sabato 18 marzo 2023

La non dualità. Dal sito di Mauro Bergonzi

Dal sito di Mauro Bergonzi  Il Sorriso dell'Essere:    https://sites.google.com/site/ilsorrisodellessere/home?authuser=0

https://sites.google.com/site/ilsorrisodellessere/satsang                                        - Dialoghi

La parola ‘Non dualità’ indica il semplice fatto che nella realtà ci sono infinite differenze, ma nessuna vera separazione.  La realtà, Ciò che tu veramente sei, non è qualcosa che la mente possa comprendere col pensiero. Ma appena ti fermi un attimo (e questo può accadere in qualsiasi momento), ecco di nuovo chiara ed evidente la Presenza silenziosa che è sempre qui, sempre adesso, a mostrarti il fatto inaudito e meraviglioso che ci sei e sei cosciente. Se proprio vogliamo trovare un ‘senso’ alla nostra apparentemente effimera esistenza, è proprio questo: la meraviglia di scoprire che siamo l'eterna Presenza che non smette mai di danzare. Ma anche se non lo scopriamo, siamo sempre e comunque la Presenza.       Tutto questo non è altro che il sorriso dell'Essere.  

 - Se cerchi la completezza di una pace incorruttibile, di una felicità che non dipenda dal piacere, dove sentirti finalmente a casa, allora quello che cerchi è già qui, adesso.
- Se cerchi Dio, dato che è Onnipresente, potrebbe non essere già qui, adesso?
- Se cerchi la vera Realtà, dato che è Tutto, potrebbe non essere già qui, adesso?
- Se cerchi il tuo vero Sé, dato che tu sei presente, potrebbe non essere già qui, adesso?
- Qualsiasi parola usi per indicare 'Ciò che è', puoi non vederlo, puoi non sapere che cosa sia, ma di sicuro dev'essere qui, adesso.     

Quindi non c'è alcun bisogno di fare qualcosa, percorrere una via o praticare un metodo per raggiungerlo.

Vi riporto alcuni testi presi dal sito:

La non dualità.  Il dischiudersi di una prospettiva radicalmente non dualista non è dipeso da una scelta deliberata, ma è 'accaduto' nella mia diretta esperienza della realtà. Qualcosa si era innescato nel lontano 1981, in occasione di uno sconvolgente incontro con Nisargadatta Maharaj: fu come un’esplosione, che è continuata sotterraneamente per tanti anni, agendo per vie misteriose. Pian piano, in modo estremamente ordinario e gentile, è come se tutti gli schermi mentali che avevo davanti agli occhi si fossero sempre più assottigliati, cadendo uno dopo l’altro, finché è rimasta soltanto una specie di ‘chiarezza’ che permea la mia vita quotidiana.  La fine di un miraggio. Con la scomparsa della ricerca spirituale e del ‘cercatore’, l’agio e la chiarezza che hanno spontaneamente permeato la mia vita ordinaria sono state meglio riconosciute alla luce di ciò che hanno detto Jiddu Krishnamurti, Ramana Maharshi, Tony Parsons ed altri autori sulla stessa lunghezza d’onda   Tutto ciò ha reso la mia comunicazione non dualista alquanto 'destabilizzante', soprattutto per chi segue un percorso di ricerca spirituale che si basi su una pratica orientata verso una meta futura.   ‘Non dualismo’ è anch’esso una parola, come tale inadeguata ad esprimere Ciò che è. Nell’imperfetto modo in cui è possibile descriverlo, ‘non dualismo’ vuol dire che non ci sono reali separazioni nella realtà (infinite differenze si, ma nessuna vera separazione). ‘Non dualismo’ non è ‘monismo’ (che afferma l’uno escludendo il due). Il non dualismo non esclude mai niente, assolutamente niente, tanto meno le nostre preoccupazioni quotidiane. E’ pace profonda che appare come conflitto e inquietudine, è uno che appare come molti, è nulla che appare come tutto, è essere che appare come divenire, è coscienza che appare come mutevoli esperienze. La pace dello spirito contrapposta al turbamento è ciò che si ottiene con le pratiche meditative del ‘testimone’ (l’osservatore che pensa: “Io non sono l’osservato”), vale a dire uno stato costruito dalla mente, una specie di ‘torre d’avorio’ che alcune tradizioni indiane scambiano per la liberazione. Ma non è possibile separare l’osservatore dall’osservato, come non puoi separare il mare dalle onde: il mare è le onde, ma è anche tanto di più. La coscienza-testimone non si può separare dai suoi contenuti, comprese le nostre quotidiane preoccupazioni: è anche quelle, ma non solo quelle. La vera pace, la vera felicità, non è qualcosa che possiamo ottenere o costruire: è qualcosa che siamo, lo sfondo costante su cui si manifestano tutte le esplosioni di piacere e dolore che chiamiamo ‘la nostra vita’.   Noi come ‘singoli individui’ continuiamo ad essere turbati, ma la coscienza che ci abita non lo è. Nel teatro dei burattini compaiono due personaggi diversi, Pulcinella e il Carabiniere, che vanno in collera e se le danno di santa ragione, finché uno vince e l’altro perde. L’illusione che siano individui separati e dotati di due coscienze diverse nasce solo dal fatto che il burattinaio è nascosto alla vista del pubblico. Il burattinaio è uno solo, anche se sembra che ci siano due diversi individui. Il burattinaio non è arrabbiato, non vince e non perde. La sua coscienza è l’unica esistente, anche se illusoriamente appaiono due coscienze diverse. Pulcinella e il Carabiniere non sono nemmeno coscienti: la coscienza che li abita è solo una, quella del burattinaio.

La realizzazione. Se il 'risveglio' è la liberazione dal miraggio di un sé separato, allora, come dice Tony Parsons, l'idea stessa di una persona liberata è una contraddizione in termini. Nessuno lo è stato o lo sarà mai, perché l'idea di un individuo separato dal Tutto è contraddittoria e illusoria.  Il concetto stesso di 'risveglio' è obsoleto, perché Ciò che veramente siamo  non dorme mai, è sempre sveglio. Secondo una prospettiva autenticamente non dualista, l''Essere è sempre realizzato, mentre non esistono 'esseri' realizzati, per il semplice fatto che non esistono separazioni. la Presenza che è sempre qui, evidente e innegabile nella semplice coscienza ordinaria che illumina ogni esperienza. Qualcuno ha detto: “L’unica differenza tra un ‘risvegliato’ e un ‘non risvegliato’ è che il secondo crede ancora di vedere una differenza”. Crediamo di essere un'onda separata dalle altre, mentre siamo tutti un unico mare che 'ondeggia'.  Può forse esistere un'onda fatta di un'acqua che sia più acqua delle altre?  Può esistere un'onda più 'realizzata' delle altre?    Come dice Ramana Maharshi, prima ci convinciamo di essere solo un io separato e limitato, poi sentiamo tutto il peso di questa illusoria limitazione e allora cerchiamo la 'realizzazione' della Totalità: ma cercare non fa che rinforzare la falsa idea che ci manchi veramente qualcosa. Finché cerchiamo, non troveremo, proprio come la signora che cerca la propria collana credendo di averla persa, mentre ha solo dimenticato che ce l’ha appesa al collo. Finché la cerca, non la trova, perché l'unico ostacolo a trovarla è la falsa idea di averla perduta.   La Presenza è al di là del credere o non credere, al di là del pensiero, dei concetti, delle parole e delle prediche. La Presenza è proprio qui, semplice, evidente, ma assolutamente niente può descriverla.  

Il non dualismo e il guru.   L'idea del guru (almeno qui da noi in Occidente) crea più problemi di quanti non ne risolva, mentre l’amicizia  è la chiave della spiritualità, esalta la parità nella differenza, perché gli amici si ritengono tutti allo stesso livello, anche se ognuno apporta contributi unici e insostituibili alla comune risonanza. La spiritualità è inseparabile dal sorriso, mille miglia lontana dalla seriosa tetraggine di tante conventicole imbalsamate che, attorno ai propri guru, si prendono troppo sul serio e trasformano la ricerca in una pratica maledettamente 'seria'. L'uguaglianza nella differenza dell'amicizia rispecchia l'Uno che appare come molti e il sorriso del 'divertimento' riecheggia la danza e il 'gioco' della Vita, così debordante che non ha bisogno di uno 'scopo' per esserci e risplende di luce propria. Mi piace anche sentire che non hai alcun desiderio di 'convertire' gli altri: la Presenza appare perfettamente in tutto ciò che è, dal fondamentalista islamico al non dualista.  In fondo, alche il non dualismo non è che un dito puntato verso Ciò che non ha nome né etichetta.

Ego ed io. Nella psiche sono attive le cosiddette ‘funzioni dell’io’ (regolazione degli scarichi pulsionali, gestione del sistema mnemonico, concettuale ed emotivo, coordinamento fra input sensoriale e output motorio, ecc.) che, fungendo da interfaccia fra organismo e ambiente, favoriscono il nostro adattamento alla realtà. Per queste funzioni utili e necessarie si usa comunemente il termine ‘io’. Di solito il termine ‘ego’ e i suoi derivati (egocentrismo, egoismo, ecc.) vengono invece usati per indicare l’esclusiva identificazione con un ‘sé’ isolato, che ci separa dal rapporto con gli altri e con la realtà, perché diventiamo prigionieri di reazioni, pensieri ed emozioni al cui centro domina appunto soltanto il nostro ego e le sue esigenze. Per esempio, nella misura in cui una sofferenza mentale o un desiderio ci isola dagli altri, è espressione del nostro ‘ego’. C’è uno spazio di consapevolezza che non si esaurisce nell’ego e ne è totalmente libero: è questo il fondamento sempre presente della nostra vera identità.

L'universo. Noi non siamo separabili dall'universo: questo è un fatto, non una ‘sensazione’. Se da un lato siamo capaci di vedere, udire, odorare, assaporare e sentire, e dall’altro non siamo separati dall’universo, ciò significa allora che è l'universo intero a vedere, udire, odorare, assaporare e sentire attraverso noi. L’'io' cosciente che ciascuno di noi crede di essere non è l'individuo, ma l'universo intero. E’ l’universo l'unico soggetto cosciente, che appare come tutto questo: alberi, case, montagne, discariche, tramonti, guerre, sorrisi, uomini buoni e uomini cattivi… tutti differenti, ma non separati. Il senso di esserci, di essere ‘io’, è quella coscienza. Tutto il resto è una costruzione mentale.Chi è l''io' che non riesce a eliminare la costruzione mentale dell'io? Un altro 'io'? Ci sono forse due 'io'? L'unico vero Sé è l'universo che appare come tutto questo mondo. In un sogno ci sei tu (il protagonista) e tanti altri personaggi apparentemente separati da te: alcuni simpatici, altri antipatici, alcuni che ti inseguono per farti del male, altri che ami e vorresti sempre accanto. Di che cosa siete fatti ‘tu’ (il protagonista del sogno) e tutti gli altri personaggi apparentemente separati? Di una sola e unica coscienza: quella del sognatore che sta dormendo tranquillamente nel proprio letto.Noi siamo i personaggi del ‘sogno’ o del ‘film’ dell'universo, fatti di una stessa e sola luce bianca che non nasce e non muore: la coscienza. Naturalmente, finché ti trovi nell'illusione del sogno, la separazione sembra reale e si sente, ma non per questo è meno illusoria. Il sogno è uno stato di coscienza diverso sia dal sonno profondo sia dalla veglia. Ma la coscienza che percepisce il sogno è forse un’altra rispetto a quella di veglia? Pensi che abbiamo più di una coscienza? Oppure sia nel sogno, sia nella veglia, ci sentiamo sempre uno stesso ‘io’ presente e cosciente? La coscienza del sognatore è una, indivisibile e contiene tutto il sogno.  Il mondo e la coscienza appaiono sempre insieme, senza eccezione. Quando due cose appaiono sempre e soltanto insieme, dobbiamo concludere che non sono due ‘cose’, ma due aspetti diversi della stessa cosa. Il ragionamento è semplice:1) Noi siamo dotati di coscienza   2) Noi non siamo separati dall'universo, che ci include. 3) Ergo: l'universo è un sistema auto-osservante dotato di coscienza, il quale vede se stesso attraverso noi.   Nell'advaita c'è una metafora che rende bene l'idea: quando guardi un vaso, facilmente puoi farti l'idea che ci sia uno spazio ‘dentro’ separato dallo spazio ‘fuori’. Il vaso simboleggia il nostro corpo/mente e lo spazio la consapevolezza. Così crediamo che la 'nostra' consapevolezza sia qualcosa di limitato e separato, dentro al corpo/mente. Ma non è lo spazio ad essere dentro al vaso, è il vaso ad essere letteralmente immerso nello spazio e fatto di spazio. Infatti tutte le sensazioni fisiche che chiamiamo 'corpo' e tutti i pensieri che chiamiamo 'mente' appaiono soltanto nella e come consapevolezza.  Ciò che veramente siamo non nasce e non muore. Quando c'è l'ego, è la Presenza che appare come ego. Quando non c'è, è la Presenza che appare come non-ego.  Quindi puoi rilassarti e riconoscere che sei sempre l'infinito spazio senziente che non nasce e non muore.pieghi che cosa intendi per ‘meravigliosa unità del Tutto’, di cui parli spesso?

L'unità del Tutto. Quando si scopre la completa identità fra sé e il tutto, ogni ‘interazione’ diventa obsoleta: invece di una relazione fra due entità separate, c’è un solo Essere che danza.  Mentre guardi un fiume, ti accorgi che la sua acqua assume infinite forme diverse: c’è un gorgo qui che ti sembra separato da un altro lì, e così via.  A un certo punto decidi di 'catturare' il gorgo più vicino con un secchio: ma appena lo fai, si dissolve e ti ritrovi con un secchio d'acqua stagnante. La rigetti nel fiume, ed ecco che di nuovo comincia a scorrere, formando mulinelli. Allora ti rendi conto che tutti questi gorghi sono inseparabili dal fiume, che non esistono come entità isolate, che sono la semplice azione di un'unica corrente d'acqua: ogni gorgo è il modo in cui si manifesta in quel punto l'indivisa corrente del fiume. C'è un’unica cosa: l’acqua del fiume. I gorghi sono solo azioni del suo movimento incessante.  Questa è l'unità del Tutto.   I taoisti raccontano una parabola:

Un barcaiolo si trova nella nebbia, lungo il fiume.  A un certo punto, si accorge che la sagoma vaga di una barca sta venendo dritta verso di lui, contromano. Grida all'altro barcaiolo di scansarsi, ma non riceve risposta. La barca continua a puntare dritta contro la sua. Il barcaiolo va in collera e comincia ad inveire contro l'altro, ma invano. Quando l'altra barca giunge più vicina e diviene ben visibile, il barcaiolo si accorge che è vuota: nessuno la guidava, si è solo sciolta dagli ormeggi per via della corrente. Allora tutta la rabbia del barcaiolo svanisce.

Quando pensiamo che gli altri abbiano un 'io' separato che li guidi, prendiamo tutto sul piano personale e restiamo in balìa della nostra rabbia. Quando li vediamo come barche vuote che seguono semplicemente la corrente, ovviamente li evitiamo, ma niente turba la nostra pace.

La coscienza e i pensieri.  La coscienza percepisce i pensieri, mentre i pensieri non percepiscono proprio niente: semplicemente appaiono e scompaiono alla luce della coscienza. Senza la coscienza, i pensieri non possono apparire, mentre la coscienza senza i pensieri fa tante altre cose: sente odori, sapori, colori, percezioni fisiche, ecc. La coscienza c'è sempre: prima, durante e dopo che un pensiero si è manifestato. Se cade l'illusione di un io separato, appare chiaro che siamo l'universo intero: un unico grande processo che non nasce e non muore.  C'è una differenza sostanziale fra la coscienza (che osserva) e il pensiero (che viene osservato).  Questo processo di identificazione con i pensieri è come dimenticarsi di avere sul naso un paio di occhiali: non puoi più osservare i pensieri (che diventano invisibili, proprio come gli occhiali sul naso). Osservare il dolore e i pensieri è come sfilarsi gli occhiali e posarli sul tavolo: adesso non vedi più tutta la stanza colorata e distorta dalle loro lenti, ma vedi gli occhiali come un semplice oggetto fra i tanti altri presenti di fronte a te.

L'Io. Non è il corpo, non è la mente, non è la coscienza: è una semplice parola, un nome per indicare di volta in volta cose diverse. Dunque 'io' è una semplice parola per indicare di volta in volta le sensazioni fisiche che chiamiamo 'corpo', i pensieri che chiamiamo 'mente' e infine la coscienza.  E' la coscienza che percepisce il pensiero come un oggetto passeggero che va e viene. Dunque la coscienza percepisce i pensieri che chiamiamo 'mente' e non viceversa. Perciò c'è una sostanziale differenza fra la coscienza da un lato e il corpo-mente dall'altra: il corpo-mente è fatto di sensazioni e pensieri che appaiono e scompaiono come semplici oggetti percepiti dallo e nello spazio della coscienza.   Immagina un foglio bianco con un puntino nero in mezzo. Il foglio è lo spazio della coscienza senza cui nulla potrebbe apparire e il puntino è il corpo-mente.  Chi sei tu? Un puntino nero su un foglio bianco, o un foglio bianco con un puntino nero?  La coscienzae percepisce tutto, per cui non è in grado di osservare se stessa come se fosse un oggetto fra gli altri oggetti, proprio come l'occhio può vedere tutto tranne se stesso.   Ciò non significa che allora non ne puoi avere esperienza, solo che non è una esperienza 'oggettiva'.  La coscienza è totalmente libera, come lo spazio è libero da tutti gli oggetti che contiene. 

La mente: La mente non esiste, è una semplice astrazione. 'Mente' è solo una parola, un termine collettivo per indicare la totalità dei pensieri. Se ti guardi dentro in cerca della mente, non la trovi: percepisci solo una serie di pensieri che velocemente appaiono e scompaiono. Una parola può forse ‘fare’ qualcosa? Può essere cosciente? Può osservare? Dunque, se la mente è solo una parola, non può fare niente, tanto meno osservare se stessa o altro. E' la coscienza che osserva tutto, compresi ì pensieri che chiamiamo 'mente'. Nella sua immediatezza e semplicità, la coscienza non può essere condizionata da nulla, perché tutti i condizionamenti sono pensieri e concetti accumulati nella memoria che stanno sempre dalla parte di ciò che è osservato, mai dalla parte di chi osserva. Non esiste dunque un’autosservazione della mente: c’è solo la coscienza che vede i pensieri, e questo avviene spontaneamente, senza alcuno sforzo. Accorgersi dei pensieri non è una pratica: semplicemente accade. La coscienza osserva tutto: sia le percezioni visive, uditive, ecc. che chiamiamo 'mondo', sia le sensazioni fisiche che chiamiamo 'corpo', sia i pensieri che chiamiamo 'mente'. Praticare l’'autosservazione' significa limitare il campo dell'attenzione solo ai pensieri che chiamiamo 'mente', escludendo tutto il resto e rinforzando così l'illusione che 'io' sia separato dal mondo 'esterno'. Invece, se osservi tutto quello che c'è ad ogni momento, accanto ai pensieri tristi ci saranno anche tante altre cose: il sole che filtra fra le foglie di un albero, le candide nuvole che veleggiano nel cielo, la freschezza di un bicchier d'acqua, il vento che accarezza la pelle, il sorriso di un bambino. Allora è difficile sentirsi soli.

Il pensiero critico è sempre indispensabile nell’analisi dei problemi specifici della realtà. Per quanto concerne però le grandi domande universali sull’esistenza, sulla nostra vera identità o sul ‘senso’ della vita, esso è di fondamentale importanza soltanto per decostruire i filtri con cui distorciamo la realtà, ossia per vedere ciò che è falso come falso: allora Ciò che è diventa evidente da sé. Ma, oltre questo punto, ostinarsi ad usare il pensiero critico risulta controproducente: è come continuare a prendere una medicina dopo che si è guariti. Nella mia comunicazione uso il pensiero sia per decostruire le false idee su noi stessi e sulla realtà, sia per indicare (come fa il dito con la luna) o suggerire ciò che è oltre la sua stessa portata.

Amore.  C'è un'unica, indivisibile Vita che si manifesta attraverso ogni cosa. L'espressione di questa unità è l'amore. Quando ami qualcuno, non desideri forse diventare tutt'uno con lui/lei? Quando viviamo la illusoria separazione fra corpo e corpo, fra anima e anima, l'amore è l'anelito a ricomporre l'unità apparentemente perduta. Quando viviamo l'unione con il tutto, l'amore è l'espressione naturale di tale unione. Senza il riconoscimento della non separazione, tutto sembra sempre meschino e gretto. amicizia.  . 


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