1895-1902: la carriera di cantante lirica. Su incoraggiamento del padre, Alexandra David-Néel entrò al Conservatorio Reale di Bruxelles, dove studiò pianoforte e canto, ottenendo il primo premio di canto. Per aiutare i genitori in difficoltà economiche, accettò, sotto lo pseudonimo di Alexandra Myrial (ispirato al nome di Myriel, un personaggio de I Miserabili di Victor Hugo), l’incarico di prima cantante all’Opera di Hanoi (Indocina) durante le stagioni 1895-1896 e 1896-1897. Interpretò ruoli come Violetta ne La traviata (Verdi), cantò ne Le Nozze di Jeannette (Victor Massé), Faust e Mireille (Gounod), Lakmé (Léo Delibes), Carmen (Bizet), Thaïs (Massenet). In quel periodo intrattenne corrispondenza con Frédéric Mistral e Jules Massenet.
Dal 1897 al 1900 visse al 3 di rue Nicolo a Parigi con il pianista Jean Hautstont, con il quale scrisse Lidia, dramma lirico in un atto (musica di Hautstont, libretto di Alexandra).
Il 27 giugno 1898, al Museo Guimet, assistette a una cerimonia buddhista tibetana, presieduta dal lama mongolo Agvan Dorjiev, vicino al XIII Dalai Lama, in presenza di Georges Clemenceau.
Dal 1893 al 1899, con lo pseudonimo Mitra (nome di una divinità vedica), scrisse articoli per riviste come Le Lotus bleu (organo della Società Teosofica) e L’Étoile socialiste.
Cantò all’Opera di Atene (novembre 1899-gennaio 1900) e poi, nel luglio dello stesso anno, all’Opera di Tunisi, dove conobbe Philippe Néel, ingegnere capo delle ferrovie tunisine e futuro marito. Lasciò la carriera di cantante nell’estate 1902 e assunse per qualche mese la direzione artistica del casinò di Tunisi, continuando le sue ricerche.
Tra il 1900 e il 1908, firmando ancora come Alexandra Myrial, pubblicò diversi articoli, tra cui uno studio sul Potere religioso in Tibet per il Mercure de France. Scrisse anche il romanzo Le Grand Art (1901-1902), satira dell’ambiente artistico di fine Ottocento, che però non trovò editori. Nel 1904, alla vigilia del matrimonio, rinunciò a pubblicarlo perché conteneva elementi “troppo autobiografici”
1904-1911: la donna sposata. Il 4 agosto 1904, a Tunisi, sposò Philippe Néel, suo compagno dal 15 settembre 1900. Aveva 36 anni. La loro convivenza, a tratti burrascosa ma basata sul rispetto, terminò il 9 agosto 1911, quando Alexandra partì sola per il suo terzo viaggio in India (1911-1925; il secondo era stato durante una tournée lirica. Tre ministeri francesi contribuirono a finanziare il viaggio. Non volle figli, consapevole che la maternità era incompatibile con il suo bisogno di indipendenza e di studio. Promise a Philippe di tornare entro diciotto mesi; in realtà rientrò solo quattordici anni dopo, nel 1925, e si separò di nuovo dopo pochi giorni, tornando alle esplorazioni con il giovane lama Aphur Yongden, che adottò nel 1929. Nonostante la separazione, mantennero una fitta corrispondenza fino alla morte di Philippe, l’8 febbraio 1941.
Secondo lo studioso Michel Renouard, i viaggi di Alexandra non sarebbero stati possibili senza il sostegno economico del marito, che agì anche come suo intermediario finanziario, pur aiutandola di tasca propria nei momenti più difficili.
Dal 1909 si dedicò interamente agli studi asiatici e firmò con il suo nome di nascita articoli e saggi, tra cui Il modernismo buddhista e il buddhismo del Buddha (1911). Il successo, però, arrivò solo dieci anni dopo
1911-1925: il grande viaggio indo-tibetano. Arrivo in Sikkim (1912). Alexandra arrivò in Sikkim nel 1912, a 43 anni, stringendo amicizia con Sidkéong Tulku Namgyal, figlio maggiore del sovrano del regno. Visitò numerosi monasteri buddhisti e conobbe il giovane Aphur Yongden, allora quindicenne, con il quale si ritirò in un eremo a oltre 4.000 metri di altitudine.
Incontro con il XIII Dalai Lama (1912) Grazie al lama Kazi Dawa Samdup, fu ricevuta dal XIII Dalai Lama a Kalimpong il 15 aprile 1912. Il leader tibetano, sorpreso dalla sua conversione al buddhismo, le consigliò di studiare a fondo il tibetano, cosa che fece.
Soggiorno a Lachen (1912-1916) Visse per anni accanto a Lachen Gomchen Rinpoché, maestro spirituale che le insegnò tecniche come il tummo (generazione di calore interno) e le conferì il nome religioso Yéshé Tömé (“Lampada di Saggezza”).
Intrattenne rapporti epistolari con Sidkéong, che nel 1914 le offrì una statuetta sacra del Buddha Sakyamuni. Il 10 febbraio 1914, alla morte del maharaja, Sidkéong divenne sovrano e avviò un programma di riforma religiosa con la consulenza di Alexandra. Pochi mesi dopo, però, morì improvvisamente, forse avvelenato.
1916-1924: verso Lhasa Nel 1916, Alexandra David-Néel lasciò il Sikkim e si recò in Giappone, dove incontrò per la prima volta il famoso maestro zen Ekai Kawaguchi. Successivamente partì per la Corea e poi per la Cina, dove rimase a lungo, viaggiando attraverso il paese in condizioni spesso precarie.
Nel 1918 raggiunse il Tibet orientale, stabilendosi a Kumbum, grande monastero situato nella provincia dell’Amdo (oggi Qinghai). Qui studiò testi sacri, il rituale buddhista e le lingue locali. Fu accolta con rispetto, ma la sua permanenza non passò inosservata alle autorità cinesi.
Per anni tentò di ottenere il permesso ufficiale di entrare a Lhasa, ma le autorità britanniche, che controllavano l’accesso al Tibet, glielo negarono ripetutamente, temendo complicazioni diplomatiche.
Determinata a realizzare il suo sogno, nel 1923 partì da Darchen, ai piedi del monte Kailash, insieme ad Aphur Yongden. Si travestì da pellegrina mendicante tibetana: il volto annerito dal fumo, abiti logori, mani sporche, un rosario e una ciotola per le elemosine. Yongden la accompagnava come suo figlio adottivo e guida.
1924: l’arrivo a Lhasa. Dopo mesi di marcia attraverso passi innevati e territori isolati, il 28 gennaio 1924 Alexandra e Yongden entrarono di nascosto a Lhasa, capitale del Tibet, città proibita agli stranieri. Rimasero due mesi, ospitati da amici tibetani e vivendo con estrema discrezione per evitare di essere scoperti. Fu la prima donna occidentale a raggiungere Lhasa, un’impresa considerata impossibile per l’epoca. Descrisse in dettaglio la città, i palazzi, i monasteri e le cerimonie religiose, informazioni preziose poiché Lhasa era ancora completamente chiusa al mondo esterno. La loro permanenza si concluse quando, temendo di essere riconosciuti, decisero di lasciare la città e intraprendere il lungo viaggio verso l’India.
1925: ritorno in Europa. Dopo aver attraversato l’Himalaya e l’India, Alexandra rientrò in Francia nel maggio 1925, accolta come un’eroina. I giornali francesi e internazionali le dedicarono ampi articoli, esaltando il coraggio, la resistenza fisica e la conoscenza profonda della cultura tibetana.
Pubblicò immediatamente Voyage d’une Parisienne à Lhassa (1927), che divenne un bestseller internazionale e la consacrò come una delle più grandi viaggiatrici ed esploratrici del XX secolo. Continuò poi a scrivere numerosi libri sul Tibet, il buddhismo e le sue esperienze spirituali, divenendo una voce autorevole nel campo dell’orientalismo.
1925-1937: nuovi viaggi e scrittura. Dopo il ritorno in Francia, Alexandra non rimase ferma a lungo. Negli anni seguenti intraprese conferenze in tutta Europa e pubblicò numerose opere, tra cui studi sul buddhismo e resoconti di viaggio. Nel 1937, accompagnata da Yongden, partì di nuovo per l’Asia, passando per l’Egitto, l’India e il Tibet orientale.
1937-1946: la lunga permanenza in Cina. Durante la seconda guerra mondiale, Alexandra e Yongden rimasero bloccati in Cina per quasi nove anni. Vissero in condizioni difficili a causa della guerra sino-giapponese e della guerra civile cinese, spostandosi di città in città per evitare i combattimenti. Nel 1946 riuscirono a rientrare in Francia, stabilendosi definitivamente a Digne-les-Bains, nelle Alpi dell’Alta Provenza, in una casa che chiamò Samten Dzong (“Fortezza della meditazione”).
1946-1955: la scrittrice consacrata. In questo periodo Alexandra si dedicò intensamente alla scrittura. Pubblicò opere fondamentali come Mystiques et Magiciens du Tibet e Initiations Lamaïques, divenendo una delle massime autorità occidentali sul buddhismo tibetano. Nel 1955 morì Aphur Yongden, compagno di una vita e figlio adottivo, la cui scomparsa fu per lei un colpo durissimo.
1955-1969: gli ultimi anni. Nonostante l’età avanzata, continuò a scrivere e a ricevere visitatori e studiosi da tutto il mondo. A novant’anni rinnovò il passaporto “per ogni evenienza”, dichiarando: «Non si sa mai, potrei partire di nuovo domani.». Nel 1959 incontra sul suo cammino Marie-Madeleine Peyronnet (1930-2023) che l'assisterà nei suoi ultimi dieci anni di vita. Marie-Madeleine, nel suo libro "Dieci anni con Alexandra David-Neel", racconta il suo rapporto con Alexandra, un rapporto tra "l'istrice" e "la tartaruga". Tartaruga era il soprannome che Alexandra aveva dato a Marie-Madeleine.
Nel 1969, a quasi 101 anni, morì nella sua casa di Digne-les-Bains, il 8 settembre. Le sue ceneri, insieme a quelle di Yongden, furono disperse nel Gange, in India, secondo il rituale buddhista tibetano.
Eredità. Alexandra David-Néel rimane una figura leggendaria dell’esplorazione e del pensiero spirituale. Fu una pioniera per le donne viaggiatrici, un ponte tra Oriente e Occidente e una delle prime divulgatrici accurate della cultura tibetana. La sua vita unì il coraggio fisico, la disciplina intellettuale e una profonda sete di libertà.
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