sabato 26 marzo 2022

Jung e il sacro

Carl Gustav Jung (1875-1961) è stato uno psichiatra, psicoanalista, antropologo, filosofo e accademico svizzero, una delle principali figure intellettuali del pensiero psicologico e psicoanalitico.

Che cosa è il sacro? Per Jung è lo strato superficiale dell’abyssos, il senza fondo della profondità psichica. E’ l’indefinibile senso che l’uomo può vivere solo con il categoriale. È una totalità di senso che sfugge ad ogni tentativo di definizione.  Questa totalità di senso rappresenta l’indefinibile aldilà, dove le opposizioni vengono meno. Il sacro è qualcosa che nasce dal profondo della psiche (coscienza) ponendo l’individuo in contatto con questa totalità transpersonale (Sé) e con il mondo archetipico. Oggi il sacro perde il carattere di potenza numinosa e mantiene quello di lontananza inaccessibile ed inesauribile della totalità di senso. La forza afferrante è una caratteristica del sacro..

Il profano, invece, è qualcosa di cui si conosce l’origine, comprensibile a livello discorsivo. L’atteggiamento religioso costituisce la schermatura del sacro ed i riti rendono il rapporto con il numinoso sopportabile.  Oggi  molti di questi riti sono diventati un puro formalismo.

Quale è lo scopo della vita? E’ il cercare di entrare in contatto con il numinoso, cogliendo il significato profondo della vita che fa parte di una cosmicità, di una cultura, di una civiltà. L'individuo deve cercare di scoprire il più possibile di questo inconscio e renderlo conscio, favorire il processo di individuazione  scoprendo la parte più autentica di se stessi ( il Sé) attraverso il raggiungimento della personalità ( che spesso si esprime, ma non la si conosce abbastanza).

L’Io rappresenta l'aspetto razionale della persona e la coscienza, la partecipazione della persona al cosmico,  il Sé è il nucleo più profondo del nostro essere, dell’energia creatrice, è identificato con l’essenza della persona caratterizzata da qualcosa che pulsa dentro. Il Sé è l’imago dei ma non può essere messo al posto di Dio.  È l’unica rappresentazione possibile per la psiche di quella entità inconscia e sconosciuta che chiamiamo Dio.  Il senso dell’infinito è un drammatico vissuto psichico, non un astratto concetto metafisico.

La psicologia analitica cerca di recuperare la totalità di senso profondo (che trascende il singolo individuo), è un cammino religioso e un confronto con il sacro. Recuperare il senso religioso dell’esistenza significa  mettere l’anima in grado di percepire la totalità di senso. Il cammino di maturazione e individuazione diventa una risposta agli enigmi della vita.

La vita è una pianta che vive del suo rizoma, la vera vita è invisibile, qualcosa che vive e dura oltre questo eterno fluire. Per Jung la vita è una realizzazione dell’inconscio, che è qualcosa di oggettivo e che contiene l’Io. L'Inconscio è la sorgente profonda di eventi psichici e la trascendentale totalità di senso che è dietro e entro l’individualità. Jung divide l'inconscio in individuale e collettivo (dove sono memorizzate le qualità ereditate e gli istinti). L'archetipo, invece,  è una struttura, il solco formatosi nei millenni, contenente immagini trasmesse ereditariamente nella struttura del cervello, contenuto nell’inconscio collettivo. Immagini primordiali nate dalla sintesi tra psiche e mondo. Non sono io che vivo, ma è la vita che è in me, la coscienza mi fa dire che vivo (e questa è l'illusione dell’Io). Le immagini nascono dal rapporto tra esperienza psichica e fisica, la vita immaginale della psiche nasce dal rapporto di adattamento al mondo e dall'assimilazione.

Noi non possiamo parlare dell’oggetto in sé, ma della sua immagine e viviamo solo nel mondo delle immagini, le immagini si concretizzano secondo il rapporto di adattamento psiche - mondo, e l’esperienza è un fatto psichico filtrato.  La coscienza è l’assimilazione di ogni contenuto mentale attraverso i sensi. L’energia che sta alla base della vita psichica cosciente è preesistente ad essa e man mano che ci avviciniamo alla coscienza prende forma di mana, dei demoni. Se asseriamo che Dio è un archetipo diciamo che non può essere una invenzione della coscienza.

Dobbiamo constatare l’invarianza di immagini (mitemi) che provengono dal profondo, e l'invarianza di strutture archetipiche costituenti i simboli. Il simbolo unisce conscio e inconscio, immagine e struttura archetipica, e questo rimando dall’immagine alla struttura archetipica è un rimando infinito. Il simbolo va oltre il linguaggio e non può quindi essere espresso in concetti. Se c’è cambiamento nella vita psichica vuol dire che l’inconscio ha lungamente agito nell’inconscio.

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