martedì 30 aprile 2024

Sequenze di posizioni yoga per persone anziane

 
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mercoledì 10 aprile 2024

Il Dhammapada commentato da Thomas Cleary

"Mediante l'energia, la vigilanza, l'autocontrollo e la padronanza di sè, il saggio fa di se stesso un'isola che le ondate non possono travolgere"

Il Dhammapada, gli elementi della dottrina, è costituito da una raccolta popolare dei detti del Buddha, una delle più antiche, un'antologia di affermazioni basilari della dottrina buddhista. Il testo originale è diviso in 423 aforismi,  divisi in XXVI capitoli.

Il Buddha non insegnò né rituali né dogmi, ripudiò il sistema ariano delle classi, e abbandonò le cerimonie e i culti degli antichi sacerdoti. Molti yogi e asceti entrarono nel nuovo movimento attirati dalla calma e dalla  chiarezza della via buddhista.

Gli insegnamenti furono trasmessi da monaci questuanti e dai cosiddetti dharmahara, detentori dell'insegnamento. La tradizione orale fu messa per  iscritto in Pali (sintesi delle lingue parlate dai primi buddhisti). Il centro dell'insegnamento del buddhismo è la purificazione del sè e la liberazione.

Nel contesto delle varie forme di buddhismo il processo di liberazione individuale e di pacificazione mentale delineato negli insegnamenti del Dhammapada, viene definito il viaggio Minore. La meta è chiamata Città magica. Da qui si apre la prospettiva del viaggio Maggiore la cui meta la conoscenza e la visione illuminante è definita Terra dei tesori. Poi c'è il Tantra. Il viaggio Minore è preparatorio e comunque sin dall'inizio i seguaci di questa via rifiutarono il Grande Veicolo.  Questa traduzione è stata fatta seguendo il punto di vista del Grande Veicolo.   

Thomas Cleary (1949-2021) è uno dei più noti orientalisti occidentali, ha insegnato lingua  e civiltà orientali a Harward. Ha tradotto in lingua inglese più di 25 opere di filosofia orientale, soprattutto zen.  Ha studiato i koan per trent'anni. Le sue traduzioni sono note per la loro eccezionale lucidità.

Il cap 1. Parla della contrapposizione tra bene e male,  Sii tu  a dominare la mente, non farti dominare da essa. L'illusione nasce quando ci si attacca a una realtà immaginaria creata dai sensi e dalle parole.  La contemplazione dell'impermanenza porta naturalmente all'aspirazione, all'illuminazione e alla liberazione.

Chi non di disciplina sarà sopraffatto dai tormenti causati da avidità, odio, illusione, orgoglio, dubbio e azioni arbitrarie. E causati dalla morte.  Se qualcuno parla molto del bene, ma non lo mette in pratica è negligente; se qualcuno parla poco del bene, ma si comporta nettamente, è giusto. C'è chi manca di autocontrollo e non è sincero, non si merita la veste gialla... L'avatamsaka-sutra paragona coloro che non praticano ciò che predicano a dei musicisti sordi o a pittori ciechi.   

 Il cap 2. La vigilanza.   Nirvana significa estinzione, ossia la fine delle afflizioni: avidità, odio, illusione, orgoglio, dubbio, opinioni arbitrarie. Mediante l'energia, la vigilanza, l'autocontrollo, e la padronanza di sè, il saggio fa di sé stesso un'isola che le ondate non possono travolgere. 

Cap 3. Stabilizzare la mente. Essere al di là della virtù e del peccato significa aver abbandonato ogni impulso a compiere il male, e ogni desiderio di ricompensa per le buone azioni. La compassione verso gli altri non è di nessuna utilità se non si è capaci di padroneggiare prima se stessi.  

Cap. 4. I fiori. Come l'ape secchia il nettare dei fiori senza danneggiare colore e profumo, così dovrebbe vivere il saggio nel suo villaggio.   Non guardare gli errori degli altri, o ciò che hanno fatto o non fatto, osserva ciò che tu stesso hai fatto o non fatto. Le belle parole sono come un meraviglioso fiore colorato ma privo di profumo, non recano frutto a chi non le mette in pratica. 

Cap. 5. Lo stolto. La compagnia degli stolti è dannosa. Le conoscenze di uno stolto tendono ad essere nocive. "Ho figli, ho denaro... ";  lo stolto soffre per questi pensieri. Ma se egli non appartiene nemmeno a se stesso, come potrebbero allora appartenergli i figli e il denaro? Dice il Corano "La competizione per avere di più vi distrae fino al momento in cui finite nella tomba".

Cap. 6. Il saggio. Non è l'uomo amato da tutti, ma l'individuo che predica e vive la verità. Il saggio è maestro di se stesso, non abbraccia le opinioni altrui, ha la mente chiara, segue i propri principi ed è libero da condizionamenti.      Se vedi un uomo che ti indica i difetti e ciò che è biasimevole, seguilo come un saggio intelligente, come uno scopritore di tesori.    A chi segue un simile individuo verrà bene, non male.  Il Tao te Ching dice: "Chi vince gli altri è potente, chi vince se stesso è invincibile"  I saggi non si fanno condizionare dalle parole.

Chi possiede una mente ben esercitata, libero dagli attaccamenti e legami, chi ha eliminato ogni condizionamento, ottiene il Nirvana in questo modo.   I fattori dell'illuminazione sono sette: raccoglimento, investigazione della realtà, diligenza, gioia, calma, concentrazione, equanimità.

Cap.7. Il santo. questo capitolo descrive l'arhat, l'individuo che ha completato il Viaggio Minore ed ha ottenuto la pace interiore del nirvana.

Cap. 8. Le migliaia. La consapevolezza dell'impermanenza dà spessore all'esperienza del mondo:  E' meglio vivere un giorno consapevoli dello stato immortale (nirvana) che cento anni senza esserne cosscienti. L'equanimità porta a vedere ciò che è presente in questa vita e ciò che è reale e vero in senso assoluto.

Cap. 9. Il male.  Non c'è posto dove si possa sfuggire alle conseguenze delle proprie azioni, ovvero alle leggi naturali di casualità.

Cap. 10. La violenza. Il capitolo parla della compassione, incoraggia la non-violenza e l'autocontrollo. Parla anche dell'inutilità delle pratiche ascetiche e della necessità di una vera trasformazione interiore. "Non l'andare nudo, non il digiuno, nè lo stare immobile, purificheranno il mortale che non abbia superato dubbio e desiderio..."    " Se uno, pur essendo ben ornato, è equanime, tranquillo, controllato, disciplinato e casto, egli è un sacerdote, un religioso, un monaco..."

Cap. 11. La vecchiaia.  Capitolo per preparare l'individuo ad affrontare la morte, a scomparire dopo aver realmente vissuto.  "Una persona che ha imparato poco invecchia come un bue, cresce la sua carne ma non la sua saggezza"   "io ho vissuto numerose rinascite cercando senza trovarlo il costruttore di questa casa; è penoso ricominciare sempre daccapo".

Cap. 12. Il sè.       Il capitolo sottolinea l'importanza di dominare se stessi prima di aiutare gli altri. Se l'individuo non si è reso psicologicamente indipendente, la compassione degenera in un inutile sentimentalismo. Ciò è visibile ad ogni livello, da quello dei rapporti individuali ai rapporti internazionali. 

Se ciò che si insegna agli altri si vuole diventare, prima occorre controllarsi, perchè il sè è difficile da domare.    Il sè è maestro di sè; chi altri potrebbe esserne il maestro?         Dal proprio sè il male è fatto, dal proprio sè si è danneggiati, dal proprio sè il male è disfatto, dal proprio sè si è purificati. Purezza e impurezza sono questioni personali; nessuno può purificare un altro. questi versi ammoniscono le persone che hanno fretta a trovare un maestro che risolva i loro problemi.   "Non si trascuri il proprio bene per quello degli altri, per quanto grande sia: riconosciuto il proprio bene, si cerchi di perseguirlo.  Non possiamo veramente aiutare gli altri se non abbiamo sufficientemente sviluppato la nostra comprensione e le nostre capacità. Dare una mano agli altri soltanto "per sentirsi buoni", non è un'azione altruistica, ma una forma di egocentrismo.  Persone superficiali che ascoltano queste affermazioni del Dhammapada hanno tipiche reazioni di insofferenza.

Cap. 13. Il mondo.  Se non si considera il mondo in qualcosa di transitorio e instabile si finisce nella delusione e nella sofferenza, condizioni che il buddhismo combatte per mezzo della consapevolezza e della sofferenza.

 Cap. 14. L'illuminato.  La paziente sopportazione è la suprema ascesi che il Buddha chiama Nirvana, non è un anacoreta colui che offende gli altri, non è un asceta colui che danneggia gli altri.

Non insultare, non danneggiare, sii controllato, sii moderato, vivi in solitudine, esercitati in meditazione: questo è l'insegnamento del Buddha.  I desideri non si saziano mai, nemmeno con una pioggia di monete. Chi sa che i desideri portano molta sofferenza e poca gioia, questi è un saggio.

Cap.15, La felicità.  Viviamo dunque felici, liberi da odio, malattie, ansie, senza possedere nulla; nutriamoci di gioia come degli esseri luminosi.   La vittoria provoca odio perchè lo sconfitto giace sofferente. Chi ha raggiunto la calma, vive serenamente, avendo superato vittoria e sconfitta.

Cap. 16. Il piacere. Non attaccarti a ciò che è piacevole, né a ciò che è spiacevole,   la sofferenza nasce dal desiderio. Per chi si è liberato del desiderio non c'è sofferenza.

Cap.17. L'ira.  Abbandona l'ira, scaccia l'orgoglio, vinci tutti gli attaccamenti, nessuna sofferenza colpisce chi non si attacca né a nome, né a forma.

Cap. 18. L'impurità.  Non c'è strada in cielo, non c'è ascetismo nelle pratiche esteriori; non c'è permanenza nelle cose condizionate, non c'è incertezza nei Buddha.

Cap.19. Il giusto. Un uomo non è saggio perchè parla molto; è saggio quando è calmo e privo di ostilità e paura.  Colui nel quale esistono verità, giustizia, non-violenza, autodisciplina e controllo, questi è davvero libero da impurità e saggio...   Non con le regole di condotta, non con le osservanze religiose, non con l'erudizione, non con la concentrazione e non con la vita solitaria raggiungerai la gioia della liberazione che sfugge all'uomo comune.

Cap. 20. La via.  Sei tu che devi compiere lo sforzo; i Buddha ti indicano come devi procedere.    Quando si vede in meditazione che tutte le cose sono insostanziali, ci si libera della sofferenza; questa è la via della purezza.   La saggezza si costruisce con l'impegno; senza sforzo essa scompare.   Cura la via che porta alla pace interiore, al nirvana indicato dal Felice (uno degli epiteti del Buddha).

Cap 21. Miscellanea.  Sedendo solo, dormendo solo, agendo da solo, l'uomo diligente si goda la foresta, dominando il sè.

Cap. 22. L'inferno.   Come un filo d'erba mal afferrato taglia la mano, così l'ascetismo mal perseguito porta all'inferno.    (L'ascetismo degli egocentrici, invece di ridurre i loro difetti, accresce orgoglio e presunzione)    Chi abbraccia false dottrine finisce male...

Cap. 23. L'elefante.  Chi è riuscito a vincere se stesso è paragonato a un elefante domato.  La mente era solita vagare là dove desiderava, là dove voleva, là dove le piaceva; ora la controllerò con saggezza, come il conducente controlla con l'uncino l'elefante.   Se trovi un compagno prudente, una persona saggia che si comporta bene, avendo superato ogni ostacolo, viaggia con lui, contento e consapevole;   altrimenti viaggia da solo.      E' meglio procedere da solo; uno stolto non è una buona compagnia.     Va' da solo, come un elefante nella foresta, con pochi desideri, senza compiere il male.

Cap. 24. Il desiderio. Il desiderio di un uomo che agisce senza attenzione cresce come una liana. egli salta qua e là, come una scimmia che cerca frutti nella foresta.     Proprio come un albero ricresce dopo essere stato tagliato, poichè le sue radici non sono state divelte e sono salde, così questa sofferenza ricresce finchè non sia stato sradicato il desiderio.   Liberati dal passato, liberati dal futuro, liberati dal presente, tendi alla trascendenza.  Quando la tua mente sarà del tutto libera, non sarai più soggetto a nascita e a vecchiaia.      Ho vinto tutto, conosco tutto, non sono influenzato da nessuna cosa. Abbandonando tutto, avendo distrutto ogni desiderio, sono libero.  - Perchè ho compreso da solo, chi altri potrebbe essermi maestro?

Cap. 25. Il monaco.   Buddha parlò più di qualità spirituali che di comportamenti rituali o di condizioni sociali.   Chi è libero da possessività verso ogni forma e nome non soffre, perchè non ha nulla: costui è chiamato monaco.   Il monaco che vive con benevolenza, con fede consapevole nell'insegnamento dell'Illuminato, raggiungerà la condizione della pace, la beatitudine in cui cessa ogni condizionamento.   Vuota questa barca, o monaco, quando sarà vuota, viaggerà più leggera. Sradicando passioni e odio, raggiungerai il nirvana.   Non c'è meditazione senza saggezza, non c'è saggezza senza meditazione.  Chi abbia sia la meditazione, sia la saggezza è davvero vicino al nirvana.   La meditazione senza la saggezza non solo è inutile, ma è anche pericolosa. come il gelsomino lascia cadere i fiori appassiti, così voi, o monaci, dovete lasciar cadere le passioni e l'odio.

Cap. 26. Il sacerdote. Nel sacerdote che ha raggiunto la metà mediante i due principi (fermare samatha e vedere vipassana), in lui che sa, tutti i legami giungeranno alla fine.  Colui per cui non c'è né l'altra sponda né questa sponda, né la trascendenza, né l'immanenza, colui che è libero dalla sofferenza, svincolato, questi io chiamo sacerdote.    Chi possiede verità e rettitudine, questi è benedetto, questi è sacerdote.    Evidentemente il Buddha non pensava che rifugiarsi in meravigliosi ashram portasse alla pace interiore....

Questa non è la fine del Dhammapada. Il Dhammapada è una ruota, non una linea. Ora torniamo all'inizio del testo...

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