sabato 18 marzo 2023

Ishvara Pranidhana - Il concetto del Divino nello Yoga

Nello Yoga, Ishvara Pranidhana, è il quinto e ultimo Niyama o osservanza. Il termine “Isvara Pranidhana” è composto da due parole:   Isvara, che si traduce come “Essere Supremo”, “Dio”, “Brahman”, “Realtà ultima” o “Vero Sé” e  Pranidhana, che significa “fissare”. Yoga Sutra 2.45.  - 

Possiamo dunque tradurre come l’arrenderci fiduciosi all’Universo e il rendere ogni azione un’offerta a qualcosa più grande di noi..
Patanjali ci presenta la nozione di Ishvara nel primo capitolo degli Yoga Sutra. Non menziona pratiche devozionali tipicamente associate a una divinità. Piuttosto lo definisce come coscienza superiore, illimitata e impersonale.  Non si tratta né di un Dio creatore né di un Dio giudice o tantomeno salvatore. Piuttosto viene definito sommo Sé (puruṣa), consapevolezza suprema (cap I. 24-25). Questo concetto di Divino è alquanto distante dalla visione occidentale. Ishvara è un termine dell’ Induismo, con una vasta gamma di significati che dipendono dall'epoca e dalla darshana (scuola di pensiero). Qui tratteremo la visione dello Yoga, che è una di queste scuole di pensiero.

Possiamo fare una distinzione tra Divino immanente e Divino trascendente. Il Divino immanente (Divino interiore, sé, essenza) è quello che nella tradizione cristiana (e non solo) è conosciuto come anima. E’ un centro di coscienza e di saggezza che esprime la vera natura di ogni essere umano, e costituisce una “particella” del Divino trascendente.
Il Divino trascendente (Divino esteriore, sommo Sé) è l’essere che sostiene e sottende a ogni manifestazione dell’universo, dall'atomo ai sistemi più complessi. E’ il substrato metafisico di tutto ciò che esiste.  Di fatto la sostanza dell’uno e dell’altro è identica. Interiore o esteriore, sono solo modalità soggettive di percezione della realtà, perché sul piano dell’assoluto “tutto è uno”! Quindi, quando parliamo di Ishvara, parliamo del Divino di cui l’essenza dell’uomo è parte.
Arrendersi al Divino significa arrendersi alla vita senza trasformarsi in un’entità diversa da ciò che siamo. Accettare la vita com’è, essere la vita stessa. Allora la vera personalità fiorisce, libera dal soffocamento dell’ego.

Accettare la vita non vuol dire avere un atteggiamento arrendevole, perché Ishvara pranidhana si rivela come frutto di una pratica intensa (tapas) e della conoscenza di sé (svadhyaya), che sono altri due Niyama. Ishvara Pranidhana è dunque associato a un lavoro costante e consapevole. Dobbiamo impegnarci e fare del nostro meglio, ma non dobbiamo essere attaccati ai frutti delle nostre azioni. Ishvara Pranidhana è “libertà dall’ego”, dove per ego si intende ciò che genera nell’uomo un senso di separazione che impedisce di entrare in contatto profondo con il Tutto e di vivere in armonia con il prossimo. Si tratta di sentire la vita come espressione di noi stessi e riconoscerla anche fuori di noi.
Attraverso la pratica di questo Niyama, riconosciamo che il Divino permea tutto l’universo, e attraverso questa consapevolezza abbracciamo il nostro ruolo come parte del Tutto, dell’Uno.

Lo Yoga è una religione? E’ una domanda che molti praticanti di yoga (ma non solo) si sono posti.  Lo Yoga è in contrasto con il mio sentire religioso? Devo cambiare il mio credo in favore di un altro? Non posso praticare Yoga (o pronunciare l’Om) se sono credente? 
No, lo Yoga non è una religione (non è Induismo, Giainismo, Buddhismo e Sikhismo: le religioni che troviamo in India) e non è in conflitto con la religione o con la nostra sensibilità.
E’ altrettanto vero che troviamo riferimenti a Dio, ma con l’accezione di Divino: l’Universo, la Madre Terra, la fonte dell’infinito ed eterno Amore, è tutto ciò che ci circonda.
In India ci sono molte divinità che rappresentano l’incarnazione delle diverse energie.
Lo yoga nasce da una tradizione orale, in cui i concetti venivano tramandati solamente a voce e servivano per questo racconti ricchi di immagini suggestive e facilmente esplicative.

Negli yoga sutra troviamo la parola Ishwara tradotta come Dio, la Natura, l’Universo, un’Essenza più ampia, quindi, di un concetto riferito ad una religione specifica.

Lo yoga è una scienza che indaga il nostro Essere e non offre una nuova religione, ma ha sicuramente una dimensione spirituale importantissima. “Non sei un essere umano in cerca di un’esperienza spirituale. Sei un essere spirituale immerso in un’esperienza umana”.  Questa affermazione è uno dei tanti, importantissimi, insegnamenti dello yoga.
La vita e la scienza dello yoga sono quindi un’opportunità per entrare in connessione con la nostra parte più spirituale. Praticare Yoga (e meditazione) ci aiuta ad armonizzare corpo, respiro e spirito. Quando uniamo la pratica fisica degli asana alla meditazione, agli esercizi di pranayama (ma anche allo studio dei testi) diventiamo più consapevoli di essere un tutt’uno con ciò che ci circonda e raggiungiamo una più profonda connessione con noi stessi e con il mondo.

Negli Yoga Sutra di Patanjali non viene proposto un dogma, ma è un invito a provare sulla nostra persona gli insegnamenti. Siamo invitati a sviluppare una nostra personale ricerca, anche verso la dimensione spirituale. Ma se non ci sentiamo a nostro agio cantando l’Om o i mantra, non dobbiamo sforzarci. Possiamo sentirci liberi di accogliere e fare nostro ciò che preferiamo, e lasciare andare ciò che non sentiamo appartenerci. Questo non significa stravolgere i testi, o i significati profondi della pratica, ma imparare a conoscerli, rispettarli, ma rispettare anche noi stessi scegliendo di abbracciare ciò che sentiamo in armonia con il nostro essere (anche questo è Svadhyaya) e lasciar andare ciò che (magari in quel determinato momento) non fa per noi.

Come potremmo arrenderci fiduciosi all’Universo se prima non abbiamo ripulito il nostro corpo dentro e fuori, se non abbiamo la percepito la contentezza che ci arriva dall’essere in questa vita, se non ci siamo privati del superfluo e non abbiamo dedicato una parte del nostro tempo alla rinuncia, se non abbiamo compreso chi siamo?  Solo allora e solo dopo questo intenso cammino, forse saremo pronti ad una resa totale a qualcosa di più grande.  Quando avremo compreso l’essenza della parola Universo, del Sé e della Verità Eterna, allora sarà semplice comprendere anche che la Verità Eterna è il potere supremo dell’Universo. Questa comprensione profonda ci porterà a sviluppare l’attenzione verso quell’indefinito “qualcosa di più Grande”, e sarà questa attenzione che porteremo in noi a renderci vicini e in unione con questo.

Il senso della parola ‘arrendersi’ può rimandarci ad un senso di debolezza e sottomissione, forse passiva.  Ma arrendersi alla pratica degli asana non è affatto debolezza, anzi è forse la cosa più forte che puoi fare; ancora una volta lasci andare i pensieri, le aspettative, gli obiettivi da raggiungere e, nell’ascolto, comprendi il momento e lo spazio dove fermarti, dove fissare, dove riposare. Da questo riposo puoi ricevere un’enorme comprensione di te, il rispetto per il tuo corpo, coltivare la pazienza, diventare più umile e potrai inoltre permettere alla pratica di sostenerti, grazie allo sviluppo di una straordinaria forza di volontà.
Perciò, mentre pratichi cerca di mantenere sempre la tua consapevolezza sul respiro e cerca di far si che sia sempre lungo, lento, regolare e profondo. La pratica consiste nel lasciare continuamente andare e nel non creare aspettative, mentre la mente continuerà imperterrita a fare programmi, rendiconto e a desiderare risultati con uno scopo ben preciso. Passo dopo passo, anche se con fatica, noterai che inizierai ad agire più rilassato, che le aspettative diventeranno meno insistenti e che “il guadagno” che intendi ricavare dalle tue azioni diventa via via meno importante.
Lasciare andare è un arte che si può apprendere. Se osserviamo un artista, un atleta o un insegnante nella realizzazione delle azioni che stanno compiendo, ci rendiamo conto che sono nel flusso della vita.
Importante è compiere l’azione senza alcuna aspettativa, ciò ci condurrà con naturalezza verso la pratica di Isvara Pranidhana. Seguire il nostro cammino yogico è solo uno fra i nostri doveri; possiamo predisporci ad altre azioni benevolenti senza aspettative. Se impariamo a riconoscere la connessione fra amore e Divino, ci accorgiamo della profondità e immensità che questo porta in noi.
Swami Satchidananda dice: “Se sei in grado di padroneggiare questo Niyama, non c’è bisogno di praticare nessuno degli altri”.

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