sabato 2 aprile 2022

La vita in una comunità zen (3) - Alan Watts

 In questo testo  Lo zen. Un modo di vita, lavoro e arte in estremo Oriente, Alan Watts illustra come si svolge la vita in una comunità zen.. 

Dopo l'illuminazione il Buddha formò il suo Ordine (sangha) di mendicanti senza dimora, che poi cominicarono a raccogliersi in comunità monastiche. Il monaco (bhikhu) aveva una elevata e importante funzione sociale che consisteva nel fare da guida, era un filosofo ed amico alla comunità. L'evoluzione della comunità zen come la vediamo oggi si deve al maestro Po-chang morto nel 814 dopo Cristo. In queste comunità non si viveva di elemosine, ma i monaci coltivavano riso ed altri vegetali per le necessità e l'autosufficienza del monastero. I lavori manuali non erano considerati degradanti e la vita era regolata da disciplina rigorosa, precisione e regolarità. 

Il cuore della vita di queste comunità era ed è la sala della meditazione (semmon dojo) decorata con l'altare del Buddha (butsudan) dove si svolge la pratica della meditazione za-zen. La durata della meditazione è regolata dalla durata di un bastoncino d'incenso, mentre i monaci meditano, due monaci sorvegliano gli altri, e quando notano qualcuno assonnato lo riportano alla coscienza colpendolo con un bastone chiamato keisaku. Durante il giorno il maestro del monastero incontra i monaci per vedere a che punto sono con i loro koan (quesiti senza una soluzione logica) e periodicamente vengono organizzate conferenze più formali (teisho) sul significato di testi zen e sulla recitazione di sutra (insegnamenti del Buddha). 

Lo zen cerca il valore religioso e l'illuminazione nelle faccende quotidiane mentre spesso gli uomini cercano la spiritualità al di fuori della vita quotidiana. Lo zen cerca di essere in armonia con la vita secondo la quale tutti gli esseri sono potenzialmente Buddha. Molti monaci dopo avere ottenuto la qualifica di maestro lasciano il monastero e ritornano alla consueta vita del mondo cercando di portare avanti il compito del Bodhisattva che è quello di aiutare gli esseri ad uscire dal samsara (il ciclo delle rinascite) e dalla sofferenza. Come dice il buddhismo: "non c'è luogo dove l'uomo possa sfuggire al proprio karma, Il karma dell'uomo viaggia con esso".

L'Oriente associa la saggezza alla conoscenza psichica e spirituale e non alla fisica come in Occidente; e questa saggezza viene tenuta segreta e trasmessa solo ai discepoli più fidati. Come conseguenza solo pochi individui potranno raggiungere l'illuminazione e la trasformazione sociale si avrà solo dopo parecchie migliaia di anni. I tre più famosi esponenti dello zen, Bodhidarma, Lin-chi e Te-shan, sono tutti caratterizzati da immuntabile equanimità, sconfinata pietà, vitalità ardente e in un certo senso spietata.  

Lo zen ha influenzato la civiltà dell'estremo Oriente in due direzioni: nell'estetica e nell'arte militare.  Da una parte ispirò la poetica, la cerimonia del té (cha-no-yu), l'arte del giardinaggio, la pittura, la poesia, e l'architettura giapponese, dall'altra produsse il ju-jutsu (judo), il kenjutsu (scherma) e il bushido (il codice cavalleresco dei samurai). Tutte queste forme espressive o discipline  erano caratterizzate dall'eliminazione degli elementi non essenziali e "dall'economia dello sforzo".  Anche qui ci sono delle affinità con il taoismo, e con il principio del wu-wei, che insegnava ad arrivare all'azione attraverso la non azione. Nel Tao Te Ching è riportato: "Un vento molto forte non dura tutto il mattino, uno scroscio di pioggia non dura tutto il giorno. Tale è il corso della natura, E se la natura stessa non può sostenere a lungo i suoi sforzi, quanto meno lo potrò l'uomo".   E ancora.  "l'abile viaggiatore non lascia traccia, l'abile parlatore non dice una parola di troppo". 

La pittura zen è famosa per il suo minimalismo, poche pennellate per rappresentare un soggetto, mare o prato, ecc. Per quanto riguarda la cerimonia del tè, essa veniva associata alla fuga temporanea dalle preoccupazioni e le dispersioni mentali, un momento di contemplazione della bellezza nella natura e nell'arte. La casa del tè (chaseki) si trovava in un angolo del giardino quasi nascosta, in armonia con la natura, con l'ingresso basso, dove tutti dovevano inchinarsi umilmente per entrare. 

Non bisogna però associare lo zen al solo puro sentimentalismo, perchè è stato la base anche del kenjutsu, l'arte della scherma e del bushido, la via del guerriero dei samurai, i quali visitavano spesso i maestri zen, per raccogliere le forze per andare avanti senza voltarsi a guardare. Lo zen insegnava loro come la vita e la morte fossero solo aspetti della medesima esistenza, e come si potesse dimenticare l'io nella sua unità con la vita.

Lo zen è un contatto immediato con la vita, un completo fondersi dell'io e della vita in una unità assoluta, è l'io che scorre con il flusso della vita e diventa un tutt'uno con esso. Quando l'uomo capisce che ciò che inseguiva era solo l'immagine irreale dell'unico vero Io, di ciò che sempre fu, è e sarà, ha trovato l'illuminazione.

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