venerdì 2 giugno 2023

Buddhismo e buddhismi

Gli insegnamenti del Buddha, hanno segnato il destino intellettuale e spirituale dell’Asia. Molte scuole si sono formate differenziandosi sia nella dottrina sia nella prassi sotto numerosissimi aspetti.

Sri Lankha. Molti dotti occidentali come Elena Petrovna Blavatskij (1831-1891) e Henry Steel Olcott (1832-1907), aderirono formalmente al buddhismo e in particolare al Sangha di Sri Lanka 1880. Olcott cercò di ridare respiro alla cultura tradizionale a Colombo e Kandy. David Hewavitarne (1864-1933), divenne monaco con il nome di Dharmapāla e cercò di far affermare il buddhismo al di là dei suoi confini. Nel 1950, veniva fondata a Colombo, sotto gli auspici governativi, la World fellowship of buddhists (WFB), con una decisione sottoscritta dai delegati di 27 nazioni. Il primo presidente fu George Pieris Malalasekera (1899-1973. Dal 1963 la sede della WFB si è trasferita a Bangkok. Nel 1998, venne creata la World buddhist university (WBU). La WFB presenta una struttura imponente, che conta 15 vicepresidenti, con diversi plessi radicati in tutto il mondo (è recente l’istituzione in Tanzania d’un centro regionale per la diffusione del buddhismo in Africa). 

Sempre a Colombo viene fondato nel maggio 1966 il World buddhist sangha council (WBSC), destinato ad affiancare la WFB specialmente nei rapporti e scambi fra le diverse comunità monastiche. Nel 1967, a coronamento del suo primo Congresso, il WBSC promulgava una dichiarazione sui Basic points unifying the Thēravāda and the Mahāyāna, ricorrendo significativamente al lessico sanscrito proprio del Mahāyāna nella recensione in lingua occidentale. I principi sono di seguito elencati:

  • «Il Buddha è il nostro primo Maestro. 
  • Prendiamo rifugio nel Buddha, nel Dharma (il complesso delle dottrine da lui insegnate) e nel Sangha (la comunità dei monaci).
  • Se Dio abbia creato e/o governi il mondo è questione che non tende all’edificazione.
  • Consideriamo fine della vita lo sviluppare la compassione per tutti i viventi senza distinzione e l’operare per il loro bene, felicità e pace, nonché lo sviluppare la saggezza che conduce alla realizzazione della Verità ultima.
  • Siamo guidati dalle quattro nobili verità – la verità sul Duḥkha (il disagio esistenziale), la verità sul sorgere del Duḥkha, la verità sulla cessazione del Duḥkha, la verità sul sentiero che mena alla cessazione del Duḥkha – e dalla legge di causa ed effetto, il Pratītyasamutpāda (il con-sorgere dei fenomeni in presenza di cause e condizioni).
  • Asseriamo che tutti i saṃskāra (le cose condizionate) sono anitya (impermanenti) e duḥkha e che tutti i dharma (le cose condizionate e incondizionate, incluso il Nirvāna) sono anātman (senza sé o non sé).
  • Accettiamo i trentasette bodhipakṣadharma (le qualità che conducono all’Illuminazione) come aspetti diversi della via insegnata dal Buddha che mena all’Illuminazione.
  • Vi sono tre modi d’attingere la Bodhi (l’Illuminazione): come śravaka (uditore, discepolo che l’attinge grazie all’insegnamento altrui), come pratyekabuddha (Buddha per uno che l’attinge per sé stesso e non la insegna ad altri) e come Saṃyaksambuddha (Buddha perfettamente e totalmente illuminato, che l’attinge per sé stesso e la insegna ad altri). Accettiamo come ideale più elevato, più nobile ed eroico il seguire la carriera d’un Bodhisattva (dalla mente tesa all’Illuminazione, un futuro Buddha) e divenire un Saṃyaksambuddha al fine di salvare gli altri.
  • Ammettiamo l’esistenza di differenze in credenze e pratiche buddhistiche in diversi Paesi. Tali forme ed espressioni esteriori non vanno confuse con gli insegnamenti essenziali del Buddha».

Queste iniziative mirano a identificare un minimo comune denominatore tra i diversi ‘buddhismi’ – qui rappresentato dai capisaldi più significativi del Thēravāda, ultima sopravvissuta delle diciotto scuole buddhistiche antiche. I risvolti politici del WBSC appaiono anche dal fatto che alla sua presidenza onoraria sia stato posto un prestigioso esponente dell’establishment buddhistico della diaspora cinese, il venerabile maestro del Dharma Wu Ming.

Negli Stati Uniti gli immigrati dalle diverse zone dell’Asia, che formano la massa dei buddhisti statunitensi (l’80% dei circa sei milioni di persone che si riconoscono tali nei censimenti effettuati sui gruppi religiosi americani), non sembrano sentirne il bisogno di fare riferimento ad una organizzazione internazionale e s’accontentano di far capo a strutture confessionali interne alle rispettive tradizioni delle loro comunità, come l’imponente organizzazione nazionale delle Buddhist churches of America (BCA) che raccoglie i seguaci della scuola della Vera pura terra di Amitābha (Jōdo Shinshū). Le BCA aderiscono direttamente alla WFB; ma ve ne sono, moltissime che l’ignorano.

In Europa è stata fondata nel 1975 la European buddhist union (EBU), che abbraccia comunità e istituzioni buddhistiche d’ogni appartenenza. In origine destinata a raccogliere soltanto l’adesione di confederazioni nazionali – come la Deutsche buddhistische Union E.V. (DBU, fondata nel 1955), la Österreichische buddhistische Union (fondata nel 1976) e l’Unione buddhista italiana (UBI, fondata nel 1985) e riconosciuta dallo Stato italiano con intesa stipulata nel 2007.

Il Friends of the western buddhist order (FWBO) è stato fondato nel 1967-68 a Londra da Dennis Lingwood. Dopo il suo rientro in patria dall’India dopo una serie di iniziazioni al Thēravāda e al Mahāyāna tibetano, ha tentato una sintesi(un sincretismo) tra le diverse esperienze proponendo una versione occidentale del buddhismo.  Un altro alfiere di questa tendenza è lo scozzese Stephen Batchelor, ordinato monaco nella tradizione dei Gelugpa tibetani nel 1978 dopo un duro noviziato – durato otto anni a Dharamshala e in Svizzera. Traduttore dal tibetano e dal coreano e autore del brillante pamphlet che porta il significativo titolo di Buddhism without beliefs. A contemporary guide to awakening (1997), questo ‘buddhista agnostico’, come si autodefinisce, relativizza la maggior parte delle concezioni su cui poggia la visione del mondo delle diverse scuole che si rifanno al Buddha.

I membri effettivi del FWBO ricevono un’iniziazione e s’impegnano a uno stile di vita a metà tra quello tradizionale dei bhikkhu e quello dei laici. Si noterà che, anziché presentarsi come upāsaka (così normalmente nel lessico buddhistico vengono detti i laici), questi ‘buddhisti occidentali’ preferiscono essere chiamati dharmacārin (praticante del Dharma).

La branca indiana del FWBO ha rilevante importanza tra quelle, sempre più numerose, che si sono formate via via in Occidente, in Oceania e nell’Asia meridionale.  Lingwood durante il suo soggiorno indiano aveva incontrato Bhimrao Ramji, poi Babasaheb Ambedkar (1891-1956), uno dei padri della Costituzione dell’India, fondatore dell’Independent labour party e fiero nemico della società tradizionale basata sulle caste – essendo egli stesso un appartenente alla stirpe degli ‘intoccabili’ mahar. Ambedkar ha fondato la Buddhist society of India nel 1955 e  si è fatto iniziare al Thēravāda il 14 ottobre 1956, portando con sé un seguito di quasi mezzo milione di seguaci.  The Buddha and his Dhamma (1957) è il suo testamento spirituale. I seguaci del Navayāna (nuovo veicolo) sarebbero circa cinquanta milioni secondo le stime dei portavoce del movimento, meno di dieci secondo i suoi avversari; il censimento è reso difficile dal fatto che perlopiù continuano a essere registrati all’anagrafe come hindu. Accanto a un esplicito rifiuto dei tradizionali culti indiani e della fede nelle ‘incarnazioni’ di Dio , coloro che pronunciano i ventidue voti dettati da Ambedkar si impegnano a credere nell’eguaglianza tra tutti gli esseri umani e a lottare per stabilirla, oltre ad adottare il Dhamma del Buddha (il termine è in lingua pāli e sottolinea l’appartenenza al Thēravāda) come sola vera religione. Non mancano incidenti con esplosioni di violenza popolare; l’ultima risale al 2006. Chi contesta la figura e gli scritti di Ambedkar talora è minacciato di morte dagli estremisti che si fanno chiamare buddhist panters. Vi sono organizzazioni buddhistiche indiane, che si rifanno espressamente ad Ambedkar, le quali aderiscono alla WBF.

Nel 2007 vi sono state nel Regno Unito interrogazioni parlamentari che hanno espresso preoccupazioni sul presunto carattere settario del FWBO, così come di altri movimenti buddhistici, quali la Soka Gakkai international (UK) e la New Kadampa tradition, che reclutano con successo i loro adepti fra i sudditi britannici, tutti coordinati dal Network of buddhist organisations (UK) (NBO), fondato nel 1993. Il NBO è stato accolto come membro dalla European buddhist union apparentemente sullo stesso piano del FWBO: il che fa pensare che quest’ultimo abbia conservato una certa indipendenza nei confronti del primo.

Il Dalai Lama ricopre un ruolo rilevante nel coordinare e unificare il frammentatissimo panorama delle scuole buddhistiche. Le tappe della vita e delle vicissitudini di tale carismatica figura sono ben note: Lhamo Dondup venne riconosciuto all’età di tre anni come quattordicesimo tülku del Bodhisattva Avalokiteśvara nel ruolo di Dalai Lama. Fu educato nel palazzo-monastero di Potala a Lhasa, venendo da allora in poi designato con gli epiteti onorifici di Jetsun Jamphel Ngawang Lobsang Yeshe Tenzing Gyatso. Il suo insediamento ufficiale ebbe luogo il 17 nov. 1950, un mese dopo l’ingresso in Tibet di un corpo di spedizione cinese di 80.000 uomini. Il nuovo capo di Stato convisse faticosamente con il dominio cinese fino a che fuggì in India (marzo 1958) con un piccolo seguito che, negli anni successivi, venne ingrossandosi fino a contare 85.000 persone. 

Javaharlal Nehru, mentre garantiva a Pechino che l’esule non si sarebbe più occupato di politica, lo sostenne nella formazione di un governo tibetano in esilio. Nel giugno 1959 il Dalai Lama faceva appello all’ONU, in cui invitava a rispettare, così come a non pregiudicare, i diritti umani della sua popolazione. La risoluzione  del 1961 esprimeva allarme per l’esodo dei tibetani e tornava a invitare con forza al rispetto dei loro diritti umani, incluso quello di autodeterminazione. Dopo che la Repubblica popolare cinese all’ONU ha preso il posto della Repubblica di Cina, ridotta a Taiwan, nel 1971 non vi sono state altre prese di posizione da parte dell’Assemblea. L’India, ammise nel 1954 che il Tibet fosse «una regione della Cina», riconoscendone implicitamente la sovranità. Il Dalai Lama, allocato dal governo dell’India a Dharamshala, stilava nel 1955 una Charter of Tibetans in exile. Fino a oggi il Dalai Lama ha compiuto circa 90 viaggi ufficiali, ricevendo lauree honoris causa e onorificenze in numerosi Paesi, conferendo a decine di migliaia di occidentali iniziazioni – segnatamente connesse alla pratica della Mahāmudrā e alla scuola tibetana del Kālacakra – e sovrintendendo alla diffusione delle diverse scuole tibetane, cominciando da quelle della tradizione dei Gelugpa.

Negli Stati Uniti, ha fondato la Foundation for the preservation of the Mahayana tradition (FPMT). Nel 1987 il Dalai Lama ha stilato un Five point peace plan for Tibet, chiedendo: a) la trasformazione dell’intera regione in zona demilitarizzata; b) la cessazione dell’immigrazione massiccia dalla Cina di popolazione Han, mirante a trasformare i tibetani in una minoranza sotto tutela; c) il rispetto dei diritti umani dei tibetani e delle loro libertà democratiche; d) la cessazione dell’uso cinese del Tibet come pattumiera nucleare; e) l’inizio di negoziati con la Cina per arrivare ad una autonomia del Tibet.

Nel 1989 gli venne conferito il premio Nobel per la Pace. Nella documentazione relativa a questa onorificenza gli veniva riconosciuto il ruolo di «capo spirituale e temporale del popolo tibetano», e veniva menzionato per i suoi ripetuti contatti con le autorità religiose di tutto il mondo, sottolineando in particolare i suoi colloqui con Paolo VI, nel 1963, e con Giovanni Paolo II.  Il Dalai Lama tracciava così le linee di un umanesimo universale in cui il retaggio del Buddha è importante, ma tutt’altro che esclusivo. La visibilità internazionale del Dalai Lama si è accresciuta nel tempo soprattutto in Italia, Inghilterra, Francia e Belgio. Nel 2009 è stato insignito della cittadinanza onoraria di Roma e di Venezia. Ha partecipato a sedute plenarie del Parlamento europeo.

Nel Sud-Est asiaticoè presente il buddhismo Thēravāda. Solo nella Thailandia, dove la società si è evoluta senza drammatiche fratture, lo status del Sangha conserva gran parte dell’antico prestigio: la monarchia continua a sostenerlo e a esserne sostenuta. I bhikkhu – possono ritornare allo stato laicale – godono di privilegi come, per es., il trasporto gratuito sui mezzi pubblici, ma vige per essi il divieto di votare e candidarsi a ricoprire ruoli politici. Si registra la presenza di leader monacali con un certo peso nell’opinione popolare come Mongkol Rakpong. Nella sua autobiografia, Truths about my life (1993), egli si presenta come un Bodhisattva con una certa carica di sincretismo.  Il buddhismo thailandese ha avuto molti rapporti con il potere politico in varie occasioni. Il movimento, impegnato nell’istruire i contadini nell’agricoltura alternativa e nel predicare un’ideologia basata sul ‘meritismo’ opposto al capitalismo, ha avuto parte attiva nel Phalang Tham (Partito ‘della Forza del Dhamma’) fondato nel 1988 dall’ex generale Chamlong Srimuang. Una importante scuola è quella della Tradizione della selva. Si tratta di un movimento ascetico originariamente promosso dal monaco Sao Kantasila (1861-1941) e dal suo allievo Mun Bhūridatta (1870-1949).  La disseminazione in Occidente degli insegnamenti di questa scuola si deve a un discepolo di Bhūridatta, Bodhiñāna, più noto come Chah (1918-1992). Dopo avere accolto nel 1966 tra i suoi allievi l’americano Robert Jackman, divenuto bhikkhu con il nome di Luang Por Sumedho, l’anno seguente, il maestro Chah, coadiuvato da costui, cominciò a insegnare a un numero crescente di occidentali, fino a fondare, nel 1975, per accoglierli il Wat Pah Nanachat (Pagoda internazionale della selva). Gli anni successivi li videro viaggiare in Europa, in America e in Oceania, dove sono stati fondati diversi monasteri.

Il buddhismo in Birmania. Esponente del Thēravāda birmano è il famoso maestro Sobhana Mahāthēra (1904-1982), ha creato la scuola della Vipassanā; i centri di meditazione che ne prolungano l’insegnamento sono presenti in tutto il territorio birmano, con più di mezzo milione di praticanti, e all’estero. E' considerata una ‘via birmana al Socialismo’ ed anche Aung San Suu Kyi ha seguito queste pratiche.  Anche qui il buddhismo è legato alla politica; nel settembre-ottobre del 2007 la cosiddetta rivoluzione (in abito color) zafferano (saffron revolution) ha visto i bhikkhu partecipare, sovente nel ruolo di coprotagonisti con laici. Il governo ha listituito nel 1990  uno State Sangga maha nayaka committee che permette di condannare senza esitazioni i bhikkhu sospetti di simpatie antigovernative, dopo averli ridotti allo stato laicale.

La Repubblica popolare cinese fin dalla sua nascita (1949) ha in larga misura osteggiato, in nome dell’ateismo di Stato, le diverse scuole buddhistiche presenti da secoli nel Paese. Fra il 1966 e il 1967 la rivoluzione culturale lanciata da Mao Zedong si accanì tra l’altro contro quel che restava delle strutture buddhistiche cinesi, producendo guasti irreparabili a templi e santuari. Nel solo Tibet i monasteri distrutti furono più di duemila. Ciò era in armonia con la condanna di tutte le forme di religione, accusate di aver causato pregiudizio alla Cina, e il divieto d’ogni pratica a esse relativa. Morto Mao Zedong, nel 1976, ed esauritasi la rivoluzione culturale, la trentennale politica di lotta al buddhismo è stata ufficialmente abbandonata. La nuova Costituzione della Repubblica popolare cinese, con successivi aggiornamenti ed emendamenti) dichiara che «lo Stato tutela i legittimi interessi e diritti delle minoranze nazionali» (art. 4) e sancisce la libertà di credenze religiose». L’eventuale egemonia straniera su organizzazioni e affari di natura religiosa in Cina è formalmente esclusa (art.36). Le statistiche ufficiali parlano dell’8% della popolazione è buddhsita, mentre i simpatizzanti sono in numero assai maggiore. A fini di promozione d’immagine presso gli stranieri molti monasteri sono stati ricostruiti o eretti ex novo, come quello di Nanshan sull’isola di Hainan, terminato nel 1998, e sono divenuti mete turistiche.

A partire dal 1953 tutte le attività buddhistiche dei gruppi di monaci e laici sono state assoggettate al coordinamento della China buddhist association, impegnandone gli aderenti al perseguimento della lotta di classe sotto la guida del Partito comunista cinese. A partire dal 1983, la sua parola d’ordine è stata «coniugare il Ch’an con i lavori agricoli», ponendo sotto questa etichetta qualsiasi attività produttiva rivolta al bene della società: accanto all’esercizio della coltivazione vera e propria, i monasteri sono invitati a creare fabbriche, cliniche e a praticare il commercio.  Ci sono stati molti episodi di repressioni verso i monaci che non erano allineati con la politica governativa (come ad esempio Xu Zhiqiang, il maestro Jiequan, il maestro Shengguan).

A Formosa (Taiwan), dove il governo del Kuo Min Tang si era rifugiato nel 1949, la Buddhist association of the Republic of China è sopravvissuta come unico punto di riferimento dei buddhisti emigrati dal continente. POi cìè stato una ripresa dello sviluppo del buddhismo dal basso. Oggi sono circa 8 milioni (le statistiche ufficiali parlano del 34% della popolazione), di cui 30.000 hanno abbracciato lo stato monacale. Una figura importante in questo processo è stata un esponente della Scuola della pura terra e del Ch’an: il maestro del Dharma Yin Shun (1906-2005) ed autore del testo The Buddha in this world. Tra i suoi discepoli la venerabile maestra Cheng Yenha posto le basi della Buddhist compassion relief (Tzu Chi) foundation, le cui monache rifiutano di ricevere donazioni nel modo tradizionale, tramite la questua e la recitazione dei sūtra, e lavorano per guadagnare risorse destinate all’aiuto delle famiglie non abbienti.  Il movimento conta più di 5 milioni di sostenitori, centocinquanta monache e 30.000 ‘commissari’ laici (solo il 30% maschi) sparsi per il mondo: attività caritatevoli; contributi alla medicina; sviluppo dell’educazione; umanitarismo; assistenza nelle calamità naturali; donazione di midollo; volontariato e riciclaggio. Cheng Yen ha anche dato alle stampe alcuni saggi, tra i quali Still thoughts (1996); The thirty-seven principles of enlightenment (1999) e Three ways to the pure land (2001).   Le tecniche di ‘Ch’an in moto’ insegnate in tali istituzioni affiancano alla meditazione in posizione assisa elementi tratti dal Qigong.

Il Vietnam. Considerato da molti la voce più importante del buddhismo contemporaneo dopo il Dalai Lama: il maestro vietnamita Thich Nhat Hanh (1926-2021) è uno dei massimi esponenti del buddhismo in Vietnam. Fattosi monaco nel 1949 divenne direttore dell’organo ufficiale della General association of Vietnamese buddhists (GAVB) costituita nel 1951 che poi fù chiusa. Veniva istitutita l'Association of unified Vietnamese buddhists, creata sul modello cinese, che garantiva il controllo del Partito comunista su strutture e istituzioni buddhistiche nella neonata Repubblica del Vietnam. Una sua discepola Cao Ngoc Phuong, ritornata allora in patria crea, con un gruppo di professori e studenti, la School of youth for social service, un corpo di 10.000 volontari operante nelle aree arretrate e martoriate dalla guerra del Paese, per la riedificazione di villaggi distrutti, per la costruzione di scuole e ospedali e per l’insegnamento delle tecniche agricole progredite ai contadini. Una tale attività appariva filocomunista agli occhi del governo e non mancarono arresti ed esecuzioni sommarie di attivisti. 

Thich Nhat Hanh prima andò negli Stati Uniti, si incontrò con Martin Luther King, denunciò i terribili effetti della guerra, contro la quale si era battuto per anni attirandosi odi e diffidenze nei due campi avversi. Nel 1967 fù candidato al premio Nobel per la pace, che non gli fu conferito in quanto quell’anno non fu scelto alcun candidato. Costitui la Communauté des patates douces, situata in una fattoria non lontano da Parigi dove teneva corsi di meditazione.  In Vietnam La Unified buddhist church of Vietnam, fu fatta oggetto di dure repressioni e contemporaneamente veniva creata, nel 1981, la Vietnam buddhist Sangha, organo del Fronte patriottico del Partito comunista del Vietnam e sola voce ufficiale dei buddhisti vietnamiti in patria e all’estero. A partire dal 1982, Thich Nhat Hanh ha trasferito la sua organizzazione al Village des pruniers in Dordogna. Accanto ai programmi di insegnamento estivi in Francia, seguiti da 2000 persone all’anno, ha fondato 230 centri di meditazione in America. Dopo trentanove anni d’esilio, nel 2005 a Nhat Hanh è stato concesso di ritornare in Vietnam.

Riferimento: https://www.treccani.it/enciclopedia/buddhismo-e-buddhismi_%28XXI-Secolo%29/

BuddhaNet’s eBook library, http://www.buddhanet.net/

Buddhist publication society, http://www.accesstoinsight.org/lib/

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