giovedì 28 ottobre 2021

Esperienze ai confini della morte

L’aldilà esiste, la morte non esiste, la vita cambia e non sparisce nel nulla. - Padre Mariano Ballester

Il libro Milioni di farfalle è un saggio del neurochirurgo statunitense Eben Alexander, riguardante la sua esperienza ai confini della morte. Nel 2008 ha contratto una rara forma di meningite e per sette giorni è entrato in coma profondo che ha azzerato completamente l'attività della sua corteccia cerebrale. In pratica il suo cervello si è completamente spento, eppure una parte di lui era ancora vigile e ha intrapreso uno straordinario viaggio verso il Paradiso:  "Mi ritrovai in un mondo completamente nuovo. Il mondo più bello e più strano che avessi mai visto... Luminoso, vibrante, estatico, stupefacente. Ero circondato da milioni di farfalle..."  Il dottor Alexander non ha mai creduto alla vita dopo la morte, eppure è toccato a lui esserne testimone. . Al suo risveglio il dottor Alexander era un uomo diverso, costretto a rivedere le sue posizioni profondamente razionali sulla vita e sulla morte. 

Per il Teologo Vito Mancuso, nel testo L'anima e il suo destino, la morte NON è qualcosa di negativo. Questo testo è un saggio sull’anima, ed ha come obbiettivo di “sostenere l’esistenza di un futuro di vita personale oltre la morte”, problema che tocca cruciali questioni dottrinarie.  Il teologo indaga con coraggio il delicato argomento alla luce della coscienza laica presente in ogni uomo e che “cerca la verità per se stessa”.

La morte è una parte strutturata della vita. Nel Tibet il termine Delok significa  significa letteralmente "tornato dalla morte", e tradizionalmente i délok sono persone che apparentemente "muoiono" a causa di una malattia, e si trovano a viaggiare nel bardo, ossia a vivere il rito di passaggio tra la vita e la morte - conosciuto in occidente anche come “Il libro Tibetano dei morti”. Visitano gli inferni o i paradisi, oppure i regni di buddha. Dopo un periodo di circa una settimana il délok viene rimandato al corpo con un messaggio del Signore della Morte per i vivi, esortandoli alla pratica spirituale e a un modo di vivere benefico. Le biografie di alcuni dei délok più famosi sono state scritte e sono cantate in tutto il Tibet da menestrelli itineranti.

Brian Weiss (1944 - ) è uno psichiatra e scrittore statunitense. I suoi interessi includono aree pseudoscientifiche quali la reincarnazione, l'ipnosi regressiva, la progressione a vite future e la sopravvivenza dell'anima dopo la morte. Brian Weiss utilizza la terapia regressiva per approfondire la sopravvivenza dell'anima dopo la morte, sia per quanto concerne la recessione a vite passate, sia per la progressione a vite future. Secondo l'autore, molti dei disturbi fisici ed emozionali della vita attuale dipendono da esperienze passate. Ricordare il passato per curare il presente, quindi, per consentire all'inconscio di fare emergere quelle esperienze che, una volta comprese, permetteranno al paziente di guarire. Questo processo viene descritto nel testo Oltre le porte del tempo.

Nel testo Il Viaggio delle Anime del 2016 - un libro di Michael Newton, l'autore presenta il resoconto delle esperienze di diverse persone (medium, sensitivi, ecc)  da lui poste in uno stato di "sovra coscienza", per scavare nelle loro memorie più profonde, le vite dopo la morte fisica. Ogni individuo narra in maniera emozionante e con dettagli straordinari le proprie esperienze nel mondo spirituale, soffermandosi sulle sensazioni al momento della morte, le percezioni subito dopo il trapasso, lo svolgimento della nuova vita e il ritorno alla manifestazione terrena il cui scopo diventa man mano più chiaro.

Anche i Vangeli recitano: "nella casa del Padre mio ci sono molti posti, io vado a preparare un posto, io ritornerò e vi porterò con me". 

Le esperienze vicine alla morte e le esperienze dopo la morte sono molto diverse. L'esperienza dopo la morte fisica si concretizza come l'entrata in un tunnel, dopo il tunnel si avverte un'attrazione soave e continua, coadiuvata dalla luce,  si avverte la presenza una guida con cui si ha una sintonia particolare, una consapevolezza di dove si sta andando, che rappresenta una tappa di guarigione. 

A Londra nel 2018, alcuni volontari hanno accettato di assumere dimetiltriptammina (DMT), un potente allucinogeno, e hanno sperimentato il brivido un po' macabro di simulare gli ultimi istanti di vita, per raccontare poi le loro sensazioni. La simulazione è avvenuta nell'ambito di uno studio condotto da un gruppo di ricerca del prestigioso Imperial College di Londra, i cui risultati sono pubblicati su Frontiers in Psychology.  Sotto effetto della DMT si scatenano allucinazioni intense, al limite del trascendente: tutti i 13 volontari dello studio hanno parlato di esperienze extracorporee, di una sensazione di pace interiore e hanno descritto la percezione di passare in un'altra dimensione, quasi paradisiaca.

La sfida del cambiamento - Jiddu Krishnamurti

 Jiddu Krishnamurti (1895 - 1986) è stato una grande figura spirituale del XX secolo. Dopo la gioventù passata negli ambienti della teosofia, non volle più appartenere a nessuna organizzazione o movimento spirituale.

  Gianfranco Bertagni spiega Krishnamurti -  https://www.youtube.com/watch?v=cbEvXmD9NPk

  J. Krishnamurti: Che cosa è lo yoga   -            https://www.youtube.com/watch?v=chPBmSzvStQ

  J. Krishnamurti - La sfida del cambiamento  -  Film biografico su J. Krishnamurti del 1984                             https://www.youtube.com/watch?v=lWVtovuTRE0

Libri consigliati sul tema della NON dualità

La meraviglia dell’essere di Jeff Foster,  questo libro del 2017 raccoglie in un'edizione congiunta e completamente riveduta i primi due libri di Jeff Foster che lo hanno portato alla notorietà internazionale: Life Without a Centre (Vita senza un centro) e Beyond Awakening (Oltre il risveglio).   Questo libro è sulla fine della ricerca, la fine della lotta, la fine della sofferenza, la fine dell'idea che siate persone separate dalla completezza.         Jeff Foster propone un percorso che  cambierà profondamente l'individuo e dove, ad un tratto, le parole non serviranno più. ... Nei nostri tentativi di cambiare, migliorare noi stessi o diventare "illuminati", finiamo per ignorare questa intimità senza parole, che è il nostro diritto di nascita e la nostra vera casa.

 
 
Altro libro consigliato del 2017: The Nature of Consciousness: Essays on the Unity of Mind and Matter di Rupert Spira e Deepak Chopra, Kastrup Bernardo.   Una serie di saggi portano all'esplorazione della natura di questo elemento conoscitivo che ognuno di noi chiama "io".       The Nature of Consciousness postula che la coscienza è la realtà fondamentale dell'apparente dualità di mente e materia. Mostra che il trascurare o ignorare questa realtà è la causa principale dell'infelicità esistenziale che pervade e motiva la vita della maggior parte delle persone, così come i conflitti più ampi che esistono tra comunità e nazioni. Al contrario, il libro suggerisce che il riconoscimento della realtà fondamentale della coscienza è il primo passo nella ricerca di una felicità duratura e la base per la pace nel mondo.

Rupert Spira è l'autore di The Essence of Non‑Duality · Teachings ·- Deepak Chopra, autore di Tu sei l'universo, Soluzioni spirituali e Super cervello. 

Il Maestro Giorgio Furlan

Giorgio Furlan è stato uno dei pochi grandi Maestri yoga di Roma insieme ad Antonio Nuzzo e Vincenzo Russo.  Ha lasciato il corpo  a  dicembre 2021.

Furlan inizia sin da giovane ad interessarsi allo Yoga e alla Spititualità orientale, frequenta da allievo il Maestro Carlo Patrian unico e indiscusso precursore dello Yoga in Italia.  Carlo Patrian a soli 15 anni rimase affascinato dagli scritti di Yogi Ramacharaka, pseudonimo di William Walker Atkinson, che dal 1900 al 1912 pubblicò testi su yoga e induismo ancora oggi di grande attualità. Pubblicò il volume «Yoga» per la Sperling & Kupfer e nel 1965 aprì una scuola di yoga. Il felice sodalizio con la Divine Life Society lo portò a promuovere l' incontro fra papa Paolo VI e il monaco Swami Chidananda. Chidananda Saraswati era presidente della Divine Life Society, di Rishikesh, India. Noto in India come yogi e leader spirituale, succedette come Presidente della Divine Life Society nel 1963, dopo la morte del suo predecessore, Sivananda Saraswati, che fondò la Società.

Giorgio Furlan si è diplomato Maestro Yoga presso la più importante e conosciuta scuola Yoga dell’India fondata da Swami Sivananda Saraswati: la Divine Life Society di Rishikesh.  

E'  autore di importanti libri sullo Yoga nella sua forma originaria tra i quali: "Esperienze Yoga”, “Condotti e centri supersottili”, “Yoga: Armonia, Potenza, Saggezza”, “Lo Yoga della Conoscenza”, editati dalle produzioni Babaji.  

Giorgio Furlan con gli studi di medicina all'Università di Roma e con la conoscenza delle medicine biologiche orientali ha saputo creare un utile connubio tra Oriente e Occidente.   

Un'altra importantissima iniziativa, nata dal desiderio del Maestro Giorgio Furlan di divulgare la scienza dello Yoga, è l'annuale Congresso Internazionale: "Giornata dello Yoga" che ha l'importante scopo di creare un ponte tra la scienza e la cultura occidentale alla scienza e saggezza orientale.  

Il Maestro Giorgio Furlan, è fondatore dell'Accademia Yoga 1969, vedi http://www.accademiayoga.it/informazioni/giorgiofurlan.html  che ha come scopo la diffusione  della millenaria Scienza dello Yoga nel mondo occidentale, secondo gli antichi insegnamenti dei Maestri realizzati (Rishi) dell'India.     Per questo motivo L'Accademia Yoga è in continuo contatto con le più importanti scuole di yoga dell'India.

I doni dello yoga - del Maestro Antonio Nuzzo

Lo Hatha Yoga non è una pratica per il benessere, contro il mal di schiena o antistress, ma un sofisticato percorso di ricerca spirituale, la ricongiunzione tra il sé e il Sé

Il testo I doni dello Yoga, per praticare una vita piena (pubblicato nel 2019, Edizioni Morellini - Yoga Journal)  è stato scritto dal Maestro Antonio Nuzzo e a cura di Mario Raffaele Conti. Mario Raffaele Conti è collaboratore di Yoga Journal. Esperto di religioni, ha trovato il suo sentiero nello yoga.
Puoi trovare la presentazione del libro al seguente link:  https://www.youtube.com/watch?v=TzOcllSDnqw      Alla presentazione ha partecipato anche Guido Gabrielli, direttore di Yoga Journal Italia. 

Uno dei maestri di yoga più importanti d'Italia, racconta in un libro il suo Yoga della Via di Mezzo. Il concetto di yoga della via di mezzo non preclude la trascendenza, ma cura tutti gli aspetti collegati all'immanenza. Secondo il Maestro Antonio Nuzzo si deve cercare di far coincidere immanenza e trascendenza, ossia mantenere la propria responsabilità in questa società, senza tralasciare la vita spirituale.
André Van Lysebeth, il maestro di Antonio e uno dei primi ad introdurre lo yoga in Europa, era un uomo molto attivo e nello stesso tempo capace di entrare in una dimensione di profonda trascendenza.
Come può cambiare la percezione e la vita quotidiana dell’uomo occidentale praticando yoga? Secondo il Maestro Antonio Nuzzo lo yoga non è una pratica per il benessere o antistress, ma un percorso spirituale che ha per scopo il ricongiungimento del sè con il Sè, l'eliminazione della sofferenza e il raggiungimento della beatitudine. Di yoga ce n'è uno solo. Significa unione e l'uomo occidentale purtroppo è riuscito a frammentarlo in mille rivoli.
In Occidente chi pratica, ricerca un'ideale di yogin immaginario e ideale, ciò porta ad atteggiamenti repressivi e a disagi fisici e squilibri interiori.

Si deve praticate lo yoga se si vuole conoscere l'essenza di ciò che siamo, lo yoga è un percorso che permette di agire contemporaneamente su corpo e mente, e cerca la percezione della totalità, cerca di ridimensionare l'influenza dell'Ego e migliorare la qualità dell'osservazione. Quando le condizioni interiori saranno pronte, allora grazie alla logica e le scritture si potrà provare a percepire una realtà più profonda. Lo yoga è uno straordinario viaggio interiore che porta ad un grande equilibrio psichico e fisico. Lo yoga è la scienza della spiritualità, ed intraprendere il percorso è cercare di arrivare in una dimensione in cui convivono passato, presente, futuro e ad una coscienza liberata dalle fluttuazioni della mente.
Lo yoga è una pratica che ci mette in relazione con l'inconscio, nel costruire la stabilità della posizione si costruisce la stabilità interiore e un nuovo modo di affrontare la vita.  E' importante capire lo spirito dello yoga prima di buttarsi nella pratica.

Le 10 condizioni per definire la pratica yoga:

  •  assumete un asana secondo le vostre possibilità, questa è l'asana perfetta, fermatevi appena    prima di sentire dolore. 
  • l'asana deve essere comoda e confortevole, a seconda delle nostre possibilità,
  •  rilassate il corpo,
  •  mantenete il corpo immobile, as significa immobile,
  •  per lungo tempo,
  •  espandete la coscienza nel corpo globale, e cercate la dimensione dell'autentica realtà interiore,
  •  ascoltate tutte le sensazioni dall'abbinamento asana e respirazione,
  •  non cercate un risultato,
  • se ci sono queste condizioni, si attiverà un processo che comincerà a lavorare nel subconscio,
  • mettere in atto gli yama e niyama.

Nel testo il Maestro Antonio Nuzzo ci illustra il suo percorso e  ripercorre le tappe dello sviluppo dello yoga in Italia e in Europa. La nascita della rivista “Yoga” nel 1963.  Nel 1971 la creazione del Centro studi di Yoga di Roma con Barbara Woelher. Nel 1972 il primo festival yoga in Europa. Nel 1974 la prima Federazione Italiana di Yoga. 1977 la nascita dell'Istituto per la formazione di insegnanti yoga. Nel 2000 la nascita dell'Advaita Yoga sangha  e della Federazione Mediterranea Yoga.

Alla domanda: Cosa un insegnante di Yoga NON può NON sapere?  Antonio non ha avuto dubbi nel rispondere: L'insegnamento che è proposto da Patanjali negli Yoga Sutra. Gli Yoga Sutra sono il parametro per determinare se la pratica è yoga o non yoga. Fuori dalla via di Patanjali il rischio di alimentare illusioni è fortissimo.   Avere una visione mistica significa osservare la totalità del corpo ed espandere la coscienza, la coscienza del Tutto. Insegnare Yoga è insegnare a gestire simultaneamente corpo, mente e respiro in una progressione spirituale che ci porterà ad una coscienza totale del corpo, ad una nuova dimensione interiore e ci farà entrare in uno stato quasi meditativo.   La pratica (Kriya yoga) si deve sviluppare attraverso l'azione, lo studio di sé e dei testi e la devozione del divino, Tutto il resto è pilates.

Perchè si dovrebbe praticare yoga?  Uno yogi ci risponderà “ Uomo stolto, ma per ottenere il samadhi”; Il samadhi la leggenda dello yoga, l'esperienza ultima dei ricercatori orientali. E' il momento in cui il particolare si perde nel Tutto, in cui il sé e il Sè diventano una cosa sola, oltre il quale c'è l'ineffabile. Il samadhi si può raggiungere con la fede, l'energia e la memoria. Patanjali dice che dobbiamo piegare al nostro volere l'Ego. Per avanzare nel percorso occorre una pratica continua (abhyasa) e un distacco (vairagya).  Patanjali dà vita alle tre grandi vie dello yoga: bhakti yoga, karma yoga, jnana yoga. Lo yoga si basa sulla combinazione di tre elementi, l'ascesi, lo studio, la devozione all'energia divina  cosmica (Isvara).

Cosa succederà, se con il passare del tempo non riusciremo più a fare la posizione del pavone?  L'avidya (ignoranza) nello yoga è il credere all'eterna giovinezza e alla salute perenne. Confondere l'io (asmita) con l'ego è una delle cause di sofferenza.  Occorre imparare a vivere il momento presente per superare l'ultimo klesha, la paura della morte. La felicità non viene da fuori di te.

Per la realizzazione del sé, Patanjali ci suggerisce i cinque yama e i cinque niyama: Gli yama sono: non violenza, verità, onestà, moderazione, il non attaccamento, come ad esempio alla memoria, al passato.  I niyama sono: la purificazione (shat karma), la contentezza per ciò che si ha, l'ascesi, lo studio dei testi sacri, la devozione ad Isvara che rappresenta l'energia divina, il cosmo, la natura.

L'ansia ci riempie di tossine e la staticità dell'asana le toglie.  In India si dice che la vita di un individuo si conti in respiri. Allungando il respiro si allunga la vita. Attraverso il respiro si controlla il prana (l'energia) e si influenzano i processi mentali. Durante le pratiche di respirazione occorre essere consapevoli delle pause, tra inspiro ed espiro e tra espiro ed inspiro  e cercare di allungarle, producendo una dolce trasformazione del respiro. Calmare il respiro per calmare la mente. É il pre-requisito della meditazione.   Non ci si esercita alla meditazione, dhyana accade. Il dhyana è  il tempo sospeso, la ritrazione dei sensi, l'universo che entra dentro di noi e noi in esso.  Se la trasformazione dovrà avvenire, avverrà, Ma non sarà merito nostro.
Con la pratica yoga si cambia, si cambiano i gusti, si diventa vegetariani, si smette di fumare, si arriva a coltivare Yama e Niyama. Nello yoga non bisogna porsi obiettivi, si cerca di trasformare la mente e depotenziare l'Ego ed andare verso il Sè. Fino ad arrivare al distacco dal risultato dell'azione. L'hatha yoga è molto pericoloso, perchè spesso il raggiungimento di posizioni complesse allontana dall'obiettivo, per questo negli ashram si fa soprattutto karma yoga.
La posizione o asana deve essere uno stimolo all'osservazione, un laboratorio dell'inconscio. Se vogliamo arrivare alle radici dell'inconscio dobbiamo fare hatha yoga. L'obiettivo è arrivare al distacco e alla consapevolezza del Sè. L'azione corporea è solo uno strumento, non dovremmo mai separarla dalla ricerca interiore.  Il nostro ideale deve essere quello di diventare “una statua che respira”- Andrè Van Lysebeth.  Questo è l’Hatha Yoga per Antonio Nuzzo. Una posizione dove l’intenzione e l’azione hanno una direzione chiara e sincera. 

Nel libro sono riportati anche consigli pratici come la dieta del dott. Herbert Shelton. Antonio raccomanda ai vegetariani l'assunzione della vitamina B12, e racconta che andare in un ristorante e dire non mangio quello, non mangio questo, è come affermare di essere un'altra cosa rispetto agli altri. Scherzando dice anche:  "A volte mangio il pesce per comunicare con la parte immanente della mia esistenza."

Di seguito riporto alcune domande e risposte prese da Yoga Journal vedi link:  http://www.yogajournal.it/antonio-nuzzo-vi-racconto-il-mio-libro/

Yoga Journal:  Come mai un libro dopo tutti questi anni?.
Antonio Nuzzo:  Sono sempre stato sollecitato a scrivere un libro, ma per fortuna non l’ho fatto. Se lo avessi scritto, avrei fatto un archivio di pratiche, ricercandone i benefici. Mentre, dopo anni di riflessione e di pratica, sono giunto a capire che lo yoga è un processo che coinvolge l’uomo nelle parti più profonde e intime. Sono giunto alla conclusione che sia più importante l’attitudine interiore che l’azione fisica. Questa è un supporto alla trasformazione, per sostenere la rivoluzione mentale. Come nella pratica giapponese del tiro con l’arco: non è importante l’obiettivo, il bersaglio, ma la costruzione dell’interiorità, il processo per il tiro.

Y. J. È questo l’insegnamento che hai avuto dai numerosi maestri che hai frequentato?
A.N.  Questo è ciò che ho appreso attraverso la pratica di asana, e fin qui mi si è rivelata da sola, nessuno me lo aveva mai detto prima. Ho avuto molte influenze e indizi, ma è necessario un profondo lavoro interiore, senza escludersi dal mondo circostante. Bisogna avere una chiarezza di visione interiore per produrre una azione perfetta. Una persona emotivamente incerta, coinvolta in quello che fa, non riesce a coglierne il senso.  La perfezione fisica si raggiunge quando la mente è sufficientemente distaccata. Lo so, sembra una contraddizione:l’azione e l’intenzione si uniscono per creare la sinergia interna perfetta. Senza tutto questo, lo Yoga è ginnastica.

Y.J. Come sei giunto a questa riflessione?
A.N. Ci ho messo tanto a capirlo. Ho praticato tanto, con molto impegno fisico e perfezionando le posture, fino a creare una interiorità distaccata dalla forma. Ero nello spirito. Non si può tenere una posizione per oltre mezz’ora senza arrivare al distacco, ma in tempi brevi questo distacco semplicemente non accade. Guardandomi attorno mi sono reso conto che tutti praticano uno yoga dinamico e mi sono chiesto a quale interiorità possa portare. Pratico anche io il Saluto al Sole in maniera dinamica, ma la dimensione psichica a cui essa mi porta è imparagonabile con quel distacco profondo e interiore che c’è in una posizione statica.

 Y.J. Il tuo libro si confronta con l’interpretazione di alcuni Yoga Sutra di Patañjali. Perché li hai scelti?
A.N.  Ho letto i testi classici della tradizione, come Hatha Yoga Pradipika e ho letto Patañjali. Secondo me il primo è apparentemente più accessibile, ma ad un approfondimento appare ermetico, non comprensibile. Faccio un esempio: quando viene spiegata la pratica di Pashimottanasana, “distendi le gambe, porta avanti il busto, chinati verso le ginocchia e in questa posizione troverai l’immortalità”.
Questa ultima frase è ambigua, cosa significa immortalità? Il più delle volte la gente pensa alla diminuzione di malattie e a una vita più lunga. In realtà si sottintende che in quella posizione trascendi il corpo fisico e entri in relazione con la tua parte immortale. Nulla a che vedere con la salute fisica: è un indizio per approfondire oltre. 

Y.J. Mentre negli Yoga Sutra?
A.N. A Patañjali, invece, si deve l’onore del fatto che senza Yoga Sutra, lo yoga non sarebbe mai esistito. Lo yoga ha avuto la sua identità (darshana) grazie a lui. Tutte le branche dello yoga (Bhakti, Tantra, Jnana, Karmaecc) si sono appoggiate a lui e lo hanno modellato alle loro sensibilità e pratiche. La famiglia dello yoga ha come capofamiglia Patañjali. Mi ha sollecitato a trovare delle risposte alle mie intuizioni che non trovavo in altri testi.

 Y.J.  Come hai selezionato i Sutra da commentare?
A.N. Ho scelto i Sutra di Patañjali in base all’utilizzo che un praticante che vuole entrare nel mondo yoga possa farne, gli elementi essenziali. Il primo capitolo parla delle finalità, il secondo della struttura della sadhana (strategia di vita), gli altri due sono i risultati dell’attuazione dei primi due. Ho pensato a quel praticante che oggi avesse bisogno di sapere cosa fare nel momento in cui si ricongiunge con se stesso sul tappetino. Ho estrapolato i Sutra del primo capitolo per consentire di intravedere quali siano gli obiettivi principali. Poi successivamente, nel secondo capitolo, alcuni Sutra determinanti per attivare la propria interiorità. In questo modo si riesce a costruire una pratica interiore durante l’azione.

 Y.J. Il libro è stato curato anche da un tuo allievo, Mario Raffaele Conti, giornalista e ricercatore spirituale. Come è stato il confronto?
A.N. Mi ha coinvolto l’entusiasmo di Mario e la sua creatività divulgativa. Ad ogni mia riflessione su particolari Sutra lui rispondeva con una metafora, a volte molto ironica, ma impeccabilmente chiara. Ha saputo dare un linguaggio fruibile, contemporaneo per il lettore e non ha mai tradito il rispetto della tradizione e l’intenzione profonda alla base dello Yoga.

Y.J. Il libro è preceduto da un capitolo in cui racconti, anche con un certo stupore a te stesso, della tua lunga storia con lo yoga. Su tutti primeggia la figura di Andrè Van Lysebeth.
A.N. L’incontro con Andrè Van Lysebeth è stato fondamentale per iniziare a capire il senso dello Yoga. Il suo più grande insegnamento, per me, è stato quello di portare lo yoga in qualsiasi azione quotidiana compiesse. Era instancabile: praticava, leggeva, conduceva insieme a sua moglie Denise un centro di Yoga, si era comprato una tipografia, ove tra le altre cose, dirigeva assieme a sua moglie Denise la rivista”Yoga”, che poi veicolava per abbonamento. Si alzava al mattino e faceva le sue pratiche per un’ora poi, dopo colazione, si muoveva in auto imparando le lingue con le audiocassette. Ogni volta che si allacciava le scarpe si piegava in Padahstasana (la Posizione delle Mani sotto i Piedi), con una naturalezza tale da sembrare un gesto quotidiano, familiare. Una lezione fondamentale per comprendere la trascendenza nell’immanenza.

Y.J. In tutto il tuo racconto di vita attraverso lo yoga c’è una carrellata di incontri e aneddoti straordinari.
A.N.  Attraverso Andrè, e su suo stimolo, ho conosciuto e ricercato maestri straordinari come Swami Gitananda Giri, Swami Satchidananda, Mataji Hridayananda diretta discepola di Swami Sivananda,  Swami Satyananda, l'unico discepolo di Sivananda, esperto di tantra, e Vimala Thakar seguage di Krishnamurti, amici ricercatori come me, come Gérard Blitz, Giorgio Furlan, Carlo Patrian, il Prof. Jean Varenne storico delle religioni.… Io sono il luogo in cui questi personaggi si sono incontrati. C’è un lungo filo conduttore che lega la mia vita nello yoga, dall’incontro con il mio amico Frédéric in età adolescenziale, i libri in francese di Andrè Van Lysebeth e poi l’incontro con lui e la sua famiglia. Questo percorso, fino ad oggi, è stato un viaggio pieno di casualità che oggi hanno un senso compiuto.

Y.J. Oggi citi spesso che il tuo Yoga è “quello della via di Mezzo”
A.N. Io pratico e insegno yoga da tanti anni. Sono stato e sono un lavoratore, ho amato moltissimo il lavoro con la Protezione Civile. Sono marito, padre, adesso nonno. Sono riuscito a vivere la presenza mentale dello yoga in tutto questo. Lo yoga non è un antistress per dare sollievo alla dispersione mentale, è un percorso spirituale che agisce e trasforma la struttura fisica e mentale. È questa la via indicata dagli Yoga Sutra di Patañjali.

 _____________Antonio Nuzzo è uno dei più autorevoli Maestri yoga italiani. Nato al Cairo (Egitto) da madre di origine libanese e padre italiano, ha cominciato a praticare nel 1963 all'età di 16 anni. Nel 1971 è diventato allievo di André Van Lysebeth, con il quale per 15 anni ha approfondito le tecniche di hatha e tantra yoga. Un'autorevole voce che da oltre 50 anni pratica, ricerca e insegna questa disciplina. Nessuno come lui ha vissuto in maniera onnicomprensiva la ricerca di questa disciplina: dal suo lavoro come funzionario alla Protezione Civile agli incontri apparentemente casuali con tutti i più importanti maestri yogi del ‘900. Oggi insegna in Italia e in Francia, coordina Corsi di Formazione Insegnanti per la Federazione Mediterranea Yoga e, per la prima volta nella sua vita, è autore di un libro che incornicia una parte importante di questa lunga ricerca: “I doni dello Yoga. Per praticare una vita piena” (Yoga Journal – Morellini Editore). All’interno del libro si trovano anche:

  •     I sūtra più importanti da conoscere,
  •     Il commento agli Yoga Sutra di un grande maestro conosciuto in tutto il mondo,
  •     Il glossario delle parole sanscrite più usate e famose,
  •     Gli insegnamenti nascosti della grande tradizione dello hatha yoga,
  •     Una sequenza finale originale per mettere in pratica la teoria.

I Maestri che ho incontrato - Antonio Nuzzo

Il Maestro Antonio Nuzzo ha recentemente pubblicato (maggio 2019)  I doni dello yoga, per praticare una vita piena.   In questo testo, spiega cosa è lo hatha yoga, un sofisticato percorso di ricerca spirituale che ha come obiettivo ultimo l'eliminazione della sofferenza, il raggiungimento della beatitudine, della felicità più profonda, la ricongiunzione tra il sé e il Sé.

All'inizio del testo ripercorre la sua esperienza nel campo dello yoga:  Erano i primi anni 80 che iniziai ad interessarmi di yoga e quando venni a sapere che a Terni, un insegnante di yoga di Roma Giorgio Astolfi teneva dei corsi, iniziai a frequentare. E da lì ho iniziato il lavoro di ricerca che non finirà mai.

Il viaggio che ho intrapreso moltissimi anni fa attraverso lo yoga si è materializzato con l’incontro inaspettato di grandi Maestri appartenenti a un lignaggio di tutto rispetto, come quello del grande Maestro, Swami Sivananda Saraswati di Rishikesh. Primi fra tutti André e Denise Van Lysebeth, coloro che mi hanno introdotto nel mondo dello yoga con i quali ho percorso un cammino sistematico e graduale di conoscenza fatto di esperienza, studio e pratica. È stata una vera e propria formazione durata più di 10 anni.      Successivamente ho incontrato in modo fortuito Swami Satyananda Saraswati di Monghyr, un incontro che si è evoluto attraverso lunghi periodi di permanenza accanto a lui nell’ashram dove ho assorbito non solo l’insegnamento, ma anche la sua grande e inesauribile energia volta alla diffusione e alla ricerca continua, così da non interrompere mai il proprio percorso personale. 

Il loro insegnamento mi ha permeato, è stato poi da me metabolizzato per decine di anni e ritrasmesso con un linguaggio che, si è via via plasmato e adattato alle necessità e alle condizioni del momento storico in cui lo yoga vive.

Una donna che mi ha segnato profondamente, anche se non ho avuto modo, come negli altri casi, l’opportunità di seguirla per lunghi periodi: è stata Vimala Thakar, una ricercatrice del profondo. Ha saputo comunicare un insegnamento sistematico, risultato della propria esperienza di praticante e della lettura dei maggiori testi di riferimento della spiritualità indiana e dello yoga, un insegnamento che era sempre preceduto da un lungo periodo di silenzio.  Come diceva Vimala: "dopo un lungo silenzio, il parlare diventa un'esperienza creativa"

 ________ Antonio Nuzzo è uno dei più autorevoli Maestri yoga italiani. Ha cominciato a praticare nel 1963 all'età di 16 anni. Nel 1971 è diventato allievo di André Van Lysebeth, con il quale per 15 anni ha approfondito le tecniche di hatha e tantra yoga. Un'autorevole voce che da oltre 50 anni pratica, ricerca e insegna questa disciplina. Nessuno come lui ha vissuto in maniera onnicomprensiva la ricerca di questa disciplina: dal suo lavoro come funzionario alla Protezione Civile agli incontri apparentemente casuali con tutti i più importanti maestri yogi del ‘900. Oggi insegna in Italia e in Francia, coordina Corsi di Formazione Insegnanti per la Federazione Mediterranea Yoga e, per la prima volta nella sua vita, è autore di un libro che incornicia una parte importante di questa lunga ricerca: “I doni dello Yoga. Per praticare una vita piena” (Yoga Journal – Morellini Editore).  

Il ruolo dello Yoga - Antonio Nuzzo

«Nello yoga non ci si può affidare al primo venuto» - Antonio Nuzzo.    Il vice presidente della Federazione Mediterranea Yoga mette in guardia sulla tendenza alla massificazione dei metodi di insegnamento.   «Lo yoga non è uno sport, né un’attività, ma una disciplina millenaria che noi uomini del XX secolo abbiamo reinterpretato – sottolinea  - Per questo per comprendere lo yoga si dovrebbero studiare gli antichi testi, comprenderli e applicarli alla pratica, che dovrà essere comunque adattata alla nostra epoca».

 Il ruolo dello yoga è aiutare l’uomo moderno a vivere meglio; l'uomo moderno vive una vita agitata e dispersiva, questo è dovuto alle accelerazioni delle dispersioni mentali. Lo Yoga serve a creare delle condizioni interiori adatte a rilassare la mente,  e purtroppo oggi, nessuno ci insegna a rilassare la mente. La maggior parte delle persone subisce i processi accelerati della mente, è agitato, non dorme, è stressato, e tutto questo è il risultato delle agitazioni mentali.

Bisogna creare le condizioni affinchè il processo mentale si possa rallentare e calmare. C’è un segreto per arrivare a questo, rallentare il ritmo del respiro, gestire il movimento ritmico del respiro, e con l'esercizio si può arrivare addirittura a quasi fermare il respiro. Ciò agisce direttamente sulla mente e ci permetterà di avere una vita più serena e armoniosa. 

La consapevolezza è l’obiettivo della pratica yoga. La consapevolezza del corpo, del respiro e della coscienza, sono i tre elementi che consentono al praticante di conseguire uno stato di interiorità particolare. Il respiro è la vita per un uomo, senza il respiro la vita non è possibile, è l'elemento vitale per eccellenza, il respiro è preso in considerazione dallo yoga in modo estremamente serio.  Un'esperienza avanzata nello yoga è quando il praticante è capace di mantenere l’immobilità di un’asana. Stando immobili ascoltiamo il ritmo del respiro e sviluppiamo una coscienza diffusa in tutto il corpo, questo è un aspetto molto interessante, più il corpo è immobile, più riesce ad influenzare la mente.  Se riusciamo a stare immobili in un’asana per 5 minuti, 10, 20 minuti, le cose cambiano e all’interno di noi, si comincia a sviluppare un’esperienza molto particolare.

Con lo hatha yoga il volume sensoriale si attenua, se andate oltre le sensazioni sensoriali, incominciate ad incontrare dei processi vitali non evidenti,  riuscite a percepire qualcosa di diverso; sono percezioni talmente sottili a cui non siamo abituati.

Con i pranayama sottili, si riesce a respirare senza che il corpo se ne accorga, senza che i percettori sensoriali segnalino questo al cervello, in questo modo l'hatha yoga ci porta verso una dimensione spirituale e meditativa. Con la pratica si trasforma il proprio vissuto.  Si entra in una dimensione nascosta dal corpo, la dimensione sottile, del prana e dell'energia, il prana non deve essere un concetto ma un'esperienza della coscienza che si risveglia, fare yoga significa usare il corpo come uno strumento. Con la concettualizzazione eccessiva dello yoga si crea separazione e nascono le paure.

L'hatha yoga è una via spirituale geniale, unica, tutti gli elementi che compongono la vita di un essere umano sono presenti, e l'elemento focale è coltivare la coscienza, piano piano ci rivela le sensazioni sottili e particolari, poi impariamo ad andare oltre. La vita non è la sensazione, è ciò che va oltre le sensazione. Posso andare oltre la sensazione. Nutro la mia coscienza che mi permettere di andare oltre i sensi, scopro il mondo interiore che nutre la mia vita, il corpo di energia, così posso viaggiare nello mia interiorità dal corpo materia, al corpo energia, al corpo mentale, al corpo sottile eterico.

Lo scopo dell'hatha yoga è quello di unire i due opposti, destra e sinistra, superiore e inferiore, mente e corpo. Nello yoga si alterano gli stadi di coscienza grazie al suono e alle visualizzazioni. Le asana non sono solo corpo, nelle asana occorre una presenza mentale.  Nello yoga la relazione con il corpo è fondamentale, bisogna gestire il processo mentale e fisico per entrare all’interno di noi stessi. Il corpo porta impresso il nostro vissuto. E come dice Monica Bertauld  "Osservando le persone come sono nella quotidianità, si vede immediatamente se sono sulla strada dello yoga".  

L’immobilità della posizione è importantissima nello yoga e ci permette di lavorare nel sottile, ci apre un mondo, ci permette di sviluppare la presenza e la coscienza sia nella parte attiva, sia nella parte passiva del corpo. Spesso diventiamo sordi ai messaggi del corpo. Se il corpo ha la sensibilità necessaria, si può entrare in contatto  con il  corpo sottile e fare esperienza dell’energia. 

Durante gli esercizi di pranayama, ossia il controllo dell'energia attraverso il respiro, la posizione deve essere comoda e confortevole, si deve cercare di mantenere l’immobilità e la respirazione uddjai. Se effettuiamo una pausa tra espiro ed inspiro, se alla coscienza togliamo il movimento ed il respiro, percepiremo qualcosa di più alto e diverso. Durante la ritenzione del respiro apriamo una finestra per osservare i campi sterminati che abbiamo di fronte. Nello yoga si raggiunge l’Uno nell’immobilità.

La mente, quindi, in quanto centro nevralgico di ogni nostra attività è fautrice di benessere anche fisico.  Lo yoga ha lo scopo di interrompere la dispersione mentale che è una delle principali fonti della mancanza di salute. Avere paura, per esempio, produce “disordine” non solo emotivo, ma anche biochimico per la produzione di tossine che vanno a confluire nel sangue. Paradossalmente noi possiamo alimentarci in maniera perfetta, ma se la nostra mente è condizionata da pensieri devastanti quel cibo, ancorché sano, può diventare veleno per il nostro corpo.  Bisogna educarsi a orientare i pensieri.  Lo yoga insegna anche ad educare la mente. 

Ci sono delle operazioni di base che contribuiscono alla corretta pratica dello yoga: la purificazione del corpo attraverso l’idratazione, perché eliminare quanto necessario attraverso reni, vescica e intestino, è fondamentale, quanto l’alimentazione. Non si deve tuttavia dimenticare un altro elemento fondamentale che è l’educazione al respiro. Questi sono i fattori importanti che danno stabilità ed equilibrio alla relazione corpo – mente.

Non esistono controindicazioni particolari per la pratica dello yoga. Le posizioni dello yoga sono 8 milioni e 400 mila. È compito dell’insegnante adattare la pratica alla condizione dell’allievo da educare alla disciplina. Naturalmente l’espansione impressionante dello yoga negli ultimi anni ha indotto la tendenza alla massificazione e ai metodi di insegnamento su larga scala che, a volte perdono di qualità. Ad esempio mettersi nella posizione della candela non significa fare yoga se, interiormente, non c’è un efficace controllo interiore che consente di raggiungere quella stabilità mentale necessaria a vivere la totalità di quello che si sta facendo; solo così si può coltivare un progressivo e graduale sviluppo di tutte le facoltà umane.

E' difficile districarsi tra i tanti tipi di yoga.  Molte delle diciture sono moderne e indicano soltanto delle sequenze di movimenti, ma non è detto che siano sequenze adatte a tutti. Quindi, più che altro, occorre districarsi tra gli insegnanti per essere sicuri che siano in grado di osservare e comprendere, senza limitarsi a fare eseguire sempre le stesse sequenze indistintamente a tutti. Ci si deve affidare ad un insegnante qualificato e ben formato. Oggi ci sono organizzazioni, come la Federazione Mediterranea Yoga, affiliata all’Unione europea Yoga, che ha nel suo ambito varie scuole di formazione, che hanno un’esperienza quarantennale, riconosciute e dislocate su tutto il territorio nazionale. I programmi che vengono svolti sono stati concordati con i comitati pedagogici delle maggiori federazioni europee. Questi sono i fattori che offrono le più alte garanzie. Non ci si può affidare all’iniziativa del primo venuto.  Prima di iniziare una sessione di yoga occorre capire che tipo di specificità il praticante ha, sulla base di questo proporre una serie di pratiche, dal movimento dinamico all’immobilità assoluta, per adattarci alla specificità della singola persona.  Lo yoga è arrivato in Occidente attraverso le pratiche degli asana.

 ________ Antonio Nuzzo è uno dei più autorevoli Maestri yoga italiani. Ha cominciato a praticare nel 1963 all'età di 16 anni. Nel 1971 è diventato allievo di André Van Lysebeth, con il quale per 15 anni ha approfondito le tecniche di hatha e tantra yoga. Un'autorevole voce che da oltre 50 anni pratica, ricerca e insegna questa disciplina. Nessuno come lui ha vissuto in maniera onnicomprensiva la ricerca di questa disciplina: dal suo lavoro come funzionario alla Protezione Civile agli incontri apparentemente casuali con tutti i più importanti maestri yogi del ‘900. Oggi insegna in Italia e in Francia, coordina Corsi di Formazione Insegnanti per la Federazione Mediterranea Yoga e, per la prima volta nella sua vita, è autore di un libro che incornicia una parte importante di questa lunga ricerca: “I doni dello Yoga. Per praticare una vita piena (Yoga Journal – Morellini Editore).

Il cuore dell’insegnamento dello hatha yoga - Antonio Nuzzo

Secondo il Maestro Antonio Nuzzo "Lo yoga moderno è uno yoga illusorio".   Oggi, ci sono troppe distrazioni nella vita quotidiana e spesso non appare la sofferenza. Per superare la sofferenza occorre fermare la mente vrittica. All’origine dei vortici della mente (le vrtti) ci sono cinque matrici (klesha) che ne condizionano l’orientamento. L’ignoranza, l’egoismo, l’attaccamento, l’odio, e l’eccessivo amore per la vita, sono questi ostacoli che producono dolore. Sono le cinque sofferenze; sono i cinque legami che ci tengono stretti alla vita terrena. Oggi l’uomo viene visto come un'entità separata (corpo, mente, salute, spirito), mentre un tempo l’uomo era visto come unità..
 

Gorakshanâtha un discepolo di Matsyendranâtha, vissuto forse in epoca precristiana, avrebbe scritto un trattato intitolato Goraksha Samhitâ. Sulla base di questa opera sarebbero stati scritti altri trattati, in epoca molto più tarda, come Hatha yoga pradîpikâ, dal maestro Svâtmârâma (XV°-XVI° sec. d.C.?), Gheranda Samhitâ, e Shiva Samhitâ. Questi testi sono la base del tantrismo che si appoggia sull’hatha yoga, il tantrico non ha rigettato nulla, la sua biblioteca è costituita dai testi classici, ma ha integrato le tecniche classiche a qualcosa di nuovo. Lo yoga è una via spirituale geniale, prevede di coinvolgere l’individuo nella totalità. Lo yoga è un processo globale dove anche il corpo è coinvolto nel processo meditativo.
Attualmente si vive un'eccessiva dicotomia tra esperienza e conoscenza: Il professore universitario che non pratica yoga esalta le differenze, mentre un vero praticante esalta gli aspetti in comune per arrivare alla realizzazione. Le parole sono uno strumento convenzionale, quello che è importante è l’esperienza. Le parole non hanno significato nello yoga. Un praticante spesso memorizza le parole ripetendo, “Io so!”  Assomiglia al pappagallo che con la gabbia aperta, rimaneva nella gabbia e ripeteva “libertà”. Siamo in una gabbia e ripetiamo libertà. Lo yoga ci consentirebbe di uscire da questa gabbia ma per fare ciò, l’esperienza umana dovrebbe superare il concetto di tempo e di spazio, si dovrebbe usare il corpo per trascendere il tempo, passare dal corpo fisico al corpo di energia. Importante è l’esperienza! Dobbiamo insegnare lo yoga a noi stessi. Lo yoga è una trasformazione della coscienza umana. Mentre si fa un’asana bisogna liberarsi dai meccanismi mentali.

Per fare yoga dobbiamo cambiare il modo di pensare, dobbiamo imparare il metodo per fare yoga. Quando stiamo in un’asana dobbiamo accettare l’idea che non cerchiamo niente, siamo soddisfatti, accettiamo la vita, smettiamo di chiedere, diamo un prezioso senso a quello che abbiamo nel momento presente. Impariamo a non chiedere. Il risultato che abbiamo acquisito nelle asana si dovrà mollare prima o poi. La forma è l’aspetto estetico condizionante, la spiritualità è il contatto con la dimensione dell’infinito. La vera ricerca nello hatha yoga è la ricerca spirituale. Spesso c’è l’ossessione del confronto, il desiderio di cambiare (NON mi accetto) nelle posizioni, questo modo di vedere le cose ci ammala, noi in questo modo coltiviamo soltanto il disagio. Importante è trovare la pace dentro di noi, e sviluppare la relazione mente – corpo. Se la mente ascolta il corpo, la dimensione egoica si spegne. Dobbiamo eliminare ogni falsità nello yoga e costruire un rapporto sano con il nostro corpo. Dobbiamo imparare a relazionarci con il nostro corpo che è l’espressione dell’inconscio. E’ l’inconscio che decide l’abilità del corpo, la mente a volte vuole piegare l’inconscio alle sue decisioni. In questo modo si crea quindi un conflitto. Quando c’è coscienza si crea rigidità. Il peccato è il desiderare il frutto delle nostre azioni, anche nelle asana. Importante è lavorare sulla mente e vivere il momento presente. Purificare la mente significa togliere il demone dell’egogentrismo che è in noi. L’inconscio è rappresentato dal corpo, le asana servono per pacificare il corpo e la mente. Praticare yoga è fare manutenzione ed eliminare l’ego. Durante la pratica delle asana dobbiamo espandere la coscienza a tutto i corpo e non fermarci alla parte particolare che è sottoposta a sforzo. Nella sadhana le prime cinque anga sono delle strategie verso un obiettivo: il pratyahara che significa sensi invertiti o ritiro dei sensi.

Per Andrè Van Lysbeth le asana devono avere 5 caratteristiche: la posizione deve essere statica, tenuta per lunga durata, eliminando gli sforzi inutili, il ritmo del respiro deve essere costante ed armonioso, e si deve arrivare ad un'estensione della coscienza.

Nelle asana c’è una strategia volontaria. Spesso i cattivi istruttori spiegano la posizione, vedete come Giovanna fa bene la posizione, fate come Giovanna. Invece occorrerebbe eliminare la violenza nelle posizioni e rimanere ad osservare il respiro. L’azione è l’espressione di un vissuto, la repressione sistematica di emozioni e pulsioni sulla base di un’idea o un ideale, porta alla malattia. La sessione di yoga è un laboratorio di nuova coscienza, l’inconscio si impregna di stati d’animo. Se l’inconscio ci pone un limite, questo è per il nostro bene, devo sviluppare una relazione amorevole con me stesso, col corpo, col cuore in pace, in questa condizione vado verso l’inconscio. Se ridimensioniamo l’ego, riusciamo ad essere in pace con se stessi, gli altri esseri umani e con il mondo esterno. Durante le sedute di yoga, mentre manteniamo le posizioni non dobbiamo usare violenza contro noi stessi, dobbiamo dire la verità a noi stessi, riconoscere le intenzioni e cogliere le sensazioni della mente. Il senso allo yoga viene dato dall’intenzione e non dall’azione. Il desiderio, il confronto, ecc. vanno fermati. Lo yoga oggi si indirizza soprattutto a persone di 30, 40, 50 anni, e purtroppo non si può riguadagnare il tempo perso a livello fisico. Obiettivo dopo obiettivo, spendiamo la nostra vita a raggiungere obiettivi.           Lo yoga è una disciplina che serve ad incontrare il purusha, a superare il condizionamento degli opposti: la vita e la morte.

Di stampo dualista, la filosofia samkhya considera l'universo costituito da due realtà eterne e auto-esistenti: un testimone non-attivo, pura Coscienza, il Purusha, e la materia, attiva ma inconscia, la Prakrti. La vicinanza di Purusha e Prakriti produce uno squilibrio tra le qualità o guna: sattva, rajas e tamas (purezza, attività e inerzia).   Nella Bhagavad gītā leggiamo: «Vi sono nel mondo due Puruṣa, l’uno distruttibile, l’altro indistruttibile: il primo è ripartito fra tutti gli esseri, l’altro è l’immutabile. Ma vi è un altro Puruṣa, il più alto, che si chiama Paramātmān , e che, Signore imperituro, penetra e sostiene questi tre mondi. Ora, poiché supero il distruttibile ed anche l’indistruttibile, io sono celebrato nel mondo e nel Veda col nome di Purushottama».

 La Bhagavad gītā è uno dei testi che mette in evidenza il punto di vista advaita ed è un episodio presente nell’epopea Mahābhārata.  Nella Bhagavad gītā Kṛṣṇa spiega al suo discepolo Arjuna che cosa è lo yoga durante la grande battaglia sul campo di kurukshetra o Dharmakshetra, cioè il campo dove si realizza il dharma, si sfidano due eserciti quello dei Kaurava e i Pāndava.  Kṛṣṇa nella Bhagavadgītā è il «Sè» e come vediamo in diverse raffigurazioni ha in mano le briglie, simbolo della manas (mente), strumento attraverso cui può esercitare il controllo dei sensi. Messo volutamente da Arjuna alla guida del carro che è il «supporto» su cui stanno il «Sè» ( Kṛṣṇa) e l'«Io» (Arjuna) trainato dai cinque cavalli che sono i sensi.

Nel mondo dello yoga c’è chi pratica e c’è chi studia, una evidente dicotomia che spesso non si concilia. Oggi dalla posizione statica siamo passati al dinamismo. La stabilità fisica deve essere associata ad una stabilità interiore. Lo scopo dello yoga è conoscere i 32 Tatva che sono gli elementi costitutivi del corpo. Dobbiamo imparare a conoscere chi siamo. Il Purusha è l’uomo, l’essenza dell’uomo che deve purificarsi. L’azione deve essere in armonia con il progetto, se arrestiamo le vritti entriamo in contato con il Purusha. La coscienza ha due stati: o riposa nel purusha o si appoggia sulle vritti. La prkrti è tutta la manifestazione, la materia, il sentire, tutto ciò che è percepibile. Purusha e prkrti sono presenti in tutti i darshana (sentieri filosofici), a questo i tantrici aggiungono shiva e shakti.

Citta o coscienza è formata da Ahamkara (ego) Manas (mente) che nasconde le cose, usa gli strumenti dell’azione, Indriya (i sensi) e Buddhi (intelletto, intelligenza creativa) che funziona in modo minore. Cit è l’energia della coscienza, se qualcosa di importante passa davanti a citta, questo qualcosa viene memorizzato nella memoria. Lo scopo dello yoga è risvegliare la Buddhi per intuire la presenza del Purusha.

Il cercare di fare in modo ossessivo le posizioni, aumenta l'Ahamkara (ego). L’hatha yoga è la via più difficile perché l’ego si identifica con il corpo. In India per reprimere l’ego danno a tutti la stessa veste di colore arancione (swai) e fanno fare agli allievi karma yoga. Il karam yoga (lo yoga dell'azione) può portare ad un lavoro interiore e può sostituire l’hatha yoga. La grande battaglia della vita (Maharabattha) è fermare le vritti. Il corpo si deve addormentare in una posizione, deve abbandonare gli stimoli sensoriali (vritti), per eliminarle devo osservarle, così spengo Manas e Ahamkara e attivo Chitta.

Nel discorso di apertura al Festival di Woodstock, Sri Swami Satchidananda, uno dei primi yogi che sono venuti in Occidente,  annunciava "Non combattiamo per la pace, ma troviamo la pace prima in noi stessi".

Lo yogi è capace di mantenere il livello pranico (energetico) stabile, per tutta la vita, per questo ad 80 anni gli yogi sono pieni di energia. Non possiamo verificare le intenzioni di chi compie un’azione. Comunque anche se giudicare gli altri non è possibile, si asserisce che l’intenzione colora l’azione. Dobbiamo cercare la purezza della ricerca nel tappetino ed imparare a non giudicare.

L’hatha yoga come ricerca spirituale è geniale, si esercita una vigilanza cosciente per nutrire la nostra interiorità con offerta, accoglienza, attesa, benevolenza. Nello yoga l’educazione al pensare e all’agire devono andare di pari passo. Ci troviamo su due piani: il primo psicologico, nella relazione tra manas e ahamkara (energia in movimento) e l’altro realizzativo.

Durante la pratica dobbiamo sviluppare dei sankalpa che ci permetteranno di affrontare la morte. Sankalpa è una parola sanscrita che letteralmente significa proposito, desiderio o più specificatamente intenzione, ed è la convinzione di poter realizzare ciò che la mente si propone. Se si riconosce che il pensiero nasce dalla benevolenza o dall’ego, per spegnere il pensiero c’è un solo mezzo: l’immobilità.

Oggi ci sono due dimensioni: la vita e la ricerca spirituale che spesso non si incontrano. Non dobbiamo essere  ossessivi dello yoga nella vita quotidiana. Noi dobbiamo servire la vita perché abbiamo dei figli, un lavoro, ecc, mentre quando siamo sul tappetino dobbiamo saper interrompere tutto ed entrare nella ricerca interiore. E' sul tappetino devo applicare le regole, e per conoscerle devo leggere ogni singola sutra.

Dopo la nascita c’è l’interazione con il mondo esterno. Durante tutta la vita continua questa interazione, e spesso si instaurano dinamiche molto veloci. Purtroppo l’uomo moderno ha velocizzato lo yoga, il movimento dinamico costituisce un cuscinetto tra il mondo esterno e lo yoga. Il movimento dinamico ha senso se si punta alla staticità come prospettiva, altrimenti non saremo in grado di gustare l’immobilità. Prima di tutto, dobbiamo insegnare lo yoga a noi stessi in modo graduale, Il maestro non conosce il grado di vitalità mentale in cui ci si trova quando assumiamo una posizione. L’immobilità, l’ascolto del respiro ci educa, la pratica deve essere adattata alla velocità del nostro pensiero. Non è importante trovare un insegnante, ma capire a quale stato di agitazione ci troviamo. Ognuno ha il suo yoga. Deve variare a seconda dei giorni, e a seconda di che cosa ho fatto durante la giornata. Insegnare lo yoga a se stessi non è facile. Lo yoga è un osservare senza reagire,  è scoprire uno stato esperienziale nuovo, è entrare in uno stato di meditazione. Lo yoga è salutare per la mente. Il pranayama permette una decelerazione significativa dell’azione e contribuisce notevolmente ad entrare in questo stato meditativo. Lo yoga è accogliere, gustare senza reagire, gustare l’aria che entra nel corpo, percepire l’aria nelle narici, innamorarsi delle piccole percezioni. La meditazione è un punto di arrivo. La meditazione non significa recitare un mantra o seguire il respiro. Ma è l’entrare in una dimensione di silenzio, avere una mente ricettiva e non reattiva. Relegare la meditazione ad una serie di esercizi è riduttivo. La pratica è una grande opportunità per entrare in questo stato meditativo, è un lavoro che dobbiamo fare su noi stessi, auto educarci al silenzio, all'immobilità  entrando nell’attesa, e quando l’evento accadrà, ne saremo consapevoli. Con la pratica ci educhiamo ad assaporare la vita in modo non reattivo.

Ciclo di lezioni febbraio 2018.

  ________ Antonio Nuzzo è uno dei più autorevoli Maestri yoga italiani. Ha cominciato a praticare nel 1963 all'età di 16 anni. Nel 1971 è diventato allievo di André Van Lysebeth, con il quale per 15 anni ha approfondito le tecniche di hatha e tantra yoga. Un'autorevole voce che da oltre 50 anni pratica, ricerca e insegna questa disciplina. Nessuno come lui ha vissuto in maniera onnicomprensiva la ricerca di questa disciplina: dal suo lavoro come funzionario alla Protezione Civile agli incontri apparentemente casuali con tutti i più importanti maestri yogi del ‘900. Oggi insegna in Italia e in Francia, coordina Corsi di Formazione Insegnanti per la Federazione Mediterranea Yoga e, per la prima volta nella sua vita, è autore di un libro che incornicia una parte importante di questa lunga ricerca: “I doni dello Yoga. Per praticare una vita piena” (Yoga Journal – Morellini Editore).

Lo yogi è un ricercatore dell'immobilità - Antonio Nuzzo

Lo yoga è il movimento del respiro nell'immobilità della posizione “.  “Lo yogi è un ricercatore dell’immobilità”.    - Antonio Nuzzo.           Questo articolo vuole delimitare i confini entro i quali si può collocare una pratica di yoga.


Dopo la nascita l'individuo entra in interazione con il mondo esterno, un'interazione che continuerà per tutta la vita. In questa interazione, si instaurano dinamiche molto veloci, soprattutto oggi, nel mondo dei social media. Purtroppo l’uomo moderno ha incluso in queste dinamiche anche lo yoga, il movimento dinamico è diventato un cuscinetto tra il mondo esterno e lo yoga. Il movimento dinamico ha un senso se si punta alla staticità come prospettiva, dove saremo in grado di gustare l’immobilità. Lo yoga moderno è uno yoga illusorio ed è visto solo come yoga del corpo, e l’uomo viene visto come composto da tante entità separate (corpo, mente, salute, spirito) mentre un tempo l'uomo era visto come un tutt'uno. Lo yoga è una via spirituale geniale che prevede di coinvolgere l’individuo nella totalità.

Dobbiamo usare il corpo per trascendere il tempo, per passare dal corpo fisico al corpo di energia. Per questo è importante l’esperienza! Innanzitutto dobbiamo insegnare lo yoga a noi stessi. Lo yoga è una trasformazione della coscienza umana. Nel fare una posizione dobbiamo liberarci dai meccanismi mentali. Per fare yoga dobbiamo cambiare il modo di pensare ed imparare il giusto metodo. Quando stiamo in una posizione, dobbiamo accettare l’idea che non cerchiamo niente, siamo soddisfatti, accettiamo la vita, smettiamo di chiedere, diamo un prezioso senso a quello che abbiamo nel momento presente. Dobbiamo abituarci anche ad accettare l'impermanenza, Il risultato che abbiamo acquisito nelle posizioni prima o poi si dovrà mollare.

La forma è l’aspetto estetico condizionante, la spiritualità è il contatto con la dimensione dell’infinito. Il cercare di assumere determinate posizioni aumenta l'ego (ahamkara). L’hatha yoga è la via spirituale più difficile, perché l’ego si identifica facilmente con il corpo. In India per reprimere l’ego danno a tutti la stessa veste di colore arancione (swami). Spesso nella pratica dello yoga c’è l’ossessione del confronto, il desiderio di cambiare (NON mi accetto) nelle posizioni, e in questo modo si coltiva il disagio e questo modo di vedere le cose ci ammala.

Importante è trovare la pace dentro di noi e sviluppare una sana relazione mente – corpo. Se la mente ascolta il corpo, la dimensione egoica si spegne. Dobbiamo eliminare ogni falsità nello yoga e costruire un rapporto sano con il nostro corpo. Dobbiamo imparare a relazionarci con il nostro corpo che è l’espressione dell’inconscio. E’ l’inconscio che decide l’abilità del corpo, la mente a volte vuole piegare l’inconscio alle sue decisioni. Si crea quindi un conflitto. Quando c’è coscienza si crea rigidità. Il peccato è il desiderare il frutto delle nostre azioni anche nella pratica.

Importante è lavorare sulla mente e vivere il momento presente, purificare la mente è togliere il demone dell’egogentrismo che è in noi. L’inconscio è rappresentato dal corpo, le posizioni servono per pacificare il corpo e la mente. Praticare yoga è fare manutenzione per eliminare l’ego. Durante la pratica delle asana dobbiamo espandere la coscienza a tutto il corpo e non fermarci al particolare che è sottoposto a sforzo.

Dobbiamo insegnare lo yoga a noi stessi in modo graduale, Il maestro non conosce il grado di vitalità mentale in cui ci si trova quando assumiamo una posizione. L’immobilità, l’ascolto del respiro ci educa, la pratica è adattata alla velocità del cervello.Lo yoga è un osservare senza reagire. Lo yoga è salutare per la mente, è scoprire uno stato esperienziale nuovo, è entrare in uno stato di meditazione. Il controllo del respiro (pranayama) permette una decelerazione significativa dell’azione. Lo stato meditativo nasce nel momento in cui arriviamo alla pacificazione tra conscio ed inconscio. Il pranayama costruisce lo stato meditativo nello stato cosciente. Anche gli asana vanno dirette verso uno stato di pace di quiete, di pacificazione totale, in uno stato mentale Non reattivo, ma molto accogliente.  Lo yoga ci fa viaggiare dal movimento all’immobilità, ci fa entrare in un nuovo spazio. 

 ________ Antonio Nuzzo è uno dei più autorevoli Maestri yoga italiani. Ha cominciato a praticare nel 1963 all'età di 16 anni. Nel 1971 è diventato allievo di André Van Lysebeth, con il quale per 15 anni ha approfondito le tecniche di hatha e tantra yoga. Un'autorevole voce che da oltre 50 anni pratica, ricerca e insegna questa disciplina. Nessuno come lui ha vissuto in maniera onnicomprensiva la ricerca di questa disciplina: dal suo lavoro come funzionario alla Protezione Civile agli incontri apparentemente casuali con tutti i più importanti maestri yogi del ‘900. Oggi insegna in Italia e in Francia, coordina Corsi di Formazione Insegnanti per la Federazione Mediterranea Yoga e, per la prima volta nella sua vita, è autore di un libro che incornicia una parte importante di questa lunga ricerca: “I doni dello Yoga. Per praticare una vita piena” (Yoga Journal – Morellini Editore).

Il pranayama - Antonio Nuzzo

"Il cuore dello yoga è il movimento del respiro nell’immobilità della posizione",  Lo yogi è un ricercatore dell’immobilità. Il cuore del processo yogico è entrare in una situazione meditativa.   - Antonio Nuzzo

E' nell'immobilità che si attivano altri sensori per percepire il corpo sottile. Con il Pranayama si cerca di traghettare la coscienza verso il corpo sottile; con il pranayama inizia un dialogo con noi stessi, con il corpo energetico, tolto il velo (maya) si entra in contatto diretto con questa dimensione.

Dobbiamo ispirarci al modello del rettangolo, e far si che l’inspirazione e l’espirazione abbiano la stessa lunghezza, così come le due pause, mentre spesso, nella quotidianità,  la nostra esperienza respiratoria ha la forma di un triangolo.  Il pranayama ci traghetta, dal corpo denso al corpo sottile. Il respiro serve ad entrare nel pranayama, per far questo occorre una certa maturità, una certa conoscenza di noi stessi,  il gusto del sottile, se questo gusto della ricerca del sottile non si manifesta bisogna ritornare alle asana, dove troviamo qualcosa di più tangibile.

Quando si pratica, è importante la convinzione. Spesso il corpo è visto come un oggetto inerme, inanimato, ma attraverso l’agilità del corpo e lo schema corporeo si manifesta l'inconscio. La parte conscia si esprime con le parole mentre la gestualità del corpo è l'espressione dell’inconscio. Spesso con l’intenzione di modificare il corpo si entra in conflitto con l’inconscio, perchè magari mi voglio diverso. Ma solo quando i conflitti sono bloccati potrò entrare in una dimensione meditativa. Nello yoga bisogna educare alla totalità, a percepire la totalità. Percepire cosa accade nella parte attiva del corpo durante il mantenimento dell'asana, ma anche nella parte passiva. L'educazione all’osservazione deve avere la priorità sull’educazione al fare. Questo è importante nell’asana e nel pranayama, perchè respirando, agiamo sul corpo di energia. Se le posizioni non sono comode e confortevoli l’inconscio capta lo stato d’animo della posizione in sofferenza, e il corpo si irrigidisce. Importante è la modalità in cui svolgiamo un’azione, nell'azione si stabilisce un dialogo tra inconscio e mente, non bisogna desiderare il risultato, bisogna arrivare ad avere una mente rilassata e pacificata. Importante per la coscienza, è osservare la totalità senza escludere la particolarità.

La pratica di yoga deve educare ad incontrare la totalità. Di solito diamo importanza solo ai particolari, invece dobbiamo abituarci ad osservare la totalità, che nello yoga è associata all’eternità. Lo yoga abitua l’uomo ad espandersi al di là del particolare. Quando la nostra interiorità si espande nella totalità, si arriva ad un cambiamento e ad uno stato di pace. Prima del pranayama si dovrebbe sperimentare la totalità nell’hatha yoga.  Se si lavora con il respiro a ritmi troppo sostenuti, si creerà un'agitazione mentale, si agiterà l’inconscio, si creerà conflitto e insofferenza. Durante la pratica dobbiamo imparare a conoscere noi stessi, a relazionarci con il mondo interiore sottile ed assaporare le piccole cose, essere capaci di osservare il nostro corpo.

Il Pranayama ci porta ad una relazione intima con noi stessi, a costruire un processo di armonizzazione con il tutto, e la pratica respiratoria costituisce l'aspetto iniziale. Attraverso lo yoga si raggiunge uno stato di pacificazione e migliorano le relazioni. Il Pranayama è il perno intorno al quale si costruisce il cambiamento. Spesso i nostri atteggiamenti, le regole morali sono in contrasto con le nostre impulsioni profonde e si genera un conflitto interno. L’armonia si costruisce con la pratica, la pratica del pranayama crea un cuscinetto tra conscio e inconscio, e crea dei processi sottili che porteranno ad un contatto e ad un cambiamento dell’inconscio. Il respiro è lo spazio in cui il coscio dialoga con l’inconscio. Durante la pratica non dobbiamo entrare in stati di disagio, il conscio deve determinare la nostra capacità, le nostre possibilità; ad esempio la possibilità di trattenere il respiro senza sforzo. Il conscio e l’inconscio sono i due poli intorno ai quali è impostata l’azione nella pratica, e il risultato deve essere uno stato di pacificazione profonda. L’inconscio usa la gestualità, la coscienza usa la parola.

Se nell’eseguire il pranayama, vado oltre i miei limiti, avrò problemi respiratori, la coscienza deve essere in grado di interpretare le nostre possibilità. Attraverso il pranayama l’individuo entra in uno stato di pacificazione e di meditazione, in una condizione mentale non reattiva e totalmente accogliente,  dove la dimensione conscia e inconscia sono pacificate.

Cambiare il ritmo del respiro significa cambiare il nostro approccio al mondo. Con il respiro si chiude il rapporto con il mondo esterno e non sentiamo più i rumori esterni. Questa è un’abilità che si acquisisce. con il pranayama. Il ritmo del respiro fa entrare la coscienza in un mondo sottile, un luogo fatto di flussi di energia, l’essenza della vitalità. Il pranayama ci porta dal mondo della materia, un mondo riempito dai cinque sensi, alla vita sottile, al prana, all’energia vitale. Il mondo sottile è molto più vasto del mondo della materia. Entrare nel mondo sottile della vita è un prepararsi alla morte. Con le asana è privilegiato il rapporto con i sensi e il mondo della materia grossolana. L’hatha yoga è un’arte che ci porta, con la progressione necessaria, dal movimento all’immobilità. L’immobilità si crea solo in un ambiente meditativo, l’allenamento dello yoga è un viaggio interiore dal movimento alla meditazione dove si raggiunge un'immobilità assoluta. E’ corretto iniziare dal movimento e far capire che l’obiettivo è l’immobilità. Lo yoga è un processo, una abile gestione della trasformazione.  

Il processo nello yoga deve essere graduale, ci vuole amore per se stessi, pazienza, dolcezza, accoglienza. Piegare il corpo alla nostra volontà non è yoga. La mancanza di pazienza è violenza. Col pranayama si va ad agire sullo strumento respiratorio, che è il più vicino alla nostra mente. Uno swami in India, mi ha detto siediti, mi ha dato una pratica di pranayama da fare, guardava il ritmo del respiro e la mia immobilità. Da lì si capisce chi sei. Sono indicazioni importanti, recepite da chi fa pranayama. Se osservi il tuo respiro capisci lo stato mentale in cui ti trovi. Quando lo yogi supera il movimento entra in uno stato coscienziale particolare, il prana è un’esperienza, non un concetto. Entrare in uno stato di immobilità assoluta è come dire all’inconscio, guarda questo è un momento particolare.  Con il pranayama si risvegliano energie e potenzialità latenti (kundalini), c’è l’unione della nostra parte conscia ed inconsci. Il cercare di piegare il corpo, spesso genera delle resistenze nell’inconscio, si generano conflitti interni. Con lo yoga si deve costruire un processo di relazione con se stessi, con l’inconscio, e il subcosncio. Le pratiche di iperventilazione predispongono alla relazione con l’inconscio. Lo yogi deve interessarsi alla vita interiore senza confronti e valutazioni. 

Seminario novembre 2017 – febbraio 2018

  1. Esercizi: Sollevare il bacino, poi sollevare il torace, spingersi in alto, mantenere la posizione. Inspiro, una gamba allungata, afferro il ginocchio dell’altra e spingo verso il petto, poi pausa, inspirare ancora, pausa inspirare ancora. E poi dall'altra parte.
  2. Seduti ascoltiamo il nostro corpo, le sensazioni che sta rivelando. Poi sdraiati, piante dei piedi a terra, appoggiamo le mani sulle cosce, aumenta il potere dell’ispirazione. Poi spingere sui gomiti e respirare, aumenta lo spazio vitale del cuore; da terra afferrare il ginocchio destro, spingerlo verso la fronte, l'addome in dentro, il diaframma deve far aumentare la spinta dell’addome verso l’alto, alla pausa inspirare ancora un po’ di più. Mani ai ginocchi, portare i gomiti verso l’alto e poi spingere. Poi fare Kapalabati: durante l'esercizio cercare di liberare la mente,  inspirando, bloccare il perineo, gola, addome, dilatare il torace.
  3. Da terra, porta le piante dei piedi a terra, inspiro, poi espirando mi sollevo, mani tra le gambe, poi per aumentare l’espansione del torace, afferro le cosce, da terra, le mani scivolano a terra fino ad incontrarsi sopra la testa, poi espiro. Nello Hatha yoga ci sono molti gesti simbolici per entrare in contatto con la nostra interiorità, tenere con due dita, pollice e indice il punto tra le sopracciglia. Fare Kapalabati, poi una mano sulle ginocchia, portare il mento sulle clavicole, chiudere il bandha: jalandarabandha, chiudere il bandha del perineo, mula bandha, in questo modo il prana si concentra sul manipura chakra (all’altezza dell’ombelico), spalle all’indietro, afferrare le ginocchia. Sollevare il gomito sopra la testa, afferrare con l’altra mano sotto l’ascella.
  4. Da terra inspirare, mani oltre la testa, poi espirare, nutrire di interesse anche il gesto più banale, fare gli esercizi con dedizione, cercare di innamorarsi di ogni singolo gesto. In questo modo date un senso alla pratica e alla vostra vita. Pigiamo sulla coscia destra, inspiriamo ed espiriamo, come una specie di bastrika, sono cosciente dell’immobilità e del rilassamento della parte sinistra, e viceversa. Lasciate che il ritmo del respiro si ricomponga.
  5. Dal ritmo del respiro si comprende una parte del nostro essere, ci porta a capire il cuore che osserva le cose nella loro essenza. Piante dei piedi a terra, inspiro, espiro, a polmoni vuoti mani tra le cosce, trattengo, poi prendo le cosce. Da terra mani lungo i fianchi, inspiro, poi mani perpendicolari al corpo ed espiro. Uddhiana bandha, addome risucchiato, il torace dilatato, a polmoni vuoti, mento sulla chiusare tra clavicola e glottide. Muovere velocemente l’addome su e giù a polmoni pieni, trattenere, poi espirare portando le mani tra le cosce. Respirare con addome e torace, l'addome deve essere tonico, ci aiuta a dilatare il torace, spinta verso l’alto tramite diaframma. 
   Normalmente la respirazione è solo diaframmatica e nell’uomo comune il ventre cede alla pressione del diaframma. Lo yogi ha l’addome resistente, l’addome tonico crea resistenza e una spinta verso l’alto. La ragione esoterica di questo tipo di respirazione è il risveglio dell’intelligenza intuitiva per arrivare a fermare le vritti. Il Pranayama è una pratica eccellente per questo. 
         6. Polsi sulle ginocchia per sollevare il torace, si attiva la buddhi, l'ntelligenza intuitiva. Fare una respirazione ujai sottile, portando l'attenzione sulla ajna chakra dove si riunisce il flusso del respiro. Poi in Brumata mudra convergere lo sguardo verso il centro dove convergono ida e pingala, l’unione ci porta al pratyahara (al ritiro dei sensi). 

 ________ Antonio Nuzzo è uno dei più autorevoli Maestri yoga italiani. Ha cominciato a praticare nel 1963 all'età di 16 anni. Nel 1971 è diventato allievo di André Van Lysebeth, con il quale per 15 anni ha approfondito le tecniche di hatha e tantra yoga. Un'autorevole voce che da oltre 50 anni pratica, ricerca e insegna questa disciplina. Nessuno come lui ha vissuto in maniera onnicomprensiva la ricerca di questa disciplina: dal suo lavoro come funzionario alla Protezione Civile agli incontri apparentemente casuali con tutti i più importanti maestri yogi del ‘900. Oggi insegna in Italia e in Francia, coordina Corsi di Formazione Insegnanti per la Federazione Mediterranea Yoga e, per la prima volta nella sua vita, è autore di un libro che incornicia una parte importante di questa lunga ricerca: “I doni dello Yoga. Per praticare una vita piena” (Yoga Journal – Morellini Editore). 

Il pranayama (2) - Antonio Nuzzo

Secondo il Maestro Antonio Nuzzo - "Il pranayama è il perno intorno al quale si costruisce il nostro cambiamento". Il pranayama che è il controllo dell'energia sottile attraverso il respiro, può contribuire a creare quei processi sottili che permetteranno di controllare il nostro inconscio. E' nel respiro che i processi inconsci dialogano con i processi consci. Nel pranayama siamo soli con noi stessi, dobbiamo costruire un’armonizzazione della nostra interiorità, e questo è lo scopo dello yoga. Attraverso il respiro si raggiunge l’armonizzazione con il Sé.

Al di fuori di questa armonizzazione, tutte le variazioni del nostro carattere sono solo imposizioni.  Bisogna riconoscere le nostre abilità respiratorie ed usarle in modo amorevole, e per armonizzare le due nostre parti, conscio ed inconscio. Nell’armonizzazione abbiamo i due poli uniti in una azione in comune, in uno stato mentale idilliaco di pace, non reattivo ma molto accogliente, di pacificazione totale, che è l'anticamera dello stato meditativo. La nostra parte cosciente dialoga e si esprime attraverso i suoni, i sensi mentre la parte inconscia si esprime attraverso la nostra gestualità. Il respiro è mosso dall’inconscio, la mente cosciente non può controllare completamente il respiro, può succedere che alcuni ritmi respiratori risultano impossibili da eseguire. Il pranayama va oltre l’abilità respiratoria, Tutte le preoccupazioni mentali scompaiono. Lo stato meditativo nasce nel momento in cui arriviamo alla pacificazione tra conscio ed inconscio. Il pranayama contribuisce a costruisce lo stato meditativo nello stato cosciente. Anche le asana mantenute a lungo e in modo confortevole portano verso uno stato di pace di quiete, di pacificazione.

Esercizi.

1- Da seduti  in padmasana, cerchiamo di capire cosa c’è che si muove in noi, quali elementi creano disagi e conflitti.

2- Eseguiamo Buddhi Mudra pranayama. Portare una gamba al petto inspirando e ripetere fino a riempire tutti i polmoni. Alterniamo la gamba.

3- Eseguiamo una torsione con le ginocchia al petto.

4- Da seduti in padmasana portiamo una mano all’inguine, spingiamo su una spalla ampliando tutto il lato del polmone e gabbia toracica, effettuiamo una ritenzione a polmoni pieni. Alterniamo la spalla.

5- Eseguiamo Bastrika, sollevando una spalla, poi l’altra, poi alternativamente, poi tutte e due insieme. Alla fine di ogni respirazione “ a mantice” in ritenzione fare delle rotazioni con la spalla da tutti e due i lati e poi espirare piegandosi in avanti.

6- Da seduti, gambe allungate, mani dietro, spalle aperte, scapole unite, inspirando tramite torace spingere su e in avanti l'aria, polpastrelli a terra, spingere sempre le scapole, una verso l’altra.

7- Eseguiamo Kapalabati, due cicli di respirazione, poi ritenzioni, con Jalandara bandha, e Mula bandha.

Riassunto degli incontri con Antonio Nuzzo - gennaio 2018 

 ________ Antonio Nuzzo è uno dei più autorevoli Maestri yoga italiani. Ha cominciato a praticare nel 1963 all'età di 16 anni. Nel 1971 è diventato allievo di André Van Lysebeth, con il quale per 15 anni ha approfondito le tecniche di hatha e tantra yoga. Un'autorevole voce che da oltre 50 anni pratica, ricerca e insegna questa disciplina. Nessuno come lui ha vissuto in maniera onnicomprensiva la ricerca di questa disciplina: dal suo lavoro come funzionario alla Protezione Civile agli incontri apparentemente casuali con tutti i più importanti maestri yogi del ‘900. Oggi insegna in Italia e in Francia, coordina Corsi di Formazione Insegnanti per la Federazione Mediterranea Yoga e, per la prima volta nella sua vita, è autore di un libro che incornicia una parte importante di questa lunga ricerca: “I doni dello Yoga. Per praticare una vita piena” (Yoga Journal – Morellini Editore). 

venerdì 22 ottobre 2021

Il punto di svolta - Frijof Capra

 Nel Tao della fisica Frijof Capra ha denunciato i limiti e le lacune del sapere convenzionale dell'Occidente. La scienza newtoniana - che ha dominato la cultura occidentale per più di due secoli e alla quale continuano a ispirarsi non solo le scienze cosiddette esatte, ma anche numerose scienze umane e biologiche - si fonda su un pensiero lineare e riduttivo messo in crisi, nei primi decenni del nostro secolo, dagli sviluppi della nuova fisica. 

Questa crisi - che l'autore, riferendosi a un esagramma dell'I Ching, definisce "il punto di svolta" - dipende, secondo Capra, dalla nostra ostinazione teorica. Solo una visione olistica, ecologica del mondo potrà aiutarci a sciogliere i nodi problematici del nostro tempo. Ispirandosi a questi concetti, Capra compie una sorprendente analisi critica del pensiero riduzionistico, "cartesiano", tuttora dominante nel nostro approccio ai problemi biologici, medici, psicologici ed economici. 

Negli ultimi due decenni del nostro secolo siamo entrati in uno stato di crisi profonda a livello mondiale. È una crisi intellettuale, morale e spirituale. Abbiamo accumulato ordigni nucleari e armi di distruzione globale a discapito dei servizi sanitari.  Si assiste ad una disgregazione sociale con aumento di crimini, incidenti, alcolismo, abuso di farmaci, aumento di bambini con difficoltà di apprendimento e disturbi del comportamento.   L'inquinamento sempre più massiccio, comporta un disastro ecologico: inquinamento dell’aria, dell’acqua e del cibo che mangiamo, e  non colpisce solo gli essere umani ma sconvolge anche sistemi ecologici. L'intossicazione chimica è diventato un rischio costante della nostra vita.      Al deterioramento del nostro ambiente si accompagna un aumento dei problemi sanitari degli individui: malattie croniche e degenerative definite malattie croniche della civiltà, malattie cardiache, cancro, depressione, schizofrenia.  Si assiste anche ad anomalie economiche quali: aumento dell'inflazione, disoccupazione, distribuzione ingiusta della ricchezza.

La dinamica che sottende tutti questi problemi è la stessa: sono problemi sistemici, ossia interconnessi e interdipendenti. La nostra è una crisi culturale che potrà essere risolta solo modificando la struttura della rete stessa. Questi problemi sistemici non possono essere risolti singolarmente: bisogna adottare un angolo visuale il più possibile ampio e operare verso la trasformazione.
Occorrono tre transizioni dal vecchio al nuovo paradigma:

  •     declino del patriarcato;
  •     declino dell’età dei combustibili fossili;
  •     abbandonare la fede nel metodo scientifico come unico approccio valido alla conoscenza che consiste in una visione dell’universo come sistema meccanico composto da parti elementari e materiali, la visione della vita nella società come lotta competitiva per l’esistenza e la fede in un progresso materiale illimitato da conseguirsi attraverso una crescita economica e tecnologica.

La crisi presente non è una crisi di individui, di governi o di istituzioni sociali, ma è una transizione di dimensioni planetarie. Come individui, come società, come civiltà e come ecosistema planetario stiamo raggiungendo il punto di svolta.   L’alternativa a questa concezione è quella marxista del materialismo dialettico o storico, e del darwinismo sociale che pone troppo l’accento sul conflitto e sulla lotta per la sopravvivenza dei più adatti, che per Capra non sono indispensabili, dato che la transizione e la rinascita culturale posso essere armoniose e pacifiche.

Capra si serve dello schema di riferimento dell’ I Ching, che è alla base del pensiero cinese, che implica la nozione dei due poli archetipi, yin e yang, che sarebbero alla base del ritmo fondamentale dell’universo. I filosofi cinesi videro nella realtà, la cui essenza ultima chiamarono Tao (la Via) un processo di flusso e mutamento continuo. L’aspetto essenziale dell’universo è il mutamento, che è una tendenza naturale innata in tutte le cose; l’universo è impegnato in un moto e in una attività incessanti, in un processo cosmico: il Tao, la via. Tutte le manifestazione del Tao sono generate dall’interazione dinamica dei due poli archetipi. L’ordine naturale è un ordine di equilibrio dinamico tra yin e yang. Quel che è buono non è yin o yang, ma l’equilibrio dinamico fra i due; quel che è cattivo o dannoso è lo squilibrio. Lo yin fu associato al femminile, lo yang al maschile: la personalità di ciascun individuo, maschio o femmina non è un’entità statica ma un fenomeno dinamico risultante dall’interazione di elementi maschili e femminili. Questa concezione è in contrasto con quella della nostra cultura patriarcale, la quale ha stabilito un ordine rigido nel quale tutti gli uomini dovrebbero essere maschili, e tutte le donne femminili: ha deformato il significato di tali termini assegnando agli uomini ruoli dominanti e i privilegi sociali. 

Yin corrisponde a  femminile, intuitivo,  sintetico, attività ecologica, integrativo, cooperativo, conservativo;
Yang corrisponde a: maschile, razionale, analitico, attività egocentrica, autoassertivo, competitivo, dissipativo.

La nostra società ha favorito lo yang a scapito dello yin, la conoscenza razionale a scapito di quella intuitiva, la scienza rispetto alla religione, la competizione rispetto alla cooperazione: questo orientamento è sostenuto dal sistema patriarcale e ha condotto ad uno squilibrio che è alle radici della crisi corrente. Lo sfruttamento della natura è andato di pari passo con lo sfruttamento delle donne: dai tempi più antichi la natura era considerata come una madre generosa e nutrice. Sotto il patriarcato l’immagine della madre benevola mutò in passività e l’immagine della donna selvaggia diede origine all’idea che dovesse essere dominata. Le donne furono ritratte come passive e subordinate con una grande affinità tra femminismo e ecologia.

La consapevolezza ecologica si avrà solo, quando combineremo la nostra conoscenza razionale con un’intuizione del carattere non lineare del nostro ambiente. Il nostro progresso fino a questo momento è stato un’evoluzione unilaterale, ma dobbiamo spostare l’asse verso l’interrelazione e l’interdipendenza di tutti i fenomeni, verso la teoria dei sistemi secondo cui, organismi viventi, società ed ecosistemi sono interconnessi.  La caratteristica principale degli organismi è l’autorganizzazione (l’ordine, la struttura e la funzione di un organismo non sono imposti dall’ambiente ma sono stabiliti dal sistema stesso) e si articola in auto rinnovamento (capacità dei sistemi viventi di riciclare e rinnovare di continuo i proprio componenti conservano l’integrità della struttura complessiva) e auto trascendenza (capacità di superare creativamente confini fisici e mentali nei processi di apprendimento, sviluppo ed evoluzione); Altra caratteristica dei sistemi autorganizzantesi è la stabilità che non deve essere confusa con l’equilibrio (che è statico): essa consiste nel mantenere la stessa struttura nonostante i continui mutamenti e sostituzioni dei suoi componenti, e può essere detta omeostasi.

Il pianeta non solo pullula di vita ma sembra essere un organismo vivente: tutta la materia vivente forma un sistema complesso che ha tutte le forme caratteristiche dell’auorganizzazione. La terra è un sistema vivo, non solo funziona come un organismo, ma pare sia realmente un organismo: Gaia, un essere vivente planetario.
La caratteristica fondamentale dell’evoluzione non è l’adattamento ma la creatività. L’evoluzione è un processo aperto senza un fine prestabilito. La teoria darwiniana pone l’accento solo sull’evoluzione dell’organismo, mentre la teoria dei sistemi pone l’accento sulla coevoluzione di organismo più ambiente.
Noi possiamo modificare il nostro comportamento cambiando i nostri valori e atteggiamenti per riacquistare quella spiritualità e quella consapevolezza ecologica che abbiamo perduto. Nella futura elaborazione della nuova visione del mondo olistica, è probabile che la nozione di ritmo sia destinata a svolgere un ruolo fondamentale. Tutta la realtà che ci circonda è una danza ritmica continua.

Introduzione al Blog

Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi personali.  Nel blog c...