giovedì 4 novembre 2021

La meditazione - Maestro Gyanander

 Dal libro Yog album del Maestro  Gyanander  Vedi link             Vedi sito

Yogi Gyanander è un grande Maestro indiano venuto in Italia nell'86 per il grande meeting organizzato dalla rivista "Astra" sulle rive del Garda. Si fece seppellire sotto terra, dove rimase per quattro giorni. Era in "samadhi", uno stato di trascendenza e di beatitudine, una condizione in cui vengono sospese tutte le funzioni del corpo, il livello più alto dello Yoga. Fu controllato da telecamere, ne parlarono le tv e tutti i giornali. Poi rientrò in India e dopo due anni tornò in Italia e si stabilì a Perugia dove aveva trovato amici cari, spiega, «avevo capito che c’era chi aveva bisogno di me». E qui da anni insegna lo Yoga.  Ha pubblicato il suo Yoga Album che raccoglie anni di studio e soprattutto di esperienza. E' un testo scritto a mano in italiano e in sanscrito.

Nei capitoli VI , VII, VIII del testo si parla della concentrazione, della meditazione e del samadhi.  

Dharana,  concentrazione
(capitolo VI).   Fissare la mente su un oggetto, è il sesto scalino dell’ashtanga yog, osservare i pensieri, adottare la tecnica del testimone, soffermarsi su ogni figura lo stesso tempo, dall’elemento più grossolano al più sottile, percorso evolutivo verso l’assoluto, visualizzazione dei simboli durante kumbak (la ritenzione del respiro). 

Dhyan, meditazione (capitolo VII).    Dhyan significa un solo pensiero, l’anima individuale si scioglie nel puro eterno spirito assoluto, la meditazione non è una fuga dalla vita e da se stessi, al contrario la comunione con l’io profondo, con gli stati inconsci e profondi e risolvendo i nostri conflitti interiori ci permette di agire in modo più efficace e appagante del mondo,

Nel testo Gheranda Samhita sono riportati tre tipi di meditazione:

  •  sulla forma divina, 
  •  sulla kundalini, 
  •  su forme di luce.  

Nel testo Bakti Sagar sono riportati quattro tipi di meditazione:

  • Una grossolana, sulle varie del corpo, dai piedi alla testa e viceversa,
  • Sui chakar, da muladhara a sahasrara,
  • Più sottile, sul punto tra le sopracciglie,
  • Abbandonando il piano dell’esistenza materiale.

La mente è divisa in sette parti, nello stato ordinario ne funziona una soltanto; le malattie non vengono dall’esterno ma esistono nella mente, quando il seme viene a maturazione si manifesta nel corpo. Per la meditazione occorre:

  • dedicare del tempo in maniera costante, possibilmente la sera,
  • un posto adatto, possibilmente piccolo e bianco, illuminato da una piccola luce, profumato dall'incenso,
  • adottare una tecnica, e ciò dipende dalla personalità del praticante. Ci sono due tipi di meditazione: con forma – Saguna;  senza forma Nirguna.  Le pratiche fisiche sono preliminari a quelle meditative.

La pratica Nirguna, è una pratica sui suoni, quando le nadi (i canali energetici) sono purificate si ode il suono Nad;  per udire il suono Nad nella meditazione occorre chiudere le orecchie con cera di api, tenere la lingua attaccata al palato, fare mula bandha (contrazione muscoli alla base della colonna), le dita delle mani devono essere tenute in chin mudra. La pratica Nirguna (senza forma) utilizza il respiro e il pranayama, durante l'espirazione si pronuncia il japa mantra "Ham", durante l'inspirazione si pronuncia "So".  Occorre rimanere consapevoli delle fasi della respirazione per almeno cinque minuti cercando di visualizzare l’energia, una luce bianca che sale dalla colonna toccando i più importanti ciakar.   Piano piano si deve cercare di allungare il tempo dell’inspirazione e dell’espirazione.  Poi mentalmente fare il percorso inverso a ritroso ripercorrendo le tappe esposte però utilizzando minor tempo ( due minuti).  Cercare di ripetere il mantra "So Ham" anche nella quotidianità.

Pratica Saguna (con forma ) è una forma di meditazione in cui si usano i mantra (il più importante è "Ram", Ra significa sole e Ma luna ). Non c'è  differenza tra i mantra "Ram" e "AUM" (pronunciato OM). Per praticare questa forma di meditazione recitare il mantra "Sita Ram", tenendo la mala (un rosario indiano formato da 108 grani in legno di tulsi) nella mano destra, a livello del cuore o sulle ginocchia  e facendo scorrere i grani. Nella meditazione si usa nella mano destra (anche se si è mancini) passando i grani tra il pollice e il dito medio. Dopo qualche giro completo, socchiudere gli occhi, guardare in basso, sussurrare il mantra; Dopo qualche altro giro, chiudere gli occhi, ripetere il mantra mentalmente.  Aggiungere poi  mula bandha e nabho mudra ossia si ruota la lingua contro il palato molle e shambhavi mudra (sguardo fisso al centro tra le sopracciglia).  Piano piano, occorre aggiungere consapevolezza sul respiro e provare a visualizzare il respiro che sale dalla base della colonna fin sulla sommità della testa e poi scende.

La meditazione Nirguna e Saguna insieme. Ripetendo il mantra "OM" la meditazione assume la qualità Nirguna, Om è il suono primordiale, che può essere percepito quando la mente ha trasceso la polarità del mondo materiale, a quel punto "So Ham" finisce, perché il praticante è entrato in Turya, il quarto stato della mente dove l'individualità svanisce. Facendo la meditazione possono affiorare numerosi pensieri, e questi sono i frutti del Karma ed è  importante restare testimoni. 

Meditazione tramite kirtan. Il kirtan (la ripetizione continua di un mantra) è una  pratica di Nad Yog (yoga del suono) ed aiuta a liberare il lato emozionale della persona, infatti il kirtan è una pratica di meditazione in cui l'individuo cerca di  lasciarsi andare alle emozioni, liberandosi da blocchi mentali ed inibizioni. I Mantra impiegati sono a pag 190 del testo.

Samadhi, (capitolo VIII) il cui significato letterale dal sanscrito è sam equilibrio e dhi intelletto, è lo stato più alto della meditazione in cui la mente perde la sua individualità, il meditante e l’oggetto si fondono l’uno nell’altro.  Senza maestro è impossibile arrivare ad entrare in samadhi e per farlo si possono applicare sei metodi: 

  • - Dhyan
  • - Nad
  • - Rasanad
  • - Lay
  • - Bhakti
  • - Raj

Il samadhi porta alla beatitudine e questa è la perfezione ricercata nello yog. Una volta arrivati al samadhi non rimane nessuna altra pratica da fare.  Per entrare in samadhi è indispensabile:

  •  restare nella posizione  padmasan (seduto a gambe incrociate)  per 3 ore e 48 minuti senza sforzo, 
  • conoscere le tecniche segrete del mula bhanda, (un termine sanscrito che vuol dire letteralmente “sigillo della radice” alla base della colonna. I bandha, infatti, sono contrazioni muscolari per veicolare il prana),  
  • fare khecari mudra,  girare la lingua e introdurla nella cavità interna del cranio, dietro il palato, e fissare lo sguardo nello spazio fra le sopracciglia,
  • fare ritenzione e astensione spontanea del respiro, in sanscrito è kevala kumbhaka,
  • avere le nadi (i canali energetici) purificate, in modo particolare la sushumna nadi, e aver fatto shank praksalan (il difficile nome di shank prakshalan significa “lavaggio della conchiglia”  o dell'intestino),
  • mantenere il contatto con la madre terra.

Quando si giunge in samadhi le azioni (karam) cessano e gli archetipi del subconscio (sanskar) si estinguono e al loro posto resta solo purezza, si resterà in stato di Turiya, in questo stato la persona in samadhi è sveglia per Dio e dorme per il mondo.

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