Entrambi hanno contribuito in modo decisivo alla rinascita dello yoga nel XX secolo, ma le loro visioni, metodologie e obiettivi riflettono approcci profondamente diversi alla pratica e all’insegnamento. Pur partendo da comuni origini indiane, hanno dato allo yoga due direzioni complementari: una più individuale e terapeutica, l’altra più universale e devozionale.
Krishnamacharya è spesso considerato il “padre dello yoga moderno”. Formatasi alla corte del Maharaja di Mysore, la sua ricerca si radica nello studio dei testi classici — come i Yoga Sutra di Patanjali, gli Yoga Yajnavalkya, e la Hatha Yoga Pradipika — ma è caratterizzata da una forte attenzione alla personalizzazione della pratica.
Per Krishnamacharya, lo yoga non era un insieme di tecniche universali, bensì un cammino individuale, adattato alle necessità fisiche, mentali e spirituali di ciascun praticante (viniyoga).
Krishnamacharya insegnava una pratica in cui ogni respiro aveva un significato e ogni asana era adattato al corpo, all’età e allo stato mentale del praticante.
Il suo principio guida era semplice e rivoluzionario:
“Non è la persona che deve adattarsi allo yoga, ma lo yoga che deve adattarsi alla persona.”
Da questa visione nacquero approcci oggi famosi in tutto il mondo — l’Ashtanga Vinyasa Yoga di Pattabhi Jois, l’Iyengar Yoga di B.K.S. Iyengar e il Viniyoga / Yoga Therapy sviluppato da suo figlio T.K.V. Desikachar. Pur diverse tra loro, queste scuole condividono la centralità del respiro e la visione del corpo come veicolo di consapevolezza.
Ritroviamo l’attenzione al respiro come ponte tra corpo e mente, la personalizzazione della pratica, e l’idea che lo yoga sia una terapia dell’essere umano nella sua interezza.
La pratica degli asana (posizioni) è concepita come strumento di trasformazione personale. Gli asana si adattano alla persona, non il contrario. L’uso del respiro (pranayama) è essenziale per unire corpo e mente.
L’insegnamento avviene spesso in forma individuale o in piccoli gruppi, per garantire l’adattamento costante alle esigenze del praticante.
Sivananda, medico e monaco dell’ordine di Saraswati, fondò la Divine Life Society a Rishikesh nel 1936. La sua visione dello yoga, più spirituale e universale, era fortemente influenzata dall’Advaita Vedanta e dal servizio disinteressato (seva).
Il suo approccio era sintetico e spirituale, mirato all’armonia tra corpo, mente e spirito, attraverso quella che definì la via dello Yoga Integrale: "Serve, Love, Give, Purify, Meditate, Realize".
Nella tradizione di Sivananda, la pratica è strutturata in un metodo standardizzato, accessibile a tutti:
12 asana fondamentali, praticati in una sequenza fissa; esercizi di pranayama, rilassamento, satsang (canto e studio spirituale). È uno yoga accessibile, armonioso, che integra corpo, mente e spirito. Adotta un approccio sistematico, volto a equilibrare tutte le dimensioni dell’essere.
L’obiettivo non è tanto la personalizzazione quanto la diffusione universale dello yoga come strumento di salute, pace e crescita spirituale.
Sivananda vedeva nello yoga una via d’amore e di servizio, dove la disciplina personale si unisce alla compassione e alla gioia del dare. Il suo discepolo, Swami Vishnudevananda, portò questo insegnamento in Occidente fondando i Sivananda Yoga Vedanta Centers, tuttora attivi in tutto il mondo.
Visione pedagogica e trasmissione.
Krishnamacharya formava i suoi studenti a osservare, adattare, trasformare.
L’insegnante era chiamato a essere un terapeuta e un artigiano della pratica, capace di leggere il corpo e la mente del praticante. La trasmissione era diretta, esperienziale, e spesso rigorosa.
Sivananda, invece, puntava a formare insegnanti capaci di portare lo yoga nel mondo.
Il suo allievo Swami Vishnudevananda sistematizzò il metodo in un formato replicabile (il Sivananda Yoga Vedanta), aprendo centri in tutto il mondo. L’accento pedagogico era sull’ispirazione spirituale e la disciplina morale, più che sulla precisione tecnica.
Finalità dello yoga.
Per Krishnamacharya, lo yoga è un cammino di svadhyaya (auto-conoscenza) e di armonizzazione tra corpo, mente e respiro. La realizzazione spirituale passa attraverso una progressiva interiorizzazione.
Per Sivananda, lo yoga è un mezzo per la realizzazione del Sé universale attraverso la purezza, la devozione e il servizio. L’obiettivo è la liberazione attraverso l’amore e la dedizione.
In sintesi
Aspetto |
Tradizione di Krishnamacharya |
Tradizione di Sivananda |
---|---|---|
Filosofia di base |
Yoga di adattamento individuale |
Yoga integrale e universale |
Focus e approccio |
Personalizzato, terapeutico, attento al respiro |
Sistematico, spirituale, aperto a tutti. Armonia globale, devozione, servizio |
Pratica |
Insegnamento personalizzato adattato all’individuo (viniyoga) |
Sequenza fissa di asana e pratiche spirituali |
Finalità |
Auto-conoscenza e guarigione ed equilibrio interiore |
Realizzazione del Sé, servizio disinteressato e vita etica |
Trasmissione |
Da maestro a discepolo, individuale |
Diffusione di massa |
Eredità principale |
Iyengar, Ashtanga, Viniyoga |
Sivananda Yoga Vedanta Centers |
Le tradizioni di Krishnamacharya e Sivananda rappresentano due poli complementari dello yoga moderno:
Krishnamacharya ci insegna a guardare dentro, ad ascoltare il corpo come strumento di consapevolezza.
Sivananda ci invita sia a guardare dentro, sia a vivere lo yoga come amore attivo e servizio verso gli altri.
Due vie che sembrano diverse, ma che in realtà si completano.
Entrambe, pur con linguaggi e metodi differenti, puntano alla stessa meta: l’unione dell’essere umano con la propria essenza più profonda e ritrovare l’unità dentro di noi e con il mondo che ci circonda.
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