“Sono molto scettico sulla possibilità di scrivere una biografia affidabile di Gesù”. In un'intervista a Le Monde, Rémi Gounelle, decano della Facoltà di Teologia protestante dell'Università di Strasburgo, ripercorre la difficoltà di creare un'immagine canonica di Gesù durante i primi secoli del cristianesimo.
Gli Evangeli canonici – sottolinea Gounelle – non possono essere considerati opere storiche nel senso moderno del termine. I loro autori non intendevano scrivere una biografia oggettiva, bensì trasmettere quegli eventi della vita di Gesù che ritenevano fondamentali per fondare la fede e la prassi delle prime comunità cristiane. Miracoli, Passione e Resurrezione rappresentano i fulcri narrativi scelti.
L’enigma degli “anni oscuri” di Gesù. Interrogato sulle ipotesi relative alla vita di Gesù tra l’infanzia e l’inizio del suo ministero pubblico – periodo sul quale i testi canonici tacciono – Gounelle si mostra prudente: secondo lui, non esiste alcuna teoria realmente fondata. Le fonti disponibili, benché numerose, sono lacunose e in parte contraddittorie. Le teorie su presunti viaggi in India, ad esempio, mancano totalmente di evidenze concrete. Più plausibile è che Gesù abbia ricevuto una formazione approfondita nelle Scritture, forse in una scuola giudaica (yeshiva), e che conoscesse a fondo il contesto religioso del suo tempo.
Il ruolo della memoria e delle istituzioni. Gli studi sulla memoria indicano che quella individuale tende a svanire dopo alcune decadi, lasciando spazio a una memoria collettiva, modellata dalla narrazione sociale e istituzionale. La memoria di Gesù non fa eccezione: le testimonianze dirette si sono perse, mentre la sua figura è stata modellata in funzione della coesione teologica e comunitaria.
Senza l’istituzione, afferma Gounelle, il movimento carismatico di Gesù sarebbe verosimilmente svanito. L’opera di sistematizzazione teologica, a partire dal II secolo, ha cercato di conciliare le divergenze tra i quattro Evangeli – ciascuno dei quali propone un ritratto distinto – attraverso le cosiddette “armonie evangeliche”, ovvero tentativi di redigere un’unica narrazione biografica.
Evangeli perduti e testi apocrifi. Oltre agli Evangeli canonici, circolarono altri testi, come quelli di Tommaso e di Pietro, letti ancora nei secoli III e V. Molte di queste opere non furono accolte dall’istituzione, ma hanno lasciato un’impronta significativa nell’immaginario collettivo. Le rappresentazioni dell’infanzia di Gesù, ad esempio, derivate da testi apocrifi, continuano a influenzare la tradizione popolare, tanto in Occidente quanto in Oriente e perfino nell’islam.
La pluralità del cristianesimo delle origini. Gounelle propone un’immagine suggestiva per descrivere il cristianesimo primitivo: non un albero con un unico tronco centrale, ma un nocciolo, con molteplici fusti che emergono direttamente dal terreno. Questo modello rende conto della ricchezza e della complessità delle origini cristiane, più che lo schema gerarchico troncato di un albero come la quercia. Di quella molteplicità originaria restano oggi solo alcune “ramificazioni” sopravvissute.
Nuove scoperte? Infine, Gounelle invita alla cautela nei confronti di possibili nuove scoperte. Pur non escludendo del tutto l’emergere di testi o reperti archeologici inediti, ritiene improbabile che essi possano modificare in maniera sostanziale la conoscenza storica di Gesù. I dati ritenuti più verosimili – il battesimo, la predicazione in Galilea, la condanna romana e la crocifissione – costituiscono un nucleo narrativo condiviso, ma andare oltre questi elementi con rigore storico appare, a suo giudizio, fuori portata.
Nessun commento:
Posta un commento