L'idea che la religione e il misticismo non possano essere compresi razionalmente sta alla base dei più recenti approcci accademici. Lo scopo di questo testo è quello di tentare di studiare razionalmente i fenomeni religiosi ed il misticismo attraverso quattro approcci: 1- dogmatico, 2- filologico e storico, 3- fenomenologico e sociologico, 4- fisiologico e psicologico.
La particolarità dei mistici è la loro indipendenza dalle regole e dalle convenzioni che governano le attività della maggior parte degli uomini. Molti teologi difendono il cristianesimo oltre per il fatto che avvalora l'irrazionale, anche perchè mette in rilievo ciò che è personale, storico e unico e respingono il misticismo, oltre per la sua accentuazione alla razionalità, anche perchè mette in rilievo ciò che è impersonale, eterno e generale. I mistici tendono a respingere il bisogno irrazionale di fede e dogmatismo. La personalità di Dio è spesso respinta in favore di un assoluto che è onnipervasivo, impersonale. Un Dio che si può dimostrare non è Dio. Dio essendo creatore non può essere espresso da nessuna categoria di pensiero, Può essere conosciuto solo attraverso le sue rivelazioni ed è un mistero inintelligibile. In un approccio di questo tipo è sottinteso che tutta la conoscenza sia male. Per il cristianesimo ogni sistema è panteistico, monistico, mistico, in quanto il pensatore che si arresta a se stesso è confinato al proprio pensiero. Questo particolare sviluppo nella religione occidentale ha fatto sì che in Occidente razionalismo e religione sono diventate tendenze opposte e rivali. In molte dottrine orientali, prevale l'atteggiamento opposto in quanto sottolineano il valore della conoscenza.
Nella metà degli anni '30 Bergson disse: "si ritiene che le esperienze dei grandi mistici, siano individuali ed eccezionali, e che non possano essere verificate dall'uomo comune". Il pregiudizio comune è che il misticismo è irrazionale e viene contrapposto alla logica e alla razionalità. Russel nega che vi sia un'opposizione tra l'intuizione rivendicata dai mistici e la ragione: l'istinto e l'intuizione, conducono inizialmente ai convincimenti che successivamente la ragione conferma o confuta.
Tutti i mistici asseriscono che esiste qualcosa che sta oltre le apparenze e che sfugge all'esperienza in circostanze normali. Dicono che la realtà è una, indifferenziata e atemporale e ciò non rientra nell'irrazionale anche se è inintelligibile. Illogica e irrazionale sarebbe dire che la realtà è nel medesimo tempo una e molte, o temporanea ed eterna. Il misticismo e la maggior parte delle scienze accettano la suddivisione tra realtà ed apparenza. Mentre l'oggetto delle dottrine mistiche è la realtà oggettiva, le esperienze mistiche hanno una qualità soggettiva e rientrano tra gli "stati alterati di coscienza". Il confine tra realtà e sogno è molto sottile; come esempio si cita spesso la storia dell'uomo che sognò di essere una farfalla, e si chiese se in effetti non fosse una farfalla la quale sognava di essere un uomo.
(Pag. 76) Raimond Panikkar asserisce che la vera religiosità non deve essere confinata alla propria stessa fede. In termini cristiani, dice Panikkar, esistono solo due possibilità a questo problema: o escludiamo dall'induismo in maniera radicale qualsiasi azione di Cristo; oppure incorporiamo l'induismo nell'economia universale della salvezza di Dio, attraverso Cristo, di cui il cristianesimo è l'espressione suprema. In questo modo però sembrerebbe che non ci sia nessuna intenzione di apertura alla comprensione di altre fedi.
L'ascenzione in cielo è un motivo pressochè universale nelle varie religioni e nel percorso dei mistici. Gli stati di concentrazione che permettono allo yogi di ascendere a stati successivi, la scala di Giacobbe e il viaggio notturno di Maometto che viene interpretata come un'ascenzione mistica.
I testi indiani e buddhisti parlano di ipnotismo e di fenomeni ad esso legati, e descrivono la capacità di leggere la mente di altri. Poteri analoghi sono attribuiti anche a santi cristiani. Vari testi indiani e buddhisti parlano anche della capacità di penetrare in un altro corpo e controllarlo. Nel testo gli Yoga sutra di Patanjali al verso 3.38 si legge "La mente può penetrare nel corpo altrui al rilassarsi della causa del legame e a causa della conoscenza dei varchi". Nel Mahabharata si racconta l'episodio di Bhargava Vipula che doveva proteggere la moglie del suo guru. Quando Indra si presentò alla moglie, quest'ultima fu immediatamente soggiocata dal suo fascino. Allora il virtuoso allievo "frenò i sensi di lei con i vincoli dello yoga" e mediante il potere dello yoga, la sua mente usci dal suo corpo e penetrò in quello della donna e riusci così a respingere Indra. Il grande filologo tedesco del diciannovesimo secolo Hermann Oldenburg disse: "Lo yoga è un inestricabile miscuglio di filosofia e magia". Il bizzarro problema che la Gita presenta a uno spirito monoteistico occidentale è la giustapposizione tra elementi cosiddetti teistici ed elementi cosiddetti panteistici. (Pag. 93).
- Colui che osserva le regole dell'etica è chiamato monaco (bhiksu),
- Colui che comtempla il vuoto (sunyata) è chiamato estatico (dhyayin),
- Colui che è alacre, vigoroso, ed energico è detto che è un vero yogin. - Versi attribuiti a Nagarjuna
La vita del Buddha sembra che sia stata particolarmente attiva, sia dal lato mentale che da quello fisico (si racconta che abbia attraversato il Gange all'età di 79 anni, mentre i suoi discepoli cercarono barconi e zattere per essere traghettati).
La distinzione tra yoga e passività risulta quanto mai chiara nel regno degli dei. Shiva, lo yogin divino, è anche il creatore e non è davvero dedito ad una vita inattiva.
(Pag. 149) E' tuttavia improbabile riuscire ad apprendere la meditazione senza ciò che la maggior parte dei mistici tradizionali considera essenziale: la guida di un maestro competente, un guru. La necessità di avere un maestro qualificato è sottolineato in quasi tutte le tradizioni di misticismo. Un buon maestro porterà l'accento sulla pratica, un cattivo maestro proporrà delle teorie. Sankara asseriva che per trovare un vero guru si deve ricorrere alla propria intelligenza e al proprio giudizio. Il guru e Shiva sono rappresentati che guardano verso Sud, giacchè le dottrine tradizionali vengono dal Nord.
Gli hindù credono che vi sia un sè (atmavada); i buddhisti, dal canto loro, che non vi sia un sè (anatmavada). Non è possibile essere nello stesso tempo, senza disagio, hindù e buddhista. Ma lo yoga che non si occupa del sè, viene praticato da ambedue e con risultati diversi (pag. 161). La concentrazione buddhista sul vuoto non è la stessa cosa che il nichilismo, la visione filosofica che "nulla esiste". La natura della vacuità non è pura speculazione filosofica ma la si comprende nella e attraverso la meditazione. Mentre il bodhisatva Avalokitesvara stava praticando la profonda meditazione avvertì l'esistenza dei cinque skandha e si accorse che nella loro natura erano vuoti. " O Sariputra, qui la forma è vuoto, e il vuoto è forma; la forma non è altro che vuoto, e il vuoto non è altro che forma; ciò che è vuoto è forma e ciò che è forma è vuoto. Lo stesso si può dire della sensazione, del pensiero, della volizione e della coscienza" (pag. 164).
Sebbene Huxley sia stato il primo tra gli autori contemporanei a discutere la relazione tra misticismo e droghe, è ormai sempre più evidente che l'uso religioso delle droghe è antico e molto diffuso. Patanjali nel libro gli Yoga sutra, nel cap 4.1 quando parla di poteri particolari (siddhi) che acquisiscono gli yogi, ne spiega le possibili cause che sono; la nascita, droghe o erbe, mantra, ascetismo e concentrazione. Del resto lo stesso Shiva, il dio dello yoga, l'asceta divino, viene raffigurato anche con i fiori della pianta allucinogena datura nei capelli. Nell'Islam, certi mistici, probabilmente influenzati dall'induismo, nel tredicesimo secolo iniziarono ad assumere hashish, caffè, e oppio come stimolanti. I buddhisti non incoraggiarono la tendenza ad ottenere questi poteri miracolosi per timore che distraessero dalla ricerca del nirvana; li descrivono però minuziosamente e sono chiamati abhijna o rddhi e le loro origini sono quella citate da Patanjali. Il Buddha non proibì l'acquisizione di questi poteri, ma la loro esibizione ai laici (Eliade 1954). I poteri miracolosi non sono una prerogativa dell'Oriente, infatti anche nel Cristianesimo e nell'Islamismo. dopo la morte di Maometto, si assistette ad una vera proliferazione di leggende e di miracoli. Nessun studioso ha comunque associato l'esperienza di tipo nirvana con l'assunzione di droghe (pag. 172). Che esista o no una connessione tra le esperienze mistiche e quelle indotte dalla droga, è chiaro che le droghe hanno poco a che fare con la religione come istituzione sociale o come credenza negli dei o in Dio. Nei Veda ci sono vari riferimenti a droghe o allucinogeni come ad esempio il soma e il visam (Rig Veda 10.136). I lunghi capelli dei saggi del Rig Veda simboleggiano la loro indipendenza dalla cultura vedica di organizzazione del villaggio. I tratti ascetici di Shiva, con i capelli lunghi sono ben noti, Nella sua manifestazione come re della danza (nataraja), i lunghi e fluenti capelli di Shiva diventano l'origine dei fiumi dell'India. Quando Shiva viene raffigurato come un asceta vagabondo, i capello intrecciati sono adornati con gli stessi oggetti che troviamo in Shiva natarja: un teschio, un cobra, una luna crescente, e i boccioli della pianta allucinogena del datura. Gli asceti, in contrasto con la religione vedica, sviluppavano pratiche peculiari di yoga e tantra che aiutavano loro ad ottenere poteri magici e miracolosi. Questi yogin sembrano aver considerato l'isolamento dalla vita sociale come il fulcro della vera vita spirituale.
E' possibile arrivare al nirvana anche tramite la bhakti (la devozione) che offriva una semplice e comune alternativa al rituale o all'ascetismo. L'uomo è libero di influenzare le forze del karman, ad esempio eseguendo le austere attività del tapas (disciplina di autocontrollo) e quindi dire che il fatalismo sia una caratteristica del pensiero orientale è un vero pregiudizio. Le Upanishad sottolineano l'importanza del sapere e della conoscenza, e il rituale viene poco a poco abbandonato a favore della pratica della meditazione che cominciò a prendere un posto importante nell'addestramento del mistico.
In queste pratiche meditative la civiltà indian ha dato nel complesso, maggiore importanza all'orecchio e alla ripetizione dei mantra (suoni), mentre la civiltà occidentale ha invece privilegiato l'occhio, la concentrazione visiva sugli yantra (simboli). Nella filosofia indiana si distingue a volte tra concentrazione diretta sull'assoluto e concentrazione indiretta su un simbolo. A volte, come nello zen e nel buddhismo Mahayana c'è una combinazione tra meditazione e rituale. Per riassumere le cause che possono portare ad esperienze mistiche sono: nascita, meditazione, ascetismo, droga, mantra, yantra, strumenti speciali come il kasina (sono ausili visivi per la contemplazione), rituali, devozione ad una divinità. Lo studio del misticismo è almeno in parte lo studio di certi aspetti specifici della mente, e per studiare questi aspetti della mente, occorre una combinazione di ragione e di mente aperta.
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