giovedì 12 gennaio 2023

La meditazione e le yoga per Padre Antonio Gentili

Tutte le grandi tradizioni sapienziali e spirituali dell’umanità (che il concilio Vaticano II invita ad accogliere “laete et reverenter; con letizia e rispetto”) sono per sé finalizzate a promuovere un’autentica qualità delle vita. E quindi ad alimentare nel cuore dell’uomo pace, gioia, amore, compassione e speranza, la quale proietta l’esistenza verso un Oltre di pienezza e di beatitudine imperiture. Speranza che, così è stato detto, costituisce la virtù dei “tempi difficili”. Come è il nostro”.

Padre Antonio Gentili (1937- ) è un religioso barnabita, con licenza in teologia e laurea in filosofia. Preparato conoscitore delle religioni e delle spiritualità orientali ma profondamente radicato nella tradizione cristiana, pratica yoga e guida di corsi di meditazione e preghiera profonda, aperti a ogni categoria di persone. Per lui, la meditazione è un prezioso strumento per avvicinarsi a Dio. Padre Gentili cerca – anche attraverso numerose pubblicazioni – di ravvivare, senza travisamenti, una fede che in questi ultimi decenni mostra segni di crisi sempre più evidenti. Propone un’apertura mistica del cuore, la contemplazione, una vita ascetica e sacramentale autentica.

La meditazione è una pratica propedeutica ad una unificazione interiore in modo che si possa affrontare la realtà con maggior consapevolezza e distacco. Meditando, si raggiunge un maggior equilibrio interiore e, attraverso il rientro in sé, evidentemente ci si apre ad un rapporto più autentico con Dio. Dio si raggiunge innanzitutto passando attraverso il cuore. Dalla profondità interiore, viene incontro a noi anche attraverso la sua parola e attraverso i sacramenti, ma i sacramenti, se non hanno un luogo interiore dove radicarsi, rimangono una esperienza fine a se stessa e priva di efficacia. C’è un documento del Concilio Vaticano II in cui si parla di meditazione, in cui si asserisce che i sacerdoti devono praticare quotidianamente la meditazione. Poi che lo facciano o non lo facciano, bisogna valutare caso per caso. In ogni caso chi medita è più equilibrato, più capace di introspezione, più essenziale.
Padre Gentili fa spesso presente che per “religione” (in latino, relìgio: rilego), si deve intendere l’esperienza del legame che unisce l’umano con il Divino; un’esperienza che implica anche una rilettura (latino: relègere, rileggere) del proprio vissuto, una più profonda scelta di vita (latino: reelìgere, scegliere di nuovo) e infine la coltivazione di un’attitudine improntata a “devozione” verso la divinità (latino: rèligens).
Quindi, per Padre Gentili, non bisogna confondere “la religione” con l’assetto istituzionale, dogmatico che l’accompagna e determina l’appartenenza a una determinata “confessione”. In questo contesto tutte le discipline tendenti allo sviluppo delle capacità umane finalizzate all’auto-realizzazione favoriscono l’apertura al sacro, al Divino. Anche il praticante yoga, dopo aver eliminato l’ego, raggiungendo il silenzio mentale si abbandona in Dio. Questi aspetti sono le premesse e i pilastri stessi di un’autentica religiosità! “Lo yoga non è una religione, ma neppure vi si oppone”.

Padre Gentili fa, spesso, una correlazione tra i precetti morali dello yoga (yama) che governano le nostre interazioni con gli altri, ahimsa (la non violenza), satya (la verità), asteya (il non rubare), bramacharya (la moderazione) e aparigraha (la non possessività), con i Comandamenti cristiani. Tutte le grandi tradizioni sapienziali e spirituali dell’umanità hanno come finalità di promuovere un’autentica qualità delle vita. E quindi ad alimentare nel cuore dell’uomo pace, gioia, amore, compassione e speranza.

Padre Anthony Elenjimittam - un domenicano e monaco buddhista

 “Affinché Tutto diventi Uno”.    “L'unica Realtà è l'Uno senza un secondo, tutto il creato non è altro che la manifestazione dell'Assoluto nei suoi infiniti nomi e forme”.

"Dove c'è dualismo, c'è il mondo fenomenico; dove si trascende il dualismo e ci si stabilisce saldamente nel cuore dell'Unità, in quell'Uno che è senza secondo c'è beatitudine, immortalità, eternità, c'è la Realtà che trascende le apparenze e le illusioni dei sensi e gli inganni della mente. Ora, la strada maestra che ci può condurre a questa immortalità e a questa beatitudine è la meditazione profonda, la vita interiore, I'interiorizzazione, che scruta sempre piú a fondo nelle insondabili profondità della Coscienza e ci guida sino alla consapevolezza del Sé, sino a toccare, gustare e realizzare il Sé cosmico, la Mente universale, l'Intelligenza illimitata, il Divino, il Dio-in-noi". - P. Anthony Elenjimittam, dal testo la Meditazione per la Realizzazione de Sè.                     

Anthony Elenjimittam (1915 - 2011  ) nasce da genitori cattolici nel Kerala (India meridionale), quindi fin da piccolo è in contatto con la spiritualità cristiana e indiana. Intraprende studi filosofici e teologici e entra nell'Ordine dei Domenicani in Italia. E’ stato il primo Domenicano Indiano dell’era moderna. Diventa, inoltre, monaco buddhista conosciuto col nome di Bhikshu Ishabodananda, il cui significato è "Monaco mendicante la cui Beatitudine è Isha Bhod (Gesù e Buddha)".  

Secondo Padre Anthony lo stato di veglia è un’illusione della coscienza.  Al di là della mente e dei sensi si trova la coscienza profonda, ossia la cosiddetta coscienza universale che è uno stato di coscienza-beatitudine. Finché non dimoreremo in esso continueremo a vivere nel mondo illusorio della maya.
Noi possiamo sperimentare questo stato (turya) solo per mezzo della meditazione profonda, grazie alla quale abbiamo la possibilità di trascendere la vita dei sensi e della mente. Si realizza, in questo modo,  l’approccio al Sé e la vita divina.
Il suo pensiero si fonda sull'assoluta uguaglianza tra la filosofia orientale e quella occidentale, a partire dalla filosofia indo-vedica, a quella greca, fino al pensiero occidentale legato al cristianesimo. Ciò che cambia è il linguaggio, le parole che vengono utilizzate, ma permane una similitudine di fondo".   
Per Padre Anthony, durante la meditazione, è meglio controllare il pensiero più che la respirazione. La respirazione  è automatica e fa parte della vita inconscia, mentre la recitazione del mantra o l’osservazione dei pensieri o altro è autoconsapevole o cosciente.      
Invece di controllare la mente molte persone sono controllate da essa.
Tramite la pratica assidua delle quattro P: Preghiera, Perseveranza, Pazienza e Purezza, impareremo ad elevarci alla vita divina fuori dal mondo fenomenico, cioè ritornare alla purezza originale che è la coscienza di Dio.

Durante gli anni di permanenza  a Roma intraprende lo studio del sanscrito, con l'aiuto del più grande orientalista italiano del '900, il prof. Giuseppe Tucci.  Ha scritto più di cinquanta libri sulla comprensione interreligiosa ed ha tradotto ed interpretato alcuni dei più importanti testi spirituali dell'India.
Padre Anthony aveva molto in comune con la filosofia esistenzialista e libertaria di Krishnamurti.
A Londra entra in contatto col Movimento Vedanta, con la società filosofica, e con il buddhismo birmano. Diventa discepolo del Mahatma Gandhi  ed inserisce all'interno di tutte le religioni la pratica della non-violenza. Studia in modo approfondito gli aspetti mistici di molte religioni e particolarmente del Sufismo Islamico, del Vedānta, dello Yoga, dell'Induismo, Meister Eckhart, S. Giovanni della Croce ed altri mistici del Cristianesimo, S. Francesco d'Assisi, i padri del deserto, lo Zen, il Taoismo, ecc.

Nel 1947, dopo l'indipendenza dell'India, incontra Madre Teresa di Calcutta e approfondisce il messaggio di Swami Vivekananda e nel 1949 diventa monaco  buddhista.

Incorre nella censura del cattolicesimo impersonato dall'Arcivescovo di Bombay Valerian Gracias che fa bruciare i suoi  libri in quanto ritenuti poco ortodossi se scritti da un Padre Domenicano. Poi, successivamente,  viene reintegrato nel suo ministero sacerdotale.  Poi si  dedica totalmente al suo lavoro di missionario ed educatore. Crea nel 1957 la St. Catherine of Siena School  che  raccoglie i primi bambini poveri ed orfani per dare loro un'educazione minima di base
Nel 1962  incontra in un'udienza privata Papa Giovanni XXIII, ottenendo il sostegno della più alta autorità della Chiesa per la sua Missione in India e all'estero. Di lui Padre Antony scrive: “
[...] Ecco un Papa che si accompagnava ad ogni uomo di buona volontà per "cercare ciò che unisce e dimenticare ciò che divide"
Padre Anthony rinuncia alla carica di Vescovo e nel  2000 fonda la Missione Sat Cit Ananda con lo scopo di divulgare il messaggio di unità fra le religioni, promuovendo lo studio dei testi sacri del Cristianesimo, del Buddhismo, dell'Ebraismo, dell'Islam, dell'Induismo yogico, del Taoismo, della Filosofia Greca, dello Zen e del Zoroastrismo.
Anthony Elenjimittam ha avuto il raro privilegio di entrare in contatto con la spiritualità dell'Occidente cristiano e con la sapienza dell'Oriente indo-buddhista, realizzando in se stesso una sintesi vitale ed esperienziale. Realizzare il Sé, immutabile esistenza e consapevolezza, è per Elenjimittam il fine dell'esistenza. Calandosi nella struttura autentica dell'uomo, svelando i meccanismi profondi della mente e le sue inesauribili potenzialità, si arriva all'esperienza di unione con Dio.

 

Per far comprendere in modo semplice e immediato l'unità dei sentieri filosofico-religiosi, stimola la meditazione sul cosiddetto "Mandala degli otto sentieri". Sulla circonferenza più esterna  si trovano gli otto sentieri spirituali principali che possono aiutare il meditante alla Ricerca del Sé. Il cerchio centrale rappresenta il Sat Chit Ananda, l'Essere Consapevolezza Beatitudine, al centro del quale, inscritto in un triangolo il simbolo della sillaba sacra AUM, rappresentante i quattro stati della mente e al cui centro il piccolo punto simboleggia il Sé che tutto rende Uno.

Il "Mandala degli 8 sentieri" chiamato anche "Mandala Cosmico", è creato da J.B. Sparks che lo costruì con l'idea che tutti gli uomini potessero unirsi in un unico modo di sentire e concepire la Spiritualità. In senso orario partendo dall'alto troviamo il "Cristianesimo", l'"Umanismo filosofico", il "Taoismo e Confucianesimo", il "Zoroastrismo o Mazdeismo", il "Buddhismo", l'"Induismo Yoga", l'"Islam" e l'"Ebraismo".
Padre Anthony lo adottò come strumento atto alla pratica della "Meditazione", in modo da far comprendere, attraverso la "Consapevolezza" che esiste un unico Centro. Partendo dai vari sentieri spirituali possiamo approfondire sempre di più la nostra conoscenza fino ad arrivare al Centro, punto d'approdo unico per tutti i sentieri.

  • Filmato su Padre Anthony:  https://www.meditare.net/wp/meditazione/meditazione-e-realizzazione-padre-anthony-elenjimittam/
  • Sito ufficiale di Padre Anthony; http://www.padreanthony.org/it/pages/biografia.html    

Testi consigliati:
    • Meditazione per la realizzazione del Sé, Mursia, Milano, 1990.
    • La Quintessenza delle religioni, Verdechiaro Edizioni, Modena, 2000.
    • Controllo della mente per l'Autorealizzazione, Sat Cit Ananda Edizioni, Assisi, 2010.
    • Pensieri per la Meditazione giornaliera, Sat Cit Ananda Edizioni, Assisi 2010.
    • La Religione delle religioni, Sat Cit Ananda Edizioni, Assisi 2010.

Padre Mariano Ballester e la Meditazione Profonda e Autoconoscenza (MPA)

L'uomo è un ricercatore, nel senso di colui che ricerca qualcosa che non riesce a comprendere e che i fedeli chiamano Dio. Attorno alla meditazione profonda, infatti, si riuniscono soprattutto gli scettici, gli atei, non credenti in generale: ricercatori provenienti dalla strada che cercano qualcosa. Questa ricerca passa attraverso la conoscenza profonda di se stessi e si conclude solo grazie ed attraverso lo spirito.”

Padre Mariano Ballester (1935 - 2021), gesuita spagnolo, direttore spirituale del Collegio Internazionale del Gesù, ha messo a punto negli anni '70 un metodo di “meditazione silenziosa” che ha chiamato MPA, Meditazione Profonda e Autoconoscenza. Questo metodo si avvale largamente di esercizi basati sul respiro; è un metodo di evoluzione personale che coniuga introspezione e silenzio. 
Ha creato, inoltre, l'associazione senza fini di lucro "Meditazione Profonda e Autoconoscenza (MPA)”, che si propone di diffondere la pratica della MPA attraverso incontri di formazione e di valorizzazione umana e spirituale della persona con la finalità di guidarla verso la sorgente dell'essere. 

Ogni persona, nessuna esclusa, è portatrice spesso inconsapevole, di un “seme spirituale”. Questo seme, il centro dell’Essere, non può essere disatteso perché la sua non apertura limita la realizzazione più profonda dell’uomo. Il caos delle grandi metropoli, il lavoro frenetico, l’inquinamento, il chiasso, i nostri problemi personali, ecc… tutto questo rumore ci fa dimenticare che portiamo dentro di noi questa nostalgia d’armonia, quasi un richiamo d’amore: la voce silente del Sé.  La meditazione ci permette di trovare noi stessi.
Ecco nascere allora la necessità di una purificazione (attraverso meditazioni guidate, danze, tecniche di rilassamento, giochi e proiezioni video) dei tre livelli di percezione attraverso cui facciamo esperienza del mondo.  Questi tre livelli sono: 1- Il livello delle Forze legato al corpo e alle molteplici energie dell'inconscio. 2- Il livello delle Emozioni legate al presente ma anche e forse soprattutto, al passato. 3-  Il livello della Mente legato al mondo del pensiero.
La persona acquisirà una maggiore Auto-conoscenza e risveglierà uno stato di Presenza, per poi inoltrarsi sul cammino della vera e propria Meditazione Profonda. Con questa pratica si potrà sperimentare nella vita di tutti i giorni la consapevolezza di rimanere connessi con la voce interiore del Sè pur vivendo nel caos della vita quotidiana. La MPA utilizza il "principio di attrazione" della fisica quantistica per spiegare come l'individuo attiri energia per migliorare se stesso, liberando energia per far cadere gli involucri ed arrivare ad una auto-conoscenza. L'individuo diventa quindi, una manifestazione del suo stato interiore. Dobbiamo liberare le energie in noi, attirare altre energie per migliorare noi stessi, per arrivare al mistero divino.  Come dice la Brihadaranyaka Unpanishad: «Tu sei ciò che è il tuo desiderio più profondo. Com’è il tuo desiderio, così è la tua intenzione. Com’è la tua intenzione, così è la tua volontà. Com’è la tua volontà, così è la tua azione. Com’è la tua azione, così è il tuo destino.»

Archetipo del monaco di Antonio Dorella

La psicologia del profondo e alcune forme dell'attuale religiosità si incontrano oggi su un terreno comune. Antonio Dorella chiama quest'area "spiritualità individuativa", che è uno spazio del sacro, contemporaneamente laico e confessionale, il raccordo fra i due mondi. Recentemente alcuni teologi hanno cominciato a costruire un ponte nel punto esatto in cui gli psicologi del profondo erano all'opera sull'altra riva. 

Questi teologi, con o senza l'ausilio degli strumenti della psicologia, hanno offerto proposte innovative, che non sempre sono state accettate dalle gerarchie ecclesiastiche. Per le loro formulazioni «integrate», i teologi della spiritualità individuativa talvolta hanno pagato in prima persona con molte forme di emarginazione. 

Antonio Dorella, nel suo libro l'Archetipo del monaco pubblicato nel 2022, presenta il pensiero e le vicissitudini dei cinque maestri che hanno elaborato costrutti teologici vicini ai principi della psicologia dinamica, in grado di concorrere a una definizione di sacro e di uomo più ampia e soddisfacente, una definizione analoga all'idea di completezza che si persegue nelle stanze della psicoterapia. Panikkar, Küng, Fox, Drewermann e Boff sono forse gli apripista di un nuovo, affascinante modello di umanità?   Comunque, per questi tentativi di universalizzare ed allargare la visione spirituale, questi autori sono stati in vari modi emarginati ed allontanati dalla Chiesa Cattolica.   Testi dei cinque autori:

  • Raimon Panikkar - Il Cristo sconosciuto dell'induismo. Verso una cristofania ecumenica.   - http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/raimonpanikkar/fascinobud.htm
  • Hans Küng -  libro: Etica planetaria.  
  • Matthew Fox - libro: La spiritualità del creato. Manuale di mistica ribelle.       
  • Eugen Drewermann  - libri: Funzionari di Dio  e  L'essenziale è invisibile. Una interpretazione psicanalitica del Piccolo principe.   
  • Leonardo Boff - libro: Soffia dove vuole. Lo Spirito Santo dal Big Bang alla liberazione degli oppressi.

 Video dove l'autore, Antonio Dorella,  spiega il suo libro: https://www.youtube.com/watch?v=nniCIzeAB44

Biagio Conte, missionario laico

Addio a Biagio Conte, missionario laico che da 30 anni assisteva i poveri a Palermo.
È morto giovedì 12 gennaio a Palermo Biagio Conte, 59 anni, missionario laico protagonista di numerose battaglie in difesa dei poveri e degli indigenti a Palermo. Da tempo era gravemente malato. Attorno a lui si sono stretti fino all’ultimo i volontari e gli ospiti della comunità che aveva fondato. Il presidente Sergio Mattarella ha espresso il suo “profondo dolore” per la scomparsa di colui che ha definito “punto di riferimento, non soltanto a Palermo, per chi crede nei valori della solidarietà e della dignità della persona, che ha testimoniato concretamente, in maniera coinvolgente ed eroica”. 

Figlio di imprenditori edili, a 16 anni abbandona la scuola e inizia precocemente a lavorare nell’impresa edile della sua famiglia, ma in seguito a una profonda crisi spirituale decide di allontanarsi dalla famiglia nel 1983, andando a vivere a Firenze. Nel maggio 1990 la scelta di vivere come eremita, ritirandosi nelle montagne dell’entroterra siciliano e successivamente facendo un viaggio interamente a piedi verso la città di Assisi.  Percorso più di mille km a piedi in 65 giorni per incontrare i vertici Europei a Strasburgo.
Torna quindi a Palermo per salutare i familiari, con l’intenzione di trasferirsi in Africa come missionario, ma lo stato di miseria in cui ritrova la sua città lo porta a cambiare idea. In un primo momento è attivo nel portare conforto ai senzatetto della Stazione di Palermo, per i quali si batte attraverso diverse proteste ed un digiuno, grazie al quale ottiene l’utilizzo di alcuni locali all’interno dei quali fonda nel 1993 la “Missione di Speranza e Carità” che oggi accoglie più di un centinaio di persone.

Il 16 gennaio 2014, da anni costretto su una sedia a rotelle a causa di vertebre schiacciate a seguito delle spossanti fatiche cui si è sottoposto nella Missione, riprende a camminare dopo un’immersione nelle acque di Lourdes. Nel 2018, dopo la morte di alcuni senzatetto nelle strade di Palermo, in segno di protesta contro la povertà decide di dormire in strada, sotto i portici del Palazzo delle Poste centrali, iniziando uno sciopero della fame durato dieci giorni; in seguito la Regione finanzia l’ampliamento della struttura di via Decollati.

Anche in questi ultimi giorni, pur gravemente malato, Frà Biagio era tornato a lanciare appelli alle istituzioni per aiutare la missione che aveva fondato nel pagamento delle bollette e delle spese necessarie per garantire l’assistenza agli indigenti. Sulla figura del missionario laico è stato girato anche un film intitolato “Biagio”, dal regista palermitano Pasquale Scimeca.

Per il sindaco di Palermo, la sua morte “lascia un vuoto incolmabile a Palermo. Anche nelle ultime ore più drammatiche tutta la città si è stretta attorno a fratel Biagio, a testimonianza del valore dell’eredità umana che oggi ci lascia e che non dobbiamo disperdere”. “Ha lasciato a tutti noi una grande lezione di umanità, di altruismo, di rispetto per tutti e, soprattutto, di impegno per la collettività, sempre dalla parte degli ultimi, di tutte le persone senza alcuna distinzione di sesso, razza, religione”.

lunedì 2 gennaio 2023

Tornare umani (dopo tanta disumanità) . La grande lezione di sincerità, intelligenza e amore di Susanna Tamaro

Articolo scritto da  Roberto Fantini -  January 01, 2023   link:
https://www.flipnews.org/index.php/life-styles-2/technology-5/item/3314-tornare-umani-dopo-tanta-disumanita-la-grande-lezione-di-sincerita-intelligenza-e-amore-di-susanna-tamaro.html

   “… i soldi girano il mondo dove vogliono loro, le fabbriche di armi e quelle farmaceutiche sono le grandi potenze che decidono da che parte deve tirare il vento. E noi, in questo orizzonte, cos'altro siamo se non dei poveri maialini d'allevamento, la cui salute, farmacologicamente controllata, ha un unico fine, quello del rendimento? " -  Susanna Tamaro

Non so quanti, nel mondo della cultura e dell'editoria e, in particolare, nel mondo cattolico, si siano accorti dell'ultimo libro di Susanna Tamaro, Tornare umani..

Certamente se n'è accorta Selvaggia Lucarelli che, in maniera goffamente sarcastica, ha tentato di ridicolizzare la Tamaro, riuscendo soltanto a dare, una volta di più, convincentissima dimostrazione della sua incapacità di confrontarsi con chi ama e pratica il ragionamento e non le mere baruffe dell'insulto volgare e dell'anatema. E se ne sono anche accorti, fortunatamente, Gilberto Corbellini e Alberto Mingardi che, sul Foglio del 31 ottobre, hanno dedicato al libro della Tamaro una recensione ampia e riccamente argomentata, non priva di qualche riserva, ma fondamentalmente orientata a sottolinearne e a valorizzarne i contenuti .

Tornare umani è un libro che ha molti meriti e che, pertanto, potrebbe rappresentare uno splendido  cadeau natalizio o capodannizio da raccomandare senza esitazione a provax convinti (soprattutto) oppure apostati, a novax, freevax ed anche bohvax. 

Si tratta, infatti, prima di ogni altra cosa, di un libro onestissimo e coraggioso, nato dall'amarezza di chi, in questi terribili anni di dichiarata pandemia (funestati da coercizioni vacciniste, demonizzazioni antinovax e “ comportamenti sociali aberranti ”, in cui il virus più pericoloso in circolazione è stato quello “ della paura, dell'ignoranza, del fanatismo e della violenza ”), si è dolorosamente riconosciuto vittima delle menzogne ​​dei governanti del proprio Paese.

La Tamaro, infatti, come tante altre persone nel mondo, si è inizialmente trovata ad accogliere l'invito pressante ed assillante a sottoporsi all'iniezione di Stato, dogmaticamente celebrata come unica possibile risposta all'Apocalisse incombente, per poi accorgersi, giorno dopo giorno , dei tanti aspetti ingannevoli di tutto l'ingranaggio pseudoscientifico e delle strategie mediatico-governative volte a trascinare l'intero Paese in quella che lei definisce “ una vera e propria guerra civile ”.

Forse il pregio maggiore del libro è rappresentato dall'estrema sincerità che caratterizza l'Autrice nel ricostruire un quadro fedele di quanto accaduto e dei cambiamenti inquietanti da lei riscontrati all'interno della nostra società, conducendo un'analisi critica di apriorismi ideologici e di faziosità di ogni genere, e limitandosi ad osservare la realtà fattuale nella sua dolorosa crudezza, con lucidità di intelletto unita a poetica attitudine all'empatia.

E sono davvero molte le pagine che andrebbero menzionate, esaminate e dibattute, sia quando ci parla di come i media hanno diffuso e fomentato la paura, sia quando si chiede come sia stato possibile che tanto rapidamente si siano “ diffusi comportamenti che di scientifico non hanno nulla ” (come l'impiego paranoico e delirante delle mascherine all'aperto), sia quando si interroga sull'ingannevole efficacia dei salvifici sieri vaccinali, nonché sull'imbarazzante livello etico dei nostri presunti salvatori (ovvero le pluricondannate case farmaceutiche, con Pfizer in primissima linea) …

Ma c'è un capitolo fra i tanti che merita in modo particolarissimo di essere letto e riletto, un capitolo che, in una scuola del futuro, auspicabilmente restituito al rispetto dei diritti umani e delle verità storiche e scientifiche, meriterebbe di essere inserito in qualche splendida antologia o in qualche sapiente libro di storia o di educazione civica: quello intitolato Errare humanum est .

In esso, dopo aver preso atto dei vizi procedurali che hanno consentito la somministrazione dei cosiddetti vaccini senza il rispetto dei necessari processi   di controllo e di verifica sperimentali (e, quindi, dell’impossibilità di prevedere i loro effetti a breve, a medio e, soprattutto, a lungo termine), e dopo aver constatato che, oramai, “si hanno le prove sul campo che il susseguirsi di dosi in tempi ravvicinati non fa altro che creare danni sempre più gravi al sistema immunitario”, tanto che “i danni ormai superano i benefici”, conclude che i nostri governanti dovrebbero ringraziarci per aver creduto alle loro promesse (tanto da “essere stati obbedienti come topolini bianchi davanti alla pressoché infinita varietà di limitazioni imposte alla nostra vita”),   e successivamente abbandonare “i toni autocelebrativi” e sentirsi chiamati a “chiederci perdono”.

  • Perdono per il servizio sanitario nazionale distrutto,   
  •                  le autopsie vietate,
  • la sudditanza alle case farmaceutiche,
  •                  la Tachipirina e “vigile attesa”,
  • l’”infinità folle di regole che di scientifico non avevano nulla, ma di vessatorio molto”.
  •                 “Perdono alle forze dell’ordine, costrette a inseguire i cittadini onesti”,
  • ai negozianti e ai ristoratori ridotti alla bancarotta,
  •                   perdono ai bambini costretti a indossare la mascherina.
  • Perdono “per tutti i morti chiusi in sacchi neri”,
  •                  “per i silenzi della magistratura, dei sindacati, di tutte quelle persone che per anni hanno esaltato la Costituzione più bella del mondo e, all’arrivo del virus, si sono dimenticati di questa bellezza.”
  • Perdono “alle persone costrette a vaccinarsi per non perdere il lavoro”,
  •                   agli anziani isolati nelle Rsa,
  • a tutti coloro a cui, per mesi, “è stato cancellato il diritto di esistere nella società”.

Il perdono, dice Susanna, è “linfa vitale di ogni rapporto umano”, ma, purtroppo, non ci è ancora dato cogliere segnali in tale direzione. I politici che dovrebbero invocarlo, infatti, proseguono vergognosamente a praticare imperturbabili il “rito dell’autoincensamento”.

“Lungi dal dare spazio a un sentimento umano come il perdono, - scrive, a conclusione del capitolo - abbiamo imboccato la via di una deriva transumana che affonda le radici in una pagina nerissima della storia collettiva.”
Tornare umani è un libro dalle molte anime: un po’ lucida analisi sociologica, un po’ tagliente “j’accuse”; un po’ zibaldone dalle amare riflessioni filosofiche e un po’  toccantissimo lirico diario interiore.
Un libro, insomma, dai forti contrasti, che oscilla fra cupi scenari di sapore apocalittico e orizzonti luminosi di speranza. Fra la dura condanna di una politica che ci sta rubando l’anima e che sembra aver adottato gli allevamenti intensivi come “paradigma della futura umanità” e la convinzione che il nostro cuore sappia portarci ancora alla compassione, alla misericordia, all’umiltà, insegnandoci a chiedere perdono alla “nostra cara amatissima Terra” e a tutte le meravigliose creature che vivono in lei, vittime innocenti della nostra sciocca ignoranza.

Giunti alla fine del libro, sarà veramente arduo, ne sono certo, riuscire a non trovarsi in felice sintonia con la Tamaro nel suo approdare ad una sorta di francescano misticismo, e con il suo rivolgersi, con immensa gratitudine, alle amate (sorelle) rondini: “ Siano benedette dunque le rondini.  Sia benedetto il segreto nascosto nel mondo. Sia benedetto lo stupore dello sguardo di ogni creatura chiamata alla vita" .  

Libro di Susanna Tamaro - Tornare Umani - edizioni Solferino (settembre 2022)  

venerdì 30 dicembre 2022

La meditazione - Jiddu Krishnamurti.

Dal Livre de la méditatio et de la vie   di  J. Krishnamurti (1895-1986)

La meditazione è essenziale nella nostra vita, nella nostra esistenza quotidiana, allo stesso titolo della bellezza. La percezione della bellezza e la sensibilità alle cose, brutte o belle, sono essenziali – vedere un albero, contemplare un magnifico cielo di sera, vedere il vasto orizzonte dove si ammassano le nuvole al tramonto del sole.

La meditazione, non è solo la coscienza del sé permanente, ma anche l’abbandono permanente dell’ego. La meditazione nasce dal pensiero giusto, da dove parte a sua volta la tranquillità e la saggezza; è infine, in questa tranquillità che viene percepita la realtà suprema.

La meditazione è l’inizio della conoscenza di sé, e senza la meditazione, non c’è possibilità della conoscenza di sé. Se voi conoscete i meccanismi della mente, vi accorgerete che a volte è perfettamente tranquilla. In questa tranquillità totale della mente, non c’è un osservatore, e dunque l’esperienza non ha più un soggetto, non c’è più un’identità che assimila l’esperienza, quello che è l’attività della mente egocentrica. Non dite che è lo stato di samadhi. Perché ciò è totalmente assurdo, e voi lo conoscete solo attraverso le vostre letture, ma senza averlo mai sperimentato.

Meditare è depurare la mente della sua attività egocentrica, E se voi arrivate a questo stadio della meditazione, voi scoprirete che non c’è che silenzio, il vuoto totale. La mente cessa di essere contaminata dalla società, dall'esperienza, e non è sottomessa a nessuna influenza, né spinta da nessun desiderio. E’ assolutamente sola, e perché è sola è intatta, è innocente. E’ così che diventa possibile l’avvenimento di questa cosa fuori dal tempo, eterna. L’insieme di questo processo è la meditazione.

La meditazione fiorisce nella bontà e la meditazione comincia con la generosità del cuore. Se la vostra mente è tirannizzata dall’autorità, sottomessa, attaccata alla tradizione, voi non saprete mai quello che è meditare su questa bellezza straordinaria…   Per donare, indipendentemente da quelli che sono i mezzi, grandi o piccoli, di cui si dispone, è necessaria la qualità della spontaneità del dono, senza restrizioni, senza remore.  La meditazione è la fioritura della bontà.

Comprendere nella sua totalità questo processo dell’esistenza – le influenze, i problemi, le tensioni quotidiane, le attitudini autoritarie, gli atti politici, e così via, è questa la vita; e la meditazione, è il processo che porta  a comprendere tutto questo, e a liberare la mente. Se si capisce pienamente quello che è questa esistenza, allora il processo meditativo, il processo contemplativo, non si interromperà mai – ma questo non è qualcosa su cui si medita. Avere coscienza di tutto questo processo dell’esistenza, osservarlo, immergerci senza cedere alla passione, poi liberarsene, questo è la meditazione.

L'esperienza della trascendenza - Karlfried Graf Durckheim

L'Expérience de la Transcendance di Karlfried Graf Durckheim (1896-1988).

"Il maestro è la risposta all'appello di colui che cerca la via".

Uno dei segni della nostra epoca, è che le persone che fanno l'esperienza della Trascendenza, che è loro immanente, sono sempre più numerose. Fanno l'esperienza di un Essere che in loro e attraverso loro desidera manifestarsi nel mondo. Queste esperienze erano un tempo definite come mistiche. [...]  Oggi, il pensiero scientifico non è più chiuso all'esperienza della Trascendenza, al contrario, si realizza pienamente in essa quando raggiunge i limite delle proprie possibilità.   Sono quattro i mezzi offerti all'uomo per accedere all'esperienza Sopra-sensibile: 1- la natura, il silenzio delle foreste, il cielo stellato;  2- l'arte che va al di là delle parole; 3- l'erotismo quando la tenerezza fisica chiama l'uomo a un allargamento della sua aurea; 4- la religione, quando c'è un incontro interiore con il Divino che ci è immanente. 

La meditazione prende, in Occidente, un'importanza sempre più grande, e questo mostra bene che in ragione della meccanizzazione della vita, l'uomo prova una nostalgia e un bisogno crescente di entrare in contatto con il Trascendente. E' stato concesso all'uomo di conoscere il livello incondizionato, fuori dal tempo e dello spazio, che trascende ogni capacità umana. Questa esperienza permette all'uomo, se si impegna nella via della realizzazione del Sé, di testimoniare nell'esistenza condizionata spazio-temporale il mondo sopra-sensibile.  Le esperienze attraverso le quali l'Essere essenziale penetra nella coscienza dell'uomo sono di natura molto diversa: vanno dal leggero soffio di consapevolezza alla possente irruzione della Trascendenza che libera immediatamente l'uomo dalla sua schiavitù dell'io esistenziale. Comunque il tratto comune è una nuova presa di coscienza. E' la ripetizione di certe attitudine precise che può creare le condizioni favorevoli all'apertura al Divino. Dall'altra parte, nessun esercizio, anche praticato per anni, può forzare l'Essere a rivelarsi e ad agire.

Nella meditazione, fondata sulla ripetizione, la respirazione gioca un ruolo importante. E' in sè, l'eterno ricominciare di un movimento in trasformazione. Se non riduciamo la respirazione ad un movimento fisico, ma se la esercitiamo coscientemente, come un'attitudine del corpo che siamo, può diventare un mezzo di trasformazione attraverso il quale l'Essere può penetrare in noi.   La pratica meditativa è come un tuffo silenzioso, e nello stesso modo tutte le attività quotidiane condotte in modo meditativo, conducono alla liberazione delle forze dell'Essere al di là della vacuità.  Quando l'uomo, attraverso la cancellazione del suo Ego, avrà vissuto il risveglio dell'Essere e si sarà ancorato a lui, non troverà nella sofferenza una ragione per lamentarsi, ma un mezzo per migliorarsi. 
In Occidente, c'è oggi, la riscoperta della necessità per l'anima di una ricerca spirituale. E l'incontro con la tradizione orientale gioca un ruolo fondamentale in questa nuova tendenza. E' soprattutto dopo la prima guerra mondiale che la spiritualità orientale penetra in Occidente. Molte persone erano ritornate dal fronte dopo quattro anni durante i quali la morte e la distruzione erano onnipresenti. Era l'epoca in cui i giovani leggevano Siddharta di Herman Hesse, o gli scritti di Paul Bruton sull'esperienza del vero Sè che aveva fatto in India, o quelli di Daisetzu Suzuki che trasmettevano il messaggio del buddhismo zen. Lo spirito dell'Oriente veniva trasmesso attraverso i libri ma anche grazie agli esercizi pratici dello yoga e dello zen.
L'uomo occidentale soffre dello stress, la vera causa di questa malattia è l'assenza di contatto con il  proprio essere interiore. Solo l'unificazione dell'uomo con il proprio essere interiore potrebbe dargli un sentimento di sicurezza, di una coscienza profonda. La realtà interiore è di un altro peso e di un altro ordine che la realtà del mondo esterno, più importante di questo e destinata a prevalere.
La mente occidentale è sempre rivolta verso la realizzazione del mondo, la realizzazione interiore non è quasi mai sviluppata. Oggi, l'occidentale ha bisogno di un aiuto oltre quello destinato a ripristinare la sua salute fisica e psichica. Del resto anche psicologi e psicoterapeuti si stanno orientando verso nuove strade. L'influenza più importante che l'Oriente abbia esercitato sull'Occidente riguarda gli esercizi pratici per  la realizzazione del Sè. 
Per l'Oriente esistono due tipi di esercizi pratici che mirano alla realizzazione dell'essere interiore. 1- una forma di meditazione passive come lo za-zen o la ripetizione dei mantra, o la meditazione trascendentale oppure 2- una forma di meditazione attiva come l'hatha yoga, tai-chi-chuan, esercizi del buddhismo zen, tiro con l'arco, la pittura o altre arti. Ma spesso questi esercizi vengono proposti eliminando l'aspetto iniziatico e allora lo yoga diventa puro esercizio fisico e la ripetizione di un mantra diventa un esercizio di rilassamento. Quando l’hatha yoga è insegnata come ginnastica, non ha più niente a che vedere con la Via, può essere utile alla salute, e al rilassamento, ma solo quando sarà praticata come esercizio sulla Via, potrà portare ad una relazione con l’Assoluto e alla Trascendenza. Le stesse considerazioni valgono per la meditazione Za-zen.
 
I giapponesi usano il controllo delle capacità esteriori come mezzo di sviluppo dell'uomo interiore. Più la tecnica è sotto controllo, meno il praticante ha bisogno dell'Io. Il principio fondamentale sul quale riposano tutte queste pratiche è lo stesso per tutte le pratiche iniziatiche del mondo. Il piccolo "Io" deve morire, al fine di liberare la via verso una nascita di un Sè più profondo. Questa è la via della trasformazione interiore, staccarsi dall'Io esistenziale per arrivare ad ancorarsi all'Essere essenziale. Questo stato è chiamato Hara in giapponese. Migliorare le performance esteriori per arrivare a mettersi in cammino verso la maturazione  interiore. Lo spirito dell'Oriente, basandosi sull'esperienza della sofferenza umana, è essenzialmente centrato sulla liberazione per l'esperienza dell'essere essenziale, del Tutto-Uno. Mentre, la mente occidentale è più preoccupata di controllare le condizioni della vita esteriore. L'integrazione di questi due poli porterebbe allo sviluppo simultaneo delle capacità di realizzazione nel mondo e della maturazione spirituale.

L’esercizio ben compreso è il cammino che l’uomo compie per accedere, tappa dopo tappa, alla Via, alla sua vera natura, la natura di Buddha, attraverso il quale l’uomo libera il suo vero Essere. È una via verso lo stato più elevato di coscienza a cui l’uomo può arrivare, e attraverso il quale si apre al contatto con l’Assoluto vivente nel suo nucleo essenziale. E’ attraverso una severa disciplina e un’azione umilmente ripetuta senza sosta che l’uomo diviene poco a poco permeato dell’Essenza vivente di tutte le cose nella profondità incosciente del suo sé individuale e si prepara alla Grande Unione. 
 
Heugene Herrigel ha portato un contributo inestimabile alla comprensione dello zen e a tutte le sue pratiche. Ad esempio, il tiro con l’arco è una via che deve condurre, grazie a un tuffo metodico preparato, al più profondo dell’anima, a una presa di coscienza, poi ad un’unione con “il senza fondo al di là di tutte le forme”. Per arrivare a questo è importante l’attitudine interiore, e il centro dell’opera interiore è il “lasciare andare”, la liberazione dell’Io.   
Un saggio zen ha detto: "Perché ci sia un’implicazione religiosa o spirituale in un’azione, occorrono due cose; la semplicità e la possibilità di ripeterla in continuazione". Nel tiro con l’arco e nelle arti marziali, all’inizio c’è una profonda concentrazione, la scomparsa della tensione tra il praticante e l’oggetto, l’unione finale con l’oggetto fino a trascendere l’oggetto stesso e l’Io, Solo questa scomparsa permette l’emergere dello Spirito (nel senso di forza essenziale sopra-personale e sopra-individuale). Quando il praticante ha la gioia di percepire questa forza con la coscienza purificata, può arrivare a conoscere il suo Sé più profondo. Sotto l’effetto di questa gioia, la performance diventa secondaria. E quando si percepisce questo pienezza e profondità non preventivate che la persona afferma: “Quello che ho vissuto ha un valore talmente incontestabile che per me, da adesso , non ho alcun dubbio, che devo impostare la mia vita per far si che possa ritrovare quello che ho provato là, solo per un istante”. Solo quando abbandoniamo tutte le difese naturali, accettiamo l’inaccettabile, e ci abbandoniamo coscientemente all’ineluttabile, è allora, che qualcosa di incredibile si produce, di un solo colpo la paura sparisce, la paura della morte sparisce. E’ solo grazie ad una presa di coscienza e una grande perseveranza che la dimensione trascendente trova, quando è sperimentata, la sua vera realtà nell’uomo. Quando questo si verifica, l’uomo accede a quello che viene chiamata la Via, ossia lo sviluppo al quale è destinata la sua essenza.

E' per l'esperienza di una Realtà accessibile all'uomo, che lo supera e lo trascende, che la Trascendenza, punto di partenza di una nuova vita, diventa il centro della realizzazione umana. La parola trascendenza ha due significati diversi: può designare sia una realtà che supera i confini ristretti dell'umanità, sia un modo di elevare tutto il contenuto della coscienza in un altra dimensione. Per arrivare ad una dimensione trascendentale occorre disponibilità e spirito di apertura all'interiorità profonda del nostro essere, per permettere a questo Essere, che desidera manifestarsi in noi e, attraverso noi, nel mondo, di rivelarsi. La sola cosa che si oppone ad un rapporto vero con il Divino, è la menzogna per la quale io mi mostro differente di quello che sono.

Solitudine

Secondo me, molte persone non sopportano la solitudine, questa li rende folli. Sono pronte a fare qualsiasi cosa pur di non ritrovarsi da sole.

È  come se avessero paura di ritrovarsi con sé stesse, e non capiscono che altri possano aver voglia o amare di ritrovarsi con sé stessi. 

La solitudine è come una lente d’ingrandimento: se sei solo e stai bene stai benissimo, se sei solo e stai male stai malissimo. 

Poche attività mi procurano piacere e rasserenano il mio animo come il camminare da soli nella natura; si fanno esperienze gradevoli: i tramonti, il cambio dei colori durante le stagioni, l'immensità, il tempo, il vento, le nuvole, la pioggia, l'orizzonte, ... tutto cambia, tutto il tempo.  Ma per la grande maggior parte del tempo, non si incontra nessuno e contrariamente a quello che le persone credono, non è mai la stessa cosa.

In questa vita, si direbbe che tutti cerchino qualcuno, o qualcosa per delle buone o cattive ragioni... l'amore, i soldi, la vendetta, di dimenticare... la lista è infinita...   o anche siamo noi stessi ricercati da persone più o meno ben  intenzionate.


venerdì 23 dicembre 2022

Mindfulness immaginale

 Mindfulness Immaginale, pratiche di meditazione immaginale

Selene Calloni Williams, Silvia C. Turrin.   

Colui che conosce il Brahman supremo diviene il Brahman. Dalla Mundaka-Upanishad  

Esperienza di meditazione raccontata da Selene Calloni Williams.  Mindfulness è la traduzione del termine sati, che in pali significa consapevolezza ed attenzione, ovvero attenzione cosciente.  Mindfulness è un corpo di pratiche meditative che riunisce in sé, buddhismo, zen, pratica e meditazione yoga.  A Sri Lanka, dove ho fatto un eremitaggio di sei anni, incontra il grande Maestro Michael Williams. Qui incontra anche il reverendo Gotatuwe Sumanaloka Thero, eremita di tradizione Therevada.

La mindfulness immaginale nasce dall’unione della meditazione buddhista, delle conoscenze dello yoga sciamanico, e della visione immaginale, che è propria della psicologia del profondo, in modo particolare di James Hillman, psicanalista e filosofo svizzero. La visione immaginale è particolarmente efficace con gli occidentali che vogliono avvicinarsi alla meditazione, ne semplifica l’applicazione e ne potenzia i benefici. E' un invito al sacro, al darsi, all’offrirsi, al trascendere la propria individualità separata per trovare l’unione con l’universo.  L’individuo e il tutto sono dentro l’uno nell’altro, inscindibilmente uniti, distinti, ma non separati.  Quando sei in meditazione dai te stesso, annullati, sciogli la mente nella sensazione senza giudicarla. Sciogli l’attaccamento.

L'obiettivo è raggiungere il samadhi (lo stato di unione con il tutto) che si può raggiunge a mezzo dell’immobilità prolungata nella postura meditativa. Alla fine vi è solo lo svanire, nel buddhismo si raggiunge  il Nirvana che significa appunto estinzione. Il più grande insegnamento che si apprende dalla meditazione è che l’amore è la sola verità, tutto il resto è illusione. Gli insegnamenti ricevuti, si trasformano da concetti in pura esperienza di beatitudine.  

Il meditante deve vincere gli attaccamenti (upadana) e deve avere un’incrollabile fede nel fatto che le immagini e gli avvenimenti che gli si presentano sono chittamaya, impressioni della coscienza che si manifestano col solo unico scopo di permettergli di darsi, sciogliendo gli attaccamenti di cui è prigioniero. Nell’immobilità prolungata, i vayu, le correnti energetiche che direzionano il prana si acquietano fino ad arrestarsi e ciò provoca la sospensione del respiro. Ad un certo punto il respiro si sospende e ci si trova a viaggiare nello spazio siderale, dentro e fuori di noi. Si raggiunge così il chitta samadhi, il samadhi della coscienza.  Quando ci si accorge di non respirare, in quello stesso istante, il primo respiro  entra  in noi dissolvendo lo stato di samadhi per riportarci nel mondo con una consapevolezza nuova.     -------------------------------------

 Introduzione di Silvia C. Turrin.  Le mie pratiche si sono manifestate attraverso il cankamana, la meditazione camminata nel Trentino, mi abbandonavo a Madre natura, e a volte inconsapevolmente praticavo Anapanasati, la meditazione sul respiro quando raggiungevo i rifugi ad alta quota. Una parte di me mi ha spinta ad avvicinarmi allo yoga e alla meditazione. In seguito mi sono avvicinata alla meditazione frequentando centri legati alla tradizione Mahayana.  La prima esperienza spirituale l’ho fatta facendo un pellegrinaggio nel nord dell’India, territori pieni di spiritualità, dove risuona continuamente il mantra “Om namah shivaya”,  Un cammino che mi ha portato alle sorgenti del Gange mi ha permesso di vivere profondamente l’esperienza dell’unione con le energie sottili. Asceti, pellegrini, monaci, meditanti cercano di essere prossimi al cielo. Successivamente ho seguito un corso di Mindfulness immaginale mi ha permesso di entrare nel cuore della pratica meditativa e sentire la centralità della presenza mentale.  Di riflesso questo cammino di consapevolezza mentale mi sostiene nella vita quotidiana. Ho incontrato Selene ed ho avvertito che non era un’insegnante comune. Ha cercato con un’abilità rara di unire i saperi orientali e quelli occidentali.  Si può sintetizzare il lavoro e la ricerca di Selene con questa frase “Possa la pace prevalere sulla terra”.   Se ogni persona si fermasse ogni giorno compiendo su di sé un lavoro introspettivo, praticando la meditazione, i semi della pace si spanderebbero diffusamente e con maggiore facilità.  Il cammino spirituale è lungo, e come ho appurato, è un viaggio da compiere senza fretta. Non a caso il grande mistico Milarepa affermò: “Affrettati lentamente, arriverai presto”.                      -----------------------

Il samadhi è uno stato di fusione con il Tutto, ciò che conduce al samadhi, è il superamento dello stato mentale. Più siamo nella mente, più siamo limitati. più siamo nell'amore, più siamo illimitati. La compassione buddhista è una forma d'amore e il mezzo della vera conoscenza. Ciò che sperimentiamo in vita è solo miraggio, apparizione e la reale natura di tute le cose è impermanenza.  Ed è proprio questo carattere evanescente, impermanente della natura che esprime il sacro. Il Dio Shiva Nataraja con la danza manifesta il processo ritmico della vita, dove si alternano creazione, conservazione, morte e rinascita. Nel buddhismo lo stesso concetto è espresso con la ruota del samsara, ossia la ruota del divenire.  Il cammino che libera dall'inganno della coscienza ha inizio con una presa di consapevolezza dello stato dei fatti, e cioè che tutto è anima.  

La meditazione con il suo satipatthana o cammino dell'attenzione cosciente, ti conduce ti conduce con la massima intensità nell'attimo presente. Entrare nell'attimo presente è risvegliarsi dall'inganno del tempo, uscire dalla ruota del samsara. Se cambi il mito del tempo tutto il mondo si dissolve come una nuvola in un soffio di vanto: non c'è più causa e non c'è più effetto. E dopo questo crollo l'amore è tutto ciò che rimane.

Vorticose e stressanti attività indebolisco l'essere umano e lo svuotano sul piano fisico-energetico e mentale.  Bisogna capire che non si può continuare a correre e lasciarsi condizionare dal mondo esterno. La mindfulness ci viene in aiuto per ricondurre le energie al Sè e per risvegliare la vera natura di ogni essere senziente. Le sensazioni di vuoto, spossatezza, smarrimento sono dovuti a stili di vita frenetici, che poi portano a stati ansiosi e depressivi e ciò è dovuto anche alla mancanza di connessione con la natura. Con la mindfulness riportiamo l'atttenzione al qui e ora, ci aiuta ad essere consapevoli e a sanare  stati psicofisici.  Neuroscienziati come Richard Davidson hanno evidenziato che la morfologia dle cervello è modificabile e di conseguenza anche la percezione del mondo e di noi stessi. Aurobindo uno dei più grandi maestri spirtuali dell'India afferma "Noi siamo i maestri delle cose e non le vittime delle loro reazioni".

La mindfulness immaginale si inspira alla tradizione buddhista Theravada che è considerata la corrente più antica, ed è a Sri Lanka che questi insegnamenti del Buddha sono meglio conservati (gli insegnamenti, denominati il canone Pali, venivano trascritti su foglie di palma). La scuola Theravada racchiude diversi sentieri come quello chiamato dei monaci della foresta, che abbandonano lo stile di vita mondano e con la rinuncia, al disciplina e la meditazione cerca di arrivare alla liberazione.  La mindfulness immaginale ha anche dei riferimenti al buddhismo Mahayana e in modo particolare al buddhismo tantrico-sciamanico detto Vajrayana diffuso soprattutto in Tibet, Bhutan e Mongolia che utilizza il ritualismo, la mistica e pratiche esoteriche. Grandi pensatori del buddhismo Mahayana sono stati Nagarjuna (autore della dottrina di mezzo, Asanga e Santideva autore della Bodhicaryavatara.

Questo tipo di mindfulness utilizza un metodo simbolico-immaginale ed è un approccio non terapeutico per un viaggio interiore. La meditazione ha il compito di dissolvere la maschera e liberare l'individuo dei veli dell'illusione dell'io raggiungendo il Nirvana o NIbbana, ovvero l'estinzione dell'io e della sensazione di esistere quali esseri distinti e separati dal tutto.  La parola samadhi significa mettere insieme, e fa riferimento all'unione dle meditante con il tutto. La meditazione quindi ci porta verso il benessere totale e ci spinge ad uscire dall'individualità ed andare oltre l'illusoria idea dell'Io. La prima fase della meditazione è calmare la mente che come una scimmia è in continuo spostamento, rimane sospesa tra ricordi del passato, speranze nel futuro, paure, emozioni. Per fare questo occorre scegliere la postura più adeguata che è quella del loto, una posizione che ci permette di protrarre l'immobilità portando il corpo ad uno stato in cui perde i suoi confini.

Astenersi dal male, praticare la perfetta virtù e domare del tutto la mente, è la dottrina del Buddha. 

Satipatthana, la via della presenza mentale ci addestra ad essere consapevoli e coscienti di ogni gesto che si compie, di essere nel momento presente, vivere le esperienza senza giudizio. E' una meditazione esistenziale che si può praticare in qualsiasi momento e circostanza. La meditazione della presenza mentale consiste nel rivolgere l'attenzione al corpo, alle sensazioni, allo stato mentale e ai fenomeni o oggetti mentali come emozioni, pensieri, ecc... Ciò porta alla consapevolezza della chiara luce della mente. La meditazione porta allo scioglimento dei nostri attaccamenti, che sono all'origine di tutta la sofferenza umana. Spesso quando meditiamo sorge un fastidio: al collo, al ginoccchio, alla schiena ecc, ad un certo punto il fastidio si trasvaliuta e diventa forza e visione profonda. I requisiti della meditazione sono: depersonalizzazione/disidentificazione, smaterializzazione, pacificamente della mente, rallegramento della mente, attenzione cosciente, assenza di giudizio, lasciar fare, la trasvalutazione ossia la capacità di attribuire un giudizio diverso agli eventi e a ciò che ci accade, uscire dalla costrizione tremenda che è la nostra personalità (la gabbia del'IO).

Tra le tecniche meditative per calmare la mente troviamo il controllo del respiro o Anapasati. Ana è l'inspirazione, pasa è l'espirazione, sati è il controllo. Il respiro, come dicono i buddhisti è uno degli oggetti privilegiati su cui indirizzare la mente. Altro tipo di respirazione altamente rigenerante è Cankamana o camminata. In questo caso meditare significa porre l'attenzione e la consapevolezza su ciascun passo. La camminata è estremamente lente, le mani dietro la schiena, e una mano tiene il polso dell'altra e ci si focalizza su alzo- abbasso il piede, oppure alzo-avanzo-abbasso. Quando si termina il ciclo bisogna restare immobili per qualche istante, ascoltando la risonanza lasciata dai movimenti.

Ogni cosa esistente è impermanente (anicca in lingua pali). Comprendendo ciò, vai al di là della sofferenza, Questo è il cammino della purezza. Dal Dhammapada. 

Dal punto di vista buddhista gli eventi, le sensazioni, le emozioni sono il rpodotto della nostra psiche. E ciò è sempre riportato nel Dhammapada. Siamo ciò che pensiamo, Tutto ciò che siamo è il prodotto della nostra mente. Ogni parola o azione che nasce da un pensiero torbido è seguita dalla sofferenza come la ruota del carro segue lo zoccolo del bue.   Siamo ciò che pensiamo, Tutto ciò che siamo è il prodotto della nostra mente. Ogni parola o azione che nasce da un pensiero limpido è seguita dalla gioia come la tua ombra ti segue inseparabile.

Da ciò emerge che la mente è il punto di partenza per modificare la nostra esperienza di vita. Il primo passo è conoscere la nostr amente, il secondo passo è modellare la mente e renderla più flessibile creando un centro interiore forte e ben ordinato che ci permette di placare interferenze e distrazioni. Il terzo passo è quello di liberare la mente da costruzioni mentali e stereotipi, non si è più schiavi delle condizioni esterne visto che la nostra vera natura è pace nel qui e ora.

La meditazione immaginale è strutturata in tre fasi: si inizia con la concentrazione e acui segue una meditazione su la fiamma della candela e poi ci si concentra su deu colori.  Concentrarsi sulla fiamma significa percepire calore, eenrgia e soprattutto osservare un simbolo dell'impermanenza. La meditazione kasina è una tecnica di contemplazione di alcuni oggetti. Nle canone pali sono suggeriti dieci oggetti su cui meditare circa 20 minuti: la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria, il colori blù o verde, il colore giallo, il colore rosso, il colore bianco, lo spazio, la luce brillante della fiamma. La concentrazione avviene a occhi aperti, fissando lo sguardo sull'elemento prescelto, senza mai muovere lo sguardo. La meditazione sui colori ci permettere di entrare in contatto con le profondità della psiche.

Nel buddhismo Theravada, la meditazione nirodha è quella meditazione che ci porta all'estinzione di tutte le impressioni (samskara), permettendoci di raggiungere la vacuità, accompagnata da una profonda pace interiore e tranquillità psico-fisica.. Una zona luminosa dove la vita e la morte e tutti gli opposti si incontrano. Il monaco entrato in nirodha ha le funzioni corporee, mentali e della voce sospese, ma la vita non è finita, il calore vitale non è estinto e le facoltà non sono distrutte. Il corrispondente nella tradizione Mahayana è il nirvana nel samsara. La differenza è che la suprema liberazione dal ciclo del samsara si può ottenere solo al momento della morte nel buddhismo theravada, mentre nel buddhismo mahayana è contemplata la possibilità di raggiungere questa suprema liberazione anche in vita..

l'IMMA (Imaginal MIndfulness Meditation Approach) costituisce una serie di raccolte privilegiate di esercizi di meditazione e di risveglio ed è stata messa a punto da Selene Calloni Williams e dal monaco eremita Gotatuwe Sumanaloka Thero.  L'IMMA è un protocollo attraverso il quale si cerca di riportare il sacro nella terapia, e ristabilire un ordine universale, un equilibrio corpo e natura che l'illusione dell'IO ha rotto. Questo protocollo serve a curare stress, ansie e paure, problemi di relazione affettiva. 

________________    Selene Calloni Williams conobbe Gotatuwe Sumanaloka Thero a Sri Lanka in un eremo insieme al Maestro Ghata Thera.  Fu condotta all'eremo dal suo maestro di yoga e sciamanesimo Michael Williams. Qui Selene divenne monaca e restò a Sri lanka per sei anni. Poi studiò psicologia in Svizzera con uno dei più importanti maestri occidentali James Hillman..

Esercizi di meditazione e di risveglio nella mindfulness immaginale.

 Esercizi del protocollo l'IMMA (Imaginal MIndfulness Meditation Approach).

Yoga per adolescenti

L'adolescenza è un momento che può rivelarsi molto delicato. In questa fase della vita (tra i 13 e 19 anni) i ragazzi e le ragazze, con sfumature diverse, cercano di affermare la loro indipendenza. Durante il passaggio all'età adulta, gli adolescenti hanno problemi di identità, si sentono incompresi e hanno problemi di comunicazione. Assistono a un cambiamento fisico, dato dalle variazioni ormonali, e insieme intellettuale. Mettono in discussione il modo in cui hanno inteso tutte le relazioni fino a quel momento. Rabbia, frustrazione, confusione, inquietudine, gesti impulsivi, reazioni incontrollate, agitazione, sconforto e senso di inadeguatezza sono un denominatore comune di questo periodo della vita, per ogni essere umano. Lo yoga permette agli adolescenti di ascoltare il loro corpo e, insieme, i cambiamenti che da questo provengono. E' in grado di valorizzare i ragazzi per ciò che sono, senza giudizio. Attraverso il corpo e il respiro, lo yoga ridurrà le loro inquietudini e li aiuterà a canalizzare le loro energie in una direzione più costruttiva. Lo yoga contribuirà a migliorare il loro benessere emotivo, fisico, mentale.

Gli adolescenti, dovrebbero fare almeno 60 minuti di esercizio fisico, da moderato a vigoroso, al giorno per migliorare e rafforzare le ossa, i muscoli e il sistema cardiovascolare. In questo modo, supporteranno adeguatamente il loro sviluppo fisico. Lo yoga è una buona attività per gli adolescenti perché può essere modificato in base alle capacità di ciascuno e può essere praticato a varie intensità.  Lo yoga per adolescenti è un sistema completo che può aiutarli a regolare le loro emozioni e a superare meglio l'adolescenza. Ecco come fare:

  1. Lo yoga può aiutare a combattere l'obesità promuovendo una riduzione del peso graduale e moderata utilizzano sessioni di yoga lunghe e frequenti, e diete basate sullo yoga. La pratica dello yoga è associata alla riduzione dell'indice di massa corporea e può essere un modo sano per gli adolescenti di evitare il sovrappeso e vivere in modo più sano.
  2. Lo yoga può contribuire a migliorare l'autostima. La meditazione nello yoga può aiutare gli adolescenti a vedere i loro difetti sotto una nuova luce. Questo può aiutare a combattere il bullismo e dare la possibilità di costruire un rapporto migliore con se stessi, in modo da evitare di prendersela con gli altri. 
  3. Gli adolescenti spesso soffrono di acne al viso che è strettamente correlata a uno stile di vita poco sano. Una dieta scorretta, l'aumento di peso e lo stress, causano infiammazioni persistenti. Lo yoga  come attività rilassante e un'alimentazione più sana possono contribuire a  ridurre lo stress e l'infiammazione che causa l'acne.                                                                                                                 
  4.  Quasi tutti gli adolescenti soffrono di bassa autostima e hanno un'immagine corporea scadente che li porta a vedersi come inadeguati. Lo yoga è uno strumento per apprezzare il corpo, riflettere interiormente e fare del sano movimento, migliorando l'immagine corporea e la salute mentale dei praticanti. Aiuta a sviluppare la gratitudine per se stessi e per il proprio corpo, eliminando i pensieri negativi su di sé. L'insegnante di yoga dovrebbe fare attenzione agli impatti negativi dovuti al confronto con gli altri partecipanti alla lezione. Sarebbe opportuno privilegiare il lavoro in coppia con l'obiettivo della ricerca dell’incontro e del rispetto dell’altro. Moltissimi asana possono essere assunti e mantenuti in coppia. Lavorare con un’altra persona è utilissimo per testare se stessi e per rapportarsi con il compagno in modo armonico e cooperativo. Il compagno è visto come collaboratore o complice insostituibile  e non come qualcuno da invidiare (atteggiamento tipico dell'adolescenza).      
  5. Molti adolescenti sono stressati con relativo aumento della frequenza cardiaca, Lo yoga può aiutare a gestire lo stress promuovendo il rilassamento e insegnando la consapevolezza del corpo, della mente e del respiro. Inoltre, le aree del corpo più stressate sono il collo, le spalle e la schiena, che semplici posizioni e allungamenti yoga possono aiutare a sciogliere. Esercizi di respirazione o semplici posizioni yoga possono aiutare gli adolescenti nella vita quotidiana, ad esempio prima di un esame, prima di andare a letto o durante lo studio.                                                                                                                  
  6. Lo yoga è un modo eccellente per gli adolescenti di staccarsi dalla tecnologia e dagli schermi e concentrarsi su se stessi. Lo yoga motiva a cambiare uno stile di vita più sano, allentando la dipendenza da internet e dai videogiochi. Gli adolescenti iniziano a dormire meglio, a mangiare meglio, a comunicare meglio e ad aumentare le attività in cui sono coinvolti al di fuori delle mura domestiche. Questi cambiamenti possono dare agli adolescenti chiarezza mentale, aiutandoli a riconoscere il loro rapporto malsano con i videogiochi o i social media.
  7. Lo yoga è un'ottima attività da praticare in caso di abuso o dipendenza da alcol o sostanze stupefacenti. Lo yoga infatti è rilassante e aiuta a migliorare la connessione mente-corpo e la consapevolezza che viene compromessa dall'abuso di sostanze. Aiuta le persone a rimanere calme e a prendere decisioni migliori.

Per riepilogare i benefici dello yoga per gli adolescenti sono:
    • Migliora la salute fisica:    • Migliora l'ottimismo    • Sviluppare la disciplina e la consapevolezza
    • Migliora l'autostima e l'immagine del corpo    • Migliora la concentrazione.

I rischi dello yoga per adolescenti.  Gli adolescenti dovrebbero iscriversi a una classe poco numerosa in modo che l'istruttore possa prestare loro la giusta attenzione. Dovrebbero cercare di iscriversi a un corso che rispecchi le loro capacità. Evitare di iscriversi a un corso più avanzato. Se gli adolescenti non sono fisicamente preparati, questo può indurre stress e ansia, che sono l'opposto di ciò che dovrebbero ottenere dai corsi di yoga per adolescenti. Se i ragazzi sono affetti da patologie, è consigliabile che parlino con un medico prima di frequentare un corso di yoga. Una volta ottenuto il via libera dal medico, occorre informare l'istruttore di eventuali condizioni fisiche o limitazioni esistenti, in modo che possa fornire pose modificate, se necessario, prima di iniziare la sessione di yoga.

Posizioni e pratiche aiuteranno gli adolescenti a migliorare la respirazione, l'equilibrio e a ridurre lo stress attraverso il rilassamento come ad esempio la Respirazione a narici alternate, il Cane rivolto verso il basso (adho mukha svanasana)  e  Posizione dell'angolo reclinato (supta baddha konasana). Per ottenere dei risultati, ossia se si vuole aumentare la resistenza e la flessibilità, si deve praticare yoga almeno tre o quattro volte alla settimana. 

L'adolescenza comporta declinazioni diverse al maschile e al femminile. Un dato di fatto di cui tiene conto anche nella pratica che si propone in questa fase della vita. Spesso le ragazze riescono ad ascoltarsi con più facilità, rimanendo con meno difficoltà negli asana (“posizioni”) statici che si propongono. I ragazzi invece, nella maggior parte dei casi, sono più irrequieti, dinamici. Sono più propulsivi e hanno bisogno di esprimere le loro energie. Ecco perché eseguono più volentieri posizioni che richiedono un particolare uso della forza, in appoggio sulle braccia per esempio, oppure movimenti di agilità come i salti per passare da una posizione all’altra.
Generalmente, il rapporto maschi-femmine che si avvicinano allo yoga come strumento di crescita personale a partire dai 12-13 anni in su, è di 1 a 10. In entrambi i generi, però, la disciplina aiuta a fare luce dentro al caos interiore tipico di questo momento, mettendo un po' di ordine emotivo.

Lo yoga può aiutare a gestire i traumi e le emozioni e a raggiungere un maggiore equilibrio psico-fisico,  in particolare grazie alla pratica di alcuni asana come ad esempio l’albero (vrkshasana in sanscrito), il guerriero (virabhadrasana), l’aquila (garudasana), shiva danzante (Natarajasana). Queste posizioni permettono di trovare il proprio centro e di resistere alle oscillazioni, due peculiarità che fisiologicamente mancano in questo momento della vita. Mantenere posizioni come queste per diversi respiri, aiuta a vivere un momento di instabilità rimanendo centrati interiormente e controllando la propria respirazione. Sono posizioni di ascolto, di concentrazione e di radicamento.  Altre posizioni che possono contribuire a “cambiare” il proprio punto di vista sono le  asana in rotazione, come ad esempio  la posizione del nodo (matsyendrasana), in cui lo sguardo gira completamente, insieme alla colonna vertebrale;  o per esempio asana capovolte, come la posizione della candela  (sarvangasana) in cui la testa si trova più in basso rispetto ai piedi.  
Per superare senso di inadeguatezza, vergogna e timidezza saranno molto utili le posizioni di estensione all'indietro: la parte anteriore del nostro tronco viene profondamente aperta, il chakra del cuore è stimolato, invitandoci a diventare via via più empatici e capaci di sintonizzarci non solo con le proprie emozioni, ma anche con quelle degli altri.  Una pratica costante può contribuire a sviluppare in modo equilibrato il corpo, migliorare la postura e l’allineamento della colonna vertebrale, prevenire patologie a carico del rachide, sviluppando una muscolatura forte e allo stesso tempo mantenendola flessibile.

Per concludere: lo yoga può insegnare ai ragazzi il rispetto e l'importanza della relazioni con gli altri, anche per vivere una stagione così "turbolenta" in modo più equilibrato. Per fortuna, cominciano ad essere sempre più numerosi, i corsi che propongono uno yoga specifico per questa fascia di età.

Testi: 

  • Gisa Franceschelli, La Gioia di Crescere con lo Yoga. Compendio didattico pratico di pedagogia yoga
  • Lorena Pajalunga, Yoga per adolescenti. Semplici esercizi per crescere in armonia.

Pratica e teoria del buddhismo tibetano - Geshe Lhundup Sopa e Jeffrey Hopkins

Pratica e teoria del buddhismo tibetano di Geshe Lhundup Sopa e Jeffrey Hopkins è un libro che parla della meditazione e delle scuole buddhiste tibetane.  Il libro ospita due testi della tradizione Gelukpa, per la prima volta tradotti e annotati. Il primo testo, opera del quarto Panchen Lama, è un commento al sentiero dell'illuminazione in cui sono riassunte moltissime delle pratiche quotidiane osservate dai monaci e dagli yogi tibetani. Il secondo testo viene dal Collegio Gomang del Monastero Drepung di Lhasa, e fornisce una base per lo studio assiduo della filosofia buddhista.

La condizione di Buddha si consegue attraverso il metodo e la saggezza. Il metodo è l'aspirazione all'illuminazione per amore di tutti gli esseri viventi. La saggezza è la corretta visione della vacuità, della consapevolezza della non esistenza del sè e che tutti i fenomeni non esistono per virtù propria. ossia l'esistenza non intrinseca di ogni fenomeno. aspplicare in ogni contesto la compassione, ossia il desiderio che tutti gli esseri viventi siano liberi dal dolore.  La mente è condizionata dai tre veleni: desiderio, odio e ignoranza. I tre aspetti fondamentali del sentiero sono: pensare di abbandonare il ciclo dell'esistenza, l'aspirazione all'illuminazione per tutti gli esseri umani, la corretta visione della vacuità.  Durante la pratica e la meditazione  La devono essere coltivati i quattro incommensurabili: equanimità, amore, compassione e gioia.

Le due ali dell'uccello che vola verso la condizione di Buddha sono la saggezza e la compassione. La formula che si pronuncia durante il percorso è la seguente: "Mi rifugio, fino alla perfetta illuminazione, nel Buddha, nella Dottrina, e nella Suprema Comunità". Un altro passo importante è comprendere come l'Io è concepito dall'idea innata di un sè esistente intrensicamente. L'Io non è nessuno dei cinque aggregati presi separatamente, nè è ciascuno dei due, corpo e mente.Il buddhismo considera l’essere umano composto di cinque aggregati (skandha): forma, sensazioni, percezioni, formazioni mentali e coscienza. Essi compongono ogni cosa, sia dentro di noi che fuori, nella natura come nella società.

I quattro ordini tibetani sono Nyngmapa, Kagyupa, Sakyapa e Gelukpa. Tutte queste scuole hanno tre elementi distintivi: hanno un maestro che è arrivato all'illuminazione, i loro insegnamenti non sono dannosi al alcun essere vivente, sostengono l'opinione che il sè è privo di permanenza, di indivisibilità e di indipendenza.  Le scuole esterne al buddhismo, come le scuole filosofiche indiane e il jainismo,  sono criticate per le pratiche ascetiche rigide e la dottrina del sè individuale. La definizione di un proponente di dottrine buddhiste è una persona la quale sostiene i seguenti quattro principi: tutto è impermanente, tutte le cose contaminate portano all'nfelicità, tutti i fenomeni sono privi di sé,  il nirvana è pace. 

Le quattro tradizioni tibetane Nyingma, Sakya, Kagyu e Gelug, hanno molto in comune e la maggior parte delle differenze consistono nel modo in cui interpretano la vacuità e il funzionamento della mente. In India nacquero diciotto diverse scuole Hinayana e solo tre lignaggi principali di voti monastici sono ora esistenti. Questi sono:  Theravada – nel sudest asiatico,  Dharmagupta – in Asia orientale,     Mulasarvastivada – in Tibet e in Asia centrale.  Tutte e quattro le tradizioni tibetane condividono il lignaggio Mulasarvastivada per monaci completamente ordinati e per monache e monaci novizi; tutte e quattro sono praticate anche da laici. Monache ordinate si trovano solo nel Dharmagupta.

Tutte e quattro le tradizioni tibetane integrano lo studio di sutra e tantra con rituali e meditazione. Ci sono differenze comunque nell’interpretazione di alcuni punti importanti dei sutra.
Dopo aver completato con successo i loro studi, i gelugpa ricevono il titolo di “ghesce” e le altre tre tradizioni il titolo di “khenpo”. “Khenpo” è anche il titolo conferito agli abati. Tutte e quattro le tradizioni hanno anche il sistema “tulku”, i lama reincarnati. Sia i tulku che gli abati ricevono il titolo di “rinpoche”, indipendentemente dal loro livello di istruzione.
La pratica rituale in tutte e quattro le tradizioni comprende il canto, accompagnato da cimbali, tamburi e corni; l’offerta di dolci fatti con farina d’orzo e burro. Gli stili di canto e musica sono generalmente simili, anche se il canto gutturale contrabbasso con suoni armonici è più frequente tra i monaci gelugpa.
Tutte e quattro le tradizioni praticano il guru yoga che è una pratica devozionale tantrica in cui il praticante unisce il proprio flusso mentale con il flusso mentale del corpo, della parola e della mente del proprio guru. Il guru yoga è simile allo yoga della divinità poiché il guru viene visualizzato allo stesso modo di una divinità meditativa. La meditazione in ogni tradizione include una pratica quotidiana, brevi ritiri di pochi mesi e ritiri di tre anni. Differiscono per lo più rispetto al periodo della vita in cui il praticante svolge il ritiro: Sakya, Nyingma e Kagyu tendono a compiere il ngondro ( che si compone di quattro meditazioni e di quattro pratiche particolari) e i ritiri nella parte iniziale del loro percorso spirtuale, mentre i gelugpa li integrano successivamente, lungo il percorso.
La tradizione Nyingma possiede anche iniziazioni tantriche e sono specializzati nella meditazione e nell’esecuzione di rituali per la comunità laica.

Alcune delle principali differenze nelle spiegazioni fornite dalle quattro tradizioni sugli insegnamenti derivano dai loro modi di definire e usare termini tecnici, oltre che dalla loro presentazione del Dharma da diversi punti di vista.  Ad esempio le posizioni riguardo all’impermanenza o alla permanenza della mente sono molto diverse. Un’altra differenza è che i gelugpa spiegano il Dharma dal punto di vista degli esseri ordinari, i sakyapa da quello degli arya altamente realizzati sul sentiero, mentre kagyupa e nyingmapa dalla prospettiva degli esseri illuminati.
Tutte e quattro le tradizioni concordano sul fatto che la spiegazione della vacuità riportata nei testi Madhyamaka è la più profonda. I gelugpa sottolineano la meditazione rispetto all’oggetto, mentre Sakya, Kagyu e Nyingma rispetto alla mente.
Ogni tradizione insegna anche i propri metodi per raggiungere una comprensione non concettuale, e per accedere e attivare la mente più sottile. Quello che i gelugpa chiamano non concettuale, sakyapa, kagyupa e nyingmapa chiamano “al di là di parole e concetti”.  Tutti concordano sul fatto che la comprensione del ruolo del pensiero concettuale nel nostro modo di conoscere il mondo è essenziale per superare ed eliminare per sempre la nostra confusione e ignoranza sulla realtà – la causa più profonda di tutta la nostra sofferenza.

________________ 

Le scuole si dividono:

 in Mahayana     -----   Madhyamika  -----  Prasangika   e    Svatantrika

                          ------- Cittamatrin      -----  seguaci del ragionamento e della scrittura

  e Hinayana      ------- Sautrantika     ------ seguaci del ragionamento e della scrittura

                          ------  Vaibhasika 

Un Vaibhasika è una persona che non accetta l'autocoscienza e sostiene che tutti gli oggetti esterni sono realmente esistenti. Tutti gli oggetti di conoscenza sono compresi in cinque categorie: forme visibili, idee essenziali, fattori associati al mentale, fattori compositivi che non sono associati né alle idee, nè ai fattori mentali enon-prodotti.  Esistono due tipi di verità: 1- la verità convenzionale, che è un fenomeno tale che, se fosse distrutto o diviso mentalmente in parti, la conoscenza che lo percepisce sarebbe annullata;  2- la verità ultima, un fenomeno che se fosse distrutto, la coscienz ache lo percepisce non sarebbe annullata. 

 Un Sautrantika  è una persona che sostiene l'esistenza reale sia degli oggetti esterni sia dell'autocoscienza.  Sono chiamati esemplificatore perchè insegnano le dottrine mediante esempi.

Un Cittamatrin   è una persona che sostiene l'esistenza reale dei fenomeni dipendenti, ma non sostiene l'esistenza di oggetti esterni. Ci sono due gruppi i sostenitori dell'apparenza reale e i sostenitori della falsa apparenza.  Gli oggetti della conoscenza sono di tre nature: 1- fenomeni dipendenti,  2- fenomeni pienamente fondati, 3- fenomeni immaginari.  Sostengono, quindi, che tutti i prodotti sono fenomeni dipendenti, che le nature di tutti i fenomeni (le vacuità) sono fenomeni pienamente fondati e che tutti gli altri oggeti di conoscenza sono immaginari.

Un Madhyamika  che sostiene che non ci sono fenomeni realmente esistenti e neppure particelle. Sostengono una via mediana che è libera dagli estremi della permanenza e dell'annullamento. Propongono che i fenomeni non hanno nessuna entità cioè nessuna esistenza reale.   Si dividono in Svatantrika che è un individuo che propone la non-entità e che sostiene che i fenomeni esistono convenzionalmente per natura propria.   Un Prasagika è una persona che non propone alcuna entità e non sostiene che i fenomeni esistono in virtù della propria natura sia pure per convenzione. Sostengono che nessun oggetto esiste in virtù delal propria natura. Tutti gli oggetti sono soltanto attribuiti dal pensiero. Base fondata, oggetto e oggetto di conoscenza sono sinonimi.

Introduzione al Blog

Il Blog è nato nel marzo 2021, in tempo di pandemia, per comunicare e condividere le mie letture e i miei interessi.  Nel Blog ci sono ci...