domenica 19 dicembre 2021

Tirumalai Krishnamacharya

Sri Tirumalai Krishnamacharya (1888 – 1989) è stato uno dei grandi Maestri yoga del XX secolo, ha contribuito al rilancio dell'hatha yoga in India e in Occidente. Tra i suoi allievi più noti possiamo citare Iyengar (che era il cognato), Pattabhi Jois, i suoi figli Desikachar e Sribashyam, Gerard Bliz. Ebbe discepoli noti e potenti, primo fra tutti il Maharajah di Mysore, e ciò contribuì alla sua notorietà. Krishnamacharya si laureò in tutte e sei le darśana vediche, o filosofie indiane  e fu anche guaritore e studioso ayurvedico.   

Krishnamacharya era il maggiore di cinque fratelli e fu incitato dal padre (che era un "pandit"  ossia un esperto dei Veda) allo studio dei Veda e di molti altri testi religiosi. Da lui imparò la pratica dello Yoga. Alla morte del padre, la famiglia si trasferì a Mysore e a dodici anni divenne allievo nel Brahmatantra Parakala Mutt a Mysore, una delle scuole più note e rispettate nell’ambito bramanico. Qui Krishnamacharya studiò i testi vedici, i rituali vedici, la grammatica sanscrita, le Upanisad, la Bhagavad Gita, il Vedanta, il Nyaya frequentando contemporaneamente il Real College di Mysore.

Nel 1914, Krishnamacharya viaggiò nel nord dell’India per studiare il Sankhya, il più antico sistema filosofico indiano su cui si basa la disciplina dello Yoga. Nel 1916 decise di cercare il leggendario yogi Yogeshwara Rama Mohan Brahmachari. Dopo due mesi e mezzo a piedi, lo trovò sull'Himalaya, in una grotta ai piedi del monte Kailash.  
Rimase con il suo insegnante per quasi otto anni: apprese gli Yoga-sutra, molte tecniche relative agli effetti degli asana e del pranayama,  e imparò ad aiutare i malati utilizzando gli strumenti dello Yoga.   Il maestro Ramamohan assegnò a Krishnamacharya, il compito di diffondere lo yoga ed illustrarne le grandi potenzialità, anche come tecnica per aiutare persone malate.
Krishnamacharya si rese conto che, per essere un insegnante di Yoga, occorreva convincere le persone che la disciplina non era solo una serie di posture, ma qualcosa di molto più profondo e ricco di potenzialità.   Continuò a studiare  yoga, ottenendo anche dei riconoscimenti, presso le Università di Calcutta, Allahabad, Patna e Baroda prima di tornare a Mysore.

Krishnamacharya si sposò e con il sostegno del Maharaja di Mysore, fondò l’istituito ‘Yoga Shala’ (Scuola di Yoga) dove insegnò lo yoga anche alle donne.
Nel 1934 scrisse il suo primo libro Yoga Makaranda (Il miele dello Yoga).  A poco, a poco la sua popolarità si diffuse in tutta l'India e incominciò a viaggiare ed insegnare lo yoga in tutto il Paese. 
Restò a Mysore fino al 1954 dove insegnò yoga anche a molti europei, ciò gli permise di apprendere l'inglese. Dopo l’indipendenza dell’India il centro chiuse e si trasferì a Madra, dove insegnò yoga fino alla sua morte nel 1989.  In questo nuovo centro propose anche trattamenti Ayurvedici ( la medicina tradizionale indiana).
Il suo insegnamento era basato soprattutto sulle asana e il pranayama. Nel corso del tempo la sua partica si evolverà verso un sistema di concatenamento di posizioni. Nelle posizioni si sviluppa la concentrazione mentale e l’associazione corpo - respiro porta ad una  “stabile conoscenza di sé”.

Questo metodo negli anni '60 sarà portato in Occidente da T.K.V. Desikachar, uno dei figli di Krishnamacharya.  Negli anni successivi TKV Desikachar  propose uno yoga personalizzato insistendo sulla necessità di adattare sempre di più lo yoga alle caratteristiche della persona: età, sesso, salute, educazione, cultura, sensibilità e aspirazioni. Questi livelli ( bhumi) daranno vita alla nozione di Viniyoga, presa in prestito da Patanjali.  In linea con la nozione di Viniyoga, dagli anni ‘80 comincerà a costruire delle sequenze d’asana, che rispondevano ai tempi limitati e ai bisogni individuali delle persone della nostra attuale società. Infine dal 1985 al 1989 Krishnamacharya introdurrà, all’interno della pratica, momenti di raccoglimento e di recitazione dei mantra.  Krishnamacharya è un perfetto esempio di equilibrio fra il rispetto della tradizione e la capacità di rinnovamento.

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