domenica 31 dicembre 2023

Guida alla meditazione. Un manuale di evoluzione mentale

Preparati, perchè dovrai proseguire il viaggio da solo.  Il Maestro può soltanto indicarti la via.  Da La Voce del Silenzio.

Concentration and meditation, a manual of mind development, questo è il titolo originale di questo libro scritto da Christmas Humphreys nel 1935.  Humphreys è stato membro della Società Buddhista ed è stato uno dei primi studiosi occidentali a interessarsi di meditazione.

Humphreys inizia facendo la differenza tra 1- la concentrazione, lo sviluppo controllato della mente quale strumento di precisione privo di significato spirituale e 2- la meditazione, il giusto uso delle mente stessa per fini spirituali, separati da quelli puramente materiali.  La meditazione è l'unione, o riunione dell'individuo con la Mente universale, quando la piena coscienza entra per un solo momento in un "non-tempo". Nessun vero maestro di meditazione accetterà mai un soldo per i suoi insegnamenti, e permetterà che si affermi di lui - di possedere poteri anomali. 

La sintesi dell'insegnamento del Buddha è in tre parole: dana, sila, bhavana.  Dana è la carità universale, sila è la moralità rigorosa e bhavana lo sviluppo della mente.  Dopo il dominio etico deve venire la purificazione del cuore. Nell'ottuplice sentiero si parla prima di retta conoscenza, poi retta azione e poi retto sviluppo della mente. 

La retta motivazione è sempre impersonale, un volgersi verso l'eliminazione della sofferenza, e uno sforzo di scoprire in ogni forma di vita quell'Essenza della Mente che come osserva il Sutra di Hui Neng, è intrinsecamente pura. "La Luce è in te, fai in modo che risplenda".  Nessun uomo può essere utile ad altri, se prima non ha conseguito una certa padronanza dei suoi strumenti, dall'altra, l'auto-sviluppo e la purificazione vengono intrapresi invano, finchè permangono pensieri dell'io. 

La via della meditazione è la via della conoscenza, e il fine di tale conoscenza consiste nel trovare e identificare se stesso con l'Io interiore.  San Paolo parla di corpo (che include la personalità complessa), e anima ( che include tutto ciò che è considerato l'io superiore e spirito).  Lo spirito corrisponde a ciò che il Buddha chiamava il "Non nato", Non Originato, Non creato e Non forma. Questo spirito è conosciuto come Atman in India, è l'uomo essenziale e solo un aspetto indivisibile del Tutto senza nome.  Da qui la dottrina buddhista dell'anatta, non-atta (Atman), ideata per eliminare l'illusione che vi sia un principio duraturo nell'uomo.    L'Oriente riassume la sua saggezza nella frase: "Divieni ciò che sei".

Il non Manifesto, l'Uno, tuttavia si manifesta come molti, in corpi di densità crescente, il più tenue dei suoi veli è buddhi (la sede dell'intuizione), e questa insieme a manas (la mente) comprende ciò che può essere chiamato l'IO superiore, in contrapposizione alla personalità composità la cui veste finale è il corpo esteriore.  Questa personalità complessa (skandhas) combatte continuamente con l'Io superiore. Come dice il Dhammapada "Anche se un uomo può vincere in battaglia mille volte mille avversari, colui che vince se stesso è il più grande guerriero".

Tutto ciò che siamo e facciamo è il risultato di ciò che abbiamo pensato, e da ciò che abbiamo fatto nel passato (del nostro karma).  Il pensiero è una forma di materia, e anche di energia, i pensieri sono cose e noi diventiamo ciò che pensiamo. I pensieri influenzano, in bene o in male, altri menti umane. 

Lo sviluppo della mente rientra in due divisioni principali: concentrazione e  meditazione. La meditazione è divisa in tre fasi: 1-  meditazione inferiore, consiste in esercizi iniziali per il retto uso delle strumento, 2- la meditazione superiore, che a sua volta si fonde nella 3- contemplazione

La concentrazione è mettere a fuoco la cosa prescelta escludendo tutto il resto.    

La meditazione inferiore include gli esercizi mentali e esercizi di auto-analisi.  Chi pratica da molto tempo noterà un cambiamento sottile, sarà nel mondo, ma non del mondo e questa sensazione rientra nella meditazione superiore. Per la prima volta il meditante è libero dalla tirannia delle forme. In questa  meditazione superiore rientrano i koan, i jhana, gli stadi di coscienza del buddhismo. La contemplazione è un senso di unione con la Realtà, coloro che hanno raggiunto tale livello non hanno bisogno della letteratura. 

Importante è la preparazione graduale e la continuità nel processo di meditazione, e se lo sforzo è sincero i risultati arriveranno. Non vi sono scorciatoie per giungere alla perfezione, e quando sarà il momento apparirà il maestro.  La meditazione è dapprima uno sforzo, poi un'abitudine e infine una necessità gioiosa, ma ciò non deve distogliere dal compiere i propri doveri quotidiani. 

La concentrazione consiste nel restringere il campo dell'attenzione, in modo e per un tempo determinati dalla volontà - Ernest Wood nel libro Raja Yoga. Nel Dammhapada è scritto "Difficile da controllare, instabile è la mente, anche nella ricerca della gioia" ma "il bene sta nel domare la mente, una mente controllata porta felicità". Sempre nel Dammhapada: "Gli uomini saggi plasmano se stessi".   La concentrazione aiuta a far funzionare mente, emozioni e azioni come unità e lo spreco di energia prodotto dalla preoccupazione viene sostituito da uno sforzo calmo e deciso per eliminare la causa. I fatti sono fatti, ma sta all'individuo decidere quale sarà la sua reazione ad essi. Come osserva Epitteto, "Se un uomo è infelice, sappia che lo è soltanto a causa di se stesso". Il saggio rifiuterà di permettere che l'aspetto mutevole delle circostanze turbi la sua serenità interiore.

La concentrazione non deve essere praticata solo nei trenta minuti della mattina, ma l'intera giornata deve essere spesa nell'applicare la lezione appresa. Importante, inoltre è avere una buona salute e un'efficienza fisica. Molti praticanti yoga hanno capito che non si possono fare progressi con un corpo non depurato, la chiave dello yoga è l'intestino che deve essere depurato. Importante è abituare il corpo all'obbedienza e imparare a distinguere i suoi desideri dai nostri. occorre mettere sotto controllo anche la voglia di dolci, tabacco, comodità, caldo, ecc.  Tutta la giornata deve diventare un esercizio di concentrazione. Il saggio usa i momenti di ozio per qualche fine utile, pronunciando una frase da ripetere, oppure portando in tasca un libricino di saggezza spirituale da leggere e da cui attingere nutrimento all'io interiore.  Questi tipi di esercizi rinvigoriscono la mente.  Utilizzando l'arte del completo rilassamento di corpo e mente si constaterà che dieci minuti di questo esercizio sono più riposanti di molte ore di sonno inquieto. Nella pratica occorre abbandonare il passato, magari conservare solo i ricordi di valore e vivere nel presente. Importante è arrivare a decidere la propria reazione a tutte le circostanze, pensare e agire di conseguenza. La via spirituale ha solo due regole: incominciare e continuare. 

La concentrazione è imparare a mettere a fuoco l'attenzione su un singolo punto e tenervela fissa a volontà. Più l'oggetto è semplice, e più intensa sarà la concentrazione.  Formulate nella mente la ferma intenzione di concentrarvi solo su qualcosa per un periodo determinato.   La via è unica per tutti, i mezzi devono variare a seconda del pellegrino, e inoltre, le vie che portano alla Meta sono numerose come le vite degli uomini.  La cosa più difficile è sbarazzarsi dei pensieri intrusi che si insinueranno nel campo della visione e cercheranno di fuorviare la mente.  I suggerimenti per affrontarli sono : 1- non reprimeteli perchè il più delle volte provoca stanchezza, 2- all'inizo del cammino è difficile ignorarli  3- occorre affrontarli, ma in che modo?  Se ci sono pensieri che portano lontano dall'oggetto di meditazione, bisogna compiere il processo inverso: cercare di ripensare il processo fino a ritornare all'oggetto di meditazione.  4-  più difficile è affrontare una lenta processione di pensieri sconnessi. In questo caso occorre cercare di diventare osservatori, esaminarli con calma e impersonalmente,  lasciate che i pensieri sorgano nella vostra mente senza reprimerli e senza lasciarvi trasportare da essi.  Se un pensiero ritorna in modo persistente cercate di capire se è qualcosa che potete risolvere o meno, nel caso positivo, prendetene nota e ritornate sull'oggetto di meditazione scelto. In ogni caso la vostra parola d'ordine deve essere "pazienza" e non "irritazione".

Esercizi di concentrazione. Scegliete un oggetto, purchè sia piccolo (perchè possa venire visualizzato come un tutto) e puntate deliberatamente su di esso il riflettore della mente. Cercate di compiere questa operazione per sessanta secondi senza la minima deviazione del pensiero e vi renderete conto dell'abisso esistente tra voi e questa forma elementare di controllo del pensiero.  altro esercizio e la concentrazione sul respiro, inspiro, trattieni, espiri, pausa,  si possono anche contare i respiri ( si puà contarefino a dieci per trenta volte). Importante è riempire il corpo d'aria fino alla sua capacità massima, e poi svuotarlo per quanto è possibile. Il risultato secondario, dopo qualche settimana, sarà uno straordinario senso di equilibrio e di forza, e un miglioramento materiale della salute fisica.  Un altro esercizio è l'osservazione dei pensieri oppure la visualizzazione.  Si può effettuare una visualizzazione su un diagramma, un disegno, e dopo averlo considerato con la massima concentrazione mentale, chiudere gli occhi. Con il potere dell'immaginazione si deve provare a ricostruire l'immagine, ossia una riproduzione mentale. Poi provatecon un oggetto tridimensionale che non sia troppo chiaro o troppo scuro.  Si può anche effettuare la visualizzazione di un colore, pensate a un colore primario, per poi muoversi verso i diversi gradi di mescolanza con un altro colore primario. Ad esempio si vuole passare dall'azzurro al giallo, chiudete gli occhi e visualizzate il giallo nell'azzurro. E attraverso tutte le gradazioni di colore, dal verde, al verdastro, fino ad arrivare a un giallo brillante senza la minima sfunmatura di azzurro.   Fino a quando la mente non è completamente e pazientemente allenata alla concentrazione è inutile e pericoloso tentare di meditare, perchè le energie incontrollate potrebebro provocare disturbi morali e fisici.  Importante prima di iniziare è la purezza della motivazione, conferenze e libri possono aiutare. Importante è cominciare e perseverare.   La concentrazione è un processo utile nella vita quotidiana, la meditazione è una marcia interiore.  La carne, alcool, e altro cibo grossolano menomano l'efficienza dello strumento fisico, e così portano all'eccessivo abbandono ai vari impulsi. 

La meditazione inferiore.  Lo scopo della meditazione è triplice: dominare l'io inferiore e separatore, sviluppare le facoltà superiori della mente verso una visione dell'essenziale unità della vita e unire questo duplice processo in uncontinuo spiegamento spirituale. 

"Io non sono ancora io", In queste poche parole è raccolto il segreto, il paradosso dell'uomo.  L'essere umano deve intraprendere un lungo cammino che lo porti al risveglio di aspetti, prima sopiti dell'uomo interiore, e che sono il risultato dell'espansione deliberata del campo della coscienza, che corrisponde all'accrescimento del ritmo di vibrazione della mente. Nell'illuminazione i ceppi della personalità vengono trascesi e l'uomo diviene quel di più, in continua espansione che poi si fonde con il Tutto. Rinunciando all'Io, l'universo diviene "Io".

Conla meditazione, nelle fasi iniziali, si riducono le reazioni agli stimoli esterni (e ciò può essere positivo o negativo) e incomincia a instaurarsi un silenzio interiore e una quiete del cuore. UN secondo elemento è quello di afferrare e comprendere una vasta gamma della coscienza umana e si risvegliano qualità positive come la compassione.  Nella Voce del silenzio si dice: la mente è il grande uccisore del reale; il discepole deve uccidere l'uccisore.  Spesso in queste fasi iniziali continua a predominare l'intelletto.

Oggetti di meditazione. Il Canone pali menziona una quarantina di temi per la meditazione che possono essere riassunti in quattro elementi fondamentali dell'attenzione: il corpo, le sensazioni, la mente e gli elementi dell'Essere.  I testi e maestri buddhisti consigliano i principianti di meditare sui tre veicoli della coscienza con le quali ci poniamo in contatto con le sfere dell'attività fisica, emotiva e mentale.  Si ripetono continuamente durante la meditazione le seguenti frasi: " io non sono il mio corpo fisico, bensì ciò che lo usa, io non sono le mie emozioni, bensì ciò che le controlla, io non sono le mie immagini mentali bensì ciò che le crea".   La mente è la sede dei tre fuochi: l'odio, il desiderio e l'illusione. Dovremmo cominciare a prendere le distanze dall'egotismo, e cominciare a eliminare il pronome io nelle nostre riflessioni, dicendo ad esempio,   "ecco un pensiero nobile, o un pensiero d'odio, nasce, si sviluppa e passa oltre".

Conosci te stesso è il fulcro dell'intera finalità della meditazione, perchè coluiche conosce veramente se stesso è padrone dell'Universo. Molti sono ciechi nei confronti di se stessi, e del fatto che l'IO che conosciamo è un'illusione. Solo quando l'io viene visto per quello che è, è possibile gettare le fondamenta per quella capacità di contare su se stessi che è il coronamento del buddhismo.  Ci sono due modi per affrontare l'io. Un modo consiste nel distruggere il Non-Io, il famoso Neti, Neti,   l'altro consiste nel coltivare l'io.  Questa via consiste nel mettere a fuoco l'ideale, e attraverso l'innalzamento del livello spirituale della coscienza l'individuo si fonde con l'ideale. "L'Io è il Tutto e io sono l'Io".

Il Buddha insegnava che non c'è un IO nei cinque skanda, o elementi costitutivi della personalità, ma questo si riferisce al Samsara, al mondo della manifestazione,  mentre il polo opposto dell'essere, il Nirvana, mostra, al di là di tutti gli attributi, la perfezione e l'immutabilità dell'Io. Quindi non c'è nichilismo nel Buddhismo. Nel dammhapada si dice: la chiave di tutti i fenomeni è la mente. Quando la mente è immersa nella materia, non può vedere la luce. Ma quando viene innalzata ai livelli superiori, tende a muoversi verso il Nirvana, uno stato di perfezione in cui gli elementi dell'essere, che separano la aprte dal tutto, si estinguono. L'aspetto più alto della mente può chiamarsi   Anima, tenendo ben presente che non è in alcun senso immortale.  La mente inferiore è invece chiamata il grande uccisore del Reale perchè nutre la grande eresia della separazione.

I quattro Brahma Vihara, tradotti come stati sublimi o divini della mente occupano un posto centrale nel buddhismo. Nel Maha-sudassana sutta si recita: E egli da sì che la sua mente pervada un quarto del mondo con pensieri di amore universale (metta), con pensieri di compassione (karuna), con pensieri di gioia comprensiva (mudita che include tutto) e con pensieri di equanimità (upekkha).    Per esprimere questo ultimo punto si possono usare le parole distacco e serenità.  Ma acora meglio: un cuore non toccato dalle cose terrene. un cuore non turbato dalla sofferenza, un cuore senza passione, un cuore sicuro, è la benedizione più grande.

Vi sono tanti metodi di meditazione quanti sono i meditatori, ma la meta finale è sempre la stessa. La meta immediata, tuttavia, riguarda generalmente la formazione del carattere e l'elevazione della coscienza. I sistemi di sviluppo morale sono innumerevoli, ma vi è una grande saggezza in quello che sta nel cuore del buddhismo, dana. carità, sila, vita morale, e bhavana, sviluppo della mente. Costituiscno la sintesi del progreso umano esposta nelle scritture pali, ed è interessante vedere  l'ordine in cui sono dati i fattori del triplice progresso. E' importante allentare il senso di attaccamento alle piccole cose, e rispettare l'etica buddhista composta dai cinque precetti: non uccidere, non rubare, non abbandonarsi a eccessi sessuali, non calunniare e non ubriacarsi.  Bisogna lasciar estinguere i tre fuochi che sono: dosa, odio, lobha, la bramosia, e moha, l'illusione.  Comunque qualunque via scelta bisogna evitate gli estremi, l'ascetismo e l'autonegazione. Tutti questi sforzi tesi all'autocontrollo devono sempre avere come obiettivo la distruzione del desiderio, i desideri vanno controllati e indirizzati a finalità più alte. Per la distruzione del desiderio si possono usare tre metodi, evitare, sostituire e sublimare.  Quello della sostituzione è possibile applicarlo all'odio che cessa soltanto con l'amore. Il terzo metodo  può essere applicato all'energia che non può essere annientata ma deve essere trasformata.

L'emozione come ogni altro aspetto della forza vitale ha una duplice manifestazione, l'aspetto inferiore che rispecchia il karma, e l'aspetto superiore che rispecchia l'aspetto spirituale, chiamata intuizione. Le emozioni superiori sono associate a livelli elevati di coscienza e corrispondono ai quattro  incommensurabili stati mentali (Brahma vihara), o Dimore Divine, che sono: amore, compassione, gioia ed equanimità.

L'emozione è connessa con l'istinto e l'intuizione. la funzione del sentimento è accrescere l'energia dell'idea,  le passioni, gli affetti, non devono essere assecondati da colui che aspira a Conoscere, perchè sfiniscono il corpo terreno.  Accusa al buddhismo di essere freddo, l'accusa è vera nel senso che il buddhismo conosce i pericolidell'emozione, ma inquale altro insegnamento si trova un'espressione della vera compassione più nobile di quella che emana dal cuore del buddhismo? L'emozione, poichè tende al personale, ostacola l'esame sereno e spassionato delle leggi e dei principi che conducono all'illuminazione. Il corpo fisico, strumento necessario alla mente, deve essere reso idoneo e mantenuto tale.  

Per mantenere il corpo occorre anche una dieta ideale, che è quella di dimezzare la quantità, evitare cibi conservati e spezie, evitare di bere durante i pasti,  La base di una buona salute è la purezza del sangue e la condizione della colonna.  Il corpo abituato, in salute, può mangiare qualunque cosa e nello stesso tempo farne a meno, se si mangia troppo (dovuto a circostanze particolari, il giorno dopo non si mangia).  Se non si viola nessun principio religioso, è preferibile adattarsi all'ambiente che diventare una seccatura per gli amici ed essere giudicati su fattori non essenziali.  E' da evitare anche l'esercizio fisico eccessivo che può procurare problemi. 

La meditazione superiore. Su questo tipo di meditazione non si può scrivere nulla, le parole sono inadeguate, spesso per esprimere grandi verità si ricorre al simbolo. La vita nel mondo è un pallido riflesso della vita interiore. L'intelletto (la buddhi) costruisce forme e le usa, però ad un certo punto il senso di separazione dovuto, a forma, tempo e distanza si annulla. Come è detto nel Lankavatara sutra, l'intelligenza trascendente nasce quando la mente intellettuale raggiunge il suo limite. appaino lampi id satori, e questi momenti si estendono gradualmente, e questa spinta interiore diventa la Via. I piaceri che un tempo attiravano diventano noiosi e il pensiero e lo studio reclamano più tempo. Questa liberazione dall'intelletto spinge alla gioiosa incoerenza del mondo zen. L'autorealizzazione è uno stato esaltato di conseguimento interiore che trascende ogni pensiero dualistico e sta al di sopra della logica, della teoria, delle argomentazioni. Ogni forma, incluso l'universo stesso, è generata dalla mente. Incominciando a meditare si deve cercare di eliminare ogni parola. Colui che è capace di mantenere la mente imperturbata, indipendentemente dalle circostanze, ha raggiunto il vero samadhi.

L'elevazione della coscienza.  L'ostacolo è quello di vedere noi stessi come entità separate; solo quando questa illusione cade, il meditante incomincia a capire che "abbandonando l'Io, l'Universo diventa Io". Il paradosso dell'Io e Non Io può essere risolto solo dal punto di vista di un terzo unificante, ossia l'innalzamento del livello della coscienza. Nella Baghavad Gita è scritto: "Colui che comprende che tutte le sue azioni sono compiute dalla sola natura, e che l'io interiore non è l'agente, comprende davvero". Il segreto dell'azione nell'inazione e dell'inazione nell'azione è descritto a lungo nella Gita. Per capire questo punto di vista impersonale occorre esaminare e capire le tre qualità della materia chiamate guna, che sono tamas, rajas, e sattva che è la qualità dell'equilibrio e il terzo unificante. L'azione giusta compiuta senza attaccamento ha la qualità del sattva.  Il segreto è trovare la via mediana tra energia e materia, tra le forze della natura e leforze della mente. Il mondo manifesto è il campo di battaglia dove gli opposti si fanno guerra. Si deve arrivare a conoscere l'IO come Uno, e uccidere tutti i desideri dell'io e di essere riassorbiti dalla luce.

L'essenza della mente che trascende tutte le differenze è il "Dio interiore impersonale" sia che sia chimato Krishna, Cristo o Buddha. E le religioni sono una sola, e che tra esse non vi è differenza. IL Vuoto è onnipotente perchè contiene tutto. L'uomo che può accettare ogni circostanza e assorbirla in sè, la priva del potere di influire sulla sua mente.  Il saggio agisce come l'occasione richiede, ma impersonalmente. Tali impersonalità può essere conseguita solo mediante l'azione, dobbiamo usare l'azione per conseguire la non-azione, lo scopo per arrivare all'assenza di scopo. Ciò può essere fatto posizionando la mente in un punto centrale e neutrale tra gli opposti, chiamato laya dalla filosofia orientale. L'azione impersonale distacca dalla personalità e innalza al regno dell'Azione senza scopo. Se un solo atto venisse compiuto impersonalmente noi saremmo ascesi al di sopra del personale, con le sue limitazioni di tempo e di luogo. La corretta interpretazione della dottrina taoista dell'inazione, non è il "non far nulla", ma piuttosto della giusta occasione.

Jhana, (è la forma pali di Dhyana, Ch'an e Zen) in occidente è tradotto con Estasi e rapimento, nel canone pali sono riportati una serie di otto jhana (espansioni successive della coscienza) quattro superiori  (arupa jhana) e quattro inferiori (rupa jhana).  Corrispondono in qualche misura alla meditazione con seme e senza seme.

  • Il primo jhana inferiore è descritto come uno stato della mente in cui sono eliminati desideri di cose piacevoli, bramosie e tutto cià che asservisce alle cose dei sensi.
  • nel secondo la mente diviene quieta, le preoccupazioni terrene diventano remote. 
  • nel terzo viene trasceso il piacere dei sensi. si prova una felicità più tranquilla.
  • nel quarto la coscienza degli opposti viene trascesa, non c'è più sensazione di piacere o di dolore, si ha un'assoluta purezza della mente.
  •   Gli arupa jhana mirano a una deliberata, progressiva espansione della coscienza. Il primo consiste nell'estinguere ogni consapevolezza della forma.
  • nel secondo la coscienza dello spazio sconfinato lascia il posto a un'infinita comprensione di tutta la conoscenza.
  • nel terzo c'è assenza di ogni cosa
  • nel quarto vengono trascese tutte el coppie di contrari, persino quella tra il Tutto e il nulla, tra il tutto e il vuoto.  

La differenza tra contemplazione e meditazione. Annie Besant dice in Introduzione allo Yoga: è il vuoto dell'attesa vigile, non il vuoto del sonno imminente. La consapevolezza è una consapevolezza assolutamente impersonale dell'essenza della cosa osservata. Nella contemplazione la coscienza diviene completamente impersonale. Il contemplatore sa che l'essenza più interiore del soggetto e la sua stessa essenz ainteriore sono aspetti della stessa Essenza Universale della Pura Mente. Questa condizione è come il simbolo del Non-Io, visto per la prima volta quale l'Io assoluto reso manifesto: l'io interiore del contemplatore ha reciso i vincoli che lo incatenavano alla forma. 

In termini di misticismo, la coscienza contemplante percepisce l'Universo in ogni suo particolare, il Tutto in ogni parte, senza perdere la coscienza di sé, il contemplatore percepisce la sua identità con Tutto l'Universo e conosce tale conoscenza nel cervello. A questa condizione ci si può arrivare a lampi di satori.   Quando la contemplazione è finalmente divenuta uan condizione permanente, rimane un solo vincolo che lega il contemplatore alla Ruota della Sofferenza (il samsara) ... la sua volontà di aiutare l'umanità.   "Nella contemplazione si abbandona l'esistenza per l'Essere, i confini del tempo e dello spazio per l'Eterno Presente. Qui è la fonte. Prendete ciò che volete.

Per concludere diciamo che la meditazione è un processo positivo, dinamico, un auto rinnovamento vitale e non una fuga dalla realtà. L'obiettivo è ben definito, la fusione di tutti gli aspetti del nostro essere complesso in un tutto illimitato e illuminato.  Tutte le scuole spirituali propongo metodi, la sola cosa costante è la verità e la via che conduce ad essa. La motivazione di mettersi in cammino deve essere pura e definita, e nessun maestro apparirà finchè lo studente non avrà compiuto da solo i passi preliminari e aver acquisito esperienze. Quasi tutti i segreti sono incomunicabili.  Scegliere un guru è estremamente difficile, non si può scegliere con leggerezza altrimenti si rimarrà imprigionati in altri ceppi. Un segno della falsità del maestro è l'accettare denaro e nessun vero maestro permetterà ai discepoli di venerarlo.

Importante è la condivisione, la nostra crescente conoscenza ed esperienza deve essere condivisa con altri, acquisire la conoscenza per se stessi non ha il minimo valore.  Importante è la comunità: la forza unità di molti è più grande della forza del singolo,  l'esperienz acondivisa può aiutare a superare difficoltà che inevitabilmente sorgeranno; nella comunità, in un gruppo l'esperienza comune dei tentativi e degli errori commessi nel percorso è al servizio di tutti. In questo modo lo studente  può evolvere sulla strada della raggiungere la saggezza, e piano piano si troverà di fronte alla soglia dell'Illuminazione... solo per scoprire che la stessa illuminazione è soltanto un velo, che nasconde un Di Là assolutamente ineffabile.

Le caratteristiche dello zen

Lo zen è unico. I jhana, ossia gli stadi di coscienza per arrivare all'illuminazione, sono progressivi, mentre i risultati della meditazione zen appaiono con sorprendente subitaneità.  Tutti i metodi devono essere giudicati secondo un unico criterio: producono o non producono l'illuminazione.

Le opere del dott. D.T. Suzuki diranno allo studente tutto ciò che si sa della storia, delle finalità e dei metodi speciali dello zen, ma "il resto è silenzio ...   e un dito indica la via".

La caratteristica dello zen è l'uso degli esasperati paradossi, il disprezzo per il convenzionale, la sua impazienza nei confronti delle dottrine formulate, i metodi curiosi e talvolta violenti usati dai maestri zen per aiutare i discepoli a liberarsi, almeno in parte, dai suoi attaccamenti.

Quali sono gli insegnamenti dello zen?  "Una speciale trasmissione al di fuori delle Scritture. Nessuna dipendenza dalle parole e dai concetti. Puntare direttamente all'anima dell'uomo. Vedere nella propria natura.

Una verità spiegata è una verità non più vera. Lo zen sta oltre l'intelletto, la ragione cessa di dominare, e i soli mezzi di comunicazione sono il paradosso e il simbolo, e la comunione delle menti illuminate. Le verità più alte, non sono contenute nelle scritture, ma trasmesse nei secoli  da maestro a discepolo.  I  maestri zen dicono che l'insegnamento di Buddha è stato trasmesso con questo metodo.

Ogni manifestazione è illusione, poichè l'essenza della vita è tathata, una pienezza che nel contempo è un vuoto. Ogni forma di vita, anche la più minuta è l'Universo in miniatura, e nel conseguire l'illuminazione ogni cosa vivente obbedisce al comandamento: "divieni ciò che sei",  vale a dire: "Guarda dentro di te... tu sei il Buddha".  Per ciò che concerne la natura di Buddha, non c'è alcuna differenza tra un ignorante e un illuminato, la differenza è che uno se ne rende conto e l'altro no. Il consiglio del maestro rinzai è: "interiormente ed esteriormente se incontri ostacoli uccidili subito, se incontri il Buddha uccidilo, se incontri il patriarca uccidilo". Non attaccatevi a nessun oggetto, passate oltre, e sarete liberi.  Il consiglio della Voce del silenzio è : "La mente è il grande uccisore del Reale. Il discepolo deve uccidere l'uccisore"

Forse è questa semplicità diretta che affascina molti occidentali. Molti percorsi spirituali cercano di aggiungere delle qualità all'uomo, solo il buddhismo nega l'esistenza stessa dell'individuo. Lo zen consiglia di eliminare e abbandonare ogni qualità o attributo fino a quando non resta nulla, tranne la sua faccia originale, cioè la sua natura essenziale, che è la natura di Buddha.

Tecnica zen.   La meditazione zen può essere considerata sotto quattro aspetti, e cioè la sua continuità, e la natura dello za-zen, del koan e del mondo, e del satori. 

1- La meditazione zen deve essere continua, per questo molti monasteri zen ospitano anche visitatori per periodi più o meno lunghi; residenti (monaci) e visitatori condividono la stessa disciplina e possono una volta ristorati e purificati nel corpo e nella mente ritornare ai doveri della vita quotidiana.

2- Lo za-zen (letteralmente seduta zen). In tutti i monasteri zen i monaci siedono inseme nelal sala della meditazione , ognuno sul proprio cuscino e meditano sul tema (o sul koan) assegnato loro separatamente dal Roshi, il maestro zen.  Lo za-zen è solo una parte della routine quotidiana, nei monasteri chi non lavora, non mangia. Lo zen santifica il lavoro manuale e nello stesso tempo sfida quegli ordini che vivono di carità.  I maestri zen insistono con particolare enfasi "nel servire gli altri, lavorare per gli altri, non ostentatamente ma in segreto, senza che gli altri lo sappiano" - da Saggi sul buddhismo zen.

3- Il koan è unico nello zen, così come è unico. L'esercizio koan ha salvato lo zen quale eredità unica per la cultura dell'Estremo Oriente.  Il koan è una frase, un detto che sfida l'analisi intellettuale. Sono espressioni del satori, senza meditazioni intellettuali, perciò sono rozzi e incomprensibili. Per comprendere un koan dovremmo rifare nascere in noi le condizioni che lo hanno fatto nascere.  Per risolvere questi koan lo studente deve avere il coraggio di abbandonare tutto, e uccidere il pensiero, e nella morte del pensiero trovare la nascita dell'illuminazione. Bisogna lasciare andare; la meditazione zen richiede una determinazione ferrea e una volontà indomabile, che sono perfettamente compatibili con la quiete interiore. "In te possono trovare posto tanto l'azione che la non azione, il tuo corpo è agitato, la tua mente tranquilla, la tua anima è limpida come un lago montano". Questo tipo di sforzo mentale richiede l'apertura di nuove vie nel cervello; se lo sforzo è fatto senza criterio, può provocare problemi e causare serie lesioni fisiche al cervello.

La mente è concentrata sul koan fino a  quando l'intelletto è completamente esaurito, si arriva così a una sospensione delle funzioni in un vuoto senza nome, un lasciarsi andare e solo allora arriva la risposta, un lampo di comprensione parziale o completo.  I grandi maestri zen persistono nel loro scopo senza mai desistere.  Il mondo diventa un rapido scambio di domande e risposte tra maestro e allievo. Domande e risposte devono essre considerate come un tutto. Spesso anche il Buddha rifiutava di rispondere a parole a delle domande e manteneva un nobile silenzio. I koan hanno tutti un fine comune, il conseguimento dell'illuminazione mediante l'azione diretta. 

4- Il satori è la ragione di essere dello zen, lo scopo dell'esercizio koan. Un guardare intuitivamente (al di là della dualità) nella natura delle cose, distinto dalla comprensione analitica e logica. Nel koan, i due poli: pensatore e pensiero si fondono nell'unità e si entra nel regno del terzo superiore, il punto di vista unificante al di sopra di tutti gli opposti. Viene raggiuntosolo con un immane sforzo; il vuoto, di cui è il risultato, è l'antitesi stessa della pura e semplice vacuità. E' il risultato della povertà spirituale raggiunta nello za-zen.  "Rinuncia alla tua vita se vuoi vivere".

Eppure la pienezza del satori, che viene dopo il vuoto totale raggiunto nello za-zen, è una pienezza senza limiti, una fusione della scintilla con la fiamma, dell'individuo con la coscienza universale. In termini psicologici, è una fusione delle parti diverse di un individuo, l'inconscio, il conscio e il superconscio, nell'unità conscia. Attraverso gli esercizi del koan, l'attività più superficiale della mente viene messa a riposo, affinchè le sue parti centrali e profonde, che di solito sono sepolte, vengano spinte a svolgere le loro funzioni native.  I koan sono stati messi a punto per innalzare la coscienza al di sopra della dualità, indicando la via dell'esperienza diretta. Nell'assoluto non ci sono distinzione e relazioni. 

Ci sono diversi gradi di satori che vanno da un lampo di comprensione alla piena illuminazione. Via via che vengono risolti i koan più ostili, l'inconscio pervade sempre più la mente conscia. Bisogna fare attenzione all'auto suggestione e ai falsi satori, perchè spesso la meravigliosa esperienza spirituale è soltanto un frutto della fantasia. Lo schiudersi del satori è il rifacimento della vita stessa. L'esperienza autentica porta a una semplicità d'azione, all'ampiezza della visione, a una quiete interiore, ad una assolutà onestà di pensiero e linguaggio.  L'effetto cumulativo degli esercizi koan innalza il centro spirituale di gravità dal mondo dell'ambizione dell'io al mondo dell'assenza dell'io. E' questa la rinascita  degli antichi Misteri.

Il segreto dello zen è usare la mente per superare la mente, la sola preoccupazione dello zen è arrivare all'illuminazione. Con l'allievo non si sprecano parole, la meta gli viene additata, gli vengono mostrati gli ostacoli; "Il resto è silenzio... e un dito indica la Via".  

Dal libro: Guida alla meditazione, manuale di evoluzione mentale  di Christmas Humphreys.

sabato 30 dicembre 2023

La sillaba AUM

 La sillaba AUM                                               

 

  • è un suono che racchiude in sè tutti i suoni, li comprende come il seme comprende la pianta. Da questa sillaba si sono formate tutte le parole, tutte le vibrazioni, tutte le melodie;
  • è la voce del Divino, era la parola e la parola era con Dio e la parola era Dio;
  • è il suono di tutti gli elementi (terra, acqua, fuoco, aria, etere), è il rombo del suono, il boato dei vulcani, il sussurrio del vento, il rumore del mare, il mormorio dei fiumi, il canto degli uccelli, la voce dell'uomo;
  • è l'immagine dei tre aspetti divini; creazione, conservazione e trasformazione di ogni essere vivente;
  • racchiude in sé le tre Essenze divine: Esistenza (Sat), Conoscenza (Cit) e Beatitudine (Ananda);
  • è la perfezione della Verità, della Saggezza, della Sapienza;
  • é la parola del Divino, del Maestro, del Guru. E' il simbolo cosmico che racchiude l'eternità nei suoi tre aspetti: il passato, il presente, il futuro;
  • rappresenta l'immanenza, la potenza e la trascendenza del Divino, racchiuso e latente in tutte le cose esistenti nell'universo, siano esse grossolane o sottili, visibili o invisibili, organiche o inorganiche.

Ripetendo giornalmente il mantra AUM, vengono poco alla volta potenziate le qualità mentali e risvegliate tutte le energie e facoltà interiori latenti.

Pratichi yoga o te l'hanno raccontato?

Suggerisco di guardare questo video, in cui l'autore, David Barchi, ha usato un linguaggio molto semplice per fare chiarezza sullo yoga  

https://www.youtube.com/watch?v=_-mW_a6j_8o&ab_channel=DavideBarChiYoga


Cosa sono i Chakra?

Gli antichi praticanti di yoga asserivano che corpo, mente e spirito sono una cosa sola, e che le nostre emozioni ed i nostri pensieri abbiano la caratteristica di  manifestarsi non solo sotto forma di eventi psichici, ma anche sotto forma di energia, concentrata in punti ed organi specifici del corpo, e che il ruolo di questa energia sia fondamentale nel determinare il nostro stato di salute e di equilibrio.

 Dal sito https://yoganride.com/  

Cosa sono i Chakra. La parola chakra, in sanscrito, significa “ruota, cerchio o disco”, ed è utilizzata per rappresentare i centri energetici del nostro corpo, che hanno il compito di “ricevere e distribuire” la nostra energia vitale. I chakra principali sono 7, ed ognuno di loro, oltre ad avere caratteristiche specifiche, è associato a determinate emozioni, sensazioni, funzionalità mentali e spirituali, e il cui buon funzionamento è determinante per la buona salute di corpo e mente. Comprendere il loro modo di funzionare e le loro caratteristiche è importante per interpretare al meglio la nostra condizione emozionale ed energetica, e capire come  ristabilire un equilibrio psico-fisico.     

Inoltre, in base della posizione che ogni chakra occupa nel nostro corpo, ad esso viene associata anche una specifica ghiandola endocrina. Le ghiandole endocrine hanno il compito di rilasciare nel corpo gli ormoni, e la loro funzionalità è soggetta ad uno stato di equilibrio che, se compromesso, può generare stress, ansia e malfunzionamento dell’organismo.
Quando l’energia di un chakra è attiva e in equilibrio anche la ghiandola endocrina corrispondente, o gli organi ad essa associati, riescono a svolgere al meglio le loro funzioni vitali. Quando è in squilibrio possono manifestarsi disturbi fisici ed emozionali. Conoscendo il funzionamento dei chakra è quindi possibile comprendere i nostri squilibri energetici, e capire dove andare a lavorare per ristabilire un equilibrio psico-fisico .

Secondo la teoria dello yoga, tutti noi siamo fatti di un corpo fisico, visibile, ed un corpo energetico, invisibile, che regola le nostre attività intellettuali e spirituali. Questo corpo invisibile è fatto di “prana“, ovvero la nostra energia vitale. Il prana fluisce nel nostro corpo attraverso degli speciali canali energetici chiamati “nadi“; questi canali energetici sono numerosissimi, (se ne contano più di 72.000), ma ne esistono 3 di principali:  Sushumna, Ida e Pingala.
Sushumna è la nadi principale; inizia il suo percorso alla base della spina dorsale e lo termina sulla sommità del capo.
Anche le altre due nadi secondarie ma comunque importantissime e cioè Ida e Pingala partono dalla base dalla colonna vertebrale ma anziché procedere in linea retta, seguono un percorso a spirale, incrociandosi per 6 volte prima di terminare nel 6 chakra: Ajna, chiamato anche terzo occhio.
Ogni volta che le nadi (o canali energetici) si incontrano, danno vita ad un chakra. I chakra sono quindi dei vortici di energia.
Lo scopo della pratica dello yoga è quello di risvegliare l’energia che risiede alla base della colonna vertebrale, dove è situato il primo chakra, e di farla risalire lungo questo percorso energetico, attraversando tutti i chakra principali. La kundalin regola il funzionamento dei chakra, riparando i danni causati dallo stress mentale, emotivo e fisico della vita di tutti i giorni.
Ogni chakra ha un proprio colore, un proprio elemento, un proprio suono (o mantra), una divinità, una pietra, un animale, un pianeta e tante altre associazioni.

Primo chakra: Muladhara.  Il primo chakra si trova alla base della colonna vertebrale, all’altezza dell’osso sacro. Muladhara significa “radice” e rappresenta il nostro radicamento, il nostro istinto di sopravvivenza, il bisogno di sicurezza, ed è collegato al soddisfacimento dei nostri bisogni primari, come avere una casa, un lavoro, procurarsi il cibo.
Il suo colore è il rosso, ovvero il colore della forza e dell’energia pura. L’energia di Muladhara è associata alle ghiandole surrenali, ed è responsabile della salute di gambe, piedi, ano, retto, intestino crasso, e coccige.
L’energia carente del primo chakra potrebbe manifestarsi con una sensazione di insicurezza, scarsa fiducia in sé stessi, apatia, eccessiva preoccupazione e paura di perdere ciò che ci da sicurezza e senso di benessere.
Si può anche manifestare con eccessi di rabbia, aggressività, collera, gelosia, violenza o atteggiamento difensivo.
All’opposto, se l’energia di questo chakra è iperattiva, si corre il rischio di riconoscersi eccessivamente attaccati ai beni materiali, e restii a dare o donare qualcosa. (Oppure si è troppo rigidi e ostili ai cambiamenti.)
Gli asana migliori  per stimolare l’energia di Muladhara sono quelli che lavorano con i piedi e le gambe.
Sushumna, (il canale energetico principale), rappresenta infatti la nostra connessione tra terra e cielo, e le gambe sono le radici che fanno da tramite.

Secondo chakra: Svadhisthana. In sanscrito Svadhisthana significa “dolce”. E’ il chakra sacrale, e si trova all’altezza dei genitali. La sua energia rappresenta a capacità di provare emozioni come il desiderio, il piacere, la sessualità e la creatività fisica.
Il suo colore è l’arancione: simbolo di emozioni positive, successo e armonia interiore.
L’energia di Svadhisthana è associata alle gonadi (ovaie per le donne, testicoli per l’uomo), ed è responsabile della salute di genitali, reni, vescica, prostata, sistema circolatorio.
Una carenza nel secondo chakra potrebbe manifestarsi in una chiusura nei confronti della “sensualità” della vita, generando una sorta di difficoltà nel provare stati di gioia.
Gelosie, paure, desideri inappagati e ossessivi, impotenza e frigidità possono essere la manifestazione di una carenza di questa energia. Quando invece l’energia di questo chakra è in eccesso, può condurci alla ricerca ossessiva del piacere, anche e soprattutto a livello sessuale.
Gli asana migliori per questo chakra, sono quelli che lavorano con i fianchi ed il bacino,  in quanto è proprio in questa zona del corpo che si trova Svadhisthana e le relative ghiandole ad esso associate.
Questo centro energetico è associato all’elemento acqua, il che lo rende responsabile della regolazione dei liquidi nel corpo. La circolazione della sua energia, proprio come l’acqua, riesce ad adattarsi ad ogni superficie, e ci permette di fluire con la vita ed adattarci ai cambiamenti.

Terzo chakra: Manipura. Manipura può essere tradotto come “città del gioiello”, ed è il chakra del plesso solare, che si trova all’altezza dell’ombelico. Questo chakra rappresenta l’individualità e la percezione di sé stessi. E’ la sede della determinazione, della forza di volontà, del potere personale e della fiducia in sé.
Il suo colore è il giallo: simbolo di energia, della luce del sole e della conoscenza.
La ghiandola endocrina associata a questo chakra è il pancreas, che è responsabile dei processi digestivi, in quanto regola le funzioni di stomaco, fegato, milza e cistifellea.
Quando il chakra del plesso solare è carente, si possono percepire sensazioni legate alla perdita di autostima e scarsa fiducia in sé stessi.
Al contrario, quando l’energia di questo chakra è in eccesso, si potrebbe percepire un desiderio sfrenato di potere, un’eccessiva arroganza o sicurezza di sé stessi, e ci si potrebbe riconoscere poco o per nulla disposti ad ascoltare l’opinione altrui.
Gli asana migliori che lavorano con questo centro energetico sono quelli che utilizzano gli addominali.
E’ proprio in questa zona del corpo, chiamata anche plesso solare, che risiede l’energia di Manipura, associata all’elemento fuoco e responsabile delle funzioni digestive.

Quarto chakra: Anahata.  Anahata è il chakra del cuore, e rappresenta il centro dell’intero sistema energetico dei chakra. Anahata collega i tre centri inferiori, legati maggiormente agli aspetti materiali, con i tre chakra superiori, di tipo più mentale e spirituale, legati all’intuizione e al pensiero.
La funzione di questo centro energetico è quella che ci dona la capacità di esprimere amore puro e incondizionato.
Il suo colore è il verde, simbolo di equilibrio, compassione, armonia, amore per la natura, salute e depurazione.
La ghiandola endocrina associata a questo chakra è il timo, e questo centro energetico regola le attività dei polmoni, cuore, sistema circolatorio e respiratorio.
La carenza dell’energia di questo chakra può manifestarsi con l’incapacità di esprimere amore, e  con il rifiuto di ricevere manifestazioni di affetto, o di farsi toccare.
Quando l’energia di questo chakra è in eccesso, si corre il rischio di identificarsi eccessivamente con il dolore degli altri, e soffrire così intensamente da risultare emotivamente compromessi e troppo dipendenti.
Gli asana migliori per riequilibrare le energie di Anahata sono quelli di “apertura” del torace.

Quinto chakra: Vishuddha. Vishuddha è il nome sanscrito del chakra della gola, e significa: “puro”.
Questo chakra si trova all’altezza delle gola, e rappresenta la capacità di esprimere ciò che si ha dentro, la comunicazione e la creatività.
Il suo colore è l’azzurro, simbolo di verità, purezza, pulizia e tranquillità.
La ghiandola endocrina associata a questo chakra è la tiroide, e questo centro energetico regola le attività di gola, collo, bocca, denti, mandibola, udito, esofago, parte alta dei polmoni, braccia.
Una carenza del quinto chakra può manifestarsi nella difficoltà ad esprimere le proprie idee, blocchi della creatività, eccessiva timidezza.
Quando, al contrario, l’energia di questo chakra è in eccesso, non riusciamo a controllare le nostre parole, parliamo troppo e a vanvera, senza analizzare il senso di quello che diciamo.
Gli asana migliori per questo chakra, sono quelli che lavorano con il collo e le spalle, proprio perché è li nel mezzo che si trova Vishuddha.
La sua energia è associata all’elemento etere, ed è il primo dei chakra considerati “superiori”, quelli più legati all’aspetto mentale.
E’ legato anche alla nostra capacità di comunicazione…. non a caso, quando abbiamo difficoltà ad esprimere ciò che abbiamo dentro, proviamo un “nodo alla gola”.

Sesto chakra: Ajna. Il sesto chakra è localizzato al centro della fronte; il suo nome in sanscrito è Ajna, significa conoscere, percepire ed anche comandare, nel senso di avere il comando sulla nostra mente.
Ajna è chiamato anche il chakra del terzo occhio, cioè quell’occhio non fisico che è in grado di percepire la realtà più profonda dell’esistenza. La sua funzione è l’intuizione e la visione. E’ qui che hanno sede l’immaginazione creativa, le capacità intellettuali, e la memoria.
Il suo colore è l’indaco, simbolo di saggezza, di conoscenza e di misticismo. Il chakra del terzo occhio è associato all’ipofisi, la ghiandola adibita al controllo del sistema ormonale.
Le parti del corpo ad esso associate sono cervelletto, sistema nervoso, sistema ormonale, occhi, orecchie, naso e seno paranasale. Quando il chakra è in carenza, si fatica a fidarsi del proprio intuito, a mantenere la concentrazione o a ricordare le cose.
Si può manifestare come un eccesso di razionalità, che determina la difficoltà di vedere e immaginare la realtà in modo diverso da come la si percepisce.
Quando, al contrario, la sua energia è in eccesso, risucchia l’energia dei chakra inferiori e vengono quindi a mancare senso di radicamento e di stabilità.
Gli asana migliori per riequilibrare questo chakra sono quelli maggiormente legati all’aspetto mentale, come gli esercizi di visualizzazione, concentrazione, o la meditazione.
Il palming è un’ottima tecnica per prendersi cura di Ajna, in quanto aiuta a rilassare la vista e stimola l’energia del terzo occhio.

Settimo chakra: Sahasrara.  Il settimo chakra, o “Chakra della Corona”, si trova sulla sommità del cranio e significa “mille volte”. La sua funzione è il collegamento spirituale, ed è il centro della spiritualità e della fede. (A prescindere da quale sia il nostro credo religioso.)
Serve per metterci in relazione con la nostra parte spirituale, e, quindi, con il divino. E’ una spiritualità che trascende la religione, è piuttosto uno stato dell’essere, che va oltre il mondo fisico e crea nella persona un senso d’interezza, dando scopo alla nostra vita e creando un contesto più ampio in cui collocare la nostra esistenza. L’attivazione di questo chakra implica l’apertura a nuovi modelli di pensiero, e a fonti di saggezza e conoscenza nuove e mai esplorate prima.
La sua energia ci aiuta ad abbandonare il passato, lasciandoci alle spalle eventi o traumi, e ci insegna a riconoscere le nostre responsabilità.
Il suo colore è il viola, tradizionalmente associato alla ricchezza spirituale e alla maestà.
Il chakra della corona è associato alla ghiandola pineale, un centro che, nel nostro corpo, regola il ritmo sonno-veglia, fame-sete e la temperatura corporea, oltre che stimolare l’ipofisi a produrre ormoni.
Una carenza di Sahasrara comporta un impedimento al flusso energetico lungo il cammino della coscienza, e si manifesta come difficoltà nell’apprendimento e nella concentrazione, oppure con un senso di chiusura e ostilità verso nuove informazioni o punti di vista.
Un altro tipico “sintomo” di un settimo chakra carente è lo scetticismo spirituale, ossia la convinzione che non esista nulla al di fuori del mondo tangibile.
Quando la sua energia è in eccesso, può portare ad un eccesso di dipendenza spirituale, può spingere a  perdere il contatto con il proprio radicamento e le proprie emozioni, perché viene sottratta energia ai chakra inferiori.
Gli asana migliori per riequilibrare questo chakra, sono quelli grazie ai quali  si riesce a “trascendere” il corpo dalla mente, ovvero quello stato in cui si riesce, anche solo per qualche secondo, a non “percepire” più il proprio corpo, provando una profonda sensazione di pace e rilassamento… come in Yoga Nidra per esempio.

Per comprendere come stanno i tuoi chakra puoi fare un test su questo sito:   https://yoganride.com/  

Cosa sono i Bandha?

 Dal sito https://yoganride.com/       In questo sito puoi anche vedere tutte le posizioni yoga.

Bandha è una parola sanscrita che significa letteralmente trattenere, stringere, afferrare. Con il termine Bandha si intendono quindi delle contrazioni muscolari che hanno lo scopo di convogliare l’energia in un punto preciso del corpo per evitare che avvengano dispersioni.
Nello yoga i Bandha vengono abbinati agli asana, al pranayama e ai mudra per intensificare le posizioni.
Hanno, inoltre, l’importante funzione di preparare il corpo per le pratiche di kriya che sono tecniche di purificazione del corpo.
Attraverso la pratica dei bandha si imparano ad utilizzare i muscoli profondi del corpo, muscoli di cui molto spesso non sappiamo l’esistenza e che non utilizziamo spontaneamente. Imparare ad utilizzare questi muscoli è importante per assicurare un buon funzionamento di tutto il corpo, ma non solo: per progredire nello yoga, ed arrivare a fare le posizioni avanzate, come quelle in equilibrio sulle mani, è indispensabile imparare ad utilizzare anche i nostri muscoli pelvici ed addominali. La pratica dei Bandha ci permette di aumentare la consapevolezza del nostro corpo e di riuscire ad utilizzare al meglio l’energia che è dentro di noi.   

Nell’Hatha Yoga Pradipika e nella Gheranda Samhita, che sono testi antichi di yoga, vengono descritti quattro bandha – ovvero movimenti – che possono essere associati a tre zone del corpo.          (Più uno che li comprende tutti.).

 

Mula Bandha. Mula significa radice – o fondamenta – e si trova alla base della colonna vertebrale.
Questo bandha si esegue contraendo la muscolatura che si trova nel “pavimento pelvico”, ovvero nella zona compresa tra ano e genitali.
Per individuare il punto esatto di mula bandha puoi provare a fare questo facile esercizio:  inspira lentamente contraendo la zona perineale  ed espira in profondità e molto lentamente.
Noterai che al termine dell’espirazione i muscoli del pavimento pelvico si rilassano perché sono naturalmente allena­ti ad espellere anche l’ultima particella di aria. È in questa zona del corpo che de­vi effettuare Mula Bandha. In questa zona è anche ideologicamente collocato il nostro primo chakra che in sanscrito si chiama Muladhara (mula = radice e adhara=sostegno). Questo chakra stimola le ghiandole endocrine che servono per secernere ormoni che regolano l’attività dei nostri organi riproduttivi. Attraverso i movimenti di contrazione e dilatazione  le pareti pelviche e addominali vengono rinforzate.
Praticare Mula Bandha è molto utile per:
    • prevenire disturbi all’apparato genitale ed escretore;      • prevenire prolassi uterini;
    • prevenire emorroidi;      • prevenire l’ incontinenza;      • stimola l’attività sessuale.
Come si esegue?
    • Portati in una posizione seduta a gambe incrociate.
Per aiutarti a mantenere la colonna diritta puoi appoggiare un blocco yoga o un cuscino sotto il sedere.
    • Appoggia le mani sulle ginocchia.
    • Rilassa il collo e le spalle.
    • Inizia a portare l’attenzione al tuo respiro ed esegui qualche ciclo di respirazione yogica completa. 
    • Quando il respiro sarà rilassato, contrai  la zona del pavimento pelvico tirando verso l’alto i muscoli e poi rilassandoli. 
    • Continua a contrarre brevemente e rilassare la zona perineale/vaginale nel modo più ritmico e uniforme possibile.
    • Ripeti per una decina di volte respirando normalmente per tutta la durata della pratica.
All’inizio si contrae anche lo sfintere anale (ashwini mudra) e dell’uretra, ed è piuttosto comune e normale che sia così. Con la pratica, si acquisirà maggior consapevolezza e controllo.
Mula bandha si può praticare anche in sospensione del respiro, sia dopo l’inspirazione, che dopo l’espirazione. In questo caso si tratta di una pratica avanzata che andrebbe eseguita solo dopo aver ben acquisito la tecnica base. In questo caso, dopo la contrazione del pavimento pelvico,  andrebbe mantenuta l’apnea fino a  quando non si sente il bisogno di respirare nuovamente. Non bisogna forzare mai le posizioni o la respirazione.

Uddiyana Bandha.  Uddiyana significa sollevare, ed è riferito  al sollevamento del diaframma.
Questo bandha si esegue spingendo la muscolatura dell’addome all’interno e verso l’ombelico – espirando – e poi trattenendo il respiro. L’addome va rilasciato quando si sente di nuovo il bisogno di respirare. Durante Uddiyana bandhala la pancia rientra notevolmente; Il diaframma viene spinto verso l’alto, in questo modo il torace si espande, anche se i polmoni sono vuoti d’aria. Ovviamente è una tecnica che va eseguita  a stomaco vuoto. In questa zona, cioè all’altezza del nostro ombelico, si trova anche il terzo chakra, in sanscrito Manipura, ovvero il nostro “generatore di energia”. Questo chakra stimola le ghiandole endocrine surrenali ed il pancreas.
Benefici Uddiyana bandha:     • tonifica il diaframma;     • massaggia il cuore;     • stimola milza, fegato e intestino;      • ha effetti benefici sulla digestione.
Come si esegue?
    • Portati in piedi.  (Puoi farla anche seduto, ma in questo caso dovresti metterti in una posizione meditativa avanzata, con le ginocchia che appoggiano al pavimento.)
    • Separa le gambe alla larghezza delle spalle.
    • Inspira profondamente dalle narici.
    • Espirando, piegati in avanti e appoggia le mani appena sopra le ginocchia.
    • Mantieni le braccia distese e le gambe leggermente piegate.
    •Quando hai completamente svuotato i polmoni, tira verso l’interno la regione addominale, in special modo la zona sopra l’ombelico, e spingila verso l’alto e verso la spina dorsale.
    •Mantieni l’apnea fino a quando ti è possibile,   • Quando senti il bisogno di respirare di nuovo, rilassa l’addome, solleva il busto e inspira lentamente.
    • Rilassa il respiro per qualche secondo, prima di ripetere nuovamente.
Ripeti per 3 volte. Quando avrai preso dimestichezza con la pratica potrai ripetere fino a 10 volte.

Jalandhara Bandha. Jala in sanscrito significa rete, grata o tela. Dhara vuol dire “trazione verso l’alto” o anche “porta superiore”. Jalandhara Bandha si fa contraendo la gola e abbassando il mento verso il petto, mantenendo l’apnea. In questo modo si riduce la pressione arteriosa verso il cervello; i battiti del cuore rallentano e la mente si calma.
In questo processo viene beneficiato soprattutto il sistema nervoso. Jalandhara bandha lavora in corrispondenza del quinto chakra, in sanscrito Vishuddha o chakra della gola. Questo chakra stimola la ghiandola endocrina tiroide.
Benefici:     • Protegge il cervello, gli occhi e le orecchie interne dalla pressione del respiro trattenuto;
    • incrementa la produzione di ormoni tiroidei, indispensabili al metabolismo cellulare e al processo di crescita;     • calma la mente.
Come si esegue?
Secondo gli insegnamenti tradizionali dovresti metterti seduto in una posizione meditativa  avanzata con le ginocchia che appoggiano al pavimento. Si può fare tranquillamente anche seduti a gambe incrociate.
    • Portati seduto in una posizione meditativa o seduto a gambe incrociate.
    • Appoggia le mani sulle ginocchia.
    • Inspira profondamente dalle narici.
    • Espirando piegati in avanti.
    • Mantieni le braccia rilassate.
    • Espira e piega la testa in avanti, portando il mento verso lo scavo dello sterno, tra le due clavicole, in modo che le vertebre cervicali vengano stirate e che la gola sia compressa.
    • Tieni la posizione finale fino a quando non senti il bisogno di respirare nuovamente
    • Poi rilascia la chiusura del mento, solleva la testa e  lentamente inspira.
    • Ripeti fino a 5 volte
Jalandhara bandha può essere fatto anche dopo un’inspirazione.

Maha Bandha. Maha in sanscrito significa grande. Si tratta di una “grande chiusura”, che si fa eseguendo i primi tre bandha contemporaneamente. In questo modo l’energia pranica viene raccolta nella parte bassa del corpo e indirizzata per risalire il canale energetico principale –  Shushumna – e per raggiungere il settimo chakra che si trova sulla sommità del capo ed in sanscrito si chiama Sahasrara.
È una chiusura che porta grandi benefici, in quanto unisce i benefici di tutti e tre bandha precedenti.
Questo bandha influenza  le secrezioni ormonali della ghiandola pineale e regola l’intero sistema endocrino. Grazie a questa pratica i processi degenerativi e di invecchiamento vengono controllati e ogni cellula del corpo viene ringiovanita.
Benefici:     • Regola l’intero sistema endocrino.      • Controlla il processo degenerativo e di invecchiamento.      • Calma la mente.      • Prepara corpo e mente alla meditazione.
Come si pratica?
E’ una tecnica abbastanza avanzata, perciò è meglio farla quando si  ha raggiunto dimestichezza con tutti i bandha spiegati in precedenza.
Si pratica solo tenendo l’aria fuori, dopo aver completato l’espirazione, e a stomaco vuoto.
    •  Siediti in una posizione meditativa oppure nella posizione semplice a gambe incrociate.
    • Appoggia le mani sulle ginocchia.
    • Rilassa il collo e le spalle.
    • Inspira ed espira profondamente.
    • Pratica i bandha partendo dall’alto seguendo quest’ordine: jalandhara bandha, uddiyana bandha e infine mula bandha.
    • Trattieni il respiro fino a quando senti il bisogno di respirare nuovamente, non andare oltre.
    • Poi lentamente rilascia i bandha partendo dal basso: mula bandha, uddiyana bandha, jalandhara bandha.
    • Solleva la testa e lentamente inspira.
Si può ripetere fino a 9 cicli ma è comunque una pratica abbastanza avanzata, quindi è sempre meglio essere seguiti da un insegnante.
Imparare ad utilizzare i bandha è una pratica che possiamo esercitare nella vita di tutti i giorni, anche al di fuori del tappetino. Per esempio quando devi fare degli sforzi intensi, prova ad utilizzare mula bandha e uddhiyana bandha contraendo i muscoli pelvici e addominali e vedrai la differenza!

A nous la liberté! (1): Comment se libérer de nos peurs, de nos préjugés, de nos dépendances.

A nous la liberté è un  testo del 2019 scritto da di Christophe André , Alexandre Jollien, Matthieu Ricard.                                

Essere liberi: la grande sfida della vita Come progredire verso la libertà interiore, quella che ci permette di affrontare con serenità gli alti e bassi della vita e di liberarci dalle cause della sofferenza? Fin dall'infanzia siamo ostacolati da paure, pregiudizi e mille condizionamenti che ci impediscono di essere felici. Intraprendere l'avventura della libertà interiore significa disfare una per una tutte queste sbarre, quelle che abbiamo forgiato noi stessi e quelle che ci sono state imposte dalla società della prestazione, del consumismo e della competizione. Questo libro, scritto a tre voci da uno psichiatra, un filosofo e un monaco, ci invita a intraprendere un viaggio gioioso per liberarci dalle nostre prigioni e avvicinarci agli altri.     

C.A. Tutte le perdite di libertà esterne hanno origine dalla perdita di libertà interiore: le nostre sofferenze e paure sono le prigioni invisibili da cui abbiamo fatica a uscire. La malattia non è la sola causa delle restrizioni alla nostra libertà, la vita quotidiana ci tende una serie di tranelli, noi consacriamo le nostre energie mentali e fisiche a dei compiti triviali, a volte necessari, negligiando quello che dà un senso alla nostra vita. Dovremmo riuscire a trovare tempo per portare la nostra attenzione sulla natura,  riflettere sui nostri ideali, meditare sulla gratitudine e la compassione. Questa libertà di scegliere di restare un essere umano e non di trasformarsi in lavoratore-consumatore, è una libertà interiore che devo far vivere dentro di me.

M.R. la libertà esteriore e interiore, come la salute fisica e mentale, si influenzano reciprocamente. Ci sono individui che vivono in condizioni esteriori favorevoli, e che sull'intero si sentono prigionieri del loro mentale e ci sono eremiti che sprigionavano una grande libertà interiore e vivevano in caverne. Il medico del Dalai Lama Tenzin Choedrak è riuscito a trovare in una forma di libertà interiore la forza di sopportare la prigione e la tortura.

C.A. Quello che può  aiutarci è coltivare in noi le capacità di ammirazione per queste persone, vedere quello che gli altri esseri ordinari o eccezionali, possono insegnarci e dire che se riuscissimo a compiere anche un piccolo tratto del loro cammino, sarà  già  passionale e liberatorio.

A.J.  Avere come obiettivo la libertà interiore, il lavoro su se stessi,  non deve distogliere da un sano impegno per un mondo più giusto, ugualitario e più generoso. E' più facile forse lavorare su se stessi che affrontare una malattia grave, o restare senza risorse economiche.

C.A. Mi credo libero, penso di essere libero, Ma siamo veramente liberi? Spinoza dice che gli uomini si ingannano credendosi liberi. Andrè-Compe-Sponville dice: "Non si nasce liberi, ma lo si diviene, e non è mai finita".  Quello che mi rallegra è  di sapere che mi sono liberato di un'inqietudine, di una dipendenza, di un'abitudine. Importante è lavorare sulle proprie libertà, conservare la lucidità sulle zone di non libertà (abitudine o condizionamenti) e gioire di essere in vita.

M.R. Molte persone seguono il loro train-train quotidiano senza cercare di liberarsi dal loro condizionamento, ne cercare di liberarsi sulle cause della loro sofferenza.

C.A. Nella vita ci sono molti obblighi e doveri, come di guadagnare per vivere, ma anche queste situazioni possiamo viverle diversamente. Per esempio, la sera, dopo una giornata di lavoro, un paziente mi chiama, la prima reazione è dire che mi pesa  e non mi sento libero. Importante è avere una libertà interiore nel compiere degli atti che hanno un senso, anche se non hai scelto. Ossia mettere gioia e libertà in una situazione in cui non hai liberamente scelto di impegnarti. Quindi pensi "è  importante per quella persona che la richiamo",  "se la richiami, fallo con gioia"."cerca di essere veramente presente".

M.R. Sforzandosi di conquistare la nostra libertà esteriore e di contribuire a quella di altri, non dobbiamo negligiare di progredire sulla strada della libertà interiore, che ci permetterà di affrontare gli alti e bassi dell'esistenza, e alla fine del cammino liberarci della sofferenza e delle sue cause.

Capitolo. 1  Acrasia. 

A.J.  Acrasia, o debolezza della volontà. In altre parole non faccio il bene che voglio, e faccio il male che non voglio fare, la nostra impotenza a cambiare le cose, può portare all'alcolismo e alla tossico dipendenza, si può trovare un parallelismo con la persona che vede aprirsi davanti a sè un abisso che separa, da una parte, il suo ideale di vita, le sue convinzioni e le sue aspirazioni  e dall'altra parte comportamenti e atti; da qui la necessità di una pacificazione interna.

C.A  Acrasia designa l'incapacità di mantenete i nostri impegni e risoluzioni (quelli fattibili nelle condizioni attuali). Voglio, posso, ma non lo faccio. Siamo spesso acrasici per incapacità ad affrontare una difficoltà, o per abitudine.

M.R. Acrasia corrisponde alla terza firma di pigrizia, 1 - fare il meno possibile, 2- rinunciare prima di cominciare, 3- sapere cosa è essenziale, e fare mille cose per evitare di farlo. Cedere alle tentazioni è facile, per liberarsene è necessario un grande sforzo.

C.A. ho la sensazione che le società contemporanee, potrebbero essere qualificare acrasiogene, per le loro contraddizioni, da una parte ci mandano una serie di informazioni necessarie per stare bene e dall'altra lasciamo le aziende sommergerci di tentazioni (consumare cattivo cibo, alcol,  sesso e tabacco). Non ho mai capito come è possibile che lo Stato permetta di vendere alcool alle stazioni di benzina sulle autostrade.  Risolvere questi conflitti è difficile: da una parte devi bloccare certi atteggiamenti (mangiare meno, bere meno) e dall'altra forzarsi a sviluppare altri comportamenti ( mangiare legumi, essere benevolente, coltivare pensieri ottimisti). Meno è più - coinvolgono dei circuiti celebrali diversi. Vedi gli studi di Olivier Houdé, prof. alla Sorbona. Per evolvere la nostra capacità di giudizio e i nostri comportamenti, dobbiamo attivare certe capacità, flessibilità, logica, distacco e inibirne altre come automatismi, pregiudizi, ecc. 

A.J.  credere di poter cambiare le nostre abitudini a 180 gradi batrendo le mani è un'illusione, perché non accettare con umiltà le nostre debolezze, le nostre ferite, le nostre mancanze.

M.R. non serve a niente dare lezioni agli altri  se noi stessi non abbiamo questa libertà interiore. Non poter fare una cosa è diverso da non volere. A volte è necessario procedere con gradualità.

A.J. dovremmo liberarci, con forza e energia,  delle nostre abitudini  e condizionamenti. E' un lungo cammino, la volontà indica il cammino, ma non è il motore, non dovremmo darci degli obiettivi, ma non dovremmo volere troppo.

M.R.  le nostre motivazioni sono la barra del battello, e determinano la direzione del nostro percorso, la volontà è il vento che gonfia le vele e ci permette di arrivare al buon porto.

A.J. Quando siamo stanchi di nuotare nell'oceano dell'esistenza, è importante la presenza, l'incontro con il saggio per rianimarci, senza rimproveri.

C.A. ho spesso la sensazione che il sentimento che ci porta all'acrasia non è la mancanza di volontà ma l'intolleranza all'incertezza, alla sofferenza. Spesso quando si apprende di avere una malattia grave ci facciamo prendere da scenari negativi (non ne uscirò, ecc ). In questo caso, occorre rimanere calmi, aspettare che passi, e cercare di mantenere la direzione...

A.J. una volta una amica di Matthieu, mi ha detto "è un bordello, ma non c'è problema", e questa frase me la ripeto come un mantra. Ci sono due tipi di sofferenze: terremoti, malattie, morte, handicapp e una serie di psicodrammi costruiti dall'ego.

M.R.l'Acrasia è anche legata a una mancanza di coerenza, a una dissonanza cognitiva tra i nostri ideali, i nostri valori e i nostri comportamenti ( vedi i politici, ecc). Il Buddha ci ha indicato il cammino, ma siamo noi che dobbiamo percorrerlo. Il saggio è una specie di polo magnetico per la bussola di quelli che lo incontrano. Qualcuno afferma che non è possibile cambiare, ma le neuroplasticità ha confermato la capacità del cervello di cambiare a tutte le età, quindi possiamo sviluppare capacità umane essenziali come l'attenzione, l'equilibrio emotivo e la benevolenza in qualsiasi momento. In ogni caso senza allenamento continuo  non ci sarà nessun cambiamento. L'esperienza mostra che persone partite da uno stato di insoddisfazione sono arrivate a una grande libertà interiore, e dei saggi gioiscono di una libertà interiore irreversibile. Queste testimonianze mostrano che la trasformazione è possibile, occorre adottare un atteggiamento positivo, ho dei punti deboli,  esistono opportunità per migliorare.

venerdì 29 dicembre 2023

A nous la liberté! (2) Comment se libérer de nos peurs, de nos préjugés, de nos dépendances.

A nous la liberté è un  testo del 2019 scritto da di Christophe André , Alexandre Jollien, Matthieu Ricard.                                   

Essere liberi: la grande sfida della vita Come progredire verso la libertà interiore, quella che ci permette di affrontare con serenità gli alti e bassi della vita e di liberarci dalle cause della sofferenza? Fin dall'infanzia siamo ostacolati da paure, pregiudizi e mille condizionamenti che ci impediscono di essere felici. Intraprendere l'avventura della libertà interiore significa disfare una per una tutte queste sbarre, quelle che abbiamo forgiato noi stessi e quelle che ci sono state imposte dalla società della prestazione, del consumismo e della competizione. Questo libro, scritto a tre voci da uno psichiatra, un filosofo e un monaco, ci invita a intraprendere un viaggio gioioso per liberarci dalle nostre prigioni e avvicinarci agli altri.     

 Essere dipendenti.  

 C.A. E' non poter più fare a meno di una sostanza  di un rapporto, di un comportamento. La dipendenza tossica riduce considerevolmente la nostra libertà,  il dipendente vive nell'attesa di ripetere l'esperienza, subisce un impoverimento della visione dell'esistenza. E' l'alienazione suprema, sa cosa dovrebbe fare, ma è impossibile farlo.  Ho fatto un'esperienza con un videogioco dove ho constatato che la perdita di libertà può manifestarsi anche in persone equilibrate e felici. Lo slogan "è più forte di te!"

M.R. La volontà del dipendente è indebolità, e con esso anche la capacità di cambiamento e la parte del cervello chiamata ippocampo.

C.A. Per cambiare occorre tempo, in quanto le nostre abitudini sono impresse nei circuiti neuronali, e occorre riconfigurarli. Ai progressi spesso segue una ricaduta.Tutti i cambiamenti,  anche emotivi, al 90% sono il frutto di un lavoro costante, regolare e paziente. C'è la dipendenza anche alla ruminazione e al lamentarsi e non fare sforzi per cambiare.

M.T. Eckhart Tolle lo chiama il corpo di sofferenza, quando l'ego fallisce nella sua ricerca di trionfo, si ricostituire un'identità diventando una vittima. Si cristallizza una nuova forma di esistenza e la distinzione tra me e l'altro, si dice tutti sono contro di me, si costruisce una nicchia dove può darsi una nuova identità a cui aggrapparsi.

C.A. Può succedere che una persona è arrivata al fondo, e accade un evento che produce uno stato di risveglio particolare.

M.R. Per uscire da una dipendenza, si può usare come strategia di contrapporre qualcosa di incompatibile. Per esempio mio padre alla dipendenza all'alcol contrapponeva il desiderio di scrivere.  Posso desiderare in modo malato qualcosa o qualcuno senza riceverne alcun piacere.

C.A. La dipendenza affettiva è un bisogno normale di cui perdiamo il controllo. Non esiste una persona perfettamente autonoma e indipendente sul piano affettivo, e bisogna aggiungere che gli esseri umani sono animali sociali. Noi non esitiamo a condividere tutto con una sola persona, ma abbiamo diverse figure di riferimento. Dovremmo amarci e aiutarci reciprocamente, ma senza soffocare gli altri. Se abbiamo una sola figura di riferimento diventa una dipendenza. I vantaggi sono ricevere amore e sicurezza, gli svantaggi perdita della libertà e dell'abbandono.

M.R. La pienezza, non significa essere pieni di qualcosa, si tratta di un sentimento di coerenza e soddisfazione profonda che è pieno in sé stesso, di libertà interiore, di pace e unità, libero da mancanza, di attrazione e repulsione, i meditanti tendono verso questo stato. E' possibile fare esperienza di momenti di pienezza anche camminando in una foresta o seduti davanti ad un lago di montagna.

C.A. siamo dipendenti di alcol, sesso, amore, zuccheri, di cose che soddisfano i nostri bisogni. Bisogna ri-orientarci verso altri modi di soddisfare questi bisogni, esplorare nuove vie, la vita è la più efficace delle terapie, restare nella quotidianità, agire, uscire; Incontri, scoperte ti porteranno a trovare nuovi ambienti, nuove emozioni e nuove risorse e soluzioni.

Governare con le fake news

 La nostra percezione degli eventi è molto parziale, noi crediamo di avere un'informazione obiettiva e completa, ma non è il caso. Delle leggere omissioni, semplificazioni o distorsioni modificano in maniera sottile il nostro modo di vedere il mondo. Il fenomeno è ancora più marcato se alimentato dall'emozione, - vedi il caso del terrorismo, o la minaccia russa, o la guerra a Gaza.  Così le supposizioni diventano certezze  e pregiudizi realtà, la prudenza dei messaggi sostituito da messaggi categorici. 

Anche la guerra, sembra sottrarsi  alla razionalità. Si entra in guerra senza strategie nè obiettivi, distruggendo società durevolmente per dei motivi a corto termine.

Il maltrattamento di un piccolo gatto suscita più emozione sui social che il massacro di bambini in Iraq da parte delle aviazioni occidentali o i massacri recenti a Gaza. La morte di migliaia di persone e bambini dovuta ai bombardamenti in Iraq e di 40.000 venezuelani a causa delle sanzioni occidentali nel periodo 2017-2018   non hanno provocato nessuna reazione in Europa. In queste ultime tre settimane sono stati uccisi 3200 bambini tra Israele e Gaza. Le responsabilità non sono mai state sanzionate.  Si manifesta per i migranti, ma non contro gli interventi occidentali che obbligano questi popoli sul cammino dell'esilio...  si manifesta per lo sviluppo sostenibile, ma si prende la principale risorsa dei paesi in via di sviluppo, uomini e materie prime,  instaurando una nuova forma di colonialismo. Milioni di persone hanno manifestato contro il terrorismo, ma quanti hanno manifestato prima contro i bombardamenti che hanno poi provocato queste  violenze.  

La lettura parziale delle notizie genera false verità o post verità che poi condizionano la  nostra maniera  di vedere il problema e risolverlo.  E' assurdo pretendere di combattere il terrorismo in nome dei valori occidentali quali il rispetto del diritto internazionale e lo stato di diritto se poi si va a  bombardare Stati sovrani senza accordo delle Nazioni Unite. Vedi Iraq 2003  e Libia 2011.  Nel 2019 Trump fa bombardare la Siria. Durante la guerra in Afganistan (2001- 2021), durata venti anni, sono stati  uccisi migliaia di persone ed è stato lasciato il Paese in mano a i Talebani. Anche adesso la reazione di Israele agli esecrabili atti terroristi di Hamas non tiene conto minimamente dei Trattati Interazionali.

 Si fa uso della minaccia e della forza per ottenere cambiamenti politici: gli occidentali si sono lanciati a testa bassa in Afganistan  Libia, Siria e Iraq in conflitti presentati come indispensabili alla nostra sicurezza senza strategia, senza conoscenza dell'avversario e senza prevedere le conseguenze da noi.  E' evidente la nostra irresponsabilità, ma nessuno chiede che i responsabili siano giudicati, e anche le vittime sembrano consenzienti.       Libro consigliato:   Jacques Baud, governer par les fake news.

sabato 16 dicembre 2023

Pratiche di consapevolezza proposte da Thich Nhat Hanh

Cerca di essere in piena coscienza 24 ore al giorno, e non soltanto durante l’ora che ti concedi per una meditazione formale o leggendo le scritture o recitando preghiere”.


L’originalità del pensiero di Thich Nhat Hanh è dovuta soprattutto alle molteplici tecniche di consapevolezza ampiamente sperimentate ed insegnate, alla cui base troviamo sempre “I Cinque Addestramenti alla Consapevolezza”.

1- La consapevolezza del respiro.   La base della consapevolezza mentale è il respiro. La principale pratica di consapevolezza è la respirazione. Il respiro è un oggetto facile da individuare: “Inspirando, so che sto inspirando, espirando, so che sto espirando. Inspirando, sono calmo, espirando, sorrido”. “Il respiro consapevole riporta la mente al corpo, permettendoci di radicarci nel qui e ora, pienamente presenti, per vivere ogni momento della giornata in profondità”.

Solo quando la mente e il corpo sono riuniti possiamo veramente entrare in contatto con le meraviglie dentro di noi e aprirci alla vera vita; solo la respirazione consapevole potrà portarci la felicità e farci vivere pienamente nel momento presente. Alcuni insegnanti frequentanti il Plum Village hanno messo a punto la pratica “dei cinque respiri” da fare con tutte le classi durante la riunione del mattino che consiste nel fare cinque respiri (Inspiro, pausa, espiro, pausa) in consapevolezza per prepararsi alle lezioni.

2- Il suono della campana.  Un’altra tecnica di consapevolezza messa a punto da Thay e dalla sua comunità e proposta in ambito didattico è quella del suono della campana. Un maestro di campana, dopo aver recitato una strofa risveglia la campana producendo un suono smorzato che preannuncia l’arrivo di un suono pieno. La classe o la comunità si ferma per tre lunghi respiri in attesa dell’arrivo del suono pieno. In questo intervallo i miliardi di cellule del nostro corpo si mettono contemporaneamente in ‘ascolto profondo’ che porta pace, distensione al corpo e al sentire.

4- Camminare in consapevolezza.  Oltre alla classica meditazione seduta Thay propone il camminare in consapevolezza, ossia il camminare solo per camminare. Resisti alla corsa, e cammini, “coinvolgi la mente intera e tutto il corpo in quel passo e cerca di arrivare nel qui e ora, al cento per cento. Poi, sulle labbra il sorriso della vittoria, fa’ un altro passo dicendo sono a casa, sono a casa. La mia casa è proprio qui nel momento presente.

5- Condivisione di pensieri. Altra tecnica importante per arrivare a una comunicazione autentica è la condivisione dei nostri pensieri, emozioni e stati d’animo in un cerchio di persone sedute. Ogni persona, a turno, può prendere la parola, esporre il suo stato d’animo, le sue preoccupazioni attuali con parole amorevoli e gli altri ascoltano con attenzione profonda, con il cuore aperto, senza giudicare. L’ascolto profondo e la parola amorevole aiutano a entrare in contatto con le sofferenze dell’altro, creare un clima di empatia tra i partecipanti e un senso di vera comunità. Poi quando il gruppo acquisisce familiarità e fiducia reciproca, si possono introdurre argomenti più personali e sensibili e fare una specie di brain storming sull’argomento proposto.  Il metodo tradizionalmente usato a Plum Village, da chi vuole prendere la parola è quello di fare un inchino unendo i palmi delle mani, l’inchino viene rifatto quando ha finito di parlare. Un altro metodo è usare il bastone della parola, può parlare solo chi ha in mano il bastone che circola tra i partecipanti.

5- Innaffiare i fiori. 
Un'altra pratica di consapevolezza è quella di ricominciare da capo, e serve a chiarire la propria mente per creare un nuovo inizio con noi stessi e nelle relazioni che abbiamo con gli altri. Si inizia, con innaffiare i fiori e consiste semplicemente nel mostrare apprezzamento per gli altri nella tua famiglia o nella tua comunità di lavoro. Le persone, quando si sentono pronte a parlare, prendono in mano il vaso di fiori freschi che simbolizza la freschezza delle loro parole. Durante l’innaffiamento dei fiori, chi parla riconosce, senza adulazione, le qualità sane e meravigliose degli altri. Ognuno ha dei punti forti che possono essere visti con consapevolezza. Nessuno può interrompere la persona che tiene i fiori. A ciascuno è concesso tutto il tempo necessario, e tutti gli altri praticano un ascolto profondo. Quando una persona ha finito di parlare, si alza e lentamente riporta il vaso al centro della stanza.”

Libri di riferimento:  Thich Nhat Hanh, The miracle of Mindfulness, 
Thich Nhat Hanh e Katherien Weare, Insegnanti felici cambiano il mondo.

venerdì 15 dicembre 2023

Il cuore del pensiero di Thich Nhat Hanh

Thich Nhat Hanh (1926-2022), Maestro di pace, è stato monaco zen vietnamita, poeta e pacifista, famoso in tutto il mondo per la saggezza e per le straordinarie doti intellettuali e morali. Martin Luther King lo definì “apostolo della pace e della nonviolenza” e lo propose per il Nobel per la pace. Per molti anni, Thich Nhat Hanh ha regolarmente viaggiato in America e in Europa, al fine di insegnare l’arte di “vivere consapevolmente”.    

Thich Nhat Hanh ci invita a vedere come siamo tutti interconnessi e come le nostre azioni influenzino continuamente il mondo intorno a noi. La pratica diventa, quindi, un atto collettivo, un contributo alla riduzione delle sofferenze nel mondo e la meditazione ci spinge verso una compassione che si estende a tutti gli esseri viventi. Questo modo di connettersi crea una rete di relazioni basate sulla compassione reciproca. Questa compassione si estende anche alla natura e a tutto ciò che ci circonda, incoraggiandoci a coltivare "l'interessere", un ben preciso senso di interconnessione con tutto l'universo.

Nel testo Il miracolo della presenza mentale, un vero manuale di meditazione, vengono presentati diversi metodi per meditare, precisando che “la meditazione non deve essere intesa come evasione, ma come un incontro sereno con la realtà”, un modo di scoprire come vivere pienamente il momento presente.

Uno degli insegnamenti chiave di Thich Nhat Hanh è la consapevolezza del respiro. Egli invita le persone a ritornare al loro respiro come mezzo per stabilizzare la mente e connettersi con la realtà presente. La respirazione consapevole diventa un punto focale che permette di ancorare la mente nell’adesso, offrendo un rifugio tranquillo, lontano dalle frenesie della vita quotidiana.

Un posto particolarmente rilevante, all’interno delle varie pratiche meditative, viene assegnato alla meditazione sulla “gentilezza amorevole”, una pratica che, partendo dal “conosci te stesso”, ci sospinge a coltivare la comprensione, l’amore e la compassione, prima per noi stessi e poi per gli altri. Occorre liberare la mente da “rabbia, preoccupazioni, paura e ansia” e a generare e coltivare “semi di pace, gioia e liberazione”, facendo sempre massima attenzione al rischio che lo svincolarsi dall’”attaccamento” possa produrre indifferenza.   In una conferenza, dopo l'attacco alle torri gemelle, disse: “Non è l’uomo il vero nemico dell’uomo. Il vero nemico è l’ignoranza, la discriminazione, la paura, l’avidità, e la violenza.” Secondo Thay, il Buddhismo  è in grado di offrirci “l’unico antidoto alla violenza, all’odio e alla rabbia” grazie alla pratica della compassione e della gentilezza amorevole, le quali “non possono nascere così per caso”, ma soltanto in seguito alla pratica del “guardare in profondità”.

Il maestro vietnamita puntualizza con ricorrente fermezza che il meditante non dovrebbe mai  limitarsi a praticare soltanto per veder sorgere nella propria mente i cosiddetti “Quattro incommensurabili stati mentali” (amore, compassione, gioia ed equanimità), ma anche per far sì che essi penetrino nel mondo, per mezzo di parole e azioni. Pratichiamo finché non vediamo gli effetti concreti del nostro amore sugli altri, finché non siamo in grado di offrire pace e felicità a tutti, anche a coloro che si sono comportati in modo tutt’altro che amabile verso di noi.

Respirate – ci dice – coscientemente mentre abbracciate, e abbracciate con tutto il corpo, l’anima e il cuore. (…) Abbracciandola e inspirando ed espirando per tre volte, fate sì che quella persona diventi reale, e anche voi diventate davvero reali.” L’abbraccio assume la valenza di un vero gesto di apertura verso l’altro, un gesto di dichiarazione del nostro concreto desiderio di voler comprendere l’altro e di volere la sua felicità.

Con Thay si affermò lo sviluppo del “buddhismo impegnato”, che vede i buddhisti non isolati nella foresta o in un eremo, ma attivi nella società, per alleviare dolore e paure. Secondo Thich Nhat Hanh, infatti, la mindfulness buddhista è sempre socialmente impegnata, concentrata sul rimedio alle cause della sofferenza e dell'oppressione del mondo. Può servire come pratica di sostegno per un sistema sociale più inclusivo e come forzaer sfidare le iniquità strutturali ed economiche che hanno schiavizzato i poveri e gli affamati.
"Solo l’amore, la compassione e la comprensione – infatti – possono veramente portare un cambiamento, perché l’odio - come ci spiega magnificamente il Dhammapada  - non può essere eliminato dall’odio.

Coloro che hanno a cuore la causa della pace e che desiderano ottenerla sono chiamati, prima di ogni altra cosa, a praticare l’onestà, l’umiltà e la capacità di usare un linguaggio amorevole, vivendo in maniera semplice, liberi da ogni forma di avidità e desiderio di possesso.  Il nirvana - ci dice - è la liberazione da tutte le idee e le opinioni: “Quando entri in contatto con la realtà non hai più opinioni. Hai la saggezza”.  

Thich Nhat Hanh, d’altra parte, impartiva insegnamenti in ogni momento. Come solo i grandi maestri possono, incarnava l'armonia di pensiero, parola, azione.  Ripeteva continuamente:  “Quando inspiri, torni a te stesso. Quando espiri rilasci ogni tensione.
La pratica della consapevolezza, pertanto, consisterà nel comprendere, rispettare e sviluppare le nostre innate caratteristiche, non soltanto in vista del proprio personale bene, ma per la felicità di tutti gli esseri viventi. Se vogliamo essere felici, dobbiamo smettere di continuare ad innaffiare i semi nocivi e  imparare, invece, ad innaffiare soprattutto il seme della consapevolezza che è dentro di noi. 
Impegnarsi nel cercare di ravvivare il nostro fiore, ogni volta che tenderà ad appassire, ci obbligherà a fermarci, imparando ad arrestare il marasma delle preoccupazioni, delle ansie e della tristezza, “così da poter trovare (soprattutto attraverso la pratica meditativa) pace e felicità e sorridere ancora.”
Siamo chiamati a trasformare il momento presente nel “momento più meraviglioso” e possiamo riuscirci a condizione di imparare a fermare la nostra sciocca corsa verso il futuro e smettendo di torturarci per il passato.

Indispensabile sarà, perciò, trasformare le tossine della nostra coscienza individuale e collettiva: “La pace comincia dal prendersi cura ogni giorno del proprio corpo e della propria mente.” Thay crede che sia realmente possibile, grazie ad un sincero impegno generale, trasformare la cultura della guerra e della violenza in modo da creare una cultura della pace in cui siano possibili “uno sviluppo sostenibile, la protezione dell’ambiente e la realizzazione personale di ogni essere umano”, creando, così, un mondo in cui siano presenti dignità e armonia, giustizia, solidarietà, libertà e prosperità.
Questi i punti programmatici del Manifesto del 2000:
    • Rispettare la vita e la dignità di ogni persona senza discriminazione o pregiudizio.
   • Praticare la non violenza attiva, rifiutando la violenza in tutte le sue forme, fisica e sessuale, in particolare verso i più indifesi e vulnerabili, come i bambini e gli adolescenti.
    • Condividere il proprio tempo e le proprie risorse materiali nello spirito della generosità per porre fine all’esclusione, all’ingiustizia e all’oppressione politica ed economica.
    • Difendere la libertà di espressione e le differenze culturali, dando sempre la preferenza al dialogo e all’ascolto piuttosto che al fanatismo,alla maldicenza e al rifiuto degli altri.
    • Promuovere un consumo e un comportamento responsabili e delle pratiche di sviluppo che rispettino tutte le forme di vita e preservino l’equilibrio della natura sul nostro pianeta.
    • Contribuire allo sviluppo della propria comunità, con la piena partecipazione delle donne e il rispetto dei principi democratici, in modo da creare insieme nuove forme di solidarietà.” 

Nel Buddhismo, ci dice, il Buddha viene visto come una porta, come un maestro che ci indica la via, una porta a cui, ovviamente, viene attribuito un particolare valore, perché ci fornisce “accesso al regno della consapevolezza, dell’amorevolezza, della pace e della gioia.”
Ma, al contempo, si ritiene che esistano ben ottantaquattromila porte del Dharma, ovvero della dottrina. “Se siete abbastanza fortunati - aggiunge -  da trovare una porta, non sarebbe da veri buddhisti sostenere che sia l’unica.
Il Buddha, ci spiega, non espose una “dottrina assoluta”. Per ogni buddhista, quindi, l’attaccamento dogmatico ad una qualche dottrina rappresenterebbe un “tradimento” dello stesso Buddhismo. Anzi arriva anche a scoraggiare coloro che vorrebbero abbandonare la loro religione per abbracciare il buddhismo, esortando sempre ad andare oltre la dimensione esteriore del proprio credo, al fine di comprenderne meglio i più profondi messaggi spirituali.

In piena sintonia con il pensiero teosofico e con quello gandhiano, quindi, sostiene che nessuna singola tradizione religiosa  può ritenersi depositaria del monopolio dell’intera verità.Dobbiamo cogliere -dice - i valori migliori delle diverse tradizioni e lavorare insieme per rimuovere le tensioni fra le tradizioni stesse: solo così potremo offrire un’opportunità alla pace. Dobbiamo unirci e cercare in profondità il modo per aiutare la gente a mettere nuove radici. Dobbiamo indicare il miglior percorso per raggiungere la salute fisica, mentale e spirituale della nostra nazione e della Terra".

La via che viene insistentemente proposta (e praticata) è quella del dialogo, attraverso il quale i credenti di varie tradizioni potranno riconoscere somiglianze e differenze. “E’ bene - comunque - che un’arancia sia un’arancia e un mango sia un mango.”  Entrambi, però, nonostante le differenze di colori, profumi e sapori, meritano di essere considerati, senza odiosi esclusivismi e gerarchizzazioni, “frutti genuini”: grazie ad una  approfondita osservazione, infatti, potremo renderci conto “che tutti e due i frutti hanno dentro di sé i raggi del sole, la pioggia, i minerali e la terra. Solo le loro manifestazioni sono diverse.”

Ovviamente, affinché possa crearsi un prezioso rapporto di dialogo costruttivo, capace, al contempo, sia di indurre a comprendere e ad amare maggiormente le proprie radici, sia di assaporare ed anche assimilare le cose migliori delle altre fedi e dottrine, dovranno essere abbandonate le pretese di primato e di monopolio, come quella espressa da Giovanni Paolo II nel suo Varcare la soglia della speranza, che, presentando il Cristianesimo, secondo la consolidata tradizione cattolica, come “l’unica via di salvezza”, renderebbe, di fatto, impossibile qualsiasi sincero dialogo, fomentando, altresì, discriminazione  e intolleranza. 

Il sogno di Thich Nath Hanh è, quindi, quello di tutti i grandi saggi e maestri, dal neoplatonismo di Ammonio Sacca all’umanesimo di Pico della Mirandola, dalla teosofia di  Madame Blavatsky al pensiero nonviolento di Aldo Capitini: le diverse scuole religiose,  impegnandosi con grande serietà  in un dialogo fiduciosamente aperto e animato da  spirito di autentico ecumenismo, potranno, nello stesso tempo, riscoprire gli aspetti più preziosi della propria dottrina e apprezzare ed apprendere fruttuosamente gli elementi di maggior valore presenti in ciascun credo.
Comprensione e amore potranno, finalmente, sgretolare pregiudizi, diffidenze e intolleranza, facendo in modo che, su questo campo di pratica, la pace possa aprire  “i suoi petali come un fiore meraviglioso”. 

La missione di Thich Nhat Hanh è stata quella di diffondere amore e positività, lo stesso obbiettivo di quando, appena sedicenne, entrò nel monastero buddhista: portare pace e amore al mondo intero. Thich Nhat Hanh è stato ed è il punto di riferimento per tutte quelle persone che credono nella forza positiva degli esseri umani.      

"Non dare la colpa agli altri: se hai capito e dimostri di aver capito, la situazione cambierà“.
Il vero amore è libero da legami: amare una persona significa volerla accompagnare nel percorso della vita senza cambiarla. “Se il tuo amore è solo possesso, non è amore. Il vero amore crea libertà“.
 "Il momento presente è tutto ciò che hai". L’unica cosa che abbiamo realmente è il momento presente. Ieri è un passato irraggiungibile, domani un futuro incerto. Vivere al massimo il momento presente è tutto ciò che davvero ci serve per essere felici.

Introduzione al Blog

Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi personali.  Nel blog c...