mercoledì 29 settembre 2021

Condivisione dell’essere, SAT-SANG con Mauro Bergonzi

Condivisione dell’essere, SAT-SANG con Mauro Bergonzi giugno 2020, vedi: https://www.youtube.com/watch?v=Lxs1NPeW2-g

Ho seguito con piacere, per quasi tre anni, questi incontri con Mauro Bergonzi, ed è uno dei pochi relatori in grado di esprimere a parole la "Non dualità". 

Mauro Bergonzi è stato docente di Religioni e Filosofie dell'India presso l'Università degli Studi di Napoli “L'Orientale” ed è socio analista del Centro Italiano di Psicologia Analitica (C.I.P.A.) ed è l'autore del bellissimo libro Il sorriso segreto dell'essere.


Secondo Mauro le nostre azioni quotidiane sono dettate dalla paura o dal desiderio (di emergere, di fare carriera, di migliorare la posizione sociale) e sono collegate al dolore (fisico o mentale) o al piacere. Paura e desiderio sono collegate, appaiono sempre insieme, non sono due cose, sono parte di un qualcosa, sono una l’ombra dell’altra, legate al pensiero e al tempo. La paura si genera dalla memoria del dolore, il desiderio si genera dalla memoria del piacere.  Cerchiamo attraverso la conoscenza di superare questa dicotomia e la conoscenza, in questo caso, diventa fonte di  potere.

La coscienza appare con il suono, con la forma, col pensiero, appare e scompare. Quando c'è un’osservazione c’è una coscienza A che si accorge dell’apparire e scomparire delle varie osservazioni della coscienza B, che è effimera, nasce e muore con l’esperienza.

La coscienza A include sia l’osservatore e l’osservato, percepisce l’apparire e lo scomparire della coscienza B. La coscienza A ha come punto di origine il senso di esserci, la presenza consapevole, il punto di partenza perché le esperienze appaiano o scompaiano.

Nisargadatta Maharaj usa una metafora: "quando il sole sorge, le infinite gocce di rugiada cominciano a splendere e, in ognuna di esse compare un puntino luminoso che è il riflesso del sole su ciascuna goccia di rugiada che sembra contenere questo puntino luminoso".

Se consideriamo le gocce come mente – corpo, quella coscienza di esserci, è il riflesso sul corpo-mente di una luce senziente che alcuni chiamano consapevolezza, la quale non ha una localizzazione. Senza una goccia quel puntino non appare, la goccia è necessaria ma non sufficiente. Quando la goccia evapora, per la luce del sole non fa nessuna differenza, quel puntino riflesso fa da ponte tra infinito e finito, da un lato è l’esserci e dall’altro è il testimone, è la luce che permette a questo senso di esserci, di essere cosciente; da quel puntino si dispiega tutto il mondo del conosciuto, ma la conoscenza non può conoscerlo. Si può conoscere il senso di esserci ma non si può conoscere la luce senziente che lo produce.

Noi sappiamo di esserci, se vi chiedete "Io ci sono"? Come fate a negarlo? Per negarlo dovete esserci, è la cosa più evidente che ci sia, ma quando ci mettiamo ad osservare. possiamo avere solo esperienze limitate.  L’occhio vede all’infinito e le forme più varie, ma non può vedere se stesso, ma è innegabile che l’occhio ci sia.

Io posso conoscere un’infinita di cose, anche il fatto di esserci. Cartesio asseriva: "se mi inganno vuol dire che ci sono". Questo esserci viene dalla luce senziente che noi siamo, che non ha limiti e non ha confini. La domanda che possiamo porci è:  “Che cosa posso conoscere? E scartare tutto ciò che conosco perché non è il Tutto, ma è solo un aspetto del tutto.

La paura di diventare nulla dipende da quale grado di identificazione che c’è tra quella luce senziente e  mente - corpo; può diventare nulla, solo ciò che diviene, la paura di morire è la paura di diventare nulla. David Loy, dice che è una paura o una fobia. In psicanalisi, la fobia viene dal fatto che la paura è stata rimossa, è un compromesso tra la vera paura del passato e la coscienza che non vuole conoscerla.

La paura della morte è la fobia per allontanare una paura più grande, quella che non ci siamo nemmeno adesso. Io sparirò fra vent’anni ed ho paura, ma adesso io ci sono, ma questo io è un miraggio. Nasce dall’identificazione della luce senziente con un determinato corpo - mente. E’ solo l’organismo che inserito nel tempo diviene, nasce e muore, ciò di cui è fatto rimane nell’universo, come l’onda del mare, quell’onda particolare svanisce, così le forme appaiono e scompaiono.

L’io separato non esiste nemmeno adesso, appare come un miraggio, ma non c’è separazione con il resto dell’universo, la coscienza che si riflette sulla mente ed appare come un io e che sa di esserci, che ha il senso di esistere, è l’io sono, è il sé. L’io è la falsa identificazione della coscienza,  soltanto con un corpo – mente (la persona).

Quando invece percepisci in maniera più evidente, il tuo esserci, l’io sono, è una evidenza. Ti accorgi chequesto senso di esserci non ha confini, è lui che da origine alla coscienza dentro cui appare il corpo e il mondo. Questo sé comprende tutto il conoscibile, tu ci sei, questo sé va e viene quando dormi, e sparirà questo senso di esserci quando il corpo non ci sarà più, per apparire ha bisogno di quel corpo, ma come coscienza comprende tutto che resta quando sparisce il corpo-mente. Diventi nulla rispetto a quell’io che credi di essere.

Se non sei identificato soltanto con il corpo mente ma con il senso di esserci, quella luce senziente è oltre l’esserci e il non esserci (ed è totalmente inconoscibile). Il corpo-mente è qualcosa di conosciuto quindi non è quella luce senziente.

Nisargadatta dice "tutte le cose sono visibili alla luce del giorno, ma la luce del giorno non è visibile". Il sé che osserva l’io, è qualcosa legato alla manifestazione, il sé senziente non è il nulla. E' il sé che osserva le cose, è il testimone di questo e di quello.

Il sé che intuisce sé stesso, è l’essenza dell’essere, questo sé è il riflesso della luce senziente sulla mente, quando smette di essere testimone. "Dove va l’udito quando non c’è rumore nella stanza?"

La luce senziente non va da nessuna parte, non sta nello spazio - tempo, forse possiamo definirla nulla, è sempre qui e adesso,  è l’Essere.

Essere e nulla possono essere usati indifferentemente, non c’è bisogno di arrivare al nulla, basta vedere che le nostre conoscenze sono false. Utili per manipolare la realtà e vivere. Scarti tutto quello che è falso, quello che resta è quello che veramente sei. Non c’è bisogno di conoscere l’essere perché "Noi siamo l’essere".

Ramana Maharshi dice: "Una delle cose più strambe è, che noi essendo la realtà, cerchiamo la realtà, e un giorno rideremo di tutto questo, e quello che ci sarà quel giorno, c’è anche adesso".

Leggendo attentamente il testo Io sono quello di Nisargadatta, si scopre che contiene dei dialoghi contraddittori, questo perché Nisargadatta rispondeva in funzione a chi stava di fronte a lui.

Per Toni Parsons, un altro grande teorico del Non dualismo, "Non c’è una via, un maestro ti dirà che non c’è differenza tra te e lui, le cose accadono, e tu non hai nessuna scelta. Non puoi cercare la realizzazione perché sei già un realizzato".

Un discepolo chiese a Nisargadatta "Se l’io è illusorio e le cose accadono, perché allora proponi questi incontri in cui tu parli e cerchi di spiegarci alcuni concetti?" e  Nisargadatta rispose: "Finché noi ci troviamo a questo livello di realtà del corpo-mente bisognerà pure passare il tempo in qualche modo".

Noi cerchiamo la liberazione, ma la libertà non può essere condizionata, non può essere causata. Tutto quello che tu farai per raggiungere la libertà avrà una conseguenza che non sarà libera, ma sarà condizionata da quello che tu hai fatto. Il vero incondizionato non lo puoi raggiungere.

Ramana Maharshi dice: "Ogni esperienza nuova che tu puoi avere, che non c’era prima, finirà". L’idea di fare un percorso verso la liberazione è contro natura, la natura ci dice: tutto quello che puoi raggiungere lo perderai, quello che nasce muore, quello che puoi costruire si distruggerà.

Nisargadatta dice: "Invece di cercare quello che non hai, trova quello che è sempre con te, se è sempre con te qui e adesso, cosa si deve fare per raggiungerlo? Se mi metto in un percorso, e quello è già qui, non mi accorgo che la felicità è già qui. È assurdo praticare o mettersi in un percorso spirituale per qualcosa che è già qui. Ad esempio se qualcuno ha praticato per molti anni e gli è capitato di aprirsi alla Non dualità, allora può facilmente ingannarsi e pensare che questa percezione l’ha avuta grazie ai molti anni di meditazione che ha fatto. Allora quella persona andrà ad insegnare agli altri dicendo: "se mediterete per molti anni,  come me arriverete all’illuminazione". Dandogli una causalità che non ha.

Un altro, che non ha mai meditato, sdraiato sulla spiaggia al sole arriva a percepire questa completezza e allora dirà: "non meditate, è una cosa spontanea". Questa apertura è sempre qui e non c’è niente che può attivarla.Tutte queste azioni danno per scontato che ci sia un Io sono. Le cose accadono, non c’è libero arbitrio, né determinismo. Solo con un Io separato,  può esserci libero arbitrio o determinismo.

Secondo Thich Nhat Hanh, maestro buddhista vietnamita, l’agire morale è l’autostrada per la liberazione. La morale, in generale, ha senso in relazione con gli altri, ed è utile per regolarizzare i rapporti impersonali. La chiarezza della mente diventa comprensione e riduce un’enorme massa di sofferenza, la comprensione, non è associata alla sensibilità, ma può aiutare a diventare sensibile.

Per Thich Nhat Hanh i precetti sono come una stella polare, un precetto può essere un’occasione per indagare sulla nostra libertà. Capendo l’interconnessione, si può arrivare a vedere che le cose sono tutte in rapporto con le altre. Quando non c’è più separazione l’unica risposta che accade è l’amore.

Esempio del barcaiolo nella nebbia, lungo il fiume vede una barca contromano che gli sta venendo addosso, il barcaiolo comincia ad insultare il conducente della barca, poi si accorge che non c’è nessuno su quella barca, e la rabbia sparisce.

La coscienza si manifesta quando siamo svegli con diversi tipi di contenuti: sensi, mondo, corpo, mente. Si manifesta anche quando dormiamo e sogniamo, e quando dormiamo e non sogniamo.

Nisargadatta asserisce: "L'Io identificato con corpo e mente, è infinitamente piccolo e contenuto nel Tutto, che è Dio, Dio contiene l’Io".  Dio lo vediamo come qualcosa di diverso da noi ed è il Tutto che ci contiene.  Allora cerchiamo di conoscere il Tutto, ma il compito è impossibile anche utilizzando i concetti più astratti, essere o non essere, ecc.  Spesso quando pensiamo al Tutto lo associamo a Dio. Noi rappresentiamo la realtà in base a come noi pensiamo noi stessi, così noi vediamo il Tutto.

Se mi vedo come un piccolo io separato, identificato con corpo e mente, quando penso al Tutto, lo penserò come Non me, come qualcosa che mi trascende, cercherò di raggiungere una fusione e una contemplazione con questo Tutto spesso associato a Dio. Ma io e Dio, siamo due maschere di questa realtà non separabile. Quando cade l’idea di Io anche il concetto di Dio cade, quello che resta è inseparabile, è indivisibile.

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