sabato 16 ottobre 2021

Il Dhammapada

 Dal Dhammapada, I Versi gemelli.   Dal capitolo 1

1. Siamo ciò che pensiamo. Tutto ciò che siamo è prodotto dalla nostra mente. Ogni parola o azione che nasce da un pensiero torbido è seguita dalla sofferenza, come la ruota del carro segue lo zoccolo del bue...

 2. Siamo ciò che pensiamo. Tutto ciò che siamo è prodotto dalla nostra mente. Ogni parola o azione che nasce da un pensiero limpido è seguita dalla gioia, come la tua ombra ti segue, inseparabile.

Il Dhammapada, il 'Cammino del Dharma', è  un testo del Canone buddhista conservato sia nel Canone pali, sia nel Canone cinese, sia nel Canone tibetano. Il Dhammapada è il testo più noto del Buddhismo Theravada e viene letto anche da molti buddhisti appartenenti a scuole Mahayana. Dai tempi antichi fino ad oggi, il Dhammapada è stato considerato l'espressione più sintetica della dottrina Buddhista. Nell'intero vastissimo canone delle scritture buddhiste, non c'è nulla che possa essere attribuito con certezza al Buddha. Molti testi, scritti parecchio tempo dopo la morte del Buddha, riflettono lo sforzo fatto dai discepoli diretti, di tramandare il più fedelmente possibile le parole del Buddha. Molti testi cominciano con le parole: «Così ho udito ... » É una locuzione che esprime insieme lo sforzo di fedeltà e l'umiltà di chi riferisce. Non 'così ha detto Buddha', ma 'così ho udito'.
Il Dhammapada è dunque un 'così ho udito'. É una raccolta, compilata parecchi anni dopo la morte di Buddha (probabilmente tra il I e il IV secolo a.C.), di aforismi tramandati e ricordati come parole del maestro. Contiene 423 versi, che sono stati raccolti in 26 categorie o temi (la violenza, la vecchiaia, la consapevolezza, la mente, la gioia, il piacere, l’ira, ecc.). Spesso questi 'temi' sono a volte espressi con metafore.  Non è una raccolta veramente organica e, a volte, si suppone che ci siano state sovrapposizioni successive di concetti. Ciononostante, questa piccola raccolta contiene un tesoro inestimabile, contiene il cuore del buddhismo e dell'insegnamento del Buddha che sembra stia parlando a noi direttamente, per 'ammonirci, guidarci, distoglierci dall'errore'. Ed è probabilmente questa qualità che ha fatto di questo libricino, forse il più amato e il più letto dell'intero canone buddista.

Il primo e fondamentale di questi concetti è proprio quello del risveglio, della bodhi, illuminazione o liberazione. 'Risveglio' presuppone un sonno: il sonno, di cui qui si tratta, non è altro che lo stato della nostra coscienza ordinaria. La concezione sottostante, è che la nostra ordinaria percezione di noi stessi e del mondo sia fondamentalmente 'illusione'. Viviamo in un mondo di miraggi e di fantasmi, agiamo in un nostro teatro interno di sogni e di proiezioni.

Questo stato di cose è descritta dalle cosiddette 'quattro nobili verità. Esse sono: l'esistenza è sofferenza; questa sofferenza ha un'origine; essa ha anche una fine; il cammino che conduce al risveglio porta alla fine della sofferenza. Cioè: l'illusione di esistere separatamente, ci pone in conflitto con l'effettivo essere-così delle cose e ci pone perciò in una situazione cronica di sofferenza. Questa sofferenza ha la sua origine nell'ignoranza, nel desiderio e nell'avversione. Perciò chi va al di là di ogni desiderio e di ogni avversione, chi si risveglia dal sonno dell'ignoranza, trascende ogni sofferenza. Non è più identificato con il proprio corpo e, anche se il corpo muore, la sua coscienza vive in tutto l'universo. Ma, la sua coscienza, non è più questo frammento che si è illuso di esistere separatamente e che ha viaggiato di corpo in corpo: essa è semplicemente la coscienza, la coscienza dell'universo, la coscienza del tutto.

Al centro di questo mondo c'è l'illusione dell'esistenza di un 'sé', l'illusione che ci fa credere di esistere come qualcosa di individuato e separato dal tutto. É un po' come se un'onda credesse di esistere separatamente dal mare. Le onde si raccolgono, si frangono, si rimescolano nel mare. L’acqua stessa che le forma non è mai la stessa. L’idea sottostante a questo concetto è quella di karma, secondo cui ogni azione lascia delle tracce sottili nella coscienza di chi la compie, tracce, che a loro volta facilitano il prodursi di certe azioni e di certe circostanze nella vita della persona.

La vita del nostro corpo e della nostra coscienza è un flusso costante: in un certo senso moriamo e rinasciamo ogni momento. E ogni momento rinasciamo portando con noi le tracce del nostro passato, il nostro karma, istante per istante. In questo senso il Dhammapada è un invito a concentrare tutta la nostra attenzione, tutta la nostra energia, tutta la nostra consapevolezza, tutta la nostra capacità di risveglio in ogni attimo di vita.
Praticare il Buddhismo non è rinunciare alla vita, ma è viverla in maniera consapevole. Nel buddhismo Zen c'è una curiosa serie di dieci immagini, detta 'Dei dieci tori Zen', in questa sequenza un contadino dopo l'illuminazione ritorna al mercato e alla vita quotidiana, ma in modo totalmente diverso e più consapevole.   Vedi post

Il più sottile attaccamento, l'ultimo ostacolo, sembra essere proprio il desiderio dell'illuminazione. Perciò, dice l'ultimo capitolo del Dhammapada: 'il bramino non desidera nulla, né in questo né nell'altro mondo'.

Dei 423 versi,  ne ho riportati alcuni:
verso 12 Riconoscendo l'essenziale come tale e l'inessenziale come tale ritrovi la tua vera natura e arrivi all'essenza.

35. La padronanza della propria mente, ribelle, capricciosa e vagabonda, è la via verso la felicità.

 43. Una mente disciplinata è un'alleata preziosa. Nessuno, né tua madre, né tuo padre, né i tuoi amici, può esserti di altrettanto aiuto.

20. Ma se, pur conoscendo solo una piccola parte delle scritture, pratichi il dharma, abbandoni le passioni, l'odio e le illusioni, coltivi la saggezza e la serenità, non hai desideri né in questo mondo né nell'altro, allora veramente sei partecipe della vita dello spirito.

 62. L’inconsapevole è roso dall'ansia per i suoi figli, per i suoi beni. Ma come possono i figli o i beni appartenergli? Lui stesso non si appartiene.

70.  Ma nessuna pratica ascetica vale un sedicesimo di un attimo di comprensione del dharma.

83. Il saggio non desidera nulla e non parla a vuoto. Qualsiasi cosa gli accada, nella fortuna e nella disgrazia, va per la sua strada senza attaccarsi a nulla.

90. Ha portato a termine il suo viaggio. E’ andato al di là della sofferenza. Ha spezzato ogni vincolo e vive in piena libertà.

159. Pratica ciò che predichi. Prima di cercare di correggere gli altri fa una cosa più difficile: correggi te stesso.

160. Tu sei il tuo solo maestro. Chi altro può guidarti? Diventa padrone di te stesso e scopri il tuo maestro interno.

183. L’insegnamento di coloro che si sono risvegliati è: evita il male, fa il bene, purifica la tua mente.

190. Prendi rifugio nel Buddha, nella legge eterna, nella comunità dei ricercatori. Comprendi le quattro nobili verità:

191. la sofferenza, l'origine della sofferenza, la cessazione della sofferenza e il nobile ottuplice cammino che porta alla cessazione della sofferenza.

 211. Non attaccarti a nulla. La perdita di ciò a cui sei attaccato è sofferenza. Chi non nutre attaccamento, né avversione, è libero.

 277.  Ogni cosa esistente è impermanente. Comprendendo ciò, vai al di là della sofferenza. Questo è il cammino della purezza.

278. L’esistenza è sofferenza. Comprendendo ciò, vai al di là della sofferenza. Questo è il cammino della purezza.

279. Nessun essere è dotato di un sé.

337. Perciò vi esorto, voi tutti che siete qui raccolti: sradicate il desiderio.

 374. Contemplando il sorgere e lo svanire degli elementi dell'esistenza fenomenica, gioisci realizzando l'eterno.

375. Questi sono i primi passi del cammino: padronanza dei sensi, semplicità, pratica degli insegnamenti, coltivare amicizie pure, virtuose, attive.

 391. Non ferire con le tue azioni, con le tue parole e con i tuoi pensieri. Sii padrone di te sotto questi tre aspetti.

 412. Al di là dell'attaccamento al merito e al demerito, al di là delle passioni, al di là della sofferenza, al di là di ogni impurità.

413. In lui, la sete dell'esistenza si è spenta. E puro, sereno, imperturbabile,

 421. Non possiede nulla e non ha bisogno di nulla. Per lui non c'è più passato, presente o futuro.

422. É il saggio, il vittorioso, l'eroe senza macchia che ha trasceso la paura e il desiderio, il risvegliato.

423. Ricorda le sue precedenti dimore, conosce il cielo e l'inferno. La sua saggezza è perfetta. É giunto alla fine del viaggio. Ha fatto tutto ciò che doveva fare. É divenuto uno con la totalità dell'esistenza.


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