Ramana Maharshi e la Tradizione della non dualità
"La mente proietta il mondo fuori di sé e lo risolve di nuovo nel Sé. Quando la mente esce dal Sé, appare il mondo. Pertanto, quando il mondo appare, il Sé non appare; e quando il Sé appare, il mondo non appare." ... "Per arrivare a sperimentare la felicità, il Sè superiore, si dovrebbe conoscere se stessi. Per raggiungere questo obiettivo, il mezzo principale è il sentiero della conoscenza, l'indagine nella forma di "Chi sono io?". Non sono il corpo, non sono i cinque organi di senso, non sono i cinque organi di azione, non sono le cinque energie vitali. Non sono nemmeno la mente che pensa, né la memoria. Dopo aver negato tutto questo, rimane solo quella Consapevolezza: Quello sono io." Immortale coscienza.
Di Ramana Maharshi ho letto i seguenti testi: Chi sono Io?, Opere, The spiritual teaching of Ramana Maharshi. E' uscito da poco un documentario sul grande saggio indiano (2018) e il link è il seguente: https://www.youtube.com/watch?v=hVYv9ktilQw
Ramana Maharshi (1879 - 1950) è una delle più grandi figure spirituali dell'India, ed è il fautore dell'Advaita come verità, che significa "non dualità"; che sta al di là delle costruzioni del pensiero. Sebbene il pensiero sia utile, in quanto può dirci che cosa la realtà non è, la realtà stessa non può essere imprigionata entro i suoi confini.
Dal punto di vista dell'Assoluto, non vi è dualità, non vi è nulla di finito, di non eterno. Solo l'Assoluto è; tutto il resto è apparenza illusoria e non reale. Considerare reale il mondo pluralistico è illusione. Le distinzioni empiriche tra soggetto e oggetto, mente e materia, ecc., sono il risultato di maya, il potere misterioso che vela il vero e proietta il falso. Non si può spiegare come sorgano le distinzioni. Ma ad una indagine si scoprirà che sono prive di realtà. La dualità è soltanto un'illusione; la non dualità è la verità suprema.
L'obiettivo del ricercatore è sperimentare questa esperienza plenaria, l'Io non duale dove non vi sono distinzioni. Questa Realtà suprema, "l'Unico Essere" nelle Upanishad è designato come Brahman ed è la base dell'universo. Quindi i tre aspetti della " dottrina " dell'Advaita sono: 1) la sola realtà del Brahman; 2) l'illusorietà del mondo; 3) la non differenza tra l'anima individuale (Atman) e il Brahman.
Poiché la natura di Brahman-Atman non può essere definita nei termini di nessuna categoria, le Upanishad lo chiamano "non questo, non questo" (neti, neti). Definire una cosa è limitarla, separarla da altre cose simili o dissimili. L'infinito e l'illimitato non possono essere caratterizzati in termini di categorie finite. Il Brahman è al di là della portata dei concetti e delle parole. Naturalmente, ciò non significa che il Brahman sia un vuoto. Persino dire che è uno non è vero, ecco perché si preferisce l'espressione negativa " non duale " o " non due " (advaita).
E' a causa della maya o avidya (ignoranza) che il Brahman non duale appare come il mondo della pluralità, che la realtà infinita e incondizionata appare come fosse finita e condizionata. Poiché l'ignoranza è la causa dell'illusione, ciò che occorre per conseguire la realizzazione del Brahman, che è la liberazione, è la conoscenza (jnana). Quando l'illuminato acquisisce l'intuizione finale del Brahman, comprende che il mondo non fu mai creato, che è un'apparenza illusoria.
In effetti ci si trova in grande difficoltà nel comprendere il rapporto tra l’Uno e il Tutto, tra atman e il corpo e come l’anima universale, che é una, si manifesti nei molti. Questo concetto dell’Uno/Tutto e del non dualismo sono riuscito veramente a capirlo seguendo dei gruppi di ‘condivisione dell’essere’ (sat-sang) proposti da Mauro Bergonzi1 che riesce in modo “divino” a esprimere l’inesprimibile con le parole.
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