sabato 20 novembre 2021

Similitudini tra il buddhismo e le scienze moderne

Nelle lezioni sul Buddhism and Modern Psychology, della Princeton University, diretto dal prof. Robert Wright sono state presentate delle ricerche scientifiche sullo studio del cervello e i punti d'incontro tra le scienze moderne, in particolare le neuroscienze, e le pratiche meditative. 

 Le ricerche dimostrano che la meditazione aiuta a sviluppare qualità come l'attenzione focalizzata, l'empatia e la compassione. Il cervello non è una scatola impenetrabile e immutabile come si è pensato per secoli: migliorandone il funzionamento, possiamo cambiare stile emozionale, vivere meglio con noi stessi e con gli altri.
Ma andiamo per ordine. Michael Gazzaniga, professore di psicologia all'Università della California ed uno dei più importanti neuroscienziati del mondo ha introdotto il concetto della struttura modulare della mente. I moduli che compongono la mente, a turno esercitano un'influenza decisiva sul nostro pensiero, i nostri sentimenti, il nostro comportamento.
La teoria modulare del cervello è ripresa da Douglas Kendrick, professor di psycologia alla Arizona State University,  che chiama sub-sé questi sette moduli (autoprotezione, attrazione dei propri simili, repulsione dei propri simili, affiliazione, cura dei parenti, status, evitare le malattie). Il prefisso, sub, significa sotto,  e ciò porterebbe a pensare che c'è un unico sé unificato nella parte superiore. Ma in effetti questi moduli determinano il nostro comportamento sociale e sono in continua competizione tra loro. In un determinato contesto ed in un determinato istante un modulo prende il controllo delle operazioni (diventa il Sè temporaneamente) e fornisce la risposta più adeguata per affrontare l'evento.  
Per Leda Cosmides,  (è una psicologa statunitense, che, insieme al marito antropologo John Tooby, ha contribuito a sviluppare il campo della psicologia evoluzionista)  ciò fa pensare anche allo sviluppo darwiniano,  in cui prevale l'elemento (in questo caso il modulo) più idoneo a migliorare  la specie. Questo approccio converge con il pensiero buddhista della mancanza di un Sè controllore, si ritrova una corrispondenza tra questa teoria dei moduli della  psicologia moderna e quel carattere impermanente che Buddha attribuiva ai cinque aggregati. Nella dottrina buddhista i cinque skandha sono i costituenti della persona empirica, che è tradizionalmente scomposta nei cinque aggregati, ovvero: forma, rūpa; sensazione, vedanā; percezione, saññā; coefficienti, saṅkhāra; coscienza, viññāna.

Il buddhismo sostiene che l’universo non è costituito da entità solide e distinte, ma che consiste in un flusso dinamico di interazioni tra innumerevoli fenomeni e quello che noi percepiamo: il risultato delle interazioni della nostra coscienza con i fenomeni. Esiste soltanto un sistema di relazioni interdipendenti che il buddismo chiama realtà.  La causa della nostra percezione erronea della realtà è l’attaccamento ad un sé distinto e autonomo coerente, che persiste nel tempo e che dovrebbe costituire il centro del nostro essere e della nostra esperienza. Una visione modulare della mente aiuta a spiegare questa affermazione.
Buddha asseriva che il nostro stato mentale in un dato momento non è, in generale, il risultato di una scelta consapevole. Ma piuttosto, è il risultato di come le informazioni nel nostro ambiente. entrano nella nostra mente a livello tipicamente inconscio.
Nel corso della meditazione di consapevolezza accade che:
1- La rete di modalità predefinita, che è la situazione in cui diversi moduli si contendono la nostra attenzione, come dice Judson Brewer, (psichiatra, neuroscienziato)  diventa più silenziosa perchè la mente non è impegnata in qualcosa in particolare, non è assorbita da alcun compito.  2- Essendo consapevoli dei sentimenti possiamo determinare quali moduli sono e non sono autorizzati a prendere il controllo della mente. 3- Esercitando questa consapevolezza, possiamo influenzare il potere a lungo termine che i diversi moduli hanno.
Sono stati intervistati molti meditanti esperti (autori di diversi libri sulla meditazione o insegnanti di meditazione),  che hanno provato a descrivere la loro esperienza. Ciò è molto difficile in quanto come asserisce lo psicologo William James l'esperienza mistica ha due caratteristiche: è  noetica e ineffabile. La persona  è colta da una profonda intuizione ma è difficile esprimere l'esperienza. Rodney Smith  esprime la sua esperienza di meditazione come un annullamento di distanze, di aver percepito una coscienza senza proprietario.  Per Joseph Goldstein, il pensiero stesso appare e scompare. Come un suono. Si perde  l'identificazione con il pensiero ed è come provare ad  immaginare che ogni pensiero che sta sorgendo nella vostra mente provenga dalla persona vicina.  Ciò  ricorda la visione modulare della mente, in cui  la mente cosciente non genera  i pensieri, ma piuttosto i pensieri sono generati da alcuni moduli al di fuori del regno della coscienza. Yitha, una suora buddhista, intervistata in una delle lezion, descrive le emozioni e i pensieri con la stessa metafora di un film. Uno pensa che le scene siano reali, ma quando le prendi una per una, scopri che non sono reali.  Essendo consapevoli dei sentimenti di cui sono portatori i diversi moduli, stando in meditazione, potremmo influenzare quali moduli far vincere ed emergere  e quali moduli far perdere.
L'obiettivo della meditazione è arrivare ad uno stato di risveglio, ad un'esperienza conosciuta come illuminazione, che comporta una visione perfettamente chiara delle cose e alla liberazione dalla sofferenza. La parola Buddha significa proprio risvegliato. La realtà è la stessa, ma viene percepita in maniera diversa.  
La pratica regolare della meditazione porta a una condizione personale descritta da tutti i meditanti in termini di quattro elementi: l'assenza di una sorta di sé esterno, il vuoto, l'assenza di una sorta di sé interno e l'impermanenza.
Sharon Salzberg, (pratica la meditazione vipassana da più di venticinque anni ed ha insegnato nei centri buddhisti di tutto il mondo) spiega che il non-sé esterno consiste nella comprensione che gli individui sono immersi in un universo interconnesso. Altri meditanti come Gary Webber, Judson Brewer, riferiscono che nella meditazione questo stato di interconnessione, di appartenenza al tutto, diventa un'esperienza di percezione profonda. L'altro aspetto importante dell'illuminazione buddhista è la consapevolezza del vuoto che è trattato soprattutto dalla tradizione  Mahayana. Secondo il saggio Nāgārjuna, poiché nessun fenomeno possiede una natura indipendente, si può dire che tutto ciò che esiste è vuoto. L'esperienza della vacuità è la via che porta al "Risveglio".

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