venerdì 31 marzo 2023

La solitudine - Jiddu Krishnamurti

Dal testo La solitudine di Jiddu Krishnamurti. -

“Tutti conosciamo quel tremendo senso di solitudine nel quale né i libri né la religione servono più a niente, quando tutto quello che rimane dentro di noi è un vuoto spaventoso. La maggior parte di noi non riesce ad affrontare quel vuoto, quella solitudine; così fuggiamo e andiamo a cercare rifugio nella dipendenza da qualcosa, perché non possiamo sopportare di rimanere soli con noi stessi. Accendiamo la radio, leggiamo, lavoriamo, chiacchieriamo incessantemente, occupandoci delle cose più diverse, dell’arte, della cultura".


 Ma arriva il momento nel quale non possiamo fare a meno di imbatterci in quel senso tremendo di isolamento. Anche se abbiamo un ottimo lavoro in cui tuffarci disperatamente, anche se ci mettiamo a scrivere libri, dentro di noi c’è questo vuoto tremendo. E siccome vogliamo riempirlo, ricorriamo alla dipendenza. Ci rifugiamo nella dipendenza, nei divertimenti, nella religione; facciamo dell’assistenza, ci diamo al bere, alle donne, facciamo di tutto per riempire quel vuoto.

Ma se ci rendiamo conto che qualunque cosa facciamo per riempirlo o per nasconderlo non serve assolutamente a nulla; se ce ne rendiamo conto non a parole, vediamo l’assurdità di quello che stiamo facendo… allora ci ritroviamo ad affrontare un fatto. Non è questione di liberarsi dalla dipendenza. Il fatto non è la dipendenza; la dipendenza è solo una reazione a un fatto… Perché allora non affronto il fatto e sto a vedere che cosa succede?

A questo punto sorge il problema dell’osservatore e dell’osservato. L’osservatore dice: “Mi sento completamente vuoto; non lo sopporto” e fugge da questa sensazione. L’osservatore dice: “Io sono diverso da questo vuoto”. Mentre invece l’osservatore è proprio questo vuoto; non c’é un osservatore che stia vedendo quel vuoto. L’osservatore è l’osservato. Quando questo accade, avviene una rivoluzione tremenda nella mente e nei cuore.

Cercate, semplicemente, di rendervi conto del vostro condizionamento. Lo potete percepire solo indirettamente, collegato a qualcosa. Non potete rendervene conto in astratto, non avrebbe molto significato. Possiamo solo essere consapevoli del conflitto. Il conflitto affiora quando non c’è corrispondenza tra una sfida e la risposta che essa richiede. Il conflitto è il prodotto del nostro condizionamento. Condizionamento significa attaccamento: attaccamento al nostro lavoro, alla tradizione, a quello che possediamo, alle persone, alle idee e così via.

Se non ci fossero attaccamenti, dove andrebbe a finire il condizionamento? Certamente non potrebbe esserci. Allora perché ci attacchiamo a qualcosa? Sono legato al mio paese, perché identificandomi con la mia patria mi sento qualcuno. Mi identifico col mio lavoro, così il lavoro diventa importante. Io sono la mia famiglia, sono quello che possiedo. Mi attacco a queste cose e quello a cui mi attacco mi offre la possibilità di fuggire da quel vuoto tremendo che sento dentro di me.

L’attaccamento è una fuga e questa fuga rafforza il condizionamento. C’è una solitudine che non ha nulla di filosofico, ma che implica uno stato interiore di rivolta contro l’intera struttura della società che, in qualunque forma si manifesti, democratica, comunista o fascista, è l’organizzazione del potere in tutta la sua brutalità. Quello stato interiore comporta una straordinaria percezione degli effetti del potere.  Avete mai osservato i soldati durante una parata militare? Non sono più esseri umani, sono macchine; sono i vostri figli, sono i miei figli che stanno impettiti sotto il sole. E questo accade dovunque, in America come in Russia. Questa situazione non riguarda soltanto i militari, ma anche tutti gli appartenenti a un ordine monastico, quelli che vivono nei monasteri o che fanno parte di gruppi in cui si concentra un immenso potere. Solo una mente che non appartiene a nulla può scoprire quella solitudine, una solitudine che nessuno potrà mai coltivare.

Capite? Rendervene conto significa mettervi fuori gioco e nessun uomo di governo, nessun presidente vi inviterà mai a pranzo. In quella solitudine affiora l’umiltà. È una solitudine che conosce l’amore, non il potere. L’uomo ambizioso, che sia religioso o no, non saprà mai che cos’è l’amore. Chi si rende conto di tutto questo possiede la capacità di vivere e di agire nella totalità. Questa qualità affiora attraverso la conoscenza di noi stessi.

Per evitare di soffrire coltiviamo il distacco. Qualcuno ci ha detto che l’attaccamento, prima o poi, ci farà soffrire e allora vorremmo essere distaccati. L’attaccamento ci dà soddisfazione, ma quando ci accorgiamo che comporta anche sofferenza, cerchiamo soddisfazione nel tentare di essere distaccati. Ma non c’è differenza tra attaccamento e distacco, perché per noi rimangono entrambi mezzi per procurarci piacere.

In realtà, quello che stiamo cercando è soltanto la nostra soddisfazione e la vogliamo a tutti i costi. Accettiamo la dipendenza e l’attaccamento perché ci danno piacere, sicurezza, potere, un senso di benessere; anche se, inevitabilmente, comportano dolore e paura. E quando cerchiamo il distacco, siamo ancora in cerca di piacere, perché non vogliamo essere offesi o feriti interiormente.

Quello che cerchiamo è il piacere, è la nostra soddisfazione. Dovremmo capire questo processo senza condannarlo, senza giustificarlo, altrimenti non avremo modo di uscire dalla confusione e dalle nostre contraddizioni. Il desiderio che ci assilla in continuazione potrà mai essere soddisfatto? O è un pozzo senza fondo?

Non importa che cosa desideriamo; quello che desideriamo può essere infimo o elevato, ma si tratta pur sempre di desiderio, un fuoco che brucia e riduce in cenere tutto quello che tocca. il desiderio di soddisfazione sempre arde in continuazione, ci brucia dentro è non ha fine. Tanto l’attaccamento quanto il distacco ci legano; entrambi devono essere trascesi…

Non so se vi siete mai sentiti soli: all’improvviso vi rendete conto di non essere in relazione con nessuno. Ve ne rendete conto non intellettualmente, ma effettivamente… Vi sentite completamente isolati; pensiero ed emozione si bloccano; non sapete da che parte voltarvi. Non c’è nessuno a cui possiate rivolgervi, né dei, né angeli. È come se se ne fossero andati tutti quanti oltre le nubi; e quando le nubi scompaiono vi accorgete che anche loro sono scomparsi e voi rimanete totalmente soli.

Ma c’è una solitudine completamente diversa, una solitudine ricolma di bellezza. Questa solitudine vi è necessaria. Quando l’essere umano non ha più nulla a che fare con la struttura sociale, fatta di avidità, ambizione, invidia, arroganza, quando smette di desiderare una posizione e il successo e si libera da tutto questo, allora si ritrova in quella solitudine, completamente diversa dalla solitudine che ben conosciamo. Allora c’è una grande bellezza e il senso di una straordinaria energia.

Sebbene siamo tutti esseri umani, abbiamo costruito delle barriere che ci separano gli uni dagli altri: le barriere del nazionalismo, della razza, della casta, della classe sociale, che ci condannano a vivere nell’isolamento, nella solitudine. Una mente rinchiusa nel suo isolamento, nella sua solitudine, non ha la minima possibilità di capire che cos’è la religione.

Può credere in qualcosa, può aggrapparsi a teorie, formule, concetti, può tentare di identificarsi con quello che essa chiama Dio, ma io ho l’impressione che la religione non abbia, in realtà, nulla a che fare con le fedi, i preti, le chiese e i cosiddetti libri sacri. Si può capire quale sia lo stato di una mente religiosa solo quando cominciamo a comprendere la bellezza. E ci si deve accostare alla comprensione della bellezza con quello stato della mente che è solo, perché non ha confronti.

Quando la mente vive in uno stato nel quale non ha bisogno di nulla, può conoscere la bellezza; nessun altro stato può consentirle di avvicinarla. La solitudine di cui stiamo parlando non è isolamento e non è nemmeno legato ad una capacità eccezionale in qualche campo; essa, semplicemente, implica il sostegno della sensibilità, dell’intelligenza, della comprensione.

Questa solitudine richiede che la mente sia libera da qualsiasi influenza e capace di non farsi contaminare dalla società. Questa solitudine è necessaria per capire che cos’è la religione: religione significa scoprire, per conto proprio, se esiste qualcosa che è immortale, che è al di là del tempo. L’isolamento deve essere completamente superato, se vogliamo scoprire una solitudine che non ha nulla a che fare con l’isolamento.

La solitudine di cui stiamo parlando richiede una mente integra, in cui ci sia armonia fra tutte le sue funzioni. La nostra mente non è così; divide e separa tutto quello che tocca. È questo il suo modo di funzionare e quindi è condannata a vivere nell’isolamento. La solitudine di cui parliamo non separa, non è influenzata dalla frammentarietà, non è il prodotto della frammentarietà. La nostra mente è a pezzi, è piena di frammenti, è stata costruita e ridotta così attraverso i secoli e quindi non può conoscere quella interezza che è completezza.

Solo quando la mente si rende conto dell’isolamento in cui vive, quando scopre la sua frammentarietà, può consentire che l’interezza affiori. Allora può esserci qualcosa che è incommensurabile. Sfortunatamente, la maggior parte di noi si accontenta di dipendere, vuole dipendere. Vogliamo compagnia, vogliamo degli amici e continuiamo a vivere mantenendo uno stato di separazione che inevitabilmente genera conflitto.

Quella solitudine che è interezza non conoscerà mai il conflitto. La mente che vive nell’isolamento non potrà mai conoscere né capire quello stato che è senza conflitto. La maggior parte di noi non conosce quella solitudine che è interezza. Potete andare a fare gli eremiti su una montagna, ma inevitabilmente porterete con voi le vostre idee, le vostre esperienze, le vostre tradizioni, la conoscenza che avete accumulato.

Il monaco cristiano, chiuso in un monastero, non conosce quella solitudine che è interezza. Vive con i suoi concetti teologici, con le sue immagini di idoli, con tutto quello in cui crede, con i dogmi legati al suo particolare condizionamento. E si può dire la stessa cosa per il sannyasin, in India, che si ritira dal mondo e vive in isolamento. La sua solitudine non è interezza, perché anch’egli vive legato ai suoi ricordi.

Sto parlando di una solitudine nella quale la mente è del tutto libera dal passato; in questa libertà c’è innocenza, che è virtù. Forse voi direte: “È troppo chiedere una cosa simile; non si può vivere così in un mondo tanto caotico, dove bisogna andare in ufficio tutti i giorni per guadagnarsi da vivere, per mantenere i propri figli e dove bisogna sopportare le lamentele del marito o della moglie.”

Eppure io credo che quanto stiamo dicendo sia direttamente e strettamente connesso alla vita quotidiana, al nostro agire quotidiano; altrimenti non avrebbe alcun valore. Da quella solitudine, che è interezza interiore, proviene una virtù, che è forza e che porta con sé una straordinaria purezza e gentilezza. Non ha molta importanza se si commettono degli errori; non è questo che conta.

Quello che è importante è avere la sensazione di essere assolutamente soli, intatti, al di là di qualsiasi contaminazione. Solo allora la mente può conoscere, può cogliere quello che è al di là della parola, al di là del nome, al di là di ogni immaginazione. Uno dei fattori che alimentano la sofferenza degli esseri umani è il loro isolamento.

Fatevi pure tutte le amicizie che volete, venerate i vostri dei, accumulate una conoscenza straordinaria, datevi incredibilmente da fare nel campo dell’assistenza sociale, discutete all’infinito di politica – cosa che i politici fanno normalmente – ma non potrete minimamente scalfire quell’isolamento. Nel suo isolamento l’essere umano cerca di dare un significato alla vita o se ne inventa uno, ma la sua solitudine rimane.

Ora, potete osservare questo isolamento per quello che è, senza fare confronti, senza tentare di sfuggirlo, senza tentare di nasconderlo, senza cercare di allontanarvene. Allora vedrete che questa solitudine diventa qualcosa di completamente diverso. Noi non siamo integri. Siamo il prodotto di un’infinità di influenze, di migliaia di condizionamenti, di deformazioni psicologiche; siamo il frutto della propaganda e della cultura.

Noi non siamo integri e quindi siamo esseri di seconda mano. Quella solitudine che è assoluta integrità implica il non appartenere ad una famiglia, per quanto si possa avere una famiglia, il non appartenere ad una nazione, ad una cultura, il non dipendere da un’occupazione particolare. Significa avere la sensazione di essere degli estranei, estranei ad una nazione, ad una famiglia e ai loro modi di pensare e di agire. In questa solitudine che è integrità c’è innocenza, un’innocenza che libera la mente dal dolore.

sabato 25 marzo 2023

Rino Capitanata

Rino Capitanata è musico-terapeuta e produttore, da anni approfondisce la musica come veicolo per la guarigione producendo CD e tenendo seminari con illustri personaggi del mondo della spiritualità.  Sito web https://www.rinocapitanata.com/home/   Intervista con il TG2 https://www.youtube.com/watch?v=7AHqxzznvig&t=86s

Ha composto musica per Brian Weiss, Doreen Virtue, John Gray, Master Choa Kok Sui, Louise Hay, Deepak Chopra, Dr. W. Dyer e tanti altri. Rino Cap spiega che le sue musiche curative accordate a 432 Hz inducono al benessere psicofisico e al rilassamento riducendo notevolmente i livelli di stress. Vengono utilizzate da terapisti a livello internazionale e sono largamente diffuse da alcune compagnie aeree per rilassare i passeggeri durante i voli a lungo raggio.  Consapevolezza e musica. Tutte le cose che vediamo nel mondo fenomenico sono energia che vibra. Il suono e l’amore sono dei fattori essenziali per la guarigione. La musica ha un potere incantatorio sulla parte irrazionale dell’IO. La vita intera è dominata dall’armonia e dal ritmo. Una giusta educazione musicale può garantire la formazione del carattere.  Cita spesso Platone: Il mondo è costituito secondo i principi musicali – La filosofia è l’espressione più alta della musica.  La frequenza a 432 Hz favorisce la meditazione e guarigione profonda, a livello spirituale e a livello DNA. Le vibrazioni risonanti a 432 Hz favoriscono lo stato di rilassamento, uno stato di sonno curativo e di pace interiore. Consiglia di avviare il brano e ascoltarlo prima di andare a dormire, ti accompagnerà nel sonno svolgendo le sue azioni benefiche a livello cellulare e spirituale.   🎶Buon ascolto!🎶.

  • https://www.youtube.com/watch?v=9k9i2P6nwi8    
  • https://www.youtube.com/watch?v=igXloLe4d7E             
  • https://www.youtube.com/watch?v=3TNq1TlMymc

Introduzione allo studio del misticismo orientale e occidentale - Frits Staal

L'idea che la religione e il misticismo non possano essere compresi razionalmente sta alla base dei più recenti approcci accademici.  Lo scopo di questo testo è quello di tentare di studiare razionalmente i fenomeni religiosi ed il misticismo attraverso quattro approcci: 1- dogmatico, 2- filologico e storico, 3- fenomenologico e sociologico, 4- fisiologico e psicologico. 

Un comune pregiudizio è che l'Occidente è razionale e l'Oriente irrazionale. Ma nel mondo della religione è vero l'opposto: l'Oriente è razionale e l'Occidente irrazionale. Tra le grandi religioni dell'umanità, il Cristianesimo privilegia la fede e l'irrazionalismo in una misura che le altre (Islamismo compreso) non hanno mai considerato. Nel medioevo i filosofi cristiani tentarono senza successo di dare una spiegazione razionale agli articoli di fede. Ad esempio, il Manicheismo asseriva che l'uomo arriva alla salvezza unicamente attraverso l'approfondimento spirituale. Privilegiava l'empirismo, la conoscenza esatta e la ragione e non aveva spazio per la fede cieca. Uno dei testi del manicheismo, il Kephalaxion, recita: "l'uomo non dovrebbe credere ciò che non ha visto con i suoi stessi occhi". Agostino, invece, si converti dal Manicheismo al Cristianesimo, e respinse questo razionalismo come peccaminoso orgoglio e lo sostituì con l'umiltà e l'irrazionalismo cristiano. Anche I'islamismo è meno irrazionale del Cristianesimo, ad esempio non considera Cristo un figlio di Dio, ma soltanto un profeta.

La particolarità dei mistici è la loro indipendenza dalle regole e dalle convenzioni che governano le attività della maggior parte degli uomini.  Molti teologi difendono il cristianesimo oltre per il fatto che avvalora l'irrazionale, anche perchè mette in rilievo ciò che è personale, storico e unico e respingono il misticismo, oltre per la sua accentuazione alla razionalità, anche perchè mette in rilievo ciò che è impersonale, eterno e generale.  I mistici tendono a respingere il bisogno irrazionale di fede e dogmatismo. La personalità di Dio è spesso respinta in favore di un assoluto che è onnipervasivo, impersonale. Un Dio che si può dimostrare non è Dio.  Dio essendo creatore non può essere espresso da nessuna categoria di pensiero, Può essere conosciuto solo attraverso le sue rivelazioni ed è un mistero inintelligibile. In un approccio di questo tipo è sottinteso che tutta la conoscenza sia male. Per il cristianesimo ogni sistema è panteistico, monistico, mistico, in quanto il pensatore che si arresta a se stesso è confinato al proprio pensiero.  Questo particolare sviluppo nella religione occidentale ha fatto sì che in Occidente razionalismo e religione sono diventate tendenze opposte e rivali.  In molte dottrine orientali, prevale l'atteggiamento opposto in quanto sottolineano il valore della conoscenza. 

Nella metà degli anni '30 Bergson disse: "si ritiene che le esperienze dei grandi mistici, siano individuali ed eccezionali, e che non possano essere verificate dall'uomo comune".  Il pregiudizio comune è che il misticismo è irrazionale e viene contrapposto alla logica e alla razionalità. Russel nega che vi sia un'opposizione tra l'intuizione rivendicata dai mistici e la ragione: l'istinto e l'intuizione,  conducono inizialmente ai convincimenti che successivamente la ragione conferma o confuta.

Tutti i mistici asseriscono che esiste qualcosa che sta oltre le apparenze e che sfugge all'esperienza in circostanze normali. Dicono che la realtà è una, indifferenziata e atemporale e ciò non rientra nell'irrazionale anche se è inintelligibile. Illogica e irrazionale sarebbe dire che la realtà è nel medesimo tempo una e molte, o temporanea ed eterna. Il  misticismo e la maggior parte delle scienze accettano la suddivisione tra realtà ed apparenza.  Mentre l'oggetto delle dottrine mistiche è la realtà oggettiva, le esperienze mistiche hanno una qualità soggettiva e  rientrano tra gli "stati alterati di coscienza". Il confine tra realtà e sogno è molto sottile; come esempio si cita spesso la storia dell'uomo che sognò di essere una farfalla, e si chiese se in effetti non fosse una farfalla la quale sognava di essere un uomo. 

(Pag. 76) Raimond Panikkar asserisce che la vera religiosità non deve essere confinata alla propria stessa fede. In termini cristiani, dice Panikkar, esistono solo due possibilità a questo problema: o escludiamo dall'induismo in maniera radicale qualsiasi azione di Cristo; oppure incorporiamo l'induismo nell'economia universale della salvezza di Dio, attraverso Cristo, di cui il cristianesimo è l'espressione suprema. In questo modo però sembrerebbe che non ci sia nessuna intenzione di apertura alla comprensione di altre fedi.

L'ascenzione in cielo è un motivo pressochè universale nelle varie religioni e nel percorso dei mistici. Gli stati di concentrazione che permettono allo yogi di ascendere a stati successivi, la scala di Giacobbe e il viaggio notturno di Maometto che viene interpretata come un'ascenzione mistica.

I testi indiani e buddhisti parlano di ipnotismo e di fenomeni ad esso legati, e descrivono la capacità di leggere la mente di altri. Poteri analoghi sono attribuiti anche a santi cristiani.  Vari testi indiani e buddhisti parlano anche della capacità di penetrare in un altro corpo e controllarlo. Nel testo gli Yoga sutra di Patanjali al verso 3.38 si legge "La mente può penetrare nel corpo altrui al rilassarsi della causa del legame e a causa della conoscenza dei varchi". Nel Mahabharata si racconta l'episodio di Bhargava Vipula che doveva proteggere la moglie del suo guru. Quando Indra si presentò alla moglie, quest'ultima fu immediatamente soggiocata dal suo fascino. Allora il virtuoso allievo "frenò i sensi di lei con i vincoli dello yoga" e mediante il potere dello yoga, la sua mente usci dal suo corpo e penetrò in quello della donna e riusci così a respingere Indra.  Il grande filologo tedesco del diciannovesimo secolo  Hermann Oldenburg disse: "Lo yoga è un inestricabile miscuglio di filosofia e magia". Il bizzarro problema che la Gita presenta a uno spirito monoteistico occidentale è la giustapposizione tra elementi cosiddetti teistici ed elementi cosiddetti panteistici. (Pag. 93).

  • Colui che osserva le regole dell'etica è chiamato monaco (bhiksu),
  • Colui che comtempla il vuoto (sunyata) è chiamato estatico (dhyayin),
  • Colui che è alacre, vigoroso, ed energico è detto che è un vero yogin.  - Versi attribuiti a Nagarjuna

La vita del Buddha sembra che sia stata particolarmente attiva, sia dal lato mentale che da quello fisico (si racconta che abbia attraversato il Gange all'età di 79 anni, mentre i suoi discepoli cercarono barconi e zattere per  essere traghettati).

La distinzione tra yoga e passività risulta quanto mai chiara nel regno degli dei. Shiva, lo yogin divino, è anche il creatore e non è davvero dedito ad una vita inattiva.

(Pag. 149) E' tuttavia improbabile riuscire ad apprendere la meditazione senza ciò che la maggior parte dei mistici tradizionali considera essenziale: la guida di un maestro competente, un guru. La necessità di avere un maestro qualificato è sottolineato in quasi tutte le tradizioni di misticismo. Un buon maestro porterà l'accento sulla pratica, un cattivo maestro proporrà delle teorie. Sankara asseriva che per trovare un vero guru si deve ricorrere alla propria intelligenza e al proprio giudizio. Il guru e Shiva sono rappresentati che guardano verso Sud, giacchè le dottrine tradizionali vengono dal Nord.

Gli hindù credono che vi sia un sè (atmavada); i buddhisti, dal canto loro, che non vi sia un sè (anatmavada). Non è possibile essere nello stesso tempo, senza disagio, hindù e buddhista. Ma lo yoga che non si occupa del sè, viene praticato da ambedue e con risultati diversi (pag. 161).  La concentrazione buddhista sul vuoto non è la stessa cosa che il nichilismo, la visione filosofica che "nulla esiste".  La natura della vacuità non è pura speculazione filosofica ma la si comprende nella e attraverso la meditazione. Mentre il bodhisatva Avalokitesvara stava praticando la profonda meditazione avvertì l'esistenza dei cinque skandha e si accorse che nella loro natura erano vuoti. " O Sariputra, qui la forma è vuoto, e il vuoto è forma; la forma non è altro che vuoto, e il vuoto non è altro che forma; ciò che è vuoto è forma e ciò che è forma è vuoto. Lo stesso si può dire della sensazione, del pensiero, della volizione e della coscienza" (pag. 164).    

Sebbene Huxley sia stato il primo tra gli autori contemporanei a discutere la relazione tra misticismo e droghe, è ormai sempre più evidente che l'uso religioso delle droghe  è antico e molto diffuso. Patanjali nel libro gli Yoga sutra, nel cap 4.1 quando parla di poteri particolari (siddhi)  che acquisiscono gli yogi, ne spiega le possibili cause che sono; la nascita, droghe o erbe, mantra, ascetismo e concentrazione. Del resto lo stesso Shiva, il dio dello yoga, l'asceta divino, viene raffigurato anche con i fiori della pianta allucinogena datura nei capelli. Nell'Islam, certi mistici, probabilmente influenzati dall'induismo, nel tredicesimo secolo iniziarono ad assumere hashish, caffè, e oppio come stimolanti. I buddhisti non incoraggiarono la tendenza ad ottenere questi poteri miracolosi per timore che distraessero dalla ricerca del nirvana; li descrivono però minuziosamente e sono chiamati abhijna o rddhi e le loro origini sono quella citate da Patanjali. Il Buddha non proibì l'acquisizione di questi poteri, ma la loro esibizione ai laici (Eliade 1954).  I poteri miracolosi non sono una prerogativa dell'Oriente, infatti anche nel Cristianesimo e nell'Islamismo. dopo la morte di Maometto, si assistette ad una vera proliferazione di leggende e di miracoli.  Nessun studioso ha comunque associato l'esperienza di tipo nirvana con l'assunzione di droghe (pag. 172). Che esista o no una connessione tra le esperienze mistiche e quelle indotte dalla droga, è chiaro che le droghe hanno poco a che fare con la religione come istituzione sociale o come credenza negli dei o in Dio. Nei Veda ci sono vari riferimenti a droghe o allucinogeni come ad esempio il soma e il visam (Rig Veda 10.136). I lunghi capelli dei saggi del Rig Veda simboleggiano la loro indipendenza dalla cultura vedica di organizzazione del villaggio. I tratti ascetici di Shiva, con i capelli lunghi sono ben noti, Nella sua manifestazione come re della danza (nataraja), i lunghi e fluenti capelli di Shiva diventano l'origine dei fiumi dell'India.  Quando Shiva viene raffigurato come un asceta vagabondo, i capello intrecciati sono adornati con gli stessi oggetti che troviamo in Shiva natarja: un teschio, un cobra, una luna crescente, e i boccioli della pianta allucinogena del datura. Gli asceti, in contrasto con la religione vedica, sviluppavano pratiche peculiari di yoga e tantra che aiutavano loro ad ottenere poteri magici e miracolosi.  Questi yogin sembrano aver considerato l'isolamento dalla vita sociale come il fulcro della vera vita spirituale.

E' possibile arrivare al nirvana anche tramite la bhakti (la devozione) che offriva una semplice e comune alternativa al rituale o all'ascetismo. L'uomo è libero di influenzare le forze del karman, ad esempio eseguendo le austere attività del tapas (disciplina di autocontrollo) e quindi dire che il fatalismo sia una caratteristica del pensiero orientale è un vero pregiudizio. Le Upanishad sottolineano l'importanza del sapere e della conoscenza, e il rituale viene poco a poco abbandonato a favore della pratica della meditazione che cominciò a prendere un posto importante nell'addestramento del mistico.

In queste pratiche meditative la civiltà indian ha dato nel complesso, maggiore importanza all'orecchio e alla ripetizione dei mantra (suoni), mentre la civiltà occidentale ha invece privilegiato l'occhio, la concentrazione visiva sugli yantra (simboli).  Nella filosofia indiana si distingue a volte tra concentrazione diretta sull'assoluto e concentrazione indiretta su un simbolo. A volte, come nello zen e nel buddhismo Mahayana c'è una combinazione tra meditazione e rituale.   Per riassumere le cause che possono portare ad esperienze mistiche sono: nascita, meditazione, ascetismo, droga, mantra, yantra, strumenti speciali come il kasina (sono ausili visivi per la contemplazione), rituali, devozione ad una divinità.  Lo studio del misticismo è almeno in parte lo studio di certi aspetti specifici della mente, e per studiare questi aspetti della mente, occorre una combinazione di ragione e di mente aperta.

venerdì 24 marzo 2023

I relatori e gli interventi al MyLife Festival

Il MyLife Festival on line è iniziato il 6 marzo 2023 ed è durato 5 giorni. Ha riunito grandi esperti di Mindfulness e Crescita personale che hanno condiviso le loro conoscenze e ricerche, e hanno dato suggerimenti per imparare a raggiungere una maggiore consapevolezza e pace interiore. Vedi sito: https://www.mylifefestival.it/   


Ho riportato i relatori che ho ascoltato e che sono in sintonia con la mia ricerca:

-------   Il Dalai Lama è considerato la manifestazione del bodhisattva della Compassione e patrono del Tibet. I bodhisattva sono esseri realizzati che, mossi dal desiderio di raggiungere l'illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri senzienti, hanno fatto il voto di rinascere nel mondo per aiutare l’umanità. È il supremo rappresentante del buddismo nella cultura tibetana. È una figura molto influente e nota a livello internazionale, ha ricevuto il premio Nobel per la pace.   Il Dalai Lama, nel suo intervento, sottolinea che con sforzi costanti si può arrivare a cambiare. Spesso ironizza su questo punto, dicendo che spesso gli occidentali gli chiedono suggerimenti per un  metodo veloce, facile, effettivo e anche economico. La sopravvivenza dipende dalla comunità, e anche l’uomo più potente, rimane solo un individuo e non potrà sopravvivere.  Tutte le religioni, indistintamente,  ci insegnano l’amore. Buddha ci presenta i diversi metodi per arrivare alla pace interiore e siamo noi che dobbiamo sceglierne uno.

--------- Jon Kabat-Zinn è professore emerito di medicina presso la University of Massachusetts Medical School, dove nel 1979 ha fondato la Clinica per la Riduzione dello Stress Basata sulla Consapevolezza (MBSR), nota in tutto il mondo. I programmi MBSR si sono oramai diffusi a livello internazionale in ospedali, cliniche, scuole e altre istituzioni. Jon ha anche fondato il Center for Mindfulness in Medicine, Health Care, and Society nel 1995. È autore di 14 libri tradotti in oltre quaranta lingue.
Jon Kabat-Zinn nel suo intervento - Mindfulness e consapevolezza - sottolinea che noi esseri umani facciamo tutto per uno scopo, dunque siamo orientati al progresso come persone, vogliamo investire il nostro tempo e la nostra energia in qualcosa. Vogliamo che il nostro tempo e la nostra energia siano ben spesi. La mindfulness capovolge tutto questo, non ci spinge ad andare altrove, anche se il nostro intuito ci dice che c’è un altro modo per vivere. Questo significa abbracciare ciò che siamo ora  e capire che ci sono più dimensioni in  ciò che viviamo. Come dicono i buddhisti noi siamo la natura di Buddha, abbiamo in noi tutte le qualità positive, l’unica difficoltà è renderci conto di questo. 

 --------- Thich Nhat Hanh  (nel suo intervento registrato, è morto inizio 2022) parla del dono della presenza. Fa l'esempio del ricco industriale che chiede al figlio quale regalo voleva per il suo compleanno, e il bambino risponde di essere con lui. L’amore è presenza, è esserci.
Nel secondo intervento ha parlato della consapevolezza che dovrebbe pervadere tutta la nostra quotidianità, anche nel bere un bicchiere d’acqua, dell’importanza del Sangha (la comunità di praticanti). Consapevolezza e concentrazione, che portano ad una visione profonda, sono i componenti presentei in ognuno di noi.  Fa l'esempio della consapevolezza con cui il primo uomo ha messo il piede sulla luna.  La Terra è il regno di Dio, si dovrebbere avere la stessa consapevolezza quando si cammina sulla terra. Basterebbero consapevolezza e concentrazione per essere felici ad ogni passo che si fa sulla terra.  Le persone nel Sangha sono importanti perché possono aiutare, con la loro esperienza, a generare consapevolezza e concentrazione.
Non bisogna annaffiare i semi della rabbia, disperazione, paura, gelosia ma bisogna annaffiare e coltivare i semi buoni come benevolenza e altruismo. La Tv aiuta a far crescere i semi cattivi. Ogni persona dovrebbe  impegnarsi a non annaffiare i semi cattivi in se stessa e negli altri.
Quando il seme negativo si è manifestato, occorre aiutare l’altro, il positivo a manifestarsi. Non bisogna diventarne vittima, invitandoci a fare qualcosa di buono. Dovresti aiutare la persona amata a fare lo stesso; dobbiamo aiutarci gli uni con gli altri. Bisogna fare qualcosa per aiutare i semi buoni a manifestarsi.  Abbiamo la capacità di amare, aiutare gli altri, abbiamo dentro di noi pace, compassione e gioia.  Dobbiamo diventare bravi giardinieri e aiutare gli altri a far sorgere i buoni semi. Al Plum village, questa pratica viene chiamata "Pratica dell’irrigazione selettiva". La pratica può produrre risultati positivi molto rapidamente.  Quando il seme positivo si è manifestato dobbiamo cercare di far rimanere il seme in superficie. Dobbiamo fare giardinaggio nella mente, energizzare la mente e liberarla dalle afflizioni. Respiriamo insieme con gioia, questa è la pratica giusta.

----- Eckhart Tolle è l’autore del Best seller “Il Potere di Adesso” che è stato tradotto in oltre 50 lingue. Di origine tedesca, si è formato all'Università di Londra a Cambridge. All’età di 29 anni, un profondo cambiamento interiore ha trasformato il suo percorso di vita. Negli anni successivi ha approfondito la comprensione di quella trasformazione, che ha segnato l’inizio del suo viaggio interiore. I suoi libri sono Best seller del New York Times e sono considerati i libri spirituali più influenti del nostro tempo.
Nel suo intervento, suggerisce di portate l’attenzione sul presente, invece che sui pensieri. Occorre portare l’attenzione sui sensi e sulle percezioni.  Invece siamo sempre assorbiti dai pensieri e siamo totalmente identificati con i pensieri che ci vengono in mente. I pensieri negativi sono più presenti dei positivi e possono essere come un virus, prendere il controllo su tutto, una vera infezione. C’è un aspetto trascendente in noi che ci invita a riconoscere la bellezza ovunque si manifesti. Un fiore nel mio giardino, una farfalla che si posa su un fiore, un foglia che danza nel vento, un tramonto, ecc.   La consapevolezza della presenza può manifestarsi in ogni momento. Mettere un'etichetta su ogni cosa è la risultanza della mente egoica.

----- Deva Premal & Mitel sono due dei migliori interpreti di musica devozionale orientale. Nel loro intervento "Making every moment sacred thanks to the power of Mantras " spiegano il potere dei mantra. Il mantra è connesso a forze ed entità ed è un ponte verso noi stessi. Un suono, le cui vibrazioni hanno un grande potere rigenerante. Quando siamo connessi, siamo felici. I mantra sono scritti in sanscrito che è un un linguaggio molto potente.  Il mantra Chanti è un canto ed un invito ad una pace universale.  Invitano a cantare 108 volte il mantra "om chanti om"  e il "gayatri mantra". Raccontano che quando si svegliano fanno vibrare tutto il loro corpo muovendosi, e scuotendolo dalla testa all'area pelvica.     Vedi: https://www.youtube.com/results?search_query=Deva+Premal+%26+Mitel

------- Rino Capitanata è musico-terapeuta e produttore, da anni approfondisce la musica come veicolo per la guarigione producendo CD e tenendo seminari con illustri personaggi del mondo della spiritualità. Ha composto musica per Brian Weiss, Doreen Virtue, John Gray, Master Choa Kok Sui, Louise Hay, Deepak Chopra, Dr. W. Dyer e tanti altri. Nel suo intervento "Guarigione Profonda del Corpo e dello Spirito" spiega che le sue musiche curative accordate a 432 Hz inducono al benessere psicofisico e al rilassamento riducendo notevolmente i livelli di stress. Vengono utilizzate da terapisti a livello internazionale e sono largamente diffuse da alcune compagnie aeree per rilassare i passeggeri durante i voli a lungo raggio. Tutte le cose che vediamo nel mondo fenomenico sono energia che vibra. Il suono e l’amore sono dei fattori essenziali per la guarigione. La musica ha un potere incantatorio sulla parte irrazionale dell’Io. La vita intera è dominata dall’armonia e dal ritmo. Una giusta educazione musicale può garantire la formazione del carattere.  Cita spesso Platone: "Il mondo è costituito secondo i principi musicali – La filosofia è l’espressione più alta della musica".  La frequenza a 432 Hz favorisce la meditazione e la guarigione profonda, a livello spirituale e a livello DNA. Le vibrazioni risonanti a 432 Hz favoriscono lo stato di rilassamento, uno stato di sonno curativo e di pace interiore. Consiglia di avviare il brano e ascoltarlo prima di andare a dormire, ti accompagnerà nel sonno svolgendo le sue azioni benefiche a livello cellulare e spirituale.   Vedi: https://www.youtube.com/watch?v=9k9i2P6nwi8    https://www.youtube.com/watch?v=igXloLe4d7E             https://www.youtube.com/watch?v=3TNq1TlMymc 🎶Buon ascolto!🎶

----Alberto Villoldo sposato con Marcela Lobos (una sciamana del Cile) è psicologo e medico antropologo, specializzato nelle pratiche di guarigione delle popolazioni amazzoniche e andine. Dirige un centro di ricerche sulle potenzialità di autoguarigione attraverso l’utilizzo della mente e le tecniche delle neuroscienze. Villoldo è a capo della Four Winds Society, per la quale conduce corsi di formazione rivolti ad allievi residenti negli Stati Uniti d'America e in Europa, incentrati sulla pratica della medicina energetica e sul recupero dell'anima ed è autore di diversi libri.  Alberto Villoldo e Marcela Lobos hanno presentato il potere della cerimonia sciamanica. Marcela Lobos è stata iniziata alle tradizioni curative dell'Amazzonia e delle Ande. È nata e cresciuta in Cile dove ha lavorato con sciamani che appartengono ad una società matriarcale che detiene la saggezza del femminile e la passione della Madre Terra. Marcela si dedica ad aiutare le donne realizzando "riti di passaggio" che consentono loro di trovare il loro potere, grazia e saggezza. Fa parte della facoltà della Four Winds Society.

------- Louise L. Hay  è autrice di best seller a livello internazionale, tra cui “Puoi guarire la tua vita”, pubblicato per la prima volta nel 1984 e oggi considerato uno dei testi fondamentali del pensiero positivo. Per oltre venticinque anni, ha aiutato le persone a scoprire e potenziare le proprie risorse per favorire la crescita personale. Louise ha migliorato la vita di milioni di individui grazie ai suoi insegnamenti che si fondano sulla scoperta e il rafforzamento del potenziale in ognuno di noi. Ha fondato e diretto la casa editrice Hay House, punto di riferimento per i principali autori di self help mondiali. Nel suo intervento "Ama te stesso guardandoti in uno specchio"  ribadisce che amare se stessi è avere un grande rispetto per ogni cosa che riguarda se stessi, dentro e fuori. Self love è anche self respect. Quando non vi accettate c'è il rischio di criticarvi senza sosta. Giudicare se stessi non è naturale. Self Love è naturale, è innato nei bambini.   I love and approve of myself.

------- Wayne W. Dyer  è un autore di fama internazionale e speaker in materia di crescita personale. È autore di 30 libri, ha creato molti programmi audio e video ed è apparso su migliaia di programmi televisivi e radiofonici. Dyer ha un dottorato in counseling educativo presso la Wayne State University ed è stato professore associato presso il St. John's University di New York. Viene affettuosamente chiamato il "padre della motivazione" dai suoi fan. Nel suo intervento "Aspirare all'amore incondizionato " racconta di come, malato di leucemia, è stata curata a distanza. La prima cosa importante per guarire da una malattia è togliere la paura da dentro di noi. Spiega che esistono tre tipi di amore: amore verso un altro, amore per i figli, amore incondizionato.
La paura nasce dai pensieri, e poi, inevitabilmente, ci identifichiamo con i pensieri. Fa l'esempio del grande mistico indiano Ramana Maharshi, quando i discepoli gli chiedevano: "Come facciamo a capire se siamo sulla via del progresso spirituale?", e lui rispondeva: "Dall’assenza di pensieri".

---- Deepak Chopra è medico endocrinologo di origini indiane che si è formato e pratica negli Stati Uniti. La sua metodologia unisce le più avanzate scoperte scientifiche nel campo della fisica quantistica e della Psico-Neuro-Immunologia con le millenarie tecniche e conoscenze della medicina Ayurvedica indiana. È conosciuto in tutto il Mondo per aver proposto un nuovo paradigma che ha rivoluzionato la saggezza comune nel campo della connessione tra mente, corpo, spirito e salute. Nel suo intervento | "Viaggio senza distanza" spiega che il tempo è il movimento dei pensieri.

----- Gregg Braden è autore best seller del New York Times, ricercatore, educatore, docente di successo e noto a livello internazionale come un pioniere che unisce scienza moderna, spiritualità e potenziale umano. La sua ricerca è confluita in 12 libri pluripremiati ora pubblicati in oltre 40 lingue, tra cui “Human Matrix”. Nel 2020 Braden è stato candidato al prestigioso Templeton Award, istituito per onorare “individui eccezionali che hanno dedicato il loro talento a espandere la nostra visione dello scopo umano e della realtà ultima.”  Nel suo intervento spiega la modalità di rallentare nel quotidiano:
1- chiudere gli occhi, spostare la consapevolezza dall’esterno all’interno, passare dalla mente che pensa al cuore che sente, toccando il cuore, il contatto fisico facilita la consapevolezza, 2 - Inspirare, contando fino a quattro, espirare contando fino a sei, creare una sensazione di gratitudine nel cuore, il respiro è un linguaggio (quando rallentiamo la respirazione mandiamo al cuore il messaggio che il corpo è al sicuro,  quindi si produce ringiovanimento e rafforzamento del sistema immunitario) 3- creare una sensazione nel cuore, sensazione di gratitudine, riconoscere cose positive (respiro e mente concentrati sul cuore).

----- Brian Weiss è psichiatra e psicoterapeuta, autore di best seller, i suoi libri hanno venduto oltre 100 milioni di copie. È considerato il massimo esperto al mondo in regressioni alle vite passate e ipnosi regressiva. Brian Weiss condivide la validità della terapia regressiva per alleviare disagi fisici ed emozionali. Il dr. Weiss è costantemente ospite delle principali trasmissioni e show internazionali, tra cui Oprah Winfrey. Ha condotto per molti anni i suoi corsi in sala in tutto il mondo e anche in Italia.
Nel suo intervento "Consapevolezza e Regressione alle Vite Passate" spiega come si è avvicinato a questa tecnica.  Una sua paziente depressa, con varie fobie, non riusciva a ritrovare un minimo di tranquillità.  Il dr. Weiss provò a curarla con l'ipnosi e a farle  rivivere il passato.  Avvenne una specie di catarsi, settimana dopo settimana ricordava il tempo passato e tutti i nodi emotivi accumulati si scioglievano mano a mano e le sue fobie, una dopo l'altra sparivano.  Sulla base di questa esperienza ha creato la "Past life teraphy"  una tecnica di visualizzazione per rigenerare il corpo ed energie.

 ----- Robert Thurman è professore di studi buddisti indo-tibetani presso il dipartimento di religione della Columbia University. È presidente di Tibet House US, un'organizzazione senza scopo di lucro dedicata alla conservazione e alla promozione della civiltà tibetana e presidente dell'American Institute of Buddhist Studies. Il New York Times lo ha definito "il principale esperto americano di buddismo tibetano".  Nel suo intervento "In viaggio attraverso i Bardos (cerimonia tibetana)" spiega questa cerimonia alla quale ha assistito come testimone.   

----- Neale Donald Walsch è un messaggero spirituale dei nostri giorni le cui parole continuano a toccare il mondo in maniera molto profonda. La sua trilogia dedicata alle sue conversazioni con Dio è stata tradotta in oltre ventisette lingue e ha venduto oltre sette milioni di copie in tutto il mondo. Neale Donald Walsch vive in Oregon, dove da diversi anni conduce una popolarissima trasmissione radiofonica. Con la moglie Nancy ha fondato ReCreation, un'organizzazione non-profit il cui scopo è diffondere il messaggio di pace e serenità contenuto nei suoi scritti. Nel suo intervento "Conversazioni con Dio" racconta che dopo un incidente perde lavoro, casa ed è costretto a vivere per strada a vivere come un barbone. Dopo due anni ritrova lavoro, casa e si ritrova nell’assurdità della vita. Una notte alle quattro di mattina, comincia a scrivere una lettera a Dio, chiedendo se c’era un senso alla vita. Ebbe una sensazione che qualcuno gli rispondeva, una presenza gli chiese se voleva veramente delle risposte, allora cominciò a trascrivere le indicazioni che gli veniva dettate da questa presenza. Anche se un po’ terrorizzato da questa presenza continuò a trascrivere coscientemente fino al mattino. Alle quattro del mattino seguente gli arrivò un messaggio, continua a scrivere…  e così per diverse notti e il risultato è stato pubblicato attraverso i suoi libri.
Parla anche dell'amicizia che è strettamente legata alla tolleranza, se tu tollererai me e io tollererò te l’amicizia reggerà; in una sola parola Amicizia è tolleranza. Bisogna accettare anche cose di se stessi che non ci piacciono, cominciando a tollerare se stessi, si possono tollerare anche gli altri. Amicizia è comunque anche lealtà e gentilezza verso l'altro.

giovedì 23 marzo 2023

History of yoga - Film

Il film La storia dello yoga è un viaggio di 6000 anni; dalle origini dello yoga, fino ad arrivare ai nostri giorni. La storia esplora gli elementi dello yoga nella civiltà di Harappa, nei Veda, nel giainismo, nel buddismo, nel sufismo, nelle pratiche hatha yoga del Medioevo e in altre dottrine periferiche. Il film si conclude nel XIX secolo, quando la scienza moderna riconosce il potenziale dello yoga sotto una nuova luce.   Vedi:  https://www.youtube.com/watch?v=JoRwXMLsVis 

Contenuto del video: 00:00 Perché la nostra mente rimane impigliata nel mondo esterno? 01:09 Che cos'è lo yoga? 01:47 Quali sono i benefici della pratica dello yoga? 02:38 La storia dello yoga è legata alla storia della religione e della fede? 03:17 La storia dello yoga è legata alla storia dell'India? 04:00 Chi era il saggio Patanjali? 04:39 Il saggio Patanjali visse al tempo dell'invasione greca a Chittor? 05:21 Come Patanjali compilò gli Yoga Sutra? 06:05 Lo Yoga è il processo di concentrazione sulla coscienza Chitta? Gli antichi indiani acquisirono la conoscenza attraverso lo Yoga? 07:05 Lo Yoga elimina la sofferenza? Chi può raggiungere il samadhi? 07:57 Quali sono gli 8 arti dello Yoga? 08:50 La teoria dello Yoga è di natura atea? 09:24 Cos'è l'asana e cos'è il Pranayama? 10:09 Quando inizia il viaggio interiore dello Yoga? 10:52 Che cos'è il samadhi? 12:10 Il sigillo di Harappa è legato a Pashupati e al Rigveda? 14:36 La società di Harappa era matriarcale? 16:18 Che rapporto c'è tra la filosofia Sankhya e lo Yoga? 17:50 Cosa sono Sattva, Tamas e Raja? 18:31 Vikriti è la trasformazione di Prakriti? 19:06 Samkhya e Yoga erano parte integrante della civiltà di Harappa? 20:03 I principi della democrazia hanno avuto origine dallo Yoga? 20:59 Gli Harappan erano persone che amavano la pace? 21:32 La pulizia delle città di Harappa derivava dal principio dello Yoga? 22:55 Le impronte dello yoga nella civiltà di Harappa 24:10 Quanti anni ha il Rigveda? 25:01 Il Rigveda fu iniziato dagli abitanti di Harappa? 25:39 Lo Yoga è un mezzo per collegare la mente alla Natura? 27:05 Brahman si realizza attraverso la meditazione? 28:40 Che rapporto c'è tra il Gayatri Mantra e lo Yoga? 29:31 Veda e Yoga 30:31 Come appare il termine Yoga nelle Upanishad? 31:49 Lo Yoga è stato il principio guida del viaggio di illuminazione di Gautama Buddha? 34:55 Gautama Buddha, Vipassana e Buddismo 36:37 L'imperatore Ashoka, il Buddismo e la non violenza 38:09 Giainismo, Buddismo e Yoga. 39:16 Il primo Tirthankar giainista Rishabhdev e lo Yoga 40:23 Molti Tirthankar giainisti sono raffigurati in Tadasana o Sukhasana. 40:52 Che cos'è il Mahavrata secondo Patanjali? I Tirthankar Jain praticano il Mahavrata? 41:52 Perché Mahaveer è chiamato eroe in India? 42:23 Mahabharata, Bhagvad Gita e Yoga. Lo yoga è essenziale per vincere una guerra? 43:37 La Bhagvad Gita insegna anche lo Yoga? 44:57 Esiste un commento allo Yoga Sutra di Patanjali 45:30 Lo Yoga fa parte della filosofia buddista? 46:00 Chi era Nagarjuna? 46:33 Gli Yogi sono riusciti a migliorare la loro longevità? 47:13 Quanti tipi di meditazione esistono nel Buddismo? 49:50 Vigyan Bhairav, 112 modi di meditazione 51:04 Tantra e Yoga 51:40 Cos'è il Tantra? 53:07 Gli artigiani dell'antica India meditavano prima di creare una scultura? 53:49 In che modo lo Yoga e la Meditazione portano la divinità nel corpo umano? 55:12 Le Grotte di Elephanta sono state create da uno scultore yogi? 57:00 Il Signore Shiva nelle Grotte di Elephanta 57:51 Perché è importante capire la Kundalini per capire lo Yoga? 59:05 Come si muove la Kundalini verso l'alto? 1:00:37 Cosa succede quando la Kundalini raggiunge la cima e tutti i Chakra vengono aperti? 1:01:45 Il concetto di Chakra è stato creato dall'Ayurveda? 1:02:29 I suoni che hanno creato l'Universo sono presenti nella nostra coscienza? 1:03:23 Cosa sono i templi Yogini? Come sono collegati ai Chakra del corpo umano? 1:04:03 I templi Yogini sono stati distrutti dagli invasori nel Medioevo? 1:04:49 Le donne erano il centro dello yoga ai tempi degli Harappan? 1:05:50 Il Signore Shiva, lo Yoga e Bharat. 1:07:21 I templi di Khajuraho e lo yoga 1:09:14 Come un linguaggio in codice usato nelle sculture del tempio di Khajuraho spiega la conoscenza dello yoga e del tantra. 1:10:06 Chi erano Matsyendranath e Gorakhnath e come sono collegati allo Hatha Yoga? 1:13:35 Chi ha scritto l'Hatha Yoga Pradipika? 1:14:09 L'Hatha Yoga è una tecnica per curare le malattie 1:15:17 Lo Yogi Gorakhnath consumava Cannabis per mantenere il corpo giovane? Cos'è il Gorakh Dhanda? 1:15:47 I 4 pilastri dello Yoga: Asana, Pranayama, Mudra e Naadanusandhan 1:16:26 Cosa indica l'idolo reclinato del Signore Vishnu nel tempio di Ranganatha? 1:16:59 Da dove nasce il Movimento Bhakti? 1:17:44 Sant Kabir fu ispirato dal Movimento Bhakti e dallo Yoga? 1:18:44 Da chi prese il nome Mirabai? 1:19:38 I Sufi praticavano lo Yoga? 1:21:42 Chi sono i Baul? 1:22:58 La distruzione dello Yoga da parte degli invasori 1:23:28 Monaci buddisti e meditazione 1:24:40 Scritti sullo Yoga 1:25:40 Maharaja Maan Singh di Jodhpur e lo Hatha Yoga 1:26:45 La storia di Rama Krishna Paramhans 1:29:37 Il viaggio dello yoga.

Direttori: Dr Deepika Kothari & Ramji OM,    Produzione : Vishuddhi Films Narrazione : Kabir Bedi Montaggio : Santosh Rout #Storia delloYoga #Yoga #Meditazione #Patanjali #AnticaIndia

sabato 18 marzo 2023

La non dualità. Dal sito di Mauro Bergonzi

Dal sito di Mauro Bergonzi  Il Sorriso dell'Essere:    https://sites.google.com/site/ilsorrisodellessere/home?authuser=0

https://sites.google.com/site/ilsorrisodellessere/satsang                                        - Dialoghi

La parola ‘Non dualità’ indica il semplice fatto che nella realtà ci sono infinite differenze, ma nessuna vera separazione.  La realtà, Ciò che tu veramente sei, non è qualcosa che la mente possa comprendere col pensiero. Ma appena ti fermi un attimo (e questo può accadere in qualsiasi momento), ecco di nuovo chiara ed evidente la Presenza silenziosa che è sempre qui, sempre adesso, a mostrarti il fatto inaudito e meraviglioso che ci sei e sei cosciente. Se proprio vogliamo trovare un ‘senso’ alla nostra apparentemente effimera esistenza, è proprio questo: la meraviglia di scoprire che siamo l'eterna Presenza che non smette mai di danzare. Ma anche se non lo scopriamo, siamo sempre e comunque la Presenza.       Tutto questo non è altro che il sorriso dell'Essere.  

 - Se cerchi la completezza di una pace incorruttibile, di una felicità che non dipenda dal piacere, dove sentirti finalmente a casa, allora quello che cerchi è già qui, adesso.
- Se cerchi Dio, dato che è Onnipresente, potrebbe non essere già qui, adesso?
- Se cerchi la vera Realtà, dato che è Tutto, potrebbe non essere già qui, adesso?
- Se cerchi il tuo vero Sé, dato che tu sei presente, potrebbe non essere già qui, adesso?
- Qualsiasi parola usi per indicare 'Ciò che è', puoi non vederlo, puoi non sapere che cosa sia, ma di sicuro dev'essere qui, adesso.     

Quindi non c'è alcun bisogno di fare qualcosa, percorrere una via o praticare un metodo per raggiungerlo.

Vi riporto alcuni testi presi dal sito:

La non dualità.  Il dischiudersi di una prospettiva radicalmente non dualista non è dipeso da una scelta deliberata, ma è 'accaduto' nella mia diretta esperienza della realtà. Qualcosa si era innescato nel lontano 1981, in occasione di uno sconvolgente incontro con Nisargadatta Maharaj: fu come un’esplosione, che è continuata sotterraneamente per tanti anni, agendo per vie misteriose. Pian piano, in modo estremamente ordinario e gentile, è come se tutti gli schermi mentali che avevo davanti agli occhi si fossero sempre più assottigliati, cadendo uno dopo l’altro, finché è rimasta soltanto una specie di ‘chiarezza’ che permea la mia vita quotidiana.  La fine di un miraggio. Con la scomparsa della ricerca spirituale e del ‘cercatore’, l’agio e la chiarezza che hanno spontaneamente permeato la mia vita ordinaria sono state meglio riconosciute alla luce di ciò che hanno detto Jiddu Krishnamurti, Ramana Maharshi, Tony Parsons ed altri autori sulla stessa lunghezza d’onda   Tutto ciò ha reso la mia comunicazione non dualista alquanto 'destabilizzante', soprattutto per chi segue un percorso di ricerca spirituale che si basi su una pratica orientata verso una meta futura.   ‘Non dualismo’ è anch’esso una parola, come tale inadeguata ad esprimere Ciò che è. Nell’imperfetto modo in cui è possibile descriverlo, ‘non dualismo’ vuol dire che non ci sono reali separazioni nella realtà (infinite differenze si, ma nessuna vera separazione). ‘Non dualismo’ non è ‘monismo’ (che afferma l’uno escludendo il due). Il non dualismo non esclude mai niente, assolutamente niente, tanto meno le nostre preoccupazioni quotidiane. E’ pace profonda che appare come conflitto e inquietudine, è uno che appare come molti, è nulla che appare come tutto, è essere che appare come divenire, è coscienza che appare come mutevoli esperienze. La pace dello spirito contrapposta al turbamento è ciò che si ottiene con le pratiche meditative del ‘testimone’ (l’osservatore che pensa: “Io non sono l’osservato”), vale a dire uno stato costruito dalla mente, una specie di ‘torre d’avorio’ che alcune tradizioni indiane scambiano per la liberazione. Ma non è possibile separare l’osservatore dall’osservato, come non puoi separare il mare dalle onde: il mare è le onde, ma è anche tanto di più. La coscienza-testimone non si può separare dai suoi contenuti, comprese le nostre quotidiane preoccupazioni: è anche quelle, ma non solo quelle. La vera pace, la vera felicità, non è qualcosa che possiamo ottenere o costruire: è qualcosa che siamo, lo sfondo costante su cui si manifestano tutte le esplosioni di piacere e dolore che chiamiamo ‘la nostra vita’.   Noi come ‘singoli individui’ continuiamo ad essere turbati, ma la coscienza che ci abita non lo è. Nel teatro dei burattini compaiono due personaggi diversi, Pulcinella e il Carabiniere, che vanno in collera e se le danno di santa ragione, finché uno vince e l’altro perde. L’illusione che siano individui separati e dotati di due coscienze diverse nasce solo dal fatto che il burattinaio è nascosto alla vista del pubblico. Il burattinaio è uno solo, anche se sembra che ci siano due diversi individui. Il burattinaio non è arrabbiato, non vince e non perde. La sua coscienza è l’unica esistente, anche se illusoriamente appaiono due coscienze diverse. Pulcinella e il Carabiniere non sono nemmeno coscienti: la coscienza che li abita è solo una, quella del burattinaio.

La realizzazione. Se il 'risveglio' è la liberazione dal miraggio di un sé separato, allora, come dice Tony Parsons, l'idea stessa di una persona liberata è una contraddizione in termini. Nessuno lo è stato o lo sarà mai, perché l'idea di un individuo separato dal Tutto è contraddittoria e illusoria.  Il concetto stesso di 'risveglio' è obsoleto, perché Ciò che veramente siamo  non dorme mai, è sempre sveglio. Secondo una prospettiva autenticamente non dualista, l''Essere è sempre realizzato, mentre non esistono 'esseri' realizzati, per il semplice fatto che non esistono separazioni. la Presenza che è sempre qui, evidente e innegabile nella semplice coscienza ordinaria che illumina ogni esperienza. Qualcuno ha detto: “L’unica differenza tra un ‘risvegliato’ e un ‘non risvegliato’ è che il secondo crede ancora di vedere una differenza”. Crediamo di essere un'onda separata dalle altre, mentre siamo tutti un unico mare che 'ondeggia'.  Può forse esistere un'onda fatta di un'acqua che sia più acqua delle altre?  Può esistere un'onda più 'realizzata' delle altre?    Come dice Ramana Maharshi, prima ci convinciamo di essere solo un io separato e limitato, poi sentiamo tutto il peso di questa illusoria limitazione e allora cerchiamo la 'realizzazione' della Totalità: ma cercare non fa che rinforzare la falsa idea che ci manchi veramente qualcosa. Finché cerchiamo, non troveremo, proprio come la signora che cerca la propria collana credendo di averla persa, mentre ha solo dimenticato che ce l’ha appesa al collo. Finché la cerca, non la trova, perché l'unico ostacolo a trovarla è la falsa idea di averla perduta.   La Presenza è al di là del credere o non credere, al di là del pensiero, dei concetti, delle parole e delle prediche. La Presenza è proprio qui, semplice, evidente, ma assolutamente niente può descriverla.  

Il non dualismo e il guru.   L'idea del guru (almeno qui da noi in Occidente) crea più problemi di quanti non ne risolva, mentre l’amicizia  è la chiave della spiritualità, esalta la parità nella differenza, perché gli amici si ritengono tutti allo stesso livello, anche se ognuno apporta contributi unici e insostituibili alla comune risonanza. La spiritualità è inseparabile dal sorriso, mille miglia lontana dalla seriosa tetraggine di tante conventicole imbalsamate che, attorno ai propri guru, si prendono troppo sul serio e trasformano la ricerca in una pratica maledettamente 'seria'. L'uguaglianza nella differenza dell'amicizia rispecchia l'Uno che appare come molti e il sorriso del 'divertimento' riecheggia la danza e il 'gioco' della Vita, così debordante che non ha bisogno di uno 'scopo' per esserci e risplende di luce propria. Mi piace anche sentire che non hai alcun desiderio di 'convertire' gli altri: la Presenza appare perfettamente in tutto ciò che è, dal fondamentalista islamico al non dualista.  In fondo, alche il non dualismo non è che un dito puntato verso Ciò che non ha nome né etichetta.

Ego ed io. Nella psiche sono attive le cosiddette ‘funzioni dell’io’ (regolazione degli scarichi pulsionali, gestione del sistema mnemonico, concettuale ed emotivo, coordinamento fra input sensoriale e output motorio, ecc.) che, fungendo da interfaccia fra organismo e ambiente, favoriscono il nostro adattamento alla realtà. Per queste funzioni utili e necessarie si usa comunemente il termine ‘io’. Di solito il termine ‘ego’ e i suoi derivati (egocentrismo, egoismo, ecc.) vengono invece usati per indicare l’esclusiva identificazione con un ‘sé’ isolato, che ci separa dal rapporto con gli altri e con la realtà, perché diventiamo prigionieri di reazioni, pensieri ed emozioni al cui centro domina appunto soltanto il nostro ego e le sue esigenze. Per esempio, nella misura in cui una sofferenza mentale o un desiderio ci isola dagli altri, è espressione del nostro ‘ego’. C’è uno spazio di consapevolezza che non si esaurisce nell’ego e ne è totalmente libero: è questo il fondamento sempre presente della nostra vera identità.

L'universo. Noi non siamo separabili dall'universo: questo è un fatto, non una ‘sensazione’. Se da un lato siamo capaci di vedere, udire, odorare, assaporare e sentire, e dall’altro non siamo separati dall’universo, ciò significa allora che è l'universo intero a vedere, udire, odorare, assaporare e sentire attraverso noi. L’'io' cosciente che ciascuno di noi crede di essere non è l'individuo, ma l'universo intero. E’ l’universo l'unico soggetto cosciente, che appare come tutto questo: alberi, case, montagne, discariche, tramonti, guerre, sorrisi, uomini buoni e uomini cattivi… tutti differenti, ma non separati. Il senso di esserci, di essere ‘io’, è quella coscienza. Tutto il resto è una costruzione mentale.Chi è l''io' che non riesce a eliminare la costruzione mentale dell'io? Un altro 'io'? Ci sono forse due 'io'? L'unico vero Sé è l'universo che appare come tutto questo mondo. In un sogno ci sei tu (il protagonista) e tanti altri personaggi apparentemente separati da te: alcuni simpatici, altri antipatici, alcuni che ti inseguono per farti del male, altri che ami e vorresti sempre accanto. Di che cosa siete fatti ‘tu’ (il protagonista del sogno) e tutti gli altri personaggi apparentemente separati? Di una sola e unica coscienza: quella del sognatore che sta dormendo tranquillamente nel proprio letto.Noi siamo i personaggi del ‘sogno’ o del ‘film’ dell'universo, fatti di una stessa e sola luce bianca che non nasce e non muore: la coscienza. Naturalmente, finché ti trovi nell'illusione del sogno, la separazione sembra reale e si sente, ma non per questo è meno illusoria. Il sogno è uno stato di coscienza diverso sia dal sonno profondo sia dalla veglia. Ma la coscienza che percepisce il sogno è forse un’altra rispetto a quella di veglia? Pensi che abbiamo più di una coscienza? Oppure sia nel sogno, sia nella veglia, ci sentiamo sempre uno stesso ‘io’ presente e cosciente? La coscienza del sognatore è una, indivisibile e contiene tutto il sogno.  Il mondo e la coscienza appaiono sempre insieme, senza eccezione. Quando due cose appaiono sempre e soltanto insieme, dobbiamo concludere che non sono due ‘cose’, ma due aspetti diversi della stessa cosa. Il ragionamento è semplice:1) Noi siamo dotati di coscienza   2) Noi non siamo separati dall'universo, che ci include. 3) Ergo: l'universo è un sistema auto-osservante dotato di coscienza, il quale vede se stesso attraverso noi.   Nell'advaita c'è una metafora che rende bene l'idea: quando guardi un vaso, facilmente puoi farti l'idea che ci sia uno spazio ‘dentro’ separato dallo spazio ‘fuori’. Il vaso simboleggia il nostro corpo/mente e lo spazio la consapevolezza. Così crediamo che la 'nostra' consapevolezza sia qualcosa di limitato e separato, dentro al corpo/mente. Ma non è lo spazio ad essere dentro al vaso, è il vaso ad essere letteralmente immerso nello spazio e fatto di spazio. Infatti tutte le sensazioni fisiche che chiamiamo 'corpo' e tutti i pensieri che chiamiamo 'mente' appaiono soltanto nella e come consapevolezza.  Ciò che veramente siamo non nasce e non muore. Quando c'è l'ego, è la Presenza che appare come ego. Quando non c'è, è la Presenza che appare come non-ego.  Quindi puoi rilassarti e riconoscere che sei sempre l'infinito spazio senziente che non nasce e non muore.pieghi che cosa intendi per ‘meravigliosa unità del Tutto’, di cui parli spesso?

L'unità del Tutto. Quando si scopre la completa identità fra sé e il tutto, ogni ‘interazione’ diventa obsoleta: invece di una relazione fra due entità separate, c’è un solo Essere che danza.  Mentre guardi un fiume, ti accorgi che la sua acqua assume infinite forme diverse: c’è un gorgo qui che ti sembra separato da un altro lì, e così via.  A un certo punto decidi di 'catturare' il gorgo più vicino con un secchio: ma appena lo fai, si dissolve e ti ritrovi con un secchio d'acqua stagnante. La rigetti nel fiume, ed ecco che di nuovo comincia a scorrere, formando mulinelli. Allora ti rendi conto che tutti questi gorghi sono inseparabili dal fiume, che non esistono come entità isolate, che sono la semplice azione di un'unica corrente d'acqua: ogni gorgo è il modo in cui si manifesta in quel punto l'indivisa corrente del fiume. C'è un’unica cosa: l’acqua del fiume. I gorghi sono solo azioni del suo movimento incessante.  Questa è l'unità del Tutto.   I taoisti raccontano una parabola:

Un barcaiolo si trova nella nebbia, lungo il fiume.  A un certo punto, si accorge che la sagoma vaga di una barca sta venendo dritta verso di lui, contromano. Grida all'altro barcaiolo di scansarsi, ma non riceve risposta. La barca continua a puntare dritta contro la sua. Il barcaiolo va in collera e comincia ad inveire contro l'altro, ma invano. Quando l'altra barca giunge più vicina e diviene ben visibile, il barcaiolo si accorge che è vuota: nessuno la guidava, si è solo sciolta dagli ormeggi per via della corrente. Allora tutta la rabbia del barcaiolo svanisce.

Quando pensiamo che gli altri abbiano un 'io' separato che li guidi, prendiamo tutto sul piano personale e restiamo in balìa della nostra rabbia. Quando li vediamo come barche vuote che seguono semplicemente la corrente, ovviamente li evitiamo, ma niente turba la nostra pace.

La coscienza e i pensieri.  La coscienza percepisce i pensieri, mentre i pensieri non percepiscono proprio niente: semplicemente appaiono e scompaiono alla luce della coscienza. Senza la coscienza, i pensieri non possono apparire, mentre la coscienza senza i pensieri fa tante altre cose: sente odori, sapori, colori, percezioni fisiche, ecc. La coscienza c'è sempre: prima, durante e dopo che un pensiero si è manifestato. Se cade l'illusione di un io separato, appare chiaro che siamo l'universo intero: un unico grande processo che non nasce e non muore.  C'è una differenza sostanziale fra la coscienza (che osserva) e il pensiero (che viene osservato).  Questo processo di identificazione con i pensieri è come dimenticarsi di avere sul naso un paio di occhiali: non puoi più osservare i pensieri (che diventano invisibili, proprio come gli occhiali sul naso). Osservare il dolore e i pensieri è come sfilarsi gli occhiali e posarli sul tavolo: adesso non vedi più tutta la stanza colorata e distorta dalle loro lenti, ma vedi gli occhiali come un semplice oggetto fra i tanti altri presenti di fronte a te.

L'Io. Non è il corpo, non è la mente, non è la coscienza: è una semplice parola, un nome per indicare di volta in volta cose diverse. Dunque 'io' è una semplice parola per indicare di volta in volta le sensazioni fisiche che chiamiamo 'corpo', i pensieri che chiamiamo 'mente' e infine la coscienza.  E' la coscienza che percepisce il pensiero come un oggetto passeggero che va e viene. Dunque la coscienza percepisce i pensieri che chiamiamo 'mente' e non viceversa. Perciò c'è una sostanziale differenza fra la coscienza da un lato e il corpo-mente dall'altra: il corpo-mente è fatto di sensazioni e pensieri che appaiono e scompaiono come semplici oggetti percepiti dallo e nello spazio della coscienza.   Immagina un foglio bianco con un puntino nero in mezzo. Il foglio è lo spazio della coscienza senza cui nulla potrebbe apparire e il puntino è il corpo-mente.  Chi sei tu? Un puntino nero su un foglio bianco, o un foglio bianco con un puntino nero?  La coscienzae percepisce tutto, per cui non è in grado di osservare se stessa come se fosse un oggetto fra gli altri oggetti, proprio come l'occhio può vedere tutto tranne se stesso.   Ciò non significa che allora non ne puoi avere esperienza, solo che non è una esperienza 'oggettiva'.  La coscienza è totalmente libera, come lo spazio è libero da tutti gli oggetti che contiene. 

La mente: La mente non esiste, è una semplice astrazione. 'Mente' è solo una parola, un termine collettivo per indicare la totalità dei pensieri. Se ti guardi dentro in cerca della mente, non la trovi: percepisci solo una serie di pensieri che velocemente appaiono e scompaiono. Una parola può forse ‘fare’ qualcosa? Può essere cosciente? Può osservare? Dunque, se la mente è solo una parola, non può fare niente, tanto meno osservare se stessa o altro. E' la coscienza che osserva tutto, compresi ì pensieri che chiamiamo 'mente'. Nella sua immediatezza e semplicità, la coscienza non può essere condizionata da nulla, perché tutti i condizionamenti sono pensieri e concetti accumulati nella memoria che stanno sempre dalla parte di ciò che è osservato, mai dalla parte di chi osserva. Non esiste dunque un’autosservazione della mente: c’è solo la coscienza che vede i pensieri, e questo avviene spontaneamente, senza alcuno sforzo. Accorgersi dei pensieri non è una pratica: semplicemente accade. La coscienza osserva tutto: sia le percezioni visive, uditive, ecc. che chiamiamo 'mondo', sia le sensazioni fisiche che chiamiamo 'corpo', sia i pensieri che chiamiamo 'mente'. Praticare l’'autosservazione' significa limitare il campo dell'attenzione solo ai pensieri che chiamiamo 'mente', escludendo tutto il resto e rinforzando così l'illusione che 'io' sia separato dal mondo 'esterno'. Invece, se osservi tutto quello che c'è ad ogni momento, accanto ai pensieri tristi ci saranno anche tante altre cose: il sole che filtra fra le foglie di un albero, le candide nuvole che veleggiano nel cielo, la freschezza di un bicchier d'acqua, il vento che accarezza la pelle, il sorriso di un bambino. Allora è difficile sentirsi soli.

Il pensiero critico è sempre indispensabile nell’analisi dei problemi specifici della realtà. Per quanto concerne però le grandi domande universali sull’esistenza, sulla nostra vera identità o sul ‘senso’ della vita, esso è di fondamentale importanza soltanto per decostruire i filtri con cui distorciamo la realtà, ossia per vedere ciò che è falso come falso: allora Ciò che è diventa evidente da sé. Ma, oltre questo punto, ostinarsi ad usare il pensiero critico risulta controproducente: è come continuare a prendere una medicina dopo che si è guariti. Nella mia comunicazione uso il pensiero sia per decostruire le false idee su noi stessi e sulla realtà, sia per indicare (come fa il dito con la luna) o suggerire ciò che è oltre la sua stessa portata.

Amore.  C'è un'unica, indivisibile Vita che si manifesta attraverso ogni cosa. L'espressione di questa unità è l'amore. Quando ami qualcuno, non desideri forse diventare tutt'uno con lui/lei? Quando viviamo la illusoria separazione fra corpo e corpo, fra anima e anima, l'amore è l'anelito a ricomporre l'unità apparentemente perduta. Quando viviamo l'unione con il tutto, l'amore è l'espressione naturale di tale unione. Senza il riconoscimento della non separazione, tutto sembra sempre meschino e gretto. amicizia.  . 


Il trattamento ayurvedico

L'ayurveda, è uno dei sistemi di medicina naturale più antichi tramandati dall'uomo, un grande dono dell’India al mondo. Il termine ayurveda indica “la conoscenza, il sapere sacro” (Veda) relativo alla “vita” o “longevità” (ayus). Nella Charaka Samhita, il trattato più antico e autorevole sulla medicina ayurvedica, ayus è "l'unione di corpo, organi, mente e sé (atman)". Quindi il suo significato è  "l’arte del buon vivere".  Oltre alla scienza medica racchiude in sè elementi di filosofia, arte e disciplina, ed offre una visione completa dell’esistenza, insegnando a conoscere la vera natura dell'Essere Umano ed il suo ambiente, ed a mantenere l’equilibrio tra esso e l’Universo. Questa definizione evidenzia l'impostazione psicosomatica dell’ayurveda che studia non solo il corpo, ma l’essere vivente nella sua interezza, comprese le funzioni dei sensi (vista, udito, odorato, gusto e tatto), la mente e il sé. Ricorda, inoltre, che l'uso scorretto delle facoltà sensoriali e psicologiche può provocare svariate malattie. 

L’ayurveda deriva dalle verità scoperte dagli antichi rishi (veggenti) durante pratiche meditative e discipline ascetiche. Trae la sua origine dalla filosofia samkhya.  Sono 24 i principi o elementi che costituiscono l’universo: dall’energia creativa, fino agli elementi più grossolani (bhuta). 
Secondo l'ayurveda la vita va gestita secondo quattro principali obiettivi: Dharma (virtù da seguire, "dovere"), Artha (ricchezza della comprensione, benessere/prosperità), Kama (felicità), Moksha (libertà/illuminazione).

In Occidente spesso l'ayurveda è ricondotto unicamente ai preparati a base di erbe e sostanze naturali, massaggi, varie terapie di purificazione, rilassamento e bellezza abbinate alla cosmesi, ma comprende in realtà un orizzonte assai più ricco e complesso. Secondo l'ayurveda, "ogni individuo è un'espressione unica di coscienza.”
Eppure, poiché la nostra vita è fatta di / e dalle relazioni con gli altri, spesso perdiamo di vista la nostra unicità. Nelle nostre relazioni con gli altri e il mondo, siamo aperti al supporto, al riconoscimento e all'amore di cui abbiamo bisogno per essere soddisfatti e, allo stesso tempo, in questo spazio siamo vulnerabili a problemi di comunicazione e traumi. Il trauma diventa una "ferita della mente che non guarisce". Queste sono le ferite presenti nelle nostre espressioni uniche e a cui il pensiero e la pratica ayurvedica offrono la guarigione.  "Quando guariremo questo trauma, ameremo l'intera esistenza".
Lo scopo principale dell'ayurveda è quello di aiutare l'individuo a conservare buona salute e benessere. È consigliata una pratica regolare. Secondo i testi classici dell’ayurveda il massaggio ayurvedico previene i processi di invecchiamento del corpo, aiuta a superare la fatica e dona vigore, rafforza e migliora il sistema nervoso, la vista e la qualità del sonno.

Uno dei trattamenti conosciuti nell'Aayurveda è il trattamento abyhanga che viene eseguito su tutto il corpo con oli vegetali specifici in relazione alla costituzione del soggetto ma anche alla stagione, al clima, ai disturbi. Si utilizzano degli oli tiepidi scelti dal terapista che possono essere arricchiti con essenze aromatiche per armonizzare uno specifico dosha. Scopo dell'abyhanga è armonizzare i dosha, i principi biologici costitutivi di ogni essere umano, eliminare le tossine fisiche e mentali, creare un flusso emozionale positivo ed elevare lo spirito. Le manovre del massaggio sono standard, ma estremamente personalizzata è la manualità che differisce a seconda del dosha.

L'azione del massaggio non è solo terapeutica, ma anche di prevenzione in quanto permette di interpretare, recepire e modificare parte dei messaggi che provengono dal corpo: rallenta i processi degenerativi, migliora la resistenza allo stress, pacifica la mente, potenzia il sistema immunitario e il potere di auto-guarigione dell'organismo, aiuta a risolvere i disturbi legati a insonnia, depressione, stanchezza, ciclo mestruale, digestione, tensioni e contrazioni della colonna vertebrale.

Il primo beneficio del massaggio ayurvedico è quindi la sensazione di rilassamento che invade piacevolmente il corpo e la mente. I dolori dovuti alle tensioni o alla stanchezza tendono a scomparire a tutto vantaggio del proprio benessere. È particolarmente consigliato a chi è soggetto a ansia o stress proprio per il suo effetto rilassante nonché è indicato per chi soffre di insonnia.

Questo tipo di massaggio ha, inoltre, un potente effetto disintossicante per il corpo e coadiuvante della circolazione sanguigna. In tal modo in processo di eliminazione delle scorie è attivamente stimolato e i tessuti profondamente nutriti dal sangue. È inoltre tra i trattamenti ayurvedici per la cellulite. Migliora le difese immunitarie e la salute della pelle grazie all’utilizzo di oli specifici. Tonifica i muscoli e ha un salutare effetto drenante. Ottimo a fine giornata per cancellare la fatica della quotidianità previene i processi di invecchiamento del corpo.

L'Ayurveda prevede tre dosha o tre costituzioni che sono: aria (vata), fuoco (pitta) e acqua (kapha). A seconda del fatto che siano malate o sane, esse distruggono o mantengono in salute il corpo.

  • Vayu (o vata) si accumula durante l’estate e manca in inverno con l'arrivo del freddo e piogge. Per compensarlo: cibi grassi, ambienti e vestiti caldi, massaggi con olio. 
  • Kapha freddo e umido si accumula durante l’inverno e si manifesta ai primi tepori, da evitare cibi dolci e pesanti, consigliati alimenti piccanti e amari e astringenti, miele.
  • Pitta accumulatosi durante la stagione delle piogge aumenta con il calore dell’autunno e durante l’estate, consigliati cibi di sapore dolce, burro chiarificato.
  • Kapha predomina nell’infanzia, il suo picco è la mattina, la sera e dopo i pasti.
  • Pitta dà l’impronta alla giovinezza e alla mezza età, il suo picco è a mezzogiorno, mezzanotte, durante la digestione.
  • Vayu domina l’età avanzata e la vecchiaia, massimo la sera e durante la notte.

L'ayurveda dà molta importanza all’igiene dei denti, cavità orale, lingua, pasta di sandalo, aloe, e olio per il corpo. L’insonnia è sintomo di Vayu e Pitta. L’eccesso di fatica fa aumentare Vayu. 

Le otto branche della medicina ayurvedica sono: generale, chirurgia, collo, testa, pediatria, ostetricia, psichiatria, tossicologia. Rasayana è la branca dell'ayurveda che si occupa del ringiovanimento e dell'incremento della vitalità. Vajakarana è la branca che si occupa di favorire la virilità. L'olio di sesamo riduce vayu, mentre il burro di latte di bufala riduce pitta. L'olio di ricino è usato per massaggi.  Tiphala è uno dei farmaci più importanti per ridurre i tre dosha, ed è usato per il ringiovanimento. Il chyavamprash è un tonico che contiene miele, cannella, cardamomo, malva, pepe.

Ishvara Pranidhana - Il concetto del Divino nello Yoga

Nello Yoga, Ishvara Pranidhana, è il quinto e ultimo Niyama o osservanza. Il termine “Isvara Pranidhana” è composto da due parole:   Isvara, che si traduce come “Essere Supremo”, “Dio”, “Brahman”, “Realtà ultima” o “Vero Sé” e  Pranidhana, che significa “fissare”. Yoga Sutra 2.45.  - 

Possiamo dunque tradurre come l’arrenderci fiduciosi all’Universo e il rendere ogni azione un’offerta a qualcosa più grande di noi..
Patanjali ci presenta la nozione di Ishvara nel primo capitolo degli Yoga Sutra. Non menziona pratiche devozionali tipicamente associate a una divinità. Piuttosto lo definisce come coscienza superiore, illimitata e impersonale.  Non si tratta né di un Dio creatore né di un Dio giudice o tantomeno salvatore. Piuttosto viene definito sommo Sé (puruṣa), consapevolezza suprema (cap I. 24-25). Questo concetto di Divino è alquanto distante dalla visione occidentale. Ishvara è un termine dell’ Induismo, con una vasta gamma di significati che dipendono dall'epoca e dalla darshana (scuola di pensiero). Qui tratteremo la visione dello Yoga, che è una di queste scuole di pensiero.

Possiamo fare una distinzione tra Divino immanente e Divino trascendente. Il Divino immanente (Divino interiore, sé, essenza) è quello che nella tradizione cristiana (e non solo) è conosciuto come anima. E’ un centro di coscienza e di saggezza che esprime la vera natura di ogni essere umano, e costituisce una “particella” del Divino trascendente.
Il Divino trascendente (Divino esteriore, sommo Sé) è l’essere che sostiene e sottende a ogni manifestazione dell’universo, dall'atomo ai sistemi più complessi. E’ il substrato metafisico di tutto ciò che esiste.  Di fatto la sostanza dell’uno e dell’altro è identica. Interiore o esteriore, sono solo modalità soggettive di percezione della realtà, perché sul piano dell’assoluto “tutto è uno”! Quindi, quando parliamo di Ishvara, parliamo del Divino di cui l’essenza dell’uomo è parte.
Arrendersi al Divino significa arrendersi alla vita senza trasformarsi in un’entità diversa da ciò che siamo. Accettare la vita com’è, essere la vita stessa. Allora la vera personalità fiorisce, libera dal soffocamento dell’ego.

Accettare la vita non vuol dire avere un atteggiamento arrendevole, perché Ishvara pranidhana si rivela come frutto di una pratica intensa (tapas) e della conoscenza di sé (svadhyaya), che sono altri due Niyama. Ishvara Pranidhana è dunque associato a un lavoro costante e consapevole. Dobbiamo impegnarci e fare del nostro meglio, ma non dobbiamo essere attaccati ai frutti delle nostre azioni. Ishvara Pranidhana è “libertà dall’ego”, dove per ego si intende ciò che genera nell’uomo un senso di separazione che impedisce di entrare in contatto profondo con il Tutto e di vivere in armonia con il prossimo. Si tratta di sentire la vita come espressione di noi stessi e riconoscerla anche fuori di noi.
Attraverso la pratica di questo Niyama, riconosciamo che il Divino permea tutto l’universo, e attraverso questa consapevolezza abbracciamo il nostro ruolo come parte del Tutto, dell’Uno.

Lo Yoga è una religione? E’ una domanda che molti praticanti di yoga (ma non solo) si sono posti.  Lo Yoga è in contrasto con il mio sentire religioso? Devo cambiare il mio credo in favore di un altro? Non posso praticare Yoga (o pronunciare l’Om) se sono credente? 
No, lo Yoga non è una religione (non è Induismo, Giainismo, Buddhismo e Sikhismo: le religioni che troviamo in India) e non è in conflitto con la religione o con la nostra sensibilità.
E’ altrettanto vero che troviamo riferimenti a Dio, ma con l’accezione di Divino: l’Universo, la Madre Terra, la fonte dell’infinito ed eterno Amore, è tutto ciò che ci circonda.
In India ci sono molte divinità che rappresentano l’incarnazione delle diverse energie.
Lo yoga nasce da una tradizione orale, in cui i concetti venivano tramandati solamente a voce e servivano per questo racconti ricchi di immagini suggestive e facilmente esplicative.

Negli yoga sutra troviamo la parola Ishwara tradotta come Dio, la Natura, l’Universo, un’Essenza più ampia, quindi, di un concetto riferito ad una religione specifica.

Lo yoga è una scienza che indaga il nostro Essere e non offre una nuova religione, ma ha sicuramente una dimensione spirituale importantissima. “Non sei un essere umano in cerca di un’esperienza spirituale. Sei un essere spirituale immerso in un’esperienza umana”.  Questa affermazione è uno dei tanti, importantissimi, insegnamenti dello yoga.
La vita e la scienza dello yoga sono quindi un’opportunità per entrare in connessione con la nostra parte più spirituale. Praticare Yoga (e meditazione) ci aiuta ad armonizzare corpo, respiro e spirito. Quando uniamo la pratica fisica degli asana alla meditazione, agli esercizi di pranayama (ma anche allo studio dei testi) diventiamo più consapevoli di essere un tutt’uno con ciò che ci circonda e raggiungiamo una più profonda connessione con noi stessi e con il mondo.

Negli Yoga Sutra di Patanjali non viene proposto un dogma, ma è un invito a provare sulla nostra persona gli insegnamenti. Siamo invitati a sviluppare una nostra personale ricerca, anche verso la dimensione spirituale. Ma se non ci sentiamo a nostro agio cantando l’Om o i mantra, non dobbiamo sforzarci. Possiamo sentirci liberi di accogliere e fare nostro ciò che preferiamo, e lasciare andare ciò che non sentiamo appartenerci. Questo non significa stravolgere i testi, o i significati profondi della pratica, ma imparare a conoscerli, rispettarli, ma rispettare anche noi stessi scegliendo di abbracciare ciò che sentiamo in armonia con il nostro essere (anche questo è Svadhyaya) e lasciar andare ciò che (magari in quel determinato momento) non fa per noi.

Come potremmo arrenderci fiduciosi all’Universo se prima non abbiamo ripulito il nostro corpo dentro e fuori, se non abbiamo la percepito la contentezza che ci arriva dall’essere in questa vita, se non ci siamo privati del superfluo e non abbiamo dedicato una parte del nostro tempo alla rinuncia, se non abbiamo compreso chi siamo?  Solo allora e solo dopo questo intenso cammino, forse saremo pronti ad una resa totale a qualcosa di più grande.  Quando avremo compreso l’essenza della parola Universo, del Sé e della Verità Eterna, allora sarà semplice comprendere anche che la Verità Eterna è il potere supremo dell’Universo. Questa comprensione profonda ci porterà a sviluppare l’attenzione verso quell’indefinito “qualcosa di più Grande”, e sarà questa attenzione che porteremo in noi a renderci vicini e in unione con questo.

Il senso della parola ‘arrendersi’ può rimandarci ad un senso di debolezza e sottomissione, forse passiva.  Ma arrendersi alla pratica degli asana non è affatto debolezza, anzi è forse la cosa più forte che puoi fare; ancora una volta lasci andare i pensieri, le aspettative, gli obiettivi da raggiungere e, nell’ascolto, comprendi il momento e lo spazio dove fermarti, dove fissare, dove riposare. Da questo riposo puoi ricevere un’enorme comprensione di te, il rispetto per il tuo corpo, coltivare la pazienza, diventare più umile e potrai inoltre permettere alla pratica di sostenerti, grazie allo sviluppo di una straordinaria forza di volontà.
Perciò, mentre pratichi cerca di mantenere sempre la tua consapevolezza sul respiro e cerca di far si che sia sempre lungo, lento, regolare e profondo. La pratica consiste nel lasciare continuamente andare e nel non creare aspettative, mentre la mente continuerà imperterrita a fare programmi, rendiconto e a desiderare risultati con uno scopo ben preciso. Passo dopo passo, anche se con fatica, noterai che inizierai ad agire più rilassato, che le aspettative diventeranno meno insistenti e che “il guadagno” che intendi ricavare dalle tue azioni diventa via via meno importante.
Lasciare andare è un arte che si può apprendere. Se osserviamo un artista, un atleta o un insegnante nella realizzazione delle azioni che stanno compiendo, ci rendiamo conto che sono nel flusso della vita.
Importante è compiere l’azione senza alcuna aspettativa, ciò ci condurrà con naturalezza verso la pratica di Isvara Pranidhana. Seguire il nostro cammino yogico è solo uno fra i nostri doveri; possiamo predisporci ad altre azioni benevolenti senza aspettative. Se impariamo a riconoscere la connessione fra amore e Divino, ci accorgiamo della profondità e immensità che questo porta in noi.
Swami Satchidananda dice: “Se sei in grado di padroneggiare questo Niyama, non c’è bisogno di praticare nessuno degli altri”.

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Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi personali.  Nel blog c...