venerdì 1 agosto 2025

Il tradimento dello yoga

POST di Simone Carbonardi  su Facebook: https://www.facebook.com/groups/442250463745970/posts/1246087630028912/   Turiya Yoga Academy (https://turiyayoga.it/ Frosinone-RM)          

Lo yoga, così come viene rappresentato oggi, è vittima di un tradimento. Non è una crisi della disciplina in sé, ma del modo in cui viene insegnata e compresa. Il problema non sta nella sua diffusione globale, che è oggi più ampia che mai, ma nella frammentazione e semplificazione operata dai sistemi formativi, che svuotano lo yoga della sua essenza, trasformandolo in un prodotto accessibile e immediato, ma privo della profondità che lo caratterizza.
 
Eppure, anche nella sua parzialità, lo yoga dimostra una forza straordinaria. Le asana, ridotte spesso a posture fisiche, portano benefici tangibili, alleviano dolori, migliorano la qualità della vita. Questo ci ricorda quanto fosse potente lo yoga nella sua unità: una scienza talmente completa che anche un frammento isolato riesce a trasformare. Ma questa realtà non deve farci dimenticare l’importanza di rappresentare lo yoga nella sua totalità. Se una parte della disciplina può fare tanto, cosa potrebbe accadere se fosse insegnata e praticata nella sua completezza?

Il tradimento dello yoga non risiede nei praticanti o nella loro ricerca di sollievo, ma nel sistema che ha dimenticato la centralità dello studio teorico, ignorando il legame indissolubile tra teoria e pratica. Questo tradimento si manifesta nei corsi istruttori, dove il tempo è dedicato principalmente a posture, allineamenti, accenni al corpo energetico e persino al marketing, mentre la teoria che dà significato a queste pratiche è relegata a un ruolo marginale o del tutto assente.
 
Sono corsi distruttori di Yoga se non ti insegnano l'integrità di un testo ed una pratica che ne rispecchi la portata in ogni ambiente tecnico ad esso associato che sia corpo, respiro, mente o connessione spirituale.
Lo yoga è innanzitutto una scienza della mente, e i suoi strumenti operano per trasformare e armonizzare i processi mentali. Tuttavia, il sistema formativo moderno ha invertito l’ordine naturale: si parte dal corpo, senza comprendere la mente. Questo approccio non solo tradisce la disciplina, ma priva chi vi si avvicina della possibilità di sperimentarla nella sua totalità. Prima di muovere il corpo, è necessario studiare. Prima di adottare una postura, bisogna sapere cosa questa postura rappresenta, quale scopo serve e quale percorso teorico la sostiene.
Solo per darvi una piccola contezza della materia in una sua sintetica ma almeno rappresentativa totalità e non in una bieca seppur magica e benefica parzialità.
 
Gli Yoga Sutra di Patanjali offrono una guida completa per comprendere lo yoga nella sua interezza. Questo testo non è una semplice raccolta di precetti, ma un manuale sistematico che integra teoria e pratica. I suoi quattro capitoli — il Samadhi Pada, il Sadhana Pada, il Vibhuti Pada e il Kaivalya Pada — descrivono un percorso progressivo e coerente per comprendere, praticare e vivere lo yoga.
Il primo capitolo, il Samadhi Pada, è la base teorica dell’intero sistema. Descrive la mente, i suoi processi e gli stati di consapevolezza, fornendo una mappa dettagliata per raggiungere il samadhi, lo stato di unione e stabilità che elimina gli errori cognitivi alla radice della sofferenza. Il secondo capitolo, il Sadhana Pada, introduce la Ashtanga Yoga, un sistema di strumenti pratici che lavorano direttamente sul karmashaya, il deposito delle impressioni mentali. Questi strumenti, spesso ridotti a tecniche isolate, sono invece parte di un sistema che guida la mente verso la liberazione.
Solo per creare un po' di curiosità in più sul tema più bistrattamente estrapolato da questo testo rappresentato proprio dall'ashtanga Yoga.
L'Ashtanga , spesso frainteso, comprende otto rami che operano in sinergia e descrivono un corpo unico chiamato nella sua interezza Yoga sempre se compreso attraverso l'interezza del testo e non solo attraverso questa semplicistica rappresentazione che nasce e si emancipa per la finalità del secondo capitolo. Gli Yama e i Niyama, che aprono questo sistema, non sono semplici regole morali, ma strumenti per armonizzare la mente. Gli Yama lavorano sulla relazione tra interno ed esterno, aiutando a stabilire una base di equilibrio mentale implementando un sistema di lavoro e di armonizzazione del nostro passato affinché il nostro presente si relazioni meglio con il contesto, rappresentano di fatto gli strumenti di una parte della disciplina che corrisponde alla psicologa analitica dello yoga. I Niyama, invece, guidano verso un lavoro più introspettivo, permettendo una taratura precisa della strumentazione visiva indirizzandola dall'interno verso l'esterno in maniera più efficiente. Asana, spesso ridotto come concetto ad esercizi fisici, ha una funzione ben più profonda: stabilizzare la mente attraverso ogni terreno di studio nel quale si vorrà esperire la pratica. Il pranayama che permette al praticante di cominciare ad estendere la propria consapevolezza sul comparto energetico che ci permette ogni lavoro conoscitivo. Il pratyahara, il ritiro dei sensi, rappresenta la sospensione della propensione mentale verso l’esterno, preparando il praticante a concentrare l’attenzione sul piano mentale nella sua più profonda interezza.
Pratiche che culminano in dharana (ritenzione dell’attenzione) il primo allenamento per stabilizzare la mente allenandola a ritenere la propria attenzione in maniera concentrata su un oggetto. Solo attraverso questo processo si arriva a dhyana, pratica di osservazione continua che apre la consapevolezza ad uno studio crescente su vari piani di espansione che utilizzano i vari aspetti grossolani e sottili che eruttano dall'oggetto che prendiamo in esame.
Questo sistema non è un insieme di tecniche isolate, ma un percorso integrato che richiede una comprensione teorica profonda per essere praticato correttamente. Tuttavia, nei corsi istruttori moderni, questa teoria è spesso assente o trattata in modo superficiale. Questo tradimento della base teorica svuota le pratiche del loro significato e priva gli aspiranti insegnanti della capacità di trasmettere lo yoga nella sua vera essenza.
Il problema si riflette anche nel tipo di pubblico che accede a questi corsi. Lo yoga moderno è diventato accessibile principalmente a chi cerca un’esperienza fisica o una risposta immediata a problemi specifici. Non invita alla complessità, ma la semplifica, offrendo una versione frammentata che non rappresenta la totalità della disciplina. Questo non significa che chi vi si avvicina non abbia domande profonde o legittime, ma che il sistema non è in grado di rispondere a queste domande in modo adeguato se non per qualche rara perla in evoluzione personale o a quei rari che anche utilizzando un mezzo parziale abbiano saputo perforare quel recinto nel quale ci siamo autorinchiusi.
Lo yoga ha un compito straordinario: eradicare la sofferenza. Ma per farlo, deve essere rappresentato nella sua totalità, rispettando la sua integrità teorica e pratica. Ogni pratica deve riflettere fedelmente la teoria che la sostiene. La meditazione, ad esempio, non è un atto isolato, ma un risultato progressivo che richiede disciplina e un protocollo strutturato, come descritto negli Yoga Sutra. Non possiamo continuare a proporre un sistema frammentato, che ignora la complessità dell’essere umano e riduce lo yoga a una serie di tecniche.
Questo è il tradimento dello yoga. E questa è la sfida: restituirlo alla sua integrità, affinché possa tornare a essere ciò che è sempre stato — la più grande scienza psicologica mai concepita, un sistema completo per trasformare la mente, il corpo e la relazione tra di essi e ancora di più: rompere la bolla che crea la più grande errata percezione che si auto-replica nel mondo portandoci in condizione di sofferenza rappresentata dall'incapsulamento dell'esistenza in un ego incapace di liberare la sua vera e potente natura infinita. Solo allora potrà compiere il suo scopo più alto: portare l’umanità oltre la sofferenza, verso una libertà autentica e duratura.
 
La Darshana Yoga, una disciplina millenaria di trasformazione interiore, è stata in gran parte ridotta da una continua errata rappresentazione, nel panorama moderno, a un insieme di parzialità che vengono continuamente diffuse a promulgate a partire dai corsi istruttori che per lo più si occupano di posture fisiche, comparto medicale e una mistura di tecniche superficiali prese anche da contesti non relativi allo yoga.
Questa frammentazione ha tradito la profondità della sua visione originaria, ma al contempo ha creato un'opportunità straordinaria: ripensare lo Yoga per riconnetterlo alla sua essenza e trasformarlo in uno strumento universale per elevare di nuovo l’uomo ad operare da punti di vista più vicini all'umanità che ad uno stampo totalmente personalistico.
Non si tratta di rifiutare ciò che lo Yoga moderno ha costruito, ma di integrare e trascendere la visione riduttiva per restituirgli il suo potenziale trasformativo.
Viviamo nel Kali-Yuga, un’epoca di frammentazione e dispersione mentale, in cui la mente è dominata dagli oggetti sensoriali e sempre più privata della sua capacità discriminatoria. In questo contesto, lo Yoga moderno ha offerto una porta d’accesso preziosa attraverso le posture fisiche, erroneamente definite asana il cui termine avrebbe da regalare molto di più alla disciplina ed anche alle stesse posizioni se meglio compreso. Pratiche che rappresentano comunque un punto di partenza straordinario per molti, consentendo loro di iniziare un viaggio di consapevolezza attraverso il corpo. Tuttavia, è necessario riconoscere che le posture sono solo uno dei possibili punti di partenza nel quale, la continua reiterazione di questa perversa cognizione ci ha condotto, di sicuro non il fine ultimo dello Yoga.
La vera essenza dello Yoga si trova nella trasformazione della mente. Gli Yoga Sutra di Patanjali, il testo fondamentale della disciplina, ci insegnano che il lavoro reale dello Yoga è rivolto alla mente. Il Sutra 2.11, in particolare, sottolinea che il primo compito del praticante (sadhaka) è attenuare le afflizioni mentali (klesha), poiché senza questo lavoro preliminare gli altri anga rimangono inaccessibili. Il primo anga che si incontra nel testo è Dhyana. Un protocollo meditativo ben strutturato è quindi essenziale per guidare la mente dalla dispersione verso la concentrazione e, infine, verso l’unità. Solo una mente libera dalle afflizioni può accogliere pienamente la pratica dello Yoga nella sua totalità.
L'allenamento alla ritenzione dell'attenzione in concentrazione su un fattore supportativo deve diventare nuovamente ciò che nello Yoga ha la possibilità di chiamarsi Pratica.
Questo percorso richiede un’integrazione graduale e progressiva della teoria e della pratica.
Gli Yoga Sutra rappresentano l’architettura teorica e pratica dello Yoga, offrendo gli strumenti per orientare il praticante verso una comprensione più profonda della disciplina.
Tra i quattro capitoli, il Samadhi Pada è il punto di partenza imprescindibile, poiché fornisce le basi per comprendere la mente e sviluppare la concentrazione. Una volta padroneggiata questa teoria, ogni tecnica può essere trasformata in un’opportunità di crescita. La teoria non è un vincolo, ma una guida che consente di valorizzare ogni pratica e di espandere la consapevolezza attraverso ogni esperienza della vita.
La chiave per costruire un protocollo meditativo efficace è un lignaggio autentico e ininterrotto. Solo un lignaggio che unisce la saggezza di generazioni può garantire la coerenza e la profondità necessarie per creare un sistema meditativo rappresentativo.
Il mio incontro con il lignaggio di Swami Rama e Swami Veda Bharati è stato fondamentale per comprendere questa visione. La meditazione supercosciente, sintetizzata da Swami Rama, incarna pienamente gli insegnamenti degli Yoga Sutra. Questo protocollo meditativo non solo libera la mente dalle distorsioni sensoriali, ma rende possibile integrare tecniche da ogni tradizione con discernimento e consapevolezza.
Solo quando si domina coerentemente lo Yoga ogni cosa diventa terreno di pratica ed ogni indirizzo tecnico possibilità di accrescimento verso sensibilità altre.
Uno degli errori più comuni nello Yoga moderno è il confinamento della pratica a determinati schemi fisici o mentali, creando una visione settaria e abilista che esclude chi non soddisfa certi criteri. Questa riduzione ignora la natura universale dello Yoga, che si adatta a ogni individuo e situazione. Una mente ben formata, invece, può trasformare ogni esperienza – ogni incontro, ogni pensiero, ogni oggetto materiale – in un’opportunità per praticare Yoga. Questo approccio elimina ogni limite imposto dalle circostanze fisiche o culturali, restituendo alla disciplina la sua universalità.
Sarà la devozione alla conoscenza della teoria che libererà la potente azione trasformativa dello Yoga.
Parallelamente, è necessario affrontare la questione della sostenibilità economica.
E' possibile bilanciare l’autenticità della tradizione con un approccio moderno che garantisca una base solida. Questo equilibrio permette di mantenere alta la qualità dell’insegnamento, assicurando dignità agli insegnanti e accessibilità agli studenti.
Le posture fisiche, utilizzate come catalizzatore di attenzione che riconosce pienamente l'errore cognitivo che imperversa nel mondo Yoga su ciò che sia effettivamente Yoga, riscoprono sempre più la loro opportunità quando si rivedono in funzione propedeutica raccogliendo ciò che il corpo, della disciplina, può contenere potendo poi sostenere un percorso più ampio che deve includere teoria, meditazione e quindi trasformazione interiore.
Si fanno delle lezioni di posture aspiranti Asana ma lo Yoga viene insegnato nel corso di teoria che utilizza la meditazione come primo ground di pratica per come individuata negli Yoga Sutra.
Lo Yoga autentico è inclusivo, universale e trasformatore.
Non si limita a una tecnica o a una sensibilità personale, ma abbraccia ogni aspetto della vita.
La devozione alla teoria ed alla pratica è ciò che permetterà allo Yoga di estendersi a chiunque in ogni settore realizzando davvero ciò che sembra solo essere la solita ripetizione stonata dello "yoga oltre il tappetino" riportando il tappetino nel suo ruolo splendidamente propedeutico e marginale rispetto alla pratica che si costituisce nel lavoro che si compie verso la stabilità del campo mentale.
Quando teoria e pratica si integrano, la vita stessa diventa un campo di sperimentazione yogica, trasformando ogni esperienza in un’opportunità per crescere e riconnettersi all’universale.
Questo approccio supera la frammentazione moderna e riporta lo Yoga alla sua essenza originaria: un ponte tra l’individuo e l’universale, tra l’uomo e l’umanità, restituendo alla vita il suo senso più autentico.. 
 

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