Thomas Merton (1915-1968) monaco trappista e poeta, tra il 1944 e il 1968 scrisse qualcosa come cinquanta libri, senza includere le lettere, i diari e i saggi che sono stati pubblicati postumi. E' stato un pensatore che ha fatto scuola nei tre ambiti tematici religiosi più importanti dell’ultima metà del XX secolo: ecumenismo, giustizia sociale e spiritualità contemplativa.
Lao Tzu condivideva con Kung Tzu la venerazione del passato e del mondo arcaico, riteneva artificiale ogni sistematizzazione e ordine sociale. Per lui il governo, la politica, gli stessi sistemi etici per quanto buoni potessero essere rappresentavano un pervertimento della naturale semplicità dell'uomo. Rendevano l'uomo competitivo, egoista e aggressivo e portavano a idee illusorie da cui nascevano odi, scismi, guerre e la distruzione della società. L'ideale per il taoismo sono le piccole comunità primitive formate da villaggi, abitati da uomini semplici, disinteressati in perfetta armonia con il segreto, ineffabile Tao. Il risultato dell'anarchia implicità aveva ben poco da offrire agli uomini che desideravano cambiare e migliorare la vita in società.
Il fondamento della scuola Ju ossia del confucianesimo è la persona umana e le sue relazioni con le altre persone nella società. Lo Ju è una dottrina umanista, personalista, etica e universale. Anche i comunisti si richiamano a volte allo Ju sulla formazione della persona e il suo posto in società. La saggezza di Confucio non risiede tanto nella sua conoscenza della natura umana quanto nella fede nell'uomo. Mincio il suo discepolo immortalò questo concetto nella parabola della montagna Ox: "questa montagna un tempo era fitta di boschi, vicino a un villaggio, gli uomini tagliato o gli alberi, e quando i germoglio ripresero a crescere portano le greggi. Nessuno credeva che lamontagna fosse stata un tempo così boscosa. Così avviene nell'uomo: è naturalmente incline alla virtù, ma le sue azioni, in una società ingorda e avida, distruggono ogni prova della sua innata bontà così che egli appare naturalmente cattivo".
I confuciani credevano che una società governata da un principe giusto avrebbe riportato alla luce la bontà nascosta dei sudditi. Questa società doveva essere unita da un ordine sociale che trovava forza nei riti liturgici, il Li, che oltre il culto del cielo sono anche l'espressione di quelle relazioni affettive e dell'armonia che legano gli esseri umani. Kung Tzu credeva che gli uomini potessero essere buoni, in una società etica, che rispettasse le loro virtù nascoste; Lo Ju era una specie di umanitarismo con un sacro senso della volontà del cielo che doveva riflettersi nella società umana.
Se uno doveva essere saggio per vivere secondo il taoismo, doveva essere anche un uomo di profonda umiltà, interiorità e pazienza per soddisfare i principi del confucianesimo. I taoista hanno meno interesse per l'uomo che per il Tao e diffidano di ogni forma di educazione. Credono che il Tao nascosto possa manifestarsi e realizzare l'intimo e imperscrutabile significato nell'uomo se questo lasciasse tranquillo se stesso e la sua natura. Quindi i mistici predicava un ritorno alle radici e il rispetto della natura al suo stato primitivo. Il taoismo non è non-azione totale, ma piuttosto non-attivismo.
In contrasto con Meng Tzu erano Mo Tzu e la scuola legalista che sostenevano che l'uomo è fondamentalmente cattivo e doveva essere obbligato a uniformare la sua condotta a un astratto amore universale con la forza della legge, obbedire a un potere arbitrario con la minaccia di punizioni. Il fondatore del legalità fu Hsun Tzu nel terzo secolo avanti Cristo.
I legalisti si servivano della cupidigia dell'uomo, dei suoi interessi egoistici, per volgersi ai loro fini politici, al potere (shih). I riti, la saggezza, il sentimento umanitario dello Ju non servono a niente. La legge rimpiazza tutto, inclusa la morale, la religione e la coscienza. Contemplano la minaccia della punizione severa, e l'unica norma è il volere arbitrario del sovrano. Lo scopo del legalismo è rendere lo Stato così potente da eliminare tutti i nemici e allora così ci sarà la pace. E a poco a poco i legalisti cominciarono ad abolire il confucianesimo, proposero lo sterminio di tutti gli studiosi, di incendiare tutte le biblioteche e così molti libri antichi andarono distrutti. I seguaci della scuola Ju giustiziati.
Fortunatamente la scuola confuciana rinacque sotto la dinastia Han ( secondo secolo a.C.). La filosofia continuò ad essere la forza più vitale della Cina. Per secoli, l'istruzione degli studenti cinesi ebbe come base, legalmente e ufficialmente, lo studio dei quattro classici confuciani: Dissertazioni, la Grande scienza, la Dottrina di mezzo, insieme al libro di Meng Tzu. Per capire la Cina e indispensabile leggere questi quattro libri.
La base della filosofia di Kung è la legge naturale, il Tao stesso, ma il Tao etico, la via dell'uomo, più che il Tao metafisico o l'imperscrutabile via di Dio. I taoisti sono interessati alla metafisica i confuciani all'etica Tao. Questo concetto è spesso confuso, solo nella Dottrina di mezzo è ben evidenziata questa differenza. Il punto di partenza del confucianesimo è che esiste una realtà trascendente e oggettiva chiamata cielo, e ci sono altre realtà, quelle mutevoli e contingenti della terra e dell'uomo che possono essere in ordine o disordine, sono in ordine quando sono in armonia col cielo, che è la realtà finale. La filosofia di Kung è una sapienza, non una dottrina, ma un modo di vita impregnato di verità. I riti o il Li erano l'espressione visibile della realtà nascosta dell'universo, della sapienza divina nelle cose umane e nell'ordine sociale. Partecipando ai riti l'uomo acquista coscienza, matura, si trasforma e con lui la società.
La grande Scienza riporta che il giusto agire dipende dalla coscienza della persona che agisce, dalla verità interiore. Si può raggiungere l'illuminazione con l'azione intelligente. L'etica confuciana è il frutto della coscienza spirituale e del lavoro. Occorre portare l'inconscio e l'oscuro nel fuoco della chiarezza con azione giusta al momento giusto, con consapevezza ispirata ai principi etici e sacri, e sapere cosa si deve fare. Splendido concetto e civile di azione etica. La grande Scienza è la chiave del pensiero classico cinese, in Cina la legge della natura non fu un'astrazione filosofica ma una forza viva che ebbe un richiamo religioso nel cuore e nella coscienza del popolo. Il punto di partenza dell'educazione confuciana è dunque di coltivare la persona e formare una classe dirigente di discepoli umani e illuminati. Il saggio deve portare la sua saggezza ad agire in armonia con gli atti saggi di coloro che vivono intorno a lui.
Tra i classici cinesi oltre al famoso Tao Te Ching troviamo il Hsiao Ching, che è il classico dell'amore filiale, che rappresenta un testo confuciano di taoismo. Per i confuciani l'amore filiale era la radice principale che penetrava più profondamente nel mistero del Tao etico. "Ching" in Cina è tradotto con "classico" quindi i Ching sono testi autorevoli, perchè ha origine da un'autorità più alta dell'uomo. Il Tao The Ching ditingue un Tao noto da un Tao ignoto e innominato, e ci autorizza a cercare qualcosa che corrisponda alla nostra nozione di Dio al di sopra e al di là del cosmo. La saggezza del Tao Te Ching conduce allo zen, che è una trasmissione senza nessun Ching che passa inesplicabilmente da maestro a discepolo senza parole ma attraverso koan.
Che cosa è il Tao? i saggi rispondevano "Non lo so. E' la forma senza forma, l'immagine senza immagine". Il Wu wei è un'espressione tecnica taoista e zen, non è un principio attivo, è l'attività suprema, perchè agisce in stato di riposo, agisce senza sforzo. Il mondo è un vaso sacro che non si deve manomettere, nè cercare di afferrare. Nel capitolo 67esimo del Tao Te Ching ci sono delle affinità col cristianesimo: nel Tao si trovano tre tesori: carità, frugalità, e non voler essere primo nel mondo. Poichè io sono misericordioso, io posso essere bravo... perchè il cielo verrà a salvare i misericordiosi e a proteggerli con la sua misericordia. "Se uno rinuncia all'amore e al coraggio, rinuncia al controllo e alla riserva di energia, rinuncia a rimanere indietro e si spinge avanti, è un uomo perduto!"
Il testo Hsiao Ching parla della pietà filiale e del fatto che noi siamo accolti come un dono dai nostri genitori, e dobbiamo nutrire la più grande gratitudine verso di loro. Quando i nostri genitori sono vecchi dobbiamo ritornare da loro per assiterli amorevolmente. L'imperatore è al vertice, tutti dipendono da lui, ed egli dovrebbe idealmente essere capace dell'amore più vasto e illimitato. Non esiste una subordinazione cieca agli anziani, al contrario bisogna correggere il padre quando sbaglia e il ministro deve correggere il principe quando erra.
Buddhsimo Zen. I monaci zen sono noti per la semplicità e austerità della loro vita, per il lavoro manuale, l'estrema severità nella vita in comune. Il monastero zen ha una sala di meditazione chiamata zendo, il monaco zen non rimane vincolato ad una comunità, ed è libero di andare in un altro monastero. Con la formazione sarà in grado di raggiungere una maturità e libertà spirtuale e potrà proseguire da solo il cammino verso l'illuminazione mediante la pratica dei precetti (sila) , della meditazione (dhyana), e della saggezza (prajna). Il Buddha disse al suo discepolo Ananda "Non rifugiarti in niente che sia fuori di te, tieni ferma la verità come una lampada e un rifugio, e non cercare rifugio in qualcosa fuori di te". Occorre essere sempre attivo, padrone di sè e di animo pacato (corrisponde all'ascetismo individualista Theravada ed è un concetto molto lontano dalla fiducia cristiana nella "grazia". Lo zen non fa affidamento all'autorità delle scritture (sutra), nè si affida a regole o metodi. Nel buddhismo mahayana ci sono esempi di fede profonda nel Buddha come nell'amidismo (buddhsimo della terra Pura).
Bodhidharma (VI secolo dopo Cristo) riassume il programma zen in questo modo: "Una speciale tradizione fuori dalle scritture, nessuna dipendenza da parole e lettere, mirare direttamente all'anima dell'uomo, vedere dentro la propria natura e così raggiungere la condizione di Buddha".
I monaci zen sono accusati di essere Non intellettuali, preferivano l'esperienza diretta alla conoscenza astratta e teorica acquistata leggendo e studiando, ma non negarono mai che la lettura e lo studio al momento opportuno, potessero contribuire a rendere più valido l'addestramento spirituale. I maestri zen evitano accuratamente che i discepoli si attacchino agli insegnamenti di Buddha, per questo molte frasi di maestri sembrano assurdità. spesso erano volutamente privi di senso da un punto di vista logico. Nello zen si pratica un non attaccamento, la via della vacuità, mancanza di oggetto e la non-mente. Hui Neng disse: "se hai nel cuore la nozione di purezza e ti attacchi ad essa, converti la purezza in falsità".
La vera illuminazione si trova nell'azione, lo zen è una piena consapevolezza del dinamismo e della spontaneità della vita. Lo zen richiede un'attenzione totale, rivolta alla vita nella sua realtà concreta, esistenziale, qui e ora. La mente ordinaria di ognuno di noi è il Tao. Bisogna evitare l'illusione di trovare la via nei sutra e nei testi, ma anche l'illusione di trovarla stando seduti in quieta meditaazione.
L'ordinaria esperienza della vita quotidiana è il luogo dove cercare l'illuminazione. Il mistico zen cerca di sbarazzarsi di quell'io e di tutte le sue attività al fine di scoprire la spontaneità profonda che viene dal fondo dell'Essere (dall'io originale, dalla mente Buddha o prajna, in termini cinesi dal Tao) per diventare una lampada per sè bisogna sbarazzarsi del sè empirico. Spesso i maestri zen trasmettono questi insegnamenti con severità e spietatezza. La vita monastica buddhista è soprattutto una vita di pellegrinaggio (angya) il cui scopo è di convincere il monaco che tutta la sua vita è una ricerca, in esilio, la sua vera casa. Tutta la vita monastica è un pellegrinaggio, e il soggiorno al monastero è solo un'interruzione. Solo quando è accordato al monaco l'accesso alla sala di meditazione (zendo), il monaco comincia a far parte della comunità. Ed è li che il monaco passa buona parte della giornata. in posizione di loto meditando sul koan (una massima enigmatica) assegnatogli dal roshi ( maestro). I koan sono usati solo nella scuola Rinzai.
Anche se i rituali non sono molto elaborati, sono comunque presenti come mettere per esempio delle candele davanti alla statua di Buddha, anche i sutra a volte vengono letti. L'addestramento del monaco fatto dal maestro sembra avere come scopo di spingere il monaco in una notte oscura. Comunque durante la giornata i monaci partecipano alla cerimonia del thè, a incontri di judo tra di loro, lavorano la terra e vanno in cerca di elemosine. La questua e il lavoro manuale sono importanti per inculcare loro lo spirito di povertà e umiltà. Il monaco sente di non aver diritto di condividere il pane se non c'è in lui l'intenzione ferma di giungere all'illuminazione e aprire il suo occhio spirituale (l'occhio prajna).
Lo zen è un tipo di spiritualità filosofica ed esistenzialista capace di portare l'uomo a un vero confronto con se stesso, con la realtà e col suo simile. Comunque senza dimensione religiosa è difficilmente spiegabile di come il monachesimo zen abbia potuto sopravvivere tutti questi secoli.
Un maestro zen ha detto: " quando avrai raggiunto uno stato di perfetta immobilità e incoscienza, tutti i segni della vita si cancelleranno e ogni traccia di limitazione svanirà, nessun pensiero disturberà la tua coscienza, quando all'improvviso vedrai una luce effondersi in tutto il suo splendore. La tua esistenza è sciolta da ogni limitazione".
Il koan è il cuore dell'insegnamento zen della scuola Rinzai; per arrivare al cuore del koan, per gustarne l'essenza, bisogna penetrare nel cuore della vita stessa quale fondo della propria coscienza. uno sperimenta se stesso come l'interrogativo proposto. Il koan non è diverso dall'io, è una figura criptica dell'io. Nei tuoi interrogativi non avrai più coscienza, ma avvertirai solo il vuoto. Quando scomparirà anche la consapevolezza del vuoto, capirai che non c'è nessun Buddha al di fuori della mente e nessuna mente al di fuori del Buddha. L'esperienza zen è una liberazione dalla nozione di io e mente, tuttavia non è annullamento e pura incoscienza, ma al contrario una specie di supercoscienza. L'illuminazione in questo senso di una nuova identità e consapevolezza non è la fine ma il vero principio. Il punto di partenza per raggiungere il kensho o l'ulteriore e originale illuminazione, e di farlo verificare dal roshi (maestro).
Il koan tende a liberare anche la coscienza individuale dai desideri dissolvendo proprio la sua individualità. Lo zen perciò nega un valore speciale all'esperienza limitata e transitoria dell'io costituito dal piccolo nodo dei desideri lasciatici in eredità dalla nostra storia morale (karma). Tende a una coscienza pura non limitata da progetti e desideri. Senza eliminare quello che noi chiamiamo "io" non si potrà avanzare nella pratica.
Per riassumere lo scopo del koan zen è di portare lo studioso, mediante una pratica interiore e severa, e con la guida e supervisione del suo roshi, a uno stato di coscienza pura. La meditazione intensa sul koan in un ambiente monastico tende a rompere la continuità storica di un io sociale e convenzionale e iniziare una nuova e più intima storia personale di ricerca. La consapevolezza finale della coscienza zen non è la perdita dell'io, ma la scoperta e la dotazione dell'io in tutto e per tutto. Quando l'attività della tua mente sarà esausta e la capacità di pensare sarà estinta, sorgerà una grande fiamma di vitalità.
La pratica dello zen mira all'approfondimento, alla purificazione e alla trasformazione della coscienza, opera in profondità e va oltre la psicologia del profondo.
L'obiettivo dello Zen è quello del buddhismo in generale: "l'emancipazione finale dal dualismo". Il buddhismo non afferma Dio nè lo nega in quanto considera tali affermazioni dualistiche. Il raggiungimento della condizione di Buddha, non è diventare simile a Buddha, ma è un risveglio ontologico al fondo ultimo dell'essere, o al Buddha che ognuno è. Per lo zen non esiste alcun vero Buddha all'infuori dell'uomo che si sveglia al suo "Vero Io". Questo "Vero Io" è la mente originale, informale, il nulla, il Sunyata.
Accostando questo concetto alla realtà possiamo dire che il cuore dello zen è quella imperturbata percezione dell'Uno nei Più, del Vuoto nella vita quotidiana e del mondo ordinario che ci circonda, è il fondamento dell'umanesimo zen al giorno d'oggi. Il Nirvana non è che la realizzazione da parte dell'uomo del suo "Vero Io" esistenziale, come fondo sia dell'io ordinario sia del mondo opposto ad esso... il Nirvana non è semplicemente transpersonale, ma anche, al tempo stesso personale.
Il Nirvana non è un'evasione dai fenomeni e dal mondo d'ogni giorno con i suoi problemi e rischi, ma una realizzazione di quel Vuoto e Vero Io che è il fondo ontologico comune sia della libertà personale sia del mondo oggettivo e problematico.
Nessun commento:
Posta un commento