sabato 5 giugno 2021

Gli yoga sutra

Il testo Light on the Yoga Sutras of Patanjali, che tradotto significa Luce sullo Yoga Sutra di Patanjali da parte di B.K.S. Iyengar ci permette di esaminare questa opera che è uno dei testi di riferimento più importanti della tradizione dello yoga.  Patanjali è una figura leggendaria, forse mai esistita. Alcuni autori suggeriscono che sia vissuto nel quarto secolo prima di Cristo, mentre altri insistono che sia vissuto  d.c.  Questo testo, che dovrebbe essere nella libreria di tutti i praticanti yoga, è stato scritto tra il 400 a.C e il 200 d.C  È infatti attorno a tale epoca che lo stile degli aforismi, non solo ebbe la sua massima diffusione, ma raggiunse probabilmente il suo più alto livello stilistico. L’opera di Patañjali è largamente riconosciuta come l’esempio più raffinato nella tecnica dei sutra. 

Patañjali ha ripreso quanto trasmesso dalla tradizione che era stato per lungo tempo astratto e incomprensibile e l’ha incapsulato nel cuore dei suoi sutra, presentando un sistema coerente ed autonomo in grado di sostenere il ricercatore spirituale a livello teorico e pratico.
Spiega la natura e la psicologia umana durante le fasi della vita.

L'opera è composta da 4 capitoli o pada e 196 frasi o sutra. I quattro pada sono: Samadhi Pada, Sadhana Pada, Vibhuti Pada, Kaivalya Pada.  
Nel primo capitolo spiega cosa è lo yoga, che cosa è la coscienza e come arrivare al samadhi. Nel secondo capitolo spiega quale è il vero scopo della nostra vita, le qualità necessarie per arrivare all'obiettivo e quali sono gli ostacoli che possiamo incontrare durante il percorso, quali sono gli otto componenti dello yoga. Nel terzo capitolo parla dei poteri che lo yogi acquisisce controllando corpo, mente e natura. Nel quarto capitolo parla della liberazione. Adesso mi cimenterò nel titanico compito di cercare di riportare l'essenza di questa opera fondamentale in queste poche righe.  Di seguito ho riportato le frasi che più mi hanno colpito facendole precedere dal numero del capitolo e della strofa.

1 capitolo - Samadhi Pada.  Samadhi significa profonda meditazione e devozione suprema.

1.1 "Con le preghiere per la benedizione divina, ora inizierò l'esposizione dell'arte sacra dello yoga".

1.2 "Yogah citta vrtti nirodhah".  E' la famosa frase in sanscrito con cui viene descritto lo yoga che significa:  "Lo yoga è la cessazione dei movimenti nella coscienza". La coscienza è composta dalla mente (manas), dall'intelligenza (buddhi) e dall'ego (ahamkara). Il sé rappresenta la persona, la sua identità ed è separata dalla mente, dall'intelligenza e dall'ego. L'io è una forma del sé.                      L'Ego ha delle qualità diverse a seconda che sia rajasico ossia spinge all'azione, tamasico al riposo o sattvico all'equilibrio. 

L'esecuzione dell'asana (la posizione) offre un campo di battaglia controllato per il processo di conflitto e creazione. Questa lotta è vissuta in ogni posizione: ci sfidiamo a migliorare la posizione e nello stesso tempo la paura dell'atto ci blocca. Se siamo timorosi non facciamo progressi, ma se si osserva l'interazione tra le due forze, possiamo raggiungere la perfezione.

La coscienza (citta) è come una lente ottica, posta sopra una fonte di pura luce, l'anima individuale. La superficie superiore della lente è in contatto con il mondo, e quando entra in contatto con desideri e paure diventata nuvolosa, opaca, persino sporca.   Trascendendo i guna, l'anima è pienamente percepita.

1.8 "La conoscenza illusoria o errata si basa sul non-fatto o sul non-reale. “Comprensione errata e falsi concetti generano sentimenti sbagliati e contaminano la coscienza.

1.10 "Il sonno è l'assenza non deliberata di onde del pensiero o conoscenza".

1.12 "La pratica e il distacco sono i mezzi per calmare i movimenti nella coscienza". La pratica (abhyasa) e il distacco (rinuncia: vairagya) sono le due ali dello yoga.

1.13 "La pratica è lo sforzo costante per calmare queste fluttuazioni"   che operano nella coscienza per poi muoversi verso il silenzio: raggiungere uno stato mentale costante, calmo, tranquillo. 

La mente è considerata dai saggi come l'undicesimo senso, un organo di senso interno. Le fasi del distacco sono: liberare i sensi dall'azione, allontanarsi dal desiderio, calmare la mente, dominare il desiderio, arrivare al supremo distacco.

1.17 "La pratica e il distacco sviluppano quattro tipi di samadhi: l'autoanalisi, la sintesi, la beatitudine e l'esperienza del puro essere."

L'esperienza dell'Essere puro è samprajnata samadhi, dove si verifica un graduale progresso dal corpo grossolano verso la mente sottile, e dalla mente stabile verso la fonte, il fondamento e nucleo dell'essere.

1,18 "Le impressioni nascoste giacciono dormienti, ma sorgono durante i momenti di consapevolezza, creano fluttuazioni e disturbano la purezza della coscienza."

1.20 "La pratica deve essere perseguita con fiducia, sicurezza, vigore, memoria acuta e potere di assorbimento per rompere questo compiacimento spirituale."

1.21 "L'obiettivo è vicino per coloro che sono estremamente vigorosi e intensi nella pratica."

1.23 "Il citta (i movimenti nella coscienza) può essere trattenuto dalla profonda meditazione su Dio e dal totale abbandono a Lui."

1.27 Il Brahman o il Tutto  "È rappresentato dalla sacra sillaba AUM, chiamata pranava."

Il mantra deve essere ripetuto costantemente e con sentimento: in questo modo rimuoverà tutti gli ostacoli che sono malattia, inerzia, pigrizia, indisciplina ecc. Bisogna lavorare anche sul respiro attraverso il pranayama perchè il respiro irregolare distrae la coscienza.

1.34 "Mantenendo lo stato pensoso percepito al momento dell'espirazione dolce e costante e durante la ritenzione passiva dopo l'espirazione."

Si dovrebbe inspirare ed espirare lentamente e fare una pausa tra i due movimenti del respiro, mantenendo la ritenzione per tutto il tempo che è comodo. La pratica permetterà alla coscienza di diventare  un lago calmo.

La coscienza ha quattro livelli: l'inconscio, il subconscio, il conscio, il super-cosciente conosciuto come Turya. Turya è il samadhi, lo stato finale in cui l'anima individuale (jivatman) si fonde con l'Anima Universale (Paramatman).

1.41 "Lo yogi comprende che il conoscitore, lo strumento del conoscere e del conosciuto sono uno, se stesso, il praticante. Come un puro gioiello trasparente, riflette una purezza incolmabile. "

Patanjali nei prossimi versi spiega i diversi stati del samadhi.

1,46 "Gli stati del Samadhi descritti nei precedenti sutra dipendono da un supporto o seme e sono chiamati sabija".

1.49 "Questa verità, la conoscenza e la saggezza sono distinte e al di là della conoscenza dei libri, della testimonianza o dell'inferenza."   Questa è una conoscenza speciale e diretta che nasce dall'anima.

1,51 L'ultima strofa di questo capitolo è il seguente: "Quando anche questa nuova luce della saggezza viene abbandonata, albeggia il samadhi senza semi". Questo è il nirbija samadhi: lo stato di identità assoluta con il praticante.

2 capitolo - Sadhana Padi.  Sadhana significa pratica, strategia.

2.1 "Lo zelo ardente nella pratica, lo studio individuale e lo studio delle Scritture e l'abbandono a Dio sono gli atti dello Yoga".

Lo yoga dell'azione kriya yoga è costituito da volontà e motivazione, autodisciplina (tapas),  ripetizione dei mantra e studio personale dei testi sacri (svadhyaya), arrendersi a Dio (Isvara pranidhana).

2.2 "La pratica dello yoga riduce le afflizioni e conduce al samadhi".

 2.3 "Le cinque afflizioni disturbano l'equilibrio della coscienza". Le afflizioni o klesha sono considerate la causa principale di tutto il nostro dolore e sofferenza in questa esperienza umana e sono: 1. Avidya - Ignoranza o mancanza di saggezza, 2. Asmita - Egoismo, essere in preda dell'ego o senso dell'io 3. Raga - Attaccamento al piacere, 4. Dvesa - Avversioni al dolore, 5. Abhinivesa - Paura della morte e  il tenersi aggrappato alla vita.

2.4 "La mancanza di vera conoscenza è la fonte di tutte le pene e dolori".

2.11 "La fluttuazione della coscienza creata da afflizioni grossolane e sottili deve essere messa a tacere attraverso la meditazione."

2.14 "Secondo le nostre azioni buone, cattive o miste (il nostro karma), la qualità della nostra vita, la sua durata e la natura della nascita sono vissute come piacevoli o dolorose".

2.17 "La causa del dolore è l'associazione o identificazione del praticante (atma) con la natura (prakti), il mondo manifesto e il rimedio si trova nella loro dissociazione".

2.18 "La natura con le sue tre qualità (guna), satva, rajas e tamas esiste eternamente per servire il praticante, per il godimento o l'emancipazione".    Questi tre principali guna sono generalmente associati con la creazione (sattva), la conservazione (rajas) e la distruzione (tamas).

Gli umani sono composti da cinque strati o kosas: anatomico (annamaya); fisiologico (pranamaya); mentale (manomaya); intellettuale (vijnanamaya); beatitudine (anandamaya) che corrispondono ai cinque elementi.

2.19 "I guna generano le loro divisioni caratteristiche ed energie nel praticante".

La natura (prakti) ha le tre qualità e manifesta la sua energia nel carattere dei cinque elementi (terra, acqua, fuoco, aria ed etere).

2.20 "Il praticante diventa pura coscienza."

2.21 "La natura e l'intelligenza esistono unicamente per servire il vero scopo del praticante, che è l'emancipazione (kaivalya)".   2.23   e per permettergli di scoprire la sua vera natura.

2.24  La mancanza di comprensione spirituale (avidya) è la causa della falsa identificazione del praticante con il mondo esterno.   Con la pratica  dello yoga le impurità vengono distrutte (2.28).

Nel verso 2.29 Patanjali descrive gli otto componenti dello yoga che sono: yama, niyama, asana, pranayama, pratyahara, dharana, dhyana.

2.31 "La non violenza, la verità, l'astensione dal furto, la continenza e l'assenza di avidità di possesso oltre il proprio bisogno sono i cinque pilastri dello yama." Yama sono gli impegni sociali.

2,32 "La pulizia, la contentezza, lo zelo religioso, lo studio personale e l'abbandono del sé al Sé supremo o Dio sono i niyama." Niyama è la pratica individuale necessaria per costruire il carattere del sadhaka, il praticante.

2.35 "Quando la non violenza nella parola, nel pensiero e nell'azione viene stabilita, la propria natura aggressiva viene abbandonata e gli altri abbandonano l'ostilità nella propria presenza".

2.40 "La pulizia del corpo e della mente sviluppa disinteresse nel contatto con gli altri per autogratificazione".   Il praticante (sadhaka) rispetta il corpo come un tempio.

2.46 "L'asana è perfetta fermezza del corpo, fermezza dell'intelligenza e benevolenza dello spirito."

2.47 "La perfezione in un'asana si raggiunge quando lo sforzo per eseguirlo diventa senza sforzo e l'infinito che è dentro di noi viene raggiunto".

2,49 "Pranayama è la regolazione del flusso di respiro in entrata e in uscita con ritenzione. Deve essere praticato solo dopo che la perfezione in asana è raggiunta."

Tutto ciò che vibra nell'Universo è prana: calore, luce, gravità, magnetismo, vigore, potenza, vitalità, elettricità, vita e spirito sono tutte forme di prana.                                                                                    Prana e coscienza sono in costante contatto l'uno con l'altro. Lo yogi pratica il pranayama per stabilizzare energia e coscienza.   Esistono dieci tipi di energia vitale: prana, apana, samana, udana, vyana, naga, kurma, krkara, devadatta e dhanamiaya.

Secondo l'Ayurveda il corpo è composto da sette costituenti (dhatus) e tre umori permeabili (dosha). Nel corpo umano ci sono dei canali energetici dentro i quali circola l'energia. I tre canali più importanti si trovano nella colonna vertebrale, Ida si trova sulla parte sinistra della colonna vertebrale ed è collegato al sistema nervoso parasimpatico, a destra si trova pingala che è collegata al sistema nervoso simpatico e al centro della colonna passa susumna che è collegato al sistema nervoso centrale.

Lo yogi che controlla il prana e l'energia potrebbe mantenere l'intero sistema fisiologico umano in perfetta armonia.

2.50 "Il pranayama ha tre movimenti: inalazione prolungata e fine, espirazione e ritenzione; tutto regolato con precisione in base alla durata e al luogo. "

2.54 "Ritirare i sensi, la mente e la coscienza dal contatto con oggetti esterni, e quindi trascinarli verso l'interno del praticante, è pratyahara."

2,55 che è l'ultimo sutra del capitolo recita così: "Il pratyahara ha come risultato il controllo assoluto degli organi di senso".

3 capitolo - Vibhuti Pada.   Vibhuthi significa  facoltà sovrannaturali, sebbene il termine possa essere tradotto con i termini estensione, sviluppo, manifestazione, realizzazione, ed il termine siddhi, sinonimo di vibhuti, può essere tradotto con perfezione, e manifestazione di vari poteri.

3.1 "Fissare la coscienza su un punto o regione è la concentrazione (dharana).

3.2 "Un flusso costante e continuo di attenzione diretto verso lo stesso punto o regione è la meditazione (dyana)". 

3.3 "Quando l'oggetto della meditazione ingloba il meditatore, apparendo come soggetto, la consapevolezza di sé viene persa. Questo è il samadhi".

3.4 "Questi tre insieme costituiscono l'integrazione o samyama".

Samyama spiega le discipline necessarie sia per vivere nella grazia naturale dello yoga, sia per acquisire poteri soprannaturali, o siddhi. Questi poteri creano attaccamento e afflizione, ed è per questo che Patanjali li ritiene degli ostacoli al dhyana e al samadhi. Questi siddhi vengono acquisiti da uno yogi che ha padroneggiato il suo corpo, la sua mente e la sua anima.

Il filo conduttore della filosofia di Patanjali è la relazione tra il Sé (purusa) e la natura (prakrti). Mantenere un flusso costante e ininterrotto e l'intensità dell'attenzione in piena coscienza è un'altra fase di trasformazione.

3,38 "Questi conseguimenti (poteri) sono impedimenti al samadhi, sebbene siano poteri molto efficaci  nella vita attiva".

3.53 "Con samyama  lo yogi ottiene temporaneamente una conoscenza esaltata, libera dalle limitazioni di tempo e spazio."

4 capitolo - Kaiwalya pada. Kaiwalya significa liberazione.

4.1 "Le realizzazioni (emancipazione) possono essere raggiunte attraverso la nascita, l'uso di erbe, incantesimi, autodisciplina o il samadhi".

 Anche se la sadhana (la pratica) non riesce a portare a una completa trasformazione nella vita di un sadhaka (un praticante), certamente serve a rimuovere gli ostacoli nel percorso della sua evoluzione. L'abbondante flusso di energia della natura provoca una trasformazione nella propria rinascita, aiutando il processo di evoluzione.

4.7 "Le azioni di uno yogi non sono né bianche né nere, le azioni degli altri sono di tre tipi, bianche, grigie, nere".   Le azioni di uno yogi sono di un quarto tipo incolori, e non producono frutti.

Come conseguenza di un'azione avremo effetti tamasici, rajasici e sattvici. C'è una tendenza ad associare la rinuncia all'ottuplice sentiero di Patanjali con il rinunciante che supera le tentazioni e desideri semplicemente rigettando il mondo civilizzato e dimorando in luoghi in cui non esistono tentazioni. Di tutte le discussioni su come appartenere al mondo, agire in esso e tuttavia rimanere incontaminato, orgoglioso del ruolo svolto è l'oggetto del dibattito tra il Dio Krsna e Arjuna (II, 50) alla vigilia della battaglia. Krsna dice che l'azione non può essere evitata, perché l'inazione è anche azione, e che bisogna evitare l'attaccamento ai frutti dell'azione che porterebbe al coinvolgimento.

I frutti delle azioni rimangono intatti da una vita all'altra, come se non ci fosse separazione tra le nascite.

4.12 "L'esistenza del passato e del futuro è reale come quella del presente. ... " La nostra esistenza è determinata dall'ordinata processione ritmica dei eventi che abbiamo vissuto e che costituiscono la ruota del tempo (kala chakra). 

4.14 "L'unità nella mutazione del tempo causata dalle qualità permanenti della natura, sattva, rajas e tamas, causa modifiche negli oggetti, ma la loro unica essenza o realtà, non cambia".

4.15 "A causa della variazione della qualità del contenuto mentale, ogni persona può vedere lo stesso oggetto in modo diverso, secondo il proprio modo di pensare".

L'oggetto della natura o prakrti è reale quanto il soggetto (purusa), ma sebbene la sostanza della natura o dell'oggetto rimanga la stessa, la sua percezione varia a seconda della differenza nello sviluppo della coscienza di ogni persona. Una mente condizionata non può mai percepire correttamente un oggetto. 

4.19  "La coscienza non può illuminarsi come un oggetto conoscibile".

4.31 "Quindi, quando i veli delle impurità vengono rimossi, la conoscenza più alta, soggettiva, pura, infinita viene raggiunta e il conoscibile, il finito, appare banale".

4.32 "Quando il dharmameghah samadhi viene raggiunto, le qualità della natura (guna) tendono al  riposo. Avendo adempiuto al loro scopo, la loro sequenza di mutazioni è alla fine".

4.33 "Man mano che le mutazioni dei guna cessano di funzionare, il tempo, il movimento ininterrotto dei momenti, si ferma. Questa decostruzione del flusso del tempo è comprensibile solo in questa fase finale di emancipazione".

4.34  è l'ultimo sutra e recita così: "Kaivalya, la liberazione, arriva quando lo yogi ha realizzato i purusartha, i quattro scopi della vita, e ha trasceso i guna. Obiettivi e guna ritornano alla loro fonte e la coscienza si stabilisce nella sua propria naturale purezza".

Purusartha sono i quattro scopi dell'uomo nella vita: dharma (scienza del dovere), artha (scopo e mezzi di vita), kama (godimento della vita) e moksa (libertà dai piaceri mondani). 

I pensieri di Patanjali sui Purusartha sono implicitamente contenuti nei capitoli precedenti. Moksa significa liberazione, libertà dalla schiavitù dei piaceri mondani. Nello stato di beatitudine ci si rende conto che il potere, la conoscenza, la ricchezza e il piacere sono solo fasi di passaggio. Ogni individuo deve lavorare sodo per liberarsi dalle qualità della natura e ottenere uno stato di felicità indivisibile, infinito, pieno, puro.

Epilogo.   Patanjali ha studiato la condizione umana in profondità e ha mostrato perché l'uomo soffre, e come superare le sue sofferenze. Ha mostrato come ognuno di noi, attraverso lo yoga, può condurre una vita più piena e più felice.

Academy of Indian Philosophy, per lo studio dello Yoga Sutra ed eventualmente del Sanscrito.
https://www.youtube.com/channel/UC_vIWhFa_RdLgNs1x1pQWPQ

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