La vera storia di Bhagwan Shree Rajneesh, detto Osho (1931 - 1990). La storia di un predicatore indiano con 93 Rolls-Royce e centinaia di migliaia di seguaci.
A ricostruire per la prima volta la storia degli adepti del guru indiano Bhagwan Shree Rajneesh, con dettagli e testimonianze dirette, è un documentario appena uscito su Netflix, “Wild Wild Country”, diretto da Maclain e Chapman Way e prodotto da Juliana Lembi. Siamo a metà degli anni Ottanta, e Rajneesh parla un inglese semplice e comprensibile, ha una personalità magnetica, e attraverso un sofisticato equilibrio tra misticismo orientale e pragmatismo capitalista occidentale attira decine di migliaia di adepti in tutto il mondo e costituisce un gruppo dedito al Rajneeshismo – la setta “degli arancioni”.
La storia di Osho inizia in India, dove era un professore universitario, e un brillante e irriverente oratore. Nel 1970 raccontò di avere ricevuto un’illuminazione e si stabilì in un appartamento di Mumbai per diventare un mistico e dedicarsi alla meditazione e all’insegnamento ai suoi discepoli, che continuavano ad aumentare. Quattro anni più tardi Rajneesh e i suoi discepoli comprarono un’ampia proprietà a Pune, una città a circa duecento chilometri da Mumbai, dove iniziarono a vivere in comunità. La proprietà disponeva di vari alloggi e di un grande parco costantemente affollato di discepoli, che Rajneesh chiamava sannyasin – allo stadio più realizzato dell’esistenza, secondo l’induismo – e a cui consigliava di vestire di rosso, per celebrare l’alba del sole. Rajneesh predicava la sua filosofia del “nuovo uomo” e la meditazione dinamica, un misto tra meditazione e danza energica. Rainesh, all'epoca trentenne, istruisce i suoi seguaci a indossare le vesti arancioni degli asceti indù, facendo suoi, allo stesso tempo, i precetti del capitalismo e definendosi a capo degli “spiritualisti capitalisti”—motivo per cui, tra le altre cose, davanti casa aveva una ventina di Rolls-Royce. Le sue idee radicali, che promuovono la “liberazione sessuale” e attaccano le istituzioni del matrimonio, gli procurano migliaia di adepti e la rabbia dei conservatori. Rajneesh «li faceva sentire come se appartenessero a una élite di pensatori liberi, che guardavano oltre il bigottismo e le consuetudini sociali di tutti gli altri».
Attorno alle predicazioni di Rajneesh iniziò a formarsi una struttura gerarchica gestita dai fedeli più devoti, tra cui Ma Anand Sheela, che diventa segretaria e portavoce di Osho. Le “sedute di gruppo” che prevedevano dei momenti in cui sfogarsi fisicamente ed emotivamente cominciarono ad impressionarono molte persone e ad attirare molte critiche. Osteggiato dall’India ultrainduista e guardato con sospetto dal governo di Indira Gandhi, la setta del santone indiano decise di lasciare il quartier generale di Pune e di trasferirsi altrove.
Sheela nel 1981 convinse Rajneesh e il gruppo dei suoi discepoli più fedeli a comprare un enorme ranch in Oregon negli Stati Uniti, in mezzo al nulla che sarebbe diventato la nuova comunità di nome Rajneeshpuram, che avrebbe ospitato i sannyasin e furono messe in piedi una serie di attività per rendere autosufficiente la comunità. Sotto la guida di Sheela gli affari vanno alla grande, la comunità, grazie al lavoro gratuito degli adepti, cresce enormemente: non è più solo un centro di culto ma una vera città. Sia Rajneesh sia Sheela ottennero una villa privata dove vivere per conto proprio. La città fu abitata da centinaia di seguaci di Rajneesh, provenienti da tutto il mondo occidentale, che si guadagnavano da vivere facendo piccoli lavoretti per sostenere la comunità. Rajneesh aveva smesso di parlare in pubblico. Il suo silenzio durò fino al 1985. Il suo unico contatto con la comunità era una sfilata di alcuni centinaia di metri che faceva ogni giorno a bordo di una delle sue molte Rolls-Royce. La comunità riuscì ad attrarre migliaia di persone, soprattutto giovani borghesi occidentali, affascinati dall'orientalismo e delusi dalla società che si stava consolidando in Europa o negli Stati Uniti.
La comunità entrò in conflitto con gli abitanti di Antelope, il piccolo paese più vicino a Rajneeshpuram, soprattutto pensionati, persone semplici, religiose e dalle idee conservatrici, si attivarono da subito per contrastare quella che consideravano un’invasione della loro contea. Antelope divenne controllato politicamente dai sannyasin, che dopo aver vinto le elezioni, cambiarono da subito il nome della città in Rajneesh e rinominarono le sue vie. Nel frattempo, soprattutto grazie alla riluttanza di Rajneesh ad apparire in pubblico, Sheela grazie al suo carisma e al suo inglese, diventò il capo e portavoce della comunità. Quella dove abitava Rajneesh non era l’unica comunità sannyasin nel mondo. All’inizio degli anni Ottanta si diffusero in tutta Europa: come ad esempio nel 1981 a Margarethenried, in Germania.
In Oregon le ostilità verso la comunità di Rajneeshpuram continuarono, e i seguaci di Osho guidati da Sheela, decisero che avrebbero provato a vincere le elezioni della contea, previste per il 1984. Fu forse la scelta che causò la fine del Rajneeshpuram. Qui si narra della leggenda che i sostenitori di Osho avessero deciso di diffondere il batterio della salmonella per non far andare le persone a votare ed ottenere così la maggioranza ai seggi. Inoltre avevano invitato presso la comunità molti senzatetto a cui fu data la residenza per poter votare. Nonostante tutto, il piano per vincere le elezioni era fallito, la comunità era sempre meno unita – anche per via dei nuovi arrivati – aumentarono le tensioni all’interno e all’esterno della comunità. Rajneesh aveva iniziato a circondarsi di gente molto diversa rispetto ai primi sannyasin. Molti del suo nuovo circolo ristretto erano benestanti signori statunitensi.
Sheela era cominciata a diventare sempre più sospettosa e paranoica. A un certo punto organizzò un piano per uccidere l’avvocato federale per l’Oregon, e il procuratore generale che stavano indagando su di loro. Infine organizzò di uccidere il nuovo medico personale di Rajneesh. Il tentativo fallì e Sheela fuggì a bordo di un aereo. Era il maggio del 1985. Rajneesh, un po’ a sorpresa, poco dopo la fuga di Sheela, riprese a parlare e la accusò di tutte le macchinazioni degli ultimi anni. Poi, in una serie di discorsi, proclamò che la sua dottrina non doveva essere racchiusa in una religione e ordinò che fossero bruciati tutti i suoi libri che si trovavano nel Rajneeshpuram, circa cinquemila.
Ad ottobre 1985, una giuria federale accusò lui e altri leader della comunità di avere violato le leggi sull’immigrazione: fra le altre cose fu accusato di avere obbligato i sannyasin americani a sposare dei membri stranieri, per agevolare il loro soggiorno negli Stati Uniti. Rajneesh e alcuni dei suoi collaboratori provarono a scappare ma furono arrestati in North Carolina. Rajneesh patteggiò una sentenza di dieci anni – poi sospesa – e l’obbligo di non tornare negli Stati Uniti prima di cinque anni.
Rajneesh tornò in India e nel 1987 si stabilì definitivamente a Pune, dove riprese a parlare ogni giorno ai suoi discepoli. Fu in quegli anni che iniziò a farsi chiamare Osho, una parola di origine sanscrita che significa “maestro”. Morì nel 1990 a 58 anni, e fu sepolto a Pune. Sulla sua tomba si legge: «Osho / mai nato / mai morto / ha soltanto visitato il pianeta Terra fra l’11 dicembre 1931 e il 19 gennaio 1990».
Anziché diminuire, la fama di Osho è aumentata dopo la sua morte. Alcuni “centri di meditazione” seguono ancora la sua dottrina, anche in Italia. I libri con i suoi insegnamenti vendono ancora parecchio – in Italia li pubblica Mondadori – e una fondazione organizza corsi ed eventi legati alla dottrina sannyasin. Il Rajneeshpuram viene considerato una spiacevole parentesi nella sua storia personale. Il terreno del Rajneeshpuram ritornò di proprietà dello Stato che lo ha donato all’organizzazione giovanile evangelica Young Life. Oggi si chiama Washington Family Ranch, e d’estate ospita campi per giovani.
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