venerdì 23 dicembre 2022

Pratica e teoria del buddhismo tibetano - Geshe Lhundup Sopa e Jeffrey Hopkins

Pratica e teoria del buddhismo tibetano di Geshe Lhundup Sopa e Jeffrey Hopkins è un libro che parla della meditazione e delle scuole buddhiste tibetane.  Il libro ospita due testi della tradizione Gelukpa, per la prima volta tradotti e annotati. Il primo testo, opera del quarto Panchen Lama, è un commento al sentiero dell'illuminazione in cui sono riassunte moltissime delle pratiche quotidiane osservate dai monaci e dagli yogi tibetani. Il secondo testo viene dal Collegio Gomang del Monastero Drepung di Lhasa, e fornisce una base per lo studio assiduo della filosofia buddhista.

La condizione di Buddha si consegue attraverso il metodo e la saggezza. Il metodo è l'aspirazione all'illuminazione per amore di tutti gli esseri viventi. La saggezza è la corretta visione della vacuità, della consapevolezza della non esistenza del sè e che tutti i fenomeni non esistono per virtù propria. ossia l'esistenza non intrinseca di ogni fenomeno. aspplicare in ogni contesto la compassione, ossia il desiderio che tutti gli esseri viventi siano liberi dal dolore.  La mente è condizionata dai tre veleni: desiderio, odio e ignoranza. I tre aspetti fondamentali del sentiero sono: pensare di abbandonare il ciclo dell'esistenza, l'aspirazione all'illuminazione per tutti gli esseri umani, la corretta visione della vacuità.  Durante la pratica e la meditazione  La devono essere coltivati i quattro incommensurabili: equanimità, amore, compassione e gioia.

Le due ali dell'uccello che vola verso la condizione di Buddha sono la saggezza e la compassione. La formula che si pronuncia durante il percorso è la seguente: "Mi rifugio, fino alla perfetta illuminazione, nel Buddha, nella Dottrina, e nella Suprema Comunità". Un altro passo importante è comprendere come l'Io è concepito dall'idea innata di un sè esistente intrensicamente. L'Io non è nessuno dei cinque aggregati presi separatamente, nè è ciascuno dei due, corpo e mente.Il buddhismo considera l’essere umano composto di cinque aggregati (skandha): forma, sensazioni, percezioni, formazioni mentali e coscienza. Essi compongono ogni cosa, sia dentro di noi che fuori, nella natura come nella società.

I quattro ordini tibetani sono Nyngmapa, Kagyupa, Sakyapa e Gelukpa. Tutte queste scuole hanno tre elementi distintivi: hanno un maestro che è arrivato all'illuminazione, i loro insegnamenti non sono dannosi al alcun essere vivente, sostengono l'opinione che il sè è privo di permanenza, di indivisibilità e di indipendenza.  Le scuole esterne al buddhismo, come le scuole filosofiche indiane e il jainismo,  sono criticate per le pratiche ascetiche rigide e la dottrina del sè individuale. La definizione di un proponente di dottrine buddhiste è una persona la quale sostiene i seguenti quattro principi: tutto è impermanente, tutte le cose contaminate portano all'nfelicità, tutti i fenomeni sono privi di sé,  il nirvana è pace. 

Le quattro tradizioni tibetane Nyingma, Sakya, Kagyu e Gelug, hanno molto in comune e la maggior parte delle differenze consistono nel modo in cui interpretano la vacuità e il funzionamento della mente. In India nacquero diciotto diverse scuole Hinayana e solo tre lignaggi principali di voti monastici sono ora esistenti. Questi sono:  Theravada – nel sudest asiatico,  Dharmagupta – in Asia orientale,     Mulasarvastivada – in Tibet e in Asia centrale.  Tutte e quattro le tradizioni tibetane condividono il lignaggio Mulasarvastivada per monaci completamente ordinati e per monache e monaci novizi; tutte e quattro sono praticate anche da laici. Monache ordinate si trovano solo nel Dharmagupta.

Tutte e quattro le tradizioni tibetane integrano lo studio di sutra e tantra con rituali e meditazione. Ci sono differenze comunque nell’interpretazione di alcuni punti importanti dei sutra.
Dopo aver completato con successo i loro studi, i gelugpa ricevono il titolo di “ghesce” e le altre tre tradizioni il titolo di “khenpo”. “Khenpo” è anche il titolo conferito agli abati. Tutte e quattro le tradizioni hanno anche il sistema “tulku”, i lama reincarnati. Sia i tulku che gli abati ricevono il titolo di “rinpoche”, indipendentemente dal loro livello di istruzione.
La pratica rituale in tutte e quattro le tradizioni comprende il canto, accompagnato da cimbali, tamburi e corni; l’offerta di dolci fatti con farina d’orzo e burro. Gli stili di canto e musica sono generalmente simili, anche se il canto gutturale contrabbasso con suoni armonici è più frequente tra i monaci gelugpa.
Tutte e quattro le tradizioni praticano il guru yoga che è una pratica devozionale tantrica in cui il praticante unisce il proprio flusso mentale con il flusso mentale del corpo, della parola e della mente del proprio guru. Il guru yoga è simile allo yoga della divinità poiché il guru viene visualizzato allo stesso modo di una divinità meditativa. La meditazione in ogni tradizione include una pratica quotidiana, brevi ritiri di pochi mesi e ritiri di tre anni. Differiscono per lo più rispetto al periodo della vita in cui il praticante svolge il ritiro: Sakya, Nyingma e Kagyu tendono a compiere il ngondro ( che si compone di quattro meditazioni e di quattro pratiche particolari) e i ritiri nella parte iniziale del loro percorso spirtuale, mentre i gelugpa li integrano successivamente, lungo il percorso.
La tradizione Nyingma possiede anche iniziazioni tantriche e sono specializzati nella meditazione e nell’esecuzione di rituali per la comunità laica.

Alcune delle principali differenze nelle spiegazioni fornite dalle quattro tradizioni sugli insegnamenti derivano dai loro modi di definire e usare termini tecnici, oltre che dalla loro presentazione del Dharma da diversi punti di vista.  Ad esempio le posizioni riguardo all’impermanenza o alla permanenza della mente sono molto diverse. Un’altra differenza è che i gelugpa spiegano il Dharma dal punto di vista degli esseri ordinari, i sakyapa da quello degli arya altamente realizzati sul sentiero, mentre kagyupa e nyingmapa dalla prospettiva degli esseri illuminati.
Tutte e quattro le tradizioni concordano sul fatto che la spiegazione della vacuità riportata nei testi Madhyamaka è la più profonda. I gelugpa sottolineano la meditazione rispetto all’oggetto, mentre Sakya, Kagyu e Nyingma rispetto alla mente.
Ogni tradizione insegna anche i propri metodi per raggiungere una comprensione non concettuale, e per accedere e attivare la mente più sottile. Quello che i gelugpa chiamano non concettuale, sakyapa, kagyupa e nyingmapa chiamano “al di là di parole e concetti”.  Tutti concordano sul fatto che la comprensione del ruolo del pensiero concettuale nel nostro modo di conoscere il mondo è essenziale per superare ed eliminare per sempre la nostra confusione e ignoranza sulla realtà – la causa più profonda di tutta la nostra sofferenza.

________________ 

Le scuole si dividono:

 in Mahayana     -----   Madhyamika  -----  Prasangika   e    Svatantrika

                          ------- Cittamatrin      -----  seguaci del ragionamento e della scrittura

  e Hinayana      ------- Sautrantika     ------ seguaci del ragionamento e della scrittura

                          ------  Vaibhasika 

Un Vaibhasika è una persona che non accetta l'autocoscienza e sostiene che tutti gli oggetti esterni sono realmente esistenti. Tutti gli oggetti di conoscenza sono compresi in cinque categorie: forme visibili, idee essenziali, fattori associati al mentale, fattori compositivi che non sono associati né alle idee, nè ai fattori mentali enon-prodotti.  Esistono due tipi di verità: 1- la verità convenzionale, che è un fenomeno tale che, se fosse distrutto o diviso mentalmente in parti, la conoscenza che lo percepisce sarebbe annullata;  2- la verità ultima, un fenomeno che se fosse distrutto, la coscienz ache lo percepisce non sarebbe annullata. 

 Un Sautrantika  è una persona che sostiene l'esistenza reale sia degli oggetti esterni sia dell'autocoscienza.  Sono chiamati esemplificatore perchè insegnano le dottrine mediante esempi.

Un Cittamatrin   è una persona che sostiene l'esistenza reale dei fenomeni dipendenti, ma non sostiene l'esistenza di oggetti esterni. Ci sono due gruppi i sostenitori dell'apparenza reale e i sostenitori della falsa apparenza.  Gli oggetti della conoscenza sono di tre nature: 1- fenomeni dipendenti,  2- fenomeni pienamente fondati, 3- fenomeni immaginari.  Sostengono, quindi, che tutti i prodotti sono fenomeni dipendenti, che le nature di tutti i fenomeni (le vacuità) sono fenomeni pienamente fondati e che tutti gli altri oggeti di conoscenza sono immaginari.

Un Madhyamika  che sostiene che non ci sono fenomeni realmente esistenti e neppure particelle. Sostengono una via mediana che è libera dagli estremi della permanenza e dell'annullamento. Propongono che i fenomeni non hanno nessuna entità cioè nessuna esistenza reale.   Si dividono in Svatantrika che è un individuo che propone la non-entità e che sostiene che i fenomeni esistono convenzionalmente per natura propria.   Un Prasagika è una persona che non propone alcuna entità e non sostiene che i fenomeni esistono in virtù della propria natura sia pure per convenzione. Sostengono che nessun oggetto esiste in virtù delal propria natura. Tutti gli oggetti sono soltanto attribuiti dal pensiero. Base fondata, oggetto e oggetto di conoscenza sono sinonimi.

Nessun commento:

Posta un commento

Introduzione al Blog

Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi personali.  Nel blog c...