venerdì 6 maggio 2022

Thich Nhat Hanh - articolo di Roberto Fantini

 Articolo su Thich Nhat Hanh scritto da Roberto Fantini e pubblicato su FlipNews, Free Lance International Pres   vedi: https://www.flipnews.org

Da alcuni mesi, il monaco buddhista vietnamita Thich Nhat Hanh ha concluso la sua avventura terrena. E ci ha lasciato davvero molte cose preziose.

A tanti, ha tanto insegnato. Fra i grandi suoi insegnamenti, spicca, sopra ogni altro, quello relativo al modo in cui dovremmo rapportarci alla vita, assumendo una prospettiva di massima consapevolezza relativa alla bellezza di quanto riceviamo attimo per attimo, ed alle infinite opportunità che essa generosamente ci regala.

Thich Nhat Hanh è stato, forse, il maestro che più di ogni altro ci ha aiutato, con ferma quanto acuta delicatezza, ad aprire gli occhi e la mente per comprendere quanto le nostre esistenze siano ricche di incalcolabili tesori che troppo spesso, noi, schiacciati dal peso del passato e assillati dai pensieri timorosi e desiderosi sul futuro,  finiamo per ignorare, per dimenticare, per sperperare.

La nostra vera casa – ha scritto – è il momento presente. Vivere nel momento presente è un miracolo. Miracolo non è camminare sull’acqua. Miracolo è camminare sul nostro verde pianeta nel momento presente, per poter apprezzare la pace e la bellezza che ci si offrono proprio ora. La pace è ovunque intorno a noi, nel mondo e nella natura, e dentro di noi, nei nostri corpi e nelle nostre anime. Se solo impariamo a entrare in contatto con questa pace, a toccarla, saremo guariti e trasformati.” (Toccare la pace, Ubaldini Editore, Roma 1994, p. 7)

In definitiva, il messaggio più grande e più bello che ci ha affidato credo sia quello relativo al sentimento di costante gratitudine che dovremmo imparare a nutrire lungo il percorso del nostro cammino quotidiano. Messaggio tutt’altro che facile, scaturito da una esistenza colma di grandi sofferenze e di dolorose tragedie: “Siamo passati – scrive – attraverso sofferenze interminabili, un tunnel infinito di dolore e oscurità” (ivi, p. 105)

Un messaggio che, evidentemente, di tutto ciò proprio si è saputo nutrire, per riuscire a parlare ai nostri cuori, con una forza straordinaria intrisa di lirismo, di Amore e di Gioia … Nonostante tutto …

La pratica della consapevolezza è, infatti, un “importante agente di trasformazione e di guarigione”, che può consentirci di smettere di essere vittime della distrazione,  interrompendo di cercare “la felicità in qualche altro posto, ignorando e distruggendo i preziosi elementi di felicità che sono già presenti dentro di noi e intorno a noi.” La consapevolezza ci permette di cessare di innaffiare i “semi di infelicità” presenti in noi, spingendoci ad  innaffiare, invece, con premurosa cura, “i semi della pace, della gioia e della felicità ”. (ivi, p. 27 )

Ciò al fine di scoprire (o riscoprire) che  “Tutti noi, i bambini come gli adulti, siamo dei bei fiori”, e che, per conservare la giusta freschezza, è necessario apprendere a saper fermare, per il nostro bene e per il bene di chi ci vive accanto, “le preoccupazioni, le ansie, l’agitazione e la tristezza, così da poter trovare pace e felicità e sorridere ancora.” (ivi, p. 15)

Un insegnamento che può essere forse racchiuso efficacemente nell’invito che ci ha voluto rivolgere a renderci capaci di dire “grazie” con sincerità e con vigore per la miracolosa bellezza della Vita. Perché  “Non c’è bisogno di morire per entrare nel Regno dei Cieli. Anzi, dobbiamo essere completamente vivi.” (ivi, p. 13)

Se la ragione, infatti,  ci obbliga ad essere severi nei confronti della realtà in cui viviamo, sia per quel che concerne l’operato umano, sia per il vivere stesso nella sua dimensione più naturale, il cuore di chi ha imparato ad osservare non può non esercitare una continua, sentita “pratica del ringraziamento”. Come un canto di gioia, come una preghiera commossa, come una poesia …

Ringraziamento per mille e mille cose che si verificano o che non si verificano, per tante e tante cose che si sperimentano, che si ricevono in dono …

Quante sono? Quanti di noi se ne accorgono davvero? O almeno un po’? Impossibile accorgersi di tutto quello che meriterebbe un “grazie”, ma dovremmo sforzarci di capire, di percepire …

Insopportabile chi considera tutto “ovvio”, come se tutto fosse “normale” o, addirittura, “dovuto”.

In realtà, se osservassimo attentamente  questa strana e terribile nostra esistenza, dovremmo accorgerci facilmente che nulla è dato per certo, davvero nulla. Da qui, la meraviglia di cui parlava Aristotele e da cui, sempre, bisognerebbe partire per dire qualcosa di sensato sul vivere.

Non è ovvio il fatto che i nostri polmoni funzionino, si allarghino, si riempiano di aria, la spingano fuori, senza fatica, senza dolore, senza rumore, senza comando, che facciano tutto da soli, anche se noi pensiamo ad altro.

Non è ovvio che il sangue ci circoli nelle vene, vada su e giù, irrorando tutto il nostro organismo …

E non è certo ovvio il fatto che  siamo in grado di sperimentare tutto ciò, di comprenderlo anche in parte, di riflettere sul perché, sul come, sul significato, ecc …

E’ tutto immensamente meraviglioso.

E’ tutto immensamente incomprensibile, inspiegabile, incomprensibilmente immenso.

Che tutto questo sia (invece che non essere) dovrebbe farci meditare per una intera vita. Ogni ora ha le sue innumerevoli cose per cui rallegrarsi, per le quali fare un passo di danza, lanciare un inno alto nei cieli …

Bisognerebbe iniziare la giornata ringraziando.

Bisognerebbe coricarsi cantando lodi di ringraziamento.

Non a qualcuno. Alla vita generosa che ci ha donato il respiro e innumerevoli attimi in cui avremmo potuto fare cose importanti e belle. E conta poco se non le abbiamo compiute: la vita ci aveva messo nella condizione di poterle fare …

Assumere l’atteggiamento del ringraziamento addolcisce l’animo, ci rende più attenti, più capaci di comprendere il valore delle cose. Ci aiuta ad assumere un’attenzione quasi religiosa nei confronti della nostra sorte quotidiana, a farci diventare parsimoniosi nell’uso del tempo, a toglierci dalla mente i rimpianti e le lagnanze di ogni tipo.

Ma ringraziare non significa accogliere la vita totalmente e incondizionatamente per quello che è. Non significa accettazione acritica e immobile. Significa cercare di comprendere la natura e il giusto significato degli incommensurabili “talenti” che ogni attimo contiene. E saperli apprezzare al meglio. E saperli ben impiegare, facendoli fruttare in tutto il loro  straordinario insondabile e imprevedibile potenziale.

Nel periodo presente, durissimo e tristissimo, pieno di incognite sommamente inquietanti e angoscianti, riconsiderare con grande attenzione il  messaggio di questo grande mistico vietnamita potrà rappresentare, credo, una fonte preziosa di luce aurorale e di fiduciosa visione del domani.

Il miracolo è camminare sulla Terra”. Questa frase è stata pronunciata dal maestro zen Lin Ci. Miracolo non è camminare sull’acqua, o nell’aria, ma camminare sulla Terra. La Terra è talmente bella. E anche noi siamo belli. Possiamo concederci di camminare in consapevolezza, toccando la Terra, la nostra madre meravigliosa, a ogni passo. Non c’è bisogno di augurare agli amici: “La pace sia con te”. La pace è già con loro. L’unica cosa che dobbiamo fare è aiutarli a coltivare l’abitudine di toccare la pace in ogni momento.” (ivi, p. 13)

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