Secondo il Maestro Antonio Nuzzo "Lo yoga moderno è uno yoga illusorio". Oggi, ci sono troppe distrazioni nella vita quotidiana e spesso non
appare la sofferenza. Per superare la sofferenza occorre fermare la
mente vrittica. All’origine dei vortici della mente (le vrtti) ci sono
cinque matrici (klesha) che
ne condizionano l’orientamento. L’ignoranza, l’egoismo, l’attaccamento,
l’odio, e l’eccessivo amore per la vita, sono questi ostacoli che
producono dolore. Sono le cinque sofferenze; sono i cinque legami che ci
tengono stretti alla vita terrena. Oggi l’uomo viene visto come un'entità
separata (corpo, mente, salute, spirito), mentre un tempo l’uomo era
visto come unità..
Per fare yoga dobbiamo cambiare il modo di pensare, dobbiamo imparare il metodo per fare yoga. Quando stiamo in un’asana dobbiamo accettare l’idea che non cerchiamo niente, siamo soddisfatti, accettiamo la vita, smettiamo di chiedere, diamo un prezioso senso a quello che abbiamo nel momento presente. Impariamo a non chiedere. Il risultato che abbiamo acquisito nelle asana si dovrà mollare prima o poi. La forma è l’aspetto estetico condizionante, la spiritualità è il contatto con la dimensione dell’infinito. La vera ricerca nello hatha yoga è la ricerca spirituale. Spesso c’è l’ossessione del confronto, il desiderio di cambiare (NON mi accetto) nelle posizioni, questo modo di vedere le cose ci ammala, noi in questo modo coltiviamo soltanto il disagio. Importante è trovare la pace dentro di noi, e sviluppare la relazione mente – corpo. Se la mente ascolta il corpo, la dimensione egoica si spegne. Dobbiamo eliminare ogni falsità nello yoga e costruire un rapporto sano con il nostro corpo. Dobbiamo imparare a relazionarci con il nostro corpo che è l’espressione dell’inconscio. E’ l’inconscio che decide l’abilità del corpo, la mente a volte vuole piegare l’inconscio alle sue decisioni. In questo modo si crea quindi un conflitto. Quando c’è coscienza si crea rigidità. Il peccato è il desiderare il frutto delle nostre azioni, anche nelle asana. Importante è lavorare sulla mente e vivere il momento presente. Purificare la mente significa togliere il demone dell’egogentrismo che è in noi. L’inconscio è rappresentato dal corpo, le asana servono per pacificare il corpo e la mente. Praticare yoga è fare manutenzione ed eliminare l’ego. Durante la pratica delle asana dobbiamo espandere la coscienza a tutto i corpo e non fermarci alla parte particolare che è sottoposta a sforzo. Nella sadhana le prime cinque anga sono delle strategie verso un obiettivo: il pratyahara che significa sensi invertiti o ritiro dei sensi.
Per Andrè Van Lysbeth le asana devono avere 5 caratteristiche: la posizione deve essere statica, tenuta per lunga durata, eliminando gli sforzi inutili, il ritmo del respiro deve essere costante ed armonioso, e si deve arrivare ad un'estensione della coscienza.
Nelle asana c’è una strategia volontaria. Spesso i cattivi istruttori spiegano la posizione, vedete come Giovanna fa bene la posizione, fate come Giovanna. Invece occorrerebbe eliminare la violenza nelle posizioni e rimanere ad osservare il respiro. L’azione è l’espressione di un vissuto, la repressione sistematica di emozioni e pulsioni sulla base di un’idea o un ideale, porta alla malattia. La sessione di yoga è un laboratorio di nuova coscienza, l’inconscio si impregna di stati d’animo. Se l’inconscio ci pone un limite, questo è per il nostro bene, devo sviluppare una relazione amorevole con me stesso, col corpo, col cuore in pace, in questa condizione vado verso l’inconscio. Se ridimensioniamo l’ego, riusciamo ad essere in pace con se stessi, gli altri esseri umani e con il mondo esterno. Durante le sedute di yoga, mentre manteniamo le posizioni non dobbiamo usare violenza contro noi stessi, dobbiamo dire la verità a noi stessi, riconoscere le intenzioni e cogliere le sensazioni della mente. Il senso allo yoga viene dato dall’intenzione e non dall’azione. Il desiderio, il confronto, ecc. vanno fermati. Lo yoga oggi si indirizza soprattutto a persone di 30, 40, 50 anni, e purtroppo non si può riguadagnare il tempo perso a livello fisico. Obiettivo dopo obiettivo, spendiamo la nostra vita a raggiungere obiettivi. Lo yoga è una disciplina che serve ad incontrare il purusha, a superare il condizionamento degli opposti: la vita e la morte.
Di stampo dualista, la filosofia samkhya considera l'universo costituito da due realtà eterne e auto-esistenti: un testimone non-attivo, pura Coscienza, il Purusha, e la materia, attiva ma inconscia, la Prakrti. La vicinanza di Purusha e Prakriti produce uno squilibrio tra le qualità o guna: sattva, rajas e tamas (purezza, attività e inerzia). Nella Bhagavad gītā leggiamo: «Vi sono nel mondo due Puruṣa, l’uno distruttibile, l’altro indistruttibile: il primo è ripartito fra tutti gli esseri, l’altro è l’immutabile. Ma vi è un altro Puruṣa, il più alto, che si chiama Paramātmān , e che, Signore imperituro, penetra e sostiene questi tre mondi. Ora, poiché supero il distruttibile ed anche l’indistruttibile, io sono celebrato nel mondo e nel Veda col nome di Purushottama».
La Bhagavad gītā è uno dei testi che mette in evidenza il punto di vista advaita ed è un episodio presente nell’epopea Mahābhārata. Nella Bhagavad gītā Kṛṣṇa spiega al suo discepolo Arjuna che cosa è lo yoga durante la grande battaglia sul campo di kurukshetra o Dharmakshetra, cioè il campo dove si realizza il dharma, si sfidano due eserciti quello dei Kaurava e i Pāndava. Kṛṣṇa nella Bhagavadgītā è il «Sè» e come vediamo in diverse raffigurazioni ha in mano le briglie, simbolo della manas (mente), strumento attraverso cui può esercitare il controllo dei sensi. Messo volutamente da Arjuna alla guida del carro che è il «supporto» su cui stanno il «Sè» ( Kṛṣṇa) e l'«Io» (Arjuna) trainato dai cinque cavalli che sono i sensi.
Nel mondo dello yoga c’è chi pratica e c’è chi studia, una evidente dicotomia che spesso non si concilia. Oggi dalla posizione statica siamo passati al dinamismo. La stabilità fisica deve essere associata ad una stabilità interiore. Lo scopo dello yoga è conoscere i 32 Tatva che sono gli elementi costitutivi del corpo. Dobbiamo imparare a conoscere chi siamo. Il Purusha è l’uomo, l’essenza dell’uomo che deve purificarsi. L’azione deve essere in armonia con il progetto, se arrestiamo le vritti entriamo in contato con il Purusha. La coscienza ha due stati: o riposa nel purusha o si appoggia sulle vritti. La prkrti è tutta la manifestazione, la materia, il sentire, tutto ciò che è percepibile. Purusha e prkrti sono presenti in tutti i darshana (sentieri filosofici), a questo i tantrici aggiungono shiva e shakti.
Citta o coscienza è formata da Ahamkara (ego) Manas (mente) che nasconde le cose, usa gli strumenti dell’azione, Indriya (i sensi) e Buddhi (intelletto, intelligenza creativa) che funziona in modo minore. Cit è l’energia della coscienza, se qualcosa di importante passa davanti a citta, questo qualcosa viene memorizzato nella memoria. Lo scopo dello yoga è risvegliare la Buddhi per intuire la presenza del Purusha.
Il cercare di fare in modo ossessivo le posizioni, aumenta l'Ahamkara (ego). L’hatha yoga è la via più difficile perché l’ego si identifica con il corpo. In India per reprimere l’ego danno a tutti la stessa veste di colore arancione (swai) e fanno fare agli allievi karma yoga. Il karam yoga (lo yoga dell'azione) può portare ad un lavoro interiore e può sostituire l’hatha yoga. La grande battaglia della vita (Maharabattha) è fermare le vritti. Il corpo si deve addormentare in una posizione, deve abbandonare gli stimoli sensoriali (vritti), per eliminarle devo osservarle, così spengo Manas e Ahamkara e attivo Chitta.
Nel discorso di apertura al Festival
di Woodstock, Sri Swami Satchidananda, uno dei primi yogi che sono venuti in Occidente, annunciava "Non
combattiamo per la pace, ma troviamo la pace prima in noi stessi".
Lo yogi è capace di mantenere il livello pranico (energetico) stabile, per tutta la vita, per questo ad 80 anni gli yogi sono pieni di energia. Non possiamo verificare le intenzioni di chi compie un’azione. Comunque anche se giudicare gli altri non è possibile, si asserisce che l’intenzione colora l’azione. Dobbiamo cercare la purezza della ricerca nel tappetino ed imparare a non giudicare.
L’hatha yoga come ricerca spirituale è geniale, si esercita una vigilanza cosciente per nutrire la nostra interiorità con offerta, accoglienza, attesa, benevolenza. Nello yoga l’educazione al pensare e all’agire devono andare di pari passo. Ci troviamo su due piani: il primo psicologico, nella relazione tra manas e ahamkara (energia in movimento) e l’altro realizzativo.
Durante la pratica dobbiamo sviluppare dei sankalpa che ci permetteranno di affrontare la morte. Sankalpa è una parola sanscrita che letteralmente significa proposito, desiderio o più specificatamente intenzione, ed è la convinzione di poter realizzare ciò che la mente si propone. Se si riconosce che il pensiero nasce dalla benevolenza o dall’ego, per spegnere il pensiero c’è un solo mezzo: l’immobilità.Oggi ci sono due dimensioni: la vita e la ricerca spirituale che spesso non si incontrano. Non dobbiamo essere ossessivi dello yoga nella vita quotidiana. Noi dobbiamo servire la vita perché abbiamo dei figli, un lavoro, ecc, mentre quando siamo sul tappetino dobbiamo saper interrompere tutto ed entrare nella ricerca interiore. E' sul tappetino devo applicare le regole, e per conoscerle devo leggere ogni singola sutra.
Dopo la nascita c’è l’interazione con il mondo esterno. Durante tutta la vita continua questa interazione, e spesso si instaurano dinamiche molto veloci. Purtroppo l’uomo moderno ha velocizzato lo yoga, il movimento dinamico costituisce un cuscinetto tra il mondo esterno e lo yoga. Il movimento dinamico ha senso se si punta alla staticità come prospettiva, altrimenti non saremo in grado di gustare l’immobilità. Prima di tutto, dobbiamo insegnare lo yoga a noi stessi in modo graduale, Il maestro non conosce il grado di vitalità mentale in cui ci si trova quando assumiamo una posizione. L’immobilità, l’ascolto del respiro ci educa, la pratica deve essere adattata alla velocità del nostro pensiero. Non è importante trovare un insegnante, ma capire a quale stato di agitazione ci troviamo. Ognuno ha il suo yoga. Deve variare a seconda dei giorni, e a seconda di che cosa ho fatto durante la giornata. Insegnare lo yoga a se stessi non è facile. Lo yoga è un osservare senza reagire, è scoprire uno stato esperienziale nuovo, è entrare in uno stato di meditazione. Lo yoga è salutare per la mente. Il pranayama permette una decelerazione significativa dell’azione e contribuisce notevolmente ad entrare in questo stato meditativo. Lo yoga è accogliere, gustare senza reagire, gustare l’aria che entra nel corpo, percepire l’aria nelle narici, innamorarsi delle piccole percezioni. La meditazione è un punto di arrivo. La meditazione non significa recitare un mantra o seguire il respiro. Ma è l’entrare in una dimensione di silenzio, avere una mente ricettiva e non reattiva. Relegare la meditazione ad una serie di esercizi è riduttivo. La pratica è una grande opportunità per entrare in questo stato meditativo, è un lavoro che dobbiamo fare su noi stessi, auto educarci al silenzio, all'immobilità entrando nell’attesa, e quando l’evento accadrà, ne saremo consapevoli. Con la pratica ci educhiamo ad assaporare la vita in modo non reattivo.
Ciclo di lezioni febbraio 2018.
________ Antonio Nuzzo è uno dei più autorevoli Maestri yoga italiani. Ha cominciato a praticare nel 1963 all'età di 16 anni. Nel 1971 è diventato allievo di André Van Lysebeth, con il quale per 15 anni ha approfondito le tecniche di hatha e tantra yoga. Un'autorevole voce che da oltre 50 anni pratica, ricerca e insegna questa disciplina. Nessuno come lui ha vissuto in maniera onnicomprensiva la ricerca di questa disciplina: dal suo lavoro come funzionario alla Protezione Civile agli incontri apparentemente casuali con tutti i più importanti maestri yogi del ‘900. Oggi insegna in Italia e in Francia, coordina Corsi di Formazione Insegnanti per la Federazione Mediterranea Yoga e, per la prima volta nella sua vita, è autore di un libro che incornicia una parte importante di questa lunga ricerca: “I doni dello Yoga. Per praticare una vita piena” (Yoga Journal – Morellini Editore).
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