lunedì 29 gennaio 2024

Seminario: Il silenzio interiore con Antonio Nuzzo

Antonio Nuzzo è il più autorevole maestro di yoga italiano. Ha cominciato a praticare nel 1963 all’età di 16 anni. Nel 1971 è diventato allievo di André Van Lysebeth, con il quale ha approfondito le tecniche di hatha e tantra yoga.  Insegna al Centro Studi Yoga Roma.     Sito: https://www.centrostudiyogaroma.com/   Al seminario hanno partecipato circa 60 persone.

"Quando la mente si rilassa si focalizza". Se non capiamo questo processo, la meditazione diventa un atteggiamento, un atteggiamento diverso a seconda delle occasioni. Noi occidentali siamo degli attori meravigliosi, prima litighiamo e poi ci mettiamo a fare meditazione.      

Riusciamo una volta ad essere veri e coerenti nella nostra vita? Non sappiamo chi siamo, e spesso perdiamo di vista la nostra vera natura. Lo yoga dovrebbe permetterci di raggiungere la verità.

Lo yoga va imparato nel profondo, spesso nei corsi di yoga si creano delle attività collaterali perchè non si sa cosa dire, non si conosce l'essenza dello yoga. Il meglio lo osserviamo dall'esterno, la forma diventa l'unità di misura dello yoga. Chi pratica yoga in questo modo ha un vissuto interiore malato. La responsabilità di un ricercatore spirituale è enorme. 

Cosa un insegnante di yoga, Non può non sapere?  Il messagggio dello yoga è un fine, non può essere un'azione fisica.

Spesso studio, preghiera, azione fisica si fanno in ambienti separati, ma in questo modo la mia interiorità viene divisa. Su un tappetino di gomma si può fare un percorso interiore? Appena mi metto sul tappetino voglio sciogliere il corpo, poi vado a fare meditazione altrove.  Il processo meditativo deve essere uno strumento per sviluppare la nostra interiorità. E non uno strumento per soddisfare gli allievi: "Se gli allievi sono contenti, io sono soddisfatto". Queste continue contraddizioni  ci portano a essere completamente disorientati.

Lo yoga non può diventare un mestiere.   Lo yoga deve essere preso sul serio, lo yoga propone un percorso di sviluppo lineare, solo poche indicazioni per seguire un percorso con estremo rigore. L'esercizio fisico serve a portare a galla la nostra situazione psico-emotiva. Il ragionamento sul percorso di ricerca è fondamentale. 

La disciplina serve per dare direzione al mio pensiero e vivere nel presente, invece la voglia di andare sempre avanti, vivere con prospettive ci impedisce di essere felici.  Lo yoga è vivere l'istante presente nella gioia più profonda. Lo yoga è focalizzazione, si devono spegnere le vritti (le onde di pensieri che la mente genera in modo incessante ed inconsapevole, e che ne impediscono il vero utilizzo) e ridurre i klesha ( stato di afflizione, di dolore, di angoscia, di tormento, di preoccupazione terrena). Lo yoga è il mezzo per eliminare la sofferenza. Ridurre i klesha, che sono tutte le forme di attaccamento e condizionamento, è la vera ragione per cui si fa yoga. 

Le pratiche di yoga ci aiutano ad avere più consapevolezza di noi, lo studio del sé, svadhyaya ci fa comprendere le cause della nostra sofferenza che si manifestano con emozioni negative come la tristezza, la depressione, l’ansia e le fobie. Prendere consapevolezza di quali sono i nostri ostacoli e affrontarli è fondamentale per il nostro percorso di crescita personale e spirituale. Vediamo nel dettaglio i 5  Klesha (veleni in sanscrito) che sono gli ostacoli nello yoga, i “nodi della mente”:

  • Avidya, la mancanza di conoscenza, ossia l'ignoranza, che provoca una comprensione errata delle cose. E’ “prendere il non-eterno, l’impuro, il male e il non-atman per eterno, puro, buono, e atman”. E’ la perdita della consapevolezza sulla natura del proprio sé e della realtà che noi fondamentalmente siamo. E questo stato allontana l’uomo dalla verità.
  • Asmita, l’illusione dell’Ego;  individua un senso di individualità (che nasce da avidya). E’ la ricerca delle esperienze piacevoli ed il rifiuto delle sgradevoli; l’identificazione con il corpo, con il pensiero, con l’emotività umana.
  •  Raga, andiamo verso le cose che ci piacciono, procurano amore e evitiamo quelle che ci danno fastidio o ci procurano sofferenza. E' l’attaccamento nei confronti di oggetti ed idee che consegue all’esperienza del piacere.
  • Dvesa, l’avversione, il rifiuto, l'insofferenza in particolare verso quei pensieri e ricordi legati al passato più doloroso.
  • Abhinivesha, identifica invece la volontà di vivere ed un eccessivo attaccamento alla vita che domina anche il sapiente, con la conseguente paura della morte.

La vera finalità di yama e niyama è applicarli per ridurre i klesha, ci danno consigli per lo stile di vita e per il comportamento: i cinque yama sono le cose da non fare; i cinque niyama sono le cose da fare.
Gli yama sono cinque regole etiche e morali universali, cinque freni o “astinenze” che limitano i comportamenti dannosi e distruttivi per lo yogi e per le sue relazioni con gli altri. Eccoli:

  •     Nonviolenza (ahimsa),
  •     Sincerità (satya), Non mentire
  •     Onestà (asteya), Non rubare
  •     Continenza sessuale (brahmacharya),  può anche essere una azione non assoggettata all'ego.
  •     Non avidità nel possedere (aparigraha).

I cinque niyama sono virtù e comportamenti positivi legati allo stile di vita del singolo individuo, da coltivare per migliorare sé stessi:

  •     Purificazione (saucha),
  •     Accontentarsi (santosha),
  •     Austerità (tapas),
  •     Studio e conoscenza di sé (svadhyaya),
  •     Abbandono alla volontà divina (ishvarapranidhana).

Gli yama rappresentano un po’ la qualità della relazione che intratteniamo con gli altri; i niyama la qualità della relazione che intratteniamo con noi stessi. André Van Lysebeth (allievo di Shivananda, autore di Imparo lo yoga, Perfeziono lo yoga e, con la moglie, I miei esercizi di yoga) ci dà questo consiglio per iniziare a riflettere su questi due importantissimi elementi dello yoga tradizionale:    “Per praticare yama e niyama, la cosa più semplice è seguire la propria morale, in funzione della filosofia e delle credenze che ci fanno da guida. Non abbiamo dovuto attendere Patanjali per dotarci di una morale e la morale ordinaria è sufficiente per metterci in linea con Yama e Niyama. È il grado minimo per poterci introdurre nello yoga e trarne buoni frutti: una moralità trascendente è però necessaria per raggiungere livelli superiori”.

L'Hatha yoga è un viaggio, per equilibrare due correnti di energia ha - tha, per capire a livello esperenziale che cosa è l'energia, il prana. Il prana è legato alla mente, nella mente depressa non c'è prana. chi è in continua attività e consuma, ha prana.  Adesso il business è basato su come distrarre le persone. Per ottenere la felicità dobbiamo ridurre i klesha. Oggi gli insegnanti yoga sono non entusiasti, annoiati, non hanno gioia. 

L' Hatha yoga e Patanjali, parlano delle stesse cose, l'hatha yoga parla un po' più di energia. Lo yogi deve superare i nodi psicocolgici che bloccano le energie. Il nodo del cuore è difficile da superare, è costituito da attaccamenti, dalla paura della morte. La paura della morte cerchiamo di superarla con le distrazioni.

Importante è praticare yoga in un certo modo; lo yoga deve servire per annullare l'ego. Yama e niyama sono l'opposto ai klesha. L'Hatha yoga senza Raja yoga non serve a niente. Anche nel fare karma yoga, (ad esempio quando vado in Africa ad aiutare le persone) la verità è dentro di noi, quello che è importante non è l'azione, ma l'intenzione, il risultato della mente. 

La rivoluzione interiore mette in atto un processo in cui pensiero e azione contribuiscono a sciogliere i nodi interiori, i nostri blocchi emotivi e resistenze.  Queste sono le basi da conoscere e su cui impostare la lezione di yoga.  Occorre scoprire il mondo interiore altrimenti il silenzio non arriverà mai. Per risvegliare il pensiero delle persone è importante il confronto. Il pensiero è legato al tapas, all'ardore; per insegnare occorre essere innamorati del progetto dello yoga. 

Brahmacharia è un seguace esperto di Brahma. Il termine è associato  alla castità perchè il devoto essendo innamorato di Brahma non può essere innamorato di altri. L'Hatha yoga è un'espressione del tantrismo, lo yogi offre le azioni a Brahma, una azione non assoggettata all'ego ed è quindi un'azione sacra. Occorre vivere l'azione, ma non per il nostro ego. Importante è la motivazione che accompagna l'azione, Nell'amplesso tantrico (rituale di grande valore spirituale) c'è connessione, ma non movimento; si crea un corpo unico, i due partner seguono gli stessi ritmi del respiro.  La castità non può essere un impedimento, ma occorre liberarsi dal condizionamento di nutrire l'ego. Brahmacharia è accettare la volontà di Brahma.  Quando la vita sul tappetino si è liberata dell'ego e dal voler raggiungere un obiettivo la vita cambierà. Solo quando la nostra direzione è stabilita possiamo fare passi avanti ulteriori. 

Alla fine del seminario è stata proposta una pratica di Yoga nidra. La pratica di Yoga nidra deve portare come risultato la purezza, la gioia, l'aver capito lo scopo della nostra esistenza. L'amore è il risultato di questo processo.

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