lunedì 9 agosto 2021

I 5 colossi del web

 Ho scritto questo articolo per mostrare in quale mondo democratico, libero, rispettoso della privacy viviamo oggi. In questo contesto il dibattito sul green pass diventa quasi irrilevante.

Oggi i 5 colossi del web Google, Amazon, Facebook,  Apple, Microsoft,  hanno aumentato ricchezza e potere. “Ormai contano più degli Stati” e durante il coronavirus hanno ulteriormente consolidato la loro posizione. 

Cloud, ricerche, acquisti, tutto ruota intorno ai cinque giganti che ormai plasmano anche la politica degli Stati e possono decidere di "zittire" anche l'ex presidente degli Stati Uniti Trump, fatto sparire da Facebook, Instagram e Twitter. I tardivi sforzi dei regolatori europei e le cause negli Usa non sembrano in grado di intaccare il loro potere. Facebook è un social media che conta una comunità di iscritti pari a due volte la popolazione cinese e vale in borsa 760 miliardi di dollari.

Nel 2017, al vertice del G7 per la prima volta, a una riunione di massimo livello governativo, erano presenti anche i soggetti che controllano la rete: Facebook, Google, Microsoft o Amazon ed Apple. Questa presenza sancisce il fatto che quando si parla di Internet, ci sono alcune aziende che sono allo stesso livello degli Stati o di entità sovranazionali come l’Unione europea.

La pandemia ha evidenziato il ruolo e la pervasività di questi giganti del web, praticamente tutto quello che avviene, è avvenuto, e avverrà “a distanza”, passa attraverso di loro. Dalle chat su Whatsapp, che appartiene a Facebook, alle riunioni on line per lo più gestite da piattaforme di Google e Microsoft. Mentre tutti erano costretti a rinunciare agli acquisti nei negozi, i ricavi di Amazon sono cresciuti del 40%.  E le tasse pagate in Italia dai giganti del web sono ridicole: Amazon paga 11 milioni di euro, Google 5,7 milioni, Facebook 2,3 mln, Netflix 6 mila euro. 

I numeri del dominio. Oggi il 90% delle ricerche su internet avviene attraverso Google. La stessa Google, insieme a Facebook, controlla oltre il 90% della pubblicità on line. I sistemi operativi di Apple (iOS) e Google (Android) equipaggiano il 99% degli smartphone. Ancora Apple, ma questa volta con Microsoft, forniscono il 95% dei sistemi operativi nel mondo. Il 95% degli under trenta che usano Internet (cioè tutti) ha un profilo Facebook o Instagram (che è sempre di Facebook). Amazon controlla la metà delle vendite on line degli Stati Uniti. Nei paesi occidentali ormai una persona su tre utilizza un assistente vocale come Alexa (Amazon) o Siri (Apple). Un orecchio sempre attivo che ascolta, ascolta, ascolta e immagazzina informazioni. Numeri simili riguardano servizi come le classiche e-mail, le mappe, lo sviluppo di intelligenza artificiale o di auto a guida autonoma.  Questi dati indicano che la concorrenza non esiste più. Non è un caso che l’unica significativa novità del panorama Internet degli ultimi anni, la piattaforma TikTok, sia nata e cresciuta in Cina, dove ancora questi soggetti non hanno potere”.  Gli algoritmi di Google possono stabilire i destini di un’azienda, semplicemente in base al peso che le attribuiscono nella gerarchia dei risultati”.

E poi c’è il cloud, la “nuvola”, le immense memorie esterne a cui si affidano aziende, grandi e piccole, e strutture pubbliche, per archiviare dati ed accedere a servizi. Chi le gestisce? La risposta è scontata. I più grandi fornitori al mondo sono Amazon, che ha una quota di mercato globale di oltre il 40%, Microsoft (15,5%) e Google (9%). Dentro queste memorie ci sono informazioni di ogni tipo, comprese le più sensibili al mondo. L’esercito statunitense, ad esempio, affida i suoi dati a Microsoft, seppur in strutture appositamente dedicate e con vincoli specifici. Del resto il gruppo di Bill Gates ha da sempre un rapporto molto stretto sia con il Pentagono, sia con il governo Usa.  Ancora una volta solo la Cina può sottrarsi a questo controllo, potendo contare sul suo campione nazionale Alibaba che fornisce anche spazi cloud. E Pechino ha imposto ad Apple di spostare le informazioni relative agli utenti cinesi su fornitori di cloud del Paese con server collocati fisicamente in Cina.

Cosa hanno fatto in questo tempo le autorità Antitrust di Usa ed Unione europea? Sulla scia della rivoluzione ideologica neo liberista degli anni '80 non hanno fatto assolutamente niente. La sola commissione Ue ha dato via libera a 400 acquisizioni che hanno visto protagonisti questi quattro o cinque gruppi. L’acquisto di Instagram da parte di Facebook è stato ridicolarmente autorizzato con le motivazioni che “Instagram non è un social media” e che “le foto sono difficilmente monetizzabili”.

Invece i servizi offerti gratis come l’apertura di un profilo Facebook o una ricerca su Google valgono in realtà cifre astronomiche per chi li gestisce e ha accesso ai dati degli utenti. Il concetto fu spiegato, in poche illuminanti parole, dal professore del Mit Nicholas Negroponte già agli albori del web: “Se il servizio che ti viene offerto è gratis, vuol dire che il prodotto sei tu”.

Solo adesso l’Antitrust europeo sta aggiornando le sue regole prospettando multe più severe e possibili scorpori per i colossi del web, ma ormai è troppo tardi. Inoltre, queste nuove regole, più restrittive, entreranno in vigore, se tutto va bene tra un paio d’anni. Negli Stati Uniti, sull’onda di un rapporto redatto dal Congresso statunitense, in cui venivano elencate tutte le pratiche fortemente lesive della concorrenza e poco rispettose della privacy degli utenti, sono state avviate cause ed azioni antitrust e si è arrivati a minacciare questi gruppi monopolisti, di possibili smembramenti, se non cambieranno il loro modo di agire. La verità è che il potere di questi soggetti è già così grande che è difficile dire da che parte penda il bilanciamento dei poteri e capire chi possa davvero dettare condizioni. Non è detto che siano gli Stati. Inoltre agli Stati Uniti, in fondo, fa comodo "che questi soggetti siano così potenti, che siano in grado di controllare le informazioni di tutto il mondo e in tutto il mondo”. Purtroppo la forza dell’Antitrust europeo è una sola, ossia i 500 milioni di cittadini che costituiscono il mercato europeo.

Cosa succederebbe se Google o Facebook decidessero ad esempio di limitare l’accesso ai loro servizi? Di far pagare servizi come la posta elettronica. Oppure se decidessero di ridurre il traffico verso specifici soggetti, aree di mercato, venditori, facendoli scendere nella gerarchia delle ricerche?

Non è solo una questione economica. Quando Edward Snowden raccontò il modo in cui è possibile avere accesso a tutte le informazioni che noi consegniamo, più o meno consapevolmente, a Google, Facebook e soci, fece un’osservazione inquietante: “Questa è una dittatura chiavi in mano. Se chi ha le leve del potere volesse, potrebbe sapere tutto di chiunque di noi attingendo alla rete". "Facebook ti conosce meglio di tua moglie”, non è un modo di dire. Attraverso le interazioni che un soggetto ha con i social media, elaborate da intelligenze artificiali, si riesce a tracciare un profilo della personalità più attendibile di quello che potrebbe fare un convivente. Comprese inclinazioni politiche, stato di salute, condizioni economiche, gusti, ecc.

“Dobbiamo fare uno sforzo ed impegnarci a difendere e riaffermare quella che John Stuart Mill chiamava la "libertà delle menti". Esiste la possibilità che una volta persa, le persone cresciute nell’era digitale fatichino a riconquistarla. Esiste una reale possibilità di alleanze tra Stati autoritari e questi immensi monopolisti di Internet, ricchi di dati. Il nascente sistema di sorveglianza da parte delle aziende potrebbe unirsi a sistemi già rodati di vigilanza di natura governativa, rafforzandoli drammaticamente.

Tim Berners-Lee, ha festeggiato il 6 agosto 2021 i trent’anni del primo sito Internet della storia pubblicato presso il CERN ed attualmente ancora attivo, info.cern.ch che ha costituito l'embrione del World Wide Web. Il sogno di Berners-Lee che era quello di “Avere uno spazio aperto, democratico, universale e gratuito” sembra essere miseramente naufragato.

Tra il 2000 e il 2010 la rete prese la forma attuale cominciando a stringere la sua ragnatela intorno al mondo. Infiniti contenuti a disposizione, accessibilità dell’informazione, fake news, criminalità (il cosiddetto Dark Web) e ancora i social network e l’e-commerce, basati su modelli di business che promuovono la schedatura dell’utente monetizzandone i dati.

Se il web era nato con l’idea di fornire a ognuno gli strumenti per diventare editore di se stesso, oggi postiamo solo su piattaforme controllate da terzi, sulle quali siamo poco più che ospiti e dove avvengono operazioni di filtraggio eseguite dai titolari dei social e di queste piattaforme.

In un mondo che rischia di polarizzare anche il web in una nuova guerra fredda, il fattore pandemia si è rivelato un potentissimo acceleratore. Nel giro di un anno abbiamo visto affermarsi la definitiva supremazia del digitale. Il lavoro, la scuola, i servizi: con la messa al bando del contatto umano tutto è traslato online. Ma siamo davvero pronti a questa digitalizzazione forzata?  Dobbiamo continuare ad accettarla passivamente?

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