venerdì 5 novembre 2021

Luoghi di meditazione, di pellegrinaggio, di spiritualità in Italia di Paola Giovetti

 Meditare fa bene: Ma dove e con chi?  Articolo scritto da: Roberto Fantini e pubblicato su Flipnews.org        Conversazioni con Paola Giovetti, autrice di Luoghi di meditazione, di pellegrinaggio, di spiritualità in Italia del 2011.

Concentrati nel cuore. Entra profondamente in esso e vai lontano, il più lontano che puoi. Raccogli tutti i fili sparsi della tua coscienza, riuniscili e immergiti. C’è una fiamma che brucia nelle calme profondità del tuo cuore. E’ il Divino in te, il tuo vero essere. Ascolta la sua voce. Ubbidisci alle sue parole.”  E’ con queste suggestive parole di Sri Aurobindo che Paola Giovetti ha scelto di aprire con indubbia efficacia il suo ultimo bellissimo libro, Luoghi di meditazione, di pellegrinaggio, di spiritualità in Italia (ed.Mediterranee, ottobre 2011).

"Meditare", ci dice la nota scrittrice, “è una grande occasione, una porta aperta verso infinite possibilità e potenzialità. Qualcosa, peraltro, che è alla portata di tutti, giovani e vecchi, colti e meno colti, sani o meno sani che siano. A tutti la meditazione porta benefici, a livello fisico, mentale, spirituale .” E, attraverso le informazioni contenute in questo libro, abbiamo la fortuna di scoprire che in Italia esistono numerosi luoghi dove è possibile ritrovare se stessi, recuperare armonia e cimentarsi in un ben preciso cammino di autorealizzazione. Il lavoro della Giovetti è nato proprio dal desiderio di delineare “una mappa di questi luoghi, suddivisi per tradizione e orientamento: templi, monasteri, santuari che custodiscono antiche memorie, e istituzioni moderne, create appositamente ai giorni nostri per ospitare iniziative religiose e laiche più recenti, o più recentemente approdate in Italia.”

Luoghi, quindi, molto diversi fra loro, in quanto espressioni di esperienze filosofico-religiose culturalmente molto distanti (da molti, ancora oggi, ritenute contrapposte), ma intimamente e sostanzialmente accomunati da un unico intento: “insegnare e meditare – secondo regole e discipline diverse, antiche e moderne, ma tutte tese a mettere il praticante in condizione di ritrovare il proprio centro, calmare la mente, far pace con se stesso, con il prossimo e con il mondo, dare un senso alla propria vita, intraprendere il cammino che conduce al Divino, al Dio che vive nel profondo di ognuno di noi. Con gradualità, a poco a poco, un passo dopo l’altro, un orizzonte dopo l’altro.”

A Paola Giovetti abbiamo voluto rivolgere alcune domande al fine di meglio comprendere la genesi e il significato della sua opera.

Domanda -          La lettura del tuo ultimo libro ci permette di fare, insieme a te, un viaggio particolarissimo sull’intero territorio nazionale, alla scoperta di luoghi destinati al dialogo interiore e alla ricerca spirituale. Si tratta indubbiamente di un’occasione preziosa per scoprire ambienti, personaggi, scuole di pensiero e tecniche meditative, che ci vivono accanto, spesso a pochi passi dalle nostre città e dalle nostre abitazioni.  Credo che anche per te, da tanti anni viaggiatrice inesausta nei territori dello spirito, sia stata un’esperienza ricca di incontri straordinari. Quali ti hanno particolarmente sorpresa e/o coinvolta?

Risposta - La ricerca che mi ha portata a individuare e descrivere nel mio libro numerosi luoghi di meditazione italiani ha costituito una sorpresa anche per me, nel senso che non pensavo che di simili iniziative ne esistessero così tante. Quando cominciai la ricerca conoscevo già alcuni centri, ma poi, cercando, informandomi, passando da un centro all'altro, col passaparola, con l'aiuto di esperti e anche di Internet, ho finito per individuare una grande e insospettata varietà di centri di spiritualità e meditazione degli indirizzi più vari:  cristiani, induisti, buddhisti, musulmani, laici, legati a determinati personaggi, come per esempio Babaji e Krishnamurti  e altro ancora. La vera sorpresa è stata questa: il gran numero di iniziative e di persone impegnate in questo tipo di ricerca, che può essere rivolta al benessere psicofisico (riduzione di ansia e stress, maggior serenità e così via) ma anche alla spiritualità, alla ricerca del Divino in noi.

D -     E con quali esperienze contemplative e autorealizzative ti sei sentita particolarmente in sintonia?

R - Quanto al coinvolgimento personale, devo dire che tutti i centri che ho inserito nel libro (e qui vorrei precisare che ho fatto una scelta molto accurata e ho personalmente visitato tutti i luoghi di cui parlo) mi hanno interessata e coinvolta, indipendentemente dalla loro tradizione, perché dappertutto ho sentito serietà, desiderio autentico di approfondimento e ricerca personale, disponibilità a mettersi in gioco e a confrontarsi con tradizioni e approcci diversi da quelli abituali.

D -  Ancora molti, oggi, sono inclini a ritenere l’esigenza di sperimentare forme di religiosità alternative a quelle più “ufficializzate” come espressione di un disagio socio-esistenziale, come una sorta di smarrimento culturale, nonché manifestazione di un bisogno di mera evasione. Alla fine di questo grande cammino esplorativo, cosa ti sembra che induca maggiormente tante persone a dedicarsi alla ricerca interiore e alla pratica meditativa lungo tanti sentieri differenti?

R - Per quanto ho avuto modo di vedere, non mi è sembrato affatto che le persone che affrontano un cammino di ricerca su vie "alternative" siano mosse da mera curiosità, da noia esistenziale o altre motivazioni di questo genere. Ho sentito invece l'impulso a fare le cose sul serio e il bisogno di affrontare un cammino che conduce alla scoperta di se  stessi. Il tipo di pratica scelta dipende poi da tanti fattori: conoscenze, letture, incontri, tendenze naturali, affinità. Va detto, e desidero sottolinearlo, che in nessuno dei centri che ho visitato e in nessuna delle persone che guidano tali centri ho notato la tendenza a sollecitare conversioni, a distogliere dalla tradizione di appartenenza; piuttosto l'invito a cogliere ciò che di buono può esservi in quella tale tradizione e a farlo proprio. Certamente, c'è chi è diventato, per esempio, buddhista o induista, ma si tratta di scelte personali piuttosto rare.

D -   Hai scritto che “In anni recenti in Italia un numero crescente di cattolici, sacerdoti e laici, si dedica alla pratica della meditazione, traendo ispirazione anche da altre vie, in particolare dallo yoga e dallo Zen, e integrando tali pratiche nella preghiera profonda della nostra tradizione”. Tu parli di “risultati molto incoraggianti”, ma le autorità ecclesiastiche, tradizionalmente sospettose e ostili nei confronti di vie individuali orientate al misticismo e al sincretismo, sempre con il timore di perdere prestigio e potere, come ti sembra che stiano reagendo di fronte a questi interessantissimi (e in buona parte inediti) fenomeni culturali?

R - Gli esempi che ho riferito di pratiche meditative nei monasteri cristiani vengono portati avanti nella piena ufficialità. Tali pratiche prendono a prestito dallo Zen o dallo Yoga soltanto le tecniche, e non mi risulta che ci siano mai state difficoltà di alcun genere, anche perché si tratta di percorsi proposti con molta prudenza e affidati a persone di sperimentata e ben nota serietà ed esperienza. L'impressione che ne ho riportato è stata quindi molto positiva e incoraggiante nell'ottica di una maggiore apertura e di una più approfondita reciproca conoscenza.  In ultima analisi, ho fiducia di aver fatto un lavoro onesto, teso a far conoscere un panorama ancora poco noto e ad aiutare ad orientarsi chi fosse interessato a un percorso di questo tipo.

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