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venerdì 1 agosto 2025

Kumbh Mela: il più grande raduno religioso del mondo,

Ogni dodici anni, l’India ospita un evento unico al mondo per portata spirituale e dimensioni umane: il Kumbh Mela, il più grande raduno religioso esistente, che raccoglie centinaia di milioni di fedeli induisti lungo le rive sacre del Gange e dello Yamuna. L’edizione del Maha Kumbh Mela, celebrata quest’anno (2025) a Prayagraj, ha visto la partecipazione di oltre 400 milioni di pellegrini, con picchi di 76 milioni di persone in un solo giorno, il 29 gennaio.

Il Kumbh Mela è molto più di un pellegrinaggio: è un momento di purificazione spirituale in cui i fedeli si immergono nelle acque sacre per lavare i peccati e cercare la liberazione dal ciclo della rinascita. Il tempismo dell’evento è determinato da un raro allineamento astrologico tra Giove, il Sole e la Luna, che – secondo la tradizione vedica – conferisce potere spirituale all’acqua del Gange. Il luogo è considerato ancora più sacro perché, oltre ai due fiumi visibili, si crede che in forma metafisica si unisca anche il mitico Sarasvati, rendendo il sito una convergenza divina.

Per accogliere una tale moltitudine, viene costruita una megalopoli temporanea su una pianura alluvionale di 4.000 ettari. In appena due mesi, il governo indiano allestisce strade, ponti, tende, servizi igienici (oltre 30.000), acqua potabile, elettricità e copertura mobile. Le sistemazioni vanno dalle tende collettive statali alle lussuose Dome City, strutture a forma di bolla trasparente con ogni comfort moderno.

Tredici gruppi spirituali, gli Akharas, guidati da santoni ascetici, attraversano i ponti fluviali per sfilare e guidare le cerimonie. I sadhu benedicono i pellegrini, mentre le offerte di calendule e il canto incessante avvolgono l'atmosfera in una dimensione sospesa tra devozione e festa.

Il Kumbh Mela è anche una prova logistica senza pari. Le autorità hanno mobilitato 13.000 treni, 40.000 poliziotti (tra cui 1.300 donne agenti specializzate), 2.700 telecamere dotate di intelligenza artificiale per monitorare la folla, e 150.000 bagni portatili. Eppure, i rischi rimangono. Il 29 gennaio, una calca ha causato 30 morti e 90 feriti, rilanciando il dibattito sulla gestione della sicurezza, soprattutto nei confronti dei pellegrini più poveri, spesso trascurati rispetto ai visitatori VIP.

Il Kumbh Mela è anche solidarietà.  Numerose organizzazioni caritatevoli, tra cui la Società Internazionale per la Coscienza di Krishna, hanno offerto fino a 100.000 pasti vegetariani gratuiti al giorno. Iniziative sanitarie come la clinica Netra Kumbh hanno fornito screening visivi, occhiali gratuiti e interventi di cataratta a migliaia di persone. Grazie a una gestione oculata, negli ultimi anni non si sono verificati gravi focolai epidemici, un risultato straordinario per un evento di tali proporzioni.

Terminato il festival, il terreno torna al suo uso agricolo. Ci vogliono settimane per ripulire la città temporanea, ma la piena autunnale del Gange completerà l’opera, riportando tutto alla normalità, come se niente fosse mai accaduto. Ma i pellegrini, tornati a casa, porteranno con sé molto più che semplici ricordi: un’esperienza spirituale collettiva, un momento di connessione, purificazione e rinascita.

Vedi link:   https://www.nationalgeographic.it/kumbh-mela-che-cos-e-e-come-si-celebra-in-india-il-piu-grande-raduno-religioso-del-mondo?utm_source=firefox-newtab-it-it


sabato 11 gennaio 2025

Educazione Indiana - Ram Pace

Il libro Educazione Indiana di Ram Pace è un viaggio di dolore e speranza che, il suo autore, ha portato avanti raccontando la sua storia e quella della sua famiglia. 

Educazione indiana, non è solo un romanzo, ma una ricerca di un perché abbastanza forte da portare un uomo ad abbandonare tutto per una vocazione. È la narrazione di una vita descritta attraverso gli occhi di un figlio.    Ram Pace è cresciuto a Roma, ed ha avuto una vita anticonvenzionale ed è vissuto in un ambiente domestico vibrante di spiritualità, con un padre santone che poi è partito in India diventando un eremita asceta devoto a Shiva.      

I primi vent’anni di Ram sono stati un mosaico di sogni e utopie, segnati dalla costante ricerca di una identità e di una stabilità. Dalla convivenza con la madre in una casa-famiglia a Londra diretta dal psichiatra Ronald Laing , all’infanzia trascorsa con il padre in una comunità hippie a Roma, dalla sua esperienza nei centri sociali occupati fino al lavoro come cameraman, il suo cammino ha attraversato molteplici sfaccettature della vita e della società. Ram ha dovuto fare i conti con il difficile compito di accettare le utopie di un padre e, forse, comprendere che più la strada è ardua, più è preziosa e significativa.

Le pagine di questo racconto sembrano sussurrare che, come in ogni iniziazione, le sfide più grandi meritano di essere affrontate fino in fondo, portando alla riconciliazione e all’indulgenza della maturità raggiunta.   Educazione indiana è un viaggio fatto di incanto e rabbia, amore e risentimento, un rapporto padre - figlio mai del tutto chiarito, fino a una riconciliazione, data dalla consapevolezza che tutto è insegnamento e che nulla è realmente così diverso da noi.

Piccola sintesi del libro:  https://www.google.it/books/edition/Educazione_indiana/xsi6EAAAQBAJ?hl=it&gbpv=1&pg=PT9&printsec=frontcover

 Educazione Indiana, link:   https://www.youtube.com/watch?v=kvZYXhDBc1Q

sabato 14 dicembre 2024

Giuseppe Tucci e l'ISMEO

Giuseppe Tucci (1894-1984) è uno dei personaggi più importanti dell’esplorazione del Novecento. Anche oggi, è considerato tra i più grandi tibetologi di tutti i tempi. Andò in India per la prima volta nel 1926 con il poeta Rabindranath Tagore, poi imparò molte lingue dell’Asia, e insegnò a Dacca, Benares e Calcutta. Nel 1933 fondò a Roma l’Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente (ISMEO) insieme al filosofo Giovanni Gentile. 

Durante le decine di spedizioni avventurose in Tibet, Nepal e e nelle aree più remote dell’India e dell'Himalaya trattò direttamente con i monaci l’acquisto di manoscritti e di oggetti sacri, ed accumulò moltissime opere d’arte e reperti da riportare in Italia, dove verranno poi esposti all’ISMEO.  I suoi primi tre viaggi in Nepal avvengono nel 1929, 1931 e 1933 durante i quali riuscì ad arrivare fino a Pokhara.

Nel 1937 lo studioso italiano viaggiò per la sesta volta nel Paese proibito (il Tibet). Alle porte di Lhasa, i suoi compagni di viaggio dovranno fermarsi e attendere. Solo Tucci, che due anni prima si è convertito al Buddhismo, avrà il permesso di incontrare il Dalai Lama. Nel libro  “Santi e briganti nel Tibet ignoto”,  Tucci racconta la sua iniziazione ricevuta dall’abate di Saskya nel 1935.

Spesso era accompagnato nelle sue spedizioni dal medico Concetto Guttuso e dal fotografo Fosco Maraini che conobbe Tucci tramite un giornale. Su una pagina scoprì un titolo che gli cambiò la vita. “Il noto orientalista Giuseppe Tucci si prepara a tornare nel Tibet”.   Maraini scrisse al professore una lettera, lo incontrò a Roma e venne assunto come fotografo. Quattro mesi dopo, insieme a Tucci e al capitano Felice Boffa Ballaran si imbarcò su una nave diretta a Bombay per poi da li partire in spedizione.  Tucci racconta:  “Il Tibet oggi è come un museo vivente. Situato al centro dell’Asia, è remoto ma non periferico, ogni movimento spirituale del continente vi ha lasciato il suo riflesso".   

Nel 1948 al ritorno da una spedizione Maraini scrive il libro “Segreto Tibet”, un libro che diventa un best-seller mondiale.  Il rapporto si ruppe perchè Tucci considerò questo libro un'invasione nel suo mondo.  Tucci scrisse molti testi divulgativi come “A Lhasa e oltre” e “Tra giungle e pagode e Nepal”, “Indo-Tibetica”, studi scientifici sulle civiltà dell’Asia centrale.    La fotografa Francesca Bonardi, subentrò a Maraini e poi nel 1971 diventò la terza moglie del professore. E’ lei, molto più giovane del marito, a stargli accanto nei suoi ultimi anni, quando la coppia si trasferisce a San Polo dei Cavalieri nella campagna romana.

Nell’inverno del 1983, arrivò fin lì, alle porte di Roma, il  re Birendra del Nepal, per consegnare a Tucci una delle onorificenze più importanti del Paese Himalayano.  Un anno dopo, il 5 aprile del 1984, l’avventura terrena di Giuseppe Tucci si concluse. Secondo alcune fonti, prima di morire, il professore ripudiò Buddha per ridiventare cattolico. 

Qualche anno dopo la morte di Tucci l’ISMEO viene sciolto, e le sue preziose collezioni trasferite nel Museo delle Civiltà dell’EUR. 

Nel 2012 escono due biografie su Tucci; la prima di Enrica Garzilli intitolata “L’esploratore del Duce”. e la seconda scritta da Alice Crisanti con il titolo "Giuseppe Tucci. Una biografia".  

A San Polo dei Cavalieri, l’ultima casa di Tucci e di sua moglie Francesca dovrebbe diventare un museo. Nel 2023 il Comune di Macerata fa proprio il progetto del Parco storico-Letterario “Le Marche e l’Oriente – Giuseppe Tucci”.

L'Induismo

Dio è uno ma i saggi lo chiamano con molti nome" - (Rig Veda).     L’induismo è una religione monoteista e un modo di vivere. La sua pratica non si basa su rigidi dogmi e pur vantando una storia di grandi speculazioni filosofiche e teologiche, predilige un approccio esperienziale quindi una ricerca diretta della Realtà. L’induismo è la terza religione più diffusa al mondo, con circa 950 milioni di aderenti in tutto il mondo. Non fa proselitismo, poiché riconosce valide tutte le strade per arrivare alla Verità.  Alla definizione di “induismo”, tradizionalmente, si preferiscono quelle di sanatana dharma, “la norma eterna”; vaidika dharma, la religione del Veda; matrka dharma, la Madre di ogni norma. Denominatore comune è il termine dharma ovvero l’ordine cosmico di tutta la realtà.

Il termine Induismo è una parola inventata verso la fine del 18° secolo dagli inglesi ‒ per indicare la religione praticata dagli Indiani (parola la cui origine è a sua volta legata al fiume Indo).
L'induismo non si basa sulla rivelazione di un singolo profeta o fondatore. Dal vasto oceano della Conoscenza senza fine, gli antichi veggenti, rishi, ricavarono un'essenza da trasmettere all'umanità per favorire il benessere e la felicità dell'uomo. Tale conoscenza eterna è il Veda.  Isvara (nelle sue innumerevoli forme e nomi) costituisce l'aspetto supremo di Dio presso i principali culti devozionali (Bhakti) monoteisti, ovvero Shivaismo (monoteismo di Shiva), Vaishnavismo (monoteismo di Visnù/Krishna) e Shaktismo (monoteismo di Devī, la Madre Divina, chiamata anche Shakti).

Il  Sanatana Dharma  (la Religione o Legge Universale ed Eterna) trova espressione nei testi sacri dell’antica Tradizione Vedica…nei santi, negli yogi e nei mistici di tutti i tempi e di tutte le tradizioni che ne incarnano i principi fondamentali. L’espressione Sanatana Dharma indica ciò che non ha origine se non in se stesso, ciò che non è stato comunicato da nessun essere vivente, che non ha un fondatore, che esiste sin dall’inizio di ogni ciclo di tempo (kalpa) e che perennemente È.  Il significato di Sanatana è eterno, “ciò che non ha inizio né fine, ciò che È e sempre sarà”.    Da questo punto di partenza nascono i sei darshana bramanici - sei  visioni, da cui derivano le principali correnti del moderno pensiero indiano.     Delle sei filosofie, quelle che si sono affermate nel tempo sono il Vedanta e il Raja yoga riportato negli Yoga sutra di Patanjali.   

Il termine Vedanta, dal sanscrito, vuol dire "fine dei Veda", intende indicare sia le Upaniṣhad, per l'appunto parte finale del corpus vedico, sia il fatto che esse rappresentino il culmine dello stesso corpus nel senso che indirizzano al fine ultimo dello stesso, il mokṣa ("liberazione"), sia nel senso che tale letteratura viene studiata per ultimo, dopo gli altri testi. Vedanta è conoscenza metafisica, sapienza, scienza, e deriva dalla radice vid (da cui Veda) che significa "vedere", "sapere".  L'alveo dottrinale del Vedanta fa particolare riferimento a un "triplice canone" prasthanātraya , che corrisponde alle Upaniṣhad, alla Bhagavad Gītā, al Brahmasūtra di Bādarāyaṇa.   La Gita viene considerata il quinto Veda. 

Tradizionalmente sono sei le principali correnti (sampradāya) indicate come Vedānta le quali, pur radicandosi nel prasthanātraya, offrono dottrine e teologie assolutamente diverse tra loro:

  •     Advaita Vedānta di Śaṅkara (VI-VII secolo)
  •     Śrī Vaiṣṇava di Rāmānuja (XI secolo)
  •     Madhva sampradāy di Madhva (XIII secolo)
  •     Nimbārka sampradāya di Nimbārka (XIV secolo)
  •     Vallabha sampradāya di Vallabha (XV-XVI secolo)
  •     Viṣṇuismo gauḍīya di Caitanya (XVI secolo).

Di queste filosofie, quella che si è più affermata è l'Advaita Vedanta di Adi Shankara.  Shankara, filosofo e teologo, è noto per i suoi commentari sul Brahma-sutra e sulle Upanishad principali, affermano l'esistenza di una realtà eterna e immutabile (Brahman) e l' illusione della molteplicità e della differenziazione.   Vedi https://vedanta.it/

Il termine Dharma  deriva dalla radice  ‘dr ‘, che vuol dire ‘supportare, sostenere’, ‘legare, unire’. La sua radice indica “ciò che sostiene la nostra esistenza“. 

La letteratura indiana si divide in Shruti  e Smirti.  Shruti è ciò che si è sentito,  contiene valori universali validi in eterno. Shruti è ciò che si è sentito, ciò che hanno sentito i rishi. Sono considerati shruti, i Veda e le Upanishad. La Smriti si basa sull'autorità della shruti, ma è stata compilata dall'uomo; in questa categoria rientrano i due poemi epici come il Ramayana e il Mahabaratha. In questi due poemi sono protagonisti Rama e Krishna che sono degli avatar di Vishnu.   Krishna spiega lo yoga dell'azione, della devozione e della ricerca interiore. 

Il Raja yoga si fa risalire a Shiva che spiega a sua moglie Parvati che cosa è lo yoga, insegnamento poi trasmesso dai maestri, l'ultimo di questa tradizione è stato  Sivananda con i suoi discepoli Satyananda Saraswati e Vishnudevananda.   Shiva e Krishna sono i signori dello yoga.  Lo svara yoga (scienza yogica) è la conoscenza dei ritmi e dei flussi del prana attraverso lo studio del respiro. In questo yoga confluiscono elaborate conoscenze trasmesse da maestro a discepolo.

Lo scopo del Vedanta  è la conoscenza del divino ed arrivare al samadhi, dove non c'è più nulla da conoscere,  I Veda sono la conoscenza necessaria per intraprendere questo cammino. 

Yug significa unione tra Atman (jiva - anima individuale ) e Brahman (anima cosmica). Atman e Brahman sono la stessa cosa.  Lo scopo dello Yoga e del Vedanta è quello di portare alla consapevolezza dell'unione; Noi siamo già uniti al divino, non lo vediamo,nonlo percepiamo perchè c'è maya.   Il divino cosmico è reale, la natura sensibile è irreale.  La realtà di Brahman è sempre esistita, le altre realtà sono temporanee, sono emanazioni del divino. 

Il Vedanta riconosce tre corpi: 1- Corpo fisico: Sthula Sharira costituito dai cinque elementi ; 2- Corpo sottile o Corpo astrale: Sukshma Sharira  costituito dall'essenza dei sensi, mente, intelletto, memoria, chitta.; 3- Corpo causale che tiene tutto legato..

Secondo la filosofia Vedānta, l'essenza spirituale dell'uomo (detta Ātman) è rivestita da cinque involucri o guaine, chiamati Kosha. Essi sono i corpi di cui è composto l'"io" fenomenico, che separano la coscienza (il proprio Ātman, il proprio Sé) dal Brahman indifferenziato. I cinque Kosha sono presenti in tutti i piani o corpi (grossolano, sottile e causale), partendo da quello più materiale per arrivare a quello più spirituale e sono i seguenti:

  • La prima guaina Annamayakosa è quella del corpo grossolano,
  • La seconda guaina Pranamayakosa è quella dell'energia vitale,
  • Il terzo involucro Manomayakosa è quello che concerne il mentale,
  • La quarta guaina Vijnanamayakosa è detta guaina dell'intelletto,
  • L'ultima guaina e quella più interna Anandamayakosa è quella della beatitudine.

Quando si muore i corpi astrale e causale vanno nei sette loka, nelle sette dimensioni, il corpo si posizionerà in uno di questi loka a seconda delle vibrazioni sottili, si determina la permanenza nei loka, e poi l'anima si reincarna in una situazione equivalente al suo percorso spirituale.   Non sarà mai perduto ciò che è stato fatto nella vita, lo dice anche Krishna nella Gita. Si continua da dove si erano trovati a livelllo vibratorio il corpo astrale e il corpo causale.

Loka  è un termine sanscrito che significa dimora, luogo, regno, mondo, cioè uno dei piani di esistenza o livelli di manifestazione nella cosmologia induista e in quella buddhista.  Il loka per eccellenza, in particolare nei testi giainisti, è la sfera mondana o terrestre, abitata dagli umani, contrapposta a quella trascendente. I Purana ne menzionano sette, mentre in Samkhya e Vedanta ve ne sono otto, con denominazioni diverse.  Oltre che dei luoghi fisici, i vari loka rappresentano soprattutto degli stati di coscienza, attraverso i quali tutti gli uomini devono passare, e in particolare i chela, cioè i discepoli spirituali nel loro cammino.

Le Vritti sono le alterazioni della mente, le Vasana sono le abitudini che scavano un solco e determinano la personalità e i Sanskara sono i tratti del carattere. Ad un certo punto tutti questi elementi si esauriscono.   Rendendosi conto dei nostri sanskara attraverso la meditazione possiamo agire tramite le vritti opposte per riequilibrare la nostra personalità e far prevalere gli aspetti positivi. Yama e niyama sono importanti per aggiustare le nostre attitudini.  Svadiaya  significa studio del sè, e si appoggia sia sullo studio dei testi che permettono al praticante di orientarsi sul cammino, sia sulla presenza di un Maestro. Gandhi diceva: con i tuoi pensieri costruisci il tuo carattere, con il tuo carattere costruisci il tuo destino. Alla morte, a livello fisico e mentale il sè incarnato entra in nuovi corpi; lo scopo di ogni vita è progredire nel percorso spirituale accumulando capitali per arrivare al samadhi. 

I guna sono le tre qualità di cui fa parte la natura (Prakriti).  Nella Cosmogonia indiana, quando Vishnu è disteso su un serpente sull'oceano, i tre guna sono in equilibrio, poi iniziano a vibrare, da questa vibrazione sorge il suono divino da cui nascono i 5 elementi etere, aria, fuoco acqua e terra. I tre guna pervadono l'universo: Il satva di colore bianco, il rajas rosso, il tamas nero. In ogni cosa e in ogni persona c'è una combinazione delle tre qualità, che possono cambiare anche a seconda delle circostanze e lo stile di vita. Le tre qualità determinano il carattere e la personalità degli individui, ad esempio chi è caratterizzato da rajas e satva farà del volontariato.  Il momento del cambiamento  è chiamato Brahmamurta.  Nel  XVII capitolo della Gita, il Dio Krishna spiega ad Arjuna i guna. 

Le pratiche di yoga portano alla fede che è il motore del cammino spirituale, cuore e mente ti portano più avanti, ti permettono di passare dal tamas al rajas poi al satva (che rappresenta l'energia neutra). All'inizio della pratica yoga si lavora sulle parti basse del corpo (sui 3 chakra più bassi che caratterizzano il tamas) poi si passa al rajas, e al satva.  

Vivere una vita etica, propugnata dagli Yama e Niyama  è propedeutico al percorso spirituale; La meditazione è necessaria alla moksa (liberazione) e porta dall'ignoranza alla conoscenza e alla felicità, la nostra vera natura è ananda (felicità).  

La parola Karma corrisponde ad azione, e ad ogni azione corrisponde una reazione ->  Ciò è gestito dalla legge di causalità. In ogni nostra azione c'è il libero arbitrio o c'è una predestinazione?  Il karma permettere di conciliare queste due posizioni.    La tua natura ti porta a incarnarti in certi luoghi, con un certo fisico, in una certa classe sociale.     Dove inizia l'azione o la reazione? Inizio e fine sono lo stesso punto, così come salita e discesa sono la stessa cosa, ogni cosa ha in se la sua reazione, l'albero e il seme,   esiste una continua trasformazione,  che apporta una continuazione.    Non c'è inizio e non c'è fine. Ananta ("Senza fine") è un termine sanscrito e principalmente un epiteto di Visnù. Ananta è anche il nome di Shesha, il serpente celeste, sul quale Visnù si adagia nell'oceano cosmico.

La legge di causalità è costituita da tre aspetti; 1- legge di azione e reazione,  Dio non è parziale, nè giusto,  non premia i virtuosi e non punisce i malvagi, 2- legge di compensazione,  3- legge del castigo.

Perchè mi succede questo?  Perchè è quello di cui hai esattamente bisogno. 

Esistono tre tipi di karma:   1- Sanchita karma = il tuo karma totale accumulato da milioni di vite (passato) , 2-     Prarabhda Karma = una piccola parte del tuo sanchita karma responsabile della tua vita attuale (attuale) 3-     Agami Karma = il karma che generi nella tua vita attuale; verrà aggiunto al tuo sanchita karma quando morirai (futuro).

Le azioni compiute con libero arbitrio determinano la vita di oggi con la quale creiamo la vita futura,   L'attuale karma non possono cambiarlo nemmeno gli Dei. Il karma a volte è buono, a volte è spiacevole, dobbiamo accettarlo perchè sono cose che abbiamo creato, dobbiamo cambiare vritti, carattere  usare gli eventi negativi per crescere, le persone che vivono in condizioni difficili sono le più generose, le più felici. Il bilancio esce dal misto delle tue azioni.  Ma non è l'azione che conta, ma l'intenzione.  

Nello yoga esistono tre fasi nel fare un'azione: 1-  il desiderio e volontà per fare l'azione, 2- la conoscenza per fare l'azione, 3- l'azione stessa.  Dall'azione spesso ci aspettiamo i frutti, mentre il karma yoga è caratterizzato dall'azione disinteressata, offrirla al divino senza desiderio.

il nostro  Prarabhda è creato dalle nostre scelte, lo scopo della vita crea il karma, il dharma regola la vita, e ciò che ti avvicina al progresso spirituale    Adharma è ciò che ti impedisce il samadhi.

Il puruṣārtha (obiettivo della ricerca umana) rappresenta, nella cultura induista, i quattro scopi della vita di un uomo: dharma (valori morali), artha (benessere economico), kāma (piacere) e il mokṣa (liberazione spirituale, desiderio di liberazione).     
Faro che illumina tutto è il dharma, il giusto modo di comportarsi, la deontologia. Godere di beni materiali, sempre in armonia con i principi etici del dharma, è artha. Soddisfare la sfera sensoriale e sensuale senza esserne condizionati è kama. Questi tre sono gli scopi definiti pravritti, “verso il mondo”. Il quarto scopo moksha, è l’emancipazione dai vincoli dell’ignoranza e la realizzazione dell’Assoluto. Questa è la via nivritti, la via del monaco che rinuncia al mondo. Il monaco offre la sua vita alla ricerca di Dio e al servizio verso tutti gli esseri. In generale, tutti e quattro rivestono un ruolo fondamentale nella vita di un uomo, ma in tempo di guerra il dharma ricoprirebbe un ruolo più rilevante di artha e kāma, mentre l'ultimo, il mokṣa, rappresenta la realizzazione finale nella vita di un uomo.  

Svadharma è un termine che, nell'Induismo, designa i doveri di un individuo, secondo le sue modalità di natura materiale o disposizione naturale, che deve seguire. Seguire il proprio swadharma è il cuore della Gita.   Krishna nella Gita dice ad Arjuna che deve combattere e seguire il suo swadharma, kukushreta è il campo di battaglia dell'uomo, Krishna deve agire per mantenere l'ordine costituito. Krishna poi però dice anche abbandona i frutti della tua azione  e abbandonati a dio.  Tutti i piaceri spirituali sono ananda, la mente fa da barriera fumogena.  Anche Ahimsha  la nonviolenza, è un aspetto importante per il progresso spirituale.  

Sempre nell'induismo il comportamento di un individuo è determinato dal purusartha dai varna ossia dalla casta di appartenenza e dagli stadi della vita, ashrama. 

I varna (parola che letteralmente significa "colore") sono le quattro categorie sociali (caste) principali della tradizione indu: sacerdoti, guerrieri, commercianti e contadini (oltre ai "fuori-casta" o "intoccabili", i paria). 

La vita degli esseri umani è idealmente suddivisa in quattro stadi (ashrama): brahmacharya, grihastha, vanaprastha e samnyasa. Considerando idealmente di cento anni la durata della vita, ai primi venticinque corrisponde il periodo dello studentato in cui si studiano le Scritture presso la casa di un Maestro e si osserva la castità. Nei successivi venticinque anni, si entra nello stadio famigliare in cui si assolvono i compiti domestici e si partecipa attivamente al benessere economico della società. Il quarto stadio (a 60 anni) prevede il ritiro nella foresta, un ritiro parziale dalla vita del mondo, in cui si approfondiscono le Scritture e si intensificano le pratiche ascetiche e meditative. Il quarto stadio (oltre gli 80 anni) è la totale rinuncia al mondo, è la via del monaco.

I testi dicono che noi veniamo dal mondo materiale, poi nel processo si passa al mondo vegetale dove possiamo vedere la presenza di coscienza anche nelle piante (ad esempio il girasole che si rivolge al sole, la pianta verso la luce, ecc) poi la consapevolezza aumenta e si passa al mondo animale, poi all'essere umano, da dove inizia il percorso di purificazione. Il percorso spirituale è un percorso di consapevolezza, ritrovare la consapevolezza della nostra natura divina.  Krishna, sempre nella Giata,  dice a Arjuna: "la nostra vita è il frutto delle nostre innumerevoli vite  delle precedenti".

Vedi testo: Molte vite, un'anima sola. Il potere di guarigione delle vite future e la terapia della progressione ; Autore, Brian L. Weiss ;

Vedi link:   https://www.induismo.it/induismo-cosa/

mercoledì 20 novembre 2024

Arati - L' eliminazione delle tenebre

Dal sito    https://www.cyswamivishnu.com/

Arati vuol dire "eliminazione delle tenebre" ed è un rituale induista nel quale la luce, emessa da una o cinque fiamme, viene offerta al Divino. All’ondeggiare della fiamma della lampada davanti agli idoli si accompagna la recitazione di Mantra e frasi rituali.          

Nel caso delle cinque luci, esse simboleggiano i cinque elementi della terra, dell'aria, del fuoco, dell'acqua e dell'etere, rappresentando quindi la totalità del Cosmo. Le luci vengono mosse con una rotazione in senso orario davanti all'immagine della divinità. L'offerta della luce viene fatta con la mano destra. La lampada ha cinque uscite ed è alimentata da canfora, olio o burro. 

Arati è anche il canto devozionale tradizionalmente intonato durante il rituale. L'Arati viene eseguita solitamente al mattino e alla sera, o come conclusione di una pūjā (atto rituale diretto alla divinità, con offerte di fiori e cibo) o di una sessione di bhajan (è un particolare tipo di canto devozionale della tradizione Induista), di cui l'Arati rappresenta il momento culminante.  L'offerta della fiamma di canfora ha un preciso significato simbolico: poiché arde senza lasciare residui, essa rappresenta l'ego che, una volta raggiunta la realizzazione spirituale, scompare senza lasciare alcuna traccia. 

Ci sono vari tipi di Arati. Prenderemo in esame quella proposta dal Maestro Swami Vishnudevananda. È un interessante panoramica sul variegato mondo delle Divinità indiane, con aspetti spirituali molto profondi.

  Testo del canto devozionale -  Arati
-   Jaya jaya arati Vighnavinayaka 
    Vighnavinayaka sri Ganesha.
Il Dio Ganesha viene invocato per primo, figlio di Shiva e Parvati,  concepito dal sudore di Parvati a Kailasha. Shiva decapita il figlio, e quando lo scopre sostituisce la testa tagliata con la testa del primo animale che si incontra nella foresta con la testa rivolta verso Est.  Ganesha è colui che rimuove tutti gli ostacoli. Testa tagliata significa tagliare l'ego.
 
-   Jaya jaya arati Subrahmanya 
    Subrahmanya kartikeya 
Kartikeya è il fratello di Ganesha, nato da 6 goccie, sempre eternamente giovane, capo dei Deva e degli angeli
 
-  Jaya jaya arati Venugopala 
   Venugopala Venulola 
   Papavidura navanita cora 
“Venu” significa “flauto di bambù” e “gopal” che significa “colui che protegge il bestiame” e quindi fa riferimento a Krishna. Krishan è un Avatar (reincarnazione di Visnu) e viene rappresentato in tutte le sue fasi di vita. Papavidura significa peccato. 
 
-   Jaya jaya arati Venkataramana 
    Venkataramana shankataharana 
   Sita Rama Radhe shyama 
Venkataramana è un rishi,  c'è  un tempio a lui dedicato a Mangalore. 
Rama e Ravana il demone con 11 teste (rappresentano i 10 sensi + la mente), 9 porte rappresentano i nostri orifizi, la battaglia rappresenta la lotta tra la nostra parte spirituale e la parte materiale.
 
-   Jaya jaya arati Gauri manohara 
   Gauri manohara bhavani shankara 
   Samba Sadashiva Uma Maheshvara 
Gauri significa bianca e rappresenta la Dea Parvati, il principio femminile. Nel tantrismo Shakti il principio femminile.    Shankara è l'aspetto benevolo di Shiva. Shiva e Parvati diventano una unica persona, i due principi che danno vita all'umanità.L'energia divina prende la forma sonora sotto forma di mantra, prende la forma sottile sotto forma di yantra. 
 
-   Jaya jaya arati Raja Rajeshvari 
   Raja Rajeshvari Tripura Sundari 
   Maha Lakshmi Maha Sarasvati 
   Maha Kali Maha Shakti 
Saraswati è lo studio, e la conoscenza.   Kali ha varie braccia che portano delle teste tagliate degli Asura (demoni) che sono le energie negative in noi. Kali è la distruttrice del male e  noi siamo immersi nella Maya (il mondo illusorio).  La felicità è la nostra dimensione naturale, dobbiamo solo scoprirla in noi; ma non ricreandoci ogni volta nuovi obiettivi.  Dovremmo solo cercare di morire di come siamo nati.   L'energia negativa dovremmo contrastarla con l'amore, i cattivi hanno paura solo dell'amore.  Per avanzare nel cammino spirituale occorre forza della volontà, conoscenza e azione. 
 
-   Jaya jaya arati Anjaneya 
   Anjaneya Hanumanta 
   Jaya jaya arati Dattatreya 
  Dattatreya Trimurti avatara
Pronunciando il nome di Rama si prendono poteri (siddhi).  La devozione di Hanuman verso Rama lo porta a diventare un semidio. 
Dattatreya è il dono fatto a Atri. Surya è una delle 12 divinità solari, fonte di vita.  A livello nutritivo la pianta assorbe direttamente l'energia dal sole per questo è consigliata una alimentazione vegetariana.
 
-   Jaya jaya arati Adityaya 
   Adityaya Bhaskaraya 
   Jaya jaya arati Senishvaraya 
   Senishvaraya Bhaskaraya 
 
-   Jaya jaya arati Shankaracharya 
    Shankaracharya advaita gurave
Shankaracharya significa gioiello della discriminazione. Si usa la ragione per superare la ragione.
Shankaracharya  è colui che ha inventato la filosofia Advaita Vedanta,  Vedanta significa fine dei Veda; ossia la parte finale dei Veda, la parte filosofica (le Upanishad) oppure la fine del Vedanta significa illuminazione.  Nell'Advaita Vedanta c'è una sola realtà, con la lama della discriminazione si riesce a discriminare tra il reale e il Non reale, si arriva alla realtà ultima (oltre la realtà).
Controlla il corpo, e poi vai oltre.
Controlla il respiro, e poi vai oltre.
Controlla la realtà con la mente, e poi vai oltre.
 
Poi iniza il saluto ai Maestri 
 
-  Jaya jaya arati Sadguru natha 
   Sadguru natha Sivananda

-  Jaya jaya arati Vishnudevananda 
Vishnudevananda sri guru natha 
 
- Jaya jaya arati agastya munaye 
Agastya munaye shri rama priyaye
Agastya fu un guru, i Deva esseri luminosi legati ai cicli cosmici, cercano l'amrita nell'oceano del latte immortale. Gli Asura sono alla ricerca dell'immortalità, Monte meru, il serpente, la tartaruga. 
 
- Jaya jaya arati ayappa swamiye 
Ayappa swamiye dharmashastave 
Ayappa è figlio di Shiva e Vishnu e protettore del Dharma (leggi).  Tempio dedicato a Bhrama a Puskar. Essendo Brahma il creatore della natura (maya) non ci sono molti templi a lui dedicati, perchè si cerca di distaccarsi dalla natura. 
Gli Asura ricevono i poteri da Brahma.  Narashima, Mezzo uomo e mezzo leone, uccide l'asura che voleva l'immortalità.
 
- Jaya jaya arati jesus gurave 
moses gurave buddha gurave 
Jaya jaya arati mohammed gurave 
Guru nanak gurave samasta 
gurubhyoh namah 
Jaya jaya arati venugopala 
 
- Om na tatra suryo bhati na chandra tarakam 
Nema vidyuto bhanti kuto yamagnaih 
Tameva bhantam anubhati sarvam 
Tasya bhasa sarvamidam vibhati 
 
Il saluto ai fiumi sacri 
 
- Om gange ca yamune caiva godavari 
sarasvati narmade sindhu kaveri 
namastubhyam namo namah 
 
. Tvam eva mata ca pita tvam eva 
Tvam eva bandhush ca sakha tvam eva 
Tvam eva vidya dravinam tvam eva 
Tvam eva sarvam mama deva deva 
 
. Kayena vaca manasendryairva 
Buddhiatman va prakritessvabhavat 
Karomi yadyat sakalam parasmai 
 Narayanayeti samarpayami
 
- Sarva dharma parityajya 
mamekam sharanam vraja 
Aham tva sarva papebhyo 
mokshashyishyami ma suchah

giovedì 7 aprile 2022

Le 108 Upanishad e il Vedanta

 Upanishad significa restare seduti per terra ai piedi del maestro per ascoltare il suo insegnamento.

Le Upanishad costituiscono la parte filosofica dei Veda, il cui oggetto essenziale è la meditazione e la metafisica inseparabilmente legati nella spiritualità indiana. Sono dei testi per la ricerca della saggezza e della liberazione e trattano della natura dell’uomo e dell’universo, così come dell’unione dell’anima individuale (jiva) o Sè (Atman) con l’anima universale (Paramatman o Brahman).  Le Upanishad hanno avuto una grande influenza sul dibattito filosofico e religioso e secondo la cronologia si dividono in:

  • Le upanishad antiche. Le upanishad maggiori datano 500 anni a.c. e sono commentata da Ari Shankara il filosofo precursore dell’Advaita Vedanta.
  • Le upanishad medioevali che sono commentate da Narayana e Shankarananda.
  • Le upanishad recenti che datano  XIV - XVIII secolo.

Ci sono 5 Veda se prendiamo in considerazione separatamente le due versioni dello Yajur veda – lo Shukla e il Krishna Veda:

  •  Rig Veda – contiene 10 upanishad.
  • Shukla Yajur Veda –  contiene 19 upanishad.
  • Krishna Yajur Veda – contiene 32 upanishad.
  • Sama Veda –  contiene 16 upanishad.
  • Atharva Veda –  contiene 31 upanishad.

Ciascun veda è diviso in sezioni (saakas). Ciascuna saaka include una parte dove sono descritti i mantra e i brahmanas. I mantra nell'induismo, sono dei suoni che vengono ripetuti molte volte come pratica meditativa mentre i brahmanas sono trattati di codici liturgici, di iniziazione ai mantra, di meditazione (upasana) e integrano gli aranyakas (i trattati della vita nella foresta) a beneficio delle persone che sono sulla strada della ricerca spirituale. E’ nella foresta, al riparo dei rumori del mondo, che il maestro e i suoi discepoli (aranyakas, abitanti della foresta) studiano la Dottrina secreta e cercano di arrivare alla saggezza e alla liberazione.

E’ alla fine dei Veda, alla fine di ciascuna sezione che si trovano le upanishad. Il totale delle sezioni (saakas) dei 5 veda è 1180, se ad ogni sezione fosse associata una upanishad, le upanishad dovrebbero essere 1180 upanishad mentre invece sono soltanto 108.

E’ nel medioevo che appare una upanishad, la Muktika upanishad (una upanishad minore, appartenente al Shukla Yajur Veda) che riporta il numero 108, una cifra fortemente simbolica. E’ sempre questa upanishad che classifica le upanishad in minori e maggiori. 

Le 108 upanishad, la Bhagavad Gita, e i Brahma Sutra costituiscono il triplo canone del Vedanta.

Il Brahma sūtra, noto anche come Vedāntasūtra, Uttaramīmāṃsāsūtra o Śārīrakamīmāṃsāsūtra, è un testo religioso composto in lingua sanscrita posto a fondamento del darśana hindū indicato come Vedānta. L'opera è attribuita a Bādarāyaṇa (primi secoli della nostra èra) ed è formata, nel testo stabilito, e quindi commentato, da Śaṅkara (VI-VII secolo), di 555 aforismi suddivisi in 4 adhyāya, questi a loro volta divisi in 4 pāda. Da notare che lo stesso Bādarāyaṇa fa riferimento ad opere di altri autori, come Āśmarathya, Auḍulomi, Kaṛṣṇājini e Kāśakṛtsna

Nel Vedanta le upanishad sono i testi rivelati (la shruti), trascritti dai rishi sotto la dettatura del Brahman. Le upanishad si trovano tutte alla fine delle sezioni vediche e costituiscono la sorgente della metafisica del Vedanta.

La Bhagavad Gita e i Bhrama sutra sono la parte integrante della smriti, l’insieme dei testi religiosi trasmessi per memoria (anche se all’inizio sono stati rivelati).

Shankara (nato nel 686 d.c.) è il fondatore dell’Advaita Vedanta (Vedanta non duale), che è la parte filosofica più recente della filosofia indù (data il VII secolo d.c.) ed è la filosofia che ha influenzato l’occidente a partire dal XIX secolo. Upanishad per Shankara significa “conoscenza del Brahman attraverso la quale l’ignoranza è distrutta”. E’ dunque in ragione della loro complessità, della loro promessa di realizzazione del Divino, che le upanishad furono messe in conclusione dei Veda, e classificate come Vedanta o finalità ultime dei Veda. Le date in cui sono apparse le upanishad variano da un orientalista ad un altro, comunque le più antiche sono Chandogya e Brihadaranyaka.      Il canone Muktika ne consiglia un ordine di studio per arrivare alla liberazione, suddivide le upanishad in 10 maggiori e 98 minori e le classifica anche per ordine tematico.

Le 10 upanishad maggiori sono le seguenti:

Aitareya, Brihadaranyaka, Chandogya,  Isha, Katha, Kena, Mandukya, Mundaka, Prashna,           Taittirya. 

  1. Aiatareva: è una delle Upanishad più antiche. Vi si ritrovano i grandi temi della speculazione filosofica come l'identità di Atman e Brahman, unità originaria, la conoscenza come essenza dell'Assoluto, la creazione del mondo.    vedi link : https://www.gironi.it/testi-sacri/aitareya-upanishad.php#:~:text=Una%20delle%20Upanisha%20Vediche%20pi%C3%B9%20antiche%2C%20appartenente%20al%20ciclo%20del%20RgVeda.
  2. Brihadaranyaka: è una delle due più antiche ed è considerata una delle più importanti e recita così: Brahaman, Neti, Neti…. Quello che non si trova in questa upanishad non si trova in altre parti, quello che si trova altrove, si trova in questa upanishad.    vedi link
  3. Chandogya: è una raccolta di dialoghi teologici-filosofici ed è servita da riferimento al Brahma Sutra, il testo religioso composto in lingua sanscrita posto a fondamento del darśana hindū indicato come Vedānta. vedi link
  4. Isha: è breve e concisa e contiene l’essenza del Vedanta.
  5. Katha (storia, discussione): sottolinea che prima la liberazione si poteva otteneva col sacrificio, adesso anche con la conoscenza.
  6. Kena: sottolinea l'importanza del Jnana yoga lo yoga della conoscenza.
  7. Mandukya (la ranocchia): parla di un particolare tipo di yoga dove si resta immobili per sviluppare una forma speciale di meditazione. E' molto breve e si concentra sulla sillaba sacra AUM. rappresenta l’essenza di tutte le upanishad; studiarla e assimilarla è il solo modo per arrivare alla liberazione.
  8. Mundaka (testa rasata, testa tagliata): illustra un  percorso che port alla liberazione e che taglia le idee illusorie e inutili. Suddivide la conoscenza in inferiore e superiore.
  9. Prashna (domanda): questa upanishad contiene sei domande e le sei risposte fornite dal saggio Pippalada.   Le domande avevano per oggetto il prana, i deva, il mantra OM.
  10. Taittiriya: intercala inni, preghiere e mantra a supporto per la meditazione, presenta la prima elaborazione della teoria dei cinque corpi sottili: i kosha..

Molto importanti sono anche le seguenti upanishad:

  • la Karika redatta da Gaudapada che cerca di conciliare la filosofia vedanta con il buddhismo. 
  • la Yoga Tattva: appartenente al Krishna Yajur Veda che espone lo yoga delle otto membra. Parla delle anime individuali  jiva immerse nel mare dell’illusione maya.  vedi link

Commento delle Upanishad - Mauro Bergonzi

Evoluzione del pensiero filosofico religioso indiano nella tradizione vedica, lo yoga nella Bhagvad Gita, L’advaita vedanta di Shankara. - Presentazione di Mauro Bergonzi   https://sites.google.com/site/ilsorrisodellessere/satsang

Mauro Bergonzi è stato docente di “Religioni e Filosofie dell’India” presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” e socio ordinario della International Association for Analytical Psychology (I.A.A.P.) e del Centro Italiano di Psicologia Analitica(C.I.P.A.). Ha pubblicato articoli e saggi sui processi meditativi nel buddhismo antico, sulla psicologia del misticismo, sul simbolismo religioso, sull’incontro tra Oriente religioso e Occidente contemporaneo e sul dialogo interculturale fra psicologie sapienziali orientali e psicologia occidentale.

Le Upanishad non hanno una dottrina unica ed esprimono un pensiero connesso alla matrice mistica, nel testo si usa spesso un tono apodittico: "te lo dico, non te lo devo dimostrare". Contengono i semi del pensiero indiano, la Katha upanishad parla dello yoga  (VIII secolo a.c.).  Lo yoga e il proto samkhya (un altro sentiero filosofico indiano) hanno lo stesso substrato metafisico. La ​Bṛhadāraṇyaka e la Chandogya sono le due Upanishad più antiche. 

I due principi filosofici alla base delle Upanishad sono:

  • identità di Atman (il proprio vero sé) e Bhraman (la sostanza dell’universo), Non si può staccare il sé dall’universo, l'obiettivo è scoprire l’assoluto guardando dentro o fuori di noi, il principio dell’Uno – Tutto
  • il principio del karma, trattato nella Bṛhadāraṇyaka (libro 1. capitolo 4. verso 7), qui si  parla anche di nome e forma,  il concetto di nama (nome) e rupa (forma) è trattato anche nel buddhismo antico.

Conoscendo il Sé si conosce l’universo, l’universo è un tutt’uno unico e indivisibile, io mi identifico con la coscienza, il mio sé.   "Chi sono io?"    Sono l’universo che si manifesta con il mio pensiero. Il discorso è fatto di parole, ma le parole e i nomi focalizzano solo una parte della realtà, mentre la realtà non è fatta di pezzi staccati. Il nome mette un confine alla realtà e si perde il tutto, come un punto sulla lavagna. Noi siamo le onde, ed il mare esiste anche senza le onde, l’onda nasce e muore, noi crediamo di vedere solo la forma, ma vediamo la realtà.

Il sé non è una forma, senza l’io non posso percepire il resto, l’io è un esserci cosciente.  La coscienza osserva tutto, ma non può essere osservata, ma è certo che esiste. L’universo è un sistema auto-osservante, una parte che osserva e una parte osservata, ed ogni osservazione è incompleta. La coscienza è vuota di nomi e forme, la vera coscienza non ce la dà il pensiero, non si può separare il vedere dall’essere cosciente.  I sensi ci mostrano in ogni momento che noi siamo il tutto, il vedere e il sentire sono attività della coscienza, e noi ci identifichiamo con le attività della coscienza. Il principio assoluto non può essere rappresentato in una forma particolare. 

Chi è "risvegliato" è più potente degli dei (perché anche gli dei sono una manifestazione del Tutto). La coscienza comprende mondo, mente e corpo. Nella veglia la coscienza attiva la percezione del mondo, la mente con i relativi pensieri, e le sensazioni fisiche del corpo. E poi piano, piano  si comincia a pensare che la mente stia dentro il corpo e il corpo stia dentro il mondo. Nessuna percezione può contenerne un’altra. Quando andiamo a dormire blocchiamo le percezioni, sparisce il mondo, il corpo sta fermo e sparisce, solo la mente agisce nello stato di sonno e a volte crea pensieri. Rimane la coscienza, senza oggetti. Nello stato di sonno profondo senza sogni (rem), la coscienza è invisibile, è un tuffo in un mondo di energia.

I confini del sé sono illusori, in quanto coincidono con il mondo. L’ego è un’illusione. L’egoista ama un falso sé idealizzato, se si presenta in un certo modo, mentre il vero sé autentico è disprezzato. L'amore dal punto di vista monista è espressione di unità e tende ad eliminare il dualismo.

"Con che cosa si potrà conoscere il conoscitore?" Non si può.  Posso avere coscienza di qualcosa soltanto se siamo in due, io e quel qualcosa. La coscienza ci porta a  dire “ io sono questo e non sono quello", in quel momento si è creata la dualità tra mente - corpo e mondo. 

"Io sono, ci sono", questa è un'evidenza innegabile, l’unica cosa che non posso mettere in discussione, quindi  "L'Io sono" è esistenza e consapevolezza. Si manifesta con il corpo e la mente,  e finisce con il corpo.  Ma c’è qualcosa che sa che ci siamo, è questo è il purusha. La ricerca della liberazione ha lo scopo di comprendere che il nostro corpo fa parte di qualcosa di più grande.

Il sogno è collegato al desiderio, nello stato di sonno profondo, si manifesta ananda: che è lo stato di unità e completezza, non c’è più la coscienza di ciò che è interno e ciò che è esterno, i desideri cessano, solo il sé esiste. 

Esistono due livelli di manifestazione: quello del corpo-mente,  dell'io sono, e quello della  consapevolezza pura, dove c'è l'uno senza secondo.

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Che cosa è il purusha? In sanscrito significa "uomo" e "anima". Nel Ṛgveda (X, 81) esso designa il divino uomo primigenio, da cui deriva tutto ciò che fu, è e sarà.
Secondo il sistema filosofico Samkhya, i  due principi eterni, sono il Purusha e la Prakriti.
Il primo, Purusha,  rappresenta l’Energia Cosmica Spirituale, la coscienza cosmica impassibile ed immutabile, di cui nel microcosmo ritroviamo il riflesso nella coscienza di un individuo non identificata nella materia e nell’ego.
Il secondo, Prakriti, è la materia inerte primordiale, l’essenza di tutta la natura materiale.
Tutta la creazione può essere ricondotta a questi due principi, che coesistono in un’eterna dualità, opponendosi ad ogni tentativo di risoluzione o di unione. Per questo il Samkhya viene considerato come una filosofia dualistica (dvaita).
Quando il Purusha e la Prakriti entrano in contatto fra loro si manifesta l’universo.

Video in inglese molto interessante che spiega bene Purusha e Prakriti, vedi link https://www.atuttoyoga.it/purusha-prakriti/

sabato 5 marzo 2022

Filosofia indiana - Marc Ballanfat

 

La philosophie indienne au fil des jours avec Marc Ballanfat  https://www.youtube.com/watch?v=O00phYKNDQ8            https://www.franceculture.fr 

 Questi video sono molto interessanti, ed offrono un panorama sulle filosofie indiane, sono però in francese. 

Marc Ballanfat è professore di filosofia, traduttore dal sanscrito e specialista dei filosofi dell'India antica. È anche docente all'Università di Paris-IV Sorbonne..

domenica 27 febbraio 2022

Sito dell'Unione induista italiana

 Vi segnalo il sito dell'Unione induista italiana che propone corsi per comprendere meglio l'induismo e si può accedere alla  rivista on line chiamata Dipavali o Diwali che significa Festa della Luce.

 https://www.induismo.it/rivista/

L’Unione Induista Italiana, Sanatana Dharma Samgha, è un Ente religioso sorto per la tutela, il coordinamento, la pratica e lo studio della cultura e della religione induiste.

L’UII è stata riconosciuta ufficialmente dallo Stato italiano come Confessione religiosa con Decreto del Presidente della Repubblica (DPR del 29-12-2000). 

sabato 9 ottobre 2021

Manuale delle teologie induiste

 Manuale delle teologie induiste di José Pereira. Questo testo molto impegnativo, presenta il quadro completo sulle teologie e filosofie presenti in India. Ho cercato di prendere per ogni filosofia gli aspetti fondamentali e ne ho tratto un piccolo bignami che ho riportato di seguito....

L'autore, inizialmente presenta un quadro storico, filosofico dove inserire la trattazione sulle teologie e filosofie induiste, facendo un continuo parallelismo tra Occidente e Oriente: 

  • L'Età moderna comincia con la rivoluzione copernicana,
  • Nell'Idealismo gli oggetti fisici esitono solo in relazione ad un soggetto sperimentante, Berkley e Hegel XIX secolo, buddhisti IV secolo d.C.
  • Nel Materialismo ogni conoscenza di cose soprasensibili è priva di significato, In Grecia Democrito, In India Uddalaka nel IX  secolo a.C.
  • Lo Scetticismo è stato introdotto in Occidente da Pirrone (Alessandro Magno), e  in India da Nagarjuna II secolo d.C.
  • La Non anima: il Sé ha una fascia di percezioni ed è privo di sostanza, ed è un concetto proposto dal buddhismo e da Hume.
  • L'eliminazione della cosa in sé, come oggetto conoscibile, anche questo concetto  viene trattato dal buddhismo e  Kant
  • La realtà viene vista come un flusso, il divenire è la forma universale della realtà. Eraclito, Buddha, nel VII secolo d.C. Kamakasila e  Rousseau
  • La non-violenza, si basa sull'archetipo gianista, ed è stata portata avanti soprattutto da Gandhi.
  • La realtà presentata come bipolare. In alcune Upanishad che datano il IX secolo a.C. viene introdotto il concetto di Brahman mortale e immortale, statico e mobile, formato e non formato, ecc.
  • Per Spinoza i cambiamenti sono gli aspetti di qualcosa immutabile.
  • Superare  il condizionamento dell'essere è la base della ricerca yogica.
  • L'energia come pervadente l'universo è soggetta al controllo umano mediante la retta conoscenza.
  • Interiorità yogica si basa sulla convinzione che il sé possa essere sperimentato immediatamente, attraverso il controllo del corpo e della mente. La psicologia del profondo che gli yogi avevano sperimentato nel VIII a.C. viene trapiantata in Occidente da parte di Jung nel XX secolo, l'Anima immortale dell'uomo fuori dal tempo e dello spazio può essere sperimentata.
  • Oggi c'è difficoltà a sostenere valori religiosi non aperti all'esperienza personale. Quindi diventa difficile seguire le religioni tradizionali.
  • Oggi, soprattutto in Occidente, le parole o le proposizioni sono inadeguate a descrivere l'assoluto, si cerca pertanto l'esperienza diretta, e un approccio pluralistico. Nicola Cusano, cardinale, teologo, filosofo e astronomo tedesco del 1400 sosteneva l'esistenza di un'unica fede in forme diverse.

Nell'Induismo esistono due principali correnti teologiche che fanno riferimento a Shiva e Visnu. Shiva rappresenta eros e thanatos, mentre Visnù rappresenta la dolcezza, incarna il sacrificio del fuoco ariano attraverso il quale si controlla l'energia che pervade l'universo. 

Le sei scuole vedanta. Alla base di queste scuole c'è il concetto di Nirvana e Brahman. I mezzi per raggiungere l'illuminazione sono: le opere (karma), la conoscenza (jnana), la devozione (bakthi). Possiamo dividere lo svuiluppo di queste filosofie in tre epoche:

  • La fecondazione da 1300 a 600 a.C.
  • La germinazione da 600 a.c. A 1000 d.C.
  • La fioritura a partire dal 1000 d.C.

I principali sentieri filosofici ortodossi indiani (darshana) sono sei: Sankhya, Yoga, Vedanta, Mimansa, Vaisesika, Nyaya. Sono detti ortodossi perchè accettano l'autorità del Veda che sono i principali testi sacri dei popoli ariani che invasero intorno al XX secolo a.C. L'India. Il termine veda in sanscrito significa sapere, saggezza, conoscenza.Ognuno di questi sei sentieri porta ad una visione della Realtà diversa.  Le tradizioni indiane, vedica e tantrica, accettano la trasmigrazione delle anime e i concetto della liberazione da questa continua rinascita. Il tantrismo inizialmente non ammetteva né le caste, né i Veda. Ha le proprie scritture: gli Agama o Tantra. Accentua la bipolarità maschile-femminile.

La liberazione", "affrancamento", "emancipazione", "salvezza" in sanscrito mokṣa è uno dei cardini delle dottrine religiose e spirituali dell'India, comune a tutte le correnti e tradizioni dell'induismo, al giainismo, al sikhismo, e affine al nirvāṇa del buddhismo. La liberazione, variamente interpretata e diversamente conseguibile a seconda del contesto, è principalmente intesa come salvezza dal ciclo delle rinascite (saṃsāra), ma anche quale conseguimento di una condizione spirituale superiore.  La tradizione vedica  si basa:

  •  Sui quattro veda (Ṛgveda, Sāmaveda, Yajurveda e Atharvaveda);
  • Sui quattro scopi della vità di un uomo nell'induismo che sono: vita sociale affrontata secondo valori morali (dharma), il lavoro con conseguente benessere economico (artha), il piacere (kama) e la liberazione (moksa). 
  • Sulle e quattro caste principali che sono: i Brahmani ( i sacerdoti ); Kshatriya ( i guerrieri e nobili); i Vaisya (gli agricoltori, commercianti e artigiani ) e i Shudra ( mezzadri e servi);
  • Sulle  quattro fasi della vita secondo l'età che sono: Brahmācarya (studente), Grihastha (padre di famiglia), Vanaprastha (ritirato) e Saṃnyāsa (rinunciante).

1- Il Sankhya. Per questa filosofia l’universo è costituito dal purusha, eterno, immodificabile, privo di causa (composto da anime individuali) attirato dalla prakrti (la materia, la natura naturante) che è il sostrato di tutto, ed è costituita a sua volta dai tre guna (sattva, rajas, tamas).Nell'energia-materia è presente una certa capacità vitale, cosciente, anche se in forma ridotta e spesso potenziale, nel senso che per manifestarsi necessita dell'intervento del purusha. 

Tutto questo si svolge nei cicli del samsara (rinascite). Si mette in evidenza la distinzione tra anima, psiche e intelletto (buddhi). Alla base del Samkya quindi abbiamo: lo spirito (purusa) o anima trascendente, la materia (prakti), l'istinto - mente (buddhi), l'egoismo - l'anima fenomenica (ahankara), l'evoluzione (sarga). Questa base è simile allo schema formulato da Plotino dove c'è Uno, materia, mente, anima , mondo sensibile. Il Sankhya è la dottrina dei due Sé: uno nel suo stato puro e l'altro nello stato egoico e dimostra l'esistenza dello spirito per mezzo del cogito. Questa polarità fù poi trasformata in Brahman-ignoranza. L'origine dell'uomo cosmico data il X secolo a.C. Poi ristrutturato nel 460 d.C. Nel sankhya classico. Il principale referente di questa filosofia è stato il saggio Kapila, che dice siamo assaliti dal triplice dolore: interno esterno e sovraumano; Solo il samkhya fornisce i mezzi per superare il dolore.

La materia agisce per liberare lo spirito. Solo la materia trasmigra. Il Sè esiste, non essendoci prove del contrario ed è distinto dal corpo. Eliminato il dolore si consegue il fine ultimo, lo scopo della vita è duplice (la ricerca della felicità e scampo del dolore). La mente vuota di un oggetto è in meditazione. La materia colora lo spirito, questo colore è eliminato da pratiche come meditazione, controllo, disciplina, distacco. La materia si evolve nell'interesse dello spirito, la varietà dell'evoluzione deriva dalla varietà del karma, quando la liberazione è realizzata la materia non riprende più a evolversi, come accade nella vita di tutti i giorni.  Anche quando la materia si associa agli altri sé (in un nuovo ciclo di evoluzione), i sé liberati non sperimentano più, poiché manca la causa per tale esperienza (la non-discriminazione).

L'unico Sè (indivisibile e universale) è reso multiplo dall'associazione con un limitante casuale (materia). Non c'è conflitto con la non-dualità. Il mondo è reale perchè non esistono prove del contrario.L'egoismo o il desiderio è l'agente,  non lo Spirito. Il Sè è omnipervadente, trova il tempo e il luogo della sua esperienza soltanto attraverso l'associazione con un limitante casuale. La realizzazione delle opere dipende dall'egoismo, non è dipendente da Dio e non esistono prove che lo sia. Senza inizio è il rapporto tra possessore e posseduto, tra seme e germoglio, esso è prodotto dal karma. Oppure dalla non-discriminazione (dal corpo sottile). Non importa come sia prodotta, la separazione del rapporto è l'obiettivo dello Spirito.

2- Lo Yoga.Metafisicamente lo yoga è il sankhya, si crede che la coscienza sia luminosa di per sé, ma contaminata dal mondo esterno, che la invade sotto forma di sentimenti e concetti. La tendenza della mente verso il mondo esterno può essere controllata. Concentrandosi, la coscienza è rivolta alla chiara luminosità della sua natura originale. Fra la pluralità degli spiriti vi è uno spirito (il signore supremo che non è una causa), che non è mai vincolato dalla materia e non ha bisogno di essere liberato. Il contemplatore si sforza di sperimentare il proprio spirito mediante la disciplina, la meditazione e l'estasi.  Il sankhya, invece, segue il percorso della discriminazione intellettuale.

Noi abbiamo dei condizionamenti psicologici e sociali, altri più profondi nell'inconscio, condizionamenti prodotti dalla materia nel tempo. Lo yoga cerca di annientare il tempo e liberare l'uomo, e controllare l'inconscio. I principali fautori, tra storia e leggenda, di questa disciplina sono stati Patanjali (III - IV secolo d.C)  e Vyasa (V - VI secolo d.C).

I praticanti Yogi sono classificati in nove specie: se seguono metodo dolce, medio, severo, ognuno diviso in intensità dolce, media e severa. Solo i seguaci del metodo severo conseguono la concentrazione e i suoi risultati. Lo yoga è la soppressione degli stati mentali. Il testimone dimora nella propria natura, altrove si identifica con gli stati mentali che sono: conoscenza valida, errore, finzione verbale, sonno e memoria. Gli yogi che seguono un metodo di severa intensità conseguono la concentrazione che deriva da fede, forza, meditazione e saggezza. La pratica è lo sforzo per realizzare la calma indisturbata. La concentrazione si consegue anche con la devozione al signore supremo, OM è il suo simbolo. La calma mentale si consegue coltivando sentimenti amichevoli, compassione e contentezza, in tale calma la comprensione intuitiva è soltanto un sostegno di verità. Quando gli stati mentali sono stati tutti soppressi, si consegue una concentrazione che è la consapevolezza indifferenziata (non conoscente, non conosce alcun oggetto). Arrivando così alla Consapevolezza della propria differenza dallo Spirito.   

Lo yoga e il Samkya mettono in discussione l’efficacia dei riti dei Veda. Entrambi questi due sistemi postulano l'esistenza di due aspetti della realtà: della coscienza inattiva e immutabile (purusha) e della materia sempre attiva (prakrti). La materia ha livelli diversi di intensità ed anche i nostri pensieri sono materia sottile. La manifestazione più perfetta della prakrti è chiamata buddhi o intelletto, ed è l'elemento che, in particolari condizioni, può facilitare il processo della liberazione. Fin dall'epoca delle Upanishad si è cercato di dissociare lo spirito dalla materia e cercare di far emergere il vero Sé libero, eterno, inattivo che soggiace al mondo manifesto ed arrivare così alla liberazione dalla quotidianità costituita da malattia, sentimenti, sofferenza e morte. Non è una visione pessimistica ma è un continuo stimolo al saggio e all'asceta di ritirarsi dal mondo, staccarsi dai beni e dalle ambizioni ed arrivare alla liberazione. Il Samkhya cerca di arrivare alla liberazione attraverso la gnosi e la conoscenza metafisica, mentre per lo yoga la conoscenza non è sufficiente, sono indispensabili un'ascesi e una tecnica meditativa.

3- Mimansa. Per questa filosofia l'indagine sulla rivelazione vedica ha un duplice oggetto:  il rito e il Brahman. I fautori di questa filosofia sono Jaimini e Badarayana. Per questa filosofia i veda sono di origine impersonale, hanno profondi significati, esprimono cose trascendenti, esistono nell'eternità. Un altro importante filosofo che fa riferimento a questa filosofia è Kumarila Bhatta (VII d.C.)

Atomismo o Vaisesika. La base di questa filosofia è l'atomismo. Per l'atomismo la realtà è costituita da particelle immutabili che si dispongono e ridispongono variamente senza alterarsi mai. Uno dei fautori di questa filosofia è  Uddalaka nel IX secolo a.C.

Nel secolo successivo si sviluppa la teoria atomista dei quattro elementi: aria, acqua, fuoco e terra. Fu ripresa da Democrito in Grecia, e fu ridotta a sistema in India da Kanada (I secolo a.C.) Gli atomi devono essere combinati da una mente per dare origine alla complessa struttura del mondo visibile. Occorre una Mente ordinatrice cosmica quindi Dio. Dio è l'artefice della ssoluzione e creazione del mondo. L'Atomismo viene unito al logicismo nel XI secolo d.C da Udayana. Nella creazione gli atomi si combinano con tutte le anime mediante il karma. Combinando gli elementi si crea un grande uovo, e in esso il signore supremo crea Bhrama. Brhama comandato dal Signore supremo crea gli esseri mentali, dei, saggi, antenati fornendoli di facce, braccia, cosce e piedi e le quattro caste e poi secondo il karma li associa con le qualità del merito, della conoscenza, passione e potere.

Il Logicismo o Nyaya. Questa filosofia proclama la liberazione attraverso il ragionamento. (un'idea senza paralleli nel pensiero religioso). Postula una rivelazione di origine personale con Dio come suo autore. Uno dei caridni di questa filosofia è l'uso del sillogismo.  Con proposizione, ragione, esempio.  Con questa filosofia, si assiste alla fine dell'Assoluto impersonale e all'inizio del dio personale, adorato con suprema devozione.

Nel ragionamento esiste un Soggetto conoscente, una norma, una cosa conosciuta, e si produce conoscenza. Attraverso la logica possiamo provare l'esistenza dell'onnisciente, imperituro Dio. Cose come la terra devono avere una causa, perchè sono effetti. Il mondo è una combinazione di atomi con differenti gradi di complessità. Asserisce l'esistenza delle capacità umane come arti e scrittura; l'esistenza della conoscenza autorevole, l'esistenza della rivelazione. Io sono la sorgente di tutto: tutte le cose si evolvono da Me, i saggi lo sanno e, pieni di emozione mi adorano. Un uomo che stabilisce gli insegnamenti dei saggi sulla Legge, mediante una logica non discordante dalla Rivelazione e dalle scienze sacre, Soltanto quell'uomo, e nessun altro, conosce quella legge.

Vedanta dualista o Dvaita Vedanta. Nel V secolo a.C. le tradizioni sacre induiste vengono unificate da Badarayana,  poi Madhva (1238-1317) propose un modello diverso. Per questa filosofia Non c'è un Dio creazionista, ogni anima dipende dalla sua causalità e intrensicamente da azioni buone o cattive.   I nemici del Vedanta dualista sono il Logicismo e Nondualismo. Visnu si manifestò come il saggio Vyasa e produsse l'insuperabile scienza conosciuta come la suprema saggezza. Tutto è Brahman, neti, neti, Non è questo, non è quello. Vengono rivalutati i mantra. Il mantra OM è l'espressione di Brahman. Un altro mantra molto conosciuto è il Gayatri mantra, o l'inno al sole. Le tre esclamazioni rituali sono durante la recita di questo mantra sono: bhuh pienezza, bhuvah causalità dell'esistenza, svah possesso della gioia. La liberazione si raggiunge con la conoscenza che nasce dall'indagine teologica. Senza Dio non c'è liberazione. A parte il Brahman tutto è irreale. Se il Brahman indifferenziato è autoilluminante, come può l'ignoranza nasconderlo? Questa filosofia critica il ritualismo.

Ortodossia Saiva. Teologia dell'identità. Il problema che il Nondualismo deve affrontare è quello della differenza. Alla base c'è il Sè, e questa filosofia impiega una complessa dialettica per eliminare ogni molteplicità che ritiene il prodotto dell'illusione e l'ostruzionismo che impedisce la visione del Sè. La Metafisica alla base è fornita dal grande Mandana Misra con il testo La prova di Brahman, che utilizzando la polarità spirito-materia del Sankhya, ridusse lo Spirito ad un unico essere: il Brahman e trasformò la stessa materia reale sankhya in uno spettro (che non era né essere, né non essere).

Diverse scuole Nondualiste aderiscono al commento di Sankara sugli aforismi di Badarayana. Quello su cui convengono è, che le categorie basilari della loro teologia sono il Sè e il non-Sè, che il secondo è sovrapposto al primo dando origine a un'illusoria molteplicità, causata dalla trasformazione del Sè. Questa trasformazione è non reale. La schiavitù è l'effetto dell'ignoranza, Ma non sono d'accordo sul concetto di ignoranza. Il Brahman nell'essenza è conoscenza, e non può essere toccato dall'ignoranza. L'ignoranza è diversa dal Brahman, ma non è un'altra cosa altrimente il NonDualismo cadrebbe.

Le sei scuole NonDualiste o Advaita.

  1. Non dualismo indiviso Gauda Pada e Sankara
  2. Limitazionismo il vaso sembra limitare l'etere, quando il vaso è distrutto il limite sparisce, la perfezione dell'imitabilità si trova solo in Dio.
  3. Riflessionismo metafora della luna nell'acqua, e della faccia nello specchio. Le immagini riflesse non sono distinte dall'oggetto che riflettono anche se apre che lo siano.
  4. Apparizionalismo l'ignoranza con il suo potere diversificante, produce apparizioni della realtà fondamentale del Brahman, Suresvara.
  5. NonDualismo idealista, una teologia della differenza nella identità, Prakasananda.
  6. Non dualismo sincretista. Madhusudana, aveva sempre creduto nella fondamentalità della conoscenza quale mezzo salvifico, ma in quel periodo prevaleva la teologia della devozione, e anche lui trasformà il sistema gnostico in un sistema di devozione. 

Il proclama del NonDualismo (si trova nella Mandukya Upanishad, con commenti di Gauda Pada) "Conoscere la realtà differentemente da quello che è, è sognare, non conoscerla affatto è dormire, quando si eliminano entrambi questi errori si entra nello stato Indifferenziato". Quando l'anima messa a dormire dall'illusione che non ha origine, si sveglia, diventa consapevole della NonDualità, del non nato, del non addormentato, del non sognante. Se il mondo dovesse realmente esistere indubbiamente sparirebbe. Infatti la dualità che percepiamo è mera illusione, mentre la NonDualità è la sola verità suprema.     In qualunque forma il Sè si manifesti è la forma che si percepisce, diventando effettivamente quella forma, il Sè protegge il percepiente, il quale possedendola, la realizza. È attraverso questi esseri, non separati da lui, che il Sè è appreso come separato. Quando si conosce il Sè si può continuare a vivere la propria vita nel mondo come se si fosse privi di sensi, fuggendo la lode, i saluti, l'esecuzione di riti in onore degli antenati, l'asceta dovrebbe vivere di ciò che gli offre il caso.

Attacchi al Sankhya. Viene messa in discusssione la causa materia; l'argilla è identica all'effetto vaso. Come provare il rapporto causa - effetto? Nulla è prodotto, né da se stesso, né da un altro.

La legge Vedica è duplice, dell'Azione dell'Inazione ed è la causa della stabilità del mondo. L'Essenza eterna pura, saggia e liberata divenne incarnata, fu spinto dalla misericordia verso la legge ed insegnò la legge ad Arjuna.  Vyasa nei 767 versi della Gita compilò quella legge esattamente come il Signore l'aveva insegnata. La Gita è la quintessenza di tutta la conoscenza Vedica. La suprema meta dell'esistenza è la cessazione del mondo della trasmigrazione condizionata da causa ed effetto. Ciò si compie in virtù di una conoscenza del Sè accompagnata dall'abbandono di tutta l'attività.

La legge permette di percepire il significato della parola Brahman. L'individuo che offre la sua opera al Brahman, evita l'attaccamento e continua ad operare, non è macchiato dal peccato come un loto non è macchiato dall'acqua. Lo yogi opera con il corpo, la mente, l'istinto e perfino con i sensi indipendenti, evitando l'attaccamento per assicurare la purezza della mente.La rivelazione nega che il Sè (Brahman) sia vincolato.  La Brhadaranyaka Upanishad recita così: "In un solo modo quell'essere inconoscibile può essere percepito, è il Sè immacolato, al di là dell'etere, mai nato, il grande, l'eterno".  La Katha Upanishad esprime il Sè in questo modo: "Il Sè non nasce e non muore, viene dal nulla e diventa nulla. È il non-nato, l'eterno, l'antico. Non è ucciso quando il corpo viene ucciso". La rivelazione parla della condizione effettuale, ma soltanto senza l'abbandono della natura originaria, insegna la metamorfosi, una posizione perfettamente ineccepibile.

Come spiegare l'indivisibilità del Brahman?  Se le parti e l'intero sono entrambi autoilluminanti, nessuno dei due può essere l'oggetto della conoscenza dell'altro, per definizione è consapevolezza senza oggetto.Perciò il Brahman non può sperimentare la indivisibilità del proprio Sè.

Differenza nella identità é la corrente principale della teologia induista. Il suo archetipo fondamentale è la natura bipolare della realtà, espressa nelle seguenti dicotomie: sostanza-modi, essenza-attributo, indifferenziato-differenziato, mortale-immortale, universale-particolare, intero-parte, causa-effetto, ecc. Mentre le energie sono molte, l'essenza è una.

Le scuole si dividono in due gruppi, non-confessionale che è principalmente vedico, e il confessionale professante devozione a Visnu, Siva o Sakti(energia) che poi si trasformò in  tantrismo.

La metafisica dell'assolutismo sonico è una teologia del linguaggio, energista e evoluzionista. Formulata nel libro delle frasi e delle parole di Bharr Hari che dichiara "Inadeguatezza dei sistemi umani nell'esprimere l'assoluto, ed affermano di conseguenza l'intrinseca giustezza della parola. Tutte le  Idee sono  incorporate nel mitico monosillabo OM. La vera conoscenza, conosciuta come purezza, si acquista in una sola parola. Senza che ciò si opponga a nessuna credenza, essa è proclamata nella parola OM. Da OM creatore dei mondi, derivano le varie scienze con le loro divisioni principali e secondarie. Esse sono le sorgenti della conoscenza salvifica e del rito purificatore. Le forme collegate alla parola sono: rivelazione, tradizione, logica e grammatica.

L'Antico Vedanta o Puratana Vedanta. Badarayana probabilmente è stato il primo teologo sistematico del mondo e parte dal presupposto che la teologia sia la ragione sistematica che tenta di comprendere il messaggio della Rivelazione.

I primi Aforismi sul Brahman datano il l secolo a.C.  Nella ricerca del Brahman, il Sè deve essere visto, se ne deve udir parlare, deve essere pensato e meditato. Il Brahman è l'oggetto della teologia: è da dove provengono gli stati di creazione, mantenimento e dissoluzione del mondo. Il Brahman non è esprimibile, perchè è un oggetto della conoscenza. La Rivelazione dichiara che un uomo che si affida a lui consegue la liberazione. Il Brahman è la luce, il respiro, l'etere, l'inquilino del sole ( attraverso il Gayatri mantra si manifesta devozione al sole).  Il Sè si raggiunge attraverso la discriminazione, l'assenza di passione, la disciplina, il rito, la virtù, l'assenza di tristezza e l'assenza di gioia. Si può ottenere la purezza fisica grazie a cibo senza difetto.La liberazione puà essere realizzata direttamente in questo corpo e la liberazione assoluta o assorbimento nel Brahman dopo la morte.

Differenza nell'identità condizionata. E' una  Teologia della negazione o apofatica, che poi divenne la base della chiesa ortodossa.

Baskara. In principio c'era soltanto questo essere, unico, senza un secondo. Ma altri dicono che in principio c'era soltanto il non-essere, unico, senza un secondo, e che dal non-essere sorse l'essere. Come è possibile? Si risponde che in principio c'era soltanto questo essere. Il Brahman ha due forme, l'incarnata e la non incarnata. Se un uomo riconosce il Brahman non esistente, è come se lui stesso fosse non-esistente.

Nondualismo indivisibile o Avibhagadvaita. Nel XVI secolo la tradizione tantrica trionfava sulla tradizione vedica.

Vijnana Bhiksu unico fra i seguagi delle teologie di devozione, proclamava una liberazione mediante la conoscenza (senza devozione) consistente nell'identità con un Assoluto impersonale, libero dalla gioia e dal dolore. Dinanzi ad un vedanta vittorioso dichiarava che lo yoga era il primo fra tutti i sistemi e che il sankhya possedeva un mezzo superiore per ottenere la liberazione.

In questo periodo avviene anche l'elaborazione definitiva del sankhya, la sistematizzazione dello yoga, la sintesi tra sankhya, yoga e vedanta.  Si deve aderire alla logica che stabilisce l'esistenza del Signore, quale è enunciata nel Vedanta, nel Logicismo e nell'Atomismo. Illustri yogi e gli stessi maestri sankhya non vedono il Grande Signore, il Brahman senza principio né fine. Sia Lui il vostro solo rifugio.

Nondualismo differenziato o Visistadvaita. E' la prima teologia vedantica di devozione. La devozione appare nelle tarde Upanishad e nella Gita, e la sua espressione fu soprattutto popolare.

I due grandi filosofi e maestri  Yamuna ( 918- 1038) e Ramanuja (1056-1137) fanno riferimento al Vedanta antico, basato su misticismo ardente, meditazione sulle glorie di Dio, sulla sua trascendenza ed accessibilità. Dio è una persona e il più alto rapporto che Egli ha con la Sua creatura è quello di amore e sollecitudine. Dio verrà chiamato anche nella Gita la Persona Suprema. Questo misticismo si dividerà in due scuole, la prima affermava che Dio è l'autore della salvezza e bisogna arrendersi totalmente a lui. La seconda afferma il bisogno dell'uomo di cooperare con Dio.  Il devoto deve manifestare la devozione per Krisna, incarnazione di Visnu, o  la devozione per Rama anche lui un'incarnazione di Visnu.  Yamuna  suggerisce di leggere i Pancaratra dove viene manifestata la veracità di Dio. Ramanuja diceva: "creando l'intero mondo a tutti i suoi livelli, dal dio Brahma agli oggetti immobili, Egli dimora nella sua natura, inaccessibile alla contemplazione e all'adorazione degli dei e degli uomini". Abisso sconfinato di compassione, benevolenza, tenerezza, e generosità, non abbandono la Sua natura, quando trasformò la Sua essenza in una natura come la loro, essendosi incarnato in mezzo a creature diverse, fu adorato in mezzo a loro. La metà dell'uomo è quintuplice: dovere sociale, lavoro, piacere di questo mondo e dell'altro mondo, esperienza dell'anima ed esperienza di Dio.  La metà suprema dell'uomo è la liberazione, che è uno stato in cui si dimora nella propria natura eternamente deferente. I mezzi per arrivare alla liberazione sono cinque: attività rituali, consocenza, devozione, resa totale a Dio e venerazione per il maestro.Un altro approccio filosofico è l'innata differenza-nella-identità o Svabhavikabhedabheda. 

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