Advaita (sanscrito: non dualismo, talvolta Monismo), è la più influente delle scuole del Vedanta, una delle sei scuole filosofiche ortodosse dell' India. Mentre i suoi seguaci trovano i temi principali già completamente espressi nelle Upanisad e codificati nel Vedanta-sutra, ha il suo inizio storico con Gaudapada, un filosofo del VII secolo, autore del Mandukya-karika, un commento in versi sulla tarda Mandukya Upanisad.
Gaudapada argomentò anche sulla filosofia buddista del Mahayana di Shunyava-da (vacuità). Sostenendo la non esistenza della dualità; la mente, nella veglia o nel sogno, si muove nella maya (illusione o ignoranza metafisica); e soltanto la non dualità (advaita) è la verità finale. Questa verità è celata dall' ignoranza dell' illusione. Non c'è alcun divenire, né da una cosa in sé o da una cosa a un'altra cosa. Non c'è infine il Sé o anima individuale (jiva), ma solo l'atman (l'Essere o spirito omnipervadente), in cui gli individui sono temporaneamente delineati così come lo spazio in un vaso si delinea come una parte dello spazio principale: quando il vaso è rotto, lo spazio specifico torna ancora una volta parte dello spazio principale.
Il filosofo medioevale indiano Shankara, o Shankaracarya, elaborò ulteriormente i concetti di Gaudapada, principalmente nel suo commento sul Vedanta-sutra, lo Shariraka-mimamsa-bhasya (Commentario sullo Studio sul Sé). Shankara nella sua filosofia non inizia dal mondo empirico attraverso un processo di analisi logica ma, piuttosto, direttamente dall' assoluto (Brahman). Se interpretato correttamente, sostiene, le Upanisad insegnano la natura della Realtà Assoluta (Brahman). In questa questa discussione, sviluppa un epistemologia completa per rappresentare l' errore umano nella percezione del mondo fenomenico come reale. Fondamentale per Shankara è il principio che il Brahman è reale ed il mondo è irreale. Ogni cambiamento, la dualità e la molteplicità sono un' illusione. Il Sé non è null'altro che il Brahman. La visione di questa identità provoca la realizzazione spirituale. Brahman è oltre il tempo, lo spazio e la causalità, che sono semplicemente forme dell'esperienza empirica. Nessuna distinzione nel o dal Brahman è possibile.
Shankara afferma che i testi scritti, dichianti l' identità (Tu sei Quello) o che negano la differenza (Qui non esiste dualità), in realtà affermano il vero significato di una Realtà Assoluta (Brahman) senza alcun attributo o qualità (nirguna). Altri testi che attribuiscono delle qualità (saguna) alla Realtà Assoluta (Brahman) sono da riferirsi non alla reale vera del Brahman ma alla relativa personalità come Divino (Ishvara).
La percezione umana della unitaria ed infinita Realtà Assoluta come molteplice ed infinita è causata dall' essere umano e alla sua abitudine innata della sovrapposizione (adhyasa), da cui un attributo si attribuisce all'Io (Io sono stanco; Io sono felice; Io sto percependo). L'abitudine proviene dall' ignoranza umana (avidya), che può essere evitata soltanto dalla realizzazione dell' identità del Brahman. Tuttavia, il mondo empirico non è completamente irreale, dato che è comunque un'apprensione errata del Brahman reale. Una corda si scambia con un serpente; c'è soltanto una corda e non c' è nessun serpente, ma, finché si pensa ad essa come al serpente, c'è il serpente.
Shankara ha avuto molti seguaci che hanno continuato ed elaborato la sua opera, considerevole il contributo del filosofo Vacaspati Mishra del IX secolo. La letteratura Advaita è estremamente vasta e la sua influenza ancora è sensibile nel pensiero indù moderno.
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