venerdì 30 aprile 2021

Le perle del Tantra. I testi classici dello Yoga tantrico

 «Ciò che è qui è ovunque, ciò che non è qui non è da nessuna parte». Questa frase rappresenta la quintessenza della visione tantrica.

Le perle del Tantra. I testi classici dello Yoga tantrico è un libro di David Donnini del 1996 che ha il pregio di raccogliere in un unico volume i tre testi classici Hatha-yoga pradipika, Gheranda samhita e Shiva samhita, che vengono illustrati dopo una lunga introduzione allo yoga tantrico. La parola tantra è composto da due sillabe: tan, espandere e tra, liberare. Il tantra è il processo di espansione della coscienza e dell’energia liberatrice. 

Il punto di partenza della visione tantrica è che il nostro corpo è  una manifestazione dell'universo, e pertanto contiene tutti gli elementi che sono presenti in quest'ultimo. Allo stesso modo, il mondo «esterno» non sarebbe altro che una manifestazione della nostra mente, in analogia col concetto di maya, o illusione. Tutta la sâdhanâ (la pratica) yogica è infatti basata sul concetto di «unione», che non si finisce mai di cogliere, di mettere in pratica e raffinare.

Nell'introduzione del libro si parla del significato del termine «spiritualità», del desiderio di approccio alla dimensione dell'infinito e dell'ignoto da parte dell'uomo. La spiritualità autentica non è settaria né dogmatica pertanto è un cammino basato sulla sperimentazione ed esplorazione personali, sull'assimilazione profonda, sincera ed autentica di quel che ci viene insegnato dai nostri maestri o dai libri. Solo così possiamo approfittare dei benefici  che lo yoga ci regala, con presenza e consapevolezza. Nella pratica è necessaria una grande «autodisciplina, un elemento che può portare all'Occidente un grande arricchimento». 

Quello che mi ha particolarmente colpito, sono le similitudine dell'avvicinamento alla pratica dello   yoga dell'autore con il mio: entrambi strenui sostenitori del razionalismo occidentale, abbiamo scoperto con  stupore, che praticando costantemente yoga, si arriva piano piano ad un equilibrio e benessere interiore, fino a percepire l'energia e la misteriosa coscienza interiore che pervade il corpo sottile, e con cui è possibile comunicare attraverso lo yoga.  Anche io ho provato la stessa emozione e gioia, quando per la prima volta sono riuscito ad eseguire lo shank prak shalan, una sorta di lavaggio completo di tutto il tubo intestinale, con acqua tiepida leggermente salata, uno degli esercizi più difficili e misteriosi di purificazione yoga. Sono rimasto sbalordito di come, con la pratica, la concentrazione e la disciplina, si può arrivare a controllare un sistema autonomo involontario come l'intestino. Lo stesso avviene con le  pratiche di pranayama con le quali si arriva a controllare il  sistema respiratorio.

I tre testi tantrici sono accomunati dalla presentazione delle tecniche di purificazione chiamate shatkarma o kriya, delle âsana; dei mudrâ e bandha; del prânâyâma, della meditazione e del samâdhi.

L'Hatha Yoga Pradipika e la Gheranda Samhita illustrano le tecniche di purificazione, mentre l'Hatha Yoga Pradipika tratta dei pericoli di queste tecniche e dei rimedi eventuali. L'anatomia energetica è invece presentata nello Shiva Samhita. Al fascino e alla suggestione dell'antica saggezza dei tre testi classici e del loro stile narrativo si aggiunge un serbatoio di conoscenze utili sia agli yogin sia a tutti coloro che operano in campo medico e terapeutico, sia «alternativo» sia ufficiale.

Infine, è importante sapere che, se lo yoga nel suo insieme affonda le sue radici nella convergenza tra la cultura ariana e quella dravidica, quello tantrico è nato in seno alla civiltà più antica dei dravidi: una cultura evoluta, agricola, pacifica e matriarcale, le cui radici ancora salde e ancora presenti nel Tamil Nadu, nel Sud dell'India. Qui, ancora oggi, si trovano tracce di culti autoctoni della fertilità e della madre terra, vengono celebrati riti sciamanici e vengono venerate divinità non facenti parte del pantheon induista. 

Tra l'hatha yoga e il tantrismo ci sono molti punti in comune, le tecniche di purificazione del corpo, il controllo del corpo e del respiro ed il risveglio dell'energia. Nel tantrismo, a differenza dello hatha yoga, viene illustrata l'unione sessuale rituale che è una tecnica mistica ed un acceleratore per arrivare alla coscienza superiore. La coppia umana diventa una coppia divina in un contesto rituale. Molti testi erotici tantrici sono redatti in un linguaggio volutamente segreto ed oscuro e pieno di doppi sensi. Ed è difficile determinare se si parla di un atto concreto o di simbolismo sessuale. 

Per la prima volta nella storia spirituale dell'India ariana la madre divina, la Shakti, la forza cosmica acquista nell'induismo una posizione predominante. La donna incarnerà il mistero della creazione e dell'essere. L’energia femminile e principio attivo è chiamata Shakti ed è raffigurata come la moglie di Shiva. A partire dal X secolo, le sette tantriche ispirate dallo shaktismo si concentrano sull’aspetto energetico e sul risveglio della kundalini, l’energia dormiente che si trova alla base della colonna vertebrale, attraverso delle pratiche yoga. 

Questa energia sale nella lungo la colonna vertebrale (attraverso un canale energetico chiamato sushumna nadi e attraversando tutti i centri energetici che si trovano in questo canale), arriva alla sommità della testa e si unisce con il suo signore Shiva. Qui non c’è più individualità, energia e coscienza diventano una sola cosa e si manifestano sotto forma di pura luce.  “Come il serpente sostiene la terra e le sue montagne e boschi, così la kundalini è il supporto di tutte le pratiche yoga”.  

Nel tantrismo, la sessualità è considerata importante ai fini della disciplina spirituale e viene elevata ad oggetto di grande rispetto, considerandola un veicolo privilegiato per condurre l’uomo alla comprensione di sé stesso, del suo ruolo nel mondo. 

Nel periodo attuale, il Kali yuga, che è un'era oscura e decadente, caratterizzata da numerosi conflitti e da una diffusa ignoranza spirituale, la perfezione si può acquisire anche partecipando attivamente alla vita quotidiana cercando di conciliare il trascendente con l'immanente.

giovedì 29 aprile 2021

Scienza e Filosofia nei classici buddisti indiani

 Il Dalai Lama, ha coordinato la stesura di 4 volumi che costituiscono un compendio delle indagini scientifiche e filosofiche del buddhismo indiano sulla natura della realtà.  Il primo volume è stato pubblicato in italiano da Ubaldini nel marzo 2021.

Questo lavoro apre una preziosa possibilità di accedere alle analisi e ai grandi risultati conseguiti dalle ricerche scientifiche e filosofiche del buddhismo indiano, offrendo così validi spunti per instaurare un confronto interculturale più completo tra il pensiero scientifico dell'India classica e l'Occidente.  L'introduzione è fatta da Sua Santità il Dalai Lama.


Sua Santità il Dalai Lama  ha partecipato al lancio virtuale del libro di Scienza e Filosofia nei classici buddisti indiani, Volume 2: La mente, dalla sua residenza a Dharamsala, nel novembre del 2020.  https://www.youtube.com/watch?v=isPY1WGfR0g

https://www.facebook.com/watch/live/?v=852960448864527&ref=watch_permalink

I volumi pubblicati fino ad oggi, con la prefazione del Dalai Lama sono due: Science and Philosophy in the Indian Buddhist Classics: The Physical World. Volume 1 - 2017    e     Science and Philosophy in the Indian Buddhist Classics: The Mind: Volume 2 - 2020.

André Comte-Sponville - Présentations de la philosophie

Dal libro di  André Comte-Sponville Présentations de la philosophie del 2000.

La filosofia secondo Kant è la dottrina e l’esercizio della saggezza.  E' una riflessione sui saperi disponibili; bisogna riflettere su quello che noi siamo, su quello che noi viviamo, su quello che noi vogliamo. La Filosofia è anche vivere con ragione. Si determina il campo della filosofia con le quattro domande di Kant : Cosa posso conoscere? Cosa devo fare? Che cosa mi è permesso di sperare? Che cosa è l’uomo?  La filosofia é uno sforzo non compiuto verso la saggezza. Il benessere è lo scopo, la filosofia il cammino.

La morale. E una questione personale, solo tu sei in grado di rispondere nel profondo, nella tua intimità se rispetti la proprietà degli altri, la sua intimità, la sua dignità, la sua vita. E' l’insieme delle regole alle quali tu ti sottometteresti anche se saresti invisibile e invincibile. Tu non vali che per il bene che fai, per il male che ti impedisci di fare senza altro compenso che la soddisfazione personale. Non per aumentare il proprio benessere altrimenti sarebbe egoismo, ma solo per rispettare i diritti dell’altro. La morale non vale che per se stesso. Secondo Rousseau : Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te stesso. E' importante associare alla morale un'azione altruista senza aspettarsi niente per questo gesto.

La politica. Noi abbiamo bisogno di uno Stato. La politica è la gestione pacifica dei conflitti, delle alleanze e dei rapporti di forza, tra individui, famiglia, gruppo, società. Occuparsi della vita comune è un compito essenziale, altrimenti non si ha il diritto di lamentarsi. Essere solidali è difendere gli interessi degli altri, agendo con generosità e solidarietà. Lo Stato deve regolare e socializzare gli egoismi. Bisogna fare politica perché la morale non basta a gestire i conflitti.

Amore. Che la vita valga o meno di essere vissuta, questo dipende dalla quantità di amore di cui siamo capaci di esprimere. Per Freud la psicosi depressiva o melanconica, si caratterizza con la perdita della capacità di amare gli altri e se stesso.  Ci sono tre tipi di amore : Eros, Philia, Agapé. Per Platone, Eros è la mancanza, la passione d’amore. Philia è tradotta con amicizia. Gioire del piacere che doniamo e che riceviamo. Il desiderio é gioire in potenza, l’amore è gioia, ti amo e sono felice che tu esisti. A volte amiamo ciò che non ci manca, quello che abbiamo, quello che facciamo, questo è Philia secondo Aristotele e Spinoza. Agape è l’amore per il prossimo, disinteressato, ti amo come me stesso. Dio è amore, amate il vostro prossimo, amate i vostri nemici.

La morte. C’è chi dice che la morte è il nulla e chi dice che porta ad un’altra vita, liberata, purificata. Filosofare è apprendere a morire. Per Platone i filosofi non hanno paura della morte, che cosa potrà prendere loro?  La morte non è lo scopo della vita, ma la fine della vita, bisogna prepararci, accettarla, perché non possiamo sfuggire, senza che ci rovini la vita o i nostri piaceri.  L’idea della morte, l’ineluttabilità della morte fa parte della vita. Dopo la morte non c’è nulla, la morte dei propri cari  inquieta meno delle loro sofferenze. Accettare la morte ti permette di vivere meglio, di apprezzare di più la vita, anche se fragile e passeggera.

La conoscenza. Non c’è conoscenza assoluta, perfetta, infinita. Nessuna conoscenza è la verità, perché non conosciamo mai assolutamente quello che è, né tutto quello che è. Noi siamo separati dal reale per gli stessi mezzi che ci permettono di percepirlo e di comprenderlo. Conoscenza e verità sono due concetti diversi. Nessuna conoscenza è la verità, ma una conoscenza che non è vera o completamente falsa, non sarà più una conoscenza. 

La scienza procede per tentativi ed errori, non ricade più negli errori che ha compreso e rifiutato; la teoria scientifica è sempre parziale, provvisoria e relativa. Bisogna non confondere lo scetticismo con il sofismo.  Essere scettici, per Montagne e Hume, è pensare che niente è certo. Essere sofisti non è pensare che niente è certo, ma è pensare che niente è vero, è il contrario del dogmatismo, il contrario del razionalismo e della filosofia.

Se niente è vero, né falso, non ci sarebbe differenza tra conoscenza e ignoranza, né tra sincerità e menzogna, Le scienze, la morale e la democrazia non potrebbero sopravvivere. Se tutto è falso, tutto è permesso, si possono falsificare le esperienze e le dimostrazioni, mettere sullo stesso piano scienza e superstizione, fare condannare un innocente. Il sofismo porta al nichilismo, il nichilismo alla barbarie. Secondo Aristotele la ricerca del senso della verità è nello stesso tempo difficile e facile; Non si può raggiungere assolutamente, né mancarlo del tutto.

Dobbiamo trovare un percorso tra i dogmatici che pretendono possedere il vero, come tra i sofisti che pretendono che il vero non esiste. Tra l’ignoranza e il sapere assoluto c’è spazio per la conoscenza e per il progresso delle conoscenze. 

La libertà. Prima c’è la libertà di fare, e poi, solo la legge può permette alle libertà di un individuo di coabitare con le libertà degli altri. Essere liberi vuol dire anche libertà di volere? Libertà è il potere determinato di determinare se stessi. Il libero arbitrio è il potere di determinare se stessi senza essere determinati da niente.  Per Sartre ciascuna persona è il risultato della scelta assoluta di sé,

Dio. Noi non sappiamo se Dio esiste. Il mondo e l’universo sembrano implicare che c’è sempre stato qualcosa, che l’essere è eterno, increato.  Dio è l’essere necessario, creatore, assoluto, il fondamento di tutto.  Per Hegel Dio è il solo essere che esiste per essenza. Per Descartes L’esistenza di Dio non può essere distinta dall’essenza; Non può esserci un Dio perfetto a cui manca l’esistenza. Questa prova ontologica non prova niente. Non basta definire Dio per provare che esiste, per spiegare la sua esistenza occorre una causa, ma se questa causa è contingente dovrebbe essere spiegata da un’altra causa e cosi via all’infinito.  Dio  potrebbe essere secondo Spinoza la natura, un essere eterno, infinito ma senza alcuna soggettività o personalità. Il mondo sarebbe troppo ordinato, troppo armonioso, troppo finalizzato perché si possa spiegarlo senza supporre all’origine una intelligenza benevola e organizzatrice. Ma la natura è crudele e ingiusta, come possiamo vederci la mano di Dio ? Il problema del male rimane un mistero.

Kant e Pascal credono in Dio rinunciando a dimostrarne l’esistenza, per atto di fede. Ma un Dio che si può dimostrare sarebbe ancora Dio? Chiamiamo Dio l’insieme di quello che esiste. Dio è la coscienza di se del tutto. Il Deismo è una fede senza culto e senza dogmi, il vero Dio é inconoscibile, ma allora se non lo conosciamo come possiamo dire che è Dio ? La ragione è incapace di spiegare Dio. Se pensiamo al mistico che sente la presenza di Dio, il suo amore, la sua grazia, come possiamo sapere se percepisce veramente qualcosa o ha immaginato tutto? Rimarrebbe una certezza puramente soggettiva. La fede è una credenza che è solo sufficientemente soggettiva.

Ateismo. Essere atei significa essere senza Dio. Per André Comte-Sponville esistono due ateismi: non credere a Dio (ateismo negativo) oppure credere che Dio non esista (ateismo positivo). L'agnostico, invece è colui che si rifiuta di scegliere, sceglie di non scegliere. E' più vicino all'ateismo negativo, ma più aperto alla possibilità che Dio esiste. L'agnostico sembra umile e lucido. La considerazione di  Protagora sugli dei è la seguente: "non posso dire niente, né che sono, né che non sono". Essere agnostici è vicino alla condizione umana. Se incontri qualcuno che dice « Io so che Dio non esiste, questa persona non è un ateo ma un imbecille » La verità è che noi non sappiamo niente. L’agnostico non prende posizione, l’ateo prende posizione contro l’esistenza di Dio.  

Non ci sono prove che Dio esista, e gli atei sono spesso più lucidi che i credenti. Una ragione per essere ateo è la debolezza degli argomenti dei credenti. Debolezza delle prove e delle esperienze. Se Dio esistesse si dovrebbe vedere, manifestare, perché si nasconderebbe? L'esistenza di Dio sarebbe incompatibile con la figura di Dio padre, che si nasconde ad Auschwitz, in Ruanda, Cambogia, ecc.  L’ateismo fa un’ipotesi più verosimile. Se Dio non si manifesta, e non si riesce a capire perché si nasconde, può essere semplicemente che non esiste. La principale forza di Dio è quella di spiegare il mondo, la vita, il pensiero. Ma che valore ha questa affermazione dal momento che Dio, se esiste, è per definizione inesplicabile ? 

La religione è una credenza possibile, ma non è detto che sia rispettabile. La religione non è altro che una dottrina che spiega qualcosa che non comprendiamo bene (l'universo, la vita, il pensiero) attraverso qualcosa che comprendiamo ancora meno (Dio). C’è un mistero e ci sarà sempre un mistero. L’essenziale ci è sconosciuto. Il dogmatismo religioso o scientifico si arroga il diritto di risolvere questo mistero.  Essere ateo non significa rifiutare il mistero, è semplicemente rifiutarsi di spiegare tutto con qualcosa di inspiegabile. Credere a Dio, non è aggiungere del mistero al mondo, ma aggiungere un nome (impronunciabile) a questo mistero. Ci sono troppi orrori nel mondo, ad esempio la sofferenza dei bambini che è un male assoluto, se Dio volesse eliminare il male ma non può o non vuole, significa che non è perfettamente buono e onnipotente. Per Pascal l’uomo è un essere mediocre, in quanto si registrano bassezza e miseria ovunque, quindi è difficile immaginare che l'umanità sia stata creata da Dio. 

L’ateismo è una forma di umiltà: siamo degli animali e cerchiamo di divenire umani. L’ateo non crede in Dio, benché preferirebbe che esistesse. Per Freud la religione è un’illusione, come è semplicemente un’illusione resuscitare in un’altra vita, ecc. E’ come credere a Babbo Natale, o credere di poter acquistare un appartamento di 130 metri a Parigi con meno di 100.000 euro. Che Dio esiste è una possibilità che non possiamo razionalmente escludere.  Questo fa dell’ateismo quello che è : non un sapere ma una credenza, non una certezza ma una scommessa. Questo dovrebbe spingerci verso la tolleranza e un impegno verso una certa idea dell’uomo e della civiltà che includa amore e rispetto e benevolenza. Dovremmo contribuire a creare una umanità coraggiosa anche se sofferente. Un umanesimo che non è una religione ma una morale. Nessuna religione o ateismo senza questo impegno possono essere umanamente accettati.

L’arte. L’uomo ha bisogno dell’arte per esteriorizzare quello che è, e ritrovare nell’opera d’arte un riflesso di quello che è. Per Alain tutte le arti sono uno specchio, dove l’uomo conosce o riconosce qualcosa di se stesso che ignorava. Per Kant, l’opera d’arte non è la rappresentazione di una cosa bella, ma la bella rappresentazione di una cosa. Per Malraux si apprende a dipingere nei musei perché solo imitando i maestri abbiamo la possibilità di diventarne uno.

Il tempo. Se il tempo si arrestasse un istante, tutto si fermerebbe, e non ci sarebbe più il tempo. Il tempo è la condizione a priori di tutti i fenomeni – Kant. Quello che chiamiamo tempo è la successione del passato, presente e futuro. Il passato non c’è più, il futuro non c’è ancora, non c’è che il presente che è l’unico tempo reale. La temporaneità è una dimensione della coscienza piuttosto che del mondo. Possiamo sperimentare il tempo solo attraverso la soggettività. La mente non esiste che nel corpo o nel mondo, ed è quello che chiamiamo esistere. Vivere nel presente è la semplice e difficile verità di vivere. Non c’è un tempo universale e assoluto come credeva Newton, ma ci sono tempi relativi o elastici, suscettibili di dilatarsi in funzione della velocità. L’istante ben preciso è un punto dello spazio-tempo, qui e adesso – Einstein. Tutto quello che arriverà più tardi è nel campo dell’incertezza, quindi vivi qui e adesso. Carpe diem.  Cogli il presente, che cambia e continua. Vivere nel presente  è il solo cammino.  Il presente è il solo luogo dell’azione, del pensiero, della memoria e dell’attesa. E’ il kairos del mondo (l’istante propizio, il momento giusto o opportuno) dove il reale in atto. Vivere nel presente è semplicemente vivere nella verità. L’eternità è adesso.

L’uomo. La definizione è la seguente: ogni essere nato da due essere umani. L'umanità è una trasmissione di doveri verso altri uomini, questo umanismo è una morale prima di essere una politica. L’uomo non è Dio, ha una storia, una società, un inconscio. L’umanità è un’avventura, l’uomo fa parte della natura, di una società, di un’epoca, di una civilizzazione. L'umanismo è una battaglia per i diritti umani.

La saggezza. La filosofia è l’amore o la ricerca della saggezza. La saggezza ha a che vedere con il pensiero, l’intelligenza, la conoscenza, in breve con un certo sapere. I greci opponevano la saggezza contemplativa (sophia) alla saggezza pratica (phronesis). La vera saggezza é l’incontro tra i due aspetti. Si tratta quindi di associare pratica e vita. La saggezza è un saper vivere.

La saggezza è lo scopo, la filosofia il cammino. L’uomo muore da quando è vivo. Bisogna apprendere a morire ed apprendere a vivere. Osa apprendere, Osa diventare saggio, comincia a lavorare e guadagnare, non dispensarti di vivere la vita, perché aspettare? La saggezza si associa con un certo benessere, una certa serenità e pace interiore, gioiosa e lucida, con un rigoroso esercizio della ragione. E’ il contrario del malessere e dell’angoscia.

Per questo la filosofia è necessaria; perché noi non sappiamo vivere; l’intelligenza aiuta la saggezza nella misura che trasforma la nostra esistenza e la guida. Dobbiamo imparare a pensare per vivere un po’ meglio. Bisogna salvare la propria vita e non quella degli altri. Come vivere? L’etica, che è l’arte di vivere si distingue dalla morale, che riguarda i nostri doveri. La morale risponde alla domanda « cosa devo fare ? » l’etica alla domanda « come vivere ? »  La morale culmina nella virtù, l’etica nella saggezza e nel benessere. La morale non è sufficiente, abbiamo bisogno anche di saggezza. La saggezza significare dire sì a se stessi, agli altri, al mondo. Bisogna lavorare su se stessi; la saggezza non è un’utopia, bisogna trasformare il mondo attraverso una conoscenza attiva.

Dobbiamo accettare quello che non dipende da noi, seguendo il suggerimento degli stoici ma nello stesso tempo, secondo Spinoza dobbiamo conoscere, comprendere, agire. Dobbiamo, come dicono i saggi orientali, vedere e accettare quello che è, per poi provare a cambiarlo. Quello che é stato realizzato è diventato il passato e non esiste più, quello che deve arrivare è nel futuro e non esiste adesso, esiste solo quello che è qui e adesso, nient’altro. Si usa la filosofia per salvare la pelle e l’anima.

Il saggio é felice perché ama innanzitutto la vita. Noi non siamo dei saggi ma cerchiamo di esserlo, siamo dei filosofi e quindi non ci resta che imparare a vivere, ad apprendere a pensare e ad amare. Apprendere e essere felici vanno avanti di pari passo. 

Ravi Shankar e la musica indiana

 Ravi Shankar (1920 - 2012) è stato un compositore  e suonatore di sitar indiano (il tradizionale strumento a corde simile a un grosso liuto). Suonò in modo divino il sitar e una delle sue figlie Anoushka Shankar ha continuato l'attività del padre.

Il nucleo della musica di Ravi Shankar è sempre stato la spiritualità. È considerato uno dei maggiori virtuosi del sitar del Novecento ed ha lavorato instancabilmente per portare la grande musica del suo Paese, l'India,  in ogni angolo della terra.  "Ravi Shankar, è considerato "il musicista per il mondo" ed è stato onorato con più di 14 dottorati onorari da tutto il mondo. Ha instancabilmente suonato, insegnato, composto e fatto tournée per più di 75 anni.

Quello  che mi ha colpito di più della sua musica, è che c'è un grandissimo rispetto per ogni singola nota suonata, e il suonare il sitar diventa una vera e propria meditazione. A volte medito sulla sua musica. 

Le sue straordinarie improvvisazioni al sitar  hanno richiamato l'attenzione, oltreché del pubblico e degli studiosi, dei musicisti jazz (fra cui J. Coltrane) e dei gruppi pop (Beatles e altri), i quali hanno talvolta introdotto il sitar nel loro organico. Ravi Shankar è il fondatore dell'Orchestra nazionale indiana. La Fondazione Ravi Shankar è stata creata nel 1997.   https://www.ravishankar.org/

Link: https://www.youtube.com/watch?v=-f1DNyngKVY    https://www.youtube.com/watch?v=gMk2eTqPLWk

Ravi & Anoushka Shankar  https://www.youtube.com/watch?v=lIQrUZLyATo

mercoledì 28 aprile 2021

Sadhguru Jaggi Vasudev

Jaggi Vasudev, comunemente conosciuto come Sadhguru, (1957 - ) è un mistico e yogi indiano e autore di vari best seller sulla spiritualità. Ha conseguito una laurea in letteratura inglese. Sposato, con una figlia. La moglie morì in circostanze misteriose.

Ha fondato la Isha Foundation, un'organizzazione  a-politica, non religiosa, no-profit che offre programmi yoga in varie parti del mondo, includendo l'India, gli Stati Uniti, il Regno Unito, il Libano, Singapore, il Canada, la Malaysia, Uganda, la Cina, il Nepal, e l'Australia.  Aiuta le persone a diventare più autocoscienti attraverso lo Yoga.

La fondazione è un’organizzazione di volontariato impegnata in progetti umanitari ed ecologisti, coinvolta in varie attività di sviluppo sociale e comunitario, che hanno fatto conseguito alla fondazione uno speciale status consultativo presso il Consiglio sociale ed Economico delle Nazioni Unite. Tra i tanti progetti, la fondazione porta avanti l'iniziativa Action for Rural Rejuvenation (ARR) per migliorare la vita degli abitanti delle aree rurali e l'iniziativa Project GreenHands (PGH)  che mira a migliorare l'ecosistema piantando milioni di alberi in tutto il pianeta. 

Sadhguru ha tenuto conferenze in tutto il mondo. Ha parlato al World Economic Forum, alle Nazioni Unite,  alle università di Stanford, Columbia, Harvard, alla Wharton School e in molte altre istituzioni. Nel gennaio 2017, il governo indiano gli ha assegnato il premio Padma Vibhushan (alta onorificenza civile) per il suo contributo eccezionale riguardo alla spiritualità.

Sito ufficiale:  https://isha.sadhguru.org/uk/en

Propone anche un particolare tipo di meditazione chiamato Isha Kriya Guided Meditation. vedi:  https://www.youtube.com/watch?v=KxgD9En6Vso

https://www.youtube.com/watch?v=piU5ahDEkck

sito web https://isha.sadhguru.org/uk/en     Il prossimo Satsang on line con Sadhguru si terrà il 26 maggio  2021  (7 PM CEST/6 PM BST/5 PM GMT).

Libro consigliato: Karma: A Yogi's Guide to Creating Your Own Destiny, Un libro che spiega con chiarezza il mistero del karma.

La Bhagavad Gita

Nei miei viaggi in India, un cosa che mi ha colpito è che, in tutti gli alberghi, dal grande albergo a 5 stelle all'alberghetto in mezzo al nulla, trovavi sempre sul comodino della camera una copia della Bhagavad Gita che corrisponde al nostro Vangelo; quella più diffusa aveva i commenti di Bhaktivedanta Swami Prabhupada, ed era un piacere leggerne qualche passo prima di addormentarmi. Proverò in questo lungo post, a sintetizzare lo spirito della Gita, almeno quel poco che ho capito. Esistono due recensioni della Bhagavad Gīta: una prima, la più diffusa in tutta l'India, è stata commentata da Śaṅkara nell'VIII secolo d.C.; la seconda, detta kaśmīra, è leggermente più lunga, include trecento varianti minori, ed è quella commentata da Rāmakaṇṭha (VII-VIII secolo) e successivamente da Abhinavagupta (X-XI secolo). Le differenze tra le due recensioni non manifestano, tuttavia, diversità dottrinali.    


La Bhagavad Gita o “il canto del beato”, è un breve testo sanscrito composto da 18 capitoli e settecento versi (sloka) inseriti nel grande poema epico Mahābhārata, che contiene una bellissima raccolta di verità spirituali, che in parte derivano dalle Upanishad. È il sesto libro del Mahabharata e fu scritto e inserito nel poema, tra il V secolo a.C. e il I secolo a.C.

Tutta la Gita è impregnata di una concezione teista, La coscienza, la moralità, le opere, l'etica e il dharma sono imbevuti di questa concezione. Colui che si regola (yogin) sperimenta un contatto con la verità suprema. L'unione con Dio si realizza soprattutto con la devozione o bhakti. Il devoto deve abbandonarsi totalmente al Divino, instaurare una relazione particolare con Dio, rendendo servizio alla sua personalità suprema.

Il Panteismo è riassunto in Krishna ed è bellissima la frase "tutte le creature in me dimorano, ma io in loro non dimoro". Krishna è il Brahman (il Sè universale) che si incarna per difendere il dharma (la giustizia e l'ordine) senza il quale l'universo degenererebbe nel caos. Non si può parlare del mondo trascendentale, senza essersi liberati da una coscienza materialmente contaminata. Chi vuole diventare libero deve apprendere che non è questo corpo materiale.

Questo testo sottolinea l’importanza dell’azione, dell’etica, del dharma, della disciplina. L’azione e l’attività sono incluse nello svadharma (dovere). La sadhana (pratica spirituale) è costituita dalla cessazione dell’attività; il praticante deve liberarsi dell’ego e deve acquisire una piena consapevolezza, per poter andare verso moksa (la liberazione).

Se può interessarti sotto troverai, di seguito, la divisione della Bhagavad Gita nei 18 capitoli e settecento sloka o versetti ed alcune frasi che mi hanno particolarmente colpito.  Si fa riferimento alla versione della Bhagavad Gita1 commentata da Swami Brabhupāda. I capitoli da 1 a 6 trattano il karma yoga o yoga dell’azione. I capitoli da 7 a 12 trattano la bhakti yoga o yoga della devozione. I capitoli da 13 a 18 trattano il jnana yoga o yoga della conoscenza.

Cap. 1: Le conseguenze della guerra (Lo yoga dello scoraggiamento di Arjuna) - (46 slokas o versi).  Descrive l’angoscia di Arjuna che si trova di fronte al dilemma tra fare il proprio dovere (svadharma) di guerriero e quindi partecipare alla battaglia imminente o seguire una certa etica, cercando di evitare di uccidere il proprio maestro che si trova nello schieramento opposto.  

Krishna spiega ad Arjuna che nei Veda sono riportate diversi tipi di aggressioni, uno che cerca di occupare la tua terra, che ti attacca con le armi ecc. e che non è peccato rispondere all’aggressione.

Cap. 2: L’eterna realtà delle anime immortali (Sanhkya yoga ) - (72 versi). Contiene la descrizione della natura mortale del corpo e della natura eterna dell’anima o Sé. Ogni essere umano può raggiungere la conoscenza del Sé assolvendo i compiti assegnatigli, eseguendoli senza aspettarsi ricompense.

2.21 Come può qualcuno che sa che l’anima è indistruttibile eterna e immutabile uccidere qualcuno? La violenza per la giustizia suprema non è violenza. Essendo un guerriero dovresti sapere che non c’è miglior impegno che battersi per principi religiosi

2.31 Essendo un guerriero dovresti sapere che non esiste un impegno migliore della lotta per i principi della religione, e quindi non c'è bisogno di esitazione. La violenza religiosa a volte è un fattore necessario. Si può applicare la violenza in casi appropriati per far rispettare legge e l'ordine. La violenza per la giustizia suprema non è violenza.  È necessario agire per eseguire l'operazione assegnata, senza attendere i frutti dell'azione (l'agire in yoga).  Quando sei impegnato nel servizio devozionale a Dio sei libero dal mondo materiale e dalle miserie della vita. Solo chi ha abbandonato tutti i desideri ed evita falsi ego, solo lui può raggiungere la vera pace.

Krisna esorta Arjuna ad eseguire il suo dovere con equanimità, abbandonando tutto l'attaccamento al successo o al fallimento. Tale equanimità è chiamata yoga.

2.55 Quando un uomo abbandona tutti i vari desideri per la gratificazione dei sensi, che derivano dall'offuscamento mentale, e quando la sua mente, così purificata, trova soddisfazione nel solo Sè, allora si dice che sia in pura coscienza trascendentale.

2.56 L'uomo che non si è esalta quando c'è felicità e non è disturbato mentalmente da attaccamento, paura e rabbia, è definito un saggio di mente ferma.

2.71 Quando sei impegnato nel servizio di devozione a Dio, sei libero dal mondo materiale e dalle miserie della vita. Solo colui che ha abbandonato tutti i desideri ed evita il falso ego, solo lui può raggiungere la vera pace. La vera vita inizia dopo il completamento della nostra vita materiale. Compassione, lamento e lacrime sono segni di ignoranza del vero Sé, Arjuna voleva che Krisna gli dissipasse i dubbi e i demoni dell'incomprensione. Krisna è la personalità suprema, nessuna entità vivente che includa Bhrama o Shiva possiede l'opulenza di Krisna. 

Arjuna chiede: Come posso uccidere i miei maestri? Krisna risponde: Prendendo la posizione che hanno preso, hanno perso la rispettabilità di un maestro. Senza conoscenza o devozione non c'è speranza di liberazione.

2.9 Arjuna dichiara che non combatterà. Ogni uomo che abbia la perfetta conoscenza della costituzione dell'anima individuale, dell'anima suprema e della natura (materiale e spirituale) non sarà mai deluso dal cambiamento dei corpi.

Cap. 3: Le eterne occupazioni di tutti gli esseri umani. (Lo yoga dell’azione) - (43 versi). In questo capitolo si parla di karma yoga (lo yoga dell’azione) e jnana yoga (lo yoga della conoscenza), della percezione diretta della verità. Come lezione, se ne trae, che l’azione è preferita alla non azione.

3.5 Tutti sono costretti ad agire secondo le caratteristiche acquisite dalle modalità della natura materiale; Quindi nessuno può trattenersi dal fare qualcosa, neanche per un momento.

3.8 Esegui il tuo dovere prescritto, perché farlo è meglio che non farlo. Non si può nemmeno mantenere il proprio corpo fisico senza lavoro.

3.16 Vivere solo per la soddisfazione dei sensi è vivere in vano, un maestro deve comportarsi in modo corretto prima di iniziare a insegnare.

3.28 Viene illustrata la differenza tra lavorare in devozione e lavorare per i risultati.

3.30 Quindi o Arjuna, dedicando le tue azioni a me, con la piena conoscenza in me,  libero da ogni motivazione personale, dall'egoismo e dall'indolenza, Combatti.

3.40 I sensi, la mente e l’intelligenza sono i luoghi dove risiede la lussuria.

Cap. 4: Approccio alla verità suprema, (Lo yoga della saggezza) - (42 versi). Una persona al cento per cento impegnata nella coscienza di Krishna è accettata come un sadhu, anche se una tale persona non ha istruzione. Una persona nella coscienza di Krisna, pienamente impegnata nell'autorealizzazione, ha pochissimo tempo per possedere oggetti materiali. È soddisfatto di tutto ciò che ha ottenuto dal suo onesto lavoro ed è indipendente nel suo sostentamento, senza essere disturbato dalla dualità del mondo materiale. Una persona che agisce in Krishna è naturalmente libera dai vincoli del karma e liberata dall'intrico dell'esistenza materiale. Questa persona è senza desiderio di gratificazione personale. L'azione diventa Akarman ( è svincolata dai risultati dell'azione).

Quando la mente di una persona è completamente assorbita nella coscienza di Krishna, si dice che sia in samadhi, o trance. Qualunque cosa, fatta in tale coscienza trascendentale è chiamata Yajna. 

4.12 Gli uomini nel mondo desiderano il successo nelle attività interessate e quindi adorano gli esseri celesti.

4.18 Solo chi vede l’inazione nell’azione, e l’azione nella non azione, è intelligente tra gli uomini, ed è nella posizione trascendente, sebbene impegnato in ogni sorta di attività.

4.28 Dopo aver intrapreso severe rinunce, alcuni diventano illuminati sacrificando le loro proprietà e altri seguendo severe austerità, praticando lo yoga dell'ottuplice misticismo o studiando i Veda per avanzare nella conoscenza trascendentale.

4.29 Altri ancora, che sono inclini al processo di trattenimento del respiro per rimanere in trance, usano il respiro. Altri, limitando il processo alimentare. Tutti questi diversi tipi di sacrifici sono approvati dai Veda. Conoscendoli sarai liberato.

4.38 Un uomo fedele, dedito alla conoscenza trascendentale e che sottomette i suoi sensi, è idoneo a raggiungere tale conoscenza e, una volta raggiunta, raggiunge rapidamente la pace spirituale suprema.

Cap. 5: Azione e rinuncia (Lo yoga della rinuncia all’azione) - (29 versi). Questo capitolo tratta il concetto di karma (azione) e di samnyasa (la rinuncia praticata solo dai perfetti). Rinunciare ad agire è un’azione importante, ma per chi inizia il percorso spirituale, il karma yoga è preferibile al samnyasa.

5.9 “Una persona nella coscienza divina, sebbene impegnata nell’azione, sa sempre dentro di sé che in realtà non fa nulla, sa che solo i sensi materiali sono impegnati con il loro oggetto e che è distaccato da essi.

La perfetta conoscenza si ottiene quando ci si abbandona totalmente a Krishna. Una persona cosciente di Krishna non è attratta da alcun tipo di piacere, poiché è un’anima liberata, e può raggiungere la pace perfetta”.

Cap. 6: La scienza della realizzazione (lo yoga della meditazione) - (47 versi). In questo capitolo si affronta il tema della meditazione, come riuscire a far focalizzare la mente su un singolo pensiero, su un simbolo divino.

6.2 Uno non può mai diventare uno yogi, a meno che non rinunci al desiderio di gratificazione dei sensi.

6.4 - “Si dice che una persona è elevata nello yoga quando, dopo aver rinunciato a tutti i desideri materiali, non agisce per la gratificazione dei sensi, né si impegna in attività interessate”.

6.7 - “Per chi ha conquistato la mente, l’Anima Suprema è già raggiunta, poiché ha raggiunto la tranquillità. A un tale uomo felicità e angoscia, caldo e freddo, onore e disonore sono per lui uguali”.

6.8 - “Si dice che una persona è stabilizzata nella realizzazione personale ed è chiamata yogi quando è pienamente soddisfatta in virtù della conoscenza e della realizzazione acquisite. Tale persona è situata nella trascendenza ed è autocontrollata. Sia che si tratti di ciottoli, pietre o oro, queste cose hanno tutte lo stesso valore”.

Nessuno può eseguire la corretta pratica yoga attraverso l'indulgenza sessuale. La pratica dello yoga non è intesa per il raggiungimento di alcun obiettivo materiale, è per rendere possibile la cessazione di tutta l'esistenza materiale.

6.16 “Non c’è possibilità che uno diventi uno yogi, o Arjuna, se uno mangia troppo o mangia troppo poco, dorme troppo o non dorme abbastanza”.

6.18 Quando lo yogi, con la pratica dello yoga, disciplina le sue attività mentali e si trova nella trascendenza, priva di tutti i desideri materiali, si dice che è ben radicato nello yoga.

6.24 Uno dovrebbe impegnarsi nella pratica dello yoga con determinazione e fede e non deviare dal sentiero.

6.35 È indubbiamente molto difficile frenare la mente irrequieta, ma è possibile con una pratica adeguata e con il distacco.

6.46 Uno yogi è più grande dell'asceta, più grande dell'empirico e più grande del lavoratore interessato. Pertanto, O Arjuna, in tutte le circostanze, sii uno yogi.

6.47 E di tutti gli yogi, quello con una grande fede che dimora sempre in Me, pensa a Me in se stesso e rende a me il servizio trascendentale di amore - è il più intimamente unito a me nello yoga ed è il più alto di tutti. Questo stadio di massima perfezione nello yoga può essere raggiunto solo attraverso il bhakti yoga.

Cap. 7: La conoscenza della verità suprema. (Lo yoga della saggezza e della realizzazione) - ( 30 versi). In questo capitolo viene presentata l’importanza del mantra Tat Tvam Asi”, Tu sei il Brahman, Il fedele può acquisire ricchezza per avere il proprio conforto, ma bisogna farlo in modo etico. Tutto ciò che esiste è un prodotto della materia e dello spirito, lo spirito è il campo base della creazione e la materia è creata dallo spirito.

7.13 Sappi che tutti gli stati dell'essere sono la bontà, la passione o l'ignoranza manifestate dalla mia energia. Sono in un certo senso, tutto, ma sono indipendente. Non sono influenzato dalla natura materiale.

7.16 Quattro tipi di uomini pii cominciano a rendere a Me il servizio di devozione: gli afflitti, i desiderosi di ricchezza, gli inquisitori e chi è alla ricerca della conoscenza dell'assoluto.

7.23 Uomini di piccola intelligenza adorano gli esseri celesti. Non conoscono la mia natura superiore, che è imperitura e suprema, Non sanno che sono non nato e infallibile.

7.26 Conosco il passato, il presente e il futuro. Conosco anche tutti gli esseri viventi, ma nessuno lo sa.

7.30 Solo quelli che hanno piena coscienza di Me, ... possono capire e conoscermi. Si dovrebbe rinunciare a tutti gli altri impegni e arrendersi completamente a Dio.

Cap. 8: Raggiungere la liberazione. (Lo yoga del Brahman eterno) - (38 versi).  In questo capitolo si parla di atman e Brahman e della paura della morte.

8. 7 Perciò, Arjuna, dovresti sempre pensare a Me nella forma di Krisna e nello stesso tempo svolgere il tuo dovere di combattere. Con le tue attività dedicate a Me e la tua mente e intelligenza fissate su di Me, mi raggiungerai senza dubbio.

8.9 Colui che medita su di Me, la sua mente costantemente impegnata nel ricordarmi, è sicuro di raggiungermi. 

A meno che non si pratichi il celibato, il progresso nella vita spirituale è molto difficile.

8.12 - “La situazione yogica è quella del distacco da tutti gli impegni sensuali. Chiudendo tutte le porte dei sensi e fissando la mente sul cuore e l’aria della vita in cima alla testa, ci si stabilisce nello yoga. Questa pratica è chiamata pratyahara”.

8.17 Con il calcolo umano, un migliaio di età insieme, forma la durata di un giorno di Brahma. E tale è anche la durata della sua notte.

Cicli di Kalpas; un kalpa è un giorno di Brahma, e un giorno consiste in mille cicli di quattro yuga, o età: Satya, Treta, Dvapara e Kali.    Satya è caratterizzato da virtù, saggezza, ecc ... e dura 1.728.000 anni.  Treta nei suoi vizi sono stati introdotti 1.296.000 anni.  Dvapara declina in virtù e religione 864.000 anni. Kali è l'era che stiamo vivendo ed è caratterizzata da ignoranza, irreligione e vizi dura 432.000 anni.

8.18- “Quando arriva il giorno di Brahma, tutti gli esseri viventi nascono e con l’arrivo della notte di Brahma vengono tutti annientati”.

Cap. 9: Il secreto della conoscenza della verità suprema. (La scienza segreta dello yoga) - (34 versi). In questo capitolo si parla del potere della devozione, della differenza tra Brahman saguna e Brahman nirguna. Si tratta della stessa Realtà osservata da due punti di vista: Nirguna Brahman è il Brahman Supremo, dal punto di vista trascendente; Lo stesso nirguna appare come saguna, con attributi,  per favorire la devozione dei fedeli.  Si paragona il Sé, il Brahman all’acqua che penetra in tutte le cose. Noi dobbiamo offrire tutte le nostre azioni quotidiane al Divino.

9.3 Coloro che non sono fedeli in questo servizio devozionale non possono conseguire Me, conquistatore dei nemici; perciò ritornano sul sentiero della nascita e della morte in questo mondo materiale. Anche se si commette l'azione più abominevole, se si è impegnato nel servizio di devozione deve essere considerato santo perché è situato nella sua determinazione. Impegna la tua mente sempre a pensare a Me, diventa mio devoto, offri omaggi a Me e venerami. Essendo completamente assorbito in Me, sicuramente verrai da Me.

9.4 - “Di Me, nella mia forma non manifesta, questo intero universo è pervaso. “Tutte le creature in me dimorano, ma io in loro non dimoro”.

9.5 Sebbene io sia il mantenitore di tutte le entità viventi e sebbene io sia ovunque, non faccio parte della manifestazione cosmica, poiché il Mio Sé è la vera fonte della creazione.

Cap. 10: Le glorie infinite della verità suprema. (Lo yoga delle glorie divine) - (42 versi). In questo capitolo si parla di Dio che é in ogni atomo. Si ribadisce che Dio non può essere definito. E viene presentata la celebre frase “Neti Neti”, che significa “Dio non è né questo, né quello”.

10.20 Io sono la grande anima, seduto nei cuori di tutti gli esseri viventi. Sono l'inizio, il mezzo e la fine di tutti gli esseri. Io sono il sole, l'oceano, io sono il trascendente Om, io sono il Gange ...      Un solo frammento di me stesso, pervade e sostiene questo intero universo.

Cap. 11: La visione della forma universale. (lo yoga della visione della forma cosmica) - (55 versi). Questo capitolo rivela che Krishna è l'origine di ogni cosa.

11.4 Non puoi vedermi con i tuoi occhi attuali. Perciò ti darò occhi divini. Un devoto come Arjuna può vedere tutto ciò che esiste in qualsiasi parte dell'universo.

11.48 O il meglio dei guerrieri Kuru, nessuno prima di te ha mai visto questa Mia forma universale, né studiando i Veda, né compiendo sacrifici, né con la carità, né con attività pie, né con severe penitenze.

11.55 - Questo verso è considerato l’essenza della Bhagavad Gita. Colui che si impegna nei miei servizi devozionali, libero dalle contaminazioni delle attività interessate e dalle speculazioni mentali, colui che lavora per Me, che ne fa il fine supremo nella sua vita, e che è amichevole con ogni essere vivente, certamente viene a Me”.

Cap. 12: Il cammino della devozione. (Lo yoga della devozione) - (20 versi). In questo capitolo viene trattato il concetto di dhyana (meditazione), bhakti (devozione), upasana (preghiera). Occorre manifestare quotidianamente l’attaccamento al Divino, in questo è importante l’atteggiamento interiore.

12.1 Arjuna chiese: quali sono considerati più perfetti, quelli che sono sempre adeguatamente impegnati nel Tuo servizio di devozione o quelli che adorano il Brahman impersonale, il non-manifesto?

12.2 Krsna rispose: Coloro che fissano la loro mente sulla Mia forma personale e sono sempre impegnati ad adorarmi con una fede grande e trascendentale sono considerati da Me come i più perfetti.  Tra i diversi processi per la realizzazione della Verità assoluta, il bhakti yoga, il servizio di devozione, è il più alto.

Cap. 13: La coscienza individuale e la coscienza suprema. (Lo yoga della distinzione tra l’oggetto e il conoscitore dell’oggetto) - (35 versi). In questo capitolo viene illustrata la via del jnana yoga (lo yoga della conoscenza). Illustra la composizione del corpo costituito dai 5 elementi e 15 sensi e quali devono essere le qualità di uno yogi.

13.7 I cinque grandi elementi, il falso ego, l'intelligenza, il non manifesto, i dieci sensi e la mente, i cinque oggetti dei sensi, il desiderio, l'odio, la felicità, l'angoscia, l'aggregato, i sintomi della vita e le convinzioni, tutti questi sono considerati, in riassunto, per essere il campo di attività e interazioni.

13.13 Spiegherò ora il conoscibile, sapendo che assaggerete l'eterno: Brahman, lo spirito, senza inizio e subordinato a Me, giace al di là della causa e dell'effetto di questo mondo materiale.

13.17 - “Sebbene l’Anima Suprema sia divisa tra tutti gli esseri, non è mai realmente divisa”.

13.25 - “Alcuni percepiscono l’Anima Suprema in sé stessi attraverso la meditazione, altri attraverso la coltivazione della conoscenza e altri ancora attraverso il lavoro senza desideri”.

13.32 - “L’anima imperitura è trascendentale, eterna e al di là delle modalità della natura. Nonostante il contatto con il corpo materiale, l’anima non rimane impigliata”.

Coloro che vedono con gli occhi della conoscenza (jnana yoga) possono anche comprendere il processo di liberazione dalla schiavitù nella natura materiale, e possono raggiungere   l'obiettivo supremo.

Cap. 14: Le tre qualità della Natura materiale. (Lo yoga della divisione dei tre guna - gli elementi che costituiscono il corpo) - (27 versi).  In questo capitolo viene evidenziato che per la persona sul cammino spirituale la pietra e l’oro devono essere uguali.

14.26 - “Chi si impegna in pieno servizio devozionale, immancabile in tutte le circostanze, trascende immediatamente le modalità della natura materiale e raggiunge così il livello di Brahman”.

14.5 La natura materiale consiste di tre modi: bontà, passione e ignoranza. Quando l'eterna entità vivente entra in contatto con la natura, diventa condizionata da queste modalità.

14.21 Quando l'essere incarnato è in grado di trascendere queste tre modalità associate al corpo materiale, può liberarsi dalla nascita, dalla morte, dalla vecchiaia e dalle loro angosce e può godere del nettare anche in questa vita.

Cap. 15: Raggiungimento della Verità suprema. (Lo yoga dello Spirito supremo) - (20 versi).  In questo capitolo viene presentato l’albero cosmico capovolto, il significato del fiore di loto. Viene evidenziato che azione, conoscenza e devozione sono il tripode su cui poggia la vita.

Cap. 16: Definizione delle nature divine e demoniache. (Lo yoga delle divisioni tra il divino e il demoniaco) - (24 versi). In questo capitolo vengono illustrate quali sono le buone e le cattive qualità. Tra le qualità positive viene messa in evidenza l’ahimsa (la non violenza). Tra le cattive qualità vengono evidenziate vanità e ignoranza.

Cap. 17: Le tre divisioni dell’esistenza materiale (Lo yoga della divisione della tripla fede) - (28 versi). In questo capitolo si parla delle azioni virtuose, di yajna (sacrificio), di dana (carità), di tapas (austerità), della purezza del cibo. Si illustra il significato di OM tat sat (la suprema assoluta verità) Ciò che è. Si parla del gayatri mantra.

17.7 Anche il cibo che ogni persona preferisce è di tre tipi, secondo le tre modalità della natura materiale. Lo stesso vale per i sacrifici, l'austerità e la carità.

Austerità del corpo, austerità del discorso, Si dovrebbe praticare la pulizia di sé esternamente e internamente, e si dovrebbe imparare a diventare semplici nel comportamento e nella parola.

Cap. 18: La finalità delle rivelazioni della verità suprema. (Lo yoga della liberazione attraverso la rinuncia) - (78 versi).   Una persona sul cammino spirituale può rinunciare all’azione (samnyasa), o abbandonare il frutto dell’azione (tyaga), cioè praticare un’azione altruista.

18.65 Gli atti di sacrificio, carità e penitenza non devono essere abbandonati; devono essere eseguiti. Infatti il ​​sacrificio, la carità e la penitenza purificano anche le grandi anime. Si dovrebbe agire senza attaccamento per il risultato.

18.13 Secondo il Vedanta, ci sono cinque cause per la realizzazione di tutte le azioni. 

Una persona nella coscienza di Krishna è sempre trascendente ai modi materiali della natura. Lui non si preoccupa, è sempre entusiasta. Una persona che è sempre desiderosa di risultati fruttuosi è della natura della passione. Quando viene eseguito un particolare tipo di occupazione per la soddisfazione del Signore Supremo, tutti i difetti in quella particolare occupazione sono purificati.

18.58 Se diventi cosciente di Me, supererai tutti gli ostacoli della vita condizionata per mia grazia. Se, tuttavia, non lavori in tale coscienza, ma agisci attraverso il falso ego, non ascoltando Me, sarai perso.

La Bhagavad Gita è la suprema istruzione morale: uno deve diventare un devoto di Krishna, e l'essenza di ogni ricerca spirituale ed è l'arrendersi completamente a Krishna, solo così si può raggiungere la più alta perfezione.

Le versioni consigliate della Bhagvad Gita sono quelle con il commento di BhaktiVedānta Swami Prabhupāda, di Swami Yogananda, di Swami Kryananda, di Gandhi e quella curata da Anne-Marie Esnoul.

La spiritualità in India.

In questo post, riportando il contenuto di un grazioso depliant che si trova in molti alberghi in India, proverò a presentare le correnti spirituali presenti in questo immenso Paese che sono: l'Induismo, il Giainismo, il Sikkhismo, il Buddhismo, I Parsi.

 L'Induismo non ha un singolo fondatore. La parola Hindu deriva dal nome del fiume Indo, che scorre nel nord dell'India. Nei tempi antichi il fiume era chiamato Sindhu. I persiani che migrarono in India lo chiamarono Hindu. Per le persone che vivevano vicino al fiume, usavano la parola Hindus. E la religione seguita dagli indù divenne nota come Induismo. 

Nell'Induismo esiste un Essere Supremo (Brahman), che rappresenta la Verità Eterna. L'universo è creato, conservato e distrutto dagli dei in cicli senza fine. La trinità degli dei indù comprende: Brahma, il Creatore; Vishnu, il Conservatore; e Shiva, il Distruttore; L'induismo presenta un grande pantheon di divinità. Brahma non è venerato, ma gli adoratori di Siva e Vishnu formano le due maggiori sette dell'Induismo.  Gli induisti credono nella rinascita, attraverso le leggi del karma l'anima rinasce fino all'illuminazione e alla liberazione. Non esiste l'inferno per i peccati passati, anche se la parola "narak", linferno è usata in qualche occasione. Brahma ha creato l'universo e la vita. La sofferenza è il risultato dell'avidità, dell'odio e dell'ignoranza della vita passata, che ritorna come sofferenza (karma). 

La salvezza può essere raggiunta in tre modi: 1. Karma Marga - La via dell'azione: Questo implica fare il proprio dovere senza aspettarsi ricompense personali e senza attaccamento ai frutti dell'azione. 2. Jnana Marga - La via della conoscenza: Questo richiede di usare la mente e la filosofia per arrivare ad una completa comprensione dell'universo. 3. Bhakti Marga - La salvezza si raggiunge attraverso atti di adorazione, basati sull'amore per un Dio (ci sono migliaia di dei nell'Induismo). 


Il Jainismo è stato fondato da Mahavira. La parola Jainismo deriva dalla radice "Jina" che significa "vincitore". Si riferisce a coloro che hanno acquisito la padronanza su se stessi. Per i jainisti non c'è un Dio creatore! Qualsiasi essere vivente può diventare un Dio una volta illuminato. Ventiquattro Jinas o Tirthankars sono venerati come ispiratori per gli individui per raggiungere la liberazione, il 24° Jina Mahavira è il fondatore della religione. I Tirthankar sono solo dei riferimenti e sono venerate solo le loro virtù. Le due sette jainiste sono Digambar (vestito di cielo o nudo) e Shwetambar (vestito di bianco). I jainisti credono nella reincarnazione, Attraverso le leggi del karma, l'anima rinasce fino a quando non viene illuminata e liberata. Si può rinascere all'inferno o in paradiso o come forma di vita inferiore, a seconda del proprio karma. Una volta liberato completamente, si diventa un dio con onniscienza e onnipotenza. Non c'è un creatore; l'universo è eterno e infinito e opera secondo la propria legge cosmica - consiste di tre sezioni: terra, cielo e inferno.  La sofferenza è il risultato dell'avidità, dell'odio e dell'ignoranza della vita passata, che ritorna come sofferenza (karma).  Liberarsi da tutti i karma (buoni o cattivi) ed estinguere tutti gli attaccamenti permette di diventare illuminati/liberati dai cicli di rinascita e diventare un Dio con percezione, conoscenza, potere e felicità senza limiti.  La persona deve seguire i "Tre Gioielli": giusta fede, giusta conoscenza e giusta condotta.  Questo include non fare violenza a nessuna forma di vita, nemmeno ad insetti e ai vegetali. Davanti ai tempi molti Jainisti pulisco davanti ai loro piedi per non calpestare insetti. Per accelerare la liberazione, bisogna confessarsi/pentirsi regolarmente e spesso e vivere asceticamente, specialmente nell'ultimo stadio della vita.  Gandhi era un Jainista.

Il Sikhismo è tra le religioni più giovani del mondo in quanto è stato fondato solo 500 anni fa. Oggi è la quinta religione con numero di fedeli nel mondo, con 20 milioni di sikh in India e all'estero. Il Sikhismo è una religione progressista e, per molti aspetti, in anticipo sui tempi. Crede in un unico "Dio", davanti al quale tutti sono uguali e al quale tutti hanno accesso diretto. I vuoti rituali religiosi e le superstizioni non hanno posto nel Sikhismo - esso predica un approccio attivo pragmatico dove la religione è praticata vivendo nel mondo e affrontando i problemi quotidiani della vita, e aiutando i più deboli e bisognosi. Il Sikhismo propone parità di genere - le donne possono agire come sacerdoti, condurre il servizio e guidare una preghiera nel gurdwara. Le donne possono unirsi a qualsiasi congregazione senza inibizioni o restrizioni; non sono richiesti veli. Le donne possono ricevere e impartire il battesimo e partecipare a questioni politiche e di altro tipo. 

Il Sikhismo fu fondato da Guru Nanak. Egli era originariamente nato in una famiglia indù. Le idee religiose di Nanak attingono sia al pensiero indù che a quello islamico, ma sono molto più di una semplice sintesi. Nanak fu un pensatore spirituale originale ed il suo pensiero costituisce la base delle scritture Sikh. Nel 1496, Nanak partì per una serie di viaggi spirituali attraverso l'India, il Tibet e l'Arabia che durarono quasi 30 anni. Studiava e discuteva con i dotti che incontrava lungo la strada e, man mano che le sue idee prendevano forma, cominciò a insegnare una nuova via per la realizzazione spirituale.  Dopo Nanak, ci furono altri nove Guru Sikh, sotto la cui guida la religione si evolse da un insieme di seguaci che si concentrava interamente sul raggiungimento della salvezza, a una comunità disciplinata che combinava scopi e obiettivi religiosi con doveri politici e militari.  Gli insegnamenti di Nanak furono codificati in scritture, di cui la principale è il Guru Granth Sahib. L'ultimo Guru, Gobind Singh, dichiarò la fine della linea dei guru umani, e ora il Guru Granth Sahib serve come "guru eterno".

Il Buddhismo (o buddismo) è una filosofia o 'modo di vivere' per circa 300 milioni di persone in tutto il mondo. La parola deriva da 'budhi', 'risvegliare'. Ha le sue origini circa 2.500 anni fa, quando Siddhartha Gotama, conosciuto come il Buddha, fu egli stesso risvegliato (illuminato) all'età di 35 anni. Siddhartha Gotama nacque in una famiglia reale a Lumbini, ora situata in Nepal, nel 563 a.C.

Il buddismo è una filosofia perché filosofia 'significa amore per la saggezza' e il percorso buddista può essere riassunto come: - condurre una vita morale, - essere attenti e consapevoli dei pensieri e delle azioni, e - sviluppare saggezza, comprensione e compassione.  Il buddismo spiega l'apparente ingiustizia e disuguaglianza nel mondo, e fornisce un codice di condotta o un modo di vivere che porta alla vera felicità. Il buddismo sta diventando popolare nei paesi occidentali per una serie di ragioni. La prima buona ragione è che il buddismo ha risposte a molti dei problemi delle moderne società materialiste. Include anche delle tecniche di comprensione della mente umana che importanti psicologi di tutto il mondo stanno scoprendo essere molto avanzate ed efficaci. I buddisti portano rispetto alle immagini del Buddha, che però, dobbiamo precisare, non è oggetto di adorazione. Una statua del Buddha con le mani appoggiate delicatamente in grembo e un sorriso compassionevole ci ricorda di sforzarci di sviluppare la pace e l'amore in noi stessi. Inchinarsi alla statua è un'espressione di gratitudine per l'insegnamento. Uno degli insegnamenti buddisti è che la ricchezza non garantisce la felicità e anche la ricchezza è impermanente. La gente di ogni paese soffre sia che sia ricca o povera, ma coloro che comprendono gli insegnamenti buddisti possono trovare la vera felicità.

Ci sono molti tipi diversi di buddismo, perché l'enfasi cambia da paese a paese a causa dei costumi e della cultura. Ciò che non varia è l'essenza dell'insegnamento - il Dhamma o verità. Dopo la scomparsa di Buddha ci furono molte discussioni sui suoi insegnamenti ed emersero diverse correnti filosofiche. Le correnti più riformiste si chiamarono Mahayana (veicolo maggiore) rispetto alle correnti più  conservatrici come Hinayana (veicolo minore). L'unica corrente conservatrice rimasta oggi è il Theravada, che è prevalente in Sri Lanka, Birmania e Thailandia. Il Theravada riconosce come scritture di riferimento il Canone Pali e testi antichi chiamati Theravadin. Mentre il Theravada si è diffuso a sud e a est, il Mahayana si è spostato a nord-ovest attraverso quello che oggi è il Pakistan e l'Afghanistan e poi attraverso l'Asia centrale in Cina, Tibet, Vietnam, Corea e Giappone. 

Per ragioni storiche, la lingua delle scritture Mahayana era il sanscrito e quella del Theravada era il Pali. Da qui la differenza di alcuni termini buddisti comuni: Nirvana/Nibbana, Sutra/Sutta, Karma/Kamma, Dharma/Damma, ecc. Gli occidentali hanno più familiarità con i termini sanscriti Mahayana.

Il Mahayana ha anche le proprie scritture oltre al Canone Pali, la più importante delle quali è il Sutra del Loto. Questi sutra sono ritenuti essere gli insegnamenti segreti "superiori" del Buddha, che sono stati tramandati solo a dei discepoli particolari - un'idea enfatizzata all'inizio del Sutra del Loto. A parte un codice monastico modificato che ha reso possibile il monachesimo in ambienti difficili come il Tibet, il Mahayana enfatizza l'Ideale del Bodhisattva, dove un uomo fa voto di non raggiungere l'illuminazione finale finché tutti gli esseri senzienti non siano stati salvati. Quindi chiunque aiuti gli altri a raggiungere l'illuminazione può essere considerato un bodhisattva. Nel Theravada, il termine bodhisattva di solito si riferisce solo al Buddha storico nelle sue vite precedenti. Storicamente, alcuni mahayanisti considerano i theravadini egoisti per aver cercato l'illuminazione solo per se stessi, mentre alcuni theravadini considerano i mahayanisti aver deviato da ciò che il Buddha ha insegnato. 

Il Buddismo Vajrayana è spesso visto come il terzo grande Yana (o "veicolo") del Buddismo, accanto al Theravada e al Mahayana.  Il Buddhismo Vajrayana è anche conosciuto come Buddhismo Tantrico e il Veicolo del Diamante ed è la religione ufficiale del Bhutan. Il Vajrayana è come un'estensione del Buddhismo Mahayana poiché differisce nelle sue pratiche, piuttosto che nella sua filosofia. Il Vajrayana richiede un'esperienza mistica per sperimentare la natura di Buddha prima della piena illuminazione. Per trasmettere queste esperienze, un corpo di conoscenze esoteriche è stato accumulato dagli yogi tantrici buddisti ed è passato attraverso lignaggi di trasmissione. Per accedere a questa conoscenza, il praticante richiede l'iniziazione da un maestro spirituale esperto o guru. Il buddismo è anche un sistema di credenze che è tollerante verso tutte le altre credenze o religioni. Il buddismo è d'accordo con gli insegnamenti morali delle altre religioni, ma il buddismo va oltre, fornendo uno scopo a lungo termine nella nostra esistenza, attraverso la saggezza e la vera comprensione. Il vero buddismo è molto tollerante e non si preoccupa di etichette come "cristiano", "musulmano", "indù" o "buddista"; ecco perché non ci sono mai state guerre combattute in nome del buddismo. Ecco perché i buddisti non predicano e non cercano di convertire, ma spiegano solo se si cerca una spiegazione.

La scienza è una conoscenza che può essere trasformata in un sistema, che dipende dal vedere e provare i fatti e dall'affermare leggi naturali generali. Il nucleo del buddismo rientra in questa definizione, perché le Quattro Nobili verità possono essere testate e provate da chiunque, infatti il Buddha stesso chiese ai suoi seguaci di testare l'insegnamento impartito piuttosto che accettare la sua parola come vera. Il buddismo si basa più sulla comprensione che sulla fede. Il Buddha ha insegnato molte cose, ma i concetti di base del buddismo possono essere riassunti nelle Quattro Nobili Verità e dal Nobile Ottuplice Sentiero. La prima verità è che la vita è sofferenza, cioè la vita include il dolore, la vecchiaia, la malattia e infine la morte. Sopportiamo anche sofferenze psicologiche come solitudine, frustrazione, paura, imbarazzo, delusione e rabbia. Questo è un fatto inconfutabile che non può essere negato. È una affermazione realistica piuttosto che pessimistica perché il pessimismo è aspettarsi che le cose vadano male. Invece, il buddismo spiega come la sofferenza può essere evitata e come possiamo essere veramente felici. La seconda verità è che la sofferenza è causata dal desiderio e dall'avversione. Soffriamo se ci aspettiamo che gli altri si conformino alle nostre aspettative, se vogliamo piacere agli altri, se non otteniamo qualcosa che vogliamo, ecc. In altre parole, ottenere ciò che si vuole non garantisce la felicità. Piuttosto che lottare costantemente per ottenere ciò che vuoi, cerca di modificare il tuo desiderio. Il desiderio ci priva della soddisfazione e della felicità. Una vita intera di desideri e specialmente di continuare ad esistere, crea una potente energia che provoca la nascita dell'individuo. Quindi il desiderio porta alla sofferenza fisica perché ci fa rinascere. La terza verità è che la sofferenza può essere superata e la felicità può essere raggiunta; che la vera felicità e l'appagamento sono possibili. Se rinunciamo ai desideri inutili e impariamo a vivere nel presente e nella quotidianità (senza soffermarci sul passato o sui progetti futuri ) allora possiamo diventare felici e liberi. Allora abbiamo più tempo ed energia per aiutare gli altri e per praticare la compassione e la benevolenza. Questo è il Nirvana. La quarta verità è che il Nobile Sentiero porta alla fine della sofferenza.

La Via per porre fine a tutte le sofferenze è chiamata la Via di Mezzo perché evita i due estremi dell'indulgenza sensuale e dell'automortificazione. Solo quando il corpo si trova in un situazione confortevole, la mente ha la chiarezza e la forza per meditare profondamente e scoprire la Verità. Questa Via di Mezzo consiste nella diligente coltivazione della Virtù, della Meditazione e della Saggezza, che è spiegata più in dettaglio come il Nobile Ottuplice Sentiero: 1. Giusta comprensione  2. Giusto pensiero 3. Giusta parola 4. Giusta azione 5. Giusto sostentamento 6. Giusto sforzo 7. Giusta consapevolezza  8. Giusta concentrazione.

Il codice morale all'interno del buddismo è costituito dai precetti, di cui i cinque principali sono: non prendere la vita di alcun essere vivente, non prendere nulla che non sia stato dato liberamente, astenersi dalla cattiva condotta sessuale e dall'eccessiva indulgenza sensuale, astenersi da discorsi non veritieri, ed evitare di perdere la consapevolezza. Causare deliberatamente la morte di qualsiasi essere vivente.

Il karma è la legge che precisa che ogni azione ha un effetto, cioè le nostre azioni producono dei risultati. Questa semplice legge spiega una serie di cose: la disuguaglianza nel mondo, perché alcuni nascono handicappati e altri dotati, perché alcuni vivono una vita breve. Il karma sottolinea l'importanza che tutti gli individui siano responsabili delle loro azioni, passate e presenti. Come possiamo verificare l'effetto karmico delle nostre azioni? La risposta si riassume guardando l'intenzione dietro l'azione, gli effetti dell'azione su se stessi e sugli altri.

Il buddismo insegna che la saggezza dovrebbe essere sviluppata insieme alla compassione. Ad un estremo, potresti essere un pazzo di buon cuore e all'altro estremo, potresti raggiungere la vera conoscenza senza alcuna emozione. Il buddismo usa la via di mezzo per sviluppare entrambi. La più alta saggezza è vedere che in realtà tutti i fenomeni sono incompleti, impermanenti e non costituiscono un'entità fissa. Scoprire la vacuità ultima dei fenomeni. La vera saggezza non è semplicemente credere a ciò che ci viene detto, ma sperimentare e comprendere la verità e la realtà. La saggezza richiede una mente aperta, obiettiva e senza pregiudizi. Il sentiero buddista richiede coraggio, pazienza, flessibilità e intelligenza. La compassione include qualità di condivisione, disponibilità a portare conforto, simpatia, preoccupazione, cura. Nel buddismo, possiamo veramente capire gli altri, quando possiamo veramente capire noi stessi, attraverso la saggezza. Gli insegnamenti buddisti possono essere compresi e sperimentati da chiunque. Il buddismo insegna che le soluzioni ai nostri problemi sono dentro di noi, non fuori. Il Buddha chiese a tutti i suoi seguaci di non prendere i suoi insegnamenti come veri, ma piuttosto di sperimentarli personalmente. In questo modo, ogni persona decide da sola e si assume la responsabilità delle proprie azioni e della propria comprensione. Questo rende l'insegnamento del buddismo flessibile, quindi non un pacchetto fisso di credenze che deve essere accettato nella sua interezza, ma un insegnamento che ogni persona recepisce ed usa a modo suo.                                      Un testo buddhista molto importante è il Dhammapada tradotto come Cammino del Dharma, ed è incluso nei tre canestri del Tipitaka ossia conservato nel Canone pāli, nel Canone tibetano e nel Canone cinese. Questa opera è formata da 423 versetti raccolti in 26 categorie. Secondo la tradizione, contiene parole realmente pronunciate dal  Buddha in diverse occasioni ed è usato e letto dalla scuola Theravāda, e dalla scuole Mahāyāna, ed è molto popolare in ogni ambito del buddhismo. il Dhammapada è  considerato l'espressione più sintetica della dottrina del Buddha ed è considerato una sorta di testamento del capo spirituale del buddhismo.

 I Parsi in India sono seguaci del profeta iraniano Zoroastro. I Parsi, il cui nome significa "Persiani", discendono dagli zoroastriani persiani che emigrarono in India per evitare la persecuzione religiosa da parte dei musulmani. Vivono principalmente a Mumbai e alcune minoranze a Karachi (Pakistan) e Bangalore (Karnataka, India). Non sono indù e formano una comunità ben definita. Zoroastro insegnava che il bene e il male erano forze opposte e che era dovere di una persona fare una scelta tra i due sentieri. I due sentieri sono di asha la rettitudine o di druj, la menzogna. Il bene è rappresentato da Ahura Mazda e il male da Angra Mainyu. Il libro sacro zoroastriano, chiamato Avesta, è stato scritto in lingua avestana, che è strettamente legata al sanscrito vedico.

Il Qissa-i Sanjan è un racconto del viaggio dei Parsi in India dall'Iran. Racconta che fuggirono per motivi di libertà religiosa e fu loro permesso di stabilirsi in India grazie alla buona volontà di un principe indù locale. Tuttavia, la comunità Parsi doveva rispettare tre regole: dovevano parlare la lingua locale, seguire le usanze matrimoniali locali e non portare armi. Dopo aver dimostrato le molte somiglianze tra la loro fede e le credenze locali, alla prima comunità fu concesso un appezzamento di terreno su cui costruire il primo tempio del fuoco. Le tendenze demografiche prevedono che nel 2020 i Parsi saranno solo 23.000 (meno dello 0,002% della popolazione indiana del 2001). 

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Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi personali.  Nel blog c...