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venerdì 10 ottobre 2025

Una scuola laboratorio di vita

Pensare con la propria testa, senza lasciarsi condizionare, è indice di coraggio - Gandhi                                     La salute del corpo dipende da quella dello spirito - Maria Montessori 

Questo testo Una scuola laboratorio di vita. Dalla pedagogia ai grandi maestri di Francesca Leone pubblicato nel 2019 parla dell'educazione a scuola.  Una scuola laboratorio di vita è un modello pedagogico che trasforma la scuola in uno spazio di apprendimento esperienziale e attivo, dove gli studenti costruiscono attivamente le proprie conoscenze attraverso l'azione, l'indagine e la creazione, integrando il sapere con la vita pratica e i valori umani, ispirandosi a pedagogisti come John Dewey e all'idea di una crescita personale e sociale significativo.    

Gli insegnanti dovrebbero trasmettere ai bambini l'uguaglianza di tutti, al di là di ogni credo e colore,  e dovrebbero essere l'esempio di quello che vogliono trasmettere, e avere un atteggiamento coerente.  I veri Valori umani sono universali, innati e fanno parte integrante della natura umana. 

In questo testo viene presentato il metodo "EduCare" usato dal grande Maestro e pedagogista indiano Sathya Sai Baba, sviluppatosi oggi in tante parti del mondo, con scuole gratuite. Si basa sui cinque valori umani fondamentali che sono: Verità, Rettitudine, Amore, Pace, NonViolenza.  

Oggi la nostra scuola, nonostante il progresso, per un insegnante che la vive, risulta molto carente e dispersiva. La vita di oggi si basa sui valori del profitto e delle dipendenze, e l'uomo medio diventa sempre più insicuro, pieno di ansie e paure, e condizionato dalle nuove tecnologie.  

L'insegnante non ha più il ruolo di informatore di cultura e di nozioni, oggi facilmente usufruibili con l'ausilio della tecnologia, ma di facilitatore e di guida amorevole in senso olistico, specie a livello emotivo-sociale e psico-spirituale Come dicono anche gli psicologi Rogers e Ken Wilber, l'educatore dovrà ascoltare e guidare, comprendere i suoi  bisogni emotivi e dei suoi allievi. E' importante che educatori e famiglie contribuiscano a proporre ai bambini una vita più serena e felice possibile, pur in mezzo a tanta negatività che cerca di sommergerci in modo costante, opprimente e subdolo. 

Oggi i ritmi sono diversi, tutto sembra accellerato, le giornate sono esageratemente piene, si corre anche con la mente, mentre fai una cosa stai già pensando alla prossima.   Spesso gli adulti sono super-attivi, più dei loro figli, impegnati, stressati, non sanno come rilassarsi, non sanno cosa è il silenzio, parlano e spesso sovrappongono le loro voci, interrompono, non ascoltano l'altro, sono cellulari-dipendenti. Per contrastare questi fenomeni si dovrebbe prendere tempo per meditare. Un insegante yoga dovrebbere trasmettere positività, calma e serenità mentale. Chi medita, di solito, ha un'età biologica di molto inferiore a quella anagrafica. Se aumenta l'energia i disturbi fisici diminuiscono, e si possono sviluppare maggiormente le qualità positive e i propri talenti.  

In questo tempo di consumismo imperante, occorre ricordare che le cose importanti della vita sono: avere relazioni armoniose, il sentirsi utili e parte di una comunità, nutrire sentimenti positivi che diano serenità e possano aiutare a sviluppare la creatività, il contatto con la natura e la spiritualità. Soprattutto nelle grandi città l'interazione sociale è molto limitata. Si dovrebbero reimpostare le abitudini cambiando le priorità.

Occorre prendere consapevolezza dell'importanza della collaborazione, come diceva Lao Tse: "La via del saggio è agire, ma non competere". Occorre imparare ad organizzarci e agire in modo collettivo per prenderci cura di noi stessi e dei nostri bambini.  In molti posti del mondo stanno nascendo "borghi" o piccole "comunità", "eco villaggi", nuove forme di scambio con persone in sintonia che mirano soprattutto a ritrovare se stessi liberandosi dalla ossessione consumistica; comunità efficienti e autosufficienti non più schiave del business, di chi manovra la politica e l'economia... 

Quando giudichiamo, gridiamo e condanniamo siamo lontani dal nostro cuore, e vuol dire che predomina  l'ego e la mente che  vuole farci interpretare la realtà in modo negativo. Abbiamo l'esempio di Gandhi e Nelson Mandela che non giudicavano e odiavano i loro persecutori, nè si abbattevano, conservando una straordinaria stabilità psicologica. Rispettiamo e dimentichiamo i limiti degli altri. 

I nostri sentimenti dipendono da come interpretiamo l'esperienza, e questa interpretazione ci spinge o meno ad agire in qualche modo. Anche le situazioni più difficili hanno sempre una possibilità interpretativa.  I buddhisti riconoscono tre tendenze nocive da superare che sono, l'attaccamento, l'avversione e l'illusione, Quindi anche attaccarci al passato non è positivo, dobbiamo elaborarlo, comprenderlo e prenderne la distanza per poi superarlo. Dovremmo introdurci con coraggio nel futuro. E' importante riconoscere i limiti o difetti da un lato e i pregi e le qualità dei propri modelli nell'infanzia.  

Dovremmo trovare dei metodi che ci permettono di  gestire i sentimenti, ad esempio per gestire la rabbia pootremmo anche usare il metodo della "lettera", scrivendo tutto il risentimento, collera e aggressività su un foglio.  Importante è passare il tempo con qualcuno di allegro che vi tiri su, e non parlate di problemi, distraete la mente facendo passeggiate, danzando, suonando, ecc...  Fondamentale è anche riuscire ad imparare a rilassarsi e ad "allenarsi alla calma mentale". Per questo occorre rilassare il corpo fisico, acquietare le emozioni, rendere la mente libera e sgombra da ogni pensiero.  Fate in modo di complimentarvi con le persone per i loro progressi e che possano parlarvi con la massima fiducia. Non notate i loro piccoli difetti, cercate invece le loro qualità. Aprite il vostro cuore e siate sempre sinceri, siate pazienti sempre di più, di più.

Nella scuola, quello che conta, oltre la preparazione professionale, è il cuore. Un ragazzo  cresciuto in un ambiente in cui viene ascoltato, capito, e in cui può esprimersi con tranquillità, difficilmente sentirà il bisogno di unirsi a un "branco" per trovare sostegno e compagnia. Amore, accoglienza e supporto aiuteranno il bambino a coltivare le aspirazioni più profonde. I bambini considerati difficili, sono i più intelligenti, sensibili e di veloce apprendimento.  Se non ci impegniamo ad attivare la consapevolezza, la fiducia e l'autocontrollo, nulla potrà cambiare.  Importante è l'amore e la presenza di un genitore. Chi è pieno di amore e riesce ad amare non pensa ai soldi, è così impegnato ad amarsi e ad amare che si sforza continuamente a migliorare se stesso e fare del bene.    Anche il giudizio non aiuta allo sviluppo di un bambino e di una persona, è importante allora smascherare e sospendere il giudizio. Ricordiamo che dove c'è giudizio che ferisce, non c'è amore. 

Altro aspetto importante è una sana Inter-azione, tutto quello che facciamo crea una risonanza, si riflette non solo sugli altri ma molto di più su noi stessi. Comuni-care significa mettere in comunione, andare incontro all'altro e non contro, significa accogliere, integrare e non rifiuare o criticare. Spesso non ci si ascolta e ognuno vuole mostrare solo la sua superiorità, invece di arricchirsi in modo reciproco delle proprie esperienze e sentimenti. E' spesso facile analizzare gli altri,  più difficile esaminare se stessi, si amplificano allora gli errori degli altri per non guardae i propri limiti. La critica genera rabbia e dolore. Anche con i bambini non dovremmo usare un tono critico, procurerà loro solo dolore, disagio e senso d'inferiorità. Il rapporto adulto - bambino dovrebbe arricchire entrambi: i bambini rappresentano la purezza, gli adulti l'esperienza e la saggezza, così ognuno è al servizio dell'altro. 

Per i buddhisti, Maslow, Rousseau, l'uomo nasce con buone qualità, la natura umana è buona, poi l'esperienza trasforma queste qualità.  Nei laboratori della Pace, i piccoli gesti di gentilezza e positività si propagano rapidamente nella classe. 

L'uomo oggi ha perso di vista la sua interiorità, dovremmo trasmettere valori positivi. Dovremmo riuscire ad apprezzare ciò che siamo e quello che si ha, le cose essenziali, senza desiderare il superfluo; occorre saper godere delle bellezze naturali e vivere con semplicità che diventa leggerezza e gioia di vivere. Se non c'è fiducia in se stessi non si arriva da nessuna parte, mancherà la forza e il coraggio oltre che la capacità di elevarsi e migliorare la propria vita.   

Altri elementi fondamentali sono l'onesta e la coerenza: non c'è niente di quello che dici che contraddice quello che pensi o fai. La pace della mente è dovuta alla loro perfetta onestà verso se stessi, verso gli altri e verso il compito che si svolge.   Nella filosofia yoga l'unico dharma e dovere di ognuno è dunque la Verità che non danneggia nessuno. E' anche la vera natura dell'uomo e renderà congruenti ogni suo pensiero, parola e azione.  Se l'uomo conoscesse se stesso non ci sarebbero più meschinità e dolore.  Si dovrebbe ridimensionare continuamente l'ego che è avido, per liberare il Sé e far si che l'ego diventi il veicolo dell'anima e non la sua prigione. 

La spiritualità significa entrare in contatto con la Coscienza Superiore. Per Spirituale o Adhyatmico si intende indicare lo sforzo sincero per raggiungere due scopi: l'eliminazione dei tratti animali che ancora sussistono nell'uomo e la sua unità con il divino; l'individuo diventa uno con il Tutto. La vera vita spirituale è quella che insegna l'unità e porta verso l'amore, senza egoismi. Quando il nostro cuore sarà colmo di amore, sarà possibile ottenere tranquillità nel pensiero e pace nella mente.  San Francesco mostrò alla Chiesa i propri limiti e il significato di una vera e profonda spiritualità. Tutta la sua vita è un inno all'unità; in India è il santo più conosciuto. 

 Spiritualità è impegno e costanza, è un'esperienza di apertura mentale e consapevolezza, di auto-osservazione, di lavoro interiore su se stessi, una sorta di auto-analisi che porta alla sintesi. Serve per guardarsi dentro, andare oltre i propri limiti, liberandosi dai condizionamenti del passato per migliorare il proprio carattere, diventare autonomi e ritrovare se stessi.   Le cose belle che veramente contano : affetti, salute, solidarietà, benessere interiore, pace mentale ... sono spesso trascurate. L'uomo non si accontenta delle cose semplici e naturali, non mette un tetto ai suoi desideri, perciò è insoddisfatto e continua a correre, correre...  andare da un posto all'altro, da una relazione all'altra. 

Possiamo spiritualizzare ogni atto della vita quotidiana. Liberarci dall'egoismo; apprendere ad ascoltare, comprendere l'altro sono importanti qualità spirituali. Dobbiamo evitare attaccamento e dipendenza, cercare di avere un sano coinvolgimento in tutto, con più equilibrio e leggerezza. La vita e il percorso spirituale non possono essere separati. Per arrivare ad un livello vibratorio più alto potremmo usare mantra, meditazione, buone letture, servizio sociale disinteressato e  vivere in mezzo alla natura.  

L'educazione spirituale, a differenza dei dogmi religiosi, è fondata su principi universali di tolleranza, pace, verità, sincerità, amore e servizio e non sul settarismo, valori universali che rendono la vita piena e appagante.   Così imparare a "vivere  bene e in armonia con tutti" dovrebbe essere la base dell'educazione, anche nelle scuole.  

La spiritualità può influire sulla salute, come diceva Jung "la vera terapia consiste nell'approccio al divino, più si raggiiunge l'esperienza del divino, più si è liberati dalla maledizione delle patologie".  Molte malattie per alcuni studiosi sono psico-somatici e possono derivare da emozioni nocive ripetute come rabbia, invidia, e nascono sicuramente da uno stato di disagio e di conflitto interiore non risolto.  Se c'è armonia corpo, mente e anima è difficile che la malattia possa svilupparsi. Claudio Pagliara, medico oncologo e ricercatore dice: "Il cervello è il più efficiente produttore di farmaci e veleni".  Un medico che si interessa alla persona prima del sintomo è una cosa rara oggi. Il medico di famiglia, che attraverso il dialogo  ti curava l'anima, è scomparso.  Nella trasmissione televisiva "Presa Diretta " intitolata "Malati di farmaci" si è messo in evidenza l'abuso e l'uso inappropriato che gli italiani fanno dei farmaci che fanno più danno che beneficio al paziente. Marcel Proust disse " Sembra che la natura sia in grado di darci solo malattie piuttosto brevi, la medicina ha inventato l'arte di prolungarle".  La malattia è un segnale che il corpo ci manda per dirci che ha perso l'equilibrio, una spia che c'è bisogno di un riequilibrio energetico. Dovremmo imparare a mantenere la mente serena. Le malattie sono spesso causate dall'ansia, le ansie sono delle paure create dalla mente che rimugina sul passato e si angoscia per il futuro. Resta giovane chi è sano, ed è sano chi è disciplinato nel suo tenore di vita, chi fa un uso costruttivo del suo tempo, chi ha un corretto comportamento e si adopera a seminare il bene.

Fino all'ultimo istante della sua vita l'uomo dovrebbe conservare la sua voglia di osservare, ricercare, aggiornarsi, comprendere e sperimentare. la nostra è un'evoluzione continua di pensiero verso l'introspezione e la saggezza.  La rigidità mentale blocca anche il corpo. Allora sarebbe bene per un adulto ri-imparare ad adattarsi alle circostanze senza pretendere che siano le circostanze ad adattarsi a lui, ai suoi desideri.   Si dovrebbe sviluppare anche la capacità di perdonare facilmente e dimenticare velocementie i torti subiti. Oggi l'onore e il prestigio vengono prima dell'amore.  Un esempio di non attaccamento ai risultati e dell'impermanenza, è il mandala di sabbia costruito dai monaci tibetani, che dopo un lungo lavoro viene distrutto.  Molti adulti hanno perso il sorriso e la connessione con il Divino. Dovremmo impegnarci, guardarci dentro e auto-trasformarci, sviluppare il potenziale umano  per dare un senso più alto e più pieno alla nostra vita.     Valori come la condivisione, la cooperazione, l'autocontrollo, la pazienza e la fiducia in se stessi e negli altri sono alla base di una vera vita, piena, felice e di successo.  Quando sei arrivato a conoscere bene te stesso, puoi metterti al servizio degli altri attraverso il volontariato esprimendo generosità e condivisione e senza attenderti niente in cambio. 

Anche gli educatori dovrebbero avere queste qualità come l'empatia, capacità comunicative, valori etico-sociali e spirituali. L'insegnante rappresenta lui stesso il cambiamento che vuole vedere nel mondo e farà da riferimento e modello ai suoi allievi. Dovrebbe aiutare i bambini  a conoscersi e a sviluppare le loro qualità.   Anche i genitori dovrebbero rappresentare dei modelli per il loro figli, che spesso sono critici nei loro confronti: "mia madre è sempre nervosa", "mio padre sta con il cellulare appiccicato in mano".

Un profondo cambiamento può avvenire aprendo il cuore alla conoscenza e consapevolezza di sé e dell'altro. Questo potrà essere il punto di partenza per costruire una società pacifica di persone libere, costruttive e felici.  

Insegnare yoga

 𝗜𝗻𝘀𝗲𝗴𝗻𝗮𝗿𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝗲̀ 𝘂𝗻’𝗲𝘀𝗶𝗯𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲. È 𝘂𝗻 𝗮𝘁𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗿𝗲𝘀𝗽𝗼𝗻𝘀𝗮𝗯𝗶𝗹𝗶𝘁𝗮̀.

Insegnare yoga non è per tutti. Non basta conoscere. Non basta praticare.

Insegnare significa essere in grado di sostenere il percorso degli altri senza spostare il centro su di sé.

Quando si assume un ruolo, si cambia voce, si cerca approvazione, quando si ha bisogno di essere seguiti per sentirsi autorevoli, quando l’insegnamento diventa un modo per colmare il proprio vuoto, è lì che si rivela il fraintendimento.

L’insegnante di yoga non usa la posizione per affermarsi. Non cerca seguaci. Non trasmette da un piedistallo. Condivide ciò che ha compreso. Mantiene la direzione. Rimane presente. È umile, ma saldo.

Parla poco, ma con chiarezza.  Non ha bisogno di apparire diverso da com’è.

E proprio per questo può essere ascoltato, e quello che trasmette, arriva.

Lo yoga, figlio del ’68

Come la controcultura ha trasformato una disciplina ascetica in un prodotto da palestra. Articolo di Pier Paolo Bottin

Quando Carl Gustav Jung introdusse lo yoga nella cultura europea, lo fece con l’atteggiamento dell’esploratore che riconosce nella disciplina orientale non tanto una ginnastica esotica, quanto un sistema simbolico capace di dialogare con l’inconscio collettivo. Lo yoga era per lui un linguaggio dell’anima, un ponte tra conscio e inconscio, un percorso di individuazione. Ma quell’ingresso solenne e rispettoso nel pensiero occidentale fu solo il preludio a una mutazione radicale. Nel giro di pochi decenni, ciò che per secoli era stato via ascetica, sadhana, strumento per trascendere il sé e dissolvere l’ego, sarebbe stato trasformato in tutt’altro: un rito di consumo, una terapia soft, un simbolo di appartenenza alla cultura del benessere. La svolta avvenne negli anni Sessanta, nel clima infiammato di contestazione e liberazione che segnò un’intera generazione.

Il Sessantotto fu più di un movimento politico: fu un terremoto antropologico. Nacque come ribellione contro l’autorità, l’ordine patriarcale, la disciplina, ma presto si trasformò in un culto della spontaneità, della liberazione personale, del corpo come territorio politico e sacrale. Fu in quel contesto che lo yoga, arrivato in Europa come sapere iniziatico, venne riscritto per adattarsi ai nuovi bisogni di massa: bisogno di sciogliere le tensioni, di ritrovare se stessi, di esplorare l’interiorità senza sottomettersi ad alcuna struttura gerarchica. L’idea originaria di disciplina, con la sua pazienza monastica e la sua fatica quotidiana, risultava incompatibile con la retorica della liberazione immediata. Così la pratica ascetica si piegò al nuovo spirito dei tempi, diventando uno strumento di “esperienza” più che di trasformazione.

Il risultato fu un ibrido che oggi chiamiamo, senza pensarci troppo, “yoga”. Un fenomeno di massa fatto di tappetini colorati, centri wellness e influencer spirituali, dove la postura sostituisce la ricerca, la respirazione prende il posto della trascendenza e il corpo diventa non più veicolo di dissoluzione dell’ego ma terreno di estetica, performance e piacere. La spiritualità orientale, spogliata della sua austerità e del suo carattere iniziatico, venne ridotta a rituale rassicurante per individui disorientati, incapaci di sostenere la frizione tra dolore e crescita. L’Occidente, figlio del Sessantotto, trasformò il sentiero dello yoga in un percorso terapeutico senza meta, adatto a una società che voleva sentirsi libera ma non disciplinata, trasformata ma senza sacrificio.

Dietro lo yoga occidentale, dunque, non c’è soltanto un fraintendimento culturale: c’è una precisa genealogia storica. È figlio del ’68 non solo perché nasce nello stesso clima, ma perché ne incarna perfettamente le contraddizioni. Come il movimento studentesco, predica liberazione ma teme l’autorità; come la controcultura psichedelica, promette espansione di coscienza ma rifiuta le strutture che la renderebbero stabile; come le comuni e le utopie dell’epoca, confonde il momento con il cammino, la sensazione con la conoscenza. Il paradosso è che, nel tentativo di liberarsi dalle gabbie del passato, ha costruito nuove gabbie più sottili: quelle dell’eterna ricerca di benessere, dell’ossessione per il corpo e dell’illusione che basti “sentirsi meglio” per essere trasformati.

Così oggi milioni di occidentali praticano yoga convinti di partecipare a un’antica tradizione spirituale, mentre in realtà vivono un rituale moderno nato nel dopoguerra e modellato sulle esigenze della società dei consumi. Uno yoga che non pretende più nulla, che non chiede dedizione né silenzio, che consola invece di trasformare. È il riflesso diretto di quella stagione del Sessantotto che fece della libertà un assoluto e della disciplina un nemico, dimenticando che senza disciplina non c’è libertà, ma soltanto impulso.

Riconoscere questa genealogia non significa disprezzare chi pratica yoga oggi. Significa capire che la forma in cui lo conosciamo è il prodotto di un’epoca precisa, di un bisogno collettivo, di un compromesso storico tra Oriente e Occidente, tra ascesi e comfort, tra spiritualità e mercato. Lo yoga occidentale non discende dai rishi vedici ma dai figli del maggio francese; non è il frutto di millenni di sadhana ma di pochi decenni di controcultura. È figlio del ’68: bello e fragile, ribelle e addomesticato, rivoluzionario e commerciale al tempo stesso. Ed è solo riconoscendo questa origine che possiamo finalmente smettere di confonderlo con ciò che non è.

Lo Yoga non è più un percorso di emancipazione spirituale

Negli ultimi anni c’è stato un gran fiorire di nuovi stili nello Yoga che propongono l’esecuzione dinamica degli asana (Vinyasa, Flow Yoga); dopo secoli e secoli in cui nessuno aveva mai sentito la necessità di innovazioni o di cambiamenti nello Yoga classico di Patanjali, si affermano dunque queste scuole che non colgono l’importanza dell’immobilità della postura.

Senza negare l’utilità delle esecuzioni dinamiche, se usate come pratiche preparatorie o di riscaldamento (si pensi al saluto al sole), questi nuovi stili sembrano ignorare che l’immobilità costituisce il primo requisito dell’asana secondo lo Yoga Sutra (2,46).

La parola ‘Sthira’ che usa il testo per definire questa condizione vuol dire ‘solido’, ‘compatto’, ‘immobile’; l’asana, magari in una variante semplificata, è quindi sempre una posizione statica, una condizione che non è così semplice da mantenere a lungo come si crede perché l’immobilità non appartiene alla natura dell’uomo, per lo meno nello stato di veglia. L’uomo è fatto per agire, per muoversi, per parlare, per relazionarsi e si trova pertanto a essere impegnato in una condizione insolita e, a volte, sgradevole per lui.

L’asana rappresenta quindi la conquista dell’immobilità e dell’imperturbabilità durante la sua esecuzione, ma se l’asana è un dettaglio dello Yoga di Patanjali (un dettaglio importante, naturalmente), l’immobilità (tra virgolette) costituisce invece la struttura portante, il filo conduttore stesso dell’Ashthanga Yoga, che attraversa e unisce in un tutto unico i suoi otto anga fino a farne un corpo omogeneo; a livello degli asana questa ‘immobilità’ si manifesta nella fisicità della postura, ossia nell’immobilità del corpo; nell’anga successivo, il pranayama, si esprime a un livello più sottile, con la sospensione del respiro, ottenuta allungando le pause fisiologiche della respirazione.

Nel pratyahara (quinto anga) la stessa ‘immobilità’ consisterà nell’introspezione, cioè nell’inibizione della propensione naturale a seguire gli impulsi dei sensi, che trascinano l’attenzione verso il mondo esterno.

Nel processo di meditazione che comprende gli ultimi tre anga, dharana, dhyana e samadhi, l’immobilità in questione riguarderà la mente: il Sutra dice che in questa condizione essa diventa priva, per così dire, della propria natura, che è quella di osservare, conoscere, giudicare, sperimentare. La mente abbandona in questa fase ogni pensiero e concentra l’attenzione su un oggetto che rappresenta simbolicamente la nostra vera natura, la nostra realtà spirituale. Realtà che si palesa solo quando inibiamo il complesso psicofisico che fa capo al nostro ego, quando abbandoniamo il nostro abituale modo ego-centrico di pensare, di relazionarci, di comportarci.

L’abbandono (temporaneo) delle nostre caratteristiche individuali, necessario all’esperienza del samadhi, va preparato inoltre con la pratica di yama e niyama, i primi due anga che costituiscono l’etica dello yogin, dove qui l’immobilità consiste nel controllo del comportamento, nel non seguire passivamente, nel non compiacere sempre e comunque il nostro ego.

La deviazione dallo Yoga classico pare dovuta, dunque, alla mancata considerazione dei requisiti fondamentali che un asana deve presentare, oltre che dall’incomprensione di ciò che rappresenta l’Ashthanga Yoga. Così la prospettiva del praticante non è più la liberazione (kaivalya), lo Yoga non è più un percorso di emancipazione spirituale, ma una pratica che guarda al fitness o alla fisioterapia.

giovedì 9 ottobre 2025

Che cos’è una postura di yoga (asana)?

Prima di tutto, soffermiamoci sul termine asana. Questo termine indica, in generale, una posizione destinata alla meditazione. Letteralmente, asana può essere tradotto come “modo di sedersi”. Alcune rappresentazioni delle diverse posture risalgono a 2500 anni prima di Cristo. Ancora oggi, queste posizioni permettono a chiunque di scoprire e migliorare la propria pratica dello yoga, beneficiando di vantaggi specifici.

Ecco alcune delle posizioni più comuni della disciplina.

  • - Cane a testa in giù (Adho Mukha Svanasana). Il cane a testa in giù è una delle posizioni più conosciute dello yoga. In modo piuttosto semplice, consiste nel formare una piramide con il corpo. Partendo a quattro zampe sul tappetino, si posizionano le ginocchia sotto i fianchi e le mani sotto le spalle, con i palmi a terra e le dita leggermente divaricate. Espirando, si sollevano le ginocchia e i talloni, spingendo sulle mani. Bisogna portare il bacino e i glutei verso l’alto, verso il soffitto, e distendere completamente le gambe. In questo momento, i talloni dovrebbero tornare a toccare il tappetino. Si spinge sugli indici, si stendono le braccia e si posiziona la testa tra di esse. 
  • -Postura della montagna (Tadasana)- A differenza del cane a testa in giù, che può risultare difficile per un principiante, la postura della montagna è molto semplice.In piedi, con i piedi uniti e le braccia lungo i fianchi, si fa pressione sulle dita dei piedi per trovare l’equilibrio. Inspirando, si sollevano le braccia e si uniscono le mani sopra la testa, con i palmi rivolti verso il cielo. Poi ci si solleva sulle punte dei piedi, si contraggono bacino e cosce e si apre il torace trattenendo il respiro. Infine, si espira lasciando cadere lentamente le braccia lungo i fianchi, tornando alla posizione iniziale. 
  •  -Postura del bambino (Balasana). Si inizia da seduti, con le gambe distese davanti a sé. Poi si piegano le gambe portando i talloni sotto i glutei e le cosce sulle caviglie. Dettaglio importante: i due alluci devono toccarsi. Poi ci si piega in avanti, portando la fronte a terra e le mani dietro i glutei.

Posizioni di yoga per principianti

  • -  Postura del cobra (Bhujangasana). Si comincia sdraiati a pancia in giù. Come per il cane a testa in giù, le mani sono posizionate sotto le spalle. Spingendo verso il basso con piedi e mani, si portano le spalle indietro stringendo le scapole al massimo. Infine, si solleva il torace mantenendo le gambe a terra, e si mantiene la posizione.
  • - Postura del gatto e della mucca. Inginocchiati, con le mani sotto le spalle e le ginocchia allineate con i fianchi. Inspirando, si inarca la schiena guardando verso l’alto e avvicinando le scapole. Espirando, si arrotonda la schiena e si porta la testa tra le braccia.
  • - Postura del ponte. Si inizia da seduti, con la schiena dritta e le mani sui fianchi, le gambe unite e distese davanti a sé. Si portano le mani dietro, si apre il torace e si spinge sulle braccia per sollevare il corpo, mantenendo le piante dei piedi a terra. Inspirando, si solleva il busto e si lascia cadere la testa all’indietro.

Posture di yoga intermedie

  • - Postura del piccione (Kapotasana). Si parte dalla posizione del cane a testa in giù, poi si porta un ginocchio dietro il polso dello stesso lato. Il polpaccio si appoggia al suolo, formando una specie di “V”. L’altra gamba rimane distesa all’indietro. Si mantiene poi la posizione.
  • - Postura della candela (Sarvangasana). Sdraiati sulla schiena, si piegano le ginocchia e si appoggiano i piedi al suolo. Si sollevano le gambe portando le ginocchia verso il petto. Si mettono poi le mani sui fianchi e successivamente sul centro della schiena, mentre le ginocchia passano sopra la testa. Espirando, si sollevano torace e bacino. Infine, si distendono le gambe portando i piedi il più in alto possibile, finché il corpo non assume la forma di una candela. Per evitare di perdere l’equilibrio, è importante mantenere i gomiti vicini.

Posizioni avanzate e difficili

  • - Postura del loto (Padmasana). È la posizione più famosa dello yoga. Si comincia seduti, con la schiena dritta e le gambe distese davanti. Si piegano le ginocchia per sedersi a gambe incrociate, si uniscono pollice e indice, e si appoggiano i polsi sulle ginocchia. Sembra semplice? Esistono versioni più complesse, in cui i piedi vengono posizionati sopra le cosce, e non sotto. Infine, si apre il torace ed estende la colonna vertebrale.

 Posture tradizionali dello Hatha Yoga
Molte posture fanno parte di ciò che è considerato Hatha Yoga. Tra queste troviamo la candela, l’aratro, la pinza, il cobra, l’arco, il triangolo e il cane a testa in giù. Poiché esistono ben 84 posizioni diverse, non è possibile elencarle tutte qui.
- Posture in piedi per migliorare l’equilibrio
Ogni asana ha i propri benefici. Chi desidera migliorare equilibrio, postura o ridurre il mal di schiena è nel posto giusto.
- Postura dell’albero (Vrikshasana)
In piedi, con le braccia leggermente discostate dal corpo e il torace rivolto verso il cielo. Si sposta il peso sul piede sinistro, si solleva il piede destro e lo si appoggia sulla caviglia, sul ginocchio o sulla coscia (per i principianti, è meglio la caviglia). Le mani vengono unite davanti al petto, come in un gesto di preghiera.
- Postura del guerriero I (Virabhadrasana I)
Si parte da un affondo alto, con una gamba dietro e le mani sui fianchi. Il tallone posteriore è a terra, inclinato a circa 45 gradi. Il ginocchio anteriore è allineato con il piede. Le anche devono essere rivolte in avanti e le mani si alzano sopra la testa, con i pollici rivolti verso l’interno.
Posizioni di rilassamento e antistress
Per rilassarsi, svuotare la mente e ridurre lo stress, esistono molte opzioni, come la postura del loto. Anche - le posture della farfalla o della rana sono ottime per rilassarsi e distendere corpo e mente.
Posizioni per migliorare la digestione
Lo yoga non serve solo a migliorare postura, equilibrio o benessere mentale. Alcune asana aiutano anche la digestione: il cobra, il gatto-mucca e la pinza sono ottimi esempi.
Posizioni per favorire il sonno
Come per la digestione, anche la postura del cobra può favorire il sonno. Lo stesso vale per la candela e la postura del bambino.
Sequenza di posture: il Saluto al Sole.  Il Saluto al Sole è una sequenza di 12 posizioni (in un ciclo di andata e ritorno) che simboleggia il ciclo dei mesi dell’anno. È composto come segue:

  •     Postura della montagna
  •     Mezza luna all’indietro
  •     Pinza
  •     Affondo basso
  •     Panca
  •     Blocco
  •     Saluto degli otto punti
  •     Cobra
  •     Cane a testa in giù
  •     Affondo basso
  •     Pinza
  •     Mezza luna all’indietro

Consigli per praticare in sicurezza
Per praticare yoga in modo sicuro, è importante non avere fretta.
Ricorda: indipendentemente dal livello delle persone intorno a te, lo yoga non è una competizione. Prenditi il tuo tempo, respira e segui le istruzioni. Se un asana è troppo difficile, non forzare. Con la pratica, riuscirai a padroneggiarlo: la chiave è la pazienza.

Le posizione di yoga dovrebbero essere mantenute per alcuni minuti, come ad esempio quella del bambino; altre, per meno tempo. L’importante non è resistere oltre le proprie forze. Per le posizioni più difficili, 5–10 secondi possono già essere sufficienti.

sabato 13 settembre 2025

Advaita Vedanta

 Advaita (sanscrito: non dualismo, talvolta Monismo), è la più influente delle scuole del Vedanta, una delle sei scuole filosofiche ortodosse dell' India. Mentre i suoi seguaci trovano i temi principali già completamente espressi nelle Upanisad e codificati nel Vedanta-sutra, ha il suo inizio storico con Gaudapada, un filosofo del VII secolo, autore del Mandukya-karika, un commento in versi sulla tarda Mandukya Upanisad.     

Gaudapada argomentò anche sulla filosofia buddista del Mahayana di Shunyava-da (vacuità). Sostenendo la non esistenza della dualità; la mente, nella veglia o nel sogno, si muove nella maya (illusione o ignoranza metafisica); e soltanto la non dualità (advaita) è la verità finale. Questa verità è celata dall' ignoranza dell' illusione. Non c'è alcun divenire, né da una cosa in sé o da una cosa a un'altra cosa. Non c'è infine il Sé o anima individuale (jiva), ma solo l'atman (l'Essere o spirito omnipervadente), in cui gli individui sono temporaneamente delineati così come lo spazio in un vaso si delinea come una parte dello spazio principale: quando il vaso è rotto, lo spazio specifico torna ancora una volta parte dello spazio principale.

Il filosofo medioevale indiano Shankara, o Shankaracarya, elaborò ulteriormente i concetti di Gaudapada, principalmente nel suo commento sul Vedanta-sutra, lo Shariraka-mimamsa-bhasya (Commentario sullo Studio sul Sé).  Shankara nella sua filosofia non inizia dal mondo empirico attraverso un processo di analisi logica ma, piuttosto, direttamente dall' assoluto (Brahman). Se interpretato correttamente, sostiene, le Upanisad insegnano la natura della Realtà Assoluta (Brahman). In questa questa discussione, sviluppa un epistemologia completa per rappresentare l' errore umano nella percezione del mondo fenomenico come reale.  Fondamentale per Shankara è il principio che il Brahman è reale ed il mondo è irreale. Ogni cambiamento, la dualità e la molteplicità sono un' illusione. Il Sé non è null'altro che il Brahman. La visione di questa identità provoca la realizzazione spirituale. Brahman è oltre il tempo, lo spazio e la causalità, che sono semplicemente forme dell'esperienza empirica. Nessuna distinzione nel o dal Brahman è possibile.

Shankara afferma che i testi scritti, dichianti l' identità (Tu sei Quello) o che negano la differenza (Qui non esiste dualità), in realtà affermano il vero significato di una Realtà Assoluta (Brahman) senza alcun attributo o qualità (nirguna). Altri testi che attribuiscono delle qualità (saguna) alla Realtà Assoluta (Brahman) sono da riferirsi non alla reale vera del Brahman ma alla relativa personalità come Divino (Ishvara).

La percezione umana della unitaria ed infinita Realtà Assoluta come molteplice ed infinita è causata dall' essere umano e alla sua abitudine innata della sovrapposizione (adhyasa), da cui un attributo si attribuisce all'Io (Io sono stanco; Io sono felice; Io sto percependo). L'abitudine proviene dall' ignoranza umana (avidya), che può essere evitata soltanto dalla realizzazione dell' identità del Brahman. Tuttavia, il mondo empirico non è completamente irreale, dato che è comunque un'apprensione errata del Brahman reale. Una corda si scambia con un serpente; c'è soltanto una corda e non c' è nessun serpente, ma, finché si pensa ad essa come al serpente, c'è il serpente. 

Shankara ha avuto molti seguaci che hanno continuato ed elaborato la sua opera, considerevole il contributo del filosofo Vacaspati Mishra del IX secolo. La letteratura Advaita è estremamente vasta e la sua influenza ancora è sensibile nel pensiero indù moderno.

domenica 3 agosto 2025

I benefici profondi del pranayama

Che tu sia un principiante alle prime esperienze sul tappetino o un praticante avanzato, sai bene che lo yoga non è soltanto una pratica fisica, ma un'arte di consapevolezza. Al centro di tutto vi è il respiro: un ponte tra corpo e mente, tra dentro e fuori.   Nello yoga la respirazione deve essere il più lenta e profonda possibile. Molte persone non se ne accorgono ma respirano solo con il torace, solo con l'addome oppure in minima parte con entrambi. La respirazione yoga deve essere completa, cioè ci deve essere una notevole espansione sia del torace che dell'addome.     

Comprendere e padroneggiare le tecniche di respirazione yogica – note come Pranayama – è fondamentale per ottenere una pratica profonda, trasformativa e benefica sotto molti aspetti, fisici, mentali e spirituali. La parola Pranayama deriva dal sanscrito prāṇa (energia vitale, respiro) e āyāma (espansione, controllo). Dunque, il Pranayama è la disciplina che consente di estendere e dirigere l’energia vitale attraverso il controllo consapevole del respiro.

Le quattro fasi fondamentali del Pranayama sono:

  •     Puraka: l’inspirazione
  •     Antara Kumbhaka: la ritenzione a polmoni pieni
  •     Rechaka: l’espirazione
  •     Bahya Kumbhaka: la ritenzione a polmoni vuoti

Questa struttura ritmica, se praticata con regolarità, aiuta a stabilizzare il sistema nervoso, a migliorare la salute respiratoria e ad aprire la via alla meditazione.

Una respirazione profonda e consapevole ha effetti documentati sulla salute fisica e psico-emotiva. Alcuni dei benefici principali includono:

  •     Rafforzamento del sistema respiratorio
  •     Miglior ossigenazione del sangue e degli organi, in particolare cervello e colonna vertebrale
  •     Attenuazione dello stress e dell’ansia
  •     Maggiore concentrazione e centratura mentale
  •     Equilibrio del sistema nervoso autonomo ed endocrino

In ambito yogico, il respiro non è solo scambio gassoso, ma veicolo sottile dell’energia vitale, che scorre nei canali (nadi) del corpo. Regolare il respiro significa regolare la mente e, in ultima istanza, l’intero essere.

Esistono tre forme principali di respirazione, che possono essere praticate separatamente o unite nella cosiddetta respirazione yogica completa:

  •     Respirazione addominale
  •         Coinvolge la parte inferiore dei polmoni e il diaframma.
  •         L’addome si espande all’inspirazione e si contrae all’espirazione.
  •         Favorisce il massaggio degli organi interni, riduce lo stress e migliora l’ossigenazione.
  •     Respirazione toracica
  •         Coinvolge la parte centrale e superiore dei polmoni.
  •         Avviene grazie all’espansione delle costole tramite i muscoli intercostali.
  •         È meno efficiente di quella addominale, ma utile per la consapevolezza della gabbia toracica.
  •     Respirazione clavicolare
  •         La più superficiale: si attiva sollevando spalle e clavicole.
  •         Il volume d’aria è minimo; è usata nei momenti di emergenza o stress.
  •         In ambito yogico, viene praticata per completare la respirazione totale.

Respirazione yogica completa: combina addome, torace e clavicole in un’unica onda fluida e potente, ampliando al massimo la capacità polmonare e la consapevolezza.

Per migliorare la respirazione è essenziale osservarla. Puoi farlo da seduto, portando una mano sull’addome e una sul petto, notando quale delle due si muove durante l’inspirazione. Questo semplice esercizio aiuta a riconoscere il proprio modello respiratorio e ad accrescerne la consapevolezza, primo passo per trasformarlo.

Nel quotidiano, nei momenti di stress o durante le posture più intense (asana), il ritorno al respiro consapevole permette di rimanere presenti, centrati e calmi. Respirare è un atto di presenza, un ancora nel qui e ora.

Per chi è agli inizi, è utile esercitare separatamente le tre respirazioni per acquisire familiarità:

  •     Addominale: mani sull’ombelico, segui il movimento del diaframma.
  •     Toracica: mani sulle costole, osserva l'espansione laterale.
  •     Clavicolare: mani sulle clavicole, percepisci il sollevamento delle spalle.

Dopo qualche ciclo di pratica, puoi integrare i tre tipi in una respirazione completa, inspirando dal basso verso l’alto ed espirando dall’alto verso il basso, in un flusso armonico.

Ecco alcune delle tecniche più conosciute, adatte a vari livelli di pratica:

  •     Anuloma Viloma / Nadi Shodhana (respirazione a narici alternate),     Purifica i canali energetici (nadi), calma la mente e riequilibra emisferi cerebrali.
  •     Respiro risonante.     Inspirazione ed espirazione della stessa durata (es. 6 secondi), favorisce rilassamento e coerenza cardiaca.
  •     Kapalabhati (respiro del cranio splendente).     Espulsioni rapide e forzate d’aria dal naso, attiva il fuoco addominale (agni), detossifica e stimola.
  •     Bhastrika (respiro del mantice).     Inspirazioni ed espirazioni vigorose con movimento sincronizzato delle braccia: energizzante e riscaldante.
  •     Bhramari (respiro dell’ape).     Emissione del suono “OM” a bocca socchiusa durante l’espirazione, con chiusura dei sensi (Shanmukhi Mudra). Induce calma profonda e stimola il sistema parasimpatico.

La respirazione non è un gesto automatico da dare per scontato: è uno strumento potente di autoconoscenza e trasformazione. Nello yoga, imparare a respirare significa imparare a vivere meglio, con più presenza, equilibrio e salute.  Il respiro è sempre con te: usalo con saggezza.

Vedi link:  

  •  https://www.youtube.com/watch?v=bVt5aqoWYhA
  • https://eventiyoga.it/tecniche-di-respirazione-yoga/

Cosa è lo yoga.

 "Yoga chitta vritti nirodha "  - Lo Yoga è la cessazione delle modificazioni della mente.

La parola Yoga deriva dalla radice sanscrita Yug, che vuol dire unione. Unione di cosa? Inizialmente di corpo, mente e respiro. Quando, attraverso le tecniche dello Yoga e la pratica regolare, abhyasa, si comincia prendere consapevolezza di questa unione, gradualmente si comincia anche ad intuire la parte più sottile di noi, quella spirituale. Questa è la seconda unione. Quando l’unione tra corpo, mente, respiro e componente spirituale si è consolidata, pian piano aumenta la consapevolezza del fatto che questa parte spirituale non è isolata, chiusa in noi, ma fa parte di una realtà ben più ampia, di respiro cosmico. L’unione del Divino presente in ognuno di noi con il Divino Cosmico è il fine ultimo dello Yoga.      
Ovviamente un obiettivo così ambizioso non si può raggiungere in tempi brevi e senza impegno. È per questo che gli antichi Saggi indiani, i rishi, ci hanno tramandato per millenni tutto un insieme di tecniche, fisiche, mentali e spirituali che gradualmente aiutano a migliorare il livello di salute fisica, di efficienza respiratoria, di energia generale e di consapevolezza di sé. Questo insieme di discipline fisiche, respiratorie, mentali e spirituali, che hanno come fine quello di ricondurre l’uomo alla sua origine divina, è quello che chiamiamo Yoga.

Nel corso dei millenni lo Yoga è stata una disciplina altamente esoterica, riservata ad un numero ristretto di adepti. Solo nella seconda metà dell’800 e nei primi del ‘900 alcuni grandi Maestri, come Swami Vivekananda, Ramana Maharshi, Yogananda Paramahansa e Swami Sivananda, hanno cominciato a rivelare ad un numero sempre crescente di persone interessate gli alti insegnamenti dello Yoga, soprattutto in Occidente. Inevitabilmente questa grande diffusione ha portato, in un secondo tempo, in parte ad una diluizione degli insegnamenti, in parte ad un’alterazione degli stessi, nella convinzione (non sempre in buona fede) che lo Yoga si potesse ‘modernizzare’ o ‘migliorare’. 
In realtà lo Yoga è un sistema talmente completo da mantenere la sua potenza filosofica e spirituale nel corso dei millenni proprio perché è rimasto inalterato, fedele ad un’ortodossia che non è puro conservatorismo, ma coscienza di essere una disciplina nata dall’esperienza diretta dei rishi del passato, una disciplina nata perfetta e quindi immodificabile.

Karma, Guna e Shraddha

Quando la mente è fermamente convinta che Brahman è reale e l’universo irreale, è ciò che chiamiamo viveka, la discriminazione tra il Reale e l’irreale.”      — Adi Shankaracharya, Viveka Chudamani, XX

Questo è il principio fondante dell’Advaita Vedanta, la filosofia non dualista elaborata dal grande mistico e pensatore indiano Adi Shankaracharya, vissuto probabilmente tra il 788 e l’820 d.C.

                                                                    

La Realtà Assoluta e l’illusione della mente.  Brahman è l’unica realtà: infinito, eterno, mai nato, immanente. In contrapposizione, Prakriti – la natura sensibile, o Jagat, l’universo fenomenico, o ancora Maya, il velo dell’illusione – è una creazione mentale. Così come i sogni svaniscono al risveglio, l’identificazione illusoria con corpo e mente genera, nell’individuo (Jiva), una realtà soggettiva destinata a dissolversi al sopraggiungere del risveglio spirituale.

Questo risveglio consiste nel riconoscere l’Atman, il Sé interiore, riflesso del Brahman in ogni essere, come unica vera realtà. Come un unico sole si riflette in mille pozze d’acqua, così l’Assoluto si rifrange negli individui. La consapevolezza di questa verità dissolve Avidya, l’ignoranza spirituale, e prepara al Samadhi, la comunione con il Divino, preludio alla Moksha, la liberazione dal Samsara, il ciclo di rinascite e morti.

Karma: la legge universale dell’azione. Il cammino verso l’illuminazione è lungo e arduo, spesso attraversa molte vite e richiede un impegno immenso. Comprendere la legge del Karma è essenziale per capire questa complessità.    In sanscrito, karma significa “azione”: ogni azione genera una conseguenza corrispondente. Tuttavia, non si tratta di una semplice dinamica di premi e punizioni. Bene e male sono concetti relativi; ciò che importa è il Dharma – la rettitudine intesa come progresso spirituale.

Il Dharma guida verso l’evoluzione; l’Adharma ci ferma o ci fa regredire. È un processo formativo, non punitivo: l’anima, nella sua lunga marcia verso la realizzazione, attraversa esperienze necessarie a sviluppare consapevolezza. In ogni nascita, ereditiamo condizioni plasmate dal karma delle vite precedenti. Non possiamo cambiare il destino attuale, ma possiamo cambiare come lo viviamo.

I Guna: le tre forze della natura.  Un’altra chiave per la comprensione di noi stessi è il concetto dei Guna, le “qualità” o, più precisamente, le “tendenze” fondamentali della natura:

  •     Sattva: purezza, armonia, chiarezza.
  •     Rajas: attività, passione, desiderio.
  •     Tamas: inerzia, oscurità, ignoranza.

Come afferma la Bhagavad Gita (XIV,5):     “Purezza, passione e inerzia—queste qualità, o potente Arjuna, nate dalla Natura, legano saldamente al corpo colui che si è incarnato, l’Indistruttibile!

I Guna non sono semplici aspetti della natura: ne sono l’essenza. Ogni individuo è una combinazione dinamica di questi tre elementi, che definiscono personalità, comportamenti e inclinazioni spirituali.

Una persona sattvica sarà pacifica e altruista; una rajasica sarà dominata da ambizione e desideri; una tamasica sarà apatica, pigra, inconsapevole. Nessuno possiede un solo Guna: è la loro combinazione e prevalenza a determinare il nostro stato interiore.

Cosmogonia e squilibrio dei Guna.   Nella visione vedica, all’inizio era la quiete assoluta: i tre Guna in perfetto equilibrio. Da questo equilibrio è nata la potenzialità dell’universo. Ma, come negli individui, anche l’universo è soggetto al karma. Lo squilibrio originario tra i Guna ha generato il movimento cosmico, manifestandosi dapprima come Shabdabrahman, la vibrazione primordiale, “il suono senza suono”, da cui ha avuto origine la materia.

Lo Yoga mira a ritornare a questa dimensione sottile, partendo dal grossolano verso il causale. Come dice Swami Sivananda:   “Condurre una vita virtuosa prepara la mente alla meditazione, ma è solo con la meditazione che si ottiene la realizzazione del Sé.

Trasformare i Guna interiori.  Il lavoro spirituale consiste nel trasformare Tamas in Rajas, e poi Rajas in Sattva. Quando prevale Sattva, la mente è predisposta alla meditazione e allo Yoga. Tuttavia, anche Sattva, sebbene nobile, è un Guna e come tale deve essere superato.  

    “Quando l’osservatore non vede altro agente che i tre Guna, conoscendo ciò che è al di sopra di essi, egli arriva al Mio Essere.” (Bhagavad Gita, XIV, 19)

Una parabola narrata da uno Swami illustra questo: tre ladri aggrediscono un mercante. Uno vuole ucciderlo (Tamas), l’altro lo lega e lo abbandona (Rajas), il terzo lo libera e lo riaccompagna sulla via (Sattva). Anche Sattva, pur aiutando, è un ladro: ci ruba l’Assoluto legandoci al piacere sottile.

Shraddha: la fede come specchio del proprio essere.  I Guna agiscono in ogni sfera della vita: cibo, azioni, conoscenza, piaceri. Ma la loro influenza più decisiva è sulla Shraddha, la fede. La Bhagavad Gita (XVII, 3) afferma:   “La fede di ognuno è in accordo con la sua natura, o Arjuna. L’uomo è fatto della sua fede: com’è la sua fede, così egli è.

La fede riflette il nostro livello karmico e spirituale. Swami Vishnudevananda ci ricorda che non esistono karma buoni o cattivi, ma “karma piacevoli e karma utili”. È proprio attraverso le esperienze dolorose che possiamo accelerare la nostra crescita.

La scala della fede e il cammino della consapevolezza.  Come spiega Sri Yogananda, nella Gita (XVII, 4):     L’uomo sattvico adora i Deva (le qualità divine),     Il rajasico si rivolge a Yaksha e Rakshasa (spiriti della ricchezza e dell’ego),     Il tamasico si perde in Preta e Bhuta (fantasmi, spiriti oscuri).   La fede, dunque, è anche lo specchio delle aspirazioni interiori. Quando evolve, accelera il percorso spirituale e ci aiuta a ritrovare la connessione con il Divino. Come in una scalata, ogni passo di fede sostiene il passo successivo di coscienza, e viceversa.

    “La fede non deve essere cieca. Deve essere una fede consapevole della nostra essenza divina.”    — Swami Vivekananda

Lo Yoga ci fornisce strumenti concreti per sperimentare questa verità. La conoscenza teorica è utile, ma non sufficiente: solo la pratica, Abhyasa, rende reale la trasformazione. 

    “Lascia questo libro e vai a praticare.” — Swami Sivananda

Unione e realizzazione: il fine ultimo del cammino.  Come ricorda la Bhagavad Gita (II, 46):     “Per colui che conosce il Brahman, i Veda sono della stessa utilità di un piccolo serbatoio d’acqua quando l’alluvione arriva da ogni lato.”.

Persino le scritture sacre diventano superflue quando si realizza direttamente l’unità tra Atman e Brahman. L’ignoranza spirituale è l’unico vero ostacolo. La vera conoscenza non è concettuale, ma esperienziale.   Solo la pratica meditativa può operare questa trasformazione e ricondurci a ciò che siamo da sempre: Ananda, la beatitudine divina.

sabato 2 agosto 2025

Karma, Dharma, Viveka e Vairagya

Nelle filosofie dello Yoga e del Vedanta esistono concetti cardine, veri e propri perni attorno ai quali ruotano entrambi i sistemi. Uno di questi è il Samsara, il ciclo delle nascite e delle morti, spesso raffigurato come una ruota. A questa ruota è incatenato il Jiva, l’individuo composto da Atman – la parte divina – e dalle Upadhi, gli attributi limitanti (corpo, prana e mente), con cui il Jiva si identifica erroneamente, dimenticando la sua vera essenza divina.  Nel mondo di Prakriti, la Natura, ogni cosa – che sia una cellula, una pianta, un animale, un essere umano o l’intero universo – nasce, si sviluppa, decade e muore. In questo andamento ciclico, la morte non è un evento definitivo, ma semplicemente un passaggio, un cambiamento di forma.

Secondo la teoria del Samsara, alla morte, il corpo fisico – composto dai cinque elementi (pancha bhuta: terra, acqua, fuoco, aria, etere) – torna agli elementi originari. Il corpo astrale, invece, formato da mente e prana, conserva tutte le esperienze accumulate nelle varie vite, contribuendo alla formazione del carattere nella successiva incarnazione. Dopo un periodo di attesa, il corpo astrale si reincarna in una forma adatta alle sue esigenze karmiche, per continuare il cammino verso il Brahman, l’anima cosmica da cui tutti proveniamo e a cui tutti apparteniamo.

Le leggi spirituali: Karma, Dharma, Viveka, Vairagya.  La velocità e il modo in cui il Jiva si avvicina alla Moksha, la liberazione dal ciclo delle rinascite, dipendono da quattro principi fondamentali: 

  •     la legge del Karma (azione),
  •     il rispetto del Dharma (dovere),
  •     il Viveka (discernimento tra reale e irreale),
  •     e il Vairagya (distacco).

Questi non sono semplici concetti, ma leggi immutabili della realtà in cui viviamo. Come è impossibile scrivere correttamente senza conoscere le regole grammaticali, o costruire senza comprendere le leggi della fisica, allo stesso modo non è possibile raggiungere l’emancipazione spirituale senza conoscere e rispettare le leggi della vita interiore.

Swami Sivananda paragona il Jiva a un comandante di nave: solo chi conosce le regole della navigazione e possiede una bussola affidabile può condurre la propria nave in porto, tra tempeste e bonacce, senza perdersi.

La parola Karma deriva dalla radice sanscrita kri, “fare, agire”, e significa appunto “azione”. Secondo questa legge, a ogni azione corrisponde una reazione. A livello fisico ciò è evidente (premiamo l’interruttore e si accende la luce), ma sul piano esistenziale, soprattutto se considerato su molteplici vite, la dinamica diventa più sottile e complessa.

È essenziale comprendere che per “azione” non si intende solo ciò che facciamo, ma anche ciò che pensiamo e diciamo. I pensieri sono la radice delle parole e delle azioni. Le intenzioni contano persino più dei gesti stessi: un chirurgo e un assassino possono compiere lo stesso atto fisico (tagliare), ma lo scopo è opposto.  

  •     “Siamo ciò che pensiamo”:        
  •     un pensiero ripetuto (vritti) diventa abitudine (samskara),
  •     le abitudini formano i tratti caratteriali (vasana),
  •     e il carattere crea il destino (Karma).

Nella Bhagavad Gita, Krishna afferma:     “Colui che, trattenendo gli organi di azione, siede pensando agli oggetti dei sensi, egli, la cui comprensione è velata dall’illusione, è ciò che chiamiamo un ipocrita.” (B.G. III, 6).    Non basta rinunciare esteriormente ai sensi: la rinuncia autentica avviene solo quando si è sradicato anche il desiderio. La spiritualità autentica richiede coerenza tra pensiero, parola e azione. L’ipocrisia nasce quando si fa una cosa ma se ne pensa un’altra. Anche Gesù criticava i “sepolcri imbiancati”, coloro che apparivano puri ma agivano nel segreto con egoismo.

La legge di causalità.  Secondo la dottrina del Karma, ogni evento – una nascita, una guerra, un’illuminazione – ha una causa profonda. Nulla è casuale. A ogni causa corrisponde un effetto e viceversa: il seme genera l’albero e l’albero produce un nuovo seme. Le nostre esperienze attuali sono il frutto di azioni compiute in vite precedenti.

Il Karma è giusto e inesorabile: chi compie il male e crede di averne evitato le conseguenze eludendo la giustizia umana si illude. Ogni azione ha una reazione equivalente. Il Karma è un meccanismo di compensazione che mantiene l’equilibrio del cosmo. È la nostra ignoranza che ci impedisce di vedere le connessioni e riconoscere il disegno più grande.       “La ricompensa di una vita ben vissuta è la stessa vita ben vissuta.”      Una vita condotta con sincerità, etica e pace interiore porta serenità, indipendentemente dalle sfide.

Lo Yoga distingue tre tipi di Karma:

  •     Sancita Karma: l’insieme di tutti i Karma accumulati nelle vite passate.
  •     Prarabdha Karma: la parte di Karma che in questa vita si manifesta e deve essere vissuta.
  •     Agami Karma: il Karma che creiamo nel presente e che darà frutti nelle vite future.

Una metafora li chiarisce bene:     la faretra piena è il Sancita,     la freccia già scoccata è il Prarabdha,     quella che stai per lanciare è l’Agami.

Il Prarabdha non può essere evitato, nemmeno dagli Yogi più avanzati. Tuttavia, attraverso la Brahma Jnana, la realizzazione del Sé, si possono bruciare sia il Sancita che l’Agami. Solo il Prarabdha rimane da vivere.

Karma e reincarnazione.  Krishna, nella Bhagavad Gita, risponde alla domanda di Arjuna su cosa accade a chi intraprende il cammino dello Yoga senza raggiungere la liberazione:    “Non sarà mai perduto, in questo mondo o nella prossima vita. Chi si impegna in attività benefiche non farà mai una brutta fine... rinasce nella casa di saggi yogi... recupera le realizzazioni della vita precedente e riprende il cammino.” (B.G. VI, 41-44)

Il Karma non è fatalismo. È il punto d’incontro tra libero arbitrio e responsabilità. Nasciamo in una certa famiglia, cultura e corpo non per caso, ma come conseguenza delle azioni passate. E siamo liberi, oggi, di agire per creare un nuovo destino.

Karma collettivo e il gioco della vita. Il Karma non è solo individuale. Esistono Karma familiari, sociali, nazionali, planetari e cosmici. Ogni interazione tra individui avviene perché i rispettivi Karma lo richiedono. Spesso anime condividono molte vite insieme, con ruoli e generi diversi.  Krishna afferma:     "Io e te abbiamo conosciuto molte vite. Io le ricordo tutte, ma tu no." (B.G. IV, 5)

E questo è un bene. Ricordare tutte le vite precedenti creerebbe grande turbamento. La vita è un’enorme recita, un gioco divino: il Lila. In questa rappresentazione, gli individui cambiano ruoli con un unico fine: l’evoluzione spirituale. Comprendere il Karma e il Lila ci permette di vivere con più leggerezza e saggezza, sapendo che ciò che sembra tragico è parte di un disegno più grande. La vita è un sogno divino, e noi ne siamo allo stesso tempo sognatori, sogno e personaggi del sogno. 

venerdì 1 agosto 2025

YogaPills e Yogapedia - l'enciclopedia dello yoga

Yoga Pills è un mini portale dello yoga dedicato a tutti i praticanti appassionati di yoga, dai principianti agli insegnanti.   Si tratta di un'iniziativa senza fini di lucro, con lo scopo di favorire la diffusione e la comprensione di questa antica e affascinante disciplina e fornire utili informazioni e servizi.  Vedi:       https://www.yogapills.it/       

E' inoltre promotore di un ambizioso progetto collaborativo ovvero Yogapedia.it,  la prima enciclopedia italiana interamente dedicata allo yoga.    Vedi:   https://www.yoga-magazine.it/2017/01/yogapedia-it-la-enciclopedia-italiana-libera-interamente-dedicata-allo-yoga/      

Yoga Magazine:   https://www.yoga-magazine.it/

Esempi di contenuti:  

  • Principali Maestri yoga ....   https://www.yogapedia.it/index.php?title=Maestri_dello_Yoga
  • Come costruire una sequenza yoga  https://www.yogapills.it/come-costruire-una-sequenza/

Asana riconosciuti utili per l’umanità

 Asana riconosciuti utili per l’umanità           

Le posizioni sono state prese dai testi Gheranda Samhita, e Hatha Yoga Pradipika.

  1. 1. Bhujangasana, posizione del cobra,

  2. Shalabasana, posizione della cavalletta,

  3. Ustrasana, posizione del cammello,

  4. Garudasana, posizione dell’aquila,

  5. Makarasana, posizione del coccodrillo,

  6. Vrsasana, posizione del toro,

  7. Vrksasana, posizione dell’albero,

  8. Uttanamandukasana, posizione della rana,

  9. Mandukasana, posizione della rana,

  10. Uttanakurmasana, posizione della tartaruga,

  11. Kurmasana, posizione della tartaruga,

  12. Kukkutasana, posizione del gallo,

  13. Mayurasana, posizione del pavone,

  14. Sankatasana, posizione dell’orso,

  15. Utkatasana, posizione della sedia,

  16. Paschinottanasana, posizione della pinza

  17. Matsyendrasana, posizione del nodo,

  18. Matsyasana, posizione del pesce,

  19. Guptasana, posizione perfetta,

  20. Shavasana, posizione del cadavere,

  21. Dhanurasana, posizione dell’arco,

  22. Virasana, posizione dell’eroe,

  23. Gomukhasana, posizione del muso di vacca,

  24. Simhasana, posizione del leone,

  25. Svastikasana, posizione attraverso,

  26. Vajrasana, posizione del fulmine,

  1. Muktasana, posizione perfetta,

  2. Bhadrasana, posizione felice,

  3. Padmasana, posizione del loto,

  4. Siddhasana, posizione del perfetto.


Nel testo Hatha Yoga Pradipika sono riportate anche le seguenti posizioni: Kurmasana o Koormasana, Uttana korme shavasana.

Il PYO - Pranayama Olistico - Francesca Leoni Premavati

 "Ritrova il soffio della vita e vivi nella gioia".        

 Francesca Leoni Premavati ha seguito gli insegnamenti di Sivananda, Yogananda, lo Yoga integrale di Aurobindo e La Mère, e poi di Sri Sathya Sai Baba, che considera il suo Maestro spirituale. Ha messo a punto il P.Y.O.  questo metodo che ripristina l'equilibrio energetico a tutti i livelli dell'essere, e un cambiamento di Coscienza verso l'Unione. Include oltre la pratica base, momenti meditativi, canti e danze sacre.  Dovremmo partire dal corpo e dal respiro per arrivare ad una Coscienza superiore che ci illumina sempre più verso il nostro benessere interiore. Cambiando la vibrazione, si cambiare l'atteggiamento mentale e ad amare quello che facciamo. La nostra pace interiore diventerà centro continuo da cui attingere lucidità e chiarezza mentale. Non drammatizzeremo più la vita ma ci abbandoneremo al suo flusso. Acquisiremo con il tempo maggiore consapevolezza, conoscenza di noi stessi.

 Siamo esseri spirituali composti di luce, amore e energia. Nel profondo, nel centro del cuore c'è una luce che ci guida e un'energia che ci permette di fare un salto vibrazionale, e allora le barriere che separano un uomo dall'altro crolleranno. Il risveglio la svolta può avvenire per svariate cause come: una crisi, un trauma, una delusione, la perdita di una persona cara, ecc.  Solo prendendo consapevolezza che siamo Spirito, possiamo trascendere la materia.  Occorre andare dentro di noi e ripulirci di tutte le scorie del passato (sensi di colpa, vecchi rancori, ecc,  decidendo di perdonare e perdonarci, eliminando il desiderio del risultato dell'azione, prendendo consapevolezza che siamo tutti interconnessi.  Usiamo questi 5 valori che sono verità, retto pensiero, azione, parola, Nonviolenza, amore e pace. A volte basta un sorriso per migliorare il clima in famiglia e in azienda; cerchiamo di esprimere le nostre opinioni con una modalità chiara e gentile senza ferire nessuno. Per amare gli altri, occorre prima amare se stesso, e occorre abbandonare, quando aiutiamo gli altri, quello spirito da crocerossina, quel ruolo di potere da salvatore che dice "vedi come sono brava io?".    Cerchiamo di esprimere la gratitudine, ovunque ci troviamo: con i nostri genitori, in ambito lavorativo, ecc.  Senza l'amore qualsiasi pratica spirituale non avrà valore. 

La meditazione giornaliera distruggerà ogni desiderio di potere e possesso, ma anche pregiudizi, invidia, gelosia ed egoismo.  si può anche fare una auto-indagine e porsi le seguenti domande; Quante volte ho mentito, quante verità spiacevoli ho rivelato creando sofferenza, quante volte ho polemizzato troppo o giudicato gli altri e perché, quanto ho rispettato e perdonato i miei limiti e quegli degli altri?

Dobbiamo ascoltare gli altri e esser e noi stessi nelle relazioni, senza finzione, soprattutto negli affetti. Importante è anche il sorriso e l'abbraccio, quando ridiamo il corpo e la mente si ri-creano. Una delle 26 qualità, forse la più importante è santosha la contentezza. chi non ha questa qualità non può essere contento e in pace, sempre più persone stanno riscoprendo l'altruismo, cercare delle relazioni fondate sulla libertà individuale e nel rispetto di ognuno. SE si sorride le rughe non si formano, il sorriso come terapia per gli ansiosi e i depressi.  

Dovremmo non scoraggiarci, coltivare sempre la fiducia e l'ottimismo. Se uno sta bene dentro, può affrontare tutto con serenità e calma e ponderatezza. Ma spesso si pensa troppo a quello che non va.  Dovremmo abituarci alla pratica del sorriso, dell'abbraccio e ringraziare, ogni mattina,  come dice Thich Nhat Hanh i nostri organi che ci permettono di vivere. Occorre essere benevoli con tutti, senza cercare i difetti delle persone che incontriamo, manifestando empatia, ascolto, e senza aspettarsi niente in cambio. La trasformazione dell'uomo parte dalla trasformazione della mente.  Dovremmo partire dall'"Io" per arrivare al Sè ripetendo dentro di noi il mantra " coltiva la fiducia e celebra la vita".

Nella filosofia yoga uno dei concetti fondamentali è il seguente: " l'energia segue il pensiero, ossia diventi ciò che pensi"; questo concetto si chiama legge dell'attrazione. le componenti della natura umana sono la mente ordinaria (processo del pensare), l'intelletto (discrimina e valuta), la coscienza (ricettacolo di tutti i ricordi e impressioni del subconscio, porta l'individuo a riflettere) e queste tre funzioni mentale danno vita all'ego o "Io" e rappresenta la nostra nascita sulla terra.   Importante è che chi predica certi valori, deve anche incarnarli. Spesso c'è incongruenza tra le nostre azioni e i nostri valori e pensieri.   

Dobbiamo costruire  il nostro mondo interiore su solide basi, l'atteggiamento mentale e il nostro punto di vista determinano la nostra vita; e piano piano, con il tempo,  riprogrammeranno il nostro subconscio. 

Il prana è l'energia che permea l'universo a tutti i livelli, e dobbiamo cercare di non sprecare l'energia indulgendo in cattive azioni e cattivi pensieri. Il respiro ci nutre non solo di aria, ma anche di energia vitale che circola nel corpo a tutti i livelli.  Importante è saper costruire degli spazi per se stessi, estraniarsi dall'esterno, ed è importante selezionare quello che percepiamo sia con i sensi, sia con la mente evitando film violenti, selezionando i programmi, libri, ecc, e  rafforzare le relazioni con persone che sono sullo stesso sentiero spirituale. 

La potenza del perdono libera le persone dall'infiammazioni e dolori articolari,  a volte rimaniamo stupiti della forza dello stato d'animo,e del modo di pensare, quando incontriamo  diversamente giovani, ottantenni che donano forza, coraggio, gioia intorno a sè.  Quando siete in compagnia, cercate di non parlare di malattie, fareste del male a voi e agli altri. Comunicate agli altri salute e forza per arrivare all'armonia. E' molto importante il confronto con gli  altri, la condivisione, il sentirsi capiti  e crescere e lavorare insieme; ciò permette di creare endorfine nel cervello che ci fanno sentire appagati e soddisfatti. Dobbiamo interiorizzare la seguente frase: " sono padrone del mio corpo, sono padrone di me stesso", il carro sarà condotto da quattro ruote: verità, retta azione, pace e amore.  L'uomo è frutto di quello che pensa durante la giornata" - Emerson.

Ci sono tre sentieri che portano all'Uno: il lavoro (karma), l'amore per il Divino (Bhakthi), la saggezza (Jnana). Quando siamo consapevoli dell'Uno le paura svaniscono, dovremmo cercare di rapportarsi con gli altri senza danneggiare nessuno e controllare la mente, come diceva Sivananda "sii contenta mente mia, sii saggia e forte". Se sono in grado di controllarmi, posso avere buon umore, calma, comprensione e pazienza oltre che allegria. Parlate poco e quando è necessario, e fatelo con amore, concentratevi su quello che state facendo, e ogni volta che avvertite una difficoltà respirate consapevolmente. Mangiamo bene per vivere bene. "E' mia opinione che il modo di vita vegetariano, con i suoi effetti fisici purificanti sul temperamento dell'uomo, influenzi molto beneficamente il destino dell'umanità". Albert Einstein (vegetariano).  

Fare quotidianamente una auto-indagine personale, fare un lavoro interiore e sradicare le abitudini che ci sono nocive. Scriviamo su un diario la presa di coscienza dei nostri sbagli. sono contenta e sorrido quando qualcuno mi critica. chi critica sta guardando meglio quel limite che è suo, mi sento completa e umana anche se ancora imperfetta. oi siamo esseri unici e dobbiamo avere sempre la visione d'insieme e non giudicare un solo aspetto. Spesso rinviamo cosa ci interessa da fare in tempi migliori, purtroppo per la maggior parte degli uomini è il dolore lo stimolo più potente per il cambiamento. Superata una prova capiremo cosa è veramente importante per noi e per il bene di tutti. 

aspetti importanti per il cammino spirituale sono: la tolleranza, la ferma risoluzione e dominare le cattive abitudini che formano il carattere.

La Gayatri  mantra è considerata l'essenza dell'insegnamento dei Veda. Qui si invoca l'origine della luce e della vita affinché illumini l'intelletto dell'aspirante spirituale, rappresenta anche la Shakti l'energia spirituale e divina. Savitur, il sole rappresenta la luce della coscienza, l'assoluto, l'infinito. 

Questo mantra va al Sole - Savitur che significa "Ciò da cui tutto è nato" e rappresenta il Divino immanente e trascendente. Si loda e medita sul Divino e si chiede di risvegliare e fortificare l'intelletto, la facoltà discriminatoria dell'uomo.  Gayatri si rivolge a tre divinità: gayatri che indica la padronanza dei sensi, Savitri che indica la padronanza della vita, Sarasvati che indica la padronanza della parola, 

Aum bhur bhuvah swah tat savitur varenyam bhargo  devasya dhimahi dhiyo yo nah prachodayat

Aum - Brahaman       bhur - la terra,    bhuvah - l'etere, il sottile      swah  - il cielo, causale,       tat  - quello, il Divino       savitur - luce pura vivificante del sole        varenyam -  il più adorabile        bhargo - sull'efflugenza       devasya  - dello splendore divino,          dhimahi -  io medito,     dhiyo -  affinché   yo  Egli    nah  - la mente       prachodayat  - illumini.

Su ti te savitur, signore dei tre mondi, e sul tuo splendore divino, io medito affinché tu possa illuminare l'intelligenza creativa dell'intelletto. 

Nella tradizione vedica Om è considerato La parola creatrice, che in origine risuonò nell'universo. I cinque elementi (panch mahabhootas)  da cui è nato l'universo sono  etere akash,   aria vayu,  fuoco  agni,   acqua jal      terra prithavi.  Dal fuoco derivano le nostre facoltà sensoriali, i cinque organi di percezione jnanendriyas  che sono orecchie, pelle, occhi, naso e lingua.  Dall'aria derivano i 5 respiri vitali, Vayu o pran e le cinque correnti energetiche. Infine abbiamo i cinque involucri kosha che racchiudono la scintilla divina che è Realtà. Questi venti componenti creano la ventunesima entità che è l'uomo, pronto alla fusione con la Realtà, si avrà così la fusione con l'Assoluto. Si recita tre volte shanti per purificare corpo, mente, e l'anima-spirito. 

Altro mantra importante è hare rama hare ram,  rama rama hare hare,  hare krishna hare krishna,   krishna krishna hare ahre ,  menzionato nelle upanishad si può ripetere ovunque, dona gioia e porta alla liberazione.

pag. 171 Il surya namaskara, è una pratica di rivitalizzazione pranica molto potente. Questa pratica quotidiana fornisce  vigore e elasticità al corpo, chiarezza mentale e equilibrio ed energia, agisce a tutti i livelli, in tutti i corpi sottili, stimola gli organi e ri- equilibra tutti gli apparati (endocrino, respiratorio, digestivo e circolatorio). Si può praticare velocemente la mattina e lentamente prima di dormire. Si deve praticare una volta al giorno per una disintossicazione delle tossine e un potenziamento energetico. Le 12 posizione sono un mezzo ciclo, le 24 posizioni rappresentano un ciclo intero. Nella tradizione veniva praticato dai guerrieri per risvegliare la forza vitale. 

Nei mudra la mano sinistra è la mano del cuore (yin) legata all'affettività, collegata con l'emisfero destro del cervello, significato delle dita:  pollice concretezza, il riconoscimento del Sé, medio della pace e della felicità, anulare emozioni, mignolo collegato all'intuizione .   Mano destra è la mano dell'azione (yang) è legata  al chakra della gola che dà voce alla forza interiore. Significato delle dita: pollice per interagire con gli altri, indice l'ambiente esterno, medio della responsabilità e attenzione,  anulare ascolto interiore, mignolo capacità decisionale.  I mudra più conosciuti:  namaskar e namasté mi inchino davanti al Divino che è in te      e  Chin mudra   mi collego alla saggezza divina. 

L'individuo è chit  coscienza,  e  l'eterno assoluto sat,  quando sat e chit si combinano si ha ananda. 

la cattivi pensieri vengono da una visione sbagliata, attenzione ai cellulari, tv, film , libri . un'attenzione costante di ciò che ci nutriamo, che non è solo cibo. qualsiasi cosa si legge o si scrive deve essere pura, non permettete a ciò che leggete di deformare la mente o di riempirla di paure e orrori. un buon libro forma uan buona mente.  

Un momento di silenzio prima di fare qualcosa di importante (silent sitting), sii consapevole del tuo respiro  inspiri energia di guarigione, entra nel tuo corpo e lo riempie di gioia, felicità, amore e pace, quando espiri immagina che ogni sentimento fastidioso come tristezza, stanchezza, rabbia, noia, paura, gelosia e altro escono fuori con l'espirazione e volano in cielo come palloncini facendoti sentire libero da preoccupazioni.  ripetiamo 3/4 volte con calma dicendo mi sento bene.  La respirazione so ham, che significa io , sono quello, io sono la scintilla divina. in una giornata respiriamo circa 22.000 volte.  Occorre meditare in un angolo speciale della stanza, pulito e con l'incenso, con un altarino, e un'immagine sacra. Le immagini che si vedono devono riempire la persona di pace e di pensieri puri. sarebbe importante fare almeno due ore di silenzio al giorno per non sprecare energia, leggere dei buoni libri inspiranti e costruttivi. saranno la migliore compagnia nel tempo libero, molto meglio di compagnie indesiderate. Incontrarsi invece nei satsang (compagnia dei saggi) associarsi con i buoni è puro yoga.  Durante la meditazione è consigliabile isolarsi dalle correnti terrestri, sedendo su una tavola di legno e coprendosi le spalle con uno scialle. l'oggetto della concentrazione può essere un suono, una forma, una luce, ecc, ma sempre qualcosa di concreto.  Porta la luce al centro del petto, vedi nascere con la luce un fiore di loto, i cui petali stanno per dischiudersi, la luce si espande al braccio sinistro, destro, mani, si riempiono di luce e pensa "voglio fare solo cose buone gentili e utili", ora la luce si espande alle vaire parti del corpo, addome, inspira luce chiara fino alle ossa e piedi, possano i miei piedi portarmi in posti dove sto bene e in buona compagnia. poi al coccige, saliamo lungo la colonna e risvegliamo i chakra lungo la colonna poi la luce si espande alla testa, la fiamma si espande come una corona che protegge il capo, da qui si espanderà fuori di noi, fuori dal corpo fino all'universo. lascio che il mondo si riempia di luce e di amore. lo scopo finale della meditazione è quello di sentirsi l'Uno, "tu sei quello".  Quando vi abituerete ad andare in profondità, neanche i rumori esterni vi disturberanno.  Il samadhi è la condizione in cui l'intelletto  ha raggiunto l'equanimità; la capacità di rimanere imperturbati sia nel piacere che nel dolore, sia nel biasimo  che nell'encomio, sia nel guadagno, sia nella perdita, sia nel caldo , sia nel freddo. é samadhi il frutto reale della meditazione. 

L'uomo è perfettamente felice quando è libero e non dipendente, quando usa la forza di volontà unità al cuore, e impara un perfetto auto-controllo su se stesso. 

La felicità è un percorso, non una destinazione,  lavora come se non avessi bisogno di denaro, ama come se non ti avessero mai ferito, balla come se non ti vedesse nessuno...    finché sei vivo, sentiti vivo, vai avanti anche quando tutti si aspettano che lasci perdere - Madre Teresa di Calcutta. 

La vera generosità è quella dei poveri - pronti a sostenere altri poveri; accumulare e sperperare nuoce all'equilibrio mentale. Aiuta i poveri intorno a te, ma impegnati anche e sforzati perché non vi siano più poveri da soccorrere. Quando si è troppo ansiosi di aiutare gli altri, si rischia di perdere di vista di lavorare su se stessi. la cosa importante è auto-trasformarsi e essere un esempio per gli altri, ogni piccola conquista nell'abbassare il tetto dei desideri, nel migliorare il nostro carattere avrà un movimento vibratorio sempre più in espansione.  Qualcuno dice " ma se cambio io il mondo non cambierà" , se l1% della popolazione si elevasse a livelli più alti di consapevolezza, la nostra società comincerebbe ad esprimersi in modo più umano. Rendere un servizio disinteressato purifica il cuore, poiché la vita è fatta per il servizio e non per servire l'ego. possiamo fare servizio nel nostro lavoro, con i famigliari o in altri ambiti, osservando codici di condotta sani e morali. Il servizio all'uomo è la più alta forma di culto, non offendere , né ferire alcuno è la vera adorazione da rivolgere a Dio, perché in verità gli altri siete voi stessi.

Introduzione al Blog

  Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi.  Nel Blog ci sono c...