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giovedì 7 aprile 2022

Le 108 Upanishad e il Vedanta

 Upanishad significa restare seduti per terra ai piedi del maestro per ascoltare il suo insegnamento.

Le Upanishad costituiscono la parte filosofica dei Veda, il cui oggetto essenziale è la meditazione e la metafisica inseparabilmente legati nella spiritualità indiana. Sono dei testi per la ricerca della saggezza e della liberazione e trattano della natura dell’uomo e dell’universo, così come dell’unione dell’anima individuale (jiva) o Sè (Atman) con l’anima universale (Paramatman o Brahman).  Le Upanishad hanno avuto una grande influenza sul dibattito filosofico e religioso e secondo la cronologia si dividono in:

  • Le upanishad antiche. Le upanishad maggiori datano 500 anni a.c. e sono commentata da Ari Shankara il filosofo precursore dell’Advaita Vedanta.
  • Le upanishad medioevali che sono commentate da Narayana e Shankarananda.
  • Le upanishad recenti che datano  XIV - XVIII secolo.

Ci sono 5 Veda se prendiamo in considerazione separatamente le due versioni dello Yajur veda – lo Shukla e il Krishna Veda:

  •  Rig Veda – contiene 10 upanishad.
  • Shukla Yajur Veda –  contiene 19 upanishad.
  • Krishna Yajur Veda – contiene 32 upanishad.
  • Sama Veda –  contiene 16 upanishad.
  • Atharva Veda –  contiene 31 upanishad.

Ciascun veda è diviso in sezioni (saakas). Ciascuna saaka include una parte dove sono descritti i mantra e i brahmanas. I mantra nell'induismo, sono dei suoni che vengono ripetuti molte volte come pratica meditativa mentre i brahmanas sono trattati di codici liturgici, di iniziazione ai mantra, di meditazione (upasana) e integrano gli aranyakas (i trattati della vita nella foresta) a beneficio delle persone che sono sulla strada della ricerca spirituale. E’ nella foresta, al riparo dei rumori del mondo, che il maestro e i suoi discepoli (aranyakas, abitanti della foresta) studiano la Dottrina secreta e cercano di arrivare alla saggezza e alla liberazione.

E’ alla fine dei Veda, alla fine di ciascuna sezione che si trovano le upanishad. Il totale delle sezioni (saakas) dei 5 veda è 1180, se ad ogni sezione fosse associata una upanishad, le upanishad dovrebbero essere 1180 upanishad mentre invece sono soltanto 108.

E’ nel medioevo che appare una upanishad, la Muktika upanishad (una upanishad minore, appartenente al Shukla Yajur Veda) che riporta il numero 108, una cifra fortemente simbolica. E’ sempre questa upanishad che classifica le upanishad in minori e maggiori. 

Le 108 upanishad, la Bhagavad Gita, e i Brahma Sutra costituiscono il triplo canone del Vedanta.

Il Brahma sūtra, noto anche come Vedāntasūtra, Uttaramīmāṃsāsūtra o Śārīrakamīmāṃsāsūtra, è un testo religioso composto in lingua sanscrita posto a fondamento del darśana hindū indicato come Vedānta. L'opera è attribuita a Bādarāyaṇa (primi secoli della nostra èra) ed è formata, nel testo stabilito, e quindi commentato, da Śaṅkara (VI-VII secolo), di 555 aforismi suddivisi in 4 adhyāya, questi a loro volta divisi in 4 pāda. Da notare che lo stesso Bādarāyaṇa fa riferimento ad opere di altri autori, come Āśmarathya, Auḍulomi, Kaṛṣṇājini e Kāśakṛtsna

Nel Vedanta le upanishad sono i testi rivelati (la shruti), trascritti dai rishi sotto la dettatura del Brahman. Le upanishad si trovano tutte alla fine delle sezioni vediche e costituiscono la sorgente della metafisica del Vedanta.

La Bhagavad Gita e i Bhrama sutra sono la parte integrante della smriti, l’insieme dei testi religiosi trasmessi per memoria (anche se all’inizio sono stati rivelati).

Shankara (nato nel 686 d.c.) è il fondatore dell’Advaita Vedanta (Vedanta non duale), che è la parte filosofica più recente della filosofia indù (data il VII secolo d.c.) ed è la filosofia che ha influenzato l’occidente a partire dal XIX secolo. Upanishad per Shankara significa “conoscenza del Brahman attraverso la quale l’ignoranza è distrutta”. E’ dunque in ragione della loro complessità, della loro promessa di realizzazione del Divino, che le upanishad furono messe in conclusione dei Veda, e classificate come Vedanta o finalità ultime dei Veda. Le date in cui sono apparse le upanishad variano da un orientalista ad un altro, comunque le più antiche sono Chandogya e Brihadaranyaka.      Il canone Muktika ne consiglia un ordine di studio per arrivare alla liberazione, suddivide le upanishad in 10 maggiori e 98 minori e le classifica anche per ordine tematico.

Le 10 upanishad maggiori sono le seguenti:

Aitareya, Brihadaranyaka, Chandogya,  Isha, Katha, Kena, Mandukya, Mundaka, Prashna,           Taittirya. 

  1. Aiatareva: è una delle Upanishad più antiche. Vi si ritrovano i grandi temi della speculazione filosofica come l'identità di Atman e Brahman, unità originaria, la conoscenza come essenza dell'Assoluto, la creazione del mondo.    vedi link : https://www.gironi.it/testi-sacri/aitareya-upanishad.php#:~:text=Una%20delle%20Upanisha%20Vediche%20pi%C3%B9%20antiche%2C%20appartenente%20al%20ciclo%20del%20RgVeda.
  2. Brihadaranyaka: è una delle due più antiche ed è considerata una delle più importanti e recita così: Brahaman, Neti, Neti…. Quello che non si trova in questa upanishad non si trova in altre parti, quello che si trova altrove, si trova in questa upanishad.    vedi link
  3. Chandogya: è una raccolta di dialoghi teologici-filosofici ed è servita da riferimento al Brahma Sutra, il testo religioso composto in lingua sanscrita posto a fondamento del darśana hindū indicato come Vedānta. vedi link
  4. Isha: è breve e concisa e contiene l’essenza del Vedanta.
  5. Katha (storia, discussione): sottolinea che prima la liberazione si poteva otteneva col sacrificio, adesso anche con la conoscenza.
  6. Kena: sottolinea l'importanza del Jnana yoga lo yoga della conoscenza.
  7. Mandukya (la ranocchia): parla di un particolare tipo di yoga dove si resta immobili per sviluppare una forma speciale di meditazione. E' molto breve e si concentra sulla sillaba sacra AUM. rappresenta l’essenza di tutte le upanishad; studiarla e assimilarla è il solo modo per arrivare alla liberazione.
  8. Mundaka (testa rasata, testa tagliata): illustra un  percorso che port alla liberazione e che taglia le idee illusorie e inutili. Suddivide la conoscenza in inferiore e superiore.
  9. Prashna (domanda): questa upanishad contiene sei domande e le sei risposte fornite dal saggio Pippalada.   Le domande avevano per oggetto il prana, i deva, il mantra OM.
  10. Taittiriya: intercala inni, preghiere e mantra a supporto per la meditazione, presenta la prima elaborazione della teoria dei cinque corpi sottili: i kosha..

Molto importanti sono anche le seguenti upanishad:

  • la Karika redatta da Gaudapada che cerca di conciliare la filosofia vedanta con il buddhismo. 
  • la Yoga Tattva: appartenente al Krishna Yajur Veda che espone lo yoga delle otto membra. Parla delle anime individuali  jiva immerse nel mare dell’illusione maya.  vedi link

Commento delle Upanishad - Mauro Bergonzi

Evoluzione del pensiero filosofico religioso indiano nella tradizione vedica, lo yoga nella Bhagvad Gita, L’advaita vedanta di Shankara. - Presentazione di Mauro Bergonzi   https://sites.google.com/site/ilsorrisodellessere/satsang

Mauro Bergonzi è stato docente di “Religioni e Filosofie dell’India” presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” e socio ordinario della International Association for Analytical Psychology (I.A.A.P.) e del Centro Italiano di Psicologia Analitica(C.I.P.A.). Ha pubblicato articoli e saggi sui processi meditativi nel buddhismo antico, sulla psicologia del misticismo, sul simbolismo religioso, sull’incontro tra Oriente religioso e Occidente contemporaneo e sul dialogo interculturale fra psicologie sapienziali orientali e psicologia occidentale.

Le Upanishad non hanno una dottrina unica ed esprimono un pensiero connesso alla matrice mistica, nel testo si usa spesso un tono apodittico: "te lo dico, non te lo devo dimostrare". Contengono i semi del pensiero indiano, la Katha upanishad parla dello yoga  (VIII secolo a.c.).  Lo yoga e il proto samkhya (un altro sentiero filosofico indiano) hanno lo stesso substrato metafisico. La ​Bṛhadāraṇyaka e la Chandogya sono le due Upanishad più antiche. 

I due principi filosofici alla base delle Upanishad sono:

  • identità di Atman (il proprio vero sé) e Bhraman (la sostanza dell’universo), Non si può staccare il sé dall’universo, l'obiettivo è scoprire l’assoluto guardando dentro o fuori di noi, il principio dell’Uno – Tutto
  • il principio del karma, trattato nella Bṛhadāraṇyaka (libro 1. capitolo 4. verso 7), qui si  parla anche di nome e forma,  il concetto di nama (nome) e rupa (forma) è trattato anche nel buddhismo antico.

Conoscendo il Sé si conosce l’universo, l’universo è un tutt’uno unico e indivisibile, io mi identifico con la coscienza, il mio sé.   "Chi sono io?"    Sono l’universo che si manifesta con il mio pensiero. Il discorso è fatto di parole, ma le parole e i nomi focalizzano solo una parte della realtà, mentre la realtà non è fatta di pezzi staccati. Il nome mette un confine alla realtà e si perde il tutto, come un punto sulla lavagna. Noi siamo le onde, ed il mare esiste anche senza le onde, l’onda nasce e muore, noi crediamo di vedere solo la forma, ma vediamo la realtà.

Il sé non è una forma, senza l’io non posso percepire il resto, l’io è un esserci cosciente.  La coscienza osserva tutto, ma non può essere osservata, ma è certo che esiste. L’universo è un sistema auto-osservante, una parte che osserva e una parte osservata, ed ogni osservazione è incompleta. La coscienza è vuota di nomi e forme, la vera coscienza non ce la dà il pensiero, non si può separare il vedere dall’essere cosciente.  I sensi ci mostrano in ogni momento che noi siamo il tutto, il vedere e il sentire sono attività della coscienza, e noi ci identifichiamo con le attività della coscienza. Il principio assoluto non può essere rappresentato in una forma particolare. 

Chi è "risvegliato" è più potente degli dei (perché anche gli dei sono una manifestazione del Tutto). La coscienza comprende mondo, mente e corpo. Nella veglia la coscienza attiva la percezione del mondo, la mente con i relativi pensieri, e le sensazioni fisiche del corpo. E poi piano, piano  si comincia a pensare che la mente stia dentro il corpo e il corpo stia dentro il mondo. Nessuna percezione può contenerne un’altra. Quando andiamo a dormire blocchiamo le percezioni, sparisce il mondo, il corpo sta fermo e sparisce, solo la mente agisce nello stato di sonno e a volte crea pensieri. Rimane la coscienza, senza oggetti. Nello stato di sonno profondo senza sogni (rem), la coscienza è invisibile, è un tuffo in un mondo di energia.

I confini del sé sono illusori, in quanto coincidono con il mondo. L’ego è un’illusione. L’egoista ama un falso sé idealizzato, se si presenta in un certo modo, mentre il vero sé autentico è disprezzato. L'amore dal punto di vista monista è espressione di unità e tende ad eliminare il dualismo.

"Con che cosa si potrà conoscere il conoscitore?" Non si può.  Posso avere coscienza di qualcosa soltanto se siamo in due, io e quel qualcosa. La coscienza ci porta a  dire “ io sono questo e non sono quello", in quel momento si è creata la dualità tra mente - corpo e mondo. 

"Io sono, ci sono", questa è un'evidenza innegabile, l’unica cosa che non posso mettere in discussione, quindi  "L'Io sono" è esistenza e consapevolezza. Si manifesta con il corpo e la mente,  e finisce con il corpo.  Ma c’è qualcosa che sa che ci siamo, è questo è il purusha. La ricerca della liberazione ha lo scopo di comprendere che il nostro corpo fa parte di qualcosa di più grande.

Il sogno è collegato al desiderio, nello stato di sonno profondo, si manifesta ananda: che è lo stato di unità e completezza, non c’è più la coscienza di ciò che è interno e ciò che è esterno, i desideri cessano, solo il sé esiste. 

Esistono due livelli di manifestazione: quello del corpo-mente,  dell'io sono, e quello della  consapevolezza pura, dove c'è l'uno senza secondo.

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Che cosa è il purusha? In sanscrito significa "uomo" e "anima". Nel Ṛgveda (X, 81) esso designa il divino uomo primigenio, da cui deriva tutto ciò che fu, è e sarà.
Secondo il sistema filosofico Samkhya, i  due principi eterni, sono il Purusha e la Prakriti.
Il primo, Purusha,  rappresenta l’Energia Cosmica Spirituale, la coscienza cosmica impassibile ed immutabile, di cui nel microcosmo ritroviamo il riflesso nella coscienza di un individuo non identificata nella materia e nell’ego.
Il secondo, Prakriti, è la materia inerte primordiale, l’essenza di tutta la natura materiale.
Tutta la creazione può essere ricondotta a questi due principi, che coesistono in un’eterna dualità, opponendosi ad ogni tentativo di risoluzione o di unione. Per questo il Samkhya viene considerato come una filosofia dualistica (dvaita).
Quando il Purusha e la Prakriti entrano in contatto fra loro si manifesta l’universo.

Video in inglese molto interessante che spiega bene Purusha e Prakriti, vedi link https://www.atuttoyoga.it/purusha-prakriti/

sabato 5 marzo 2022

Filosofia indiana - Marc Ballanfat

 

La philosophie indienne au fil des jours avec Marc Ballanfat  https://www.youtube.com/watch?v=O00phYKNDQ8            https://www.franceculture.fr 

 Questi video sono molto interessanti, ed offrono un panorama sulle filosofie indiane, sono però in francese. 

Marc Ballanfat è professore di filosofia, traduttore dal sanscrito e specialista dei filosofi dell'India antica. È anche docente all'Università di Paris-IV Sorbonne..

domenica 27 febbraio 2022

Sito dell'Unione induista italiana

 Vi segnalo il sito dell'Unione induista italiana che propone corsi per comprendere meglio l'induismo e si può accedere alla  rivista on line chiamata Dipavali o Diwali che significa Festa della Luce.

 https://www.induismo.it/rivista/

L’Unione Induista Italiana, Sanatana Dharma Samgha, è un Ente religioso sorto per la tutela, il coordinamento, la pratica e lo studio della cultura e della religione induiste.

L’UII è stata riconosciuta ufficialmente dallo Stato italiano come Confessione religiosa con Decreto del Presidente della Repubblica (DPR del 29-12-2000). 

sabato 9 ottobre 2021

Manuale delle teologie induiste

 Manuale delle teologie induiste di José Pereira. Questo testo molto impegnativo, presenta il quadro completo sulle teologie e filosofie presenti in India. Ho cercato di prendere per ogni filosofia gli aspetti fondamentali e ne ho tratto un piccolo bignami che ho riportato di seguito....

L'autore, inizialmente presenta un quadro storico, filosofico dove inserire la trattazione sulle teologie e filosofie induiste, facendo un continuo parallelismo tra Occidente e Oriente: 

  • L'Età moderna comincia con la rivoluzione copernicana,
  • Nell'Idealismo gli oggetti fisici esitono solo in relazione ad un soggetto sperimentante, Berkley e Hegel XIX secolo, buddhisti IV secolo d.C.
  • Nel Materialismo ogni conoscenza di cose soprasensibili è priva di significato, In Grecia Democrito, In India Uddalaka nel IX  secolo a.C.
  • Lo Scetticismo è stato introdotto in Occidente da Pirrone (Alessandro Magno), e  in India da Nagarjuna II secolo d.C.
  • La Non anima: il Sé ha una fascia di percezioni ed è privo di sostanza, ed è un concetto proposto dal buddhismo e da Hume.
  • L'eliminazione della cosa in sé, come oggetto conoscibile, anche questo concetto  viene trattato dal buddhismo e  Kant
  • La realtà viene vista come un flusso, il divenire è la forma universale della realtà. Eraclito, Buddha, nel VII secolo d.C. Kamakasila e  Rousseau
  • La non-violenza, si basa sull'archetipo gianista, ed è stata portata avanti soprattutto da Gandhi.
  • La realtà presentata come bipolare. In alcune Upanishad che datano il IX secolo a.C. viene introdotto il concetto di Brahman mortale e immortale, statico e mobile, formato e non formato, ecc.
  • Per Spinoza i cambiamenti sono gli aspetti di qualcosa immutabile.
  • Superare  il condizionamento dell'essere è la base della ricerca yogica.
  • L'energia come pervadente l'universo è soggetta al controllo umano mediante la retta conoscenza.
  • Interiorità yogica si basa sulla convinzione che il sé possa essere sperimentato immediatamente, attraverso il controllo del corpo e della mente. La psicologia del profondo che gli yogi avevano sperimentato nel VIII a.C. viene trapiantata in Occidente da parte di Jung nel XX secolo, l'Anima immortale dell'uomo fuori dal tempo e dello spazio può essere sperimentata.
  • Oggi c'è difficoltà a sostenere valori religiosi non aperti all'esperienza personale. Quindi diventa difficile seguire le religioni tradizionali.
  • Oggi, soprattutto in Occidente, le parole o le proposizioni sono inadeguate a descrivere l'assoluto, si cerca pertanto l'esperienza diretta, e un approccio pluralistico. Nicola Cusano, cardinale, teologo, filosofo e astronomo tedesco del 1400 sosteneva l'esistenza di un'unica fede in forme diverse.

Nell'Induismo esistono due principali correnti teologiche che fanno riferimento a Shiva e Visnu. Shiva rappresenta eros e thanatos, mentre Visnù rappresenta la dolcezza, incarna il sacrificio del fuoco ariano attraverso il quale si controlla l'energia che pervade l'universo. 

Le sei scuole vedanta. Alla base di queste scuole c'è il concetto di Nirvana e Brahman. I mezzi per raggiungere l'illuminazione sono: le opere (karma), la conoscenza (jnana), la devozione (bakthi). Possiamo dividere lo svuiluppo di queste filosofie in tre epoche:

  • La fecondazione da 1300 a 600 a.C.
  • La germinazione da 600 a.c. A 1000 d.C.
  • La fioritura a partire dal 1000 d.C.

I principali sentieri filosofici ortodossi indiani (darshana) sono sei: Sankhya, Yoga, Vedanta, Mimansa, Vaisesika, Nyaya. Sono detti ortodossi perchè accettano l'autorità del Veda che sono i principali testi sacri dei popoli ariani che invasero intorno al XX secolo a.C. L'India. Il termine veda in sanscrito significa sapere, saggezza, conoscenza.Ognuno di questi sei sentieri porta ad una visione della Realtà diversa.  Le tradizioni indiane, vedica e tantrica, accettano la trasmigrazione delle anime e i concetto della liberazione da questa continua rinascita. Il tantrismo inizialmente non ammetteva né le caste, né i Veda. Ha le proprie scritture: gli Agama o Tantra. Accentua la bipolarità maschile-femminile.

La liberazione", "affrancamento", "emancipazione", "salvezza" in sanscrito mokṣa è uno dei cardini delle dottrine religiose e spirituali dell'India, comune a tutte le correnti e tradizioni dell'induismo, al giainismo, al sikhismo, e affine al nirvāṇa del buddhismo. La liberazione, variamente interpretata e diversamente conseguibile a seconda del contesto, è principalmente intesa come salvezza dal ciclo delle rinascite (saṃsāra), ma anche quale conseguimento di una condizione spirituale superiore.  La tradizione vedica  si basa:

  •  Sui quattro veda (Ṛgveda, Sāmaveda, Yajurveda e Atharvaveda);
  • Sui quattro scopi della vità di un uomo nell'induismo che sono: vita sociale affrontata secondo valori morali (dharma), il lavoro con conseguente benessere economico (artha), il piacere (kama) e la liberazione (moksa). 
  • Sulle e quattro caste principali che sono: i Brahmani ( i sacerdoti ); Kshatriya ( i guerrieri e nobili); i Vaisya (gli agricoltori, commercianti e artigiani ) e i Shudra ( mezzadri e servi);
  • Sulle  quattro fasi della vita secondo l'età che sono: Brahmācarya (studente), Grihastha (padre di famiglia), Vanaprastha (ritirato) e Saṃnyāsa (rinunciante).

1- Il Sankhya. Per questa filosofia l’universo è costituito dal purusha, eterno, immodificabile, privo di causa (composto da anime individuali) attirato dalla prakrti (la materia, la natura naturante) che è il sostrato di tutto, ed è costituita a sua volta dai tre guna (sattva, rajas, tamas).Nell'energia-materia è presente una certa capacità vitale, cosciente, anche se in forma ridotta e spesso potenziale, nel senso che per manifestarsi necessita dell'intervento del purusha. 

Tutto questo si svolge nei cicli del samsara (rinascite). Si mette in evidenza la distinzione tra anima, psiche e intelletto (buddhi). Alla base del Samkya quindi abbiamo: lo spirito (purusa) o anima trascendente, la materia (prakti), l'istinto - mente (buddhi), l'egoismo - l'anima fenomenica (ahankara), l'evoluzione (sarga). Questa base è simile allo schema formulato da Plotino dove c'è Uno, materia, mente, anima , mondo sensibile. Il Sankhya è la dottrina dei due Sé: uno nel suo stato puro e l'altro nello stato egoico e dimostra l'esistenza dello spirito per mezzo del cogito. Questa polarità fù poi trasformata in Brahman-ignoranza. L'origine dell'uomo cosmico data il X secolo a.C. Poi ristrutturato nel 460 d.C. Nel sankhya classico. Il principale referente di questa filosofia è stato il saggio Kapila, che dice siamo assaliti dal triplice dolore: interno esterno e sovraumano; Solo il samkhya fornisce i mezzi per superare il dolore.

La materia agisce per liberare lo spirito. Solo la materia trasmigra. Il Sè esiste, non essendoci prove del contrario ed è distinto dal corpo. Eliminato il dolore si consegue il fine ultimo, lo scopo della vita è duplice (la ricerca della felicità e scampo del dolore). La mente vuota di un oggetto è in meditazione. La materia colora lo spirito, questo colore è eliminato da pratiche come meditazione, controllo, disciplina, distacco. La materia si evolve nell'interesse dello spirito, la varietà dell'evoluzione deriva dalla varietà del karma, quando la liberazione è realizzata la materia non riprende più a evolversi, come accade nella vita di tutti i giorni.  Anche quando la materia si associa agli altri sé (in un nuovo ciclo di evoluzione), i sé liberati non sperimentano più, poiché manca la causa per tale esperienza (la non-discriminazione).

L'unico Sè (indivisibile e universale) è reso multiplo dall'associazione con un limitante casuale (materia). Non c'è conflitto con la non-dualità. Il mondo è reale perchè non esistono prove del contrario.L'egoismo o il desiderio è l'agente,  non lo Spirito. Il Sè è omnipervadente, trova il tempo e il luogo della sua esperienza soltanto attraverso l'associazione con un limitante casuale. La realizzazione delle opere dipende dall'egoismo, non è dipendente da Dio e non esistono prove che lo sia. Senza inizio è il rapporto tra possessore e posseduto, tra seme e germoglio, esso è prodotto dal karma. Oppure dalla non-discriminazione (dal corpo sottile). Non importa come sia prodotta, la separazione del rapporto è l'obiettivo dello Spirito.

2- Lo Yoga.Metafisicamente lo yoga è il sankhya, si crede che la coscienza sia luminosa di per sé, ma contaminata dal mondo esterno, che la invade sotto forma di sentimenti e concetti. La tendenza della mente verso il mondo esterno può essere controllata. Concentrandosi, la coscienza è rivolta alla chiara luminosità della sua natura originale. Fra la pluralità degli spiriti vi è uno spirito (il signore supremo che non è una causa), che non è mai vincolato dalla materia e non ha bisogno di essere liberato. Il contemplatore si sforza di sperimentare il proprio spirito mediante la disciplina, la meditazione e l'estasi.  Il sankhya, invece, segue il percorso della discriminazione intellettuale.

Noi abbiamo dei condizionamenti psicologici e sociali, altri più profondi nell'inconscio, condizionamenti prodotti dalla materia nel tempo. Lo yoga cerca di annientare il tempo e liberare l'uomo, e controllare l'inconscio. I principali fautori, tra storia e leggenda, di questa disciplina sono stati Patanjali (III - IV secolo d.C)  e Vyasa (V - VI secolo d.C).

I praticanti Yogi sono classificati in nove specie: se seguono metodo dolce, medio, severo, ognuno diviso in intensità dolce, media e severa. Solo i seguaci del metodo severo conseguono la concentrazione e i suoi risultati. Lo yoga è la soppressione degli stati mentali. Il testimone dimora nella propria natura, altrove si identifica con gli stati mentali che sono: conoscenza valida, errore, finzione verbale, sonno e memoria. Gli yogi che seguono un metodo di severa intensità conseguono la concentrazione che deriva da fede, forza, meditazione e saggezza. La pratica è lo sforzo per realizzare la calma indisturbata. La concentrazione si consegue anche con la devozione al signore supremo, OM è il suo simbolo. La calma mentale si consegue coltivando sentimenti amichevoli, compassione e contentezza, in tale calma la comprensione intuitiva è soltanto un sostegno di verità. Quando gli stati mentali sono stati tutti soppressi, si consegue una concentrazione che è la consapevolezza indifferenziata (non conoscente, non conosce alcun oggetto). Arrivando così alla Consapevolezza della propria differenza dallo Spirito.   

Lo yoga e il Samkya mettono in discussione l’efficacia dei riti dei Veda. Entrambi questi due sistemi postulano l'esistenza di due aspetti della realtà: della coscienza inattiva e immutabile (purusha) e della materia sempre attiva (prakrti). La materia ha livelli diversi di intensità ed anche i nostri pensieri sono materia sottile. La manifestazione più perfetta della prakrti è chiamata buddhi o intelletto, ed è l'elemento che, in particolari condizioni, può facilitare il processo della liberazione. Fin dall'epoca delle Upanishad si è cercato di dissociare lo spirito dalla materia e cercare di far emergere il vero Sé libero, eterno, inattivo che soggiace al mondo manifesto ed arrivare così alla liberazione dalla quotidianità costituita da malattia, sentimenti, sofferenza e morte. Non è una visione pessimistica ma è un continuo stimolo al saggio e all'asceta di ritirarsi dal mondo, staccarsi dai beni e dalle ambizioni ed arrivare alla liberazione. Il Samkhya cerca di arrivare alla liberazione attraverso la gnosi e la conoscenza metafisica, mentre per lo yoga la conoscenza non è sufficiente, sono indispensabili un'ascesi e una tecnica meditativa.

3- Mimansa. Per questa filosofia l'indagine sulla rivelazione vedica ha un duplice oggetto:  il rito e il Brahman. I fautori di questa filosofia sono Jaimini e Badarayana. Per questa filosofia i veda sono di origine impersonale, hanno profondi significati, esprimono cose trascendenti, esistono nell'eternità. Un altro importante filosofo che fa riferimento a questa filosofia è Kumarila Bhatta (VII d.C.)

Atomismo o Vaisesika. La base di questa filosofia è l'atomismo. Per l'atomismo la realtà è costituita da particelle immutabili che si dispongono e ridispongono variamente senza alterarsi mai. Uno dei fautori di questa filosofia è  Uddalaka nel IX secolo a.C.

Nel secolo successivo si sviluppa la teoria atomista dei quattro elementi: aria, acqua, fuoco e terra. Fu ripresa da Democrito in Grecia, e fu ridotta a sistema in India da Kanada (I secolo a.C.) Gli atomi devono essere combinati da una mente per dare origine alla complessa struttura del mondo visibile. Occorre una Mente ordinatrice cosmica quindi Dio. Dio è l'artefice della ssoluzione e creazione del mondo. L'Atomismo viene unito al logicismo nel XI secolo d.C da Udayana. Nella creazione gli atomi si combinano con tutte le anime mediante il karma. Combinando gli elementi si crea un grande uovo, e in esso il signore supremo crea Bhrama. Brhama comandato dal Signore supremo crea gli esseri mentali, dei, saggi, antenati fornendoli di facce, braccia, cosce e piedi e le quattro caste e poi secondo il karma li associa con le qualità del merito, della conoscenza, passione e potere.

Il Logicismo o Nyaya. Questa filosofia proclama la liberazione attraverso il ragionamento. (un'idea senza paralleli nel pensiero religioso). Postula una rivelazione di origine personale con Dio come suo autore. Uno dei caridni di questa filosofia è l'uso del sillogismo.  Con proposizione, ragione, esempio.  Con questa filosofia, si assiste alla fine dell'Assoluto impersonale e all'inizio del dio personale, adorato con suprema devozione.

Nel ragionamento esiste un Soggetto conoscente, una norma, una cosa conosciuta, e si produce conoscenza. Attraverso la logica possiamo provare l'esistenza dell'onnisciente, imperituro Dio. Cose come la terra devono avere una causa, perchè sono effetti. Il mondo è una combinazione di atomi con differenti gradi di complessità. Asserisce l'esistenza delle capacità umane come arti e scrittura; l'esistenza della conoscenza autorevole, l'esistenza della rivelazione. Io sono la sorgente di tutto: tutte le cose si evolvono da Me, i saggi lo sanno e, pieni di emozione mi adorano. Un uomo che stabilisce gli insegnamenti dei saggi sulla Legge, mediante una logica non discordante dalla Rivelazione e dalle scienze sacre, Soltanto quell'uomo, e nessun altro, conosce quella legge.

Vedanta dualista o Dvaita Vedanta. Nel V secolo a.C. le tradizioni sacre induiste vengono unificate da Badarayana,  poi Madhva (1238-1317) propose un modello diverso. Per questa filosofia Non c'è un Dio creazionista, ogni anima dipende dalla sua causalità e intrensicamente da azioni buone o cattive.   I nemici del Vedanta dualista sono il Logicismo e Nondualismo. Visnu si manifestò come il saggio Vyasa e produsse l'insuperabile scienza conosciuta come la suprema saggezza. Tutto è Brahman, neti, neti, Non è questo, non è quello. Vengono rivalutati i mantra. Il mantra OM è l'espressione di Brahman. Un altro mantra molto conosciuto è il Gayatri mantra, o l'inno al sole. Le tre esclamazioni rituali sono durante la recita di questo mantra sono: bhuh pienezza, bhuvah causalità dell'esistenza, svah possesso della gioia. La liberazione si raggiunge con la conoscenza che nasce dall'indagine teologica. Senza Dio non c'è liberazione. A parte il Brahman tutto è irreale. Se il Brahman indifferenziato è autoilluminante, come può l'ignoranza nasconderlo? Questa filosofia critica il ritualismo.

Ortodossia Saiva. Teologia dell'identità. Il problema che il Nondualismo deve affrontare è quello della differenza. Alla base c'è il Sè, e questa filosofia impiega una complessa dialettica per eliminare ogni molteplicità che ritiene il prodotto dell'illusione e l'ostruzionismo che impedisce la visione del Sè. La Metafisica alla base è fornita dal grande Mandana Misra con il testo La prova di Brahman, che utilizzando la polarità spirito-materia del Sankhya, ridusse lo Spirito ad un unico essere: il Brahman e trasformò la stessa materia reale sankhya in uno spettro (che non era né essere, né non essere).

Diverse scuole Nondualiste aderiscono al commento di Sankara sugli aforismi di Badarayana. Quello su cui convengono è, che le categorie basilari della loro teologia sono il Sè e il non-Sè, che il secondo è sovrapposto al primo dando origine a un'illusoria molteplicità, causata dalla trasformazione del Sè. Questa trasformazione è non reale. La schiavitù è l'effetto dell'ignoranza, Ma non sono d'accordo sul concetto di ignoranza. Il Brahman nell'essenza è conoscenza, e non può essere toccato dall'ignoranza. L'ignoranza è diversa dal Brahman, ma non è un'altra cosa altrimente il NonDualismo cadrebbe.

Le sei scuole NonDualiste o Advaita.

  1. Non dualismo indiviso Gauda Pada e Sankara
  2. Limitazionismo il vaso sembra limitare l'etere, quando il vaso è distrutto il limite sparisce, la perfezione dell'imitabilità si trova solo in Dio.
  3. Riflessionismo metafora della luna nell'acqua, e della faccia nello specchio. Le immagini riflesse non sono distinte dall'oggetto che riflettono anche se apre che lo siano.
  4. Apparizionalismo l'ignoranza con il suo potere diversificante, produce apparizioni della realtà fondamentale del Brahman, Suresvara.
  5. NonDualismo idealista, una teologia della differenza nella identità, Prakasananda.
  6. Non dualismo sincretista. Madhusudana, aveva sempre creduto nella fondamentalità della conoscenza quale mezzo salvifico, ma in quel periodo prevaleva la teologia della devozione, e anche lui trasformà il sistema gnostico in un sistema di devozione. 

Il proclama del NonDualismo (si trova nella Mandukya Upanishad, con commenti di Gauda Pada) "Conoscere la realtà differentemente da quello che è, è sognare, non conoscerla affatto è dormire, quando si eliminano entrambi questi errori si entra nello stato Indifferenziato". Quando l'anima messa a dormire dall'illusione che non ha origine, si sveglia, diventa consapevole della NonDualità, del non nato, del non addormentato, del non sognante. Se il mondo dovesse realmente esistere indubbiamente sparirebbe. Infatti la dualità che percepiamo è mera illusione, mentre la NonDualità è la sola verità suprema.     In qualunque forma il Sè si manifesti è la forma che si percepisce, diventando effettivamente quella forma, il Sè protegge il percepiente, il quale possedendola, la realizza. È attraverso questi esseri, non separati da lui, che il Sè è appreso come separato. Quando si conosce il Sè si può continuare a vivere la propria vita nel mondo come se si fosse privi di sensi, fuggendo la lode, i saluti, l'esecuzione di riti in onore degli antenati, l'asceta dovrebbe vivere di ciò che gli offre il caso.

Attacchi al Sankhya. Viene messa in discusssione la causa materia; l'argilla è identica all'effetto vaso. Come provare il rapporto causa - effetto? Nulla è prodotto, né da se stesso, né da un altro.

La legge Vedica è duplice, dell'Azione dell'Inazione ed è la causa della stabilità del mondo. L'Essenza eterna pura, saggia e liberata divenne incarnata, fu spinto dalla misericordia verso la legge ed insegnò la legge ad Arjuna.  Vyasa nei 767 versi della Gita compilò quella legge esattamente come il Signore l'aveva insegnata. La Gita è la quintessenza di tutta la conoscenza Vedica. La suprema meta dell'esistenza è la cessazione del mondo della trasmigrazione condizionata da causa ed effetto. Ciò si compie in virtù di una conoscenza del Sè accompagnata dall'abbandono di tutta l'attività.

La legge permette di percepire il significato della parola Brahman. L'individuo che offre la sua opera al Brahman, evita l'attaccamento e continua ad operare, non è macchiato dal peccato come un loto non è macchiato dall'acqua. Lo yogi opera con il corpo, la mente, l'istinto e perfino con i sensi indipendenti, evitando l'attaccamento per assicurare la purezza della mente.La rivelazione nega che il Sè (Brahman) sia vincolato.  La Brhadaranyaka Upanishad recita così: "In un solo modo quell'essere inconoscibile può essere percepito, è il Sè immacolato, al di là dell'etere, mai nato, il grande, l'eterno".  La Katha Upanishad esprime il Sè in questo modo: "Il Sè non nasce e non muore, viene dal nulla e diventa nulla. È il non-nato, l'eterno, l'antico. Non è ucciso quando il corpo viene ucciso". La rivelazione parla della condizione effettuale, ma soltanto senza l'abbandono della natura originaria, insegna la metamorfosi, una posizione perfettamente ineccepibile.

Come spiegare l'indivisibilità del Brahman?  Se le parti e l'intero sono entrambi autoilluminanti, nessuno dei due può essere l'oggetto della conoscenza dell'altro, per definizione è consapevolezza senza oggetto.Perciò il Brahman non può sperimentare la indivisibilità del proprio Sè.

Differenza nella identità é la corrente principale della teologia induista. Il suo archetipo fondamentale è la natura bipolare della realtà, espressa nelle seguenti dicotomie: sostanza-modi, essenza-attributo, indifferenziato-differenziato, mortale-immortale, universale-particolare, intero-parte, causa-effetto, ecc. Mentre le energie sono molte, l'essenza è una.

Le scuole si dividono in due gruppi, non-confessionale che è principalmente vedico, e il confessionale professante devozione a Visnu, Siva o Sakti(energia) che poi si trasformò in  tantrismo.

La metafisica dell'assolutismo sonico è una teologia del linguaggio, energista e evoluzionista. Formulata nel libro delle frasi e delle parole di Bharr Hari che dichiara "Inadeguatezza dei sistemi umani nell'esprimere l'assoluto, ed affermano di conseguenza l'intrinseca giustezza della parola. Tutte le  Idee sono  incorporate nel mitico monosillabo OM. La vera conoscenza, conosciuta come purezza, si acquista in una sola parola. Senza che ciò si opponga a nessuna credenza, essa è proclamata nella parola OM. Da OM creatore dei mondi, derivano le varie scienze con le loro divisioni principali e secondarie. Esse sono le sorgenti della conoscenza salvifica e del rito purificatore. Le forme collegate alla parola sono: rivelazione, tradizione, logica e grammatica.

L'Antico Vedanta o Puratana Vedanta. Badarayana probabilmente è stato il primo teologo sistematico del mondo e parte dal presupposto che la teologia sia la ragione sistematica che tenta di comprendere il messaggio della Rivelazione.

I primi Aforismi sul Brahman datano il l secolo a.C.  Nella ricerca del Brahman, il Sè deve essere visto, se ne deve udir parlare, deve essere pensato e meditato. Il Brahman è l'oggetto della teologia: è da dove provengono gli stati di creazione, mantenimento e dissoluzione del mondo. Il Brahman non è esprimibile, perchè è un oggetto della conoscenza. La Rivelazione dichiara che un uomo che si affida a lui consegue la liberazione. Il Brahman è la luce, il respiro, l'etere, l'inquilino del sole ( attraverso il Gayatri mantra si manifesta devozione al sole).  Il Sè si raggiunge attraverso la discriminazione, l'assenza di passione, la disciplina, il rito, la virtù, l'assenza di tristezza e l'assenza di gioia. Si può ottenere la purezza fisica grazie a cibo senza difetto.La liberazione puà essere realizzata direttamente in questo corpo e la liberazione assoluta o assorbimento nel Brahman dopo la morte.

Differenza nell'identità condizionata. E' una  Teologia della negazione o apofatica, che poi divenne la base della chiesa ortodossa.

Baskara. In principio c'era soltanto questo essere, unico, senza un secondo. Ma altri dicono che in principio c'era soltanto il non-essere, unico, senza un secondo, e che dal non-essere sorse l'essere. Come è possibile? Si risponde che in principio c'era soltanto questo essere. Il Brahman ha due forme, l'incarnata e la non incarnata. Se un uomo riconosce il Brahman non esistente, è come se lui stesso fosse non-esistente.

Nondualismo indivisibile o Avibhagadvaita. Nel XVI secolo la tradizione tantrica trionfava sulla tradizione vedica.

Vijnana Bhiksu unico fra i seguagi delle teologie di devozione, proclamava una liberazione mediante la conoscenza (senza devozione) consistente nell'identità con un Assoluto impersonale, libero dalla gioia e dal dolore. Dinanzi ad un vedanta vittorioso dichiarava che lo yoga era il primo fra tutti i sistemi e che il sankhya possedeva un mezzo superiore per ottenere la liberazione.

In questo periodo avviene anche l'elaborazione definitiva del sankhya, la sistematizzazione dello yoga, la sintesi tra sankhya, yoga e vedanta.  Si deve aderire alla logica che stabilisce l'esistenza del Signore, quale è enunciata nel Vedanta, nel Logicismo e nell'Atomismo. Illustri yogi e gli stessi maestri sankhya non vedono il Grande Signore, il Brahman senza principio né fine. Sia Lui il vostro solo rifugio.

Nondualismo differenziato o Visistadvaita. E' la prima teologia vedantica di devozione. La devozione appare nelle tarde Upanishad e nella Gita, e la sua espressione fu soprattutto popolare.

I due grandi filosofi e maestri  Yamuna ( 918- 1038) e Ramanuja (1056-1137) fanno riferimento al Vedanta antico, basato su misticismo ardente, meditazione sulle glorie di Dio, sulla sua trascendenza ed accessibilità. Dio è una persona e il più alto rapporto che Egli ha con la Sua creatura è quello di amore e sollecitudine. Dio verrà chiamato anche nella Gita la Persona Suprema. Questo misticismo si dividerà in due scuole, la prima affermava che Dio è l'autore della salvezza e bisogna arrendersi totalmente a lui. La seconda afferma il bisogno dell'uomo di cooperare con Dio.  Il devoto deve manifestare la devozione per Krisna, incarnazione di Visnu, o  la devozione per Rama anche lui un'incarnazione di Visnu.  Yamuna  suggerisce di leggere i Pancaratra dove viene manifestata la veracità di Dio. Ramanuja diceva: "creando l'intero mondo a tutti i suoi livelli, dal dio Brahma agli oggetti immobili, Egli dimora nella sua natura, inaccessibile alla contemplazione e all'adorazione degli dei e degli uomini". Abisso sconfinato di compassione, benevolenza, tenerezza, e generosità, non abbandono la Sua natura, quando trasformò la Sua essenza in una natura come la loro, essendosi incarnato in mezzo a creature diverse, fu adorato in mezzo a loro. La metà dell'uomo è quintuplice: dovere sociale, lavoro, piacere di questo mondo e dell'altro mondo, esperienza dell'anima ed esperienza di Dio.  La metà suprema dell'uomo è la liberazione, che è uno stato in cui si dimora nella propria natura eternamente deferente. I mezzi per arrivare alla liberazione sono cinque: attività rituali, consocenza, devozione, resa totale a Dio e venerazione per il maestro.Un altro approccio filosofico è l'innata differenza-nella-identità o Svabhavikabhedabheda. 

domenica 27 giugno 2021

Spiritualità e saggezze orientali

Uno dei Paesi in cui la spiritualità è sentita ed espressa in tutte le sue forme è l'India. In India si registra una religiosità senza religione,  e qui coabitano un grande numero di movimenti e filosofie, dal XII è presente anche l’Islam. Dalla competizione costante tra le varie religioni, per dimostrare la validità dei loro dogmi, è nata la filosofia Indiana.

Per Isabel Ratié (professore alla Sorbona, lingua e letteratura sanscrita) gli indù aspirano a liberarsi dal  samsara (ciclo delle rinascite) e l’esistenza umana è fondamentalmente una sofferenza, un'illusione. Dell’idea di liberazione, non se ne trova traccia nei Veda (1500 a.c.), comincia ad apparire nelle più antiche upanishad ( VI, V secolo a.c.). 
Per gli indù noi siamo atman, una sostanza immutabile che è in noi, la parte cosciente e immortale; per liberarsi occorre scoprire questo atman in noi. 
 I buddisti sono in disaccordo totale ed asseriscono che soffriamo perché pensiamo che ci sia qualcosa di permanente, mentre niente dura e tutto è impermanente. Buddha significa risvegliato, ha cercato di spiegare che non c’è neanche l’atman, ma solo vacuità. ( discussioni tra il V e XII secolo).  Nel XII secolo il buddhismo, su pressione della religione Vedica, sparisce dall'India.
Tutti i sei sistemi filosofici indiani (darshana) che sono: yoga, vedanta, sankhya, nyaya, mimamsa, vaisheshika, concordano sulla realtà dell’atman. 
Il sankhya e lo yoga mettono in discussione l’efficacità dei riti dei Veda, e pensano che l’universo è costituito da materia (prakiti) sempre attiva e dalla coscienza inattiva (purusha) ed immutabile. 
Per il vedanta l’universo è uno, la materia è solo illusione. 
Le filosofia nyaya e vaisheshika credono in un Dio organizzatore. L’intelletto (buddhi) non è vicino alla coscienza, ma è più vicino al corpo e alla materia. Il pensiero discorsivo tende ad allontanarci dalla vera realtà. 
La corrente shivaita Pratyabhijñā ("riconoscimento"), è una scuola filosofico-religiosa dello Shivaismo kashmiro fiorita intorno al IX secolo che propone una via di liberazione tendenzialmente facile: porre una semplice attenzione al reale e ai nostri stati di coscienza senza disdegnare il piacere dei sensi. 
Il buddhismo si colloca a metà strada tra i due estremi dell’ascetismo e del piacere dei sensi ed asserisce che praticando certe discipline si cambia il modo di essere nel mondo. 
 
Lo yoga utilizza tecniche di respirazione, esercizi fisici e tecniche di purificazione per discendere negli stati di coscienza sempre più profondi. 
Bisogna precisare che non c’è un solo tipo di yoga, all’inizio si praticava un'ascesi rigorosa che si fondava sul testo Gli Yoga sutra di Patanjali (III secolo a.c.  -  V secolo d.c) che definiva tecniche mentali e corporali per imparare a non più agire ed arrivare al Kaivalya, l'obiettivo finale del Raja yoga e significa "solitudine", "distacco" o "isolamento".   Vedi link
Kaivalya sta per isolamento di purusha da prakṛti; uno stato della coscienza in cui non c'è più confusione con il mentale, l'ignoranza sulla nostra vera natura è caduta, la liberazione dalla rinascita, cioè moksha. Questo yoga però non era accessibile a tutti. 
A poco a poco i fondamenti filosofici e metafisici sono stati accantonati, e a partire dall' XI secolo è stato lasciato il posto all’hatha yoga. Lo scopo dell’hatha yoga è quello di risvegliare la kundalini (energia latente alla base della colonna vertebrale) e farla salire attraverso una serie di chakra fino alla testa e congiungersi con Shiva o con l’energia cosmica.    La Bhagavad Gita  che data V e VI secolo a.c. introduce il concetto di yoga dell'azione.
Purtroppo lo yoga oggi praticato in Occidente e dalle classi agiate in India ha il solo scopo di ottenere una sorta di benessere. 
Nel testo Lo yoga, la via del corpo, Ysé Tardan-Masquelier storica delle religioni, presidente della federazione francese di yoga fa un'indagine chiara e rigorosa sulle origini indiane dello yoga e sui suoi rapporti con la tradizione e la modernità. L'autrice analizza la pratica dello yoga in Europa, le sue radici autentiche e gli apporti successivi. Sviluppa e analizza i concetti chiave della disciplina nel corso della storia e indaga sul progresso spirituale che lo yoga ha avuto durante il suo percorso, ponendo una domanda fondamentale: "Un cristiano, un ebreo, un musulmano o un ateo possono praticare yoga? E questa disciplina in cosa può aiutare tutti?". 
L'Hatha yoga è una filosofia che va a servire di fondamento ad una esperienza, ed è vissuto prima di tutto come un'esperienza basata sul lavoro del corpo e della respirazione. Gli occidentali si avvicinano allo yoga per problemi di schiena, cattiva digestione e per gestire lo stress, ma dopo un certo tempo di pratica subentra l’aspetto spirituale. 
Patanjali, l'autore degli Yoga Sutra, asserisce che l’essere umano porta l’assoluto in lui, l'atman, la pratica permetterà di entrare in contatto con questo assoluto. 
A partire dal X secolo le sette tantriche si concentrano sull’aspetto energetico, il risveglio attraverso la pratica di kundalini. Coloro che praticano il tantrismo spiegano che nell’attuale era del kali yuga occorre abbandonare l'ascetismo e concentrarsi soprattutto sulle pratiche corporee. 
Ramakrishna  (186-1886) familiarizzo con l’islam e il cristianesimo, per lui tutti i cammini portano a Dio.  L’uomo alla nascita ha due tendenze: una vidya che lo porta verso Dio, l’altra avidya che lo porta verso la via terrestre., alla nascita queste due tendenze sono in equilibrio,  lo stesso è per l’anima che cade nelle trappole di maya (mondo illusorio),  esiste l'io personale ed l'io superiore, Noi siamo tutti collegati all’io superiore.   L’anima individuale (javatman) che resiede nel cuore dell’uomo, deve ricongiungersi con l'anima universale ( paramatman).  Ramakrishna fa l'esempio della bambola di sale che vuole misuarare gli abissi dell’oceano,  appena mette piede nell’acqua, diventa un tutto uno con l’oceano,  il differenziato diventa un tutt'uno con l’indifferenziato.  "In verità ve lo dico, fino a quando non hai realizzato Dio, bisogna ritornare entro le mani del ceramista, rinascere a varie riprese nel ciclo delle rinascite,  come il ceramista che raccoglie la creta del vaso rotto e la rimodella.   Dio è un grande oceano le cui bolle sono le anime, in lui nascono, in lui esistono, in lui ritornano". 
Vivekananda (1863-1902) allievo di Ramakrishna porta lo yoga in Occidente, e raggruppa le scuole yogiche in quattro categorie: jnana yoga, bhakti yoga, karma yoga, esiste una quarta via, più modesta ma indispensabile alle altre, il punto di partenza verso le altre vie che è l’hatha yoga.
Swami Sivananda (1887-1963) convinto che lo yoga sia uno strumento di pace individuale e collettiva, incaricò un suo allievo swami Vishnudevananda (1927-1993) di esportare lo yoga in Occidente. Vishnudevananda  creò il primo ashram in Quebec nel 1962, poi incominciò ad aprire vari centri in tutta Europa.
 
Per evitare un’interpretazione troppo libera dello yoga,  negli anni '70 in Europa si iniziano a formare degli insegnanti e dar loro un quadro deontologico.  In molte nazioni europee erano state create varie strutture federative e nel 1973 a Zinal in Svizzera, si era svolto il primo convegno internazionale di yoga organizzato dall’Unione Europea Yoga sulla spinta del belga André Van Lysebeth. Con il contributo di molti insegnanti della Federazione Italiana Yoga nel 1977 iniziò il primo corso di formazione triennale per insegnanti yoga in Italia. 
Oggi in India lo yoga è stato trasformato in tecnica di benessere e si pratica nelle palestre, si sviluppano tecniche particolari come lo yoga brikam che si pratica in sale riscaldate fino a 40 gradi e che hanno poco a vedere con il nucleo tradizionale dello yoga. Il nazionalista primo ministro dell’India Narendra Modi, creando la giornata internazionale dello yoga, ha promosso lo yoga come ambasciatore della cultura indiana.

Buddhismo.  Per Philippe Cornu (tibetologo, professore di scienze e religioni e del buddhismo) gli occidentali riducono il buddhismo ad una forma di sviluppo personale. Il buddhismo ha lasciato l’India per introdursi in Tibet nel VII secolo.   Le tre correnti del buddismo sono: Hinayana letteralmente «piccolo veicolo (per la salvezza) ,  Mahayana (grande veicolo), Vajrayana (veicolo del diamante) , in quest’ultimo, presente in Tibet e Buthan, si applicano delle pratiche esoteriche sofisticate per raggiungere più facilmente il risveglio ed è essenziale in questo cammino l'iniziazione del discepolo. Queste tecniche devono essere comunque al servizio della saggezza e della compassione. 
Le scuole principali nel buddhismo tibetano sono: Guelougpa, Sakyapa, Bonpo che hanno un profilo più filosofico, mentre le scuole Kagyupa e Nyingmapa privilegiano di più l'aspetto pratico e il rituale.

Lo Dzogchen, che significa Grande perfezione, secondo alcune scuole del buddhismo tibetano e della tradizione religiosa Bön, è lo stato naturale e primordiale, ovvero una condizione spontanea della mente, e, allo stesso tempo il corpus di insegnamenti volti a condurci alla nostra natura fondamentale. Nel buddhismo è fondamentale il ruolo del maestro e la cerimonia d'iniziazione che è l'incontro di due spiriti: il maestro e l'allievo ed ognuno di questi incontri è unico nel suo genere.  Nel vajrayana i tantra sono dei testi spirituali destinati a facilitare il risveglio e in alcuni casi particolari si accenna che la sessualità può contribuire al risveglio. Alcuni lama sono laici e possono avere delle relazioni sessuali e sposarsi. Altri sono dei gelong, dei monaci con voto di castità.
 
Il tonglen è un tipo di meditazione che porta allo sviluppo della compassione verso tutti gli esseri. Nel buddhismo sono usati molto i mantra e i tantra. Il mantra è una formula sacra che si ripete e che è considerata come un suono della realtà assoluta al di là delle apparenze e dei condizionamenti. I mandala sono delle rappresentazioni grafiche o mentali dell’universo e la quintessenza di tutte le cose. Il ngondro è costituito da un insieme di pratiche preparatorie e dalla contemplazione dei quattro pensieri fondamentali per il buddhismo:  Impermanenza, karma, sofferenza delle rinascite nel samsara.   Per i buddhisti "La conoscenza deve essere bruciata, martellata e battuta come dell’oro puro, non la si accetta senza averla esaminata a fondo e discussa".   Chogyam Trungpa (1939-1987) scappato dal Tibet ha introdotto il buddhismo tibetano in USA e Gran Bretagna.  

La meditazione è un esercizio di attenzione a quello che passa qui e ora, ed una esperienza di presenza pura. Questo non implica nessun dogma. 
A partire dal XIV secolo la meditazione ha cessato di essere un pilastro del buddhismo, in Oriente i buddhisti che praticano la meditazione sono rari. 
Il buddhismo si rivolge a qualsiasi persona, in quanto filosofia permette di analizzare la nostra esistenza con una finezza stupefacente. Il buddhismo ha per oggetto la mente umana che intende chiarificare e liberare dalle sue reazioni negative. 
In Occidente è stato introdotto un buddhismo laico alla carta, togliendo il corpo spirituale della tradizione tibetana. e negli Usa c'è un approccio che non fa appello a nessun principio religioso. 
La meditazione buddhista appassiona numerosi psicoterapeuti ed apre un’altra via, oltre quella della psicologia occidentale, per la comprensione e la tranquillità della mente umana invitando a non fuggire il dolore, ma incontrarlo e permettergli di trasformarsi. Meditare è tutta un’altra cosa che di seguire una qualunque tradizione di pensiero, qualunque dogma o rito, è imparare che esiste un benessere dell’essere che non si manifesta finché non smetto di tormentarmi, torturarmi, non giudicarmi, non compararmi.   Per Matthieu Ricard, il monaco buddhista francese più conosciuto in Occidente, la meditazione benevolente potrà cambiare il mondo. Apprendere la meditazione passa necessariamente per una trasmissione vivente, un incontro. I maestri di Matthieu Ricard sono stati Kanjur Rimpoche, a Darjeeling (India)  e Dilgo Khyentse Rinpoche presso il  monastero Schechen (Nepal).
La pratica spirituale comporta la recitazione di preghiere, di mantra, visualizzazioni. La pratica  costante per trenta minuti al giorno, per un mese, è sufficiente a generare dei cambiamenti funzionali e strutturali nel cervello, ma anche a rinforzare il sistema immunitario. 
Non si può ridurre la meditazione a un semplice metodo di sviluppo personale; se si vede in essa solo un modo per rilassarsi e vuotare la mente bloccando i pensieri (cosa impossibile) si perde il senso profondo della meditazione.
Meditazione in sanscrito bhavana che significa coltivare e in tibetano gom che significa familiarizzare. Meditando si familiarizza con il funzionamento della nostra mente, si sviluppano le qualità che spesso sono trascurate, come l’attenzione, l’amore altruista, la libertà interiore per diventare un miglior essere umano, per trasformarsi interiormente e mettersi al servizio degli altri. 
La meditazione è un mezzo accessibile a tutti e l'obiettivo è quello di promuovere i valori umani. La meditazione di piena coscienza sviluppata dal psichiatra  Jon Kabat-Zinn produce eccellenti risultati nel ridurre l’ansietà, del dolore ma non favorisce lo sviluppo da parte del meditante dell’amore altruista. Per questo, penso che è necessario sviluppare la piena coscienza benevolente, caring mindfulness, che è una forma di compassione e la capacità di accogliere le sofferenze dell’altro in maniera costruttiva, diverso dall'empatia che può portare ad una forma di angoscia. 
La compassione riafferma la nostra forza d’animo, il nostro equilibrio interiore e la nostra determinazione coraggiosa ad aiutare quelli che soffrono.
La meditazione benevolente associa compassione ad amore altruista. Trenta minuti di meditazione sull’amore altruista fanno aumentare comportamenti pro sociali, ed una diminuzione dell’attivazione della amigdala, l'area neuronale del cervello associata all’aggressività e paura. La meditazione benevolente può servire a medici e infermieri a rafforzare e reagire in maniera più positiva alla sofferenza. Lo sviluppo dell’altruismo può far bene alla società tutta intera. 
Man (manas) è la mente, Tra significa proteggere: proteggere dalla sofferenza e l’ignoranza. I differenti livelli della mente corrispondono ai diversi livelli del corpo. Dal corpo grossolano al corpo di energia, al livello più sottile. E’ a questo piano che si manifesta il potere di guarigione dei suoni. I punti energetici sono identificati con suoni particolari. Quando la vibrazione di un organo malato entra in fase con la vibrazione di un mantra curativo appropriato l’organo può guarire. Il famoso mantra buddhista "OM Mani Padme Hum" riporta in equilibrio i bioritmi del corpo (respirazione, cuore, tensione arteriosa) grazie alla ripetizione di questo mantra. 
La visione olistica della fisica quantistica odierna conferma che tutto è energia e vibrazione. La stessa materia è energia condensata.

Cina. Le tre filosofie presenti in Cina sono: 
Confucianesimo (Vi e V secolo a.c.) che è l'insegnamento dei letterati, si afferma l'importanza della virtù personale e il rispetto dei genitori, propugna un ordine sociale gerarchizzato. 
Taoismo (VI e V secolo a.c) o la dottrina del Tao, la Via fondata sugli scritti di Lao Tseu e Tchouang-tseu, in cui si esalta l'armonia del tao e la comunione con la natura, 
Buddhismo Mahayana, solo nel III e IV secolo è stato accettato dalle elite cinesi. La più importante scuola buddhista in Cina è il Chan che esportata in Giappone diventerà zen.  Nel buddhismo cinese la meditazione occupa un posto centrale. 
--- Questi tre insegnamenti si sono opposti e influenzati reciprocamente. Per esempio è in reazione al monachesimo buddhista che il taoismo si è dotato di un clero e di monasteri. Il buddhismo in Cina invece si è laicizzato. In ogni città cinese esistono due tipi di templi: il tempio dedicato alla famiglia e gli antenati e quello consacrato alle divinità locali.  Il confucianesimo, invece, sarà seguito essenzialmente dai dirigenti cinesi.
Nella medicina cinese è tutta questione di Qi (energia vitale): ogni individuo riceve alla nascita una certa quantità di Qi e quando è esaurita muore. L’uomo può interagire con l’energia cosmica e nutrirsene prolungando la vita. 
La malattia è una perturbazione del Qi interno. Per riequilibrare il Qi si usano diverse tecniche come l'agopuntura o esercizi energetici che sono confluiti nel Tai chi chuan (arte marziale di derivazione taoista, che lavora sul Qi) e il Qigong (esercizi sul Qi o lavoro sull’energia vitale, una specie di yoga cinese). Le 5 branche della medicina tradizionale cinese sono: farmacopea, dietetica, massaggi, esercizi energetici, agopuntura.  Attraverso massaggi (Wushu), l'agopuntura ed esercizi energetici, si  cerca di armonizzare il Qi nei meridiani e farlo circolare meglio.
Il Qi è il soffio vitale circolante all’interno del corpo umano, come attraverso tutto quello che compone l’universo. Lo scopo è quello di apprendere a controllare e a sviluppare l’energia presente in noi.
Uno dei gruppi più famosi, che propone delle tecniche di controllo del Qi è il Falun Gong. Un gruppo non troppo ben visto dal regime cinese. Il guru dei Falun Gong, Li Hongzhi declama che la fine del nostro mondo decadente è vicina e solo chi praticherà assiduamente il Qi-gong sopravviverà.
L'I Ching o libro dei mutamenti, conosciuto anche come yi jing, o i king  costituisce uno dei fondamenti della cultura cinese e su di esso si sono cimentati eserciti di studiosi anche occidentali. L'Yiking viene utilizzato come guida di decisione di natura morale, ed  è uno strumento per comprendere meglio il mondo e fare la buona scelta.  La sola cosa che non cambierà mai è che tutto è in cambiamento. Il caso per i cinesi è quello che collega insieme tutti gli elementi costitutivi di una situazione in  un dato istante. Gli esagramma  sono costituiti  di sei tratti sovrapposti, discontinui (yin), continui (yan). 

Giappone.  Per Jean Noel Robert il buddhismo mahayana è apparso in Giappone nel 55 d.c. ed è nell'85 d.c. che un monaco giapponese Saicho, fondatore della scuola Tendai, porta lo zen in Giappone.
Zen in giapponese, Chan in cinese, Dhyana in sanscrito significano meditazione, l'atto di pensare, in tranquillità. Lo zen è nato in Cina e si è sviluppato in Giappone, Corea e Vietnam.
I maestri zen giapponesi più importanti sono: Eisai della scuola Rinzai, che usa i koan e Dogen della scuola Soto, in cui si pratica lo zazen. Nel XIX e XX secolo c'è stata una riscoperta di queste scuole.
Lo zen, una pratica meditativa che permette di arrivare al risveglio (satori), non è stato molto importante nella cultura giapponese. L’importanza che gli occidentali hanno dato allo zen ha fatto si che recentemente fosse rivalorizzato agli occhi degli stessi giapponesi. 
Lo zen, a partire dal medioevo coesiste con altre correnti come esoterismo, la terra pura, la scuola di Nichiren che cercano di accelerare il risveglio. 
Lo zen trascende la concettualizzazione, si esprime nella forma più impossibile e irrazionale, intrattenendo una intima relazione con la Via. Cerca di partire dalla riflessione sulle piccole cose che ci sono di fronte per poi operare una riflessione sull'intera realtà.
In Giappone i pochi monasteri sono quasi esclusivamente maschili, osservano regole di vita millenarie, oggi i monaci zen si sposano e trasmettono la tradizione di padre in figlio, celebrano riti, funerali,  ecc, e di questi monaci solo il 5% medita regolarmente. Il tempio giapponese è un santuario dove si può assistere a dei riti magici-esoterici effettuati dai bonzi. 
Lo zen, così come compare in Occidente si è sviluppato in Giappone dopo il 1945, alcuni monaci hanno tentato di rivivificare la tradizione, introdotto la meditazione come strumento di risveglio, e si sono indirizzati ai laici.
In Germania lo zen è insegnato da cristiani, uno di questi è stato il monaco benedettino Willigis Jager. 
I cattolici tedeschi spesso leggono il mistico Maestro Eckhart. 
Negli Stati Uniti fu Shunryu Suzuki ad introdurre lo zen Soto negli anni ’60 dove ha due dimensioni: uno zen pastorale, che ha adottato il modello di comunità, gli insegnati sono preti che celebrano i passaggi della vita,    ed uno zen impegnato, come movimento di lotta per i diritti civili. 
In Francia il monaco giapponese Taisen Deshimaru, negli ultimi 50 anni ha introdotto lo zen, depurato dai riti, introducendo lo zazen (la meditazione seduta).  
Attualmente in Francia lo zen è in competizione con la meditazione in piena coscienza che è una forma di meditazione laica, sviluppata nel 1990 negli Stati Uniti, e che cerca di rispondere al malessere del nostro tempo. I Maestri zen per identificarsi rispetto alla piena coscienza adottano un approccio più identitario e più religioso.
Tecniche e pratiche presenti in Giappone:
Budo: la pratica delle arti marziali, la via della guerra, il combattente entra in una dimensione spirituale ed agisce in armonia con l’universo. Nel X secolo si trovano le prime menzioni dei samurai. Questa casta di guerrieri rappresentava il 5% della popolazione e creò una vera e propria cultura: dal teatro No alle arti marziali. Le arti marziali sono passate da tecniche di combattimento a vie di sviluppo personale. Il Budo termina nel 1600. All’inizio del XX secolo si trasformò in kendo, judo, karatè e Ueshiba Morihei lo trasformò in aikido. Poi queste arti marziali furono vietate dalle forze di occupazione americane. Dopo furono trasformate in discipline sportive e di sviluppo personale o autodifesa. Durante queste pratiche occorre sviluppare un silenzio mentale e una coscienza interiore, apprendere ad agire senza opposizione, ad armonizzarsi alle situazioni. Giocando al samurai si può arrivare a dei risultati simili a tecniche austere. Per questo è detto lo zen in movimento.
Chado: la cerimonia del tè, una forma di meditazione sociale. La cultura del tè si sviluppò grazie agli sforzi di Elisai Myoan il fondatore della scuola Rinzai, che fondò i primi monasteri Jufuku-ji a Kamakura e il Kennin-ji a Kyoto. Lo zen conferisce alla cerimonia un aspetto spirituale ed estetico. E' una forma di amicizia e di  socializzazione.
Haiku: una forma poetica che usa massimo 17 sillabe; evoca una percezione fugace, per portare il lettore nello spazio infinito. Questo nano poema è nato in Giappone più di tre secoli fa. Un haiku è un istante, è il cogliere l’istante nell’immediatezza pura. La certezza che nella semplicità e brevità si può trovare l’immenso e che nell’effimero si nasconde l’eterno. Esprime anche l’impermanenza di tutte le cose. E’ il versante poetico dello Zen. Alan watts e Kerouac lo hanno fatto conoscere in Occidente. Grazie a Twitter l’haiku conosce una formidabile diffusione.
Ikebana: l’arte di far vivere i fiori creando un’armonia lineare. Le composizioni simbolizzano la terra, il cielo e l’uomo, l'unione cosmica. 
Koan: è un enunciato paradossale o un racconto usato dal maestro per aiutare il discepolo alla meditazione e quindi a "risvegliare" in lui una profonda consapevolezza e rivelare la natura ultima della realtà.
Karesansui: è un paesaggio secco, un giardino zen, spoglio, senza colori, che invita alla pratica della meditazione. Nella composizione di questi giardini, soprattutto a Kyoto, le rocce e le pietre, simboli di immutabilità, eternità, occupano un posto privilegiato. I giapponesi venerano gli elementi naturali come rocce, cascate, alberi che rappresentano i kami, le divinità. Nel taosimo i kami sono considerati esseri immortali. 
Kyudo: la via dell’arco. Lo scopo del tiro con l’arco non è quello di arrivare al bersaglio, ma di avanzare nella vita interiore. Allenarsi ad una performance esteriore serve al divenire dell’essere interiore. Durante questa pratica non si pensa al bersaglio, ma solo al gesto, si cerca di essere totalmente nel momento presente.  Si pratica per il solo spirito della ripetizione. 
Shodo: la via della scrittura. Attraverso la scrittura occorre vuotare lo spirito e rivelare il kokoro, lo spirito cuore, la vera natura, che va oltre l’essere. 
Zazen: è un raccoglimento meditativo da seduti per liberare la mente dall’ossessione delle immagini e idee, ed entrare in uno stato di lucidità perfetta.  Per Andrè Comte-Sponville, la migliore definizione dello zazen è la seguente “Non fare niente, ma a fondo”.   Lo zazen e la meditazione di piena coscienza non sono molto differenti, si tratta sempre di una filosofia seduta, silenziosa, e senza oggetto. 

Saggezza e meditazione sono in parte legati. Sono duemila anni che si medita, ma il primo profondo cambiamento avvenne negli anni ’60 e fu dovuto a diversi fattori.
Primo fattore: Il contatto con maestri autentici fu possibile grazie alla maggiore presenza in America e Europa di insegnanti asiatici, dovuto alle congiunture storiche particolari, diaspora di maestri zen dal Giappone dopo la seconda guerra mondiale, o quella di lama e tulku tibetani a seguito dell’annessione del Tibet alla Cina o dall’esilio per motivi politici come nel caso celebre di Thich Nhat Hahn. 
Anche grazie alla maggiore facilità con cui, a partire da questi anni era possibile recarsi in Oriente, India e Giappone. 
Secondo fattore: che ha permesso lo svilupparsi di un interesse più maturo nei riguardi delle pratiche contemplative buddhiste è stato il fiorire di una generazione di praticanti "ricettori", un gruppo di persone nate tra 1930 e 1950 di lingua inglese o conoscitori dell’inglese, iniziatori di una nuova fase del buddhismo, dei suoi adattamenti e sviluppi. Joseph Goldestein, Cristina Feldman, Jack Kornfield, Larry Rosenberg, Sharon Salzberg e Corrado Pensa hanno fatto un’opera di metabolizzazione. Dopo aver ricevuto gli insegnamenti, ne hanno saputo cogliere gli aspetti vitali per riformularli e trasmetterli agli occidentali nel rispetto dello spirito originario. Riformulazione e integrazione però non significa necessariamente sincretismo. Sebbene il linguaggio possa risultare lontano da quello tradizionale, allo stesso tempo, vi resta fedele nel profondo. L’insegnamento richiede un carisma particolare che alle volte non hanno neppure le persone progredite nel cammino interiore. Si usa il termine Pratyekabuddha, per indicare una persona realizzata ma non in grado di mostrare agli altri il cammino. Corrado Pensa fece la prima esperienza meditativa nel 1970 presso lo zen center di san Francisco sotto la guida di Suzuki Rosho. Il contatto con la vipassana avvenne nel 1975 con Jack Kornfield in California.
Negli anni ’60 entra in voga la meditazione trascendentale insegnata da Maharishi Mahesh Yogi, tinta di una spiritualità new-age con colpi di gong e incenso.  I suoi discepoli più famosi furono i Beatles.
Un altro importante cambiamento si ha negli anni ’80 quando Jon Kabat-Zinn che capisce che gli enormi benefici delle pratiche meditative potranno essere accessibili al grande pubblico, solo se queste pratiche sono laicizzate e semplificate. Jon Kabat-Zinn si inspirò alla pratica vipassana, per elaborare la mindfulnesspratica della piena coscienza, l’iniziazione a questa disciplina comporta otto sedute per otto settimane con un insegnamento progressivo e adattato agli occidentali. 
Questo triplo movimento (laicizzazione, semplificazione, codificazione) permetterà l’entrata della meditazione negli ospedali, faciliterà gli studi di validazione scientifica della meditazione.
I risultati favorevoli aiutano alla diffusione di questa pratica nel mondo delle cure mediche (Vedi l'ospedale Parpan a Toulouse), nel campo dell’educazione e dell’imprese.
La meditazione è un cammino nel quale si porta l’attenzione verso un certo numero di variabili (corporee, sensoriali e mentali) e questo movimento della mente è volontario. Per far si che si parli di meditazione questi esercizi devono essere deliberati, prolungati e ripetuti. Spesso meditare è percepito come un’attività intellettuale (riflettere su un soggetto) mentre la maggior parte delle pratiche meditative passano per il corpo. 
Ci sono una moltitudine di pratiche: alcune richiedono l’immobilità altre, a volte, il movimento. Spesso si associa la meditazione ad un quadro di convinzioni religiose mentre si può perfettamente praticare in un quadro laico. I punti comuni ad ogni pratica sono: 
1- non agire, 
2- concedere un tempo di ritiro, di silenzio, di lentezza, di continuità, durante il quale l’attenzione del praticante si stabilizza, 
3- non reagire alle stimolazioni esterne od interne  (rumori o pensieri ed emozioni), ma osservarli in maniera attenta e distaccata. 
Meditare deriva da meditari in latino, da mederi dare delle cure.  Le persone in salute che praticano regolarmente riescono a ridurre lo stress.  Sul piano psicologico meditare significa prendere del distacco dagli eventi e essere presente alla vita, riuscire ad aumentare il sentimento di benessere. 
Una pratica meditativa regolare permette di migliorare le difese immunitarie e si è constatato scientificamente che il fattore genetico può essere migliorato dalle nostre emozioni. Uno studio condotto ad Harward ha concluso che la meditazione regolare ed intensiva potrebbe compensare le nostre fragilità ereditarie. Nei nostri cromosomi ci sono dei cappucci protettori chiamati telomeri che ne frenano l’usura e che possono essere riparati da un enzima chiamato telomerase. 
Un altro studio importante sotto il nome di progetto Shamatha in California (Vedi link) ha dimostrato che la meditazione stimolava l’attività della telomerase e poteva frenare l’invecchiamento cellulare ed aumentare la longevità.
Per andré Compte Sponville "La saggezza è una forma di ricerca che tenta di non negare il reale. Il sapere guarda verso l’esterno, la saggezza all’interno".
Per un saggio zen "La saggezza non può fare a meno della conoscenza di sé, una conoscenza umile e esigente". 
La saggezza è un sistema esperto per la gestione delle conoscenze, come acquisirle e come utilizzarle. 
I criteri che possono essere utili  alla saggezza sono: contestualizzazione, relativismo dei valori, la tolleranza all’incertezza, saper ascoltare anche quello che ci dà fastidio. 
Saggezza e meditazione sono molto vicine, in Occidente per molto tempo abbiamo messo l’accento sul solo aspetto intellettuale mentre le saggezze orientali sono più attente all’equilibrio emozionale e corporeo. Cristophe Andrè, scherzando durante un'intervista, dice: "E' difficile proclamare la nostra saggezza nella quotidianità di fronte a persone che dividono la nostra intimità e che ci hanno visto tante volte “non saggio” ma si può sempre farlo credere davanti ad un pubblico anonimo". 
Gli insegnamenti buddhisti precisano che ci sono due vie: quella del rilassamento shamata (calma mentale) ma è importante che a questa sia associato il discernimento, vipassana (visione penetrante) e questa è molto vicina alla saggezza come è stata definita sopra. 
La meditazione apprende a non fissarsi sui pensieri preoccupanti ed emozioni negative ma a tollerare la loro presenza senza aderirvi mantenendo le distanze da esse. Molte forme di meditazione sono indirizzate sulla benevolenza e la compassione e gli studi mostrano che queste tecniche funzionano anche sui debuttanti modificando effettivamente il comportamento di aiuto e di apertura verso gli altri. 
Quando si pensa non si percepisce, quando si percepisce non si pensa” dicono i testi zen. 
La spiritualità è la vita dello spirito nel suo rapporto con l’infinito, l’eternità, l’assoluto, e  gli atei non hanno meno spiritualità che gli altri. 
L’occidente privilegia il logos (il discorso e la ragione), il soggetto (l’anima, l’ego, il cogito) e l’immutabile e la trascendenza. L’oriente privilegia il silenzio, l’immanenza, l’impermanenza, il buddhismo arriva anche a negare l’esistenza del sé, sia assoluto (Brahman) che relativo (atman).

Riferimenti:

Tara Michael,  Les voies du yoga,
Arnaud Desjardins,  Le lac des yogis - VHS ,
Matthieu Ricard e Tania Singer,  Verso una società altruista,
Sofia Stril-Rever, Phakyab Rinpoche, la meditazione salvò la mia vita,
Phakyab Rinpochè, I suoni tibetani che guariscono, https://www.phakyabrinpoche.org/index.php/it/ 
Tenzin Wangyal Rinpochè. MantraTerapia,  https://ligmincha.it/
Nida Chenagtsang, Programma per vivere la pace e la guarigione interiore,  
Catherine Despeux. La Cina bagna nel Qi, 
Cyrille J.D. Javary.  Le Yi Jing: le grand livre du yin et du yang, 
Taitaro Suzuki Daisetz, Lo zen e la cultura giapponese. Suzuki Daisetsu ha riscoperto lo zen negli Stati uniti e poi lo ha fatto conoscere nel mondo intero.  
Francois Lachaud, per la cerimonia del té, conosciuta anche come Chadō o Sadō,
Nicolas Fieve, La pace dei giardini, 
Pascale Senk, L'effet haïku: Lire et écrire des poèmes courts agrandit notre vie,
Leo Tamaki, L’Aikido. Lo zen e il movimento,
Jacques Castermane, Il Kyudo, dimenticare il bersaglio, Comment peut-on être zen ? http://www.centre-durckheim.com/
Anne Cheng. La storia del pensiero cinese,
Isabel Ratié, professore alla Sorbona, lingua e letteratura sanscrita,
Swami Kailasananda direttrice dell’ashram di Neuville-aux-bois vicino Orleans, 
Chogyam Trungpa scappato dal Tibet, ha introdotto il buddhismo tibetano in USA e Gran Bretagna. 
Fabrice Midal, filosofo e specialista del buddhismo, professa un buddhismo laico, 
Il Tai-chi nel 2008 è stato presentato come disciplina olimpica, 
Ursula Gauthier, giornalista, sinologa francese,
Simposio di Ricerca Scientifica sul Qigong per la salute all'ospedale “de la Pitié – Salpêtrière”.

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Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi personali.  Nel blog c...