venerdì 29 settembre 2023

La puissance de la joie (2). Frédéric Lenoir

Frédéric Lenoir è filosofo e sociologo e coproduttore dell'emissione " les racines du ciel" su France Culture. È autore di numerosi opere, saggi e romanzi che sono delle riflessioni sulla saggezza e l'arte di vivere, e tradotti in una ventina di lingue. In questo testo ci parla della gioia sotto vari aspetti.            

Divenire se stessi. "Il più ignorante degli uomini è colui che rinuncia a quello che conosce di sé stesso per adottare l'opinione di altri". Ahmad Ibn Ata Allah, un maestro sufi.     

Spinoza si domandava se esiste un cammino da percorrere che ci permetterebbe di rendere la gioia più costante, o permanente anche se di più debole intensità, meno soggetta a eventi esterni.
- Il primo cammino consiste nell'andare verso se stessi, è la gioia della liberazione;  - Il secondo consiste ad andare verso gli altri ed essere in armonia con il mondo, e la gioia della comunione.
Il primo percorso consiste nel diventare pienamente se stessi, con un lavoro di introspezione si elimina ciò che ci è stato imposto dall'esterno e si cerca di sviluppare aspetti che sono stati soffocati. Questo processo di individuazione, come lo definisce Jung, comincia verso i 35 anni, quando abbiamo preso coscienza, confrontandoci con l'esperienza, della nostra vera natura e delle nostre aspirazioni reali. Importante è mantenere i legami con la comunità, la famiglia e avere dei valori. Spinoza direbbe: "osserva quello che ti porta della gioia e quello che ti rende triste". 
È impossibile vivere nella gioia se siamo in permanenza dipendenti della critica o del giudizio degli altri.       

Come sottolinea Spinoza: "non si nasce liberi lo si diventa", e fino a quando non abbiamo fatto questo lavoro interiore di conoscenza di sè e di lucidità, siamo condizionati dalle nostre emozioni, desideri, passioni,  credenze, immaginazione, opinioni. 

Quello che noi pensiamo di compiere liberamente è il risultato dei nostri condizionamenti. Essere liberi è agire secondo la nostra natura e non secondo i nostri condizionamenti. Dobbiamo liberarci dallo sguardo degli altri  e in modo particolare dallo sguardo dei genitori; ma soprattutto dalla nostra schiavitù  interiore che porta spesso al vittimismo. Spinoza è stato il filosofo che ha annunciato il secolo delle Lumieres reclamando una repubblica  laica che rispetti le libertà di coscienza e d'espressione, e nello stesso tempo è il grande pensatore della libertà interiore. La schiavitù dell'uomo è dovuta al cattivo orientamento dei desideri, dobbiamo orientarci verso oggetti che ci elevano utilizzando il discernimento razionale. Potremo allora gustare la gioia piena e costante di un nostro desiderio, regolato in modo adeguato.

 Una volta che l'essere umano è diventato perfettamente autonomo, è molto più utile agli altri e capace di amare in maniera giusta. Corrisponde a quello che dice Gandhi: "solo cambiando se stessi  si cambierà il mondo". La rivoluzione è interiore.

"Essere capaci di trovare la propria gioia nella gioia dell'altro: ecco il segreto della felicità". - Bernanos.  Nessun essere umano può vivere e restare senza amore, senza legami affettivi con gli altri e il mondo. Nell'etica a Nicomaque, Aristotele usa la parola philia per descrivere l'amore è l'amicizia. Philia è un amore profondo che unisce sia degli amici che delle coppie, il fondamento di tutte le relazioni umane autentiche: si sceglie una persona per condividere un progetto, o condivisione di scambi, di piaceri e di conoscenze. E' fondata sulla reciprocità, con una persona con la quale ci incoraggiamo mutualmente, ci aiutiamo reciprocamente a svilupparci, a essere pienamente noi stessi. 

Philia comporta una dimensione senza la quale nessun amore può essere vero: la gioia di poter essere pienamente se stesso e di aiutare l'altro a essere, anche lui, pienamente se stesso. A volte c'è un amore incondizionato verso l'altro, a volte questo amore è condizionato (genitori cha amano i figli se riescono negli studi, il partner che ama il compagno/a se mantiene una certa forma fisica, ecc).  Un esempio di forte amicizia è quello tra Montaigne e La Boétie che si incontrarono nel 1558 al parlamento di Bordeaux.

Il vero amore non consiste nel possedere una persona, ma nel volere la sua autonomia. Nella sua forma più autentica, l'amore unisce due esseri autonomi, indipendenti, e deve sempre esserci uno spazio tra di loro, come ha ben descritto il poeta Khalil Gilbran. Spesso la fusione nell'amore è l'indicatore di mancanza di sicurezza interiore. La dipendenza assoluta tra due persone è la manifestazione di qualche forma di perversione, la voglia di possedere l'altro è una forma di perversione che inquina l'amore. 

Se un amore finisce  non è dovuto al fatto, che grazie alla libertà e autonomia, la persona ha incontrato un altro, ma perché è semplicemente triste con noi. Quando in una relazione non c'è più gioia  domandiamoci se è buono per noi, se è una relazione tossica, e se  vediamo che un processo di ricreare una relazione sana è impossibile, troviamo qualcuno che ci permette di sbocciare e fiorire. Sono le relazioni giuste che ci permettono di evolvere.

Esiste un altro tipo di relazione d'amore, l'amore dono. Si ama senza attendere niente in cambio. Quando aiutiamo qualcuno in maniera disinteressata. È l'amore-compassione (karuna) del buddhismo che si distingue dalla semplice benevolenza (maitri) del buddhismo primitivo. Corrisponde alla agape del nuovo testamento, e questo amore dono qualifica sia l'amore divino che l'amore gratuito per l'altro. Una frase di Gesù è la seguente: "c'è più gioia a dare che a ricevere". I greci evocavano l'idea di accordarsi al mondo in maniera armoniosa. Ossia entrare in risonanza con i nostri simili, la natura, il cosmo. L'obiettivo è condurre una vita eticamente giusta, sentirsi in armonia con tutto quello che ci circonda. Contemplare un'opera d'arte che ci emoziona, fermarsi davanti alla perfezione della natura ci permette di collegarci a qualcosa di trascendente, far emergere la parte più  nobile di noi. Rispettando la natura e la vita, l'essere umano si accorda al mondo, ha un'attitudine etica giusta.

La filosofia è la psicologia dell'India, ben sintetizzata nel XX secolo da swami Prajnanpad, il cui insegnamento è stato diffuso in Occidente da Arnaud Desjardins: "la nostra personalità si struttura intorno a due istanze: l'ego e il mentale". 

L'ego permette di avere delle percezioni gradevoli o spiacevoli, che l'educazione ci permette di gestire. È anche il supporto delle nostre emozioni: paura, collera,  tristezza  gioia che contribuiscono alla costruzione della nostra personalità. Una volta che la nostra personalità è costruita siamo completamente identificati al nostro ego.   L'altra istanza è il mentale, che ci aiuta a razionalizzare gli avvenimenti e a sopravvivere.  Farci accettare il reale anche se a volte non è facile. Per Freud la più grande invenzione del mentale è Dio o la provvidenza. Il mentale è l'ego hanno costruito un filtro tra noi e il reale. Ci impediscono di vedere il mondo così come è veramente. Per questo bisogna trascendere l'ego e abbandonare la bussola del mentale è arrivare a percepire il nostro vero Sé. Questo potrebbe essere comparato all'esperienza del risveglio del Buddha che si basa sulla presa di coscienza dell'illusione dell'ego. Attraverso questo processo accediamo alla conoscenza intuitiva. Il saggio percepisce di fare parte di un Tutto. C'è una similitudine tra la filosofia delle Upanishad e quella di Spinoza: "Dio non esiste fuori dal mondo  il mondo e Lui sono la stessa sostanza, tutto è in Dio, come Dio è in tutto". Il saggio esce dalla dualità e diventa un essere liberato (jivan mikta) che vive in piena felicità della pura coscienza (sat chit ananda). Romain Rolland ha trovato l'espressione "sentimento oceanico" per descrivere questo sentimento di unità con l'universo, con quello che è più grande di noi stessi. Anche le arti ( ad esempio la musica) possono provocare  un'esperienza cosmica o mistica. Ci aiuta a uscire dal nostro ego, del nostro sentimento di individualità e ad andare verso l'universale.

Spesso le scelte di una vita monastica e spirituale  si basano sulla trappola della ferita narcisistica, e il bisogno di riconoscimento che ne deriva e ciò fa si che si cerca di elevarsi, di diventare un eroe spirituale, senza riconoscere la profonda fragilità da cui questa aspirazione scaturisce (Jean Vanier, il fondatore della comunità l'Arche).  Lenoir ha passato quasi tre anni a un monastero e stava per prendere i voti, e ha cambiato idea quando ha ascoltato una conferenza di Jean Vanier. Ha anche accennato alle molte persone, buddhisti o cristiani, che ha incontrato nei suoi ritiri e che avevano delle personalità psicotiche. Oggi non si può intraprendere un percorso spirituale senza un lavoro psicologico, un vero lavoro di conoscenza di sé e delle nostre motivazioni. Spesso occorre conoscere le nostre zone d'ombra e fare un lavoro di ristrutturazione dell'ego, per non rimanere vincolati dai giudizi di approvazione. Occorre anche amore e riconoscenza sociale.

La vera gioia, arriva quando nasciamo ed è la gioia di vivere, che è la gioia perfetta secondo il filosofo Clément Rosset La gioia di vivere è ricevere la vita come un regalo e approfittarne in tutte le sfumature. Il Dalai Lama sorride tutto il tempo anche se ha sulle spalle il pesante fardello delle condizioni in cui vivono i tibetani. Dominique Lapierre ha scritto sulla situazioni delle bidonville di Calcutta nel libro La città della gioia : "malgrado le condizioni materiali, questa bidonville era una cattedrale di gioia  di vitalità, di speranza".  Ci sono popoli che vivono in estrema semplicità ma pieni di gioia (vedi emissione "Rendez-vous en terre inconnue" di Frederic Lopez su France 2). Noi vorremmo vivere di più  e speriamo di diventare immortali, invece dovremmo apprendere a vivere meglio e toccare l'eternità in ogni istante pienamente vissuto. 

Solo l'accettazione del dolore, degli ostacoli, della vita nella sua interezza apre le porte della gioia. 

Esistono due tipi di saggezza che hanno come scopo di portare ad un benessere profondo e durabilità. 

  • -La prima mira all'atarassia, all'assenza di problemi e alla serenità, con diminuzione dei piaceri e dell'affettività.    Epicuriani, stoici e buddhisti, anche se non esprimevano i piaceri, vivevano una vita ascetica, sobria e moderata.
  • -La seconda aspira alla gioia perfetta, prima che all'assenza di problemi o alla serenità. Meno portata sulla repressione delle passioni, appplica una sorta di distacco, senza essere succubi dei piaceri mondani e dei beni materiali. Altra soluzione è quella di accettare pienamente la ricchezza e l'intensità di una vita affettiva, accettando la sofferenza come corollario (La via dei taoista, di Montaigne e Spinoza). 

Per esempio,  se amo una persona, la amo pienamente senza spirito possessivo, né  attaccamento passionale, ma assumendo il rischio di una separazione. E se un giorno succederà, soffrirò, piangerò, il mio cuore sarà ferito, ma il mio amore per questa persona non sarà indebolito, nè il mio amore per la vita. La mia gioia di vivere sarà sempre presente e potrò cercare di superare questa prova. Questo amore, nella misura che è vero, ha raggiunto una forma di pienezza che gli conferisce un carattere eterno: più niente e nessuno potrà farlo sparire, o far sparire la gioia vissuta durante questo rapporto. Tutti gli esseri che abbiamo amato, anche se la loro assenza ci è dolorosa, continuano a vivere in noi.  Percepiamo ancora questa gioia nata dall'amore. Quando amiamo veramente una persona, questo amore se è vero, è eterno, e non può scomparire o trasformarsi in rabbia. Si vive una gioia, la gioia di sentire il nostro amore, quello di più puro e vero è ancora là.

La saggezza della gioia ci incita anche a vivere nel cuore del mondo, per sposare le contraddizioni e impegnarsi per trasformarlo. Si deve avere come obiettivo il pieno sviluppo, per tutti gli esseri viventi. La gioia di vivere è empatica, invita alla compassione e alla condivisione. La gioia di vivere ci rende più coraggiosi, più aperti, più audaci, più tolleranti di fronte ai problemi degli altri.  La gioia di vivere non porta nessuna risposta teorica al male. Ma apporta una piccola pietra per la costruzione di un mondo migliore: non rispondere con violenza alla violenza, aiutando le persone vicine, provando a inquinare meno, consumare meno, impegnarsi nella comunità e nel volontariato. Il movimento Colibrì è uno dei tanti movimenti che cercano di dare il loro contributo per cambiare il mondo ed è stato fondato da Pierre Rabhi. Come emblema è stato scelto il colibrì che cerca di spegnere l'incendio nella foresta trasportando una piccola goccia d'acqua nel becco. Cerchiamo di fare la nostra parte in questa opera immensa che è di guarire il mondo dalle piaghe che le nostre cattive passioni gli infliggono:  desiderio di dominazione, cupidigia, gelosia, invidia, orgoglio e paura.

Con la saggezza della gioia trasformiamo noi stessi e convertiamo le nostre passioni in azioni.

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