo di momento in momento, di nascita in nascita, (che possiamo chiamare carattere) finché non è disperso con l'estinzione del desiderio. Ma finché ciò non accade l'individuo è un essere con un passato definito che può ricordare grazie a un appropriato allenamento. E' l'individuo che deve compiere lo sforzo, il Buddha indica solo la via. 
La dottrina Anatta non è di alcun impedimento alla dottrina della rinascita. Il Buddha ha insegnato che due sono i sè, Atta e Non-Atta ( il Sè è il signore del sè) ed entrambi sono le manifestazioni, come ogni altra cosa, del Non Nato, Non originato, Non formato, il Parabrahman dell'induismo, lo spirito di San Paolo.  
Il Mahayana non si è mai curato della noiosa questione della scelta tra rinascita e anatta, mentre il Theravada ha molto insistito sul concetto del nessun sè, nessun sè. L'autore preferisce la libertà e la gioia del processo universale, la sua unità vivente con il Non nato da cui proviene.
Il Sè è, e nulla è non sè in essenza e il Sè, l'essenza della Mente pura come l'ha chiamato Hui-neng, è il Buddha interiore, proprio come gli skanda, grevi di illusione, non sono coscientemente il Sè: "questo non è il Sè di me!". 
 

Tre libri sulla vita del Buddha:

  • Life of the Buddha di Mrs Adam Beck;  
  • Life of the Buddha di E. H. Brewster;  
  • The life of Buddha in Legend and History di E. J. Thomas.

Una via occidentale allo zen - Christian Humphreys (parte 2)

Christian Humphreys (1901-1983), l'autore del libro, fondò nel 1924 a Londra la Buddist Società, la più vasta organizzazione d'Europa.    

Verso il buddhismo zen. Oltre gli opposti. Solo la coscienza, dopo vite di sforzo, può venire innalzata a un livello in cui la dualità non ci lega più, che il patriarca Hui-neng chiamò "l'essenza della mente pura". Per conoscere se stesso, il soggetto deve guardare l'oggetto.  Come dice Huang Po: "Tutti i Buddha e tutti gli esseri senzienti non sono altro che l'Unica mente, oltre la quale nulla esiste". Ma noi, abusando del pensiero, dividiamo la Realtà  e la rendiamo due. Dal punto di vista dell'al di là del pensiero anche spirito e materia sono solo aspetti della non dualità. Le parti separate della non dualità non hanno mai cessato di essere Uno. Nella mente si crea una tensione: da una parte la forza vitale, che scorre dal Non Nato attraverso ogni forma o cosa o avvenimento; dall'altra parte il sè-ego, il non-Atman o An-atta accecato dall'illusione dell'esistenza separata e sordo alla voce della Mente del Buddha interiore, combattendo per il sé, e opponendo la propria volontà a quella dell'universo,  è pieno di sofferenza forgiata dai suoi desideri personali. Il condizionamento mentale è dato dalla nascita, dal sesso, dalla religione.

Sulla sommità del pensiero umano, sta ciò che gli hindù chiamano CIÒ, e il Buddha chiamò " il Non Nato, Non Originato, Non Condizionato. Nel Parinirvana sutra è detto: " il solo principio della vita che esista indipendentemente da tutti i fenomeni esterni". I taoisti lo chiamano Tao, da cui viene l'Uno,  Eckhart l'ha definita "Deità al di là  di Dio".  La sua prima emanazione è l'Uno,  un'unità  indivisibile che nel processo della manifestazione si divide in due, e il due diventa tre (in virtù del rapporto tra di loro) e appare come le diecimila cose.  

Essendo la vita una, così è la coscienza che è ugualmente indivisibile e invisibile. C'è un ciclo di incoscienza e coscienza ( io sono), autocoscienza (so di essere io) e infine il nirvana (piena coscienza senza autocoscienza), il mistero ultimo che è il cuore dell'illuminazione. La scuola Theravada proclama la dottrina dell'adattamento: "nessun sè, nessun sè, nel senso di nessun sè separato o essenza in nessuna singola cosa"; e la scuola Mahayana ha ugualmente ragione a proclamare che: "se il Sè è la vita di CIÒ, non esiste nessuna altra cosa".   E' la luce solare della buddhi, dell'intuizione che ci permette di avere delle visioni di un mondo che non conosciamo del qui eterno e ora, in cui la forma è vacuità, e la vacuità è forma, in cui le differenze sono aspetti della Totalità, e la vita in tutte le sue forme è un vasro ciclo del divenire, di nascita e morte, finchè l'universo non ritorna nel seno del Non Nato da cui è venuto. Tutte le scuole buddhiste insegnano l'allenamento del carattere che implica sila, la morale, lo sviluppo della mente, bhavana, e la giusta motivazione, che implica la compassione alla pari della saggezza. Il percorso comprende lo studio, la meditazione e l'autodisciplina, e lo sviluppo dell'intelletto (indicatemi un solo mistico nella storia che non abbia avuto un cervello di prim'ordine). 

Prajna, la saggezza è l'improvvisa e immediata consapevolezza del mondo della non-dualità, è al di là del tempo, è un tocco dell'assoluto, questa consapevolezza è il satori (una percezione intuitiva). L'obiettivo della meditazione, dhyana è il raggiungimento di un atteggiamento che è uno stato di trance, il suo graduale procedere porta a uno stato di coscienza elevato. Uno stato mentale uniforme,  equilibrio e equanimità acquietano le onde del pensiero e dell'emozione della vita quotidiana. Il dhyana conduce al samadhi. I cinesi per il samadhi danno due versioni etimologiche: 1- o equilibrare o giusta accettazione, 2- ricevere le cose come sono.  Il patriarca Hui-neng fù il primo a distinguire prajna e dhyana: la prima improvvisa e indescrivibile, appartenente al mondo della non-dualità, e il secondo, come appartenente alla dualità, la meta gradualmente raggiunta di un processo. Anche al suo sommo, il dhyana nella samadhi non raggiunge la prajna, sebbene possa essere una buona preparazione per quella.  

Prajna sta sotto al dhyana e ne è la base e lo rende possibile. Perciò la preparazione all'illuminazione è necessaria e graduale, ma il momento in cui arriva è improvviso, un balzo dalla dualità alla non-dualità assoluta. Sebbene il samadhi possa essere raggiunto con il dhyana e duri per ore, non è il satori che può venire in qualsiasi momento, ma ciò che conta è l'intensità della volontà.

La nascita dello zen.  Tra i seguaci del Buddha sono nate molte scuole tra cui la scuola Theravada, il cui cnone Pali fu messo per scritto a partire dal  1 secolo a.C., ci sono poi le scuole Mahayana: quella Madyamika, associata la nome di Nagargiuna, e la scuola dell'Unica mente fondata secoli dopo da Asanga e Vasubandhu. L'insegnamento del Buddha passò in Cina dalla via della seta e l'accoglienza fu piuttosto fredda. Verso il 500 d.C. arrivò alla corte dell'imperatore cinese Bodhidharma e i cinesi ne furono conquistati e nacque così la scuola Ch'an che è stata definita la reazione al buddhismo indiano. Dopo vennero una serie di patriarchi, ma fù il sesto, Hui-neng che trasformò l'insegnamento in una scuola organizzata. Per cinquecento anni ci fu una successione di grandi maestri finchè nel 1200 d.C. il buddhismo Ch'an giunse in Giappone con il nome di zen, dove si ebbe lo sviluppo parallelo delle scuole Rinzai e Soto.    L'insegnamento di Hui-neng è quello della saggezza che è andata al di là (prajnaparamita) della scuola Madhyamika, applicata senza compromessi alla vita quotidiana. Deve esserci comunque un'apertura improvvisa del "terzo occhio" dell'intuizione della prajna, per vedere che tutte le cose sono falsamente immaginate e  derivano da un unico principio. Questo ritorno all'insegnamento del Buddha da parte di Hui-neng fu più tardi integrato dal maestro Huang Po, il quale insegnò che "tutti gli esseri senzienti non sono altro che l'Unica mente, oltre la quale nulla esiste". 

Il rinzai zen usa come allenamento per la meditazione il koan, mentre nel soto zen, si medita semplicemente stando seduti. Ma in entrambi i casi presuppone una vita monastica e tempo quasi illimitato. L'autore sostiene che questa via non è percorribile dagli occidentali interessati al buddhismo zen che dovrebbero trovare un'alternativa al tradizionale allenamento giapponese.

pag. 107.  Gli occidentali, in termini buddhisti, dovrebbero costruire il loro Dharma attraverso l'intelletto, uno strumento eccellente per l'acquisizione della verità nel campo della dualità, trascendere attraverso l'intuizione le limitazioni intrinseche e raggiungere una diretta visione della realtà.  Si dovrebbe, lentamente innalzare la coscienza finchè, illuminati progressivamente dalla luce crescente dell'illuminazione, siamo pronti per le prime brevi visioni della nuova consapevolezza (vedere ciò che siamo in essenza la mente del Buddha), e intanto serviamo i bisogni di tutta l'umanità con cuore umile e devoto.  La conoscenza, in questo caso, diventa saggezza e fiorisce nella compassione. Dopo qualche anno di pratica meditativa e allenamento dovremmo riuscire ad essere capaci di sospendere per qualche minuto ogni reazione ad avvenimenti o oggetti esterni, non nella meditazione profonda, ma nella vita normale, interrompere a volontà il chiacchiericcio mentale.  

pag.117 Se descriviamo lo zen come l'apertura del terzo occhio della saggezza- intuizione, e se tale risveglio è considerato la fonte e la meta dell'allenamento zen, possiamo innalzare la coscienza al piano, al livello di questa intuizione attraverso anni e vite di durissimo lavoro, e non restando semplicemnte a sedere e sperare.  I Buddha non fanno altro che indicare la via, ma ognuno deve togliere le bende dai propri occhi. Il vedere deve essere l'atto stesso di colui che ha fatto la scelta. Ognuno deve liberare se stesso dalle catene del pensiero e del presente pensare. Come ha scritto Suzuki: Ciò che distingue lo zen dagli altri insegnamenti spirituali è la perfetta padronanza delle parole o dei concetti, si usano per innalzare la coscienza ai suoi limiti e oltre; la mente va quindi controllata.  Come sarebbe possibile piantare nuovi semi nella nostra mente, anche i semi degli essenziali principi buddhistici, se non teniamo conto dello stato della mente in cui li seminiamo. La mente intrensicamente pura di Hui-neng ti chiede di estirpare dalla mente tutti i pensieri e i molti nomi delle molte cose. Dobbiamo vuotare la nostra mente, per provare ad entrare in una nuova dimensione.  Molto ricorrente è la storiella del maestro che versa del tè, fino a traboccare, nella tazza al discepolo che voleva degli insegnamenti e gli dice: "La tua mente è piena come questa tazza di té e non può accogliere i miei sentimenti".

Contrapporre ciò che ti piace a ciò che non ti piace, questa è la malattia della mente, prova a non cercare il vero, cessa soltanto di nutrire opinioni. Le domande che uno dovrebbe porsi sono: quanto sono ancora condizionato mentalmente?  Quanto sono ancora legato alla mia educazione, cultura, religione, ecc. Sono capace di vedere il punto di vista altrui in qualsiasi questione? Sono capace di vedere una Verità che è al di là di tutte le coppie di opposti? 

Su Dio il Buddha mantenne sempre un nobile silenzio. Dio come prodotto del pensiero è un innocuo abitante del cielo spirituale, infatti nella migliore delle ipotesi Dio è una creazione della mente, e non ha alcuna relazione con la Realtà che il pensiero non può nè raggiungere nè descrivere.  Eckhart disse: "Qualunque cosa tu dica di Dio non è vera"; e come dicono il cinesi "Il Tao che può essere espresso non è il Tao eterno". I buddhisti dicono che c'è un Non Nato, Non divenuto, Non fatto, perchè se non ci fosse non ci sarebbe scampo dalla nascita, dal divenire, dal fare. Su questo Uno che è al di là dell'uno e dei molti, il Buddha osservò un tonante silenzio. Il praticante che è sulla via lascia da parte i pensieri inutili e cerca di sviluppare nella mente la facoltà che sola può conoscere l'Assoluto: l'intuizione, il terzo occhio della consapevolezza diretta in viurù della quale la parte e il tutto sono conosciuti come uno solo, e l'Assoluto è visto in ognuna delle sue infinite e moltepli forme (simile alla concezione hindu delle manifestazioni dell'unico Brahman primordiale).    "Guarda dentro di te; tu sei Buddha, tu hai la natura di Buddha".  Un saggio sufi disse a un altro: "Non ho mai visto nulla senza vedere Dio dentro", L'altro saggio rispose: "Io non ho mai visto altro che Dio".

Lo zen è un modo di vita basato su un nuovo punto di vista, quello della non-dualità, e per raggiungerlo dovremmo ascoltare la Voce del silenzio, attenuare le nostre reazioni allo stimolo esterno (in qualunque forma si manifesti, parole, immagini, messaggi, ecc) e avremo bisogno di tutta la nostra forza mentale per arrivare alla Non-Mente, dimorando consciamente nel centro immobile del mondo che gira.

Ne consegue naturalmente che mentre l'intelletto è una macchina costruita per raggiungere ed esprimere la verità nel mondo della relatività, non potrà mai fondere colui che cerca, la sua ricerca e l'oggetto cercato in una sola intera esperienza. Questa è prerogativa e funzione dell'intuizione.

Nello zen il ruolo della meditazione è centrale. Qui è usata per intendere l'uso deliberato di una mente controllata per uno specifico fine spirituale, il risveglio  della facoltà dell'intuizione della prajna, che è al di là dell'intelletto. La meditazione zen ha lo scopo di identificare il soggetto con la massima realtà. Il sistema dei koan è stato messo a punto proprio per fornire un sostegno alla mente. Huang-po dice: "Tutti i Buddha e tutti gli esseri senzienti non sono altro che l'Unica mente, oltre la quale nulla esiste". Per lo zen quindi non c'è niente da raggiungere e nulla per raggiungerlo. C'è però un lungo viaggio prima di vedere, nella pura esperienza, che ciò è vero. Prima di poter usare la mente per la meditazione occorre porla sotto controllo, e uno dei più noti esercizi per questo fine è quello di sorvegliare il respiro, e calmare la mente. Per Hui-neng "meditare significa realizzare interiormente l'imperturbabilità dell'Essenza della Mente" e concorda con il grande ideale esposto nella Bhagavad Gita di raggiungere un equilibrio spirituale che non si smentisce rispetto agli eventi desiderati come a quelli non desiderati. La meditazione è un mezzo, una dei tanti per risvegliare la Prajna, e sviluppare così un modo interamente diverso di trattare con le cose.  Nella meditazione separi te stesso dal tuo ambiente e realizzi il Buddha in te stesso. Il Maestro è dentro di te, ma devi fare uno sforzo e bussare alla porta del tuo cuore.   

L'intellettualismo è la morte dell'esperienza zen, comunque la filosofia è un necessario sfondo e ingrediente dell'allenamento all'esperienza zen.   Suzuki è stato accusato di aver ridotto lo zen a livello dell'intelletto e aver scritto di ciò che non può essere descritto. La sua risposta è stata. "Per suscitare la prajna (la saggezza), intuizione  intelletto devono procedere di pari passo". L'intelletto è uno strumento magnifico, il suo pensiero eccelso sarà comunque che La verità è al di là di tutto il pensare. Dogen, il fondatore della scuolo Soto zen ha scritto sulla meditazione: "Pensa il Non pensabile". Ossia pensa al di là del pensare e del non pensare.   La mente funziona a due livelli, la mente inferiore opera nella quotidianità, la mente superiore astratta tende sempre alla facoltà più elevata, il piano dell'intuizione. La tensione tra queste due parti è incessante.  Piano piano, attraverso la comprensione, i pensieri superiori sostituiranno i pensieri di valore inferiore e sarà innalzato il livello del pensiero abituale.  Nel buddhismo Mahayana si legge della trinità di Sila (morale, grande integrità morale e forza di carattere), Samadhi  (una profonda quiete della mente che non è però l'obiettivo finale) e Prajna (saggezza dell'improvvisa e immediata consapevolezza del mondo della non-dualità che è la meta), il terzo occhio della consapevolezza zen. Davanti alle coppie di opposti cerchiamo il terzo superiore, al di sopra di entrambi. La prajna scaturisce come un lampo dall'inconscio eppure non lo abbandona mai; ne rimane inconscia.  Questo è il significato del detto: "vedere è non-vedere, e non vedere è vedere". La prajna è il massimo potere spirituale in nostro possesso attraverso il quale vediamo al di là del campo del pensiero o di qualsiasi funzione duale della mente, è molto più del samadhi che è passivo e molto più del dhyana.

Due sono i pilastri del grande edificio del budhhismo: grande saggezza e grande compassione. La saggezza scorre dalla compassione e la compassione dalla saggezza, infatti le due sono una sola; ciascuna è incompleta senza l'altra. Karuna cresce con la morte dell'IO'. Prajna appartiene più alla testa, e karuna più al cuore e corrispondono all'Jnana yoga e al Bhakti yoga.  La saggezza è rivolta all'interno e la compassione è rivolta all'esterno.  La compassione, non ostacolata da avidya (ignoranza) è completamente impersonale, un fatto per molti non facile da digerire. E' colore disinteressato, non conosce senso di separatezza, è senza attaccamento, senza pensiero di sacrificio o dovere, o di ricompensa. L'incarnazione umana della compassione è il Bodhisattva.  Suzuki pronunciò la seguente frase: "la cosa più importante è l'amore".

L'intuizione è il ponte che conduce il pensiero più alto all'Aldilà del pensiero. Occorre una graduale preparazione e consacrare la vita a scopi spirituali, a mano a mano che continueremo a elevare il livello abituale della coscienza per vivere nel Sé superiore, guarderemo con occhio nuovo le verità dello zen. L'intelletto da solo non può mai avere più che una conoscenza delle cose, non può mai sapere.  Possiamo vedere il terzo superiore di ogni coppia solo con una percezione senza mezzo, solo con l'intuizione. L'obiettivo della disciplina zen è proprio questo: prepararci al satori, ci prepariamo senza sosta, e quindi mentre procediamo, aspettiamo. Mentre aspettiamo inerpichiamoci verso il Sè superiore e guardiamo attraverso i suoi occhi. Ogni cosa è relativa e al tempo stesso è assoluta, è entrambe contemporaneamente.  Quando giunge la visione, quando sciogliamo le restrizioni della mente, quando la mente operante è sempre più illuminata dalla luce della mente del Buddha, noi pregustiamo la serenità, quell'equilibrio spirituale di fronte agli eventi (desiderati e indesiderati). E mentre attraversiamo il Ponte che non è, scopriamo la nostra saggezza che svegliandosi funziona in mille utili forme come profonda compassione per tutte le persone, cose e circostanze e,  per noi stessi. 

Quando il soffitto del samsara, il mondo duale dell'irrealtà, è trapassato dalla spada dell'intuizione della prajna, aprendo spiragli che lasciano intravedere un più ampio stato di coscienza, raggiungiamo il vero inizio dell'allenamento zen. Ora vediamo tutto così come è, e tutte le cose sono parti inseparabili della medesima pienezza/vacuità, un allenamento morale basato sull'esperienza del satori. 

Tutti gli esseri sono già illuminati, nella voce del silenzio è scritto "Guarda dentro di te, tu sei Buddha". Dobbiamo solo liberarci della benda che noi stessi ci siamo legati sugli occhi. La suprema scoperta del mistico è : "il discernimento zen non è nostra consapevolezza, ma consapevolezza dell'essere di esso stesso in noi". 

L'illuminazione è improvvisa consapevolezza zen, e lo zen è la luce del Non-nato in manifestazione. Sukuzi dice che la vita dello zen incomincia con l'apertura del satori, e l'obiettivo dello zen è preparare al satori la nostra coscienza relativa.  Arrivare a percepire un nuovo mondo finora non concepito nella confusione di una mente dualistica.  Il satori non può essere trasformato in concetto, è al di là della dualità. Un'esperienza in cui c'è un senso dell'io non è vero satori.  Alan Watts ha dichiarato che lo zen non comporta un abbandono dell'intelletto; l'intelletto deve essere sviluppato fino al suo culmine, fino al punto in cui il processo del ragionamento scompare.

 

sabato 5 agosto 2023

"Rompiamo il silenzio sull’Africa", l'appello di padre Alex Zanotelli ai giornalisti italiani

*Alex Zanotelli (1938- ) è un missionario italiano della comunità dei Comboniani, profondo conoscitore dell'Africa e direttore della rivista Mosaico di Pace.  È l'ispiratore e il fondatore di diversi movimenti italiani tesi a creare condizioni di pace e di giustizia solidale.  
 
Ecco l'appello rivolto ai giornalisti italiani:
Non vi chiedo atti eroici, ma solo di tentare di far passare ogni giorno qualche notizia per aiutare il popolo italiano a capire i drammi che tanti popoli africani stanno vivendo.

Scusatemi se mi rivolgo a voi in questa torrida estate, ma è la crescente sofferenza dei più poveri ed emarginati che mi spinge a farlo. Per questo, come missionario e giornalista, uso la penna per far sentire il loro grido, un grido che trova sempre meno spazio nei mass-media italiani, come in quelli di tutto il resto del mondo.

Trovo infatti la maggior parte dei nostri media, sia cartacei che televisivi, così provinciali, così superficiali, così ben integrati nel mercato globale ( mio inserimento: abbiamo già sperimentato l'informazione a senso unico sia durante la pandemia, sia durante la guerra in Ucraina).

So che i mass-media, purtroppo, sono nelle mani dei potenti gruppi economico-finanziari, per cui ognuno di voi ha ben poche possibilità di scrivere quello che veramente sta accadendo in Africa.

Mi appello a voi giornalisti/e perché abbiate il coraggio di rompere l’omertà del silenzio mediatico che grava soprattutto sull’Africa.

È inaccettabile per me il silenzio sulla drammatica situazione nel Sud Sudan (il più giovane stato dell’Africa) ingarbugliato in una paurosa guerra civile che ha già causato almeno trecentomila morti e milioni di persone in fuga.

È inaccettabile il silenzio sul Sudan, retto da un regime dittatoriale in guerra contro il popolo sui monti del Kordofan, i Nuba, il popolo martire dell’Africa e contro le etnie del Darfur.

È inaccettabile il silenzio sulla Somalia in guerra civile da oltre trent’anni con milioni di rifugiati interni ed esterni.

È inaccettabile il silenzio sull’Eritrea, retta da uno dei regimi più oppressivi al mondo, con centinaia di migliaia di giovani in fuga verso l’Europa.

È inaccettabile il silenzio sul Centrafrica che continua ad essere dilaniato da una guerra civile che non sembra finire mai.

È inaccettabile il silenzio sulla grave situazione della zona saheliana dal Ciad al Mali dove i potenti gruppi jihadisti potrebbero costituirsi in un nuovo Califfato dell’Africa nera.

È inaccettabile il silenzio sulla situazione caotica in Libia dov’è in atto uno scontro di tutti contro tutti, causato da quella nostra maledetta guerra contro Gheddafi.
 
È inaccettabile il silenzio su quanto avviene nel cuore dell’Africa, soprattutto in Congo, da dove arrivano i nostri minerali più preziosi.  ( mio inserimento: Per costruire un quartiere ecologico green in California distruggiamo ed inquiniamo ettari ed ettari di terreni e fiumi per estrarre le terre rare dalle miniere in Africa necessarie per le batterie delle auto elettriche e pannelli solari, e dove i bambini africani ci lavorano come schiavi   Vedi: https://maramici.blogspot.com/2021/04/la-faccia-nascosta-della-transizione.html).
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È inaccettabile il silenzio su trenta milioni di persone a rischio fame in Etiopia, Somalia, Sud Sudan, nord del Kenya e attorno al Lago Ciad, la peggior crisi alimentare degli ultimi 50 anni secondo l’ONU.

È inaccettabile il silenzio sui cambiamenti climatici in Africa che rischia a fine secolo di avere tre quarti del suo territorio non abitabile.

È inaccettabile il silenzio sulla vendita italiana di armi pesanti e leggere a questi Paesi che non fanno che incrementare guerre sempre più feroci da cui sono costretti a fuggire milioni di profughi. (Lo scorso anno l’Italia ha esportato armi per un valore di 14 miliardi di euro!).

Non conoscendo tutto questo è chiaro che il popolo italiano non può capire perché così tanta gente stia fuggendo dalle loro terre rischiando la propria vita per arrivare da noi. 

Questo crea la paranoia dell’“invasione”, furbescamente alimentata anche dai vari partiti xenofobi. 

Questo forza i governi europei a tentare di bloccare i migranti provenienti dal continente nero con l’Africa Compact, contratti fatti con i governi africani per bloccare i migranti.

Ma i disperati della storia nessuno li fermerà. 

Questa non è una questione emergenziale, ma strutturale al sistema economico-finanziario. L’ONU si aspetta già entro il 2050 circa cinquanta milioni di profughi climatici solo dall’Africa.

Ed ora i nostri politici gridano: «Aiutiamoli a casa loro», dopo che per secoli li abbiamo saccheggiati e continuiamo a farlo con una politica economica che va a beneficio delle nostre banche e delle nostre imprese, dall’ENI a Finmeccanica.

E così ci troviamo con un Mare Nostrum che è diventato Cimiterium Nostrum dove sono naufragati decine di migliaia di profughi e con loro sta naufragando anche l’Europa come patria dei diritti. Davanti a tutto questo non possiamo rimane in silenzio. (I nostri nipoti non diranno forse quello che noi oggi diciamo dei nazisti?).

Per questo vi prego di rompere questo silenzio-stampa sull’Africa, forzando i vostri media a parlarne. Per realizzare questo, non sarebbe possibile una lettera firmata da migliaia di voi da inviare alla Commissione di Sorveglianza della RAI e alla grandi testate nazionali? E se fosse proprio la Federazione Nazionale Stampa Italiana (FNSI) a fare questo gesto? Non potrebbe essere questo un’Africa Compact giornalistico, molto più utile al Continente che non i vari Trattati firmati dai governi per bloccare i migranti?

Non possiamo rimanere in silenzio davanti a un’altra Shoah che si sta svolgendo sotto i nostri occhi. Diamoci tutti/e da fare perché si rompa questo maledetto silenzio sull’Africa. 

Gli Stati africani cominciano ad accusare l'Occidente

Forse i Paesi Africani stanno cominciando a svegliarsi e l'Occidente sta cominciando a perdere influenza in Africa. Il 26 luglio 2023, in Niger  il capo di Stato Mohamed Bazoum è stato trattenuto dalla guardia presidenziale e ha preso il comando il colonnello Amadou Abdramane. Il Niger era considerato un alleato chiave per i paesi occidentali (in particolare per la Francia). Un golpe che si aggiunge alla sequenza di cinque colpi di Stato militari consumati in anni recenti fra Mali (2020, 2021), Guinea (2021) e Burkina Faso (2022), facendo scivolare  nel caos anche il Sahel occidentale.
Vedi video:  https://youtu.be/jXwU9nvRgnI
 
Comunque, bisogna precisare che questi Stati sono stati sospesi dall'ECOWAS (La Comunità economica degli Stati dell'Africa Occidentale), che adesso minaccia un intervento in Niger per riportare la situazione prima del golpe, con conseguenze catastrofiche nella regione e forse nel mondo. La Comunità economica degli Stati dell'Africa Occidentale è un accordo economico stipulato da sedici Stati dell'Africa occidentale nel 1975, e tuttora in vigore. Attraverso l'ECOWAS questi Paesi svolgono anche una funzione di cooperazione per la sicurezza dell'Africa occidentale.
Per avere un quadro completo bisogna anche citare l'importante presenza della Wagner (i mercenari pagati dalla Russia) nella regione che complica notevolmente la situazione.
 
Al recente vertice Russia-Africa che si è tenuto a San Pietroburgo il 27 e 28 luglio 2023 hanno partecipato 17 capi di Stato, altri 32 Paesi africani sono stati rappresentati da alti funzionari o ambasciatori. 
Durante questo vertice molti capi di Stato africani hanno accusato apertamente l'Occidente di aver saccheggiato per decenni l'Africa ponendosi la domanda: "Come è possibile che in un continente ricco di risorse e materie prime come l'Africa, le persone muoiono di fame e sono costrette a emigrare?"  (vedi l'emblematico intervento di Ibrahim  Traoré presidente del Burkina Faso https://www.youtube.com/watch?v=_ztLT-_gzww ,  vedi l'intervento del Presidente del Congo, Felix Tshisekedi al vertice Francia-Congo: "La Francia dovrebbe rispettare il Congo con dignità da pari, smettetela di vederci come un'ex colonia."  https://www.youtube.com/watch?v=FWC1p8LytAk     Burkina Faso, Mali, e Guinea riconoscono la giunta militare in Niger (che ha preso il potere a fine luglio 2023) e dichiarano che un intervento militare da parte dell'Occidente sarebbe un'interferenza in affari interni di un Paese e costituirebbe una dichiarazione di guerra. Vedi BBC news https://www.youtube.com/watch?v=mXzM5pFxCSA  
I Paesi africani stanno prendono consapevolezza di essere stati per anni sfruttati dall'Occidente con la complicità di molti capi di Stato africani corrotti.    (leggere anche l'articolo https://maramici.blogspot.com/search?q=La+carit%C3%A0+che+uccide ).
 
Il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin ha approfittato del vertice Russia-Africa per cercare di influenzare i Paesi africani a prendere le distanze dall'Occidente.  
Putin ha esortato gli invitati a stringere le relazioni con Mosca al fine di “stimolare il commercio e gli investimenti, nonché lavorare insieme su questioni urgenti come la lotta alla povertà, la formazione di professionisti qualificati, la sicurezza alimentare, il cambiamento climatico”. In più: il Cremlino ha auspicato il rapido ingresso nel G20 dell’Unione Africana (forum di venti nazioni), esattamente come già accade per l’Unione Europea.
Putin, inoltre, si è offerto di fornire grano ai Paesi africani più vulnerabili ed intende inviare fino a 50mila tonnellate di grano a Burkina Faso, Zimbabwe, Mali, Somalia, Eritrea e Repubblica Centrafricana nei prossimi tre o quattro mesi. 
Per Putini l'appoggio dei 54 paesi africani è strategico nelle votazioni alle Nazioni unite e il vertice di San Pietroburgo ha costituito una tappa importante per rafforzare i legami con un continente di 1,3 miliardi di persone che si sta affermando sempre più sulla scena globale (il precedente vertice ha avuto luogo nel 2021  e  avevano partecipato alle riunioni 42 Capi di Stato africani). 
  • Alcuni commenti ai video sopra riportati:  
  • African people are gradually waking up, and rising with a new confidence. If African union rises and stands as one power like the Europeans are doing, then Niger and Africa will succeed. It is high time Africa stood up against abuse, misuse of Africa by colonial mentality of Europeans and against corrupt African regimes!
  • Every country has the right to do what it wants with its government and politics without any outside interference!
  • Freedom and sovereignty for Africa! Solidarity with Niger, Burkina Faso, and Mali!
  • At last,Africa is gaining it's consciousness...A coup to revolution
  • Thanks for Zelenskyy. West losing alliance with everyone because of him . Congratulations.
  • As a young African man, I should also add that I wouldn't hesitate to go to Niger and fight against the colonizers and imperialists if any outside forces tried to meddle in that country's internal affairs     

Introduzione al Blog

Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi personali.  Nel blog c...