venerdì 29 settembre 2023

La puissance de la joie (1) - Frédéric Lenoir

L'effet de la sagesse, c'est une joie continue. -  Seneca.     La gioia è una potenza, coltivatela. - Il Dalai Lama.            

Frédéric Lenoir è filosofo e sociologo e coproduttore dell'emissione " les racines du ciel" su France Culture. È autore di numerosi opere, saggi e romanzi che sono delle riflessioni sulla saggezza e l'arte di vivere, e tradotti in una ventina di lingue. In questo testo ci parla della gioia sotto vari aspetti. 


La gioia è un'emozione più profonda del piacere, più concreta del benessere, un'emozione che coinvolge tutto l'essere e che diventa, attraverso mille sfumature, il sentimento supremo desiderabile.  La gioia porta in essa una potenza che ci va vacillare, ci invade, ci fa gustare la pienezza dell'essere. È una affermazione della vita e una manifestazione della nostra potenza vitale, è il mezzo che abbiamo a disposizione per toccare questa forza di esistere, di gustarla. Filosofi come Bergson, Spinoza e Nietzsche hanno messo la gioia al cuore del loro pensiero.

"Bisogna andare oltre il piacere effimero, e andare verso la felicità, più durevole e globale". Pierre Rabhi.

La felicita è continuare a desiderare ciò che già  possediamo.  L'ideale di saggezza si riassume in una parola: aurarkeia, l'autonomia ossia la libertà interiore che non fa più dipendere la nostra felicità o il nostro malessere dalle circostanze esterne. Reagiamo solo di fronte a quello che dipende da noi, a quello che possiamo cambiare. Oltre la felicità e il piacere c'è la gioia, un'emozione, un sentimento che i due psichiatri Christophe André  e Francois Lelord, descrivono come un'esperienza mentale e fisica intensa, in reazione a un avvenimento di durata limitata. Per Spinoza la gioia permanente, la beatitudine si raggiunge quando ci siamo liberati dalla schiavitù delle passioni, è l'obiettivo ricercata dai grandi saggi. L'amore può essere una gioia passiva (una passione) quando è fondato su un falso pensiero, su una non conoscenza dell'altro, quando creiamo dei legami con una persona che abbiamo idealizzato e sulla quale abbiamo proiettato delle attese infantili, che procureranno tristezza piuttosto che gioia. Nietzsche come Spinoza giunge alle conclusioni che la gioia è la potenza della vita sulla quale appoggiarsi. Critica ferocemente le religioni che definisce la teologia della tristezza, che predicano una morale della repressione dall'istinto, del corpo, del desidero e riducono le possibilità della gioia.  Per Bergson la gioia è legata alla creazione, alla riuscita nella vita. Un atto di creazione, un'opera d'arte, una nascita, ecc, procurano gioia.  

Ci sono una serie di attitudini che possono creare un clima favorevole alla gioia. La prima è l'attenzione, occorre essere qui e adesso per vivere pienamente le esperienze sensoriali che portano alla gioia. Inoltre, occorre riapprendere a sentire interiormente, a non tagliarci dalle nostre emozioni. L'attenzione ci educa alla presenza, ma la presenza va oltre il semplice fatto di essere attento. Consiste nell'accogliere con generosità il reale, l'altro, il mondo. La presenza è sentire una qualità dell'essere, sentire profondamente l'altro, essere presente all'altro con uno sguardo, con un sorriso, una carezza. Una vita riuscita non sarà in funzione del numero di esperienze fatte, ma dalla qualità di queste esperienze. Gli occidentali quando viaggiano cercano il circuito più completo, si fermano sul posto, giusto il tempo di fare un selfie,  e ripartono; senza nemmeno provare a comunicare con le persone o  conoscere la storia del Paese. 

Una delle esperienze che ci possono educare all'attenzione e alla presenza è la meditazione. La mindfulness o piena attenzione (preferibile a piena coscienza) ci permette di accogliere tutto quello che emerge in noi, accettare di vivere con una certa vulnerabilità, di connetterci alle nostre emozioni profonde che possono procurare gioia e a volte tristezza. Spesso preferiamo proteggerci e blindare le nostre emozioni, relegarle nel nostro sub-conscio, proteggere il nostro cuore per non soffrire. Ma in questo modo ci proteggiamo dalla tristezza e dal dolore, ma ci precludiamo l'accesso alle gioie dell'amore. Per aprire il nostro cuore bisogna aver fiducia nella vita, e questo dipende dai nostri genitori e dai primi anni di esistenza. Quando la gioia busserà alla nostra porta, dobbiamo essere pronti ad accoglierla, per questo è importante essere predisposti all'apertura e all'incontro.

Per i buddhisti, la gioia è il frutto di un amore altruista, che consiste nel gioire del benessere altrui. Questo amore e la gioia che l'accompagna hanno origine dalla benevolenza, maitri, che i praticanti provano verso ogni essere vivente. Questo è il miglior rimedio contro l'invidia che la maggior parte delle persone provano nei confronti di chi ha successo e chi è felice. Tutte le nostre attività sono intraprese per avere in cambio denaro,  riconoscenza o successo sociale e raramente sono mosse dalla gratuità. Dobbiamo avere gratitudine per quello che abbiamo, ringraziare di essere là, per avere una buona salute, avere la possibilità di fare ciò che amiamo. Spesso non apprezziamo quello che abbiamo, e spesso come scrive Jacques Prevert: "ho riconosciuto la felicità dal rumore che ha prodotto lasciandomi". Bisognerebbe ringraziare la vita ogni mattino, e avere voglia di vivere la giornata. La sera prima di addormentarci dovremmo ricordarci di cinque bei momenti della giornata passata.

Spesso una grande gioia è il frutto di una grande perseveranza, come tenere una conferenza in inglese in America, dopo avere studiato per sei mesi. Confucio ci dice che per essere felici, bisogna essere virtuosi, e imitare l'ordine cosmico. Tutto è prevedibile e rassicurante, mentre per i taoista dobbiamo lasciarci andare al flusso della vita. E accettare anche che, a volte, ci allontaniamo dagli obiettivi che ci siamo prefissati. Utilizziamo le contrarietà e le difficoltà per far emergere del positivo e la gioia.

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