Visualizzazione post con etichetta Buddhismo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Buddhismo. Mostra tutti i post

sabato 14 dicembre 2024

Giuseppe Tucci e l'ISMEO

Giuseppe Tucci (1894-1984) è uno dei personaggi più importanti dell’esplorazione del Novecento. Anche oggi, è considerato tra i più grandi tibetologi di tutti i tempi. Andò in India per la prima volta nel 1926 con il poeta Rabindranath Tagore, poi imparò molte lingue dell’Asia, e insegnò a Dacca, Benares e Calcutta. Nel 1933 fondò a Roma l’Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente (ISMEO) insieme al filosofo Giovanni Gentile. 

Durante le decine di spedizioni avventurose in Tibet, Nepal e e nelle aree più remote dell’India e dell'Himalaya trattò direttamente con i monaci l’acquisto di manoscritti e di oggetti sacri, ed accumulò moltissime opere d’arte e reperti da riportare in Italia, dove verranno poi esposti all’ISMEO.  I suoi primi tre viaggi in Nepal avvengono nel 1929, 1931 e 1933 durante i quali riuscì ad arrivare fino a Pokhara.

Nel 1937 lo studioso italiano viaggiò per la sesta volta nel Paese proibito (il Tibet). Alle porte di Lhasa, i suoi compagni di viaggio dovranno fermarsi e attendere. Solo Tucci, che due anni prima si è convertito al Buddhismo, avrà il permesso di incontrare il Dalai Lama. Nel libro  “Santi e briganti nel Tibet ignoto”,  Tucci racconta la sua iniziazione ricevuta dall’abate di Saskya nel 1935.

Spesso era accompagnato nelle sue spedizioni dal medico Concetto Guttuso e dal fotografo Fosco Maraini che conobbe Tucci tramite un giornale. Su una pagina scoprì un titolo che gli cambiò la vita. “Il noto orientalista Giuseppe Tucci si prepara a tornare nel Tibet”.   Maraini scrisse al professore una lettera, lo incontrò a Roma e venne assunto come fotografo. Quattro mesi dopo, insieme a Tucci e al capitano Felice Boffa Ballaran si imbarcò su una nave diretta a Bombay per poi da li partire in spedizione.  Tucci racconta:  “Il Tibet oggi è come un museo vivente. Situato al centro dell’Asia, è remoto ma non periferico, ogni movimento spirituale del continente vi ha lasciato il suo riflesso".   

Nel 1948 al ritorno da una spedizione Maraini scrive il libro “Segreto Tibet”, un libro che diventa un best-seller mondiale.  Il rapporto si ruppe perchè Tucci considerò questo libro un'invasione nel suo mondo.  Tucci scrisse molti testi divulgativi come “A Lhasa e oltre” e “Tra giungle e pagode e Nepal”, “Indo-Tibetica”, studi scientifici sulle civiltà dell’Asia centrale.    La fotografa Francesca Bonardi, subentrò a Maraini e poi nel 1971 diventò la terza moglie del professore. E’ lei, molto più giovane del marito, a stargli accanto nei suoi ultimi anni, quando la coppia si trasferisce a San Polo dei Cavalieri nella campagna romana.

Nell’inverno del 1983, arrivò fin lì, alle porte di Roma, il  re Birendra del Nepal, per consegnare a Tucci una delle onorificenze più importanti del Paese Himalayano.  Un anno dopo, il 5 aprile del 1984, l’avventura terrena di Giuseppe Tucci si concluse. Secondo alcune fonti, prima di morire, il professore ripudiò Buddha per ridiventare cattolico. 

Qualche anno dopo la morte di Tucci l’ISMEO viene sciolto, e le sue preziose collezioni trasferite nel Museo delle Civiltà dell’EUR. 

Nel 2012 escono due biografie su Tucci; la prima di Enrica Garzilli intitolata “L’esploratore del Duce”. e la seconda scritta da Alice Crisanti con il titolo "Giuseppe Tucci. Una biografia".  

A San Polo dei Cavalieri, l’ultima casa di Tucci e di sua moglie Francesca dovrebbe diventare un museo. Nel 2023 il Comune di Macerata fa proprio il progetto del Parco storico-Letterario “Le Marche e l’Oriente – Giuseppe Tucci”.

giovedì 26 settembre 2024

Storia del Buddhismo - 1

Gli studi sul buddhismo in Occidente sono iniziati a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, negli ultimi cinquant’anni sono progressivamente cresciuti gli studi socio-antropologici sul buddhismo. basati su scienze sociali – storia culturale, antropologia, sociologia e teoria sociale.     

L’inizio dell’interesse occidentale per il buddhismo può essere tracciato sul finire del XVI secolo, quando le missioni gesuite di Matteo Ricci (1552-1610) e Francesco Saverio (1506-1552) in Cina e in Giappone cominciarono a portare nel Vecchio Continente le prime informazioni sulle tradizioni e sulle pratiche buddhiste. 
Viene istituita la prima cattedra di sanscrito presso il Collège de France nel 1814, affidata ad Antoine-Léonard Chézy (1773-1832), L'ungherese Sándor Csoma de Kőrös (1784-1842) inizia ad esplorare il Tibet e il danese Rasmus Kristian Rask (1787-1832) Sri Lanka. Eugène Burnouf (1801-1852) fonda la  Société Asiatique parigina nel 1822 e redige l’Essai sur le Pali (1826) e, soprattutto, scrive Introduction à l’Histoire du Bouddhisme Indien (1844), testo con il quale si inaugura più propriamente il campo di quella che venne chiamata buddhologia.     
A partire dalla fine del XVIII secolo, con la fondazione della Asiatic Society of Bengal a opera del filologo britannico William Jones (1746-1794) si inizia a studiare la lingua sanscrita.
Comincia la vasta tradizione di studi filologici che si concentra tanto sulle relazioni storiche e strutturali tra le lingue indo-europee, e inizia la tendenza a romanticizzare la letteratura indiana come farà Arthur Schopenhauer (1788-1860) nella sua elaborazione filosofica.

L’orientalista inglese Rhys Davids fondò la Pali Text Society nel 1881, tra i cui obiettivi rientrava la traduzione dei testi theravada che lo studioso aveva avuto modo di analizzare nello Sri Lanka e la preservazione dei testi scritti su foglie di palma.  

Si costituisce la International Association of Buddhist Studies negli anni 1970, il cui l’indirizzo filologico-linguistico ha permesso un dialogo tra aree geografiche e disciplinari diverse. A titolo di esempio, si pensi all’attenta traduzione inglese del Dhammapada curata da John Carter e Mahinda Palihawadana (2000).
L’Oriente veniva considerato come la culla spirituale dell’umanità che avrebbe potuto rispondere alle grandi questioni esistenziali dell’Occidente razionalista. Come suggerisce Florinda De Simini (2013), lo studio occidentale delle dottrine buddhiste è stato caratterizzato da un “metodo scientifico imperfetto”, vale a dire da una ricerca basata su fonti di seconda mano e su una tendenza a decontestualizzare idee e dottrine disponendole in una diversa cornice ideologica.  

Durante la prima metà del secolo, molti studiosi ritenevano il buddhismo una tradizione il cui corredo simbologico e ascetico attraverserebbe, sostanzialmente inalterato, tutta la storia dell’umanità. In questa prospettiva, si devono almeno ricordare Hinduism and Buddhism (1943) di Ananda Coomaraswamy (1877-1947) e Peaks and Lamas (1940) di Marco Pallis (1895-1989), autori che portarono René Guénon (1886-1951) a rivedere la sua impostazione che vedeva nel buddhismo una deviazione dall’ortodossia tradizionale induista. 

Altri testi importanti da ricordare sono: The Life and Teaching of Naropa di Herbert Guenther (1963) e What the Buddha Taught di Walpola Rahula (1974), il dettagliato A Millenium of Buddhist Logic di Alex Wayman (1999) o The Path to Awakening di Shamar Rinpoche (2009).

Negli anni '70 iniziano studi e ricerche in una prospettiva inter-disciplinare più ampia e più incentrata sulle scienze sociali. Buddhism and Society (Spiro 1970) è il primo testo a utilizzare metodi propri dell’antropologia e della sociologia nello studio del buddhismo Theravada. Nell’anno seguente viene pubblicato Precept and Practice (Gombrich 1971), che esamina la pratica buddhista in Sri Lanka.

Sempre in quell'anno viene pubblicato Buddhism and the Spirit Cults in North - east Thailand (Tambiah 1970). In Living Buddhism (2015), Julia Cassaniti esplora la maniera in cui concetti centrali della dottrina buddhista come impermanenza, non attaccamento e intenzione vengano tradotti nell’agire sociale quotidiano nella Thailandia contemporanea. 

Uno dei testi di riferimento per studiare il buddhismo è Buddhism in the Global Eye (Harding, Hori e Soucy 2020).   Il buddhismo oggi non emerge solo dall’incontro tra Oriente e Occidente ma anche dagli incontri e scambi tra diversi “orienti” e diversi buddhismi. Il sociologo inglese Philip Mellor (1991) sottolinea come in Inghilterra l’adozione di forme religiose buddhiste non comporti una rottura radicale con le strutture e le influenze occidentali.

Le religioni e le filosofie (in particolare quelle orientali) all’interno delle società occidentali, sono progressivamente assoggettate a dinamiche di mercato, consumo e privatizzazione della relazione con il sacro. Una ricerca riflessiva sul buddhismo contemporaneo non può prescindere dallo studio del ruolo e delle influenze del capitalismo nella formazione delle istituzioni e delle rappresentazioni del buddhismo nelle società orientali e occidentali.  Un testo di riferimento di questo filone di ricerca è Buddhism under Capitalism (Payne e Rambelli 2022). 

L’origine del termine Engaged buddhism risale a una pubblicazione del monaco e attivista civile Thich Nhat Hanh (1926-2022) del 1964, anche se Hanh sostiene di avere sviluppato l’idea di buddhismo impegnato già negli anni cinquanta (crea i "Piccoli corpi di pace" inizi anni '60).  Thay propone che le cause della sofferenza non si trovino solo all’interno della mente, ma anche nella società, nell’oppressione politica e nella disuguaglianza sociale. Robert Fuller (2021) definisce Engaged buddhism come una trasformazione personale e sociale che implica anche l'ambiente.
Di particolare importanza all’interno dell’Engaged buddhism così definito è la sua alleanza con l’universo ambientalista ed ecologista (Darlington 2016; Gregory e Samah 2008). I tre pilastri delle diverse concettualizzazioni di Engaged buddhism sono azione, interdipendenza e compassione (Fuller 2021).  La sociologia buddhista, cerca di fornire una comprensione più etica e giusta del mondo sociale” (Marotta 2017).

Il cosiddetto “buddhismo secolare” è un tentativo di ripensare completamente il dharma dalle sue fondamenta per affrontare il mondo contemporaneo. Questa de/ri-costruzione del buddhismo in chiave laica e secolare è utilizzata da Winton Higgins (2012) per descrivere le nuove comunità buddhiste emergenti. Per Batchelor questo “buddhismo 2.0” o “aggiornamento secolare” si discosta da qualsiasi scuola o sistema dottrinale che operi all’interno della visione soteriologica dell’India antica.  Batchelor utilizza il  termine “secolare” nel campo buddhista riferendosi a tre sue dimensioni, le quali si sovrappongono tra loro: (1) nel senso popolare, per indicare ciò che è in contrasto o in opposizione al “religioso”; (2) nel senso etimologico facendo riferimento alle radice latina della parola saeculum, che significa “questa età”, per sottolineare la preoccupazione e la volontà di vivere al meglio il tempo e il mondo presente; e (3) in senso storico-politico, riconoscendo i processi storici occidentali che hanno portato al trasferimento del potere politico dalla Chiesa allo Stato, per indicare il principio di laicità. 
La nuova forma di buddhismo che sta prendendo forma in Occidente non abbandona i testi canonici del buddhismo, ma (nelle sue derive) sostituisce l’ideale soteriologico del nirvana con l’obiettivo secolare della prosperità, del benessere e della realizzazione umana in questo mondo. Questo progetto di riforma del buddhismo va ben oltre i suoi processi di psicologizzazione che stanno sviluppandosi in Occidente, come quelli centrati sulle potenzialità della pratica meditativa che hanno dato vita alla cosiddetta “mindfulness”.
Ci sono molti studi che esaminano, direttamente o più marginalmente, le conversioni al buddhismo nei Paesi occidentali, interrogandosi sulle ragioni del successo di questa religione. 
Ci sono anche delle ricerche più specifiche sul caso del buddhismo italiano. Mathé Thierry (2010) individua similmente tre principali causalità nell’incontro dei convertiti italiani con il buddhismo: (1) il vissuto di una situazione traumatica e la mancanza di risposte nella religione cattolica, ovvero la ricerca di una “religione compensativa” capace di offrire migliori “strumenti” per gestire le emozioni e affrontare problemi personali; (2) l’impossibilità di un contatto intenso con il sacro attraverso le pratiche del cattolicesimo;  un’insoddisfazione quest’ultima che può derivare anche dall'ignoranza dei suoi insegnamenti che vengono ridotti a costrizioni o dogmi; (3) la ricerca spirituale da parte di ex attivisti politici e/o  sindacali che trovano nel buddhismo un impegno sociale ri-orientato verso una nuova religiosità dopo il fallimento delle grandi ideologie del Novecento e del loro progetto di cambiamento sociale. 
Un aspetto importante è la capacità del buddhismo di non avere rapporti conflittuali con  il mondo scientifico, anzi grazie all'interessamento del Dalai Lama che ha creato l'Istituto Mind and Life nel 1991, il buddhismo ha cercato di trovare dei punti di contatto con la scienza.
Altro aspetto importante è il passaggio delle spiritualità da una definizione teologica, a una sociologica quale ricerca di una relazione con il trascendente costruita a partire dal Center for the Study of Global Christianity (Zurlo, Johnson e Crossing 2023).

Storia del Buddhismo 2

L’interesse per il buddhismo in Italia, in questi ultimi anni, è un fenomeno in continua crescita, che ha attirato l’attenzione degli studiosi interessati alla comprensione dei processi di cambiamento culturale  e ai mutamenti spirituali che avvengono nella società contemporanea.               

Una delle principali motivazioni dell’interesse per il buddhismo in Italia è la crisi della religiosità tradizionale, che ha portato molte persone a cercare alternative spirituali. In particolare, la crescente secolarizzazione della società italiana ha portato alla diminuzione dell’influenza della Chiesa cattolica (Garelli 2020), aprendo la strada alla ricerca di nuove forme di spiritualità e di senso (Palmisano e Pannofino 2021). In tale contesto, il buddhismo – con i suoi insegnamenti basati sulla meditazione e sulla ricerca della pace interiore – sembra rispondere a questo bisogno di ricerca spirituale, fornendo un’alternativa al modello di religiosità tradizionale. 

La diffusione del buddhismo in Occidente ha portato alla trasformazione dell’antica tradizione buddhista in una nuova forma adattata alla cultura occidentale; un fenomeno che andrebbe di pari passo con l'“orientalizzazione” dell’Occidente. La crescita costante dell'interesse  del buddhismo si osserva soprattutto tra i giovani, gli studenti universitari e i professionisti (Prebish e Baumann 2002). Un altro fattore che ha contribuito all’interesse per il buddhismo in Italia è la sua filosofia incentrata sulla tolleranza e sulla non-violenza, comprensione reciproca e solidarietà. La pratica della meditazione e della mindfulness sono diventate strumenti sempre più popolari per migliorare la salute mentale e per sviluppare una maggiore capacità di concentrazione e di equilibrio interiore. 

Secondo l’ultimo report statistico annuale sul pluralismo religioso e spirituale in Italia del CESNUR (2022), quanti manifestano un’identità religiosa diversa dalla cattolica nel nostro Paese sono circa 2.248.000 unità se si prendono in esame i cittadini italiani, e circa 6.239.000 unità se si aggiungono gli immigrati non cittadini. Quindi il 4,2% degli italiani manifesta un’identità religiosa diversa dalla cattolica in Italia. Di questi 4,2 % , gli Ebrei sono 1,6% Cattolici “di frangia” e dissidenti l' 1,1%,  Ortodossi il 18,5% Protestanti il 17,1% Testimoni di Geova (e assimilati) il 18,7% Mormoni (e assimilati) il 1,2%.

I buddhisti si attestano attorno alla cifra di 217.000 persone, il 9,7% delle minoranze religiose, fra i cittadini italiani. Questo dato tiene conto di 100.000 praticanti dell’area concettualmente rappresentata dall’Unione Buddhista Italiana, 96.000 membri dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, e 21.000 buddhisti di altre tradizioni.  Se si considerano anche persone che lo praticano pur senza identificarsi –  e i buddhisti stranieri residenti in Italia (125.000), nel nostro Paese ci sono attualmente circa 342.000 praticanti di tradizione buddhista, pari allo 0,6% della popolazione residente

La presenza buddhista in Italia è figlia della presenza buddhista in Occidente, dove si considerano presenti circa 6.000.000 di occidentali praticanti. Per Martin Baumann (1996) – il praticante percorre tre diverse fasi. La prima è caratterizzata dall’interesse, puramente teorico, per il buddhismo. In una fase successiva, circoscritta attorno alla fine del secolo XIX, cominciano a verificarsi in Occidente vere e proprie “conversioni” al buddhismo.. La terza fase del buddhismo occidentale, con la nascita di vere e proprie comunità, comincia dopo la Prima guerra mondiale. Questi sviluppi preannunciano la quarta fase, che si manifesta anche in Europa dopo la Seconda guerra mondiale ed è caratterizzata dal contatto sempre più frequente fra maestri orientali, e “buddhisti occidentali”. 

Accanto alle componenti tradizionalmente radicate in Occidente – la scuola Theravada e quella Zen – cominciano a essere conosciute forme di buddhismo giapponese della tradizione di Nichiren e di quella esoterica Shingon. L’invasione cinese del Tibet, nel 1950, e la repressione del tentativo di rivolta del 1959, portano a una fuga verso l’Occidente di numerosi lama tibetani, e fanno del XIV Dalai Lama – Tenzin Gyatso (1935-) – una figura di grande notorietà internazionale. 

Si assiste inoltre a un’esplosione d’interesse per lo Zen negli anni 1960 e 1970 – favorito non da ultimo dagli ambienti della controcultura –, seguito dal grande successo del buddhismo tibetano a partire dagli anni 1980. Questo successo passa anche per la letteratura e il cinema, dal Siddhartha (1922) di Hermann Hesse (1877-1962) al film come Piccolo Buddha (1993, diretto da Bernardo Bertolucci (1941-2018)), Sette anni in Tibet (1997, diretto da Jean-Jacques Annaud) e Kundun (1997, diretto da Martin Scorsese). Questi spunti letterari e cinematografici, insieme con la notorietà del XIV Dalai Lama, hanno sicuramente favorito la diffusione del buddhismo in Italia.  Un italo-americano, Salvatore Ciuffi (“Lokanatha”, 1897-1966), è diventato una figura nota e rispettata in Birmania e in India come monaco itinerante. Occorre anche ricordare la figura del professor Giuseppe Tucci (1894-1984), insigne studioso e divulgatore, sulla base di un interesse personale, del buddhismo tibetano in Italia. 

 Altra importante figura è Chogyal Namkhai Norbu (1938-2018), guida spirituale dal 1980 della Comunità Dzogchen, con sede ad Arcidosso (Grosseto), dopo essere stato per molti anni docente di Lingua e letteratura tibetana e mongola presso l’Istituto Orientale di Napoli. Importante è l'opera di divulgazione dello storico della filosofia buddhista presso l’Università di Padova, Giangiorgio Pasqualotto (2002). 

Negli anni 1960, viene fondata a Firenze dell’Associazione Buddhista Italiana e con la pubblicazione – dal 1967 – della rivista Buddismo Scientifico. Negli anni 1970 e 1980 la presenza buddhista cresce, sia con l’influsso di maestri di scuola Vajrayana profughi dal Tibet, sia con la diffusione dello Zen, che si affianca alla già esistente presenza Theravada. Per vie autonome, arrivano in Italia anche gruppi di tradizione Nichiren. Nel 1981 Vincenzo Piga (1921-1998) fonda la rivista Paramita. Quaderni di Buddhismo per la pratica e per il dialogo.  Nell' aprile 1985 si perviene a Milano alla formale costituzione dell’Unione Buddhista Italiana (UBI) con la partecipazione di 9 centri di diverse tradizioni: saranno già 18 nel 1986 e sono 64 nel 2023  – oltre ad altri 8 in attesa di affiliazione.  I 64 centri buddhisti di tradizione Theravada, Mahayana, Vajrayana e Interbuddhista sono così suddivisi per tradizione d’appartenenza: 37 Vajrayana, 15 Zen, 6 Theravada, 2 Nichiren, 1 Chan, 1 Interbuddhista, 1 Seon, 1 Tendai. 

Esistono molteplici centri buddhisti che hanno gli stessi lignaggi di centri associati all’UBI – e che quindi condividono una medesima visione del buddhismo –, ma che per varie ragioni non hanno fatto richiesta di adesione.  Per una lista aggiornata al 2023 dei centri di pratica, cfr. la pagina Internet https://8xmilleunionebuddhista.it/       e       http://www.buddhism.it/centri 

Nel 2022 l’Assemblea dei centri dell’UBI ha eletto il Consiglio Direttivo per il quinquennio 2022-2027, nominando quali componenti: Filippo Scianna (tradizione Vajrayana), Stefano Davide Bettera (tradizione Theravada), Carlo Tetsugen Serra (tradizione Zen), Elena Seishin Viviani (tradizione Zen), Giovanna Giorgetti (tradizione Vajrayana), Rita Nichele (tradizione Vajrayana) e Aldo Marzano (tradizione Vajrayana). Successivamente, il 30 aprile 2022, il Consiglio Direttivo ha confermato Filippo Scianna – che già rivestiva questo ruolo, dal 2019 – nel ruolo di Presidente dell’UBI e Giovanna Giorgetti ed Elena Seishin Viviani nel ruolo di Vice Presidenti. 

Per norma dello statuto, l’UBI non rappresenta alcun gruppo buddhista particolare, ma sin dalla sua origine si è posta come un’unione di centri e si propone di sostenere e rappresentare l’insieme del movimento buddhista nel rispetto di tutte le tradizioni storiche. Le finalità sono infatti principalmente quelle di riunire e assistere i diversi gruppi buddhisti, contribuire alla diffusione degli insegnamenti e delle pratiche della dottrina buddhista, sviluppare la collaborazione fra le diverse scuole buddhiste, favorire il dialogo con le altre comunità religiose, con i centri d’impegno spirituale e con istituzioni culturali e accademiche su argomenti di interesse comune, coltivare rapporti con l’Unione Buddhista Europea (EBU) – fondata nella sua forma attuale nel 1975, ma attiva fin dagli anni 1930.

Dal 24 settembre 2023 il Presidente dell’EBU è un componente del Consiglio Direttivo dell’UBI, Stefano Davide Bettera. Il 3 gennaio 1991, con un decreto presidenziale successivamente modificato il 15 giugno 1993, l’UBI ottiene il riconoscimento giuridico come ente di culto. Con l'accordo del  4 aprile 2007, unitamente a quello con l’Unione Induista Italiana, lo Stato italiano ha avuto come interlocutore una religione che non proviene dal solco della tradizione ebraico-cristiana. 

L’Intesa dell’Unione Buddhista Italiana con lo Stato si sviluppa su linee guida comuni alle altre già stipulate: l’assistenza spirituale assicurata negli istituti ospedalieri, nelle case di cura e di riposo e negli istituti penitenziari; l’istruzione religiosa; il riconoscimento degli enti; la partecipazione alla ripartizione della quota dell’otto per mille dal gettito IRPEF (in vigore dal 2014); la possibilità di dedurre dal reddito imponibile delle persone fisiche fino a 1.000 euro all’anno per erogazioni liberali a favore dell’UBI. Il riconoscimento della festività del Vesak, fissata convenzionalmente all’ultimo sabato e domenica del mese di maggio di ogni anno. 

 A grandi linee – nel nostro Paese si possono distinguere: (a) praticanti dell’Unione Buddhista Italiana; (b) praticanti buddhisti di altre tradizioni; (c) membri dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai. Per una visione più completa vedi: Enciclopedia delle religioni in Italia, che sembra costituire la raccolta più completa di queste realtà (Introvigne e Zoccatelli 2013). 

Tra il “buddhismo non-UBI” troviamo i discepoli italiani del famoso monaco buddhista Zen, poeta e attivista vietnamita per la pace Thích Nhất Hạnh (1926-2022), che sono raccolti sotto le sigle InterEssere, Community of Mindful Living ed Essere Pace – associazione legalmente costituita in Italia nel 1996 – e i cui gruppi di pratica si radunano in case private in svariate città della penisola. Nel 2023 è sorto presso la Harvard T.H. Chan School of Public Health dell’Università di Harvard il Thich Nhat Hanh Center for Mindfulness in Public Health

Altre presenze sono quella del buddhismo tantrico –, tramite la scuola Shinnyoen  e quella del buddhismo Nichiren, ovvero l’insieme di scuole buddhiste Mahayana giapponesi che fanno riferimento alla figura e agli insegnamenti del monaco buddhista Nichiren (1222-1282), vissuto in Giappone nel secolo XIII. 

Fondata nel 1930 da due educatori giapponesi convertiti al buddhismo Nichiren – Tsunesaburo Makiguchi (1871-1944) e Josei Toda (1900-1958) – come “Società educativa per la creazione di valore”, la Soka Gakkai si riorganizza nel Secondo dopoguerra con un’attitudine particolarmente incentrata sui laici, perseguita dal terzo e attuale presidente, Daisaku Ikeda (1928-). Le prime presenze in Italia risalgono al 1961. Dall’Assemblea Generale dell’Unione Buddhista Europea (EBU) del 2022, svoltasi in Francia, anche la Soka Gakkai, come già l’Unione Buddhista Italiana, è membro ufficiale dell’EBU.  

Per concludere, il crescente interesse per il buddhismo in Italia può essere interpretato come un segno dei cambiamenti culturali e sociali in corso nella società italiana contemporanea. La diffusione del buddhismo in Italia può essere vista come parte di un più ampio evento di “globalizzazione religiosa”, che sta cambiando il volto della religione e della spiritualità in tutto il mondo.

mercoledì 18 settembre 2024

Meditazione - Yongey Mingyur Rinpoche

Ricorda, la meditazione non riguarda la soppressione dei pensieri, ma il processo di far riposare la mente nel suo stato naturale ed essere completamente aperti all'accettazione e naturalmente consapevoli di pensieri, emozioni e percezioni sensoriali mentre sorgono. La mente è come un fiume e, poiché è come un fiume, non ha senso cercare di fermare il flusso del fiume.

Non importa quanti pensieri ti attraversano la mente quando mediti. Se cento pensieri ti attraversano la mente in un minuto, allora hai cento condizioni per la meditazione.

Quando ti ritrovi a lottare con molte distrazioni, puoi effettivamente fare buon uso di ogni distrazione come oggetto di meditazione. In questo modo, queste distrazioni non sono più distrazioni, ma diventano un aiuto per la tua meditazione.

Il processo di osservazione dei pensieri è così: un pensiero è seguito da un intervallo, un intervallo è seguito da un altro pensiero e poi da un altro intervallo. Se continui a praticare, gradualmente questi intervalli diventeranno sempre più lunghi e la tua esperienza di stabilizzare la tua mente così com'è diventerà sempre più diretta.  Pertanto, la mente ha due stati di base, uno con pensieri e l'altro senza pensieri, e questi due stati sono anche condizioni utili per la meditazione.    

Yongey Mingyur Rinpoche (1975 - )  è un Maestro del buddismo tibetano e autore di molti bestseller. Fin da giovane è stato attratto da una vita di contemplazione ed ha trascorso molti anni della sua infanzia in un severo ritiro. Ha creato la Tergar Meditation Community, una comunità di meditazione buddhista. Vedi link:   https://tergar.org/      https://tergar.org/about/mingyur-rinpoche/

La coscienza nel Buddhismo

In generale, si può dire che, sulla scia del pensiero Vedānta, il Buddhismo delle origini determina la mente
come antahkarana, ossia come “organo” interno, dotato delle funzioni che consentono il darsi delle sensazioni, dei pensieri, dei ricordi e della capacità di distinguere. Con questa valenza generale non viene intesa come autocoscienza, ma, come uno speciale organo di senso, come “base sensoriale” che ha per oggetto le idee e che controlla le altre cinque “basi” sensoriali, cioè l’attività dei cinque sensi.
Tuttavia il concetto di “mente” viene determinato in modi più specifici, secondo denominazioni particolari che rinviano a funzioni particolari. Nella ruota della vita, Bhavachakra la mente viene associata alla raffigurazione di una scimmia che salta di qua e di là, per indicare quanto la mente sia sottoposta alle sollecitazioni che le derivano dai sensi e dagli istinti.      

Differentemente dall’approccio occidentale, quel che noi chiamiamo “coscienza” nel Dharma è una formazione unitaria che consta tuttavia di tre differenti aspetti o modalità: citta, manas e vijnana.  

  • Citta è il terreno, la base fondamentale da cui sorgono manas e vijnana. Citta indica in generale l’equivalente di manas e di vijnana ma, in particolare, viene ad essa attribuita la facoltà di conferire consistenza ai fenomeni. Col termine cetasikā si indicano nel dettaglio le attività della coscienza presenti nei fattori mentali concomitanti agli atti conoscitivi.  
  • Manas a sua volta è la mente soggettiva.  Col termine manas viene indicata la capacità di pensare, nel senso di cogliere e raccogliere le impressioni provenienti dal mondo esterno;  dubitare delle certezze acquisite; prendere delle decisioni.
  • Vijnana è la coscienza intesa come operatrice di distinzioni dualistiche entro il campo dei dati esperienziali.   Col termine vijnana si indicano due realtà: i processi interni della coscienza; e lo spazio interiore nel quale tali processi si producono, si dispiegano e si dissolvono. Con questa funzione, vijnana si definisce come luogo centrale in cui confluiscono tutti gli atti della percezione, della rappresentazione e della memoria che sono determinati, in modi e a livelli diversi, dalla forza dei desideri.

La coscienza è intesa come la capacità di vedere, sentire e comprendere il momento presente. Le scuole buddhiste individuano una rete ottuplice di coscienze primarie. L’ottava coscienza, contiene l’energia potenziale, positiva e negativa, creata dai nostri pensieri, parole e azioni. Questo potenziale di energia, o tendenza vitale profonda, viene chiamata karma.  L'ottava coscienza è perciò talvolta definita “deposito” del karma, il luogo dove questi “semi” karmici vengono “accumulati”.


Il testo Mahayana-Sraddotpada Shastra di Asvaghosha (I-II secolo d.C) individua almeno cinque momenti di tale formazione, che sono altrettanti livelli o aspetti in cui manas e vijnana si enucleano dalla base di citta.
1) La mente attivante. E’ quel tipo di mente del tutto inconscia che sorge come “ignoranza fondamentale” e che spezza l’equilibrio originario e primordiale.    (Inconscio profondo)
2) La mente che evolve. Si tratta del tipo di mente che sorge in seguito alla rottura dell’equilibrio e che si pone come polo soggettivo nei confronti di un polo oggettivo fenomenico.
3) La mente riproduttiva. E’ la mente che riproduce come uno specchio e immediatamente l’intero mondo degli oggetti. ( elaborazione “archetipica” della mente inconscia, studiato da Jung)
4) La mente analitica. Stabilisce continuamente distinzioni tra “buono” e “cattivo” ( quasi anticipa storicamente l’enunciazione freudiana del super-ego).
5) La mente che continua. E’ la coscienza vera e propria che crea ininterrottamente il karma attraverso l’infinita catena della vita.

Il Dharma tuttavia non fa della “coscienza” una semplice struttura, ma la pone all’interno di una dinamica in cui tutti i suoi aspetti si producono ed autoriproducono continuativamente in una mutua interdipendenza. Questo è l’elemento essenziale che determina la distanza fra i due approcci (occidentale e orientale) : nella tradizione occidentale le dinamiche della coscienza vengono affrontate soprattutto nel loro impatto relazionale (interno-esterno o psicologico-ambientale).
Nel Dharma esiste una relazione strettissima – nell’economia della coscienza – fra aspetto cognitivo ed aspetto emozionale, fra energia cognitiva ed energia delle passioni. In termini buddhisti: fra mente e karma.
Il karma infatti se da un lato è quell’energia di oscurazione che sta alla base della mente attivante (primo livello di formazione), dall’altro è il prodotto dell’attività della mente che continua (quinto livello di formazione): i due momenti si saldano fra loro.
La mente che continua (che è la coscienza vera e propria o vijnana) oscura con la sua attività la base fondamentale, provocando così quella scissione soggetto-oggetto che rappresenta il momento iniziale della formazione della coscienza stessa (mente attivante).

Il testo di Asvaghosha individua sei livelli di attestazione del karma oscurante. Questi vanno dai più superficiali ai più profondi, la cui risoluzione è direttamente proporzionale all’avanzamento lungo il sentiero del Dharma.
I primi due livelli di oscurazione karmica sono i più superficiali e si situano a ridosso dell’ego e della mente che continua, mentre il terzo sta alla base della mente analitica.
Questi primi tre livelli di karma sono detti “uniti” con i rispettivi aspetti della mente, nel senso che permeano contemporaneamente il polo soggettivo e quello oggettivo, producendosi e riproducendosi dunque dopo l’avvenuta scissione soggetto/oggetto.
Gli altri tre livelli sono i più profondi e si attestano rispettivamente alle basi della mente riproduttrice, della mente che evolve e della mente attivante e sono descritti come “disuniti” da quegli stessi aspetti profondi della mente che si sono enucleati e dunque sono da considerarsi anteriori alla scissione dei poli soggettivo ed oggettivo.
Questi livelli di attestazione del karma sono funzionali al momento di riproduzione della mente nel suo complesso e la loro mutua interrelazione costituisce la trama karmica che la coscienza egoica percorre nelle sue continue trasmigrazioni, come risultato del suo partecipare alla dinamica complessiva dell’intera mente.

Secondo la definizione buddhista, la mente  è mera lucidità e consapevolezza  e si riferisce all’attività mentale, soggettiva e individuale, di sperimentare le cose. Lucidità significa dare origine ad apparenze cognitive di cose, simili ad ologrammi mentali, e consapevolezza si riferisce all’interazione cognitiva con essi. Mera implica che questo avviene senza un “io” monolitico, separato e inalterato che sta controllando oppure osservando questa attività. L’“io” esiste, ma meramente come una designazione basata su una continuità di momenti mutevoli in cui si sperimentano cose mutevoli.

I modi di essere consapevoli di qualcosa includono tutte le tipologie di attività mentale. Essi includono:
    • Le coscienze primarie.
    • I fattori mentali.
    • La consapevolezza riflessiva (solo alcune scuole la propongono)
La consapevolezza riflessiva accompagna ciascun momento di cognizione non concettuale e concettuale di un oggetto, sebbene essa stessa rimanga sempre non concettuale. Essa si concentra e conosce soltanto le altre consapevolezze della cognizione – vale a dire la coscienza primaria e i fattori mentali – nonché la loro validità.
Essa non conosce gli oggetti delle coscienze primarie e dei fattori mentali su cui si focalizza.

A differenza della visione occidentale della coscienza come una facoltà generale che può essere consapevole di tutti gli oggetti sensoriali e mentali, il Buddhismo differenzia sei tipologie di coscienza, ciascuna delle quali è specifica ad un campo sensoriale o al campo mentale.

  •  Coscienza visiva
  • Coscienza uditiva
  • Coscienza olfattiva
  • Coscienza gustativa
  • Coscienza tattile
  • Coscienza mentale.

 Una coscienza primaria conosce meramente la natura essenziale di un oggetto, che significa la categoria del fenomeno a cui qualcosa appartiene. Ad esempio, la coscienza visiva conosce una vista semplicemente come una vista.
Alcune scuole aggiungono due tipologie ulteriori di coscienza primaria per formare una lista di una rete ottuplice di coscienze primarie:

  • La Consapevolezza illusa conosce il suo fattore di maturazione come un falso “io”. Ad un livello grossolano, essa lo conosce come un “io” che esiste come un’entità statica, monolitica, indipendente dai suoi aggregati. Gli aggregati si riferiscono ai cinque fattori aggregati che comprendono ciascun momento della nostra esperienza. I cinque sono le forme di fenomeni fisici (incluso il corpo), la sensazione di un livello di felicità, la distinzione, le altre variabili influenzanti (emozioni eccetera), e la coscienza primaria.
  • Coscienza fondamentale, onnicomprensiva, coscienza deposito. Essa porta con sé le eredità karmiche e le impressioni mentali delle memorie. La continuità individuale cessa con l’ottenimento dell’illuminazione. 
Vedi anche  http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/filosofiacomparata/funzionemente.pdf

sabato 17 agosto 2024

Bodhicaryavatara - Una guida al sentiero buddhista del Risveglio

 La Bodhicaryavatara, è un testo scritto da Shantideva  è la guida essenziale per tutti quelli che si incamminano sulla via del Bodhisattva. 

"Quando reale e irreale non si presentano più alla mente, e in assenza di tutte altre possibilità, si verifica la pacificazione libera da qualsiasi supporto". 

Shantideva ( 685 d.C. - 763 d.C.)  )era un principe che nacque nel 685 VII secolo d.C.; un giorno incontrò un asceta che gli insegnò l'arte della meditazione, una meditazione particolare su Manjushri il buddha della conoscenza. Rinunciò così al regno e ai fasti della corte, per entrare all'illustre università buddhista di Nalanda; Studio ed assimilò tutto il contenuto dei Tre Canestri e scrisse sugli insegnamenti del Buddha due trattati sintetici il Compendio delle istruzioni e il Compendio dei sutra che tenne segreti.  E un giorno in presenza di tutti i monaci espose la Bodhicaryavatara - Una guida al sentiero buddhista del risveglio (una sintesi dei due trattati precedenti) . Il suo discorso fu trascritto dai Pandit (erudito, dotto, maestro, filosofo)  ed è uno dei testi base degli insegnamenti buddhisti.  Quel giorno Shantideva lasciò l'università e da allora condusse la vita di un asceta itinerante e di un perfetto bodhisattva.     

La storia di Shantideva, presentata da Mingyur Rinpoche https://www.youtube.com/watch?v=9v9wAQqagXE 

Di seguito sono riportare alcune frasi estratte dal testo.

  • - Come è difficile trovare libertà e ricchezze che permettono all'uomo di dare un senso alla sua vita!
  • - Quelli che vogliono eliminare la sofferenza dell'esistenza, Quelli che vogliono eliminare il malessere degli esseri, Quelli che vogliono gioire del benessere non dovrebbero mai rinunciare allo spirito del Risveglio. Lo spirito del Risveglio presenta due aspetti: da una parte l'aspirazione al Risveglio, d'altra parte l'impegno nel Risveglio.
  • - Quando gli emissari della morte mi prenderanno, a che cosa serviranno gli amici e i parenti? Solo i miei meriti mi garantiranno un rifugio. 
  • - Vittoriosi protettori dei mondi, dediti a soccorrere gli esseri, voi avete la forza di eliminare la paura e io prendo, da oggi, rifugio in voi. Prendo autenticamente rifugio anche nel Dharma che voi avete rivelato, e che dissipa le paure del samsara.   Io aspiro a superare la sofferenza.
  • - Colui che distrugge il benessere di un solo essere, distrugge il suo proprio benessere.
  • - Oggi, non ho nessuna malattia, ho il necessario per nutrirmi e all'orizzonte non c'è nessun pericolo, devo inizare a praticare perchè la vita è imprevedibile, non dura che un istante, e il mio corpo è effimero.  
  • - Buddha spiega che è più difficile di rinascere in una esistenza umana, che per una tartaruga di passare il suo collo in un cerchio sballottato dalle onde dell'oceano.
  • - Le emozioni negative non si trovano negli oggetti, nè nei sensi, nè nella coscienza. E allora dove si trovano per danneggiare tutti gli esseri?  Sono illusorie: scacciate dalla vostra mente tutte le paure e cercate di riconoscerle. Perchè farsi del male senza ragione?
  • - Attaccate l'elefante della mnte con la corda dell'attenzione: tutte le paure spariranno e tutte le virtù sbocceranno.
  • - Come trovare così tanto cuoio per ricoprire tutta la terra? Con il cuoio di una semplice scarpa si otterrà lo sesso risultato. Nello stesso modo, se non posso mettere sotto controllo la realtà esterna, è il mio modo di pensare che devo cambiare, a che serve vincere altre cose?
  • Nella vostra vita, trovate un amico spirituale, che è esperto nel cammino del Grande Veicolo ed eccelle nella disciplina dei Bodhisattva,  apprendete a seguire un maestro,  consultate i sutra, dove sono descritti i precetti; Leggete e rileggete i precetti e le pratica da fare in ogni istante. Applicate i precetti che avete letto al fine di proteggere le persone ordinarie.
  • - Cerchiamo in tutti i modi di coltivare la pazienza. 
  • - Questo nemico, la collera, è il responsabile di tutte le sofferenze, quello che si impegna a vincere la collera sarà felice in questa vita e nelle seguenti.
  • - Qualsiasi cosa succeda, non andrò a rovinare la mia gioia, in quanto la scontentezza non fa realizzare i desideri e distrugge i meriti.  E se c'è un rimedio, perchè dobbiamo essere scontenti? Se non c'è, a che serve arrabbiarsi?
  • - Se posso sopportare la mia sofferenza attuale, perchè non eliminare la collera che è la causa delle sofferenze infernali?
  • - Adesso, diventerò completamente padrone di me stesso, al servizio del mondo; Se la folla mi camminerà sulla testa, o cercherà di uccidermi, per la gioia dei protettori del mondo, non risponderò e non cercherò di vendicarmi. 
  • - E mai la soddisfazione di un re potrà offrire la buddhità che si ottiene contribuendo alla gioia degli esseri;  (...) l'aiutare gli esseri genera successo, felicità e fama in questa vita, senza parlare della buddhità a venire.   Nel samsara, la pazienza porta la bellezza, la salute e la fama, e una lunga vita, e i vasti piaceri dei sovrani universali. 
  • - Io vincerò tutto e niente mi vincerà!
  • - Quando il corpo e la mente sono isolati, la distrazione è impossibile, bisogna dunque rinunciare al mondo e liberarsi dai pensieri. Con l'attaccamento ai beni materiali non si rinuncia al mondo, il saggio prenderà il distacco da queste cose. 
  • - Amici un istante, l'istante seguente nemici, si irritano contro quello che dovrebbe fatr loro piacere; Come è difficile accontentare gli esseri umani!
  • - Elogio di se stessi, denigrazione degli altri, parole esaltanti il samsara; in breve la frequentzione degli esseri puerili non può che portare a degli atti negativi. (...) Fuggirò lontano dagli esseri puerili, E se mi incontrano, farò loro piacere. Senza stabilire dei legami profondi, resterò semplicemente cortese.
  • - Tutto quello a cui ti attacchi, si trasformerà in sofferenze mille volte più grandi. Il saggio dunque non si attacca, perchè dall'attaccamento nasce la paura, Come tutte le cose sono di natura effimera, siate fermi in questa comprensione.
  • - Quando me ne andrò, senza uno sguardo all'indietro, il cuore libero da ogni attaccamento, per stabilirmi in una grotta, un tempio vuoto che non appartiene a nessuno?
  • - Anche se alla nascita formano un tutto, la carne, le ossa e questo corpo saranno qua e là dispersi, a più forte ragione gli amici.  Noi siamo soli quando nasciamo e saremo soli quando moriremo, se nulla può condividere le nostre sofferenze, perchè avere degli amici che ci rallentano?
  • - Se non ci sarà nessuno presso di noi a disturbarci, niente ci distrarrà dalle evocazioni al Buddha e dalle nostre pratiche; andrò dunque a vivere da solo, in foreste deliziose, dove sarò felice,con poche preoccupazioni, e libero da ogni distrazione.
  • - Essere libero, senza il minimo attaccamento e senza nessun legame con persone e cose, ecco una felicità e una soddisfazione que Indra lui stesso avrebbe difficoltà a ottenere.
  • - Sforziamoci, prima di tutto, di meditare sull'uguaglianza di noi stessi con gli altri; poichè siamo uguali di fronte alla felicità e alla sofferenza; Proteggiamo, quindi, tutti gli esseri come noi stessi. (...) Nello stesso modo che mi proteggo contro le cose sgradevoli, anche più anodine, avrò la voglia di proteggere gli altri e trattarli con compassione.
  • - Tutta la felicità del mondo viene dalla ricerca della felicità degli altri, tutte le sofferenze del mondo vengono dalla ricerca della sua propria felicità.   Se non scambio in modo autentico la sofferenza degli altri in cambio della mia felicità, non riuscirò a raggiungere lo stato di bodhicitta e non sarò felice nel samsara. Senza rinunciare totalmente all"io" non ci si può liberare dalla sofferenza. 
  • - Impegnati senza riserve al servizio degli altri! Tu ne vedrai più tardi le virtù, in quanto la parola del saggio è infallibile. 
  • - Colui che vuole eliminare la sofferenza coltiverà la Conoscenza: Ci sono due verità: la verità relativa e assoluta. L'assoluto non rientra nel campo dell'esperienza e dell'intelletto, l'intelletto può spiegare la verità relativa.  (...) L'essere ordinario pensa che gli oggetti che percepisce sono la verità stessa e che essi non hanno niente di illusorio.  
  • - La bodhicitta stessa è samsara, a che cosa servono le pratiche del Risveglio?, Fino a quando le cause non saranno interrotte, l'illusione non cesserà.
  • - Se l'Io esistesse, avrebbe paura di questo e quello. Se non c'è l'Io, chi dunque può ancora avere paura?
  • - La sofferenza ha per causa l'orgoglio, alimentato dall'errore di percezione del sè, se voi pensate che non può essere abolita, non serve a niente meditare sull'inesistenza del sé.
  • - La mente non si trova nelle facoltà, nè negli oggetti, nè tra le due cose; la coscienza non è nè interna, nè esterna, e non si trova da nessuna parte; Quello che non si trova nè nel corpo, nè altrove, nè mescolata, nè isolata; non è niente. Per conseguenza gli esseri si trovano naturalmente oltre la sofferenza. 
  • - La sostanza primordiale designa l'equilibrio tra le tre qualità: la luce, l'attività e l'oscurità - dunque lo squilibrio è chiamato "Mondo".
  • - Così non c'è cessazione, nè realtà, di qualsiasi tipo, e tutti gli esseri animati sono liberi da nascita e cessazione.
  • - Così, le cose essendo vuote, che cosa c'è da acquisire o da perdere?

domenica 11 agosto 2024

Sui passi del Buddha

Il seminario "Sui Passi del Buddha" si è svolto presso il monastero Dhagpo Kagyu Ling in Dordogna.   vedi:  https://www.dhagpo.org/     Esistono molti modi per classificare gli insegnamenti di Buddha che si svolsero per circa 45 anni. Uno dei più noti è i "tre giri della ruota del Dharma" o i "tre cicli di trasmissione del Dharma". Ogni giro è stato insegnato in un luogo diverso e in un momenti diverso della vita di Buddha.  


Il primo giro di trasmissione ebbe luogo nel Parco dei cervi a Sarnath (10 km a nord di Varanasi), ove si recò il Buddha con i suoi cinque compagni subito dopo aver raggiunto l'illuminazione, dando loro il suo primo insegnamento in cui espose la struttura di base della sua visione: le quattro nobili verità. È interessante che Buddha abbia usato il termine nobile (arya che designa un membro della nobiltà), pur abolendo il sistema delle caste e la struttura gerarchica all'interno della comunità monastica da lui fondata. Buddha usò questo termine per indicare che coloro che si sono liberati per sempre di un certo livello di sofferenza.  Insegnando in un Parco dei cervi, Buddha indicò simbolicamente che la comprensione dei suoi insegnamenti determina anche uno stato di pace. Le quattro nobili verità sono:  1- la verità della sofferenza,   2- le origini della sofferenza e l'inquitudine soggiacente alla nostra esistenza.  Il malessere si manifesta in atti e in emozioni perturbatrici. Esistono tre tipi di malessere: a- malessere del malessere, ossia il dolore dovuto a morte, malattia, vecchiaia.  b- il malessere del cambiamento, o del benessere che non dura. c- il malessere del condizionato, ossia non avere il controllo sul corpo, e sui cinque aggregati.    3- La verità della fine della sofferenza,  4- l'esistenza di un cammino per uscire dalla sofferenza. costituito da meditazione combinata con etica, azioni positive. Il percorso si può fare anche da soli esplorando il mondo e se stessi, ma è più difficile e la vita è corta.

Buddha tenne il secondo giro di trasmissione degli insegnamenti al Picco dell’avvoltoio, nei pressi di Rajagaha. Ciò avvenne in un momento particolarmente difficile della sua vita: la guerra infuriava nella sua terra natale, suo padre era morto in prigione. Inoltre Devadatta, cugino di Buddha, stava cercando di ucciderlo e creare uno scisma nella comunità monastica buddhista.
Il secondo giro tratta principalmente ciò che è noto come Sutra Prajnaparamita, Sutra della perfezione della saggezza, che espone il tema della vacuità, del vuoto e delle fasi per acquisire la consapevolezza discriminante di questo. Il vuoto è la totale assenza di modi impossibili di esistere, come l'esistenza concreta e indipendente.

Il terzo giro di trasmissione
ebbe luogo a Vesali, e fu in questo luogo che finalmente accettò di fondare l'ordine delle monache. Il Vajji era una repubblica povera, quindi è significativo che l'ordine delle monache abbia avuto inizio in un ambiente egualitario, un luogo in cui l'ordine elitario e conservatore dei brahmini non era così forte.   Il terzo ciclo si riferisce agli insegnamenti della scuola mahayana della Sola mente, Cittamatra. La nostra percezione e i fattori mentali provengono dalla stessa fonte originale – un seme karmico o una tendenza alla nostra coscienza fondamentale. Per questo motivo, possiamo solo stabilire l'esistenza di qualcosa in relazione a una mente che lo sta pensando, vedendo o descrivendo. In virtù della natura di Buddha tutti gli esseri sono uguali, sia uomini, sia donne; e devono impegnarsi a fondo per raggiungere l'illuminazione. Nella mente c'è dispersione, pensiamo a qualcosa e immediatemente passiamo ad altro.  Con la meditazione la mente diventa calma, chiara e riposata, e si arriva a familiarizzare con il funzionamento della mente. Occorre lasciare la mente aperta, e osservare il flusso dei pensieri che sorge e che passa, come le nuvole nel cielo. 

I testi sacri del Buddhismo sono raccolti nel Canone pāli, nel Canone cinese e nel Canone tibetano, in base alla lingua. Includono gli insegnamenti, i sermoni, le parabole e i detti del Buddha, le regole di vita per monaci e laici e gli approfondimenti sulla dottrina.

Il Tripiṭaka, nome sanscrito del canone pali del buddhismo, è considerata la raccolta più antica e la più completa degli insegnamenti del Buddha. E' divisa in tre parti (i tre canestri): il Vinaya-piṭaka, che riguarda la disciplina e le regole della vita monastica, etica e condotta, questi insegnamenti sono trasmessi da maestro a discepolo; il Sutta-piṭaka, che contiene varie raccolte di discorsi del Buddha, rielaborati e in parte anche versificati; sono insegnamenti sulla concentrazione e sulla meditazione e trasmessi per iscritto,  e l’Abhidhamma-piṭaka («canestro della religione superiore»), di carattere dottrinale e metafisico; sono  insegnamenti sulla natura dei fenomeni, sui cinque aggregati, e sono trasmessi per iscritto.. Il canone si è costituito durante il regno di Aśoka e ha assunto la sua forma sostanzialmente, seppure non assolutamente, definitiva a Sri Lanka intorno al 1° sec. a.C. ed è il riferimento del buddismo Theravada, la dottrina degli anziani.   Puoi trovare i testi al seguente indirizzo:  https://www.canonepali.net/

Le scritture buddhsite parlano di mille Buddha (vedi:  https://it.scribd.com/document/382951047/Names-of-the-1000-Buddhas). La nostra età porta il nome di "benedetta", perché essa ha già avuto quattro Buddha, l'ultimo dei quali fu Sakyamuni ( o Gautama,  il Buddha storico vissuto 500 anni A.C) e sarà fra tremila anni allietata dalla comparsa del quinto, Maitreya, il futuro Buddha. Il Buddha è caratterizzato dall'assenza di io. Non c'è un culto di Buddha ma un rispetto delle sue qualità, perchè tutti possono diventare Buddha.  La statua di Buddha è vista come un supporto alla meditazione e al cammino spirituale.

Il veicolo di base Theravada ha come obiettivo di liberarsi in fretta, e il percorso è focalizzato sulla liberazione e sulla figura dell'Arath.  Il Theravada è l’unica delle correnti sopravvissute fino ad oggi ed è la scuola più vicina al buddhismo originario, pur non identificandosi completamente con esso. Il nome Theravada, è più corretto di Hinayana (piccolo veicolo), infatti si compone di due parti: thera – “anziani” – e vada – “dottrina”- , da cui  “dottrina degli anziani”.  Gli arhat sono coloro i quali hanno raggiunto il nirvana. Gli Arhat praticano solo per loro stessi, per raggiungere il Nirvana il prima possibile, al contrario invece dei Bodhisattva.

Il grande veicolo Mahayana considera l'insieme degli esseri sensienti, e l'obiettivo è portare l'essere umano al pieno e perfetto Risveglio, arrivare alla liberazione dal Samsara e sviluppare una vasta compassione verso gli esseri sensienti. Insegnare agli essere sensienti il parinirvāṇa, che è un termine proprio del Buddismo con cui si indica la cessazione dell'esistenza dei cinque aggregati, che costituiscono l'esistenza psicofisica dell'individuo, alla morte di un Buddha o di un Arhat.

Esistono 7 guardiani del veicolo di base. All'epoca del 5 guardiano gli eruditi si riunirono per un primo congresso,  all'epoca del 7 guardiano gli insegnamenti furono messi per iscritto.

Il Primo Concilio Buddista si tenne nel V secolo a.C., il   Secondo Concilio Buddista nel 383 a.C., il Terzo Concilio Buddista (circa 250 a.C. prima di questo concilio l'imperatore Aśoka aderisce al buddhismo e il buddhismo si propaga in tutta l'India.   Con il Quarto Concilio inizia la scissione tra le varie correnti del buddhismo, in quel periodo ci furono due Congressi nel 29 a.C. e  poi 100 d.C.  Durante questi due congressi gli insegnamenti furono trascritti in sanscrito, la lingua più diffusa in India. Nel I secolo d.C  iniziano a diffondersi le istanze del buddhismo Mahayana che per segnare la differenza, indicò con Hīnayāna ("piccolo veicolo" o "veicolo inferiore") tutte le altre scuole, tra cui sia i Theravāda sia i Sarvāstivāda. Ciò nonostante, la scuola condivise la decisione di tradurre in sanscrito le proprie scritture (precedentemente in dialetto gandhari). 

Dal VII secolo il buddhismo Mahayana inizia a diffondersi in Tibet e in Afganistan con il nome di Vajrayāna ("veicolo di diamante"), detto anche buddismo tantrico, un approccio basato sui sutra e sui tantra, Rispetto al Mahāyāna non introduceva (almeno nella sua forma iniziale) nuove prospettive filosofiche, quanto piuttosto nuove pratiche (upaya) mutuate dal Tantra induista. La scuola fu introdotta in Tibet da Padmasambhava, che fondò la variante conosciuta poi come buddismo tibetano.  Si parte dal risultato del risveglio, un percorso più rapido ma più difficile.  I tre principi base su cui si basano gli insegnamenti sono:  essere consapevoli dell'esistenza condizionata, sviluppare la Bodhicitta e la comprensione della vacuità.    Bodhicitta è un termine proprio del Buddhismo Mahāyāna che indica l'intenzione del Bodhisattva di conseguire l'illuminazione per la salvezza di tutti gli esseri senzienti. La parola è la combinazione delle parole sanscrite bodhi e citta, e può essere tradotto come Coscienza dell'Illuminazione o Spirito del Risveglio.

A partire dall'XI secolo, con l'arrivo dei Turchi in India e la distruzione di Nalanda la scuola Mahāyāna subì un rapido declino e sparisce dall'India. Sri Lanka, da sempre roccaforte del buddismo Theravāda, assunse un ruolo centrale. All'aumentare dell'influenza politica e commerciale dell'isola seguì naturalmente quella della scuola Theravāda nel vicino Sud-Est asiatico e il buddhismo Theravada si sviluppò nei Paesi Vicini: Thailandia, Cambogia, Laos, Birmania, ecc... 

Nell'XI secolo molti studiosi tibetani andavano in India per ricevere la trasmissione diretta degli insegnamenti da Maestri indiani. E' molto importante l'autenticità degli insegnamenti, anche in Occidente.    Le scuole del buddhismo Vajrayana sono le seguenti:
-  L'ordine Nyingmapa (gli Antichi). La scuola appunto più antica, stabilita nel sec. VIII E.C., rivendica di discendere da Padmasambhava, il “nato dal loto”, anche detto Guru Rinpoche, “il maestro prezioso” che introdusse il tantra buddhista nel Tibet e che viene considerato come un secondo Buddha.
-  L’ordine Sakyapa (la Terra chiara). Nel sec. XI Virupa, un potente maestro tibetano, trasmette il suo insegnamento tantrico al tibetano Drokmi Shakya Yeshe, che a sua volta ebbe come discepolo un appartenente della famiglia Khon, Köntchok Gyalpo (o Konchog Gyalpo: 1034-1102).
-  L'ordine Kagyupa (la Via della Trasmisione orale) fu fondato da Marpa (discepolo di Naropa, che fu discepolo a sua volta di Tilopa) ed è diventato famoso con il suo discepolo Milarepa, il più famoso e potente degli yoghin tibetani, celebre per i suoi poteri magici. Il suo insegnamento segue un itinerario di sei veicoli di cui la vetta è il Grande Sigillo (mahamudra) – l’unione della vacuità e della chiara luce. Il più conosciuto discepolo di Milarepa, fu Gampopa (1079-1153).
-  La scuola Gelugpa ( i virtuosi). Il Buddhismo viene rivitalizzato in Tibet dal Lama Tzong Khapa (o Tsongkhapa) nel 1400 (inizio del sec. XV) che fonda la scuola dei cosiddetti berretti gialli, i Gelugpa (a questa tradizione appartiene il Dalai Lama), dal berretto che i monaci portano per distinguersi dalle altre scuole che hanno un berretto rosso. I copricapi dei primi eruditi (pandita) buddhisti sarebbero stati gialli, colore che evoca la terra e la stabilità.  

Vicino alla statua del Buddha di solito ci sono ritratti di importanti maestri che hanno garantito la trasmissione del Dharma, come l'indiano Tilopa, Narupa (uno yogi), Marpa (un contadino), Milarepa (uno yogi), Gangopa, ecc.   Il Buddha è rinato uomo e principe per essere più facilmente ascoltato; Comunque nella storia del buddhismo ci sono state anche diverse donne realizzate.

Audacia e Compassione - Dilgo Khyentsé

Il testo Audace et Compassion di Dilgo Khyentsé (prima edizione del 1993) riprende gli insegnamenti sulla mente e la bodhicitta del maestro indiano Atisha (982-1054 maestro all’università Vikramashila e adepto della regola monastica) e del maestro tibetano Ngultchou Zangpo (1295-1369).  discepoli di Atisha fondarono la scuola Kadampa e il principale discepolo fu Dromteunpa che trasmise gli insegnamenti a Tchékawa Yéshé Dorjé  che li racchiuse in un poema L’Entrainement de l’esprit en sept point, (un testo radice).        

 

Questi insegnamenti  sono stati trasmessi fino ai nostri giorni da una catena ininterrotta  di maestri e sono utilizzati in tutte le tradizioni buddhiste. Sono utilizzati nella tradizione Gelugpa che insegna il cammino graduale dei tre livelli di comprensione e dei tre aspetti principali della via, nella tradizione Sakyapa detta della via e del frutto che prepara alle tre visioni,  nella tradizione Kagyupa che include anche gli insegnamenti orali di Milarepa (1052-1135)  sul Mahamoudra, nella tradizione Nyingmapa associata alla determinazione di liberarsi dal ciclo delle esistenze.    Il maestro di Milarepa è stato allievo di Marpa (1012-1097) che riportò dall’India numerosi tantra e  impiantò in Tibet gli insegnamenti della tradizione Kagyu. Il discepolo più celebre di Milarepa è stato Gampopa (1079-1153) che fu il fondatore dell’ordine monastico Kagyu e della tradizione Dakpo Kagyu.  Altri personaggi molto importanti per lo sviluppo del buddhismo sono stati: - Nagarjuna che visse nel III secolo e contribuì a diffondere il buddhismo in India.  - Shantideva (690-760) che è stato un celebre maestro indiano, membro dell’università di Nalanda e la sua opera maggiore è La marche vers l’Eveil un testo molto studiato nel mondo buddhista.

(Nota:  Shantarakshita, abate dell’università di Nalanda andò a insegnare il buddhsimo in Tibet intorno al 762, ma fu contrastato da demoni e spiriti locali.  Il re e Shantarakshita invitarono allora Guru Rinpotché che sconfisse le forze negative e permise al buddhismo di diffondersi e brillare in Tibet.)

Il poema L’Entrainement de l’esprit en sept point (l'allenamento della mente in sette punti) in sintesi : Considerate tutto come un sogno, dopo la meditazione considerate tutti i fenomeni come illusioni, utilizzate il respiro come supporto, prendete su di voi la sofferenza, trasformate le avversità nella via del Risveglio, la vacuità è la protezione suprema,  Non giudicate le azioni degli altri, non aspettate un risultato delle vostre azioni, non rispondete agli insulti, non sottolineate le debolezze degli altri, non abbiate dei secondi fini nel compiere le azioni.  Non dipendete dalle condizioni esterne, fate quello che è importante, e siate costanti nella pratica.

Il testo inizia con un omaggio a Tchenrézi (in tibetano) o Avalokiteshvara (in sanscrito), il Bodhisattva della compassione perfettamente preparato al triplo allenamento: disciplina, concentrazione e saggezza.

E’ grazie al maestro Padmasambhava (VIII secolo) che l’insieme del Dharma (sutra e tantra) si è potuto diffondere in Tibet.  Sono tre i cicli di insegnamenti del Buddha (ogni insegnamento corrisponde a un giro di ruota): 1- il cammino che porta alla fine della sofferenza, 2- la vacuità, 3- l’unione della vacuità e della saggezza.

Quelli che vogliono arrivare al Risveglio devono praticare la bodhicitta relativa ( soprattutto i debuttanti ) e assoluta.  Per poter iniziare questo percorso occorre padroneggiare sia la comprensione della vacuità, sia la compassione.

Come preliminare agli insegnamenti bisogna esaminare tre punti: la preziosa vita umana (caratterizzata da 18 aspetti: - 8 libertà, 5 ricchezze estrinseche e 5 intrinseche), l’impermanenza e il tormento del samsara.

La base per ottenere il Risveglio è la fortuna di avere una esistenza umana, ma ascoltare gli insegnamenti non ci libera dal samsara, dobbiamo riuscire a metterli in pratica.  Dobbiamo iniziare a praticare il prima possibile, coltivare le virtù, controllare la mente, dare il meglio di noi per abbandonare il male e coltivare il bene. Le esperienze di benessere o sofferenza sono i risultati di atti positivi o negativi.

Prendete rifugio nei tre gioielli e meditate sul Risveglio, considerate che tutti gli atti che voi fate con il corpo, la mente e la parola sono destinati a tutti gli esseri, vasti come lo spazio.

Bodhicitta assoluta.  Considerate tutte le cose come un sogno, Non c’è che una sola cosa nell’esistenza che sia stabile o che duri: tutto è Impermanente. Senza una comprensione profonda di questo concetto e dell’ineluttabilità della morte è difficile praticare gli insegnamenti sacri.  E’ la mente che crea l’illusione, prendendo per reale quello che non è.  Ma la mente stessa esiste?  Il testo radice riporta la seguente frase: “Analizzate la natura non-nata della coscienza risvegliata”.       Se voi analizzate la mente, vedrete che la mente non ha un inizio, né una fine, non può essere trovata né dentro, né fuori dal corpo, e non esiste come una cosa.  La mente che pensa “io” è totalmente sprovvista di esistenza e di carattere sostanziale.

Quando avremo veramente realizzato la vacuità, come Milarepa (1052-1135), non saremo soggetti al dolore e alla sofferenza.  Non saremo sofferenti per il  caldo, il freddo, o per la puntura di insetti.  Dopo la meditazione i fenomeni saranno considerati come illusioni.

Bodhicitta relativa.  Noi attribuiamo una grande importanza ai nostri pensieri e a quello che consideriamo il mio corpo, la mia mente, ecc.  Il primo passo del cammino verso la bodhicitta è quello di apprendere a ignorare noi stessi.  Noi otterremo il Risveglio quando saremo capaci di preoccuparci degli altri come di se stessi, in questo modo anche se rimaniamo nel samsara, saremo liberi da ogni preoccupazione.  E’ grazie a vostra madre che disponete di una preziosa vita umana, e solo per questo dovremmo sentire verso di lei una infinita riconoscenza e prendersi cura dei genitori anche in tarda età.

I bodhisattva vengono al mondo per portare il bene di tutti gli esseri. L’essere capaci di scambiare il nostro benessere contro la sofferenza degli altri è il cuore della pratica, e questa difficile pratica sarà facilitata dal respiro, quando espirate, tutto il vostro benessere va agli altri, quando inspirate assorbite tutte le sofferenze degli altri.  Solo praticando con disciplina per anni riuscirete a familiarizzare con questo concetto. In Tibet questo scambio si chiama tonglen. Questo aspetto è rafforzato recitando delle preghiere di fronte a Maestri o statue del Buddha.Un altro aspetto importante della pratica è liberarci dai tre veleni: l’attaccamento alle persone e agli oggetti che ci piacciono, la collera verso persone e situazioni antipatiche e l’ignoranza nelle situazioni neutre. 

L’altro passo importante è passare dalla bodhicitta in intenzione alla bodhicitta in azione, utilizzando le situazioni difficili come via verso il Risveglio.  Il vero ostacolo alla liberazione e al Risveglio è l’attaccamento all’ego.  Non dovremmo continuamente essere ripiegati su se stesi  ma mostrarci generosi verso gli altri, cercare di liberarli dalla sofferenza.   Tutte le sofferenze, le malattie, cattivi pensieri sono il risultato dell’attaccamento all’io.     Dovremmo rispettare tutti gli esseri nella stessa maniera, andare all’incontro dell’altro senza fare emergere avversione, invidia, indifferenza.  Dovremmo ripeterci la seguente frase: “I miei problemi e i miei mali dipendono da me, il mio benessere e le mie qualità dipendono dagli altri”.

Se cerchiamo l’origine dei fenomeni, quali sono le cause, e a che cosa somigliano le emozioni vedremo che non c’è niente da trovare, questa assenza è il Corpo assoluto, non nato o dharmakaya. Anche la mente è introvabile, perché è vacuità. La vacuità è la protezione suprema, le apparenze illusorie sono percepite come i quattro Corpi.  Facciamo buon uso delle situazioni avverse e meditiamo sinceramente.

Il miglior metodo per la bodhicitta in azione è quello delle quattro pratiche: l’accumulazione (fare offerte), la purificazione ( essere pentiti di azioni negative, manifestare la determinazione a migliorare, meditare sulla vacuità), le offerte alle forze negative (quando provo dolore, mi esercito alla pazienza) e le offerte ai protettori del Dharma (chiediamo ai Maestri di aiutarci a considerare tutti gli esseri in modo positivo) .

La bodhicitta si sviluppa in colui che possiede le cinque forze: la risoluzione e la determinazione, la familiarizzazione con la meditazione, l’accumulazione dei meriti e grani positivi, il disgusto (applicare un antidoto prima che l’attaccamento all’ego prenda il sopravvento) e l’aspirazione al raggiungimento del Risveglio.   Le cinque forze sono come la sillaba "Houng" che nei suoi cinque costituenti riunisce tutti gli insegnamenti.  Le istruzioni del Mahayana per prepararci alla morte sono le cinque forze. Nel momento della morte, ci si distende sul lato destro, la testa posata sulla mano destra, espiriamo tutto il benessere e lo offriamo a chi soffre, inaliamo tutte le malattie e le emozioni negative degli esseri per prenderle su di noi. Poi ci si fisserà sul carattere illusorio del samsara e del nirvana che sono simili a sogni, scopriamo che tutto è una percezione della mente. La dove niente esiste, non c’è ragione di aver paura.

Il Buddha ha dato gli 84000 insegnamenti , tutti destinati a sottomettere l’attaccamento all’ego.  Si riconosce l’uso corretto del Dharma dalla capacità più o meno grande di disfarsi dell’ego.  L’attaccamento all’ego è tale che se noi possediamo delle piccole qualità le troveremo immense, e non notiamo i nostri difetti. Se dopo un attento esame, potremo congiungere le mani davanti al petto e pensare onestamente che tutte le nostre azioni sono giuste, è il segnale che cominciamo ad acquisire dell’esperienza nell’allenamento della mente.  Se noi vediamo delle persone nella sofferenza mentale o fisica, o in preda alle avversità dovremmo imparare a prendere su di noi i loro mali.  I Bodhisattva si riconoscono dai seguenti segni esteriori: calma e serenità che ne attestano la saggezza,  l’assenza di emozioni negative che mostra il progresso sulla via, la perfezione che scaturisce dalle virtù e dagli atti virtuosi.

I tre principi generali sulla base dei quali bisogna adattare il nostro comportamento sono: il rispetto degli impegni legati all’allenamento della mente, l’assenza di ostentazione, e l’imparzialità. Facciamo in modo che le nostre parole e i nostri atti siano conformi all’insegnamento e l’amore e la compassione siano universali e identici per tutti gli esseri.  L’allenamento della mente deve essere fatto con discrezione senza ostentamento, non bisogna parlare dei difetti degli altri, non avere opinioni sull’atteggiamento delle persone, si deve lavorare soprattutto sulle emozioni principali senza sperare in un risultato, non si deve rispondere agli insulti e non si devono sottolineare le debolezze altrui.  Durante tutta la giornata si deve tenere a mente il concetto di bodhicitta, e cercare di individuare se c’è qualche segnale di miglioramento in noi.  Il corpo, la mente e la parola devono essere consacrati a delle attività positive e la meditazione deve essere dedicata all’amore e alla compassione.  Il Dharma ha due aspetti: l’insegnamento e la pratica, spesso molte persone ascoltano gli insegnamenti, ma poche sono quelle che passano agli atti.   Il Dharma  è sintetizzato in queste poche righe:  "Tchenrézi personifica tutti  i yidam (storie);  un mantra, Mani è la quintessenza di tutti i mantra;  un insegnamento, la bodhicitta ingloba tutte le pratiche di sviluppo e di perfezione; conoscendo quello per cui tutto è liberato; recitate il mantra in sei sillabe". La pratica assidua delle istruzioni del nostro maestro renderà la nostra comprensione sempre più profonda.

Questo libro è un allenamento alla Bodhicitta ed è il condensato degli 84.000 insegnamenti del Buddha. Forse non saremo capaci di esercitare perfettamente la bodhicitta, ma la pratica contribuirà alla nostra felicità in questa vita.  Tra gli  insegnamenti vasti e profondi troviamo il Mahamudra e il Dzoktchen.

martedì 23 luglio 2024

Monaci buddhisti impegnati

I monaci buddhisti non restano nei loro monasteri in meditazione, ma si impegnano per ridurre la sofferenza nella società e le diseguaglianze sociali.   

Matthieu Ricard (1947- ), monaco buddhista francese,  ha fondato nel 2000, Karuna-Shechen un'organizzazione che opera nell'universo himalayano e porta avanti 90 progetti  per un mondo più altruista aiutando 400.000 persone. I progetti riguardano l'educazione, l'emancipazione femminile, la protezione dell'ambiente, lo sviluppo economico e sostenibile.    Vedi:  https://karuna-shechen.org/   Matthieu Ricard ha contribuito a preservare la cultura tibetana impegnandosi nella traduzione e nella conservazione di manoscritti del buddhismo tibetano.

Mingyur Rinpoche (1975- )  ha fondato:

  • la Tergar Meditation Community, una comunità di meditazione buddhista (Tergar significa "rivelatore di tesori").   Vedi link:   https://tergar.org/               https://tergar.org/about/mingyur-rinpoche/    Per porre rimedio ai problemi legati al cambiamento climatico nell'universo Himalaiano, 
  • nel 2021 ha avviato la catena di valore della serra bioclimatica e della rosa canina in collaborazione con l'azienda TeaLeaves  e  
  • nel 2023  ha fondato H.E.L.P. (Himalayan Environment and Life Protection) che è un'organizzazione senza scopo di lucro che lavora per proteggere l'ambiente e mitigare il cambiamento climatico nell'Himalaya, e per aumentare il benessere  delle comunità e degli individui.    Vedi:  Sito:  https://himalayanhelp.com/

Pema Wangyal Rinpoche (1947- ) è un lama tibetano ed è uno dei figli di Kangyur Rinpoche (1898-1975), fuggito dal Tibet nel 1958 con la famiglia per stabilirsi a Darjeeling, in India. Dopo la morte del padre nel 1975, Pema Wangyal Rinpoche è tornato in Dordogna con la famiglia.  Ha fondato:

  •  nel 1980 l'Association bouddhiste de Chanteloube, a Saint-Léon-sur-Vézère (Dordogna) e il centro di ritiro triennale;   vedi: https://www.songtsen.org/chanteloube/programs-events/ 
  • nel 1982 la Kangyur Rinpoché fondation per permettere ai bambini in strada di avere un'educazione e per sostenere i monaci/monache che vengono dal Tibet; vedi: https://www.fundraiso.com/fr/organisations/the-kangyur-rinpoche-foundation
  • nel 1979 la fondazione Padmasambava che fa parte della Fondation de France,  per preservare la cultura tibetana; vedi: https://www.fondationdefrance.org/fr/annuaire-des-fondations/fondation-padmasambava
  • nel 2008 l'associazione Casa, che aiuta i senzatetto in Portogallo e Spagna.  vedi: https://www.lamaison24.net/single-post/casa-international-july-2017-english
  • il Comitato di traduzione Padmakara.  vedi:  www.digital.padmakara.fr     Preoccupato per la conservazione di antichi e rari manoscritti e del tesoro scritto del Dharma, Pema Wangyal Rinpoche ha avviato la loro traduzione in otto lingue e la loro trascrizione in un database.

Seminario buddhista alla Sonnerie ( in Dordogna)

Nel luglio 2024 ho partecipato al seminario estivo della durata di una settimana con Jigme Khyentse Rinpoche, Tsetrul Pema Wangyal Rinpoche e Tsawa Rinam Rinpoche che si è svolto alla Sonnerie, presso il Centro Studi di Chanteloube in Dordogna (Francia).

Jigme Khyentse Rinpoche è il figlio minore di Kyabje Kangyur Rinpoche (il primo maestro di Matthieu Ricard).  Pema Wangyal Rinpoche, è il figlio maggiore ed è anche il fondatore delle Edizioni Padmakara; Tsawa Rinam Rinpoche è il secondo figlio.  Dopo una pausa di alcuni anni, hanno condotto un ritiro settimanale che ha alternato pratica e istruzioni sull'allenamento della mente. 

La mattina  Jigme Khyentse Rinpoche commentava il testo Audace et Compassion di Dilgo Khyentsé.    Dalle 15,00 alle 17,00 con Tsawa Rinam Rinpoche venivano letti dei testi e poi si faceva una breve meditazione.  Dalle 17,00 alle 19,00 si svolgeva la trasmissione del testo BodhicaryaVatara - La marche vers l'Eveil da parte di Tsetrul Pema Wangyal Rinpoche.

E' stato proiettato il documentario: Return to Gandhi Road. The documentary on Kangyur  Rimpoche    https://www.returntogandhiroad.com/

Per scaricare alcuni testi letti durante il seminario vedi: https://digital.padmakara.fr/textes-a-telecharger/  Vedi anche: https://www.songtsen.org/chanteloube/programs-events/   https://www.digital.padmakara.fr    

martedì 25 giugno 2024

Thomas Merton - Mistici e maestri zen

Thomas Merton (1915-1968)  è stato uno scrittore e monaco cristiano statunitense dell'ordine dei Trappisti, autore di oltre sessanta tra saggi e opere in poesia e in prosa dedicati soprattutto ai temi dell'ecumenismo, del dialogo interreligioso, della pace.  Vedi: https://www.thomasmerton.eu/thomas-merton/         

 In questo testo Mistici e maestri zen,  Thomas Merton presenta il buddhismo e in particolare si sofferma sullo zen.  Il concetto di Bhudda-natura è al centro di tutti gli esseri.

L'Occidente attribuisce al buddhismo l'etichetta di panteismo e nirvana,  e l'idea che la meditazione zen sia un riposo nell'assenza individuale che sopprime tutti i bisogni e interessi nella realtà esterna e storica.

La parola  zen deriva dal cinese ch'an che designa un certo tipo di meditazione, ma lo zen non è un metodo di meditazione, nè una pratica spirituale.  E' un'esperienza, e una vita,  non è una religione, non è una filosofia, non è un sistema di pensiero, né una dottrina, nè un'ascesi.   Daisetz Suzuki ha ripetuto più volte che lo zen non è un misticismo.  Lo Zen ha avversione per ogni forma di dualismo tra materia e spirito, lo zen è volto a un'illuminazione derivante dal superamento di tutte le relazioni e opposizioni soggetto-oggetto in un vuoto puro. Non è una visione di Buddha  o un'esperienza  di una relazione con un Essere supremo considerato oggetto della conoscenza e percezione.  Lo Zen non afferma, nè nega, semplicemente è. Si può dire che sia un'ontologica conoscenza dell'essere puro oltre il soggetto e l'oggetto, un'immediata intuizione dell'essere così com'è.  I maestri zen arrivano a dire "se incontri Buddha uccidilo" ,  e rifiutano di rispondere a domande speculative e metafisiche.  Lo Zen non è un sistema di monitoraggio panteistico, e rifiuta qualsiasi affermazione sulla struttura metafisica dell'essere e sull'esistenza, mirando direttamente all'essere.

Lo zen  è la lenta combinazione del buddhismo Mahayana e del taoismo, e poi portato in Giappone e perfezionato.  Sono le strofe attribuite al mitico Bodhidarma ( sesto secolo d.C.) a definire lo zen: "Una speciale tradizione fuori delle scritture (sutra) con nessuna dipendenza da parole e lettere, occorre mirare direttamente all'anima dell'uomo, vedere dentro la propria natura e così raggiungere la condizione di Buddha".  Lo Zen insiste sulla pratica concreta più che su studio e riflessione intellettuale.    Nello zen si giunge all'essere mente anziché avere la mente. L'insistenza zen è la consapevolezza di una piena realtà spirituale e la realizzazione della vacuità di tutte le realtà limitate o particolareggiate, la mia identità non deve essere ricercata dalla separazione, ma dall'unione con tutto ciò che è.  Non è una negazione ma la più alta affermazione dell'identità, nell'uno e con l'Uno.

Il momento più critico per la storia dello zen cinese è la rottura tra la scuola settentrionale e quella meridionale (settimo secolo), nella scelta del sesto patriarca Hui Neng.       

Shen Hsiu (scuola settentrionale - Soto), uno degli aspiranti al ruolo di patriarca scrisse: "il corpo è l'albero della bodhi, la mente è simile a un limpido specchio diritto, abbi cura di spolverarlo continuamente, fa che nessun grano di polvere vi si posi".

Hui Neng (scuola meridionale - Rinzai) scrisse: "il bodhi non è simile a un albero, il limpido specchio in nessun posto è dritto, fondamentalmente nessuna cosa esiste: dov'è dunque il grano di polvere che deve posarsi?"

Suzuki spiega che quando i sutra affermano che tutte le cose sono vuote, inesistenti e fuori dalla casualità, questa affermazione non è il risultato di un ragionamento metafisico, ma esprime l'esperienza buddhista più profonda. Lo Zen di Hui Neng non è una tecnica di ontroversione, con la quale si cerca di escludere il mondo esterno, eliminare i pensieri inquietanti, stare seduti in meditazione. Lo Zen non è misticismo composto da introversione e rinuncia. Per Hui Neng l'illuminazione sarebbe giunta all'improvviso da sé, tenendo in poco conto la pratica dello zazen (la pratica meditativa), in quanto tutta la vita era zen.  Non c'è nessun raggiungimento, e quindi affannarsi a cercare una "via" al raggiungimento è pura illusione. Non si raggiunge lo zen con la meditazione che spolvera lo specchio, ma con l'oblio di sé nel presente esistenziale della vita qui e ora.

Oggi noi ci tormentiamo con l'eredità di quella autoconsapevolezza cartesiana secondo la quale l'io empirico è il punto di partenza di un progresso intellettuale infallibile verso la verità e lo spirito, sempre più raffinato, astratto e immateriale.

Nello zen ci trasformiamo nella luce (prajna), "diventiamo" quella luce che di fatto "siamo". La relazione soggetto-oggetto che esiste nell'io empirico è soppressa nel vuoto, che però non è negazione. Nella realizzazione il vuoto non può essere opposto al pieno, ma vuoto e pieno sono Uno, Zero equivale all'infinito. Il vuoto di tutte le forme limitate è la pienezza dell'Uno. 

Quando non vi è un dimorare del pensiero in nessun luogo e su nessuna cosa, questo è essere liberi, il non dimorare in nessun luogo è la radice della vita. Un maestro zen ha detto:  " vedere dove non c'è qualcosa, questo è il vero vedere, questo è l'eterno vedere".  La contemplazione del vuoto ha delle affinità ben precise con note testimonianze di mistica cristiana.

Sempre secondo lo zen: "Dal principio nessuna cosa è. È nulla è questo nulla che c'è, è sunyata, vuoto, non-mente, la non oggettiva presenza del non-vedere".

Il vescovo cattolico e missionario francese Padre Domoulin (1808-1838) ci offre una bella immagine del maestro giapponese zen Dogen (tredicesimo secolo) la cui illuminazione avvenne in un austero monastero zen dove si praticava meditazione, dotato di alto spirito etico, praticava un ascetismo gioioso, e meditava sulla transitorie delle cose terrene. Tra i buddhisti la sua dottrina è chiamata la religione del solo zazen ed è considerata un ritorno alla pura tradizione di Buddha. 

Comunque Dogen si avvicina a Hui Neng quando insegna ai monaci zen di non desiderare nessuna speciale esperienza di illuminazione durante lo zazen, in quanto l'illuminazione è già presente nello stesso zazen; Lo zazen contiene in sè le sostanze e la realtà dell'illuminazione ( qui si discosta da Hui Neng). Dogen fa riferimento alla scuola Soto, segue le linee tracciate da Shen Hsiu: ponendo l'enfasi su meditazione, ascetismo e metodo. 

La scuola Rinzai segue le linee di Hui Neng che non esclude la meditazione ma la considera in modo diverso: invece di svuotare la mente dai concetti sedendo quietamente, cerca di immergere il discepolo zen nel satori, in una intuizione metafisica dell'essere col non-vedere e il vuoto, lottando col koan. Non-vedere e non-mente non sono rinunce ma realizzazioni. Il vedere senza soggetto e oggetto è un vedere puro, la mente che è vacuità, vuoto e sunyata è la mente prajna (conoscenza  e contemplazione), il fondo metafisico dell'essere. 

Padre Dumoulin vedeva un vero misticismo nei maestri zen come Dongen, mentre non era ispirato dalla tradizione Rinzai con i koan, con le loro risposte violente e irriverenti del maestro (come bruciare la statua di Buddha per scaldarsi in una notte d'inverno).

Hui Neng quando parla di non-vedere, e di non-mente, non definisce uno stato psicologico, ma un'intuizione metafisica del fondo dell'essere, una autoconsapevolezza dell'essere vuoto che è il prajna mente. Il vuoto è inteso come termine metafisico che designa il vuoto dell'essere puro. Questo vuoto è infinito. Suzuki dice che per lo zen zero, è uguale a infinito. Il vuoto infinito è dunque la totalità e la pienezza infinita. 

Per la scuola meridionale  non si può fare di una regola uno specchio, anche pulendo a fondo, così non si può diventare un Buddha stando seduti in meditazione.  Non esiste Essere che non sia Vedente che è a sua volta Agente, questi tre termini sono sinonimi e intercambiabili. Questa struttura trinitaria suggerisce  una esperienza del fondo dell'essere come vuoto puro (sunyata)  che è luce (prajna) che illumina ogni cosa e atto puro  perchè e pienezza e totalità ( di essere-vuoto senza limitazione di sorta). Il fondo-Essere non si distingue da sé stesso come Luce e come Atto.  Per Daisetz Suzuki che è il più importante interprete della tradizione Rinzai "la cosa più importante di tutte è l'amore", l'adempimento nell'amore che non ci si aspetterebbe di trovare in Hui Neng. 

Lo zen Rinzai e tutt'altro che una mistica di passività e di rinuncia. Non è un calarsi nella propria interiorità, e rinuncia, ma una completa liberazione dalla schiavitù di un interno limitato e soggettivo.  L'obiettivo di Hui Neng è la diretta consapevolezza nella quale si forma la verità che ci rende liberi, non la verità come oggetto di sola conoscenza, ma quella vissuta è sperimentata in consapevolezza concreta ed esistenziale. Per questa ragione le attività e gli interessi esteriori non devono essere considerati ostacoli, al contrario lo zen si manifesta in essi come in ogni altra cosa, compreso il mangiare, il dormire e le più umili funzioni materiali.

Forse Hui Neng non fu il vero autore del testo Scrittura programmata, il manifesto ufficiale della scuola meridionale. È l'unico testo buddhista cinese che si sia affermato come scrittura nel senso dei sutra. Ma non fu mai proposto dai maestri zen ai loro discepoli, in quanto lo zen è un'esperienza che deve essere trasmessa senza i sutra. Comunque nel testo è contenuta la definizione di illuminazione come la intendeva Hui Neng che veniva raggiunta all'improvviso quindi non per gradi e non come risultato di una meditazione o altra disciplina.

Introduzione al Blog

Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi.  Nel Blog ci sono ci...