sabato 13 settembre 2025

Il Vedānta e le sue Correnti Filosofiche

Vedānta (devanāgarī: वेदान्त, "fine dei Veda") è un termine sanscrito che indica la parte finale del corpus vedico, rappresentata principalmente dalle Upaniṣad, e che simboleggia anche il culmine del pensiero spirituale indiano, orientato verso la liberazione (mokṣa).      

In senso dottrinale, Vedānta si riferisce anche alla Uttaramīmāṃsā ("esegesi ulteriore"), fondata sullo studio del Brahmasūtra (o Vedāntasūtra), un testo di aforismi attribuito a Bādarāyaṇa, strutturato in quattro adhyāya (capitoli), ciascuno diviso in pāda (sezioni), per un totale di 555 sutra.

   

La base scritturale del Vedānta si fonda sul prasthānatraya ("i tre punti di partenza"):

  •     Le Upaniṣad
  •     La Bhagavadgītā
  •     Il Brahmasūtra

Queste opere sono oggetto di interpretazioni diverse, da cui derivano varie scuole vedāntiche. Tradizionalmente, il Vedānta si articola in sei principali correnti filosofiche:

  •     Advaita Vedānta di Śaṅkara (VI–VII secolo)
  •     Viśiṣṭādvaita Vedānta di Rāmānuja (XI secolo)
  •     Dvaita Vedānta di Madhva (XIII secolo)
  •     Dvaitādvaita Vedānta di Nimbārka (XIV secolo)
  •     Śuddhādvaita Vedānta di Vallabha (XV–XVI secolo)
  •     Acintyabhedābheda Vedānta di Caitanya (XVI secolo)

Queste scuole, pur avendo come riferimento lo stesso canone, giungono a concezioni molto differenti sulla natura dell’Assoluto (Brahman), del sé (ātman), e del mondo empirico (jagat).

Advaita Vedānta. Advaita (sanscrito: "non-dualismo", o "monismo") è la scuola Vedānta più influente, fondata in forma sistematica da Śaṅkara (Śaṅkarācārya), ma preceduta dal pensiero del filosofo del VII secolo Gauḍapāda, autore del Māṇḍūkya-kārikā, un commento in versi sulla Māṇḍūkya Upaniṣad.

Gauḍapāda, influenzato anche dal buddhismo mahāyāna (in particolare dalla dottrina dello śūnyavāda), afferma:

  •     L’unica realtà è la non-dualità (advaita).
  •     Tutta la percezione fenomenica, nella veglia come nel sogno, è māyā (illusione).
  •     Il jīva (anima individuale) non è realmente distinto dall’ātman, l’Essere universale.

    Non c'è divenire, solo apparenza: come lo spazio in un vaso non è diverso dallo spazio infinito, così l’anima individuale non è distinta dal Brahman.

Śaṅkara sviluppa l’Advaita in modo filosoficamente rigoroso nel suo Śārīraka-mīmāṃsā-bhāṣya, il commento ai Brahmasūtra. La sua visione si fonda su alcuni principi chiave:

  •     Brahman è l’unica realtà: senza attributi (nirguṇa), al di là del tempo, dello spazio e della causalità.
  •     Il mondo è illusorio (māyā): reale solo in senso relativo.
  •     L’ātman individuale è Brahman: la conoscenza di questa identità porta alla liberazione.

    L’errore percettivo (adhyāsa) consiste nel sovrapporre attributi all’Io, come nell’esempio della corda scambiata per un serpente.

Viśiṣṭādvaita significa "non-dualismo qualificato". Fondata da Rāmānuja, questa scuola propone una visione in cui l’unità dell’Essere supremo (Brahman) è mantenuta, ma è qualificata dalla presenza della prakṛti (materia) e degli ātman individuali, che costituiscono il corpo del Signore (sarīra-sarīrī bhāva).

  •     Il jīvātman non è identico al Brahman, ma eternamente connesso ad esso.
  •     La molteplicità è reale, ma subordinata all’unità organica del tutto.
  •     L’affermazione "Aham Brahmāsmi" è letta in chiave devozionale: l’unione con Dio non annulla la dualità, ma la sublima in comunione.

Una metafora spesso utilizzata è quella della scintilla e del fuoco: il jīvātman è una parte del Brahman, ma non è il tutto.

    Dvaita Vedānta di Madhva afferma una netta dualità: Dio e l’anima individuale sono eternamente distinti.

    Dvaitādvaita, Śuddhādvaita e Acintyabhedābheda cercano diverse forme di conciliazione tra unità e diversità. Differenze di prospettiva e coesistenza delle visioni. Una celebre risposta di Hanuman a Rāma sintetizza poeticamente le tre visioni vedāntiche:

  •     Quando sono consapevole del mio corpo, sono il Tuo servo.
  •     Quando sono consapevole della mia individualità, sono una parte di Te.
  •     Quando sono consapevole della mia essenza, sono Te stesso.

Questa risposta incarna:   -  La prospettiva dvaitica (servo),   - Quella viśiṣṭādvaitica (parte),    -  E infine quella advaitica (identità totale).

Molti vedāntin contemporanei sottolineano che le tre visioni non si escludono, ma possono essere viste come progressive realizzazioni spirituali.

Conclusione.    Il Vedānta rappresenta un corpus filosofico vasto e profondo, in cui le diverse scuole interpretano in modi differenti la natura dell'Assoluto e il rapporto con l’individuo e il mondo. Sebbene Advaita sia stata la scuola più influente storicamente, Viśiṣṭādvaita, Dvaita e le altre correnti offrono alternative altrettanto coerenti e profonde.  La loro diversità non implica necessariamente contraddizione, ma riflette differenti vie di accesso alla verità, adattabili ai livelli e agli stati di coscienza dei ricercatori spirituali.

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