Il motivo che spinse il Buddha a raggiungere l'illuminazione fu la compassione, il desiderio di aiutare gli altri. Dovremmo sforzarci di sradicare le cause della sofferenza..
Quando il buddhismo è arrivato in Tibet nell'VII secolo, convivevano due sistemi, sutra e tantra per intraprendere le pratiche del Dharma. Il sutra promosso dal maestro indiano Shantarakshita, che è il sentiero dello studio e della pratica tramite i quali dopo molte vite si raggiunge l'illuminazione, e il tantra, promosso dal grande yogi Padmasambhava, che permetteva attraverso pratiche segrete di raggiungere l'illuminazione nel corso di una sola vita. Il grande maestro Atisha scrisse il testo La lampada del sentiero dell'illuminazione, che condensa tutti i sentieri essenziali, in una forma adatta la popolo tibetano. Agli inizi del XV secolo, il maestro tibetano Tsong-kha-pa scrisse un libro intitolato Lam-rin, o gradi del sentiero verso l'illuminazione. In questo testo sviluppava e rendeva più accessibile l'insegnamento del maestro Atisha. Questo testo, dimostra come tutti gli insegnamenti si integrino, - come il Dharma (che può essere tradotto come "Dovere", "Legge") includa sia il sutra, sentiero comune, sia il tantra, il sentiero segreto. Spiega anche che è impossibile intraprendere pratiche esoteriche senza comprendere gli insegnamenti buddhisti di base. Nel buddhismo tibetano ci sono quattro scuole: Nyingma, Shakya, Geluk e Kagyu, tutte hanno fuso insieme i sistemi del sutra e del tantra, tutte sono sullo stesso piano, e seguono gli insegnamenti dello stesso maestro, il Buddha Shakyamuni. Il buddhismo è un tesoro destinato la mondo intero. Per un individuo vivere il proprio dharma significa agire secondo legge: nel buddismo si dice che seguire la via del dharma porti all’Illuminazione.
Il Lam-rim è alla base degli insegnamenti di Sua Santità il Dalai Lama. I sutra della Perfetta saggezza dicono che la pratica della generosità, dell'etica, della pazienza, dell'energia, della concentrazione e della saggezza sono il solo sentiero, sia sutra, sia tantra, che tutti i Buddha del passato percorsero per giungere all'illuminazione. Il suggerimento di Sua santità è quello di integrare la nostra vita quotidiana con un livello superiore di consapevolezza e accordarla con una motivazione compassionevole. Le attività di questo mondo non cessano mai sino al momento della morte, dovremmo sforzarci di trovare il tempo nell'arco della nostra vita quotidiana di praticare il Dharma. Lo studio e la conoscenza ci aiutano ad andare in questa direzione. Importante è rispettare colui che sta impartendo gli insegnamenti e conservare come preziosi tesori gli insegnamenti dati da grandi Maestri spirituali. E' il maestro spirituale, o guru, la sola porta verso l'illuminazione, è colui che ci introduce a quei vasti e profondi insegnamenti formulati dal Buddha stesso in maniera adatta alla nostra comprensione. La pratica di qualsiasi sentiero dovrebbe basarsi su istruzioni esaurienti ed autentiche.Tsong-kha-pa dice che un maestro dovrebbe avere la mente domata, ma anche la conoscenza degli insegnamenti, e la motivazione all'insegnamento dovrebbe essere pura. La fiducia nei maestri deve basarsi sull'esperienza vissuta e verificata.
Immaginate un ampio oceano e un giogo dorato che vi galleggia sopra. Nelle profondità dell'oceano nuota un'unica tartaruga cieca, che riemerge per respirare ogni 100 anni. Quante sono le possibilità che al tartaruga riemerga con la testa infilata nel buco del giogo? Il Buddha diceva che raggiungere una preziosa rinascita umana è fatto ancora più raro. E Shatideva dice che, avendo ottenuto una simile preziona forma umana, non dobbiamo perdere questa opportunità per dedicarvi alla pratica del Dharma, meditare, accumulare virtù ed arrivare alla liberazione. Molti grandi maestri del passato, come Nagarjuna, Asanga e Milarepa, usarono questa opportunità.
Il Buddha ha detto che tra tutti i diversi tipi di consapevolezza, la consapevolezza dell'impermanenza e della morte è la migliore. L'atteggiamento più realistico che possiamo coltivare è sperare il meglio, ma essendo pronti al peggio. Quando si troveranno ad affrontare la morte, i migliori praticanti saranno felici, i praticanti di medio livello vi saranno preparati, e anche i praticanti del livello inferiore non avranno rimpianti. E' molto importante che nell'ultimo giorno della nostra vita, non avere neanche una minima fitta di rimpianto. La pratica buddhista mira a raggiungere una pace eterna, qualcosa di inconcepibile per la mente umana. Come dice spesso il Dalai Lama "dovremmo dedicare il 50% del nostro tempo e della nostra energia alle preoccupazioni per la nostra vita futura e il 50% agli affari di questa vita attuale". Dopo la morte si entra nello stato intermedio, il bardo della durata di sette giorni, prima di rinascere nel regno d'esistenza appropriato. La morte non è nient'altro che al separazione della coscienza dal corpo fisico.
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