Il libro Meditare giorno dopo giorno di Christophe André è dedicato a Jon Kabat-Zinn per la visione, a Zindel Segal per la scienza, a Matthieu Ricard per l'esempio, e a tutti e tre per il loro insegnamento e la loro amicizia.
- Jon Kabat-Zinn (1944 - ) è un biologo e fondatore della Stress Reduction Clinic e del Center for Mindfulness in Medicine presso la University of Massachusetts Medical School. Jon Kabat-Zinn è stao il primo ad introdurre la Mindfulness in Occidente in contesti secolari come gli ospedali con il proposito di aiutare le persone a fronteggiare stress, ansia, sofferenza, malattia e a migliorare le proprie condizioni psico-fisiche.
- Matthieu Ricard (1946 - ) è uno dei monaci buddhisti più conosciuti in Occidente ed è spesso l'interprete del Dalai Lama. E' autore di numerosi testi che hanno avuto uno straordinario successo di pubblico. Ha creato l'associazione Karuna Shechen che aiuta persone nel campo dell'educazione e sanità in Buthan, Tibet, Nepal e India.
- Zindel Segal (1956 - )è conosciuto perchè è stato tra i primi a combattere la depressione con la meditazione. Professore di psicologia cognitiva presso l'Università di Toronto e specialista in depressione, è uno dei fondatori della Mindfulness Based Cognitive Therapy insieme a Mark Williams e John Teasdale. E' un illustre professore di psicologia sui disturbi dell'umore. È autore di Mindfulness-Based Cognitive Therapy for Depression.
Il testo Meditare giorno dopo giorno, pubblicato nel settembre 2011 è uno dei più conosciuti di Christophe André. In questo testo, sotto forma di 25 lezioni, presenta che cosa è la meditazione Mindfulness o plein conscience in francese (in italiano piena coscienza). Vivere in piena coscienza è il portare regolarmente un'attenzione tranquilla all'istante presente, lasciando andare i pensieri, le parole e semplicemente vivere e assaporare questo istante. Questa attitudine può modificare il nostro rapporto con il mondo in maniera radicale, alleggerire le nostre sofferenze e trascendere le nostre gioie. Per arrivare a questo occorrono anni di pratica. Meditare è smettere di fare, di agitarsi, ritirarsi dal mondo, ed iniziare un viaggio interiore. Si intraprende questo viaggio con la speranza di trovare la calma e il vuoto, ma spesso ci troviamo di fronte a confusione, angoscia e sofferenza. La prima tappa del percorso meditativo è quella di apprendere a restare immobili e silenziosi per un tempo sufficientemente lungo per poter osservare con distacco la nostra mente. E solo per arrivare a questo spesso occorrono anni...
La Piena coscienza, non è fare il vuoto, ma è arrivare a prendere contatto con l'esperienza, sempre in movimento, che noi stiamo vivendo; e osservare quindi il nostro rapporto con questa esperienza, la natura della nostra esperienza in questo istante. La Piena Coscienza è questo: creare ogni tanto un piccolo spazio per osservarsi mentre facciamo.
L'istante presente. Per entrare nel momento presente dobbiamo, attraverso un atto deliberato, arrestare il flusso automatico dei nostri pensieri ed atti, che ci portano spesso nel passato e nel futuro, ed aprire la nostra mente a tutto quello che è là nel momento presente.
Meditare in piena coscienza è provare a sentire e connettersi al momento presente, senza pensare. Niente sostituisce l'esperienza del momento presente.
La respirazione. Da sempre la respirazione occupa un posto centrale nelle pratiche meditative ed è il mezzo più potente per connettersi all'istante presente. Attraverso il respiro, senza controllarlo ma semplicemente connettendosi ad esso e accompagnandolo, possiamo riuscire a pacificarsi con noi stessi. Respirare non trasforma la realtà, ma trasforma l'esperienza che abbiamo della realtà. Se abbiamo dei problemi è meglio portare l'attenzione sul respiro che continuare a rimuginare.
Piano piano, col tempo, scopriamo che è tutto il nostro corpo che respira e noi siamo nella respirazione, siamo la respirazione stessa. La respirazione diventa la via privilegiata di comunicazione e scambio con tutto quello che è in noi e intorno a noi.
Meditare con il corpo. Il corpo e la mente sono indissociabili, ed è quindi importante prendere coscienza anche del nostro corpo, dolcemente, parte dopo parte.
Importante è anche accogliere serenamente i suoni, in piena coscienza, una condizione che ci porterà verso un percezione unica e irripetibile. In questo stato di grazia si può tentare anche di assaporare e percepire il silenzio, magari non il silenzio completo o assoluto, ma il silenzio tra i momenti di rumori e suoni che oramai invadono tutta la nostra vita quotidiana.
Gli esseri umani sono più facilitati a ritenere la respirazione che astenersi di pensare. Non possiamo astenerci di pensare. Nella nostra mente c'è un flusso incessante di pensieri, che la meditazione può interrompere e controllare solo per qualche breve istante. L'obiettivo è quello di riuscire ad osservare i pensieri, diventarne osservatore. Per raggiungere questo obiettivo occorre molto, molto, molto allenamento, praticare con costanza e disciplina. Per arrivare a questo occorre focalizzarsi sull'istante presente e sulla respirazione, poi ci accorgeremo che ci siamo rimessi a pensare, che abbiamo colto il pensiero che sorge, e piano piano riusciamo a diventarne osservatori.
Nella piena coscienza, per tendere all'equilibrio emozionale, si devono sviluppare due competenze: si accolgono le emozioni e si accetta la loro presenza, anche di quelle negative e dolorose. Si cerca quindi di creare uno spazio per osservarle.
Possiamo dire che esistono tre livelli di coscienza. 1- La coscienza primaria attraverso la quale percepiamo sensazioni ed impressioni, 2- la coscienza identitaria dal quale emerge la nozione del sé, 3- la coscienza riflessiva che è capace di osservare i meccanismi del sé. La piena coscienza integra questi tre tipi li livelli e permette alla nostra mente di dissociarsi e di liberarsi degli automatismi mentali.
L'attenzione è lo strumento della coscienza, sulla base dell'apertura ci sono due tipi di attenzione: focalizzata o aperta. Sulla base della qualità ci sono due tipi di attenzione: analitica o immersiva. Più la nostra attenzione è aperta o allargata e immersiva, più siamo vicini alla piena coscienza. La pratica di meditazione può essere considerata un'allenamento intenzionale. Durante la giornata dovremmo trovare dei momenti di raccoglimento, per riprendere contatto con noi stessi.
Ci sono quattro attitudini mentali importanti nella piena coscienza: non giudicare, non filtrare, non attaccarsi, non aspettarsi niente. Applicando queste attitudini mentali la nostra coscienza diventa Piena coscienza, diventa vasta e senza oggetto, una pura presenza. Si prende coscienza che esistiamo qui e adesso.
Dovremmo cercare di aprire gli occhi su tutti gli oggetti ordinari che incontriamo, su tutte le ricchezze insondabili e inestimabili che incrociamo, e questa apertura ci aprirebbe all'unanimità.
Dovremmo preservare la coscienza dalle sollecitazioni della vita moderna, da questa corsa al consumismo sfrenato, al materialismo psicotossico a cui ci spingono la pubblicità, i media e i social network. Più corriamo verso l'esterno, meno c'è coscienza. La piena coscienza può avvicinarci a quei bisogni fondamentali che sono la lentezza, la calma, il silenzio, la continuità, e a volte perché no, la non azione. Prendere tempo per reagire alle sollecitazioni e agli eventi della vita, ed essere consapevole delle emozioni che sorgono...
Ci sono due vie nella meditazione buddhista: shamatha la via della calma, e vipassana la via della visione penetrante. la prima è necessaria perché la seconda possa svilupparsi. I buddhisti ci ricordano i concetti fondamentali che sono l'interdipendenza, la vacuità e l'impermanenza. Non c'è una esistenza assoluta in quanto entità fissa e isolata. Tutte le cose e fenomeni hanno legami di interdipendenza. La vacuità di una cosa o di un fenomeno, non significa che non esiste, ma la sua natura è instabile, mobile, soggettiva, complessa. Il maestro buddhista Thich Nhat Hanh insegna: "La meditazione non è un'evasione ma un incontro sereno con la realtà".
L'accettazione è al cuore della piena coscienza, accettare non significa comunque dire che tutto è bene, ma dire semplicemente che tutto è là, tutto è già là. Nell'accettazione c'è l'intenzione di restare nella lucidità e nella calma, lasciare il mondo entrare in noi per poi ritornare all'azione.
I dolori fisici e mentali sono inevitabili, poi subentra la sofferenza che è l'impatto del dolore sulla coscienza. Per evitare le ruminazioni e le distorsioni mentali e fare fronte alla sofferenza si può fare riferimento al respiro che diventa come un rifugio. Si comprende che siamo umani. Il messaggio della piena coscienza è semplice: visto che è troppo difficile eliminare i pensieri dolorosi, dobbiamo allargare il campo della coscienza a tutto il resto dell'esperienza nell'istante presente.
Tutti noi abbiamo delle fragilità, queste ferite e debolezze vengono spesso accantonate e dimenticate, ma ogni tanto escono dall'armadio. Soprattutto quando abbiamo sofferto di depressione o di ansietà. La meditazione della piena coscienza aiuta a prevenire le ricadute, a non farci intimidire da questi ordini che vengono dal fondo di noi stessi. E' stato appurato scientificamente che queste ricadute, quando si esercita la pratica della Piena coscienza sono meno violente e più diradate. Quando queste crisi riprendono dobbiamo soprattutto non isolarci dal mondo, ma aprire le finestre del mentale su quello che ci circonda e restare sensibili alla bellezza del mondo. E soprattutto agire, fare una passeggiata, giardinaggio, fare lavoretti, ricerche, ecc, perché se si resta senza far niente, si affonda. Dobbiamo apprendere a convivere con le incertezze, e soprattutto se nella nostra vita ci sono problemi insolubili, dobbiamo accettarli. Non ripiegarci su di loro e continuare a vivere ed avanzare nel mondo. Per poter affrontare le grandi sfide della vita, dobbiamo prepararci e la Pratica della piena coscienza, se effettuata regolarmente, può aiutarci in questo.
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