I giovani riescono a rovesciare i governi: negli ultimi anni è successo in Sri Lanka, in Bangladesh e ora anche in Nepal, con modalità per molti versi simili.
Le proteste in Nepal, che la settimana scorsa hanno portato al rovesciamento del governo e alla nomina di un nuovo esecutivo ad interim guidato dall’ex presidente della Corte suprema Sushila Karki, sono le più recenti di una serie di rivolte antigovernative che negli ultimi anni hanno coinvolto vari paesi dell’Asia meridionale e del sud-est asiatico, tra cui principalmente Bangladesh, Indonesia e Sri Lanka, oltre al Nepal. Tutte queste proteste hanno avuto molti elementi in comune, tanto che molti media le hanno raggruppate in un unico fenomeno e qualcuno ha parlato perfino di una «primavera asiatica» (un riferimento alla primavera araba, un movimento di proteste popolari che a partire dal 2011 cercò di rovesciare molti governi del Medio Oriente). È un paragone azzardato, ma i punti in comune tra le varie rivolte asiatiche sono importanti.
Anzitutto sono proteste giovanili. In Nepal si è parlato proprio di proteste della Gen Z, la “generazione Z” che comprende le persone nate fra il 1997 e il 2012, perché molti dei manifestanti erano giovanissimi, e alcuni erano scesi in strada con indosso le divise scolastiche.
Nel 2022 decine di migliaia di giovani protestarono a Colombo, la capitale commerciale dello Sri Lanka, fino a costringere il presidente Gotabaya Rajapaksa a fuggire e lasciare il governo. Due anni dopo, tra il luglio e l’agosto del 2024, furono gli studenti universitari ad animare le proteste in Bangladesh, dove i rivoltosi costrinsero la prima ministra autoritaria Sheikh Hasina a dimettersi e a lasciare il paese.
L’Indonesia avrebbe potuto seguire un percorso simile: ad agosto di quest’anno migliaia di giovani cominciarono a protestare contro il governo del presidente autoritario Prabowo Subianto, che però è riuscito a tenere il controllo della situazione grazie al sostegno dell’esercito, e negli ultimi mesi ha ricominciato a rafforzare il suo potere.
Il fatto che alle proteste partecipino soprattutto persone giovani è un po’ una conseguenza della demografia: in Asia l’età mediana, quella che divide la popolazione in due, è di 31 anni; in Nepal e Bangladesh è di 25 anni circa, in Indonesia è di 30, in Sri Lanka è di 32. I giovani sono tanti, politicamente attivi e costituiscono una forza politica importante (in Italia l’età mediana è di 48,7 anni, la più alta nell’Unione Europea).
In tutti e quattro i paesi inoltre i giovani hanno protestato contro una classe dirigente ritenuta anziana, corrotta e inefficace, e le proteste sono sempre state scatenate da un evento percepito come un caso di eccessiva corruzione o come un sopruso.
In Nepal il governo voleva chiudere alcuni social media dopo che avevano cominciato a diffondersi online critiche e meme sulla vita opulenta delle famiglie dei politici; in Sri Lanka le proteste sono cominciate a causa di una crisi economica che stava provocando blackout e carenza di cibo e carburante; in Bangladesh la causa era stata una legge che avrebbe favorito le persone affiliate al partito di governo nell’ottenimento di incarichi nella pubblica amministrazione; in Indonesia le proteste sono cominciate quando i parlamentari si sono attribuiti una diaria di 3mila dollari al mese, una cifra enorme per il paese.
I leader rovesciati di Nepal, Sri Lanka e Bangladesh, inoltre, avevano tutti più di 70 anni. In tutti e quattro i paesi, quando sono cominciate le proteste l’economia stava vivendo un periodo di difficoltà, l’economia informale (cioè il lavoro in nero) era molto diffusa e la disoccupazione giovanile era alta: tutte cose che contribuiscono ad alimentare la rabbia di molti abitanti.
Nonostante i molti punti di contatto, ciascuna di queste proteste ha ovviamente ragioni e circostanze molto specifiche, e ciascuna ha avuto esiti differenti. In Nepal è ancora presto per capire cosa succederà, mentre in Indonesia non è caduto il governo ma il presidente ha promesso di eliminare la diaria per i parlamentari. In Bangladesh dopo le proteste fu nominato primo ministro ad interim il premio Nobel per l’economia Muhammad Yunus. Ad agosto di quest’anno, dopo mesi di attesa e alcune polemiche, Yunus ha annunciato che nel febbraio del 2026 dovrebbe esserci nuove elezioni.
In Sri Lanka le elezioni si sono tenute nel 2024: le vinse Anura Kumara Dissanayake, un politico cinquantenne che ha promesso di eliminare la corruzione e risollevare l’economia. L’anno scorso il paese ha avuto una forte crescita, che però potrebbe rallentare un po’ quest’anno.

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