Dario Doshin Girolami è monaco e Maestro della tradizione buddhista Soto Zen. E’ l'Abate del Centro Zen L'Arco - Zenmon Ji. Si è formato al San Francisco Zen Center, ed è un insegnante riconosciuto dalla Sotoshu giapponese. E’ responsabile della rete dei cappellani dell’Unione Buddhista Europea. Tiene regolari seminari presso la facoltà di Psicologia della Sapienza di Roma e corsi di Meditazione presso il Carcere di Rebibbia. Ha avuto l'iniziazione nel 1986, insegna fondamenti della Mindfulness, Alle radici dello yoga, e fa accompagnamento alla morte, per i pazienti che sono in cure palliative. E' autore del libro: Lo Zen Soto e i Koan - La Via della Presenza di Spirito. Le due principali correnti dello zen sono lo zen Soto e lo zen Rinzai (a cui fa riferimento Thich Nhat Hanh). Per il suo profilo completo Vedi: http://www.romazen.it/insegnante/insegnante.htm
La nascità, l'illuminazione e la morte ( il parinirvāṇa o cessazione dell'esistenza dei cinque aggregati ) del Buddha storico sono avvenute tutte nel periodo di maggio, e per festeggiare questi eventi della vita del Buddha si celebra il Vesak. Secondo la tradizione buddista, alla nascita, il Buddha Siddhartha Gautama fece sette passi verso nord e disse: "Sono il migliore del mondo, io sono il più alto del mondo, io sono il primogenito, questa è la mia ultima nascita, non ci saranno altre esistenze." Questa narrazione sottolinea la sua trascendenza fin dalla sua nascita. La madre muore subito dopo il parto, e il Buddha ha questo incontro precoce con la morte. Il padre, che era un principe, voleva che il figlio Sakhiamuni ereditasse il suo regno e cercò in tutti i modi di proteggerlo dalla sofferenza, da cui può scaturire la ricerca di un percorso spirituale. Purtroppo la vita non è gestibile, e spesso si fanno vari tentativi di manipolare la realtà. Sakhiamuni, nelle sue uscite dal palazzo reale, incontra malattia, vecchiaia e morte. Ma fu soprattutto l'incontro con un bhikkhu, un monaco itinerante che lo colpì. Un uomo che aveva lasciato la vita
normale nel mondo per cercare di comprendere sè stessi e gli altri
attraverso la meditazione. Di ritorno al palazzo, il Principe
continuò a pensare al sorriso sereno del monaco e si disse: – Ho vissuto
29 anni e ancora non ho pace. – è arrivato per me il tempo di lasciare
questa vita e diventare come quel monaco. Anch’io sono nato e certamente
soffrirò a causa della malattia, della vecchiaia e della morte. Devo
trovare il Nobile Sentiero che liberi la gente dalle loro sofferenze. Dopo avere sperimentato l'ascesi estrema e lo yoga, arrivò all'illuminazione. Poco prima dell'illuminazione il Buddha incontra Sujatha, una giovane che l'aiuta ad alimentarsi e mentre era seduto immobile per giorni sotto l'albero della bodhi e si poneva la domanda del "Perche si muore?", l'atto di amore gratuito da parte di questa fanciulla l'aiutò a maturare il concetto di benevolenza e gentilezza amorevole (metta) e lo portò nella stella del mattino all'illuminazione e a capire l'impermanenza (aniccia), l'inconsistenza dell'io ( dukha) e la vacuità. Dopo l'illuminazione, ritornò dai suoi vecchi compagni di ascesi che lo avevano cacciato e applicando proprio quel concetto di benevolenza amorevole, spiegò loro il cammino verso l'illuminazione mettendo in moto la ruota del Dharma ( gli insegnamenti buddhisti). Il Buddha arriva all'illuminazione all'età di 36 anni e muore a 86 anni ed entra nel Nirvana, cessando il ciclo delle rinascite e provando un'infinità beatitudine. Il Buddha muore per dissenteria provocata da un avvelenamento, dovuto al cibo che gli era stato offerto (la leggenda dice che il cibo era costituito da maiale e funghi).
Per la vita del Buddha vedi: https://www.mariothanavaro.it/il-buddha/
Si dice che i Lama buddhisti, quando sentono arrivare la morte, si mettono in posizione meditativa, e muoiono sciogliendosi nell'arcobaleno di luce, ma spesso anche questi grandi maestri muoiono nel dolore. Suzuki-Roshi, maestro zen di San Francisco e il maestro di Dario Doshin sono morti di tumore, ma hanno mostrato come affrontare la malattia e la morte con la pratica della gratitudine e si sono sciolti nell'amore.
Per lo zen vita e morte sono insieme, non è possibile separarli. Chi nasce, muore, quindi occorre fare pace con la malattia e la morte. Durante la conferenza, Dario Doshin ha citato il caso di un nipote che durante i funerali del nonno, morto a 95 anni, ha pronunciato questa frase "Maledetta malattia che hai strappato il nonno a 95 anni". Pensare che la morte sia ingiusta, non fa altro che innalzare il livello del dolore. E' da vivi che bisogna prepararsi al dolore e alla morte.
Il Samyuta Āgama Sūtra racconta: “Il Buddha disse ai monaci riuniti: ‘Vi sono quattro specie di cavalli (che corrispondono a quanto è forte il richiamo della morte e dell'impermanenza). Il primo è un cavallo che, senza timore, obbedisce al suo cavaliere semplicemente vedendo l’ombra del frustino, il secondo fa altrettanto solo quando lo scudiscio tocca la criniera, il terzo quando sferza la carne, il quarto solo quando il colpo giunge fin nelle ossa. Il primo cavallo è come chi diviene consapevole dell’impermanenza nel momento in cui apprende che è morto qualcuno nel villaggio vicino; il secondo è come un uomo che risveglia questa consapevolezza quando il decesso si verifica nel suo medesimo villaggio; il terzo è come chi non se ne accorge finché un lutto non colpisce la sua stessa famiglia, il quarto è come colui che ne diventa consapevole solo quando la sua stessa morte è imminente’.”
Poi Dario ha letto alcuni Koan che sono dei dialoghi tra maestro e allievo.
Un monaco chiese al maestro: "I saggi arrivano alla vera verità, all'illuminazione? Il maestro rispose: "Si" E il discepolo chiese di nuovo "Come si fa ad arrivarci?" Il maestro rispose: "Quando vendette la sua città in cambio di una moneta falsa , questa moneta è stata presa da una persona straniera".
La spiegazione è che quello che leggi nei testi è una moneta falsa in quanto i testi sono un racconto dell'illuminazione. Invece, devi rimboccarti le mani e realizzarla.
Altro Koan: "Dopo il samadhi, l'assorbimento mistico, il bucato" Ciò vuol dire che per vedere se hai veramente raggiunto un stato particolare di coscienza devi sperimentarlo nella realtà quotidiana; un test potrebbe essere quello di guidare un taxi in un giorno di pioggia a Roma.
Spesso la via spirituale può essere un bypass per superare le difficoltà o problemi che una persona ha nella vita, come la povertà, la difficoltà di comunicare, ecc. Il boddhisattva rinuncia all'illuminazione e rientra nella dimensione fenomenica per aiutare gli altri e ridurre la sofferenza nel mondo.
Altro Koan. Un monaco chiese al maestro: "Le persone hanno bisogno di illuminazione?" Il maestro rispose: "Si, ma non devono cadere nel secondario"
Il significato è che "Non esiste un secondario o una realtà ordinaria". Dogen usa i termini Essere nell'immanente e nel trascendente nello stesso tempo. Essere nella realtà ordinaria e nella realtà ultima che sono la stessa cosa. Per lo zen "spirituale" e "materiale" sono la stessa cosa. Nel sutra del cuore (prajaparama) si recita: "Il vuoto è forma, la forma è il vuoto". Ogni forma manifesta ciò che forma non è della realtà ultima o vacuità.
Altro Koan. "Il Samadhi e lavatrice, se supero queste due cose sono nei guai". I principi di elevazione sono i seguenti: se l'intenzione è retta, l'azione è retta e può diventare occasione di illuminazione. Il lavoro che svolgiamo nella quotidianità deve diventare una meditazione in azione, ogni azione in piena presenza mentale può diventare un'occasione di illuminazione.
La dicotomia ci allontana dall'illuminazione, ogni forma manifesta la sua natura ultima, basta dire "La forma è forma". Si può anche arrivare a dire "Vita é morte". L'acqua è onda, l'onda è acqua; quando l'onda scompare, l'acqua dell'oceano non è diminuita, così è la stessa cosa per vita e morte. Ogni istante sorge e muore, è la legge dell'impermanenza. Se realizzo che siamo interrrelati e interconnessi, cala il desiderio, cala la sofferenza. I libri non servono, il processo devi viverlo, devi Esserlo, devi viverlo nella quotidianità. Che corrisponde alla frase di Nitzche "Diventa ciò che sei".
Se ci poniamo come obiettivo di diventare un santo illuminato, è il porsi l'obiettivo che ci impedisce di farlo. Non bisogna idealizzare il lavoro da fare, occorre iniziare a fare quello che si può, nella quotidianità.
Si racconta di una persona che si era immessa sul percorso spirituale, aveva predisposto tutta la sua casa per favorire il raccoglimento e la meditazione. Comincia a nevicare e la neve ricopre tutte le strade; fuori dalla finestra si vede un senza-tetto. La persona è tormentata, e non riesce ad accettare l'idea di portare il senza-tetto nella sua stanzetta pulita. Comincia a meditare e a praticare la compassione per se stesso che non riusciva ad avere la compassione per il barbone. Ma bastava trovare la via di mezzo, riuscire a fare un piccolo passo verso la benevolenza, ossia portare una coperta e un thè caldo al barbone.
Se qualcuno ti pone la domanda "Tra male maggiore e male minore, tu cosa sceglieresti?" la risposta dovrebbe essere: "Scelgo il bene". Spesso la motivazione che ci spinge ad aiutare gli altri è egoica, c'è un'infiltrazione egoica, però è meglio fare del bene che non farlo, importante è essere onesti con se stessi.
L'Arath diventa illuminato e poi aiuta gli altri, Chi è sulla strada del bodhisattva può cominciare ad aiutare gli altri in maniera onesta, senza ricordare a se stesso "Sono un santo illuminato".
La pratica di consapevolezza si realizza poggiando la mente sul respiro, in questo modo tolgo lo spazio a pensieri ansiogeni, conto i respiri da 1 a 5, e ricomincio. Oggi la scienza conferma la neuroplasticità del cervello e che la mente è educabile a tutte le età. Che è poi il principio che sosteneva il Buddha dicendo che la mente è malleabile.
Consapevolezza e etica. Religions for Peace delle Nazioni Unite ha come obiettivo la promozione della pace e la reciproca conoscenza, dell'amicizia tra i vari praticanti e lo sviluppo della fiducia reciproca. C'è una sede a livello europeo e una in Italia. Dario Doshin è vice presidente della sede italiana e consigliere a livello europeo. Nel centro zen l'arco di Roma, sono stati accolti dei mussulmani che hanno praticato meditazione nel centro e i praticanti hanno cercato punti di convergenza tra i due cammini spirituali.
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