venerdì 6 agosto 2021

Il razzismo spiegato a mia figlia

Avevo letto questo libretto Il razzismo spiegato a mia figlia scritto da Tahar Ben Jelloun, moltissimi anni fa, mi sono rimesso a leggerlo e trovo il suo messaggio attualissimo ancora oggi, venti anni dopo, e per questo ve lo propongo. --

Molti autori e filosofi, tra cui Spinoza, a cui è attribuita la frase "Qualsiasi essere tende a perseverare nel suo essere", sostengono che idee e comportamenti interiorizzati nel tempo attraverso l'educazione creerebbero una certa impermeabilità al cambiamento, soprattutto nella mentalità degli individui in età adulta.

Per coerenza o pregiudizio si tenderebbe a perseverare nel nostro essere,  a mantenere una certa visione anche di fronte ad evidenze e fatti contrari. E' ciò che si verifica negli episodi di intolleranza  e,oggi, nei diffusi fenomeni di razzismo (1).  Oggi nella società contemporanea caratterizzata dalla globalizzazione, dall'interdipendenza dei mercati e dalla socializzazione anticipatoria (2) prodotta dai media, flussi migratori sempre più consistenti sono in movimento (3).   Le reti di comunicazione, la simultaneità dell'informazione  dovrebbero portare al superamento delle barriere geopolitiche e culturali e alla creazione di realtà sociali sempre più multietniche (4).

Novità che richiedono culture aperte e dialoganti.    La scuola dovrebbe    dare un contributo importante nella creazione di "identità culturali nuove" "transetniche" operando contemporaneamente al cambiamento di chi ospita e  di chi è ospitato. Al contrario, vengono in superficie rigidità, diffidenza, insofferenza.  Per autori come Van Dijk  la spiegazione è data dal fatto che il razzismo è funzionale agli interessi della maggioranza dei gruppi bianchi ed in particolare alle classe dominante (5). Questo autore sottolinea l'importanza    del discorso quotidiano e della comunicazione nel diffondere pregiudizi e stereotipi all'interno di un gruppo.  Eppure cambiare si può.

Il contenuto del libro. 
Lo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun, ha affrontato la drammatica questione in un colloquio con la figlia Merièm che, in una mattina parigina  nel febbraio 1997, mentre si recavano ad una manifestazione contro un progetto di legge sul razzismo, gli ha chiesto: "Dimmi babbo, cos'è il razzismo?"   Tahar Ben Jelloun si vede confrontato con delle domande della figlia di dieci anni, che ancora non capisce perchè le persone manifestano nella piazza e che cosa significano certi slogans.

La curiosità della figlia fa nascere nell'autore l'idea di scrivere un testo che possa spiegare ai bambini il fenomeno del razzismo con il quale la società moderna è confrontata e che è all'origine di discussioni accese. Il libro che ne è nato (pubblicato nel 1998 e passato attraverso quindici diverse stesure)  si rivolge soprattutto ai bambini (di età compresa tra 8 e 14 anni), ed  è stato redatto con la massima chiarezza, semplicità ed oggettività. In modo molto didattico e sotto forma di dialogo, il libro spiega precisamente i differenti aspetti del razzismo, offrendo anche ai bambini la possibilità di capire il senso delle parole che sentono più spesso, di riflettere sul loro comportamento e su quello del loro  ambiente.

Il libro parte dal principio che la lotta contro il razzismo  comincia con l'educazione, l'autore  precisa, comunque, che si possono educare i ragazzi, non gli adulti. Dopo una definizione assai generale del termine razza, la conversazione gira intorno a certe parole chiave come diversità, straniero, pregiudizio, discriminazione, ghetto, colore della pelle.

Poi l'autore passa ad esaminare  problemi molto più recenti come la genetica, o più vecchi come l'antisemitismo,  il genocidio, l'apartheid; si affrontano i temi del  ruolo del razzismo e della xenofobia nella storia, per esempio nel contesto del colonialismo, all'epoca del nazional-socialismo in Germania, durante l'apartheid in Africa del Sud o durante il genocidio nel Ruanda. Importante è anche la parte del dialogo che tratta il rapporto tra razzismo ed ignoranza. Alla fine, la discussione tra padre e figlia verte sulla questione se un razzista può guarire, la risposta dell'autore non è troppo pessimistica: secondo lui , tutto dipende dalla capacità dell'uomo di mettersi in discussione, di prendere coscienza dei suoi errori e di superarli.

L'autore ci invita alla vigilanza, al combattere quotidianamente contro ogni forma di razzismo e al rispetto  per se stesso e per gli altri in una società che offre pochi valori di riferimento.

Conclusioni. Quando si vuole che una idea sia capita anche da un bambino senza che ne vada perso il significato vero, serve un lavoro di traduzione delicatissimo.  Il risultato di Ben Jelloun è molto efficace L'ideologia non regge al confronto delle domande spiazzanti di un bambino che non conosce le varie teorie interpretative (6). Lui semplicemente chiede perchè esiste il razzismo; vuol sentire fatti e non discorsi.  E di estrema incisività è il volume che invita a lavorare sull'educazione dei giovani affinchè la loro naturale predisposizione a familiarizzare con tutti, indipendentemente dal colore della pelle e dalle fedi religiose, sia valorizzata. Accade invece il contrario. Che l'adulto non ascolti quella voce diversa e apparentemente "ingenua" ma la soffochi imponendo il suo stile di vita e i suoi pregiudizi.        

"Non si nasce razzisti, si diventa. C'è una buona e cattiva educazione. Tutto dipende da chi educa, sia nella scuola come a casa".  E' faticoso ascoltare un bambino, eppure costituisce una delle esperienze di dialogo più forti. La lettura delle dinamiche del razzismo fatta da Ben Jelloun è interessante, ma non è il vero pregio del volume. Le sue interpretazioni appartengono a una cultura diffusa. Qualcuno potrà sollevare obiezioni sull'affermazione che il rispetto della persona rientri nel prezioso patrimonio tramandato dalle tre grandi religioni monoteiste: l'ebraismo, il cristianesimo  e l'islamismo. Thorà , Vangelo e Corano  predicano la tolleranza e indicano nell'amore la strada per stabilire una convivenza corretta. Le originalità del libro sono due. 

Innanzitutto, l'affermazione del valore della persona umana: Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza e bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. 

Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che si ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso (7). Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità; e poi l'esperienza pedagogica di padre che prima ascolta poi parla. Non una sovrapposizione, ma una accoglienza. Così nasce la dinamica educativa che porta inevitabilmente a indicazioni pratiche come quella di "cominciare con il dare l'esempio e fare attenzione alle parole che si usano. Sì, le parole sono pericolose (8)". Se ogni faccia è  un miracolo, occorreranno coscienza e volontà per non offenderla e un grande affetto per la libertà di tutti.

Bibliografia.

  • Susi F. ( a cura di ) Come si è stretto il mondo,  Roma, Armando 1999
  • Susi F. ( a cura di ) L'interculturalità possibile, Roma,    Anica, 1995
  • Van Dijk T. Il discorso razzista,   Messina, Rubbettino, 1994
  • Maalouf A., L'identità,   Milano, Bompiani, 1999
  • Taguieff. P.  Il razzismo, Milano, Raffaello Cortina, 1999
  • Firoucci M. La mediazione culturale, Roma, Armando, 2000
  • Zecchini M. e Pompeo F. ( a cura di ) Mass Media e socializzazione nel villaggio interculturale, Roma,  Il    Mondo 3 , 2000
  • Ben Jelloun T. , Il razzismo spiegato a mia figlia, Milano ,Bompiani , 1998

Note:

1<<L'antropologo (Levì Strauss) ....definisce il razzismo come "una precisa dottrina, che può essere riassunta in quattro punti":

  • Uno : esiste una correlazione tra il patrimonio genetico, da una parte, e le attitudini intellettuali e le disposizioni morali dall'altra.
  • Due: questo patrimonio , da cui dipendono tali attitudini e tali disposizioni , è comune a tutti i membri di un certi gruppi umani.
  • Tre: questi raggruppamenti chiamati 'razze' possono essere gerarchizzati in funzione della qualità del loro patrimonio genetico.
  • Quattro: tali differenze autorizzano le cosiddette 'razze' superiori a comandare , sfruttare , ed eventualmente a distruggere, le altre.>> P.A. Taguieff, Il razzismo , Milano, R. Cortina, 1999, pag 46.                                                Queste dottrine razziste sono sprovviste di qualsiasi base scientifica come dichiarato dall'articolo 3 della dichiarazione dell'Unesco sulla razza ed i pregiudizi razziali del 1967. Oggi si sta diffondendo un nuovo razzismo ideologico culturale e differenzialista .

2 << Grazie alla diffusione dei mass-media l'immigrato , ancor prima di partire è socializzato alle pratiche di vita e ai valori della società di accoglienza. Alberoni e Baglioni hanno introdotto tale concetto.....>> F. Susi , Prospettive interculturali , in F.Susi ( a cura di ) Come si è stretto il mondo, Roma, Anicia, 1995, pag 42 .

3 << i flussi migratori internazionali hanno luogo oggi all'interno di un sistema globale fortemente indipendente , in cui si è andato progressivamente perdendo il legame tra crescita economica e aumento dell'occupazione .

Come già accennato in precedenza, in termini di push and pull factors, i flussi migratori avvengono oggi in un contesto in cui sono diventati prevalenti nei Paesi di origine i fattori espulsivi e si è , invece , parzialmente ridotta la domanda di immigrati da parte dei Paesi di tradizionale destinazione.>> M. Fiorucci , Mediazione culturale , Roma , Armando, 2000, pag 22

4<<Si designa una situazione in cui differenti culture(...) coesistono, sono l'una a fianco dell'altra, in uno stesso tempo e in uno stesso spazio . Si tratta dunque di una nozione che ha una prevalente funzione descrittiva. >>

F. Susi , L'educazione interculturale fra teoria e prassi , in F.Susi ( a cura di ) Interculturalità possibile, Roma, Anicia, 1995, pag 48 <<Si potrà parlare effettivamente parlare di un progetto di costruzione di società multiculturale se si realizzeranno due condizioni di base: -l'uguaglianza formale dei diritti , senza di cui nulla sarà mai possibile ; la non imposizione di modelli e comportamenti a valenza generale validi e, in qualche modo , obbligatori per tutti.>> F. Susi , L'educazione interculturale fra teoria e prassi , in F.Susi ( a cura di ) Interculturalità possibile, Roma, Anicia, 1995, pag 40

5 << intolleranza e razzismo non si spiegano se non in riferimento ad una struttura economico-sociale.>> F. Susi , L'educazione interculturale fra teoria e prassi , in F.Susi ( a cura di ) Interculturalità possibile, Roma, Anicia, 1995, pag 42

6 Si può sostenere l'ipotesi che l'impiego della parola razzismo sia legittimo soltanto per caratterizzare un fenomeno ideologico e sociopolitico apparso in Europa e nelle Americhe in epoca moderna. Ciò significa supporre che il razzismo , nel senso stretto del termine, costituisca un fenomeno occidentale e moderno, dotato di una ceerta complessità. E' questa la visione modernista del razzismo che noi distinguiamo dalla visione antropologica, la quale, invece non gli riconosce un luogo di nascita storica e , in un certo senso , attribuisce il razzismo alla natura umana o alla natura della società>> P.A. Taguieff, Il razzismo , Milano, R. Cortina, 1999, pag 17.  E' a Taguieff che si deve il termine Differenzialismo su cui si basa il neo razzismo ideologico culturale e differenzialista. << Il principio della recente metamorfosi ideologica del razzismo consiste proprio nel fatto che l'argomento dell'ineguaglianza biologica tra le razze è stato sostituito con quello dell'assolutizzazione della differenza tra le culture. >> P.A. Taguieff, Il razzismo , Milano, R. Cortina, 1999, pag 50

7 << Ciascuno di noi dovrebbe essere incoraggiato ad assumere la propria diversità, a concepire la propria identità come somma delle sue diverse appartenenze, invece di confonderla con una sola , eretta ad appartenenza suprema e a strumento di esclusione, talvolta a strumento di guerra. In particolare , tutti coloro la cui cultura originale non coincide con quella della società in cui vivono devono poter assumere senza troppe lacerazioni la doppia appartenenza e mantenere la loro adesione alla cultura d'origine; devono non sentirsi obbligati a dissimularla come una malattia vergognosa e aprirsi parallelamente alla cultura del Paese di accoglienza>> A. Maalouf., L'identità, Bompiani, 1999, pp 175-76.

8 << per la nostra discussione non è tanto importante ciò che la gente effettivamente pensa, ma quanto ciò che dice. E' questa dimensione della riproduzione comunicativa ad essere essenziale per una persuasiva diffusione del consenso etnico >> T. Van Dijk , Il discorso razzista, Messina, Rubbettino,1994, pag 72

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