venerdì 29 settembre 2023

Una piccola introduzione al pensiero di Michel Onfray

Il filosofo, oggi, è oberato di compiti, fra questi ve n'è uno particolarmente insidioso: dimostrare che un'etica, malgrado l'inconsistenza dei sistemi metafisici, è ancora possibile, e che il 'senso di responsabilità' non risiede nel mondo delle idee.   

Michel Onfray, un pensatore contemporaneo non molto conosciuto in Italia, afferma che: ''La risposta al nichilismo non consiste in una restaurazione: alcuni, prendendo atto del declino cristiano, concludono che è necessario lavorare alla sua rinascita, in una forma tradizionale, oppure riformandolo con i soliti compromessi.'' (...) ''La morale non è un affare teologico tra gli uomini e Dio, ma una storia immanente che concerne i rapporti tra gli uomini, senza nessun altro testimone''.

La morale va sì riformata, ma non partendo da seducenti presupposti teologici o metafisici, bensì partendo dagli uomini. Ciò promesso, bisogna chiedersi: cosa desiderano questi uomini? Per fondare un'etica sulla intersoggettività occorre individuare un principio in grado di connettere ciascun soggetto all'altro.   Per Onfray l'elemento che accomuna tutti gli uomini è il piacere.

Scriveva Lorenzo Valla (un umanista, filologo classico) seicento anni fa: ''Le leggi che regolano le città sono state fatte per l'utilità, che genera il piacere, ed ogni governo è diretto allo stesso fine. Le arti liberali (medicina, giurisprudenza, poesia, oratoria hanno tutte per fine il piacere o almeno l'utilità che conduce al piacere). La virtù non è altro che la scelta dei piaceri; si comporta bene colui che antepone il maggior vantaggio al minore e il minor svantaggio al maggiore.'' Il piacere è la costante. 

In un mondo ormai deprivato di ogni velleità metafisica, ''bene'' e ''male'', ''giustizia'' e ''ingiustizia'' sono criteri obsoleti. Non bene è ciò che attrae, ma ciò che attrae è bene. L'uomo occidentale non può più riproporre forme transitorie e malferme di moralismo, deve modellare la propria vita su criteri non più oggettivi, astratti e ontologici, ma biologici, neurologici e universali. 

Ecco che Onfray propone allora un'intersoggettività edonista: ciò che noi tutti cerchiamo è un'esistenza gioiosa, quieta e felice. È il piacere - il fondamento positivo, fisico, contrattuale da cui far derivare ogni sorta di codice etico. Occorre sensibilizzare i futuri cittadini al piacere etico sin dalla più tenera infanzia. E in che modo? Non più ricattandoli con la storia del paradiso e dell'inferno, ma insegnando loro che la vita è tutta qui ed è breve; Se la vita è un transito, il proprio e l'altrui bene non può che coincidere con il piacere-di-viverla. 

Bisogna, insomma, scolpire nella mente dei futuri cittadini che non esiste altro valore al di là del piacere, mostrando loro che è il fine ultimo di tutte le discipline ed azioni (e non azioni) umane.  Onfray sostiene che la base di una simile società debba essere per forza contrattuale: poiché l'edonismo si configura e definisce non solo come ''ricerca del piacere'', ma anche come ''evitamento del dispiacere'', i delinquenti relazionali, ossia coloro che infrangono il patto edonico, vanno allontanati. Chi semplicemente diffonde dispiacere va allontanato.  In una intersoggettività edonista i filosofi metterebbero a disposizione la propria saggezza per decretare quali piaceri andrebbero perseguiti e quali evitati.

Se tale progetto vi pare utopistico, non preoccupatevi: lo è anche per Onfray. In effetti l'idea di un contratto radicalmente basato sul piacere risulta piuttosto inverosimile e il rischio di una deriva soggettivistica sarebbe facilmente pronosticabile. 

Taluni potrebbero azzardare che un sistema del genere esiste già e opera sotto le mentite spoglie delle democrazie liberali. Se ciò fosse vero, se il piacere fosse davvero considerato l'unico termine di riferimento valido e gli fossimo così fedeli come nella intersoggettività edonista, non vi sarebbero chiese né regimi, né guerre né politiche suprematiste, né le principali potenze planetarie si sognerebbero mai di misurarsi con le armi nucleari, o anche soltanto di misurarsi (se non in attività meramente agonistiche).

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